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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 2 (Nuova serie) - aprile 2011

Il Federalismo e le costituzioni federali. Parte prima: linee evolutive nel pensiero politico e nella teoria giuridica

Dipinto raffigurante la firma della Costituzione degli Stati Uniti a Filadelfia, 17 settembre 1787Inaugura la rubrica una serie di articoli di approfondimento dedicata al federalismo, all'evoluzione del concetto nella teoria politica e nella scienza del diritto, agli elementi distintivi che ne caratterizzano la forma istituzionale e ai principii che li governano. Si procederà in seguito ad una panoramica delle varie figure di organizzazione federalistica partendo dal patto di associazione, operando una sintetica descrizione delle singole costituzioni in base al criterio della loro appartenenza alle diverse famiglie giuridiche di civil law, di common law e a sistema misto, al fine di una maggiore comprensione di determinati istituti e della loro specifica evoluzione nei diversi ordinamenti.

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1. Premessa

2. La dimensione teorica.

3. La dimensione giuridica.

4. Il costituzionalismo federale.

5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

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1. Premessa.

Il significato del termine federalismo non è univoco. Da un punto di vista etimologico esso deriva dal latino foedus (alleanza, convenzione, patto tra eguali) con il quale i Romani identificavano l'insieme delle relazioni che intercorrevano tra l'impero e i territori sotto la sua influenza. La conoscenza dell'etimo, tuttavia, rappresenta solo il passo iniziale di una complessa evoluzione storica che scorre lungo due distinte direttrici: la dimensione teorica e la dimensione giuridica del federalismo.

2. La dimensione teorica.

In senso teorico, il federalismo muove da una visione plurale della società umana in cui agiscono due tendenze apparentemente contrapposte: da un lato il vincolo comunitario, per il quale la realtà locale qualifica il senso di appartenenza e riassume l'esistenza concreta dell'individuo; dall'altro la tendenza cosmopolita che porta le stesse singole comunità ad aprirsi ad una solidarietà universale tra gli uomini, indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione e dagli orientamenti culturali. L'evoluzione del concetto può riassumersi pertanto nel tentativo operato dai teorici della politica di conciliare in modo sistematico tali due estremi al fine di realizzare la perfetta comunità di comunità in grado di neutralizzare i conflitti interni ed esterni ad esse e di perseguire obbiettivi comuni. Si tratta, in altri termini, di un patto di associazione in cui le parti, pur mantenendo immutata la propria integrità, si uniscono per il raggiungimento di finalità condivise.

In questo senso la storia dell'idea federale è storia antica che origina dalla Bibbia - il patto stipulato tra Dio e l'umanità - (D. Elazar, Idee e forme del federalismo) e attraversa tutto il pensiero politico occidentale: dalla teologia federale dei teorici riformati ad Althusius, alla cui opera (Politica Methodice Digesta) si deve la prima formulazione in senso moderno di federalismo; dal potere federativo di Locke (Due Trattati sul governo ) al progetto Per la pace perpetua di Kant; dalle riflessioni di Madison (Madison's Record) e di Calhoun (A Disquisition on Government) sulla costituzione federale degli Stati Uniti d'America alle analisi svolte sul nuovo sistema politico da Tocqueville (La Democrazia in America). Nell'Ottocento, secolo delle rivoluzioni e delle costituzioni, si accentua l'aspetto dell' autonomia delle parti nella riflessione sul federalismo, mentre l'elemento economico-egualitario entra a pieno titolo quale terzo fattore determinante l'equilibrio fino ad allora ricercato e limitato alla dialettica tra autorità e libertà. Teorici del pensiero politico come Proudhon (Del principio federativo), Saint-Simon (Della riorganizzazione della società europea) e Bakunin (Fédéralisme, socialisme et antithéologisme), ma anche protagonisti del Risorgimento italiano quali Cattaneo (Stati Uniti d'Italia), Ferrari (La Federazione Repubblicana) e Pisacane (Saggio su la Rivoluzione), pensano ad una rivoluzione federalista non solo come all'instaurazione di un nuovo ordine politico che abbia ragione dei regimi assolutistici e del loro assetto accentratore, ma anche alla realizzazione di un nuovo ordine economico e sociale su base egualitaria e cooperativa a garanzia di progresso delle singole comunità costituenti la federazione. L'orizzonte concettuale si amplia: sono i prodromi del "federalismo integrale", teoria elaborata alla fine degli anni '40 del secolo scorso da Robert Aron e Alexandre Marc (Principes du fédéralisme) e Denis de Rougemont (Vita o morte dell'Europa), in cui i diversi aspetti del federalismo si fondono in un'unica dimensione antropologica, in una vera e propria concezione globale dell'individuo e della società.

