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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 53 (Nuova Serie), ottobre 2019

Interventi dal Convegno "Il lessico delle istituzioni". Viterbo, 27-28 settembre 2019

Riprendiamo in questo numero di MinervaWeb la rubrica "Contributi", che in passato ha presentato alcuni degli uffici e servizi in cui si articola l'amministrazione del Senato della Repubblica, e che da oggi si estende ad accogliere articoli d'interesse parlamentare di funzionari e studiosi che gravitano intorno alle due Camere.

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Il 27 e 28 settembre a Viterbo si è svolto il convegno "Il lessico delle istituzioni: evoluzione del linguaggio delle istituzioni pubbliche, della politica e dell'amministrazione nella storia dell'Italia unita", organizzato dalla Società per gli studi di storia delle istituzioni e dal DISUCOM - Dipartimento di Scienze Umanistiche, della Comunicazione e del Turismo dell'Università della Tuscia.

Il fitto programma, che ha visto intervenire eminenti studiosi e soci dell'Accademia della Crusca, ha ospitato - articolandole in quattro sessioni - riflessioni sul linguaggio delle leggi, della politica, dell'amministrazione pubblica e della comunicazione istituzionali, con interessanti sintonie rispetto alle tematiche affrontate in Senato nel seminario del 2018 "La politica e la parola", cui MinervaWeb dedica lo Speciale di quest'anno.

Per questo motivo, in attesa della pubblicazione degli Atti del convegno abbiamo chiesto a Laura Tafani (Università di Parma, già Consigliere parlamentare del Senato della Repubblica), e ad Anna Osbat (Consigliere presso la Biblioteca della Camera dei deputati), di offrirci una prima sintesi dei loro contributi, esposti in forma orale il 28 settembre e dedicati rispettivamente alla qualità della legislazione nel linguaggio politico e alla comunicazione digitale (con particolare riferimento al contesto parlamentare), tra tendenze attuali e possibili sviluppi futuri. Le ringraziamo, augurandovi buona lettura.

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Laura Tafani, La qualità della legislazione

Scriveva Filangieri sul finire del '700: «La legislazione, di continuo riparata, riformata e supplita nelle sue parti potrebbe acquistare un certo grado di stabilità e di perfezione atti a garantirla dagli insulti del tempo [...]. Così non si vedrebbero tante leggi d'eccezione per una sola legge di principio, tante leggi interpretative per una sola legge fondamentale, né tante leggi nuove che si contraddicono con le antiche» (Gaetano Filangieri, La scienza della legislazione, ed. critica. Venezia, Centro di studi sull'Illuminismo europeo "Giovanni Stiffoni", c2003-2004, vol. 1, p. 88).

Il discorso sulla qualità delle leggi ha quindi radici lontane.

Si devono però attendere gli anni Ottanta del secolo scorso per rintracciare in Italia i primi esiti di queste riflessioni.

In una prima fase, l'attenzione è posta prevalentemente sulla qualità della scrittura delle leggi. Nascono così, nel 1986, le Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi [revisione: maggio 2001]. Regole che risentono fortemente del movimento del plain language, che cerca di promuovere un linguaggio piano, semplice, in contrapposizione alle caratteristiche tradizionali del linguaggio giuridico, in modo da soddisfare quelle esigenze di chiarezza, comprensibilità e sinteticità dei testi normativi che ne facilitino l'interpretazione e l'applicazione da parte dei destinatari.

In una seconda fase, che può essere fatta risalire alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, diventa evidente che le regole di redazione devono essere accompagnate da interventi su aspetti sostanziali della produzione legislativa: la riorganizzazione delle procedure parlamentari, la programmazione dell'attività legislativa, la semplificazione, la delegificazione, il riordino della legislazione.

Nascono così nuovi strumenti: le circolari sull'istruttoria legislativa, l'analisi tecnico-normativa (ATN), l'analisi ex ante (AIR) e la verifica ex post (VIR) dell'impatto della regolamentazione. Strumenti che mirano a garantire una migliore qualità delle leggi anche in termini di efficacia e di efficienza rispetto agli obiettivi perseguiti.

La coerenza e l'efficacia di questi strumenti ha dovuto fare i conti con i cambiamenti che hanno segnato il procedimento legislativo in Italia, caratterizzato, da un lato, da una moltiplicazione dei centri di produzione normativa e, dall'altro, da un progressivo e costante ricorso alla decretazione d'urgenza. L'urgenza, la fretta e l'occasionalità che di frequente accompagnano il processo legislativo poco o nulla si conciliano con la progettazione legislativa incentrata sugli strumenti prima richiamati e che, in occasione dei decreti-legge, sono sacrificati del tutto o ricevono applicazione solo formale. L'esperienza dei decreti-legge omnibus rende poi del tutto recessivo lo sforzo e l'impegno per la chiarezza, la coerenza e l'omogeneità degli atti normativi. Anche l'importante opera, avviata in questi ultimi anni, di riordino e di riassetto di alcune legislazioni mediante codici di settore è spesso messa a repentaglio dalle frequenti modifiche introdotte non solo attraverso i successivi decreti legislativi integrativi e correttivi, ma anche mediante disposizioni sparse contenute in provvedimenti d'urgenza, che mettono in luce l'instabilità di quel riordino e minano la certezza del diritto.

