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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 12 (Nuova Serie), dicembre 2012

Il Pantheon

pantheonDopo esserci occupati di alcuni importanti edifici e monumenti presenti nell'area dell'antico Campo Marzio (l'elefantino di Piazza della Minerva, il Palazzo della Biblioteca del Senato e quello della Biblioteca della Camera, Il Convento dei domenicani e la basilica di Santa Maria sopra Minerva), parleremo, in questo numero, di quello che senza dubbio, può essere considerato il più importante. Di fronte all'attuale Piazza della Rotonda, sorge il Pantheon, esempio straordinario e tra i meglio conservati dell'architettura dall'antica Roma, di cui rappresenta l'espressione più alta e matura per le sue dimensioni, il suo disegno e per la sua costruzione.

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  1. La storia
  2. L'Architettura
  3. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

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1. La storia.

• Dalle origini al VII secolo

Secondo una leggenda riportata dal romanista Cesare D'Onofrio, nel luogo dove oggi sorge l'attuale monumento, in quel particolare punto del Campo Marzio dove il mito vuole che il fondatore di Roma, Romolo, sia asceso al cielo durante una cerimonia religiosa, i primi cittadini romani avrebbero costruito il primo Pantheon.

In realtà, la costruzione originaria risale a Marco Vipsano Agrippa, genero e prefetto di Augusto, che come ex voto per la vittoria sui Persiani fece erigere tra il 27 e il 25 a.C. un tempio concepito come Augusteum, ossia come luogo sacro dedicato al divinizzato imperatore Augusto e divenuto, subito dopo, tempio di tutte le divinità protettrici della sua stirpe. Era il Pantheon - τό Πάνθειον (ἱερόν) (Il tempio di tutti gli dei) - ma non ancora la Rotonda, come i romani chiameranno l'edificio a partire dal Medioevo, perché allora aveva ancora una forma rettangolare. La costruzione di questo monumento, affidata all'architetto e ingegnere di origini cumane Lucio Cocceio Aucto, si inserì nel quadro della monumentalizzazione del Campo Marzio e il tempio sorse fra i Saepta Iulia e la basilica di Nettuno, fatti erigere a spese dello stesso Agrippa.

Durante alcuni scavi condotti alla fine del XIX secolo sono stati rinvenuti dei resti che ci permettono di conoscerne l'originaria struttura: questo primo tempio era rivolto verso sud e aveva pianta rettangolare. Venne costruito in blocchi di travertino rivestiti da lastre di marmo e con un semplice tetto di legno a falde sporgenti. Era insomma, uno dei tanti e comuni templi utilizzati per pregare ed onorare le divinità pagane fino ad allora conosciute. Il pronao che lo precedeva, sul lato lungo, si affacciava su una piazza circolare, ora occupata dalla rotonda adrianea, che separava il tempio dalla basilica di Nettuno, recintata da un muretto. Le fonti antiche ci informano che i capitelli erano realizzati in bronzo e che il tempio era ornato da statue e cariatidi, sia sulla fronte che all'interno.

Cassio Dione Cocceiano, nelle sue Istorie Romane, afferma che il Pantheon aveva questo nome proprio perché accoglieva le statue di molte divinità e perché la cupola richiamava la volta celeste alludendo alle sette divinità planetarie. Secondo lo storico, l'edificio venne decorato dall'artista neoattico Diogenes di Atene e, per volere di Agrippa, furono poste all'interno una statua di Cesare divinizzato e, nel pronao, una di Ottaviano e una di se stesso, a celebrazione della loro amicizia e del loro comune interesse per il bene pubblico.

