Pubblicato il 21 gennaio 2025, nella seduta n. 264
CALENDA, LOMBARDO, PATTON, SPAGNOLLI, CASINI
Il Senato,
premesso che:
i prezzi medi dell'energia elettrica in borsa in Italia nel 2024 sono stati i più alti dell'Unione europea: il doppio della Francia, il 70 per cento in più della Spagna e il 30 per cento in più della Germania;
al prezzo di borsa dell’energia si aggiungono in bolletta altri oneri, tanto maggiori quanto maggiore è il peso delle fonti intermittenti nel mix elettrico;
l’Italia non è solo il Paese della UE in cui l’energia elettrica costa più cara, ma è anche quello che ne importa di più, 52 terawattora, pari al 17 per cento del fabbisogno e quasi il doppio della Germania, che è il secondo importatore della UE;
il prezzo dell’energia elettrica incide sui bilanci delle famiglie e delle imprese in modo determinante e, per la natura del mercato elettrico e per il ruolo che vi svolge il gas, è particolarmente sensibile anche all’instabilità del contesto geopolitico;
tutto ciò impone, nel medio-lungo periodo, una sfida relativa alla composizione del mix elettrico nazionale, ma esige nell’immediato misure volte a contenere il costo della bolletta elettrica per le imprese, che costituisce uno dei fattori più gravi di deindustrializzazione e perdita di competitività economica;
la misura più utile, nell’immediato, è rappresentata dal disaccoppiamento del prezzo dell'energia elettrica da fonti rinnovabili da quello di borsa, che nel 2024 in Italia è stato fissato dal gas per il 65 per cento delle ore;
le quotazioni del prezzo del gas attese per il 2025 sono tra 45 e 50 euro a megawattora; mentre il prezzo dei diritti di emissione (ETS) dovrebbe attestarsi intorno a 75-80 euro per tonnellata di anidride carbonica; il risultato è che l'energia elettrica prodotta a gas nel 2025 dovrebbe costare intorno a 135 euro per megawattora (due volte e mezza il prezzo medio 2011-2020, pari a 57 euro a megawattora);
il disaccoppiamento può essere realizzato senza necessariamente creare due mercati paralleli, secondo lo schema stabilito durante il Governo Draghi con l'art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (detto “sostegni ter"), che introduceva un meccanismo di remunerazione a due vie per tutti gli impianti rinnovabili di taglia superiore a 20 chilowatt;
in base a detto meccanismo veniva fissato un "prezzo equo" di riferimento per le diverse zone di mercato, la cui media era dell'ordine di 57 euro a megawattora; gli operatori cedevano l'elettricità in borsa al prezzo di mercato, ma dovevano trasferire al GSE quanto incassato in più rispetto al prezzo equo; con le risorse così ricavate il GSE ristorava i consumatori per gli ingenti esborsi dovuti al prezzo del gas, che aveva raggiunto livelli mai visti (sino a 300 euro per megawattora). Gli effetti di questa misura sono cessati a giugno 2023;
con riferimento alla produzione 2024, l'energia elettrica cui applicare il prezzo equo ammonta a circa 100 terawattora; indicizzando per l'inflazione il prezzo equo definito nel 2022, il valore medio sarebbe pari a circa 64 euro per megawattora(anziché 57) e la misura assicurerebbe una riserva presso il GSE, data dalla differenza tra il prezzo di mercato, stimato a 135 euro per megawattora, e prezzo equo, pari a circa 7 miliardi di euro; al GSE andrebbe consentito di cedere l'energia prelevata al prezzo equo attraverso contratti pluriennali di lungo periodo, in modo che ne possano beneficiare consumatori industriali energivori o comunque penalizzati dal caro energia, come ad esempio il settore automotive;
il principio del prezzo equo dovrebbe essere reintrodotto in via stabile e potrebbe essere accompagnato da un incremento della quota delle entrate delle aste ETS destinata alle imprese energivore e da una liberalizzazione delle installazioni di impianti fotovoltaici su coperture per autoconsumo,
impegna il Governo a predisporre le modifiche normative finalizzate:
a) a reintrodurre e stabilizzare il meccanismo di cui all’articolo art. 15-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, fissando un "prezzo equo" per ogni zona di mercato, pari a quello indicato dal suddetto decreto, indicizzato per l'inflazione e potenziare il ruolo del GSE consentendogli di cedere l'energia prelevata al prezzo equo attraverso contratti pluriennali di lungo periodo;
b) a vincolare al prezzo equo di cui alla lettera a) il rinnovo delle concessioni idroelettriche e geotermiche;
c) ad incrementare la quota di entrate dalle aste ETS, destinata alle imprese energivore soggette a carbon leakage, oggi pari a 600 milioni di euro all'anno a fronte di entrate totali di circa 3,5 miliardi di euro all'anno;
d) a liberalizzare le installazioni di impianti fotovoltaici su coperture per autoconsumo.