Atto n. 1-00067

Pubblicato il 9 aprile 2002
Seduta n. 153

PIANETTA, BASILE, BEVILACQUA, BIANCONI, BOLDI, BONFIETTI, CARUSO ANTONINO, COZZOLINO, DE ZULUETA, DENTAMARO, DI GIROLAMO, FAVARO, FEDERICI, FORLANI, IOVENE, MANIERI, MARTONE, MUGNAI, PETRINI, PICCIONI, SALVI, SALZANO, SODANO CALOGERO, TOIA.

Il Senato,

        premesso che:

            la questione della moratoria universale della pena di morte si colloca all’interno di una visione che punta ad affermare il valore universale della vita umana ed a costruire, su questa base, un canale di comunicazione tra le istituzioni e la società civile che faccia leva sul senso di responsabilità di ognuno e quindi sulla capacità di discernere il giusto dall’ingiusto, la pena legittima dal rituale della vendetta;

            il primo fra i diritti umani è il diritto alla vita, affermato nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, nel Patto sui diritti civili e politici del 1966 e nelle Convenzioni regionali sui diritti umani;

            la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, approvata a Nizza nel dicembre del 2000, ancorché non ancora tradotta in norme giuridicamente vincolanti, sancisce all’articolo 2 il diritto alla vita precisando che «nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato», e, all’articolo 19, che «nessuno può essere trasferito, espulso o estradato in uno Stato nel quale vi sia un grave rischio di essere sottoposto alla pena di morte, a tortura o ad altri trattamenti inumani o degradanti»;

            l’articolo 11 della Convenzione europea sull’estradizione stabilisce che «se il fatto per il quale l’estradizione è domandata è punito con la pena capitale nella legge della Parte richiedente e se, per esso, tale pena non è prevista nella legislazione della Parte richiesta o non vi è generalmente eseguita, l’estradizione potrà essere consentita solo alla condizione che la Parte richiedente dia garanzie, ritenute sufficienti dalla Parte richiesta, che la pena non verrà eseguita»;

            l’articolo 1 del Protocollo n. 6 del 1983 alla Convenzione per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali relativo all’abolizione della pena di morte recita: «La pena di morte è abolita. Nessuno può essere condannato a tale pena, né giustiziato»;

            l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, nella risoluzione n. 1097 (1996), ha chiesto ai Capi di Stato di concedere la clemenza ed ha fatto appello ai parlamentari di tutti i Paesi mantenitori affinché decretino l’abolizione della pena di morte prima della fine del secondo millennio, seguendo l’esempio della maggior parte degli Stati del Consiglio d’Europa;

            le risoluzioni approvate dalle Commissioni ONU per i diritti umani nel 1999, 2000 e 2001 chiedono «agli Stati che hanno ricevuto una richiesta di estradizione per reati per i quali negli Stati richiedenti è prevista la pena di morte di riservarsi esplicitamente il diritto di negare l’estradizione in assenza di effettive assicurazioni da parte delle autorità competenti di tale Stato che la pena capitale non verrà eseguita»;

            la sentenza della Corte Costituzionale del 25 giugno 1996 sul caso di Pietro Venezia ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 698, comma 2, del Codice di Procedura Penale e dell’articolo 9 del Trattato di estradizione con gli Stati Uniti, per il motivo che il «concorso, da parte dello Stato italiano, all’esecuzione di pene che per nessuna ipotesi e per nessun tipo di reato potrebbero essere inflitte in Italia nel tempo di pace è di per sé lesivo della Costituzione»;

            la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 7 luglio 1989 sul caso di «Soering contro Regno Unito» ha stabilito che «nel caso in cui venisse eseguita la decisione del Ministro degli esteri di estradare il ricorrente negli Stati Uniti d’America, ciò costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani nella parte in cui dichiara che «nessuno può essere sottoposto a tortura o trattamenti o punizioni inumani o degradanti, con ciò fissando un divieto generale europeo all’estradizione in paesi che hanno la pena di morte in assenza di garanzie che tale pena non sia applicata»;

            l’Italia è da tempo impegnata nella battaglia per l’abolizione della pena capitale avendo favorito da un lato l’approvazione, negli ultimi anni, di una risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni da parte della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani di Ginevra e, dall’altro, la presentazione di una risoluzione sulla moratoria presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite;