Come molti degli edifici romani del tempo, costruiti principalmente con legno e rocce e dunque facilmente deperibili se soggette alle fiamme, nel corso degli anni, il tempio fu devastato da incendi e calamità naturali. In particolare, dopo l'incendio di Roma dell'80 d.C., fu necessario un primo restauro, voluto da Domiziano, ma già nel 110 d.C., dapprima un fulmine, poi un nuovo incendio, resero indispensabili nuovi interventi. Diversi restauri vennero eseguiti su ordine di Traiano, fino a quando Adriano nel 130 d.C. decise di demolirlo completamente e costruirne uno nuovo, forse servendosi dell'opera dell'architetto e ingegnere militare Apollodoro di Damasco, che aveva lavorato a Roma, al servizio di Traiano, sin dal 91 d.C.

L'intenzione di Adriano era di edificare il nuovo Pantheon come un tempio per tutti gli dei, dove tutti i cittadini dell'Impero romano, anche quelli che non adoravano i vecchi dei di Roma, potessero pregare.

Con la ricostruzione adrianea, il tempio prese la forma definitiva che tuttora conserva, essendo giunto fino a noi quasi integro. Rispetto al tempio precedente gli elementi essenziali rimasero immutati: l'asse centrale coincise con quello dell'edificio più recente e la larghezza della cella fu mantenuta uguale al diametro interno della rotonda, anche la profondità dell'edificio augusteo coincise con quella del pronao adrianeo. Inoltre l'imperatore, che non usava apporre il proprio nome sugli edifici da lui costruiti, decise di mantenere l'iscrizione originale di dedica dell'edificio, M•AGRIPPA•L•F•COS•TERTIVM•FECIT ("Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta, edificò") . Questa scritta ha per molto tempo tratto in inganno circa l'attribuzione dell'attuale Pantheon, e solo grazie ai bolli laterizi (le marche di fabbrica stampate sui laterizi), si è potuto accertare che esso appartiene interamente alla ricostruzione del tempo di Adriano (117-138 d.C.).

Va ricordato, ancora una volta, che il Pantheon è l'unico monumento architettonico di questo tipo, di età romana, giunto sostanzialmente intatto sino a noi. Questa circostanza, ci rende praticamente impossibile valutarne la diversità e la eventuale superiorità in confronto con altri edifici analoghi che sono giunti a noi allo stato di ruderi o che sono addirittura noti soltanto per la pianta. Da sempre, viene comunque considerato modello della concezione architettonica tipicamente italico-romana, dove l'edificio vale per il suo spazio interno, più che per la sua struttura architettonica. Adriano, nell'elaborare il nuovo progetto del Pantheon, prese a modello i templi greci e fuse così il classico pronao colonnato con un edificio dalla spazialità nuova, la rotonda. Ben evidente, rimase però, la differenza tra architettura greca e romana: la diversa tecnica costruttiva dei muri che prevedeva l'utilizzo di blocchi quadrati, in Grecia, così da dare alle pareti una consistenza strutturale massiccia, ma anche vibrante, e quello di mattoni e piccoli elementi tenuti insieme dalla malta, a Roma, così da rappresentare un elemento inerte che ha valore solo in quanto involucro di uno spazio, di un volume, in cui l'uomo avrà sempre una collocazione subordinata alla maestosa e difficilmente afferrabile struttura. Insomma a Roma si attua un compromesso tra la spazialità dell'architettura greca, per lo più attenta all'esterno degli edifici e quella dell'architettura romana, volta a dare maggiore attenzione agli spazi interni, e qui il mistero del simbolo prende il posto della pura razionalità greca.

Interessante e ricca di avvenimenti è la storia successiva del tempio: dopo alcuni marginali restauri, eseguiti sia dall'imperatore Antonino Pio che, all'inizio del III sec. d.C., da Settimio Severo (come testimonia la poco leggibile iscrizione incisa sulla trabeazione della fronte), il Pantheon cadde in stato di abbandono fino al 608, quando venne ceduto dall'imperatore bizantino Foca al papa Bonifacio IV, che lo trasformò in chiesa cristiana, dedicata a Maria e ai Martiri, consacrandola con una solenne processione di clero e di popolo, il 13 maggio dell'anno 609, dopo avervi fatto deporre reliquie di martiri prelevate in molte catacombe romane e aver fatto rimuovere le statue di idoli che adornavano l'interno e l'esterno del tempio.

