Pubblicato il 15 marzo 2023, nella seduta n. 49
FREGOLENT
La Commissione 8ª, premesso che:
ARERA, con delibera 3 agosto 2021 n. 363/2021/R/rif, ha inteso determinare i corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e ha fissato i criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti;
nel dettaglio, ARERA, al fine di pervenire al riconoscimento dei costi alla base delle tariffe di accesso a taluni impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti, ha distinto tra impianti: “integrati, minimi e aggiuntivi”;
gli impianti “minimi” sono impianti non integrati nel gestore della raccolta e tuttavia individuati come indispensabili per la chiusura del ciclo dei rifiuti in ambito regionale, soggetti a regolazione dei costi riconosciuti e delle tariffe;
tali tipologie di impianto, al pari di quelli integrati, sono sottratte al libero gioco della concorrenza nei mercati del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, in quanto soggetti ad una pianificazione regionale dei flussi di rifiuti conferiti e a una fissazione delle tariffe di accesso;
per rientrare nella categoria degli impianti “minimi” e quindi indispensabili per la chiusura dei rifiuti a livello regionale, essi devono rispondere a specifici e stringenti requisiti, che sono puntualmente individuati da ARERA nella medesima delibera, ovvero: la presenza nelle filiere del trattamento e dello smaltimento di particolari categorie di rifiuti; la presenza di un forte e stabile eccesso di domanda a fronte di limitato numero di operatori; il fatto che tali impianti, presenti sul territorio regionale, abbiano già una capacità impegnata per flussi garantiti da strumenti di programmazione o da altri atti amministrativi, ovvero che siano già stati individuati per la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti in sede di programmazione da parte dei soggetti competenti;
in assenza di tali requisiti e al di fuori dell’obiettivo finale di chiusura del ciclo dei rifiuti nell’ambito territoriale regionale, non sarebbe giustificata la misura di sottrarre tali impianti alle logiche di mercato, limitando indebitamente il principio della concorrenzialità;
infatti, in linea generale, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (testo unico dell'ambiente), all’articolo 186, comma 5, prevede che per i rifiuti urbani differenziati destinati al riciclo e al recupero, compresa la FORSU, sia sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale seppure privilegiando, anche con strumenti economici, il principio di prossimità agli impianti di recupero;
nel contempo, ai sensi del successivo articolo 198 del medesimo testo unico, il gestore del servizio pubblico di igiene urbana esercita in regime di privativa le attività di raccolta e avvio al trattamento dei rifiuti differenziati (inclusa la FORSU), ma non il trattamento vero e proprio (a meno che il gestore non abbia partecipato a una gara per l’affidamento del servizio di gestione integrata che includa anche la realizzazione o la gestione degli impianti di trattamento e la conseguente fase operativa), pertanto, ove il gestore non sia affidatario della gestione integrata della raccolta urbana, le fasi di recupero e riciclo delle frazioni differenziate urbane devono, di norma, essere affidate secondo dinamiche competitive;
in aggiunta a quanto espresso, con il successivo articolo 198-bis del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, norma inserita dal decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, e in vigore dal 1° maggio 2022, si prevede, altresì, l’adozione, su iniziativa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica), di un programma nazionale per la gestione dei rifiuti (PNGR) che fissi i macro-obiettivi e definisca i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si devono attenere nell’elaborazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti;
più volte, dopo una segnalazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato a Governo e Parlamento, la giustizia amministrativa si è espressa contro delibere di giunta di alcune Regioni (Puglia ed Emilia-Romagna), le quali non si erano attenute ai criteri fissati da ARERA nell'individuazione degli impianti minimi, di fatto attuando una politica protezionistica ingiustificata ed illegittima, tesa a sottrarre al mercato la gestione delle fasi di recupero e riciclo delle frazioni differenziate urbane che devono, come più volte chiarito, essere affidate secondo dinamiche competitive;
successivamente e più recentemente, con la sentenza n. 557/2023, il TAR della Lombardia, nel confermare l’orientamento giurisprudenziale già espresso, ha inteso affermare in modo ancor più chiaro come non spetti alle Regioni, ma neanche ad ARERA, individuare impianti “minimi” da sottrarre al libero mercato per assoggettarli al regime di tariffe concordate e flussi prestabiliti, in quanto la prerogativa è del legislatore nazionale e in particolare del Ministero dell’ambiente, che avrebbe dovuto esercitarla nell’ambito dell’adozione del programma nazionale di gestione dei rifiuti, e solo allora ARERA avrebbe potuto e dovuto disciplinare l’ambito tariffario, secondo la competenza che le è attribuita dall’ordinamento;
ARERA, infatti, secondo i giudici amministrativi della Lombardia, avrebbe invaso l’ambito di competenza che il legislatore statale ha assegnato allo Stato ed in particolare al Ministero individuato dal citato articolo 198-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in relazione ai contenuti di cui al programma nazionale per la gestione dei rifiuti;
appare quindi evidente come ARERA avrebbe attribuito, di fatto, alle Regioni, poteri che il legislatore statale non ha assegnato agli enti regionali (art. 196 del decreto legislativo n. 152 del 2006), traslando quanto dovrebbe essere definito in sede nazionale all’ambito locale, in quella che sarebbe un’aperta violazione delle competenze dello Stato (art. 195 del codice dell’ambiente), e allontanandosi dall’obiettivo del riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale,
impegna il Governo:
1) ad aggiornare il programma nazionale di gestione dei rifiuti, indicando i criteri di identificazione degli impianti “minimi”, indispensabili alla chiusura dei cicli regionali di gestione dei rifiuti urbani;
2) ad esplicitare gli eventuali fabbisogni impiantistici da colmare a livello territoriale e consentendo al mercato, il quale appare in grado di dare risposta alle esigenze locali di trattamento, di ampliare il proprio ambito, fino alla totale e auspicabile eliminazione del concetto stesso di impianto “minimo”, pervenendo in tal modo alla piena risposta ai fabbisogni infrastrutturali dei territori, anche in considerazione del fatto che il PNRR ha evidenziato, tra l’altro, la necessità di introdurre “norme finalizzate a rafforzare l’efficienza e il dinamismo concorrenziale nel settore della gestione dei rifiuti, nella prospettiva di colmare le attuali lacune impiantistiche”; in quest’ottica, la ridefinizione del fabbisogno impiantistico da parte del Ministero dell’ambiente appare fondamentale al fine di evitare di destinare risorse del PNRR alla realizzazione di impianti non necessari.