«
»
Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Dieci anni di apertura al pubblico della Biblioteca del Senato
n. 18 (Nuova Serie), dicembre 2013

La biblioteca unificata: nuove tecnologie per la gestione e la ricerca integrata delle risorse

heliosL'evoluzione tecnologica ha trasformato radicalmente il mondo dell'informazione rendendolo più accessibile, ma anche estremamente più vasto e complesso. Il ruolo di mediazione informativa svolto dalle biblioteche si è modificato assumendo progressivamente la funzione di organizzazione di un insieme eterogeneo di risorse tradizionali cartacee e, sempre di più, di risorse dematerializzate e delocalizzate.

La biblioteca ha dunque un ruolo catalizzante, di "facilitatore" dell'informazione, poiché ne argina la crescente entropia circoscrivendo piccoli o grandi universi di contenuti orientati agli utenti. Ogni biblioteca, come ogni universo, ha il suo centro, un punto di attrazione che piega i flussi informativi in modo unico. E' come se la fisionomia di una biblioteca non potesse più essere ricondotta solo alle sue collezioni, ai suoi servizi, ma risiedesse in questo nucleo, nel suo peculiare potere aggregativo.

La tecnologia è la causa di questa evoluzione, ed è anche il supporto alle nuove sfide della biblioteca, lo strumento che consente di acquisire, organizzare, accedere le nuove risorse informative, di cui condivide la natura digitale.

Strumenti di ricerca e risorse dovrebbero evolversi in modo parallelo. Se questo non accade e la biblioteca non aggiorna i propri strumenti di ricerca, i contenuti sfuggono all'aggregazione, inizia a prevalere l'entropia e, di conseguenza il disorientamento dell'utente. Il rischio è che molti contenuti informativi vengano semplicemente persi perché la biblioteca non è in grado di dare ad essi una rappresentazione adeguata (o una rappresentazione tout court).

Il primo strumento tecnologico user-oriented per la ricerca delle collezioni della biblioteca è stato l'OPAC (On-line Public Access Catalogue). Ricordiamo che dell'Opac del Polo Bibliotecario Parlamentare abbiamo già parlato su queste pagine nei numeri 6 e 2 N.S. di MinervaWeb. Il catalogo è nato però per gestire il patrimonio cartaceo o comunque locale della biblioteca e, anche nella sua versione elettronica, rimane un oggetto rigido, che si adatta con difficoltà a contenuti troppo diversificati. Il catalogo "ha bisogno" di oggetti stabili da descrivere: le risorse elettroniche in abbonamento, per fare solo un esempio, non possono trovare nel catalogo una rappresentazione sempre adeguata.

Nel tempo si sono dunque affiancati al catalogo altri strumenti più flessibili in grado di assolvere al compito di gestire correttamente le risorse diverse da quelle tradizionali: riviste elettroniche o banche dati in abbonamento (si veda in merito, quanto al patrimonio della Biblioteca del Senato, l'indice della rubrica Scaffale digitale di MinervaWeb), collezioni digitali, depositi istituzionali. Questo ha determinato il moltiplicarsi delle interfacce di ricerca per l'utente e degli strumenti di lavoro per il bibliotecario, il cui compito primario diviene quello di mediare tra l'utente e il sempre più ricco menu degli strumenti di ricerca della biblioteca.

Negli ultimi 15 anni l'obiettivo delle biblioteche è stato l'unificazione, al fine di integrare gli strumenti di lavoro e di presentare all'utente un'interfaccia di ricerca unica per le diverse risorse della biblioteca, cartacee, elettroniche o digitali, locali o remote. La prima risposta efficace sono stati i metamotori, sistemi di ricerca federata che inviano una richiesta simultaneamente a diversi database collegati rielaborandone poi la risposta. Sulla base di questa tecnologia le biblioteche si sono dotate di "portali" di ricerca in grado di offrire all'utente un punto unico di accesso alle diverse risorse. La metaricerca (o ricerca federata) pur rappresentando un grande passo avanti rispetto alla completa disaggregazione degli strumenti, ha però dei limiti. Il principale è che ogni database interrogato risponde con i propri tempi e modi (a volte non risponde affatto), generando risposte a volte incomplete. Al riguardo rinviamo agli articoli relativi alla Biblioteca digitale del Polo Bibliotecario Parlamentare, sui numeri 7 e 14 della Nuova serie di MinervaWeb.

