Il Presidente: Articoli

Rileggiamo Popper maestro di democrazia

La Nazione

8 Luglio 2002

Il presidente del Senato, Marcello Pera, prima di tut­to è un filosofo. E proprio co­me il suo Karl Raimund Popper, al quale ha dedicato più di un saggio molto acuto, cre­de in una società aperta, do­ve la discussione critica è al­la base di tutto. E la discus­sione, sostiene Pera, si inter­rompe solo per contarsi, non per fare strage dell'avversa­rio. Del filosofo ha il taglio e il modo di interloquire: cerca di accompagnarti con garbo alla soluzione del problema; o almeno sulla strada com­plessa della discussione criti­ca, fonte della democrazia. Al filosofo austriaco e alla fi­losofia della scienza ha dedi­cato anni di studio, e oggi rappresenta la punta più avanzata di questa disciplina nel nostro Paese, dove sem­pre più `povera e nuda va fi­losofia'.

Presidente, parliamo di Popper, qual è il suo desti­no?

«Direi un destino multiplo: prima è stato ostacolato per­ché giudicato anticomunista. Poi è diventato uso comune: tutti popperiani, come oggi sono tutti liberali. Infine ec­co l'oblio: lo hanno dimenti­cato. Distratti da altro. Tutto qui».

Forse perché non è un filo­sofo adatto al nostro tem­po?

«Guardi, in un momento di crisi delle ideologie e della politica, se oggi uno vuole un filosofo che sia ancora fonte di ispirazioni politiche, quello è Popper».

Una volta lei mi ha parlato della sua `Terza via'....

«Non corra, ci arriviamo alla Terza via. Ma partiamo dalla democrazia. Comunemente democrazia è governo di po­polo. Popper è più sofistica­to: la divide in concettuale, e cioè espressione di un governo di discussione critica; istituzionale, dove il governo è controllato dai governati, e i governanti possono essere pacificamente cacciati; e infi­ne politica, con un governo che lascia gli individui liberi nelle loro scelte e difende la tradizione del metodo criti­co, le istituzioni della società civile nei confronti dello Sta­to. Tradizioni come l'indivi­duo, la famiglia, la scuola, le associazioni, i sindacati...»

Per cui la democrazia è tra­dizione?

«Lo è, è la tradizione della di­scussione critica. Se ci pensa bene è definizione meno ba­nale di governo di popolo».

Ma lo Stato che fa?

«Ha compiti e limiti preci i. Deve mantenere e rafforzare le libere istituzioni, come il Parlamento, ma anche le 'in­venzioni' della società civi­le, come dicevo prima: scuo­la, famiglia, sindacati e così via. Poi deve fissare le rego­le che sono la cornice legale per le politiche pubbliche. Ma soprattutto, ripeto, deve difendere la libertà individua­le».

Altri filosofi pensano co­sì...

«Popper va oltre, ammette un interventismo negativo: lo Stato deve evitare che indi­vidui troppo potenti o così ricchi da poter sottomettere gli altri, abbiano il sopravvento. Capisce? E' in gioco la libertà individuale, sia sul piano politico che economi­co. Così lo Stato deve ferma­re questi prevaricatori....»

Insomma, tutto sommato è un socialdemocratico.

«Niente affatto, l'intervento dello Stato è di tipo negati­vo, istituzionale, preventivo, non vuole rendere tutti ugua-li, felici, ricchi. Lo Stato in­terviene solo per eliminare certi ostacoli, per far giocare tutti, ma non pareggia tutti. Non livella uguaglianza, feli­cità ricchezza: se vede che qualcuno non può giocare la partita, interviene, altrimen­ti...».

Una teoria di destra: lo Sta­to minimo alla Milton Friedman.

«Ecco vede che non è facile? No, non è così: quella teoria concepisce lo Stato da una parte e l'individuo dall'altra. I teorici della destra dello Sta­to minimo non prevedono niente per promuovere le isti­tuzioni intermedie come scuole, sindacati.... Secondo Popper si deve invece inter­venire per aiutare le libere istituzioni che la società civi­le si è data. E' diverso, le pa­re?»

Ma allora cos'è politica­mente Popper?

«Un conservatore liberale. Perché privilegia, favorisce, sostiene le istituzioni esisten­ti e le tradizioni viventi. Dice che viviamo una realtà di tra­dizioni e che le politiche pub­bliche non possono toccare queste tradizioni, la più im­portante delle quali è l'econo­mia di mercato. E questo è conservatorismo».

Quindi tutto si basa sulle tradizioni?

«Le tradizioni sono libertà, sono cultura. Per Popper ab­bandonare la tradizione è fi­nire su un terreno infido. Per­ché la tradizione è il risultato di quello che è una società di individui, e l'individuo vie­ne prima dello Stato che può intervenire su scuola, tribuna­li e così via, ma mai sull'indi­viduo. Perché la libertà viene prima della stessa giustizia sociale. E così siamo alla so­cietà aperta».

E quindi, finalmente, alla Terza via?

«Esatto. Popper accetta l'interventismo dello Stato ma non di carattere socialista, limitandolo alle sole istituzio­ni e mai all'individuo che de­ve avere libertà ampia, senza cadere nell'anarchismo. Non toglie ai ricchi per dare ai po­veri. Insomma è la Terza via. E' l'Occidente con tutta la sua cultura di antiche tradi­zioni».

E qui viene il difficile...

«No, perché? E' la teoria dei valori occidentali. E' in Occi­dente che nasce la tradizione della discussione critica e dello scambio di opinioni: in­somma, la democrazia. E questa è la formula migliore, in assoluto, fra tutti i regimi possibili. Nessuno l'ha dise­gnata la democrazia, si è sco­perta da sola nel tempo: fami­glia, tribunali, religione, par­lamento, scuole. E noi dob­biamo difenderla a ogni co­sto. Per Popper, che indivi­dua oggi la cultura occidenta­le soprattutto nella società americana, dobbiamo difen­derla anche con le armi. Co­me è stato fatto in Europa con i fascisti e comunisti un tempo oggi dobbiamo farlo, se necessario, coi fondamen­talisti».

Chiusi in una turris aurea?

«Tutto il contrario. La nostra società occidentale deve esse­re come è sempre stata, mul-tietnica. Aperta ad apporti di idee, arricchita da innesti continui. Questa è la società aperta: chiuderla significhe­rebbe interrompere il dialo­go e disseccarla. Non possia­mo lasciare gli immigrati chiusi nelle loro tradizioni né possiamo trasferirli nelle nostre. All'immigrato va det­to: entra e ti offro una scuola perché tu impari anche le mie tradizioni e impari il plu­ralismo. Ti integro, non ti in­dottrino. Ci pensi, come le ho detto: oggi Popper sareb­be davvero una bella fonte di ispirazione politica. Purtrop­po lo citano in tanti, ma non lo studia nessuno».



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