Pubblicato il 24 maggio 2022, nella seduta n. 436
LANNUTTI, ANGRISANI Luisa, GRANATO Bianca Laura - Ai Ministri dell'interno e della giustizia. -
Premesso che:
a tre giorni dal trentesimo anniversario della strage di Capaci, il giornale "The Post Internazionale" pubblica per la prima volta un documento inedito in cui si rivela che il giudice Giovanni Falcone era stato spiato almeno una volta durante gli incontri che aveva avuto con il capo della Loggia massonica "P2", Licio Gelli;
la prova è in un "documento riservato" dell'aprile del 1990, scrive il giornalista Giulio Gambino, con il quale un alto funzionario della pubblica sicurezza, il prefetto ed ex capo della Direzione centrale della polizia criminale (Criminalpol) Luigi Rossi informava di suo pugno «l'Onorevole Sig. Ministro» dell'interno (all'epoca Antonio Gava, della DC) dei contenuti di un interrogatorio, coperto da segreto istruttorio, da parte del giudice palermitano al "Venerabile";
nell'articolo viene fatto presente che non si conoscono i motivi di quell'interrogatorio, di cui un funzionario poi compilò, appunto, il resoconto che il prefetto Rossi inviò al Ministro, e si ipotizza che forse il giudice Falcone non si fidasse della Procura di Roma;
il documento, conservato finora presso l'Archivio centrale di Stato, sintetizza i contenuti dell'interrogatorio di Falcone a Gelli avvenuto il 7 aprile del 1990 tra le 16 e le 17:30. Dell'interrogatorio si conosce solo un riassunto, poiché del verbale completo non vi è traccia. Ma quello non fu l'unico interrogatorio di Falcone a Gelli. Ce ne fu un altro, quest'ultimo noto e in parte già documentato, che risale al giorno precedente, il 6 aprile. A quel primo interrogatorio, insieme a Falcone, parteciparono anche i giudici Lo Forte e Pignatone, ex procuratore di Roma;
gli argomenti trattati nei due interrogatori sarebbero gli stessi, ovvero i fatti relativi a un periodo cruciale della storia recente italiana (omicidio Mattarella, omicidio La Torre, strage del Rapido 904). Fa inoltre riflettere il tempismo con cui viene trasmessa la nota alla fine del secondo incontro con Gelli, come se fosse indispensabile mettere al corrente il Ministro delle informazioni raccolte dal giudice Falcone. Quel 7 aprile, peraltro, Falcone parrebbe essere da solo di fronte a Gelli, ma di certo sorvegliato da chi avrebbe poi inviato i contenuti secretati;
considerato che i protagonisti coinvolti in questa vicenda oggi non possono parlare o non ricordano. Non può farlo l'ex capo della polizia Vincenzo Parisi, scomparso nel 1994 a causa di un infarto. Non ricorda nulla l'ex capo della Criminalpol che inviò quell'appunto riservato al Ministro Gava («Non ricordo, è passato troppo tempo…», ha detto a TPI che lo ha contattato per chiedergli conto), né ricorda nulla il dottor Pignatone, che pure condusse insieme a Falcone quel primo interrogatorio a Gelli;
considerato inoltre che come ha dichiarato l'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, è lecito pensare «che Falcone fosse tallonato in questo filone di indagini e che si temeva che potesse scoprire qualcosa che doveva restare segreto». Inoltre, come riferì il giornalista Attilio Bolzoni, l'allora capo della Polizia Parisi «confermò pubblicamente al mio collega Giuseppe D'Avanzo che Falcone non era spiato, ma spiatissimo, e che c'era molto di più». L'ammissione di Parisi al giornalista D'Avanzo confermerebbe appunto il comportamento della Criminalpol da cui proviene il documento pubblicato da TPI;
considerato infine che:
meno di un anno prima (21 giugno 1989) da quei due interrogatori a Gelli, era stato organizzato un attentato, poi fortunatamente fallito, contro il giudice Falcone presso l'Addaura, la costa a sei chilometri dal centro di Palermo. Quel giorno il dottor Falcone avrebbe dovuto trascorrere la giornata nella casa al mare con i giudici elvetici Carla Del Ponte e Claudio Lehmann, che stavano indagando su finanziarie riguardanti notissimi esponenti della mafia siciliana ed erano in Sicilia per il compimento di una rogatoria. Il giudice Falcone parlò di «menti raffinatissime» dietro quell'attentato;
due anni più tardi, il 23 maggio del 1992, il giudice Falcone è stato tragicamente assassinato a Capaci, insieme alla moglie, la dottoressa Francesca Morvillo, e i tre poliziotti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo,
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo, nell'ambito delle proprie attribuzioni, intendano svolgere nuovi accertamenti sulla vicenda descritta, considerando che apparati dello Stato, almeno in un caso, avrebbero violato il segreto istruttorio, rendendo nota, in sintesi, la natura di quegli interrogatori del dottor Falcone al capo della P2, e considerando che oggi, come trent'anni fa la vicenda nella sua intricata complessità, è ancora oscura.