Il Presidente: Discorsi

L'Islam in Italia

Intervento pronunciato all'incontro organizzato dall'Open Society Institute nella Sala dei Presidenti di Palazzo Giustiniani

Roma

11 Febbraio 2003

1. I dati

La presentazione del dossier dell''Open Society Institute sulla protezione delle minoranze in Italia costituisce un''occasione per affrontare il tema del rapporto tra la cultura italiana e quella dei gruppi allogeni residenti in maniera stabile nel nostro paese. Tra questi gruppi la minoranza di religione islamica merita un''attenzione particolare, sia per la sua cospicua dimensione numerica all''interno della popolazione immigrata, sia per i problemi generati dall''integrazione delle comunita musulmane nella realta italiana.

Guardiamo prima i dati rilevanti. Il dossier documenta che una porzione della popolazione di religione islamica residente nel nostro Paese gode della cittadinanza italiana e risulta quindi titolare dei diritti e dei doveri riconnessi a tale status, esattamente come gli altri cittadini italiani. Ma il dossier documenta anche che la stragrande maggioranza dei musulmani presenti in Italia e composta da immigrati giunti negli ultimi vent''anni ed e pertanto priva di cittadinanza. Costoro rappresentano approssimativamente il 36 per cento della popolazione immigrata e sono assai spesso titolari di un regolare permesso di soggiorno o di lavoro. Circa 80-85 mila sono invece gli immigrati di religione islamica irregolarmente residenti nel nostro paese. I dati dell''Open Society Institute smentiscono alcuni luoghi comuni in materia di integrazione delle comunita islamiche nel tessuto sociale ed economico italiano. Infatti, oltre l''80 per cento degli immigrati non cittadini di religione islamica gode del diritto di vivere e lavorare in Italia secondo le leggi del nostro paese, contribuisce alla produzione del reddito nazionale e al finanziamento delle spese pubbliche. Dal punto di vista socioeconomico, quindi, l''immigrazione musulmana rappresenta un vantaggio per il benessere collettivo. Si avvantaggia l''immigrato, che trova lavoro e condizioni di vita piu soddisfacenti di quelle di origine. E si avvantaggia il cittadino italiano, che trasferisce ad altri lavori che egli non desidera piu, e gode di benefici, ad esempio diritti e servizi sociali, grazie anche a risorse prodotte dagli immigrati.

2. Laicita e tolleranza

La questione, invece, e piu complessa dal punto di vista culturale. Tra il sistema di vita dei paesi occidentali e quello dei paesi di origine dell''immigrazione musulmana esistono notevoli, e talvolta radicali, diversita che non rendono agevole l''integrazione. Per evitare che queste diversita generino conflitti e per consentire una convivenza pacifica, la nostra Costituzione afferma la piena uguaglianza davanti alla legge di tutte le confessioni religiose, e riconosce ad ognuno il diritto di professare liberamente la propria fede, di farne propaganda e di esercitarne il culto in forma pubblica o privata.

La risposta della Costituzione ha alla base due principi. Il principio della tolleranza, il quale afferma la parita dei diritti di ciascuno, indipendentemente dai suoi credi. E il principio della laicita dello Stato, per il quale le istituzioni sono, da un lato, garanzia degli uguali diritti di tutte le confessioni religiose, e, dall''altro lato, sono il limite insuperabile di chi intendesse prevaricare con posizioni di forza o violente. Questi due principi sono parte dei nostri "geni" culturali e non e mai sufficiente ribadirne l''importanza, di fronte ai rigurgiti di fenomeni di prevaricazione, xenofobia, razzismo.

E pero non possiamo fermarci qui, perche la questione dell''integrazione culturale e assai complessa. Di fronte alle tensioni e ai conflitti che essa inevitabilmente genera, tolleranza e laicita dello Stato sono valori necessari ma ancora deboli. Presi e applicati alla lettera, essi comportano, ad esempio, che si debba essere tolleranti verso la poligamia o verso tutte le festivita religiose degli immigrati o verso i curriculi scolastici di altre culture. Il problema si pone anche all''interno della nostra tradizione culturale. Aborto e eutanasia, ad esempio, sollevano le stesse questioni. La domanda e: possono uno Stato, un sistema produttivo, una comunita, tollerare tanta tolleranza? E fino a che punto?

Facciamo un banale esempio di scuola, una situazione virtuale ma percio illuminante come tutti gli esperimenti mentali. Supponiamo che una comunita sia retta da una Costituzione che afferma la tolleranza e prevede istituzioni laiche. Supponiamo poi che in tale comunita esistano cittadini di tre gruppi religiosi ciascuno dei quali, in ragione del proprio credo, celebra la festivita in un giorno diverso. Tutti comprendono che il sistema produttivo di tale comunita non potrebbe funzionare, soprattutto se fosse un sistema aperto ad altri sistemi produttivi.