Questo fatto garantì non solo un utilizzo ininterrotto dell'edificio, ma, in parte, anche la sua conservazione, impedendo che venisse spogliato, come invece accadde a molti altri monumenti antichi in epoca medievale. Fu, insomma, il primo caso di un tempio pagano trasposto al culto cristiano. Non bisogna dimenticare che, durante il Medioevo, la forte contrazione demografica fece sì che la popolazione cominciasse ad occupare solo in parte le antiche città romane che si trasformarono in paesaggi di rovine. Così venne favorito il fenomeno del riuso utilitaristico che si proponeva di risparmiare tempo e lavoro utilizzando elementi già lavorati o costruzioni ancora in piedi: gli edifici antichi diventarono allora vere cave di materiale, o vennero predisposti, attraverso leggere modifiche, per svolgere una nuova funzione. Così il Pantheon, superata l'avversione verso i luoghi di culto pagano della prima epoca cristiana, quando i Padri della Chiesa invitavano alla distruzione di tutti i templi, fu trasformato in chiesa cristiana economizzando tempo e lavoro e affermando in maniera tangibile la definitiva vittoria del cristianesimo sulle religioni pagane.

• Dall'VIII secolo ai giorni nostri

Nel 655 d.C. Costante II, l'Imperatore di Costantinopoli, ordinò che venissero asportate le opere di bronzo e le tegole di bronzo dorato che rivestivano l'esterno della cupola, e solo nel 733 Gregorio III le sostituì, coprendo la cupola e il pronao con lastre di piombo. Meritano una menzione anche le vicende della chiesa nei secoli successivi: durante gli anni in cui la residenza dei papi fu ad Avignone, dal 1378 al 1417, nel pieno delle lotte tra le famiglie romane dei Colonna e degli Orsini, essa divenne una piccola fortezza, e solo quando Papa Martino V riportò il papato a Roma, poté avere inizio il recupero del Pantheon e delle zone limitrofe. Il pontefice infatti fece riportare alla luce le basi delle colonne, che precedentemente erano state coperte dalle macerie dei vecchi edifici, facendo sgombrare il portico e la piazza dalle rovine e dalle casupole che vi erano state costruite. Interventi analoghi vennero eseguiti dai pontefici anche nei secoli successivi: Alessandro VII nel 1662 fece demolire alcune case addossate alla chiesa, Clemente IX, nel 1668, chiuse il portico con delle cancellate, poi rimosse, Benedetto XIV commissionò restauri nella cella nel 1747, e ancora, Pio IX, nel 1853, ordinò l'abbattimento di altre case nell'area. Nel frattempo, a partire dal XV secolo il Pantheon fu adornato con varie pitture, la più famosa delle quali fu l'Annunciazione di Melozzo da Forlì e con collezioni di busti onorari di uomini famosi che poi Pio VII fece rimuovere e trasportare al Campidoglio.

Ma è sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini, che il Pantheon subì un nuovo evidente oltraggio: come era già successo ai tempi di Costante II, anche nel 1625 la copertura di bronzo del soffitto del pronao e, forse, anche le sculture del frontone furono prelevate per essere destinate ad altri usi. Volendo Urbano VIII elevare un baldacchino di bronzo sull'altare principale della Basilica di San Pietro, proprio sotto la cupola, e mancando il bronzo necessario, oltre a far togliere i costolini bronzei della cupola della Basilica stessa e a farne venire altro da Venezia e da Livorno, ordinò che si togliesse quello delle travi del pronao del Pantheon, che venne così fuso dal Bernini. Ma una parte di questo materiale fu anche destinata alla creazione di 80 cannoni per la roccaforte papale di Castel Sant'Angelo. Dall'episodio ebbe origine il celebre detto, affidato alla statua parlante del Pasquino: "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini".

