Il Presidente: Discorsi

Campana dei Caduti e della Pace

Discorso pronunciato a Rovereto (Colle di Miravalle) in occasione dell'82° Anniversario del primo suono di Maria Dolens.

4 Ottobre 2007

Autorità, Signore e Signori,
desidero, anzitutto, ringraziare il Professor Robol e la Fondazione Opera Campana dei Caduti e della Pace per questo invito alla celebrazione di un evento di alto valore simbolico. Un evento che si svolge in una terra, il Trentino, di così grande rilievo storico e culturale per il nostro Paese. Sono convinto che ognuno dei presenti colga l'importanza non rituale di questa cerimonia.

A ottantadue anni di distanza dal giorno in cui la Campana, intitolata significativamente a "Maria Dolens" ha suonato per la prima volta, siamo qui per onorare un impegno con la storia. Un impegno che ci sollecita, ognuno per le proprie responsabilità, a farci portatori della cultura della pace.

La Campana fu costruita in quel clima di enorme dolore, e al tempo stesso di speranza, che caratterizzò i mesi e gli anni successivi a quel terribile conflitto che anche il Papa Benedetto XV non esitò a definire "una inutile strage". La Campana - significativamente intitolata ai Caduti e alla pace - fu realizzata con il bronzo dei cannoni offerti da tutti i Paesi che avevano partecipato alla guerra. Questo simbolo ricorda ad ognuno di noi quanto sia fondamentale incrementare in tutte le direzioni gli sforzi per far prevalere, sempre e comunque, le ragioni del confronto, del dialogo, della pace.

Quando fu costruita vi erano diffuse speranze e aspettative di progresso e di crescita sociale in milioni di persone e di famiglie coinvolte nella dura stagione della guerra. Purtroppo in Europa ancora covavano quei germi di ideologie liberticide e totalitarie che, in breve, portarono larga parte del mondo a nuovi e sanguinosissimi scontri bellici. Una intera generazione si trovò così ad affrontare due immani guerre, con effetti che mai l'umanità aveva conosciuto.

La pace conquistata a caro prezzo, con lotte anche civili e fratricide, è divenuta uno dei valori fondanti della Repubblica. I nostri Padri Costituenti, della cui opera politica illuminata e lungimirante non dovremmo mai finire di alimentarci, vollero iscrivere nella Costituzione l'articolo 11 che sancisce "il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".

Questo principio di civiltà, non solo giuridica, ma culturale e politica, è poi accompagnato - sempre nell'articolo 11 - da un secondo assunto fondamentale, in base al quale l'Italia "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".

Questo insieme di norme Costituzionali ci offre la bussola del nostro agire istituzionale e politico, perché la ripulsa della guerra non è solo un legittimo e umano sentimento, ma è un impegno concreto da perseguire attraverso l'azione politica degli organismi e degli strumenti delle Nazioni Unite, e di tutte le altre Organizzazioni internazionali.

Nonostante siano state in larga parte superate e sconfitte le ideologie totalitarie - che così duramente hanno contrassegnato la storia dell'Europa - altri totalitarismi, altre ideologie di sopraffazione, altre divisioni rompono gli equilibri fra gli Stati e le Nazioni. Altri fondamentalismi culturali e ideologici dilaniano la vita di interi popoli, non solo con guerre di aggressione, ma anche con atti di terrorismo vile. E' dunque una responsabilità precisa del nostro Paese e degli Stati più avanzati - di quei Paesi che hanno maggiore consapevolezza - approntare tutti gli strumenti, tutte le politiche necessarie per superare questo scenario ancora così desolante. A cominciare dal potenziamento del dialogo multilaterale, dal rafforzamento dei poteri e delle capacità operative delle Organizzazioni internazionali e dell'ONU, dall'incremento delle missioni di pace, dalla diffusione di principi di democrazia e di libertà, dal sostegno alla vita civile e pacifica delle comunità e dei popoli devastati dai conflitti.

L'Unione europea - che incarna essa stessa la tenace volontà dei suoi fondatori di superare l'epoca delle terribili guerre mondiali - è chiamata, oggi, a fare importanti passi avanti nella definizione di politiche di pace. E' arrivato il momento che l'Europa parli con una sola voce nelle sedi internazionali, con propri rappresentanti capaci di esprimere un mandato politico condiviso ed univoco, che si impegni con uomini e mezzi comuni in operazioni di pace e di polizia internazionale per contrastare ogni tentativo di aggressione di comunità inermi e per isolare gruppi e fazioni che, attraverso la violenza, vogliono imporre le loro ideologie sbagliate.

Auspico davvero che il nuovo Trattato Costituzionale europeo che fra i Paesi dell'Unione è stato negoziato, e che sarà approvato nelle prossime settimane, possa finalmente attivare forme concrete di politica estera e di difesa comuni, finalizzate ad un vero e concreto impegno per la pace nel continente europeo, ai suoi confini, e in altre regioni del pianeta dove questo fosse necessario.

Possiamo dire con orgoglio che l'Italia, fino ad oggi - con le sue Forze Armate, e con le sue Organizzazioni civili di cooperazione - ha saputo essere protagonista di una strategia di pace, unitamente al consorzio delle Nazioni Unite e all'Unione Europea. Le numerose missioni di pace a cui l'Italia partecipa registrano una qualità riconosciuta e apprezzata sul piano internazionale, soprattutto grazie all'impegno, all'abnegazione e all'elevata preparazione dei nostri giovani che in molte parti del mondo lavorano per garantire condizioni di vita più sicure a intere popolazioni, per consentire la rinascita di istituzioni democratiche, per diffondere principi di libertà e di giustizia. Per questo credo sia importante continuare a sostenere tutti questi impegni che, insieme a quelli per la cooperazione e lo sviluppo economico e sociale, rappresentano il cuore della nostra strategia responsabile di presenza in numerose regioni del mondo.

Ho ascoltato con interesse gli Amministratori locali e di questa bella Provincia. Ho ascoltato anche il Presidente dell'Associazione dei Comuni Italiani e i suoi appelli. Penso che proprio i Comuni e tutti i governi locali, che sono vicini alla vita quotidiana dei cittadini, hanno il compito primario - insieme alla scuola e a tutte le sedi di formazione - di favorire l'educazione civile e democratica dei nostri ragazzi, perché acquisiscano le conoscenze necessarie e formino le loro coscienze come cittadini orgogliosi della loro Costituzione, e protagonisti attivi degli impegni per costruire la pace ogni giorno, per mantenerla e rafforzarla concretamente.

La comunità di Rovereto, e questa sua vocazione e testimonianza permanente per la pace, hanno una storia profonda e autorevole, e possono collaborare in modo incisivo con quanti si propongono di sviluppare questi valori e diffonderli.

Vorrei concludere ricordando un illustre figlio di Rovereto, che Alessandro Manzoni considerava "una delle cinque o sei più grandi intelligenze che l'umanità aveva mai prodotto". Mi riferisco chiaramente ad Antonio Rosmini, del quale presso il Senato si è costituito il Comitato per la celebrazione delle opere civili. La preoccupazione fondamentale di Rosmini era quella di difendere l'oggettività della conoscenza e, in generale, la vita spirituale dell'uomo. Se vogliamo incamminarci finalmente sulla strada della pace dobbiamo armarci della conoscenza, della ragione, della buona politica e assumere tutti gli impegni che l'epoca contemporanea ci richiede.



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