Altro tema rilevante nel dibattito federalista del XX secolo è costituito dalla dimensione europeista. Attraverso l'esperienza delle due guerre mondiali e il fallimento della Società delle Nazioni, la riflessione dei teorici del federalismo si concentra sulle ragioni, sulle possibili forme e sulle modalità di realizzazione di una federazione in grado di limitare la sovranità degli Stati europei al fine comune di garantire pace e prosperità alle nazioni del continente. Quale la forma, quali i poteri e le competenze della teorizzata federazione sono oggetto di diversi progetti ad opera di studiosi tra i quali Lord Lothian (Il pacifismo non basta) e Lionel Robbis (Il federalismo e l'ordine economico internazionale) della Scuola federalista inglese, Luigi Einaudi (La guerra e l'unità europea), Attilio Cabiati e Giovanni Agnelli (Federazione Europea o Lega delle Nazioni), Coudenhove-Kalergi (Paneurope), Emile Chanoux (Federalismo e autonomie), Altiero Spinelli (Il Manifesto di Ventotene), Umberto Campagnolo (La Repubblica federale europea) e molti altri ancora che, durante la Resistenza e negli anni della ricostruzione, contribuirono al dibattito sul federalismo e sulla futura federazione europea. Le Comunità Europee nascono nel 1957 secondo il metodo funzionalista di Jean Monnet e solo con il Trattato di Maastricht del 1992 e la creazione dell'Unione Europea si getteranno le basi per una cooperazione più stretta e vincolante tra le nazioni il cui obbiettivo finale, l'unione politica, è tuttavia ancora al di là da venire.

3. La dimensione giuridica.

L'interesse della scienza giuridica per il federalismo è invece strettamente connesso alla sua dimensione statuale. Esso, pertanto, è stato studiato fino a tempi recenti come teoria dello Stato federale, ovvero come quel tipo di stato composto in cui, in virtù di un patto-accordo tra stati sovrani, si dà vita ad una nuova entità politica - lo stato centrale - le cui relazioni con gli stati membri e le competenze di reciproca spettanza sono costituzionalmente garantite.

La storia del federalismo come forma di Stato, come tecnica costituzionale, ha origini più recenti. Essa si ricollega alla nascita degli Stati Uniti d'America e alla formulazione della prima costituzione federale (1787) in cui il teorico patto di associazione tra le parti assume per la prima volta il profilo concreto di disposizioni normative inerenti l'organizzazione e la suddivisione del potere tra unione federale e comunità federate. I convenuti di Filadelfia miravano sostanzialmente al rafforzamento e al perfezionamento dell'Unione che rischiava di dissolversi a causa dell'inosservanza da parte degli stati americani degli Articoli di Confederazione che, solo dieci anni prima, avevano sancito "un'unione perpetua" tra le 13 ex colonie inglesi. Il great compromise ovvero la ricerca di un equilibrio tra le due esigenze - di fatto contrapposte - del rafforzamento dell'Unione da un lato e del riconoscimento e della garanzia delle sfere di libertà non soltanto degli Stati, ma anche dei cittadini dall'altro, porterà all'elaborazione di una struttura organizzativa assolutamente originale. Il principio della separazione dei poteri di matrice europea si traduce, nel nuovo ordinamento, nel principio del checks and balances, in cui la garanzia istituzionale del buon governo è data dalla previsione di meccanismi di controllo atti ad evitare sconfinamenti ed eventuali abusi di un potere sull'altro, sia a livello di stato centrale, sia tra quest'ultimo e i governi dei membri federati.Dall'approccio pragmatico dei costituenti americani (del quale i saggi raccolti ne The Federalist costituiscono insuperabile esempio) deriva la prima netta distinzione tra unione di stati, confederazione e stato federale, tutte forme di associazione la cui natura giuridica formerà oggetto in Europa di un vasto dibattito teorico incentrato, in particolare, sulla questione della sovranità. L'attribuzione esclusiva allo Stato del legittimo potere di comando in una società politica, rende infatti concettualmente inconcepibile la sua divisibilità tra più entità politiche. Partendo da tale presupposto, la dottrina giuridica europea assimila lo Stato federale ad uno Stato unitario la cui sovranità è riconducibile esclusivamente ad un unico titolare, il governo federale, e non anche ai membri federati. Laddove la sovranità spetti singolarmente alle entità federate, non si tratterà più di una federazione, ma di una confederazione o di una unione di Stati legati tra loro da un accordo di natura internazionale, le cui disposizioni non produrranno alcuna obbligazione politica diretta in capo ai cittadini che a tali stati appartengono.