Negli stessi anni Urbano VIII, per accentuare il carattere religioso della struttura, ordinò a Gian Lorenzo Bernini di costruire due campanili ai lati del frontone della chiesa, ma subito essi furono soprannominati dai romani "orecchie d'asino" e divennero oggetto di critiche, tanto da essere rimossi nel XIX secolo.

Dal Rinascimento in avanti il Pantheon fu usato per seppellire personaggi illustri: dal 1520 vi è la Tomba di Raffaello presso l'altare della Madonna del Sasso (realizzata da Lorenzetto nel 1520 su commissione dello stesso Raffaello) e numerose sono le sepolture di artisti (Baldassarre Peruzzi, Taddeo Zuccari, Perin del Vaga, Flavio Vacca, Arcangelo Corelli). Il legame di questo posto con le arti fu confermato anche nel 1543, quando venne istituita la Congregazione dei Virtuosi al Pantheon, divenuta poi Pontificia Accademia di Belle Arti, grazie alla quale fino alla fine dell'Ottocento il Pantheon divenne una sorta di galleria d'arte, ospitando sotto il pronao, mostre che ebbero ampia risonanza nell'ambiente artistico romano. Nel 1870, poi, divenne sacrario dei re d'Italia e vi furono sepolti Vittorio Emanuele II nel 1878, Umberto I nel 1900 e Margherita di Savoia nel 1926. Oggi, membri volontari dell'organizzazione dell'Italia Monarchica fanno la guardia alle tombe reali.

2. L'architettura

• La struttura del tempio

Va anzitutto affermato che la costruzione del Pantheon impegnò non poco gli ingegneri di Adriano, che, seguendo i dettami vitruviani, iniziarono a rinnovare il sito, rimuovendo tutte le fondazioni di calcestruzzo degli edifici costruiti precedentemente e preparando le forme per la costruzione delle nuove fondazioni, anche perché il terreno sul quale venne edificato il tempio non era lontano dalla zona alluvionale del Tevere, e costruire una struttura del genere su una zona paludosa, rese difficile il lavoro e necessario procedere in fasi successive. La fondazione infatti si fratturò in più punti e i costruttori dovettero intervenire immediatamente, rimediando a tali cedimenti e incrinature, utilizzando una malta di calce e pozzolana, così tenace da creare una fondazione monolitica e solida.

Il progetto del Pantheon prevedeva una struttura con tre corpi principali: il pronao, l'avancorpo e la rotonda. Alcuni scavi archeologici hanno mostrato differenze di metodo nella costruzione delle varie parti e questo ha portato alcuni studiosi ad avanzare dubbi riguardo la contemporaneità delle tre strutture, anche se la maggior parte è concorde nel ritenere che le differenze siano dovute esclusivamente a ragioni costruttive.

• Il pronao

Il monumentale pronao che precede l'edificio, originariamente elevato su un basamento con alcuni gradini di fronte a una piazza a portici assai più bassa dell'attuale, è composto da sedici colonne monolitiche: otto di granito grigio nella facciata e altre otto di granito rosa, distribuite in due file retrostanti (a scandire lo spazio in tre navate, come nelle Basiliche), tutte con basi e capitelli corinzi di marmo bianco. L'utilizzo di questi fusti monolitici lisci di marmo colorato rappresentò una novità rispetto ai tradizionali fusti scanalati e in marmo bianco, solitamente utilizzati per le colonne dei templi. Il tetto a doppio spiovente e sorretto da capriate lignee era coperto di bronzo che, come già detto, venne smontato e fuso per volere di Urbano VIII. I lati del pronao sono rivestiti in marmo, così come il pavimento, le cui lastre di marmo colorato sono disposte secondo un disegno geometrico di cerchi e quadrati.