Il punto di dottrina che intendo sottolineare e che chi ritiene che tolleranza e laicita siano da se soli principi sufficienti a consentire l''integrazione culturale si basa sulla convinzione, ottimista ma purtroppo sbagliata, che lo Stato liberale e le sue leggi siano neutre rispetto alle concezioni, credi, confessioni, professate dagli individui o da specifiche comunita. Ma e facile osservare che la situazione di fatto non sta cosi.

Uno Stato, come e il nostro, il quale impone le cinture di sicurezza, proibisce le armi private o ne autorizza il porto in certi casi, bandisce l''uso di droghe, vieta la poligamia, regola il gioco d''azzardo, proibisce lo sfruttamento della prostituzione, e cosi via per decine e decine di casi, non e uno Stato neutrale rispetto ai convincimenti culturali di singoli e gruppi, e non e neppure uno stato tollerante. Esso e, precisamente, uno Stato paternalistico, uno Stato, cioe, che ha cura della salute, anche morale, dei suoi cittadini. E siccome ogni Stato liberale e democratico, soprattutto ogni Stato in cui siano diffusi i diritti sociali, e, in misura maggiore o minore, uno Stato paternalistico, allora, poiche uno Stato paternalistico ingloba nelle sue leggi, nelle sue autorizzazioni o nei suoi divieti, dei valori, ecco che uno Stato assolutamente neutrale e laico non puo esistere. Ma se uno Stato assolutamente neutrale e laico non puo esistere, allora nessuno Stato, per quanto laico e tollerante, e mai al riparo da conflitti culturali. Tolleranza e laicita sono ideali ai quali possiamo tendere, ma che difficilmente potremo realizzare. Credo sia opportuno essere consapevoli di questa situazione, per evitare che l''ottimismo generatosi con la conquista dello Stato liberale ci trovi impreparati di fronte alle sfide.

3. Il rispetto

C''e qualcosa di piu che, almeno da punto di vista della dottrina e dei fondamenti, possiamo aggiungere ai principi della tolleranza e della laicita? Credo di si. Si tratta del principio del rispetto.

La tolleranza ha un limite e un rischio. Il rischio sono l''indifferenza e il cinismo del "vivi e lascia vivere", cioe l''equipollenza di ogni credo. Il limite sono la generazione del conflitto e la rassegnazione all''inerzia o alla reazione inerme quando esso esploda.

Non per eliminare completamente, cio che e impossibile, ma almeno per ridurre questo rischio e limite, occorre qualcosa di piu. E il rispetto e piu della tolleranza. A differenza della tolleranza, il rispetto puo essere dato solo a persone e tradizioni di cui si riconoscano il valore. Percio, a differenza della tolleranza, il rispetto e una virtu attiva, non meramente passiva. E il rispetto, non la mera tolleranza, che ci induce a conoscere le posizioni dell''altro, ad approfondirle ed eventualmente criticarle. Inoltre - e questo e un punto veramente fondamentale - e il rispetto, e non la mera tolleranza, che impone che tutte le tradizioni siano discusse e confrontate. Ne il rispetto impedisce che alcune tradizioni siano giudicate preferibili a, o migliori di, altre; al contrario, il rispetto impone tale giudizio come esito valutativo del confronto voluto e cercato.

Aggiungere alla tolleranza il rispetto significa difendere l''essenza stessa della tradizione liberale occidentale. La societa aperta o la societa libera, non va dimenticato, non nascono dall''indifferenza, ma dal dialogo e dal confronto serrato tra punti di vista diversi, dal rispetto, appunto, delle tradizioni.

Ma se il principio del rispetto fa un passo avanti su quello della tolleranza, neppur esso evita, in radice, lo scontro fra culture, perche anche il rispetto ha un limite. Per il rispetto, ad esempio, vale il principio della reciprocita: si puo rispettare chi a sua volta ci rispetta. In che punto esattamente si situi questo limite nessuna dottrina etica puo dircelo a priori. In tema di integrazione culturale, le democrazie liberali sono riuscite a trovare nella loro storia compromessi flessibili, punti d''equilibrio incerti, aggiustamenti precari, accomodamenti provvisori. E ci sono riuscite, di volta in volta, perche, ogni volta, hanno avuto la volonta di trovarli.

Il problema dell''integrazione culturale non e dunque un problema di ordine pubblico - il quale nasce quando l''integrazione e fallita - ne e un problema meramente di leggi. E, in sostanza, un problema di costume e di mentalita; un problema di cultura. Dobbiamo far si che l''immigrante conosca la nostra lingua, la nostra storia e, soprattutto, la nostra cultura. E dobbiamo indurre noi stessi all''atteggiamento di disponibilita ad apprendere dalla sua storia e dalla sua cultura.