            il Senato della Repubblica, da tempo in prima linea nella battaglia per l’abolizione della pena capitale nel mondo – attraverso il Comitato contro la pena di morte della XIII legislatura e la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani in questa legislatura – si è più volte pronunciato perché il principio del diritto alla vita fosse difeso dal Governo in tutte le sedi internazionali;

            la Dichiarazione approvata dai parlamentari dell’Unione europea a conclusione della Conferenza di Assisi promossa dal Comitato contro la pena di morte del Senato della Repubblica nel luglio del 2000 stabiliva inderogabilmente che l’abolizione della pena di morte contribuisce alla promozione della dignità umana e al progressivo sviluppo dei diritti umani in quanto questo genere di pena, per la sua irreversibilità, è oggettivamente contrario a ogni principio giuridico e morale;

        considerato che:

            i Ministri dell’interno e della giustizia appartenenti ai Quindici Paesi dell’Unione europea riuniti a Bruxelles nel settembre scorso hanno sollecitato proposte dettagliate alle autorità dei Paesi membri per giungere entro i primi di dicembre all’armonizzazione delle misure antiterroristiche, tra cui quelle relative ad una definizione comune di terrorismo – che non lasci spazio ad interpretazioni per le quali attraverso una giusta presa di posizione contro crimini efferati possano essere riviste in peggio normative che vietano comunque trattamenti disumani –, ad un ordine di cattura europeo e ai processi di estradizione;

            il 20 settembre scorso il Commissario europeo per le relazioni esterne ed il suo collega responsabile per gli affari interni Antonio Vittorino hanno chiesto all’Unione europea di permettere l’estradizione «mantenendo allo stesso tempo la coerente opposizione dell’Unione europea alla pena di morte», con ciò significando che detti accordi di estradizione potranno essere raggiunti solo ove le autorità giudiziarie richiedenti diano assicurazioni che la condanna capitale non sarà applicata nei casi dei sospettati di terrorismo;

            il 4 ottobre scorso il Parlamento del Portogallo, un Paese che come l’Italia presenta vincoli di tipo costituzionale in materia di estradizione, la quale è vietata non solo in caso di pena di morte ma anche di ergastolo, ha approvato cambiamenti per migliorare la indispensabile cooperazione internazionale e quindi per rendere l’estradizione più facile, alla condizione però che sia esclusa la consegna dei sospettati ai Paesi che applicano la pena di morte;

            il Rapporto 2001 dell’organizzazione «Nessuno Tocchi Caino» rende noto come, ad oggi, sono 125 i Paesi abolizionisti a vario titolo, di cui 77 totalmente abolizionisti, 13 abolizionisti per crimini ordinari, 30 abolizionisti di fatto (nel senso che non eseguono pene capitali da almeno 10 anni), 2 impegnati ad abolire la pena di morte in quanto membri del Consiglio d’Europa, 3 attuano una moratoria legale delle esecuzioni, mentre i Paesi mantenitori sono 71, situazione che deve considerarsi, per quanto riguarda le adesioni dei singoli Paesi, largamente migliore di quella vigente ancora nel 1993;

            a dispetto dell’ampliamento del numero dei Paesi abolizionisti, i dati più recenti ci informano che 27 Paesi nel 2000 hanno compiuto complessivamente almeno 1892 esecuzioni, laddove nei primi sei mesi del 2001 le esecuzioni sono state addirittura 2203 in soli 19 Paesi, primo tra tutti la Cina con 1781,

        impegna il Governo:

            a sviluppare un’iniziativa internazionale in sede di Unione europea perché essa presenti nella sessione ordinaria della Commissione ONU per i diritti umani, che si è aperta lo scorso 18 marzo a Ginevra, e successivamente presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, una nuova risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali in vista dell’abolizione definitiva della pena di morte ed impiegando gli strumenti politici e diplomatici atti ad associare a questa iniziativa il maggior numero di Paesi;

            a sostenere in sede di Unione europea le proposte tese ad uniformare le procedure di giudizio ed in questo quadro di riaffermare la coerente opposizione alla condanna capitale, il che comporta di escludere non solo l’estradizione ma anche qualsiasi altra forma di trasferimento o di espulsione di persone sospettate in qualsiasi Paese vi sia comunque il rischio che siano sottoposte alla pena di morte.