RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SUL PROGETTO DI ATTO LEGISLATIVO DELL'UNIONE EUROPEA N. COM(2022) 695 DEFINITIVO (Doc. XVIII-bis, n. 2) SUI PROFILI DI CONFORMITÀ AI PRINCIPI DI SUSSIDIARIETÀ E PROPORZIONALITÀ
La 4ª Commissione permanente,
esaminata la proposta di regolamento in titolo relativa alla competenza, alla legge applicabile e al riconoscimento delle decisioni e all'accettazione degli atti pubblici in materia di filiazione e alla creazione di un certificato europeo di filiazione (COM(2022) 695);
valutate le relazioni del Governo, elaborate dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell'interno, e trasmesse ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 234 del 2012;
tenuto conto delle audizioni dell'avvocato Gianfranco Amato, del consigliere Alberto Giusti, di rappresentanti dell'associazione Famiglie arcobaleno e dell'associazione Rete Lenford, del professor Emanuele Bilotti, dell'avvocato Maria Paola Costantini, della professoressa Mirzia Bianca, dell'avvocato Antonio Rotelli e del professor Gian Luca Contaldi, svolte il 20 febbraio 2023, nonché delle audizioni del professor Mauro Paladini e dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza dottoressa Carla Garlatti, svolte il 7 marzo 2023;
considerato che la proposta ha come base giuridica l'articolo 81 del TFUE, relativo alla cooperazione giudiziaria civile, e in particolare il paragrafo 3 che consente al Consiglio di adottare misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali, deliberando all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo;
considerata la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 1989, che impone agli Stati parti di rispettare e garantire i diritti dei minori senza discriminazioni di alcun tipo e di adottare tutti i provvedimenti appropriati affinché il minore sia tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivata dalla situazione dei suoi genitori, perseguendo in modo preminente l'interesse superiore del minore, inteso ai sensi dell'articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE e degli articoli 3 e 12 della stessa Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, anche garantendo il diritto all'ascolto del minore, ovvero la possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione e che tale opinione sia presa debitamente in considerazione;
condivisa la finalità della proposta, volta a rafforzare la tutela dei diritti fondamentali dei figli in situazioni transfrontaliere, compresi il diritto all'identità, alla non discriminazione e al rispetto della vita privata e della vita familiare, i diritti di successione e il diritto agli alimenti in un altro Stato membro, considerando preminente l'interesse superiore del minore, a fronte di una situazione in cui si stima che attualmente due milioni di minori si trovino in stato di non pieno riconoscimento, della filiazione accertata in uno Stato membro, da parte di un altro Stato membro, e ritenuto pertanto obiettivo prioritario, da perseguire con forza, la salvaguardia dei diritti personali e delle condizioni di tutela giuridica e affettiva del bambino dalla nascita alla maggiore età;
ritiene, tuttavia, di esprimere un parere motivato ai sensi dell'articolo 6 del protocollo n. 2 allegato ai Trattati europei, poiché alcune disposizioni contenute nella proposta, e in particolare l'obbligo di riconoscimento (e di conseguente trascrizione) di una decisione giudiziaria o di un atto pubblico, emessi da un altro Stato membro, che attestano la filiazione, e l'obbligo di riconoscimento del certificato europeo di filiazione, non rispettano i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, a motivo delle seguenti considerazioni.
La Corte di Cassazione nella pronuncia a Sezioni Unite n. 38162, del 30 dicembre 2022, ha confermato la contrarietà all'ordine pubblico della pratica della maternità surrogata, negando la trascrivibilità automatica del provvedimento straniero di attestazione della genitorialità da questa avente origine e riconoscendo il carattere di norma di ordine pubblico internazionale all'articolo 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, che considera fattispecie di reato ogni forma di maternità surrogata, con sanzione rivolta a tutti i soggetti coinvolti, compresi i genitori intenzionali.
La stessa Corte ha quindi individuato, allo stato dell'evoluzione dell'ordinamento nazionale e in mancanza di diverso intervento legislativo, nella "adozione in casi particolari" ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n. 184, lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello status di figlio, al legame di fatto con il partner del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita.
La Corte ha quindi concluso che, anche per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 79 del 2022, la "adozione in casi particolari", per come attualmente disciplinata, si profila come uno strumento potenzialmente adeguato al fine di assicurare al minore nato da maternità surrogata la tutela giuridica richiesta dai principi convenzionali e costituzionali, restando la valutazione in ogni caso sottoposta al vaglio del giudice nella concretezza della singola vicenda e ferma la possibilità per il legislatore di intervenire in ogni momento per dettare una disciplina ancora più aderente alle peculiarità della situazione.
La proposta di regolamento invero consente l'invocazione della clausola dell'ordine pubblico per rifiutare il riconoscimento di un documento di un altro Stato membro che accerta il rapporto di filiazione, come chiaramente espresso agli articoli 31 e 39 della proposta. Tuttavia, ciò è previsto in via del tutto eccezionale e come eventualità da valutare caso per caso.
L'articolato, infatti, anzitutto richiama all'articolo 2 i limiti che la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE impone all'invocazione dell'ordine pubblico, con particolare riguardo al riconoscimento del rapporto di filiazione, finalizzato a consentire al minore di esercitare senza impedimenti, insieme a ciascun genitore, i suoi diritti derivanti dall'ordinamento dell'Unione (e solo questi), quali il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, garantito dall'articolo 21, paragrafo 1, TFUE, e i diritti ad essi connessi e derivanti (sentenza del 14 dicembre 2021, causa C-490/20).
