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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 59 (Nuova Serie), ottobre 2020

Alberto Arbasino

Abstract

Ricordato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all'indomani della sua scomparsa come «uno scrittore di grandi qualità e creatività, un romanziere innovatore, un uomo di cultura poliedrico [...]» che «con passione civile è stato giornalista, cercando sempre nella modernità strumenti utili alla narrazione e alla comprensione dei mutamenti, sociali e di costume» (comunicato del Presidente della Repubblica del 23/03/2020), Alberto Arbasino ci ha consegnato, tra le altre cose, l'espressione "casalinga di Voghera", diventata stereotipo della piccola borghesia di provincia del secondo dopoguerra.
Ne proponiamo, come di consueto in questa rubrica, una breve biografia che comprende anche l'attività parlamentare di Arbasino e alcuni brani della sua vasta opera.

1. Tra medicina, politica internazionale, giornalismo, letteratura e kulturkritik

2. A Montecitorio

3. Uno scrittore tra due secoli

4. Dentro le opere

5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

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1. Tra medicina, politica internazionale, giornalismo, letteratura e kulturkritik

Nino Alberto Arbasino nasce a Voghera il 22 gennaio 1930 da Edoardo e Gina Manusardi, così descritti da lui stesso:

Nati nel 1902 ed esattamente coetanei, mio padre e mia madre (figli e congiunti di avvocati) frequentarono insieme il Liceo di Voghera (ove ebbero come insegnante Diego Valeri durante la Grande Guerra) e l'Università di Pavia, nell'età del charleston. [...] Si laurearono nel 1925: lei in letterature classiche (ma non insegnò mai), e lui in chimica industriale, giacché si prevedevano forti sviluppi nella produzione di nuovi materiali edilizi. Venne invece la crisi del '29, e così, vendendo una vigna sempre rimpianta, Edoardo acquistò una farmacia (già Baratta, in via Emilia, rifacendola in "stile Novecento") e poi altre, con maioliche talvolta mirabili.

(Arbasino 2010, vol. 1, p. XCV)

L'ambiente in cui cresce è pieno di stimoli culturali e, soprattutto, di libri, che Arbasino legge fin dall'infanzia (si veda, tra le altre, una descrizione in dettaglio nel volume appena citato, p. C-CI); studia al Regio Liceo-Ginnasio Grattoni di Voghera:

La scuola fu dura specialmente negli ultimi inverni di guerra, perché da casa nostra al liceo erano circa quindici chilometri, si potevano fare solo in bicicletta, ma la strada restava gelata per mesi, i controlli ai posti di blocco erano continui, e quando s'abbassava un aereo per mitragliare bisognava buttarsi nei fossi, spesso fra le pallottole. [...] Siccome poi il liceo era troppo vicino al nodo ferroviario, lezioni e interrogazioni sui Classici vennero trasferite fra le brande mongole, nelle scuole elementari requisite.

(Ivi, p. CIII)

Nel 1948 si iscrive alla Facoltà di Medicina dell'Università di Pavia, attratto dalla psicanalisi: ben presto però si trasferisce alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Statale di Milano, con il progetto di dedicarsi alla diplomazia internazionale. Si immerge completamente nella realtà culturale della Milano dei primi anni Cinquanta, tra teatro, cinema e mostre, sensibile a tutti gli stimoli:

Soprattutto, in quella Milano del pre-boom, la presenza appartata ma avvertita di Montale, Quasimodo, Soldati, Buzzati, Bo, Bacchelli, Emanuelli, Sereni, Vittorini, Fortini, Raboni, Testori, Ottieri, e numerosi altri scrittori e illustri architetti e artisti. Editori molto "personali" e "creativi" quali Bompiani, Garzanti, Longanesi, Feltrinelli, oltre ai vecchi Mondadori e Rizzoli. Mostre ragguardevoli [...]. insomma, una certa euforia o passione culturale, editoriale, teatrale, musicale, in una "qualità media" assai notevole.