Se e chiaro quanto ho appena detto, tutto cio non puo essere equivocato con un maldestro tentativo di indottrinare ed imporre il conformismo. Al contrario, e solo in questo modo che gli immigrati possono entrare in contatto con noi e noi con loro, cio che include il dissenso ragionato e critico. Da parte loro, accettare la nostra cultura non vuol dire uniformarsi, ma saper dialogare. Da parte nostra, comprendere la loro cultura non significa rinunciare a rivendicare la nostra, ma arricchirsi nello scambio. Proprio in riferimento all''Islam, chi non ricorda che ad esso dobbiamo la conservazione della saggezza e della sapienza dei Greci, in tempi in cui l''Occidente sprofondava nella barbarie?

Ripeto il mio punto di vista in una singola frase: la nostra cultura non si basa sulla mera tolleranza, ma sul rispetto, che include la volonta di conoscere le ragioni del dissenso, l''abitudine al dialogo e al confronto, e la costante ricerca di compromessi ragionati che salvaguardino la coesistenza pacifica.

E' per queste ragioni di dottrina e in questo senso che io ritengo auspicabile che, cosi come il nostro Stato ha trovato un accomodamento storico in un Concordato con la confessione cattolica, la piu diffusa nel nostro Paese, allo stesso modo possa trovare la via di un Patto o di un Accordo o di qualunque altro strumento giuridico che fissi le modalita dell''integrazione assieme ai diritti e doveri gia garantiti dalla Costituzione. Questo Patto o Accordo sarebbe esattamente uno di quegli accomodamenti provvisori, storici, contingenti, perfettibili, che il perseguimento della via del rispetto impone alla nostra societa aperta.

4. I moderati

Sono cosi passato a temi piu concreti dei nostri giorni. Ce n''e un altro al quale dobbiamo prestare la massima attenzione. Nel caso dell''Islam, dobbiamo essere attenti a distinguere le varieta di posizioni politiche e culturali che in quell''universo si muovono.

Tutte le civilta sono caratterizzate da un ampio spettro di posizioni ed e quantomeno semplicistico considerarle come monadi incomunicabili e fatalmente destinate a confliggere. Ci si puo parlare, ci si puo confrontare; si puo convenire e dissentire. E compito della politica cercare di far prevalere le ragioni del dialogo su quelle avverse.

La situazione non si presenta facile. Quanto accaduto l''11 settembre 2001 prova l''esistenza di una componente, minoritaria ma consistente, all''interno del mondo musulmano, fortemente ostile ai valori dell''Occidente. Ci sono estremisti, fanatici, fondamentalisti, terroristi, intolleranti e violenti di ogni genere. Contro questa componente le nazioni libere e democratiche devono agire, sostenendo i musulmani moderati sul piano economico e politico, ma dimostrando fermezza e intransigenza contro l''ala radicale, se necessario anche ricorrendo alla forza militare, come accaduto lo scorso anno in Afghanistan. E inutile nasconderci dietro i buoni sentimenti o le paure. Davanti a dittatori, le democrazie l''hanno gia fatto, con loro danno, in altre circostanze. Potrebbe essere un serio problema per loro se, dopo aver esaurito tutte le risorse rese disponibili dai principi di laicita, tolleranza, rispetto, escludessero dal proprio arsenale la forza della forza.

L''emersione dell''anima islamica moderata all''interno dei paesi musulmani puo oggi sembrare un obiettivo difficilmente realizzabile visto il diffondersi delle correnti fondamentaliste. Le prospettive di ridare vitalita al mondo musulmano raramente sono state cosi oscure come in questi tempi di radicalismo, jihad, retorica estremista, mentalita cospirativa, culto della morte. Nondimeno i musulmani moderati esistono e molto hanno da offrire agli Stati democratici.

Anche all''Italia. Dando ad essi fiducia, noi confermiamo al contempo la nostra fiducia nei valori della societa aperta. Quanto piu saremo rispettosi dei diritti dei singoli e delle minoranze, tanto piu potremo essere intransigenti con gli estremisti e tanto piu gli immigrati di religione islamica apprezzeranno i vantaggi della nostra civilta e saranno riconoscenti al Paese che li ospita, li accoglie e garantisce loro diritti e liberta spesso conculcati nei loro Paesi di origine. Il rispetto - il rispetto cercato, e poi fissato, garantito, a sua volta rispettato e fatto rispettare - favorisce la crescita comune e reca vantaggi a tutti.




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