Non minore impatto sembra avere un ulteriore dato della più recente produzione legislativa, rappresentato dal peso sempre più rilevante, per quantità e qualità delle materie, assunto dalla normativa dell'Unione europea che, oltre a comportare la riduzione dello spazio delle decisioni legislative nazionali, si riflette sul tema più specifico della qualità della legislazione. Sintomi di questa influenza sono l'assimilazione della tecnica normativa propria del legislatore europeo, caratterizzata da preamboli, finalità, elenchi di definizioni e dall'utilizzo di un linguaggio semplificante, impermeabile a molte delle categorie giuridiche della tradizione degli Stati membri, nonché dall'ingresso, più consistente che in passato, di forestierismi non acclimatati e di calchi.

In questo contesto così complesso, si inseriscono, tuttavia, alcuni significativi elementi di novità, introdotti sul finire della scorsa legislatura, che hanno dato nuovo impulso e linfa alle politiche volte a garantire una migliore qualità della legislazione nel nostro Paese. Queste novità hanno interessato tutte le fasi del ciclo regolatorio, innovando in particolare le procedure e i contenuti dell'AIR e della VIR e le consultazioni pubbliche. Nella loro elaborazione hanno svolto un ruolo significativo anche le Camere e il Consiglio di Stato, a dimostrazione di una più diffusa consapevolezza dell'importanza e concreta utilità di questi strumenti nel procedimento legislativo e, più in generale, nel processo decisionale pubblico.

All'esito di questa stagione di riforme, l'Italia appare provvista della strumentazione che, quanto meno in via potenziale, dovrebbe garantire una migliore qualità della regolazione, come attesta il secondo Rapporto OCSE sulle politiche di regolazione [cfr. OECD Regulatory Policy Outlook 2018, di cui è disponibile online una sintesi in italiano, n.d.r.], relativo al periodo 2015-2017, che registra per l'Italia un deciso miglioramento rispetto ai dati del 2015, ponendola al di sopra della media dei 34 Paesi OCSE.

È ancora presto però per valutare se queste riforme siano in grado di operare un'effettiva inversione di tendenza rispetto al passato o rappresentino l'ennesima occasione mancata.

Quello che si può già osservare è che le relazioni AIR, presentate a corredo dei disegni di legge governativi successivamente all'entrata in vigore del nuovo regolamento in materia di AIR e VIR [per cui cfr. normativa AIR e VIR e Senato della Repubblica. Servizio per la Qualità degli Atti normativi. XVII legislatura, Il nuovo regolamento in materia di AIR, VIR e consultazioni. Dossier a cura di Stefano Marci, dicembre 2017, n.d.r.], risultano più strutturate e approfondite rispetto al passato, soprattutto riguardo alla descrizione del contesto e delle motivazioni dell'intervento normativo, degli obiettivi e delle consultazioni svolte. Rimangono alcuni elementi di criticità relativi alla tempistica dell'analisi, che è spesso condotta in una fase troppo avanzata dell'iter normativo, e alla valutazione degli impatti, che risulta non completa ed eccessivamente descrittiva. Stentano invece a decollare alcuni degli strumenti più innovativi della nuova disciplina, quali la programmazione dell'attività normativa e le AIR nell'ambito delle procedure di formazione del diritto dell'Unione europea (la cd. "fase ascendente"). Ancora largamente insufficiente risulta, infine, l'applicazione dello strumento dell'AIR alla decretazione d'urgenza, nonostante le modifiche introdotte per consentirne un'elaborazione in forma semplificata.

Per quanto riguarda le VIR, non è possibile formulare alcuna considerazione, se non che sono stati elaborati cinque piani di valutazione da parte di altrettanti Ministeri, nei quali sono indicati da un minimo di due a un massimo di sette valutazioni da realizzare entro il 2020.

Pur nella consapevolezza delle difficoltà di porre rimedio all'odierno stato di crisi della legislazione italiana, che appare strettamente collegato alla crisi di governabilità di una società complessa, gli sforzi compiuti in questi anni inducono a non disperare circa la possibilità di ridurre, o almeno arginare, il tasso di inquinamento e di disordine legislativo e migliorare la qualità delle leggi.

Un miglioramento potrebbe venire dall'introduzione di alcune modifiche normative per potenziare e rendere maggiormente cogenti gli strumenti per la qualità della legislazione. Senza intervenire direttamente sulla Costituzione, si potrebbero, ad esempio, introdurre nei Regolamenti parlamentari poche, ma essenziali regole in materia di formulazione dei testi legislativi e prevedere che l'assenza non giustificata delle relazioni AIR e ATN a corredo dei disegni di legge del Governo sia censurabile dagli organi parlamentari competenti impedendo la prosecuzione dell'iter legislativo.

A questi interventi si dovrebbe accompagnare una più capillare diffusione della cultura del buon legiferare, attraverso percorsi di formazione che coniughino le necessarie competenze giuridiche con altri saperi, dalla linguistica alle scienze sociali, statistiche, economiche e comportamentali, in un rapporto di mutua collaborazione.