Sul fregio della trabeazione è riportata l'iscrizione di Agrippa in lettere di bronzo, mentre una seconda iscrizione relativa ad un restauro sotto Settimio Severo fu più tardi incisa sull'architrave. Nello spazio triangolare del timpano doveva in origine esserci una decorazione, come testimonia la presenza dei fori per l'ancoraggio, la cui posizione ha fatto ipotizzare la presenza di una grande aquila ad ali spiegate, simbolo del potere, con una corona di quercia nel becco.

Sempre sulla facciata, ma nascosto dal pronao, è presente un frontone in laterizio che doveva essere visibile solo da grande distanza. Il frontone dell'ingresso appare comunque troppo grande e pesante sulle colonne che lo supportano. E' probabile infatti che l'edificio dovesse essere più alto di quanto sia in realtà, ma non essendoci più disponibilità di colonne lunghe, nelle cave, ci si dovette accontentare del materiale a disposizione e si dovettero utilizzare così colonne di circa tre metri più corte del necessario.

• L'avancorpo

Il pronao è collegato alla maestosa cupola emisferica e all'ampia cella rotonda da una struttura rettangolare intermedia, un avancorpo in opera laterizia, rivestito con lastre di marmo pentelico e decorato da una serie di lesene che sembrano voler proseguire l'ordine del pronao. Nei due massicci pilastri che lo sostengono si trovano le scale di accesso alla parte superiore della rotonda.

Alla fine delle colonne si innesta l'imponente portone bronzeo, alto circa 7 metri e forse proveniente da un altro antico edificio, come è possibile supporre a causa della diversa proporzione rispetto all'apertura.

• L'interno

Oltrepassata la porta d'ingresso ci si ritrova in un enorme spazio vuoto, la cella (naòs), il cui perimetro circolare ha un diametro di 43,44 metri, pari all'altezza della cupola da terra e il cui muro è scandito in due livelli sovrapposti. Nel primo livello si aprono sei nicchie, ciascuna con due colonne sul fronte, a pianta rettangolare e semicircolare, più la nicchia dell'ingresso e l'abside. Tra esse sporgono otto piccole edicole su alto basamento con colonnine in porfido e timpani triangolari e curvilinei. Nel secondo livello, in opus sectile, sono invece presenti una serie di lesene in porfido che inquadrano finestre cieche.

L'intero ambiente, una sfera perfetta inserita in un cilindro, è illuminato da un'unica grande apertura al centro della cupola, un oculo di m. 8,92 di diametro che crea un effetto luminoso e che, oltre ad esaltare la grandiosità e l'armonia del monumento, contribuisce, con il suo intenso effetto di chiaroscuro, ad eliminare quel senso di pesantezza e staticità, che le notevoli dimensioni dell'edificio avrebbero potuto dare. Le pareti sono rivestite da lastre di marmi colorati, così come il pavimento, che è costituito da riquadri e tondi di porfido, giallo antico, granito e pavonazzetto ed è dotato di 22 fori che costituiscono, insieme all'andamento leggermente convesso verso i lati, il sistema di drenaggio dell'acqua piovana che penetra dall'oculo della cupola.

Il muro perimetrale è spesso m. 6,40 e non è pieno bensì scavato, all'interno, dalle esedre e all'esterno, da vani equivalenti alle esedre, ma ciechi, quegli archi di scarico facilmente individuabili sullo spoglio muro del cilindro. Questo, sia per alleggerire l'enorme massa muraria e ridurre così il peso sulle fondazioni, sia per accelerare l'indurimento del calcestruzzo, in fase di costruzione. Il corpo esteriore della rotonda, in antico nascosto da edifici contigui, non presenta particolari decorazioni, a parte tre cornici marcapiano con mensole ad altezze diverse, cui corrispondono anche diversi materiali utilizzati nella costruzione dell'edificio: dalle fondazioni fino alla cupola sono infatti stati utilizzati materiali via via sempre più leggeri, e il calcestruzzo è stato creato, utilizzando come inerti dapprima travertino, poi tufo, mattoni, fino a scorie di lava vulcanica.