(Ivi, p. CVII)

Nel 1955 si laurea con il prof. Roberto Ago, divenendone poi assistente, e collabora con l'Istituto di Diritto Internazionale e con l'ISPI, pubblicando diversi interventi nell'"Annuario di Politica Internazionale" e nella "Rivista di diritto internazionale". Continua a frequentare gli ambienti culturali europei: nel 1956 è a Parigi, uditore presso Sciences-Po, e poi a Londra; in entrambe le occasioni invia a diversi periodici italiani ("Il Mondo", "L'Illustrazione Italiana", "Paragone", "Tempo Presente", "Settimo Giorno", "Il Verri", "Il Caffè", "Il Ponte") interviste e articoli sulla vita culturale e politica (incontra, tra gli altri, T.S. Eliot, Denis Mack Smith, W.H. Auden). Pubblica il primo racconto sul finire del 1955 nella rivista "Paragone".

Trasferitosi a Roma per seguire il professor Ago alla Sapienza, vi risiede regolarmente: collabora con "Il Mondo" e con "Tempo Presente", viaggia tra l'Accademia di Diritto Internazionale dell'Aia e di Harvard, pubblica con Einaudi nel 1957 i cinque racconti di Le piccole vacanze.

In un'intervista con Alberto Scarponi racconta come la sua attività di giornalista e scrittore prenda il sopravvento:

Quindi io, dopo parecchi anni di studi in discipline connesse con il diritto internazionale, trascorsi fra l'altro a Parigi, dove seguivo i corsi di Aron alla Sorbona e frequentavo Sciences politiques a procurarmi i titoli necessari per quella carriera, dopo anni di questi studi, feci diventare più importanti quelle attività, come la lettura, il teatro, ecc., che fino allora erano state solo un hobby. Un po' perché le trovavo più divertenti e un po' perché poi avevo Il Mondo come committente. Io infatti ho cominciato pubblicando sul Mondo corrispondenze da Parigi e da Londra...[...]
Io andavo a trovare gli scrittori importanti e ne riferivo i colloqui.

(Arbasino [et al.] 2002, p. 49)

Continuano le collaborazioni e i viaggi, insieme alla pubblicazione di racconti: nel 1959 esce presso Feltrinelli L'Anonimo Lombardo, che comprende anche i racconti pubblicati due anni prima e nel 1960 i reportage culturali vengono raccolti e pubblicati, sempre da Feltrinelli, nel volume Parigi o cara. Nello stesso anno viene stampato a puntate sul "Mondo" il racconto La bella di Lodi, da cui trarrà un film insieme al regista Mario Missiroli e che nel 1972 diverrà un romanzo: cifra della scrittura di Arbasino è il rimaneggiamento nel tempo delle proprie opere, così come accade per il romanzo Fratelli d'Italia, pubblicato nel 1963 da Feltrinelli (poi Einaudi, 1967 e Adelphi 1993).

Arbasino è tra gli scrittori che nell'ottobre del 1963, a Palermo, danno vita al "Gruppo 63":

Si trattava di una piattaforma o confederazione generazionale (Sanguineti, Balestrini, Giuliani, Guglielmi, Manganelli, Eco, Barilli, Pagliarani, Curi, Porta, Costa, Celli, Tagliaferri, Spatola, Bussotti e quant'altri) di trentenni già con buone posizioni professionali ma decisi ad approfittare del primo "boom" italiano dopo secoli per le ricerche sperimentali di qualità, e non per sfruttamenti di mercato o bottega. E alla lunga, le carriere dei singoli si rivelarono poi decorose. Anzi, quella stagione illuminò positivamente intere esistenze peraltro prive di eventi.

(Arbasino 2010, vol. 1, p. CXXXVIII)

Scrittore, dunque, ma anche saggista, critico letterario, curatore di allestimenti per il teatro e per l'opera, Arbasino si dedica ormai completamente alla scrittura, collaborando con "Il Giorno", "Nuovi argomenti" e, dal 1968, con il "Corriere della Sera".

