Il Presidente: Discorsi

Il prezzo della libertà. Omaggio a Vito Volterra e Carlo Levi

Discorso pronunciato in Sala Zuccari al convegno inaugurale della mostra "Il prezzo della libertà, omaggio a Vito Volterra e Carlo Levi" in occasione della Giornata della Memoria

24 Gennaio 2008

Signore e Signori,
con vivo piacere porto il saluto mio e di tutto il Senato a questo importante evento.
Ringrazio la Fondazione per i beni culturali ebraici in Italia per la collaborazione che ci ha offerto per promuovere questa iniziativa.
Ringrazio anche la Fondazione Roma che, attraverso il Museo del Corso, ha sostenuto questo evento.

Il Parlamento italiano ha voluto onorare in modo permanente la tragedia della Shoah istituendo - con la legge 211 del 2000 - il Giorno della Memoria, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi di concentramento nazisti.
Siamo prossimi alla ricorrenza di quel 27 gennaio del 1945, quando gli eserciti liberatori alleati, abbattendo i cancelli di Auschwitz, svelarono al mondo intero tutti gli orrori dell'Olocausto.

Nel Giorno della Memoria si devono ricordare anche i fatti avvenuti nel nostro Paese: le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Per tutte queste ragioni il Senato ha voluto promuovere questo incontro che vuole rendere onore a due grandi figure, a due intellettuali ebrei, per il loro impegno culturale, civile e politico.

Vito Volterra e Carlo Levi, che furono anche Senatori in periodi diversi, sono accomunati da un comune destino di discriminazione e di emarginazione civile e politica.
Io voglio solo svolgere poche considerazioni, soprattutto per sottolineare il legame comune tra queste due figure.
Vito Volterra, matematico e fisico di fama internazionale, fu uno di quegli scienziati che sfidò la rinascente cultura idealista dei primi decenni del Novecento, ponendo fra i primi il tema del rapporto fra la ricerca di base e i suoi esiti applicativi per l'industria e per la vita sociale.

La sua visione moderna e aperta della scienza contribuì a porre le basi del Consiglio nazionale delle ricerche e a stimolare il rinnovamento dell'insegnamento delle scienze naturali nella scuola, allora intrisa in modo ideologico di cultura umanistica e letteraria.
La sua attività fu parte essenziale di quel peculiare contributo che la Comunità ebraica ha dato al Paese proprio nel campo scientifico.
Vito Volterra, Senatore del Regno d'Italia, fu uno dei dodici professori universitari che rifiutò di giurare fedeltà al Fascismo, ponendosi così in una posizione scomoda che lo costrinse, lungo tutti gli anni Trenta, al progressivo isolamento fino all'oblio.

Volterra moriva completamente "solo", nel 1940, avendo perso tutte le sue cariche scientifiche e la sua immagine pubblica, trovandosi poi anche dimenticato a lungo nei decenni successivi.
Il testimone di questo impegno civile veniva "idealmente" raccolto da Carlo Levi, che a Torino si era legato all'antifascismo intellettuale e politico con Gobetti, Luigi Einaudi, Leo Valiani e Norberto Bobbio.
Una militanza che gli valse la persecuzione della polizia politica e il confino fino al termine della guerra e alla liberazione.

Nel 1945 Carlo Levi, fino ad allora conosciuto più come pittore, pubblicava "Cristo si è fermato a Eboli".
Un'opera singolare, portatrice di una visione culturale sconvolgente per i canoni letterari dell'epoca, perché apriva al lettore - in particolare a quelle generazioni che si affacciavano nella società civile del dopoguerra - un'immagine assolutamente nuova della realtà del nostro Paese.
Con uno straordinario talento letterario, arricchito dalla sua particolare sensibilità visiva, Levi rompeva l'isolamento della problematica del Mezzogiorno, e la retorica su di questa calata durante il Fascismo.

La "questione meridionale" assumeva così, attraverso questa particolare pittura-racconto, immagini reali, moderne e condivise.
Il libro era, insieme, il frutto intenso e sofferto, della sua esperienza di deportazione al confino, e la denuncia di un Mezzogiorno dimenticato e non capito, che voleva entrare a pieno titolo nella vita della nuova e libera Repubblica democratica.
Si apre oggi, in queste sale, una mostra di alcune opere pittoriche di Carlo Levi e di alcuni documenti e strumenti scientifici di Vito Volterra: due italiani che hanno illustrato il nostro Paese con il loro impegno culturale concreto, fedele alla realtà, non ideologico, attento al rapporto con il Paese reale e con i suoi bisogni, e che hanno pagato un duro prezzo per il loro lavoro e per la loro testimonianza civile e politica.

Fare memoria di queste personalità, far vivere oggi il loro pensiero e il loro spirito di servizio, vuol dire richiamarci tutti al senso e al significato di un lavoro responsabile e aperto per il bene del nostro Paese, per i nostri giovani che devono formarsi in modo critico e libero, e devono potersi inserire più rapidamente e stabilmente nella vita sociale.
Il prezzo che Vito Volterra e Carlo Levi hanno pagato, insieme con altri milioni di persone travolte dalla follia di ideologie totalitarie e contro l'uomo, è stato il prezzo per la nostra libertà.
Una libertà che dobbiamo custodire e declinare all'interno della nostra Costituzione della quale proprio ieri abbiamo solennemente celebrato i sessant'anni.
Nell'augurare tutta la giusta e meritata attenzione a questa peculiare iniziativa, ringrazio ancora tutti coloro che hanno cooperato con passione per definirla e realizzarla.



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