Il passo successivo è l'avvento dei discovery tool. Il discovery è uno strumento applicativo che sovrapponendosi ad una molteplicità di risorse, locali e remote, ne consente la ricerca simultanea e integrata. E' una sorta di "piccolo Google" finalizzato al recupero di un insieme selezionato di informazioni provenienti da fonti diverse. La differenza rispetto al metamotore è che i dati contenuti nei diversi database vengono rielaborati creando un indice unico completo, regolarmente aggiornato. Su questo indice possono anche lavorare meccanismi più o meno evoluti di deduplicazione dei risultati e di ranking, offrendo una qualità di risposta superiore al metamotore in termini di completezza e organizzazione dei risultati. Per integrare la ricerca sulle banche dati esterne (es. periodici elettronici) l'indice creato dai contenuti locali viene integrato ad una knowledge base di risorse esterne, una sorta di mega-indice di contenuti non prodotti dalla biblioteca, contenente dati provenienti ad esempio dagli editori. La biblioteca seleziona le risorse di proprio interesse (es. le banche dati in abbonamento) che vanno ad integrarsi con i contenuti locali.

Con i discovery tool è stato raggiunto il risultato dell'unificazione degli strumenti di ricerca lato utente. I limiti di questo strumento sono, possiamo dire, esterni ad esso e alla sua tecnologia. Essi dipendono sempre dalla frammentazione degli archivi di risorse informative al di sotto del livello del discovery (catalogo, banche dati commerciali, banche dati prodotte dall'istituzione, archivi digitali, depositi istituzionali). Senza contare che nulla cambia per i bibliotecari che si trovano a gestire ancora archivi distinti per le diverse tipologie di risorse e che, in più, devono lavorare per riversarne i contenuti nell'indice unico del discovery.

I sistemi di URM (Unified Resource Management, Gestione unificata delle risorse) intendono superare questa situazione sostituendo tutti gli applicativi per la gestione delle diverse risorse informative con un unico sistema integrato. In Italia, ad esempio, è in corso di sperimentazione presso diverse università l'URM ALMA, prodotto dalla software house Ex Libris.

L'URM è un applicativo di nuova generazione che supporta la gestione completa delle attività di una biblioteca - selezione, acquisizione, ordinamento, catalogazione, circolazione - per qualunque materiale bibliografico (o archivistico), indipendentemente da formato o localizzazione.

Con questi nuovi strumenti le biblioteche sono in grado di organizzare in modo più razionale i flussi di lavoro, senza duplicazioni o frammentazioni, potenziando anche l'aspetto collaborativo della gestione delle collezioni. Programmi integralmente web-based (che permettono cioè all'utente e al bibliotecario di interagire con il sistema tramite un web-browser da qualunque postazione connessa alla rete) e gestiti in cloud computing (sistema che si configura come un servizio offerto da un provider al cliente, che consente di elaborare e archiviare dati tramite risorse hardware/software distribuite e virtualizzate in rete), essi superano la maggior parte dei limiti legati alla localizzazione degli opac, consentendo di includere in maniera integrata le risorse non cartacee, locali e remote.

E' interessante notare come, parlando di URM, in area anglosassone il termine "circolazione" normalmente usato per indicare in senso ampio i servizi di prestito legati alla movimentazione in qualche modo fisica di materiale bibliografico su richiesta di un utente, sia stato sostituito dal termine "fulfillment" ovvero "soddisfazione" che definisce l'incontro tra la domanda dell'utente e la risorsa informativa qualunque sia il suo formato e la sua localizzazione. Questo incontro è sempre meno "fisico" (il volume che si muove dal magazzino e viene prestato all'utente) e sempre più virtuale (l'utente che interroga l'URM attraverso un'interfaccia di discovery e trova direttamente un full-text).

La delocalizzazione dei metadati prodotti da fonti diverse (istituzioni, editori ecc.) permette infine ai sistemi di URM di supportare meglio i modelli collaborativi - dalla condivisione dello sviluppo delle collezioni con altre biblioteche, alla catalogazione distribuita - e di dare adeguata rappresentazione a livello locale anche delle risorse remote in abbonamento.

Archivio Newsletter

FINE PAGINA

vai a inizio pagina