Negli anni Settanta lavora anche per la radio e la televisione: nell'agosto del 1974 realizza alcune "Interviste impossibili" per il secondo canale radio e tra il 1977 e il 1978 modera le 10 puntate di "Match. Domande incrociate" su Rai due.

Chiamato da Scalfari, entra nella redazione del quotidiano romano "La Repubblica" fin dalla fondazione nel 1976, occupandosi principalmente di reportages culturali.

Alla metà degli anni Settanta, la saggistica di Arbasino si concentra sulle questioni italiane: a partire dalla raccolta Fantasmi italiani (Cooperativa scrittori, Roma, 1977), che «si fonda su una decisione: seguire oggi non qualche simpatico o suggestivo Altrove ma l'attualità politica e culturale italiana giorno per giorno, con tutti i rischi della immediatezza troppo "a caldo"; e per tener dietro a una realtà molto in movimento, tentare una scrittura/struttura niente affatto seriosa o solenne o "sistematica", ma piuttosto frammentaria, rapsodica, aforistica, molto corporea, molto parlata, molto vocale, e perfino trasversale. » (Arbasino 1977a, p. 7)

Segue a stretto giro, per Garzanti nel 1978, In questo Stato, «registrazione "dal vivo e dal basso" di come gli italiani hanno vissuto la tragedia politica esemplare» (Nei giorni di Moro, «in questo stato»,"Corriere della sera", 14 settembre 1978, pag. 3) del caso Moro e, nel 1980, sempre per Garzanti, Un paese senza, romanzo-conversazione «fatto di centinaia di microsaggi», con il sottotitolo: Addio agli anni settanta italiani. Un congedo da un decennio poco amato (in riferimento a questi tre volumi, si vedano il saggio di Bruno Pischedda in Pischedda 2011, p. 133-211 e il contributo di Marco Belpoliti in Belpoliti-Grazioli (cur.) 2001, p. 356-363).

A coronamento di questa stagione di impegno civile accetta la candidatura, come indipendente nelle file del Partito Repubblicano Italiano, alle elezioni del giugno 1983:

Nei primi anni Ottanta non era insolito che alcuni scrittori si impegnassero nel Parlamento: Sanguineti, Volponi, Cacciari, e altri, per senso civico, dopo i disastri terroristici e gli amici periti negli anni di piombo. Bruno Visentini e Giovanni Spadolini mi chiesero di presentarmi nelle liste repubblicane di Milano-Pavia e a Roma. Accettai come indipendente, non feci comizi, e ottenni più voti a Roma, però divenni deputato a Milano, quale «primo dei non eletti» dopo Spadolini che optò per il Senato. Era la Nona Legislatura: 1983-1987.

(Arbasino 2010, vol. 1, p. CLXXXIII-CLXXXIV. Si veda inoltre, in questa stessa rubrica, l'articolo su Paolo Volponi, nel n.16, agosto 2013, di MinervaWeb)

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2. A Montecitorio

Nel 1983 pubblica la raccolta poetica Matinée. Un concerto di poesia, recital che Arbasino interpreta a Milano e Roma: proprio in occasione di questo spettacolo al teatro Olimpico di Roma, l'autore-attore, risponde così all'intervistatore che gli chiede perché abbia accettato la candidatura:

Per coerenza, avendo scritto libri come In questo Stato e Un Paese senza. E poi, avendo accumulato esperienze, posso restituirle al Paese.

(Alfredo Cattabiani, Le cattiverie di Arbasino poeta e show-man, "Il Tempo", 3 giugno 1983, pag. 3)

