Atto n. 3-03621 (con carattere d'urgenza)

Pubblicato il 28 marzo 2017, nella seduta n. 793

RICCHIUTI , MIGLIAVACCA - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. -

Premesso che:

dal 2008 a oggi anche l'Italia è stata investita dalla crisi economica e finanziaria seguita alle vicende statunitensi dei mutui cosiddetti sub prime e del conseguente crollo del mercato dei crediti. Da quella crisi, il nostro Paese non si è ancora riavuto e sono stati persi milioni di posti di lavoro;

l'esperienza di questi 9 anni, tuttavia, ha evidenziato che il ciclo macroeconomico non ha seguito l'andamento tradizionale. A fronte, infatti, di una sicura e spesso anche tempestiva ripresa dei consumi e dei profitti nella maggior parte dei Paesi dell'Occidente (Stati Uniti e Germania in testa), non vi è stato incremento occupazionale;

si sono anzi moltiplicati i casi nei quali le imprese si sono rafforzate sul piano globale, godendo anche di benefici sia fiscali sia in termini di regolazione, e hanno scaricato sui lavoratori le conseguenze negative di scelte aziendali;

l'annunzio di Sergio Marchionne di spostare la produzione di un veicolo da Pomigliano d'Arco in Campania alla Polonia è, in questo senso, paradigmatico;

un altro caso clamoroso si è avuto presso la K-FLEX di Roncello, in provincia di Monza e Brianza, in cui la proprietà dell'impresa (impegnata nel settore degli isolanti) ha arbitrariamente deciso di delocalizzare in Polonia la produzione italiana, licenziando 187 lavoratori, pur in presenza di risultati aziendali del tutto soddisfacenti. Com'è noto, il caso ha sollevato l'indignazione persino dell'arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, che ha portato la sua solidarietà al presidio dei lavoratori, che sono in sciopero dal 24 gennaio 2017. L'impegno del Ministero dello sviluppo economico purtroppo, a oggi, non ha prodotto gli esiti sperati;

il fenomeno dell'impresa corsara, che non si fa mai carico delle esigenze dell'ambiente socio-economico, da cui pure trae forza e vantaggi, non è però limitato all'industria manifatturiera, ma conta esempi anche nel settore dei servizi;

emblematico, al riguardo, è il caso dell'acquisto da parte di CHEBANCA, del gruppo Mediobanca, del ramo d'azienda costituito dalla rete di sportelli della banca inglese Barclays;

CHEBANCA ha acquisito da Barclays, nel 2016 il ramo costituito dal chief commerciai office (CCO), un ampio portfolio bilanciato di attività e passività gestito dal CCO e i relativi beni e cespiti strumentali, e tutti i dipendenti ivi impiegati. Prima della cessione, Barclays aveva offerto ai dipendenti indicati come esuberi, che avessero inteso lasciare il posto di lavoro, 41 mensilità;

il passaggio a CHEBANCA, tuttavia, ha precluso a molti dipendenti l'accesso a quell'incentivo all'esodo e 567 dipendenti sono rimasti con la nuova azienda bancaria, la quale ha, dunque, acquisito una notevole rete di sportelli, un portafoglio bilanciato di attività e passività. Tali erano il calcolo e l'interesse di Barclays di uscire dal mercato italiano che paga, essa, 240 milioni di euro per la cessione a CHEBANCA e non viceversa, come in genere avviene in questi casi;

in buona sostanza, CHEBANCA ottiene dall'operazione 3 immediati vantaggi: allarga la sua capacità retail in virtù delle filiali; aumenta le poste attive del proprio portafoglio e incassa un saldo di 240 milioni. Sarebbe stato ben strano se avesse nel 2016 dichiarato esuberi;

e infatti nell'informativa sindacale del giugno 2016 essa rappresenta che non vi saranno ricadute occupazionali e nelle comunicazioni sociali sul bilancio 2016, CHEBANCA dichiara risultati ragguardevoli: l'acquisizione ha portato un sensibile incremento del numero dei clienti (più 38 per cento); la massa gestita è aumentata considerevolmente (più 74 per cento a 6,8 miliardi) così come la raccolta diretta (più 27 per cento a 13,6 miliardi) e i mutui ipotecari erogati (più 50 per cento a 7,5 miliardi). Tali risultati sono confermati negli annunzi dati alla stampa;

ciò nonostante, con lettera inviata alle organizzazioni sindacali il 10 marzo 2017, CHEBANCA ha annunciato la chiusura di 39 filiali e 131 esuberi;

si tratta di una determinazione aziendale a giudizio degli interroganti assolutamente ingiustificata e contradditoria: la salute di CHEBANCA e di tutto il gruppo Mediobanca è indiscutibile e le strategie recenti del gruppo si sono rivelate fruttuose, anche perché la compagine dei dipendenti vi ha concorso, come sempre accade, con il lavoro, l'esperienza e la professionalità. I riferimenti contenuti nella lettera del 10 marzo 2017 a una pretesa congiuntura economica negativa sono menzogneri e ispirati al solo fine di conseguire ulteriori profitti, scaricando su 131 famiglie, che verrebbero messe in mezzo alla strada, gli esiti dell'operazione aziendale;

i Ministri in indirizzo conoscono certamente il contenuto dell'articolo 41 della Costituzione, secondo il quale "l'iniziativa economica privata è libera e non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana",

si chiede di sapere:

quali informazioni intenda assumere il Ministro dell'economia e delle finanze, nelle forme previste dal decreto legislativo n. 385 del 1993, dagli esponenti aziendali sulla gestione di CHEBANCA;

se risultino svolti accertamenti ispettivi recenti su CHEBANCA, che possano dimostrare fatti viceversa attualmente non noti;

quali politiche concrete intenda porre in atto il Governo per disincentivare politiche aziendali depressive delle potenzialità occupazionali del nostro Paese.