Non si può infine negare che tutti questi sforzi risulterebbero maggiormente efficaci e capaci di incidere strutturalmente sulla qualità della legislazione se fossero accompagnati da un salto di cultura politica, da un cambiamento di visione, da una nuova capacità di governo e di ricomposizione su nuove basi della costituzione materiale del Paese.

Il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, nel corso delle dichiarazioni programmatiche rese alla Camera dei deputati nella seduta del 9 settembre 2019, ha assicurato, in sede di replica, di voler «lavorare con metodo in modo da [...] relegare la decretazione d'urgenza, come prevede la Costituzione, soltanto ai casi veramente straordinari di necessità e urgenza» (p. 93 del resoconto stenografico). Sarà interessante verificare se a tali dichiarazioni seguiranno comportamenti conseguenti.

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Anna Osbat, La comunicazione digitale nel Parlamento

La data di inizio della comunicazione digitale nel Parlamento italiano è tra fine 1996 e inizio 1997, mesi nei quali vengono pubblicati i primi siti web del Senato, della Camera e del Parlamento.

L'informatica parlamentare era nata diversi anni prima, ma il suo impatto aveva riguardato solo un ristretto numero di persone, i parlamentari, i dipendenti delle amministrazioni parlamentari e gli abbonati alle banche dati professionali prodotte dalle due camere.

Con l'avvento del world wide web il Parlamento comincia a comunicare con una platea indifferenziata e potenzialmente immensa. Nel corso degli oltre 20 anni della loro storia i siti parlamentari si sono evoluti, arricchiti, enormemente ingranditi. Le direzioni di evoluzione sono state fin dall'inizio la redazione distribuita dei contenuti dinamici e la ricerca di una sempre maggiore velocità nella comunicazione delle informazioni sulla vita parlamentare.

Tra le caratteristiche della comunicazione digitale attuale alcune sono particolarmente rilevanti.

Sulle pagine dei siti web e nei dossier si fa sempre più ricorso a tecniche di data visualization per rendere più immediatamente comprensibili dati complessi (ad esempio in bdg.camera.it). Per agevolare la lettura dei dossier di documentazione si propone una lettura a livelli, per venire incontro alle esigenze di informazione veloce e sommaria senza pregiudicare la possibilità di approfondire i singoli argomenti. Esempi in questo senso sono i temi sul portale della documentazione della Camera (temi.camera.it).

Grandissimo peso viene dato alla comunicazione video, in particolare attraverso le webTV, che trasmettono le dirette delle sedute dell'aula e, ove previsto, delle commissioni, e degli altri eventi che si svolgono presso le sedi parlamentari. Per gli studiosi di linguistica è interessante la possibilità di leggere il resoconto stenografico in modo sincronizzato con il video della seduta, introdotta recentemente al Senato e alla Camera.

Una tendenza notevole degli ultimi anni è lo sbarco delle istituzioni parlamentari sui social network, e l'Italia è in linea con quanto succede negli altri paesi occidentali. Instagram è la piattaforma sulla quale si stanno concentrando molti sforzi, anche perché è quella attualmente più usata dai giovani. La comunicazione sui social network richiede però grandi capacità di adattamento alle peculiarità di ciascuna piattaforma, e la presenza istituzionale risulta poco efficace anche per le modalità di comunicazione unidirezionale che non si conciliano molto con lo spirito dei social network. Un esperimento molto recente è quello del sito social.camera.it, nel quale vengono aggregati in tempo reale i post dei deputati e della Camera alle varie piattaforme.

La comunicazione digitale parlamentare vive una fase di transizione, alla ricerca di una efficacia ancora insoddisfacente, a dispetto della mole di informazioni messe a disposizione degli utenti, sia interni che esterni. Le informazioni infatti sono poco integrate tra di loro, in alcuni casi addirittura chiuse in silos non comunicanti, e per utenti poco esperti e motivati sono poco raggiungibili.

Per questo motivo sono allo studio numerose possibili applicazioni delle tecnologie informatiche di ultima generazione, conosciute genericamente come Intelligenza Artificiale. Se alcuni loro utilizzi sono immediatamente concretizzabili (classificazione semantica degli atti parlamentari, chatbot per l'interazione con gli utenti, traduzione dall'italiano delle pagine dinamiche), l'impatto reale delle nuove tecnologie è ancora difficile da immaginare, tanto da suggerire al Comitato di vigilanza sulle attività di documentazione della Camera un ciclo di audizioni conoscitive su questo argomento.

Un altro tema importante per il futuro della comunicazione digitale parlamentare è quello della conservazione della storia e della memoria delle istituzioni. Già a distanza di pochi anni dai primi siti web, è difficile accedere alle fonti che testimoniano i vari passaggi, e questo è pressoché impossibile per tutta quella parte di comunicazione digitale che non avviene su internet ma solo sulle intranet istituzionali e sulle app per dispositivi mobili. L'auspicio è che il futuro porti una maggiore attenzione riguardo al problema della conservazione delle fonti digitali.

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