A Montecitorio il Deputato Alberto Arbasino è assegnato alla II Commissione (Affari della Presidenza del Consiglio - affari interni e di culto - enti pubblici), insieme, tra gli altri, a Natalia Ginzburg e, dal dicembre 1983, alla Commissione parlamentare per il parere al governo sui decreti per la determinazione dell'onere relativo ai regolamenti comunitari direttamente applicabili nell'ordinamento interno ai sensi dell'articolo 189 del trattato istitutivo della comunità economica europea. È cofirmatario di 15 progetti di legge: dalla Modifica dell'articolo 68 della Costituzione concernente l'istituto dell'immunità parlamentare (Atto C.1074 del 21 dicembre 1983) alle Norme di riforma del sistema radiotelevisivo (Atto C.3505 del 20 febbraio 1986), passando per le Norme per la lotta contro la fame nel mondo (Atto C.1551 del 7 aprile 1984) e le Norme per la costituzione dei centri di socio-riabilitazione dei tossicodipendenti (Atto C.1665 del 8 maggio 1984); presenta diverse interpellanze e interrogazioni, su problemi contingenti (la carenza di organico presso il tribunale di Voghera, ma anche sul caso Sacharov) e non (l'opportunità di inviare opere d'arte all'estero e, più in generale, l'utilizzo di siti culturali come scenari per eventi).

L'attività a Montecitorio viene così riassunta dallo stesso Arbasino, nella cronologia premessa ai due volumi dei Meridiani Mondadori dedicati nel 2010 ai suoi Romanzi e racconti:

Furono quattro anni di fatiche gravi, intendendo osservare gli orari e i doveri. [...] Paziente come una direttrice didattica, la presidente Jotti annunciava infinite volte il «voto col sistema elettronico». Cioè, quel dito sul tasto che era il solo contributo richiesto (invece dei loro saperi specifici) ad affermati professionisti di provincia abituati a sfruttare ogni minuto nei loro studi, uffici, cliniche. Non c'erano ancora i telefonini. Quindi, interminabili code agli apparecchi, fra perenni passeggi sottobraccio e gli oziosi caffè alla buvette dei politici di professione.
Ero membro della seconda Commissione, presieduta da Luigi Preti e non molto frequentata benché dovesse redigere testi legislativi e relazioni attinenti alla Presidenza del Consiglio, agli Interni, alla Protezione Civile, al Turismo e spettacolo. [...] soprattutto i temi culturali mi venivano assegnati dai colleghi, con ovvie ricerche e discussioni relative a cifre, sovvenzioni, somme, perdite, statistiche. Così, quando si trattava d'altro, conversavo di esposizioni con l'amabile e coltissimo vicino Adolfo Sarti, sorridendo a Natalia Ginzburg che sedeva e dormicchiava vis-à-vis. E commentava, poi: che lavoro oscuro, il nostro. (Ovviamente, i giornali enfatizzavano soprattutto chi rompeva il protocollo o altro, in aula.)

(Arbasino 2010, vol. 1, p. CLXXXIV. Si veda anche, sempre per la rubrica "Letteratura e Parlamento", l'articolo dedicato a Natalia Ginzburg, nel n. 34, agosto 2016, di MinervaWeb)

In un articolo su "La Repubblica" del 25 aprile 1984, intitolato significativamente Tutti gli onorevoli minuto per minuto, lancia una provocazione, immaginando una ripresa televisiva integrale dei lavori dell'Assemblea:

Le "battaglie" parlamentari che entusiasmano i partecipanti come partite, senza pubblico, appaiono al cittadino medio bolsi e insulsi riti o giochi, specialmente remoti, anche quando si tratta di serie discussioni con gran dispendio di impegno intellettuale. Soprattutto perché, secondo le cronache, tutti i gatti sono per lo più bigi, poi: gli "scambi di battute in Transatlantico" mostrano sovente un livello pietoso. Forse la trasmissione televisiva, in diretta o in differita, con tutti i suoi rischi di mostrar vanità ridicole o indaffaratezze nello sbrigare la corrispondenza in aula, può costituire un utile servizio pubblico, un rimedio contro la disaffezione che confina con l'impopolarità, con la mancanza di rispetto, col "che schifo" a fior di labbra e a mente leggera. Certo, ci vuole un bel coraggio per mostrarsi quali veramente si è, soprattutto nei comportamenti gregari che annullano ogni "stile" individuale (e appiattendo, sottraggono credibilità). Si può addirittura risentire come "intrusione nel privato" ciò che viceversa è uno sguardo obiettivo e senza prevenzioni sulle massime manifestazioni della vita pubblica. Ma, dopo tutto, il corteggiamento della pubblica attenzione è una molla talmente lusinghiera, per i politici emergenti o declinanti, che potrebbe persuadere anche i più riluttanti a entrare nel Ventesimo Secolo non solo durante la campagna elettorale, ma proprio nel lavoro parlamentare giorno per giorno.