La dimensione statuale dell'organizzazione federativa e il dogma della sovranità condizioneranno a lungo lo studio della forma federale. Agli inizi del '900, tuttavia, tale impostazione verrà sottoposta ad una prima, sistematica revisione critica ad opera di Hans Kelsen (Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale) e di Carl Schmitt (Dottrina della costituzione). Il primo, muovendo dal primato del diritto internazionale sul diritto interno, negherà validità giuridica al concetto di sovranità; il secondo s'interrogherà sull'essenza del modello federale individuando - quali presupposti per la sua esistenza - l'assenza di conflitto e l'omogeneità di tutti i suoi membri. La riflessione sull'essenza della forma federale, in particolare, determina un mutamento di prospettiva nel campo d'indagine e si concentra sulle modalità concrete di attuazione del principio federale all'interno del sistema (K. Wheare, Del Governo federale) e sul federalizing process ovvero sul carattere dinamico delle relazioni intercorrenti tra le comunità che lo compongono (C.J. Friedrich, Man and his government. An empirical theory of politics).

I cambiamenti epocali verificatisi negli ultimi decenni nel sistema delle relazioni internazionali, la globalizzazione economica e delle comunicazioni, il ruolo di governo assunto in molti ambiti dalle organizzazioni sovranazionali nonché le crescenti rivendicazioni all'esistenza di gruppi subnazionali (etnici, religiosi, linguistici, culturali ecc.) stanno influenzando in modo decisivo l'evoluzione del pensiero giuridico sul tema. La crisi dello Stato-nazione ha travolto la dimensione statuale del federalismo determinando nuovi approcci teorici: cresce, per un verso, l'orientamento a considerare in termini più elastici le categorie tradizionali ormai ridimensionate a chiavi di lettura per una migliore interpretazione dei principi e degli orientamenti degli ordinamenti afferenti alle "varie figure di organizzazione federalistica" (G. Bognetti, Il federalismo); fioriscono, dall'altro, tentativi volti ad esplorare nuovi orizzonti e nuove forme giuridiche in cui far rientrare il fenomeno federale (O. Beaud, Théorie de la Fédération).

4. Il costituzionalismo federale.

L'approccio costituzionalistico offre, nell'ambito di una generale ripresa degli studi sul federalismo, una feconda chiave di lettura per l'interpretazione del fenomeno e delle sue tendenze attuali, riconducendolo alla matrice originaria di cui è filiazione (N. Matteucci, Lo Stato moderno). E' come parte del costituzionalismo moderno, infatti, che il federalismo dà conto del suo complesso intreccio tra diritto e politica, tra esistenze plurime e necessità unitarie che caratterizzano le società contemporanee.

Esso è dunque una tra le possibili forme di organizzazione politica che realizza quella che un'autorevole studioso (M. Fioravanti, Costituzionalismo) ha definito la doppia vocazione del costituzionalismo: difesa degli spazi di autonomia, garanzia dei diritti e limitazioni del potere di imperio da un lato, continua ricerca di un principio di unità politica, dall'altro.

Nel caso specifico, esso ci consente di proporre una panoramica delle varie figure di organizzazione federalistica partendo dal patto di associazione, dalle Costituzioni federali: dopo aver enucleato gli elementi tipici del modello federale, si procederà ad una sintetica descrizione delle singole costituzioni ricorrendo al criterio dell'appartenenza alle diverse famiglie giuridiche di civil law, di common law e a sistema misto, al fine di una maggiore comprensione di determinati istituti e della loro specifica evoluzione nei diversi ordinamenti.

5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

Il Federalismo e le costituzioni federali. Parte prima: linee evolutive nel pensiero politico e nella teoria giuridica. Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca del Senato.

Per ulteriori approfondimenti sull'argomento si rimanda al catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e alle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.

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