• La cupola

La maestosa cupola del Pantheon è ancora oggi l'elemento che, più di ogni altro, richiama l'attenzione del visitatore. Nascosta all'esterno per oltre un terzo, dalla struttura del cilindro d'imposta, è alta 43, 4 metri ed ha un diametro di pari dimensioni. E' articolata in sette anelli sovrapposti, in origine coperti dalle tegole in bronzo dorato asportate da Costante II.

Fino a quando Brunelleschi non completò la Cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, nel 1436, la cupola del Pantheon fu la più grande esistente nell'Europa Occidentale e rimane comunque la più grande in muratura esistente al mondo, dall'antichità. Da oltre venti secoli infatti questa struttura, priva di rinforzi, resiste intatta, grazie alla particolare tecnica romana di costruzione delle volte.

Non esistendo ancora il cemento armato, i costruttori romani dovettero anzitutto utilizzare materiale cementizio via via più leggero, rastremando sempre di più lo spessore della muratura verso l'alto, e dovettero poi utilizzare una particolare tecnica di costruzione che prevedeva l'aggiunta del cemento in piccole quantità, drenando subito l'acqua in eccesso così da conferire al materiale una resistenza maggiore.

Ulteriore elemento, funzionale ed ornamentale allo stesso tempo, è la decorazione interna della cupola con cinque ordini di ventotto cassettoni digradanti a spicchi verso l'alto e originariamente decorati con stelle di bronzo ora scomparse.

Preceduto da una ampia fascia liscia di muratura e circondato da una cornice di tegole bronzee, nella parte sommitale e centrale della volta, si apre il grande oculo, attorno al quale sono nate, nel corso dei secoli, numerose leggende: la prima, evidentemente falsa, vuole che attraverso esso, la pioggia non penetri nel tempio, respinta da un sistema di correnti d'aria, in particolare nel passato quando, a causa del calore e dei fumi delle candele che illuminavano l'interno, la corrente d'aria calda salendo e incontrandosi con la pioggia, avrebbe dovuto nebulizzarla. Un'altra leggenda medievale vuole invece che l'oculo sia stato creato dal diavolo in fuga dal tempio o, ancora, che il foro fosse l'antica sede della grande pigna di bronzo, che si trova attualmente nell'omonimo cortile in Vaticano.

Il Pantheon, essendo privo di finestre, riceve illuminazione solamente da questo oculo sulla cupola e viene perciò investito da una luce zenitale che dà vibranti effetti chiaroscurali all'intero edificio. Esso permette inoltre l'osservazione di alcuni fenomeni astronomici: ogni anno, durante il solstizio d'estate, a mezzogiorno un raggio di sole penetra dall'oculo e colpisce il centro del portale d'accesso. Il tempio insomma, in ogni sua parte, esprime un simbolismo cosmico e trasmette un senso di stabilità ed armonia.

Inoltre il modello dello spazio circolare e coperto a cupola, già ripreso da quello delle grandi sale termali di epoca imperiale, avrà enorme influenza su moltissimi architetti dei secoli seguenti (primo fra tutti Andrea Palladio), e numerose chiese, università e biblioteche, imiteranno la struttura del portico con annessa la cupola; inoltre, in quanto mausoleo nazionale fu il precursore di numerosi edifici, come il suo omonimo a Parigi o l'Abbazia di Westminster.

Il Pantheon insomma, uno degli esempi meglio conservati dell'architettura monumentale romana, mantiene ancora oggi la capacità di colpire emotivamente chiunque vi entri, con la sua magnificenza, eleganza ed armonia e permette ancora di avere la sensazione di entrare in un edificio vivo, come nel passato.

3. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

Il Pantheon. Percorso bibliografico nelle collezioni della biblioteche del Senato e della Camera. Per ulteriori approfondimenti è possibile proseguire la ricerca nel Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.

Per i termini tecnici ricorrenti nell'articolo si rimanda alla rubrica Glossario.

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