(A. Arbasino, Tutti gli onorevoli minuto per minuto, "La Repubblica", 25 aprile 1984, pag. 20)

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3. Uno scrittore tra due secoli

Durante e dopo gli anni dell'impegno in Parlamento, Arbasino continua a viaggiare e a scrivere. Pubblica nel 1985 per Garzanti Il meraviglioso, anzi, che raccoglie recensioni di mostre tra Europa e America, mentre si dedica alla riscrittura di saggi e romanzi. Nel 1990 Sellerio pubblica La caduta dei tiranni, cronaca in presa diretta del crollo dell'impero sovietico e nel 1993 esce per Adelphi la riscrittura di Fratelli d'Italia, che provoca un acceso dibattito tra i critici letterari dell'epoca e che l'anno successivo verrà presa di mira dalla rivista "Studi cattolici" (si veda Arbasino 2009, p. CC-CCII). Frutto dei viaggi in oriente sono Mekong (Adelphi, 1994) e Passeggiando tra i draghi addormentati (Adelphi, 1997).

Al cambio di secolo Arbasino ritorna alla poesia: escono, tra il 2001 e il 2002 per Feltrinelli, Rap! e Rap 2; la distanza di meno di un anno tra le due raccolte segna un tempo molto più lungo, una realtà completamente diversa. Nel primo, una profetica composizione dal titolo Un morto a Genova: nel volume viene inserita la riproduzione di un foglietto dattiloscritto:

Amico lettore, gentilmente: questo libretto fu stampato in fretta (a causa delle ferie tipografiche d'agosto) nel luglio 2001. Poco prima dei fatti di Genova. Ne faceva già parte Un morto a Genova, composto in base alle facili previsioni dei giornali, rifiutato dalle direzioni della «Repubblica» e del «Corriere della Sera» prima di quei fattacci, e quindi subito collocato sul sito Internet di Feltrinelli Editore.

(Arbasino 2010, vol. 1, p. CCXIV)

Nel 2004 esce per Adelphi Marescialle e libertini, raccolta di saggi su alcuni dei protagonisti musicali del Novecento, raccontati attraverso gli spettacoli cui Arbasino aveva assistito, mentre nel 2008 pubblica L'Ingegnere in blu, ritratto di Carlo Emilio Gadda, che Arbasino aveva incontrato negli anni della sua giovinezza e che rimase per tutta la sua vita uno dei suoi principali punti di riferimento.

Alberto Arbasino muore a Voghera il 22 marzo 2020.

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4. Dentro le opere

La scrittura di Arbasino è varia e complessa, spazia dal saggio al racconto alla cronaca alla poesia senza soluzione di continuità: partito dal racconto-romanzo borghese, più o meno tradizionale, inventa con Fratelli d'Italia il romanzo-conversazione, che diventa in Super-Eliogabalo «una rapida farsa con scatti molto moderni [...] intorno all'imperatore più emblematico della decadenza latina e del decadentismo europeo» (Alberto Arbasino, «Super-Eliogabalo»: tutti in disaccordo, "Corriere della Sera", 15 febbraio 1970, pag. 13) per «raccontare subito le illusioni e disillusioni e i fallimenti della prima grande rivolta giovanile del nostro tempo» (Nota all'edizione Einaudi del 1978, in Arbasino 2010, vol. 2, pag. 1606).

Comunque, non si riesce mai a capire (e questo indigna i senatori, sconcerta i sofisti) se si tratti poi di una grande famiglia en fleurs che si distrugge perdutamente in una decadenza Romana purpurea-dorata tutta gladiatori e triclinii e Satyricon e via Veneto, oppure di una grossa dinastia industriale in malora che si diverte sconciamente in una Decadenza Tedesca bruna-e-argento tutta Böcklin e Benn e BMW. Prendendo sottogamba Thomas Mann e Davos, però e festeggiando piuttosto a St. Moritz Brigitte Bardot e lo Scià.
Tuttavia, i pretoriani di questo corteo non portano sandali, ma stivaletti neri di cuoio. [...]
Eliogabalo si mette invece - con istintiva appercezione- alla testa di ogni gioventù che rifiuta il goal dell'efficienza aziendale come ideale spirituale individuale, e preferisce dipingersi la faccia e il corpo, rivestirsi di piumaggi soffici e vistosi, assorbire sostanze evasive e sognanti, esplorare le possibilità d'una sessualità di gruppo e di pelle... [...] perché (benché nata dal matrimonio del Bauhaus col Welfare State, allevata dall'Abate Galiani e dal Generale Eisenhower, ma alfin fuggita dal seno degli appartamentini socialdemocratici con gli scaffaletti svedesi e col progresso elettrodomestico e piccolo-brechtiano a rate) intende ormai che un completo irrazionalismo egocentrico rimane la sola difesa «sinuosa» e «strisciante» contro gli abbordaggi di quella lunacy anche gaullista che tira a costruire le macchine più costose e più cretine per trasportare i nostri disturbi sulla Luna avanti-e-indietro come evasione imbecille ai problemi urgenti sulla Terra e irrisolti anche economicamente nell'Io e nell'Es.

(Arbasino 2010, vol. 2, p. 140-144)

Dopo qualche anno la realtà cambia completamente: non può più essere rappresentata da un'allegoria parodica e Arbasino «si fa quindi testimone critico e severo del tempo immiserito che scopre tutt'intorno, raccogliendosi per intero nell'attività saggistica, pur praticata con gli strumenti e la scioltezza del narratore» (Angelo Guglielmi intervistato da Nicoletta Tiliacos, A.A. alla Zagarella, "Il Foglio", 07 novembre 2009, pag. VII). Successivo ai tre volumi pubblicati tra il 1977 e il 1980 (Fantasmi italiani, In questo Stato e Un paese senza) è Matinée. Un concerto di poesia, che Arbasino stesso recita, accompagnato da un pianoforte, in diversi teatri italiani alla vigilia delle elezioni politiche per la IX legislatura. Il volume rappresenta un itinerario che attraversa quattro decenni (dal 1943 al 1983): nota l'autore un progressivo e «vistoso 'décalage' tra la grandiosità delle tragedie o farse nazionali e pubbliche - e una crescente insignificanza delle personalità e figure prodotte dalla società e dalla cultura della omogeneizzazione» (Arbasino 2010, vol. 2, p. 1407) nel passaggio dagli anni Settanta agli anni Ottanta:

Gli statisti, arroccati
e rinchiusi nei loro appartamenti
familiari di "prima"
con fuori pantere e gazzelle
e altri animali di gran spesa pubblica
superiore sia a Downing
street, sia ai '"compounds" sovietici
di abitazioni politiche - Cose
da Medio Evo (moda! <Annales>!) - Nei manieri
prigionieri
veramente politici, con fuori
i sicari - Doppiamente
sorvegliati, dal Partito
e dallo Stato - Quando fu l'ultima
volta che presero un autobus
o fecero la fila al telegrafo
ascoltando i discorsi della gente
- giacché il contatto diretto col popolo
Sarebbe (...) il primo dovere politico -

[...]

...Sempre orfani, sempre vedovi
sempre stupiti, sempre
contraddicendosi e rinnegandosi, e
fondando intere carriere
politiche attuali
solo su revisioni
parziali
dei propri errori
di valutazione passati...
Nei processi politici
italiani: accuse «farsesche»
e testimonianze «grottesche»
«risibili» contestazioni
e «ridicole» elucubrazioni...
...Imputati
che «ironizzano»...
...Avvocati
che trovano «comiche»
le conclusioni dei magistrati...
...E comunicati
pieni di «equivoci»
spesso «gustosi»
e sovente «umoristici»...
..Beati loro, che si divertono?...

(Ivi, p. 1422-1427)

La forma poetica ritorna nella scrittura di Arbasino alla vigilia del Nuovo Millennio: si apre così Rap!, pubblicato nell'estate del 2001 da Feltrinelli:

Ciao

La Musa civica
non sempre organica
o armonica
soffia quando e dove
può, non come si deve.

(Aberto Arbasino, Rap!. Milano, Feltrinelli, 2001)

Per poi continuare con i Mini-Rap elettorali (il riferimento è alle elezioni per la XIV legislatura del maggio 2001):

Nella repubblica
alla parmigiana
i candidati nazionalpopolari
si ingiuriano come vecchie comari
invece di prendersi una tisana.
Nella repubblica delle noccioline
e delle galline (più o meno padovane)
i vari cori
di pollivendole
intellettuali
e pescivendole
da avanspettacolo
istituzionale
si riducono a sgridare
vecchi e nuovi elettori
come presidi radical-bisbetici
e nonni liberal-dispotici
collerici e dogmatici
nel regno dei mandarini
e dei limoni...
...Eh, già, ai bei tempi del Reame
della Balena...

(Ivi, p. 32)

Nell'avanzare sempre più veloce di una cultura dell'omologazione, Arbasino evoca l'amico Pier Paolo Pasolini:

A P.P.P.

Caro Pier Paolo, guardando le date
mi accorgo che son diventato
più vecchio di te. E sempre, spesso,
ci si era ripromessi
("non adesso! non si ha un attimo
fra il correre e il daffare!") di passare
l'età (si-fa-per-dire) 'matura'
a discutere e litigare
finalmente, incessantemente - "e ne avrò tante,
di quelle! da dirtene! tutte!"
promettevi, "e le metto da parte!" -
con te, Italo, Goffredo, e Gianni, e il Manga...

[...]

Ma ormai è un'altra generazione
che ci muore precocemente, e tutta insieme.
Come
gli ultimi amati e savi bons vivants
del Lido, e di Capri, e di Via Veneto...
Patti e de Feo, Pannunzio, Flaiano,
Chiaromonte, Baldini, Milano,
Bianchi, D'Amico, Vigolo,
ultimi veri critici...
E Wilcock? E Delfini...
Altro che le famose pesti manzoniane,
di Defoe, di Camus, o le stragi dell'Aids,
e dei poeti nella Grande Guerra... C'è
da chiedersi, davvero, "che ci facciamo, allora,
qui?"... Con chi si parla, ancora?
Con chi si commenta e disputa, adesso?...

(Ivi, p. 100-101)

Tra la pubblicazione di Rap! e il successivo Rap 2 trascorre meno di un anno: il mondo però è profondamente cambiato, e «la Storia ricomincia a correre»:

Rap 2

... Quando la Storia ricomincia a correre
(il rapimento di Moro...
il crollo del Muro...),
uno strano dovere
sembra incombere, prima che sia tardi,
sui vegliardi, anche schivi, ma ancora
archivi di memorie orali
sui mutamenti, 'macro' e minimali,
anche nella mentalità,
oltre al grande o piccolo déjà vu.

*

Dunque, piantare
lì qualunque lavoro
in corso, e registrare
di corsa, a caldo, in fretta
le testimonianze in presa diretta.
Insomma, quei tipici documenti
diaristici, o annalistici,
utili per gli accanimenti
anche revisionistici
e non solo archivistici
degli eventuali futuri storici.
Facilitandoli nei compiti:
non solo sulle verifiche
dei sistemi dei vari 'poteri',
ma circa le modifiche
operative e interiori
tra gli avversari provvisori
e gli oppositori con sfumature...
Tattiche di pensiero, e valori,

(Id., Rap 2. Milano, Feltrinelli, 2002, p. 7)

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5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

Nell'articolo sono citati per esteso solo i testi non compresi nel percorso bibliografico.

Alberto Arbasino. Percorso bibliografico nelle collezioni del Polo Bibliotecario Parlamentare.

Si suggerisce inoltre la ricerca nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche delle due biblioteche.

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