Inoltre, all'articolo 22 e agli stessi articoli 31 e 39, si esplicita che la clausola dell'ordine pubblico può essere invocata solo per manifesta contrarietà ad essa, a cui si aggiunge che il diniego può essere esercitato solo nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE, in particolare l'articolo 21 sul principio di non discriminazione.
Al considerando n. 14 si esemplifica il limite alla clausola dell'ordine pubblico, dichiarando che essa non può essere invocata per giustificare il rifiuto di riconoscere un rapporto di filiazione tra un figlio e i genitori dello stesso sesso ai fini dell'esercizio dei diritti conferiti al figlio dal diritto dell'Unione.
Infine, la relazione illustrativa della proposta chiarisce che, nel valutare un eventuale diniego del riconoscimento della filiazione per motivi di ordine pubblico, le autorità degli Stati membri devono tenere conto dell'interesse del figlio, in particolare della tutela dei suoi diritti, compresa la salvaguardia di legami familiari autentici tra il figlio e i genitori, e che il motivo dell'ordine pubblico quale fondamento del diniego del riconoscimento deve essere utilizzato in via eccezionale e alla luce delle circostanze di ciascun caso, ossia non in modo astratto per escludere il riconoscimento della filiazione quando, ad esempio, i genitori sono dello stesso sesso. Per essere negato, il riconoscimento dovrebbe essere manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico dello Stato membro in cui è richiesto perché, ad esempio, i diritti fondamentali di una persona sono stati violati in fase di concepimento, nascita o adozione del figlio oppure di accertamento della filiazione. Le autorità degli Stati membri non potrebbero quindi negare, per motivi di ordine pubblico, il riconoscimento di una decisione giudiziaria o di un atto pubblico che accertino la filiazione mediante adozione da parte di un uomo solo, o che accertino la filiazione nei confronti dei due genitori in una coppia dello stesso sesso per il solo motivo che i genitori sono dello stesso sesso.
Similmente, il certificato europeo di filiazione ha efficacia probatoria in tutti gli Stati membri. Ai sensi dell'articolo 53, infatti, esso produce i suoi effetti in tutti gli Stati membri senza che sia necessario ricorrere a procedimenti particolari e costituisce titolo idoneo per l'iscrizione della filiazione nel pertinente registro di uno Stato membro, al pari delle citate decisione giudiziaria o atto pubblico di accertamento della filiazione. Tuttavia, a differenza di queste, non si riscontra alcuna disposizione nella proposta che consenta il diniego degli effetti del certificato europeo di filiazione mediante l'invocazione della clausola dell'ordine pubblico. Sembrerebbe esservi pertanto un'incongruenza interna al testo normativo che, qualora non sanata, impedirebbe di invocare il motivo dell'ordine pubblico al fine di negare il riconoscimento di un certificato europeo di filiazione qualora tale filiazione sia manifestamente contraria all'ordine pubblico.
La proposta, pertanto, non rispetta i principi di sussidiarietà e di proporzionalità nella misura in cui consente di invocare il motivo dell'ordine pubblico solo caso per caso e in quanto non prevede di poterlo invocare per negare il riconoscimento del certificato europeo di filiazione. Inoltre, la proposta non prevede la possibilità per gli Stati membri di assicurare il pieno rispetto dei diritti dei figli mediante strumenti diversi da quello del riconoscimento delle decisioni giudiziarie, di atti pubblici o di certificati europei di filiazione, quale per esempio l'istituto dell'adozione in casi particolari, previsto dall'articolo 44, comma 1, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n. 184.
Appare quindi condizione essenziale che la proposta preveda esplicitamente la possibilità di invocare la clausola dell'ordine pubblico in via generale su tutti i casi di filiazione per maternità surrogata, a condizione di assicurare una tutela alternativa ed equivalente, quale quella del citato istituto dell'adozione in casi particolari, e che ciò valga esplicitamente anche con riguardo al certificato europeo di filiazione.
In particolare, con riguardo ai limiti evocati alla possibilità di negare un riconoscimento a motivo della manifesta contrarietà all'ordine pubblico, tra cui quello di procedere solo caso per caso, la Corte di cassazione, ha evidenziato "che solo un divieto così ampio è in grado, in via precauzionale, di evitare forme di abuso e sfruttamento di condizioni di fragilità", insite in ogni forma di surrogazione di maternità, che è da ritenersi sempre lesiva della dignità della gestante, ma anche potenzialmente dello stesso bambino. In questo senso, la Corte ha chiarito che, "di fronte a una scelta legislativa che tutela valori fondamentali non è consentito all'interprete ritagliare dalla fattispecie normativa, per escluderle dal raggio dell'operatività dell'ordine pubblico internazionale, forme di surrogazione che, sebbene vietate in Italia, non sarebbero [secondo tale interpretazione] in grado di vulnerare, per le modalità della condotta o per gli scopi perseguiti, il nucleo essenziale del bene giuridico protetto".
La Corte spiega che, a prescindere dalla modalità procreativa, il bambino nato ha il diritto fondamentale alla continuità del rapporto affettivo con entrambi i soggetti che hanno condiviso la decisione di farlo venire al mondo. In tal senso il bambino avrebbe certamente il diritto di essere allevato anche dalla madre che lo ha partorito, la quale potrebbe anch'essa voler svolgere la funzione materna. A ciò seguirebbe l'interesse del minore a un riconoscimento non solo sociale ma anche giuridico di tale legame con la madre gestante. La mancata attribuzione di una veste giuridica a tale rapporto non si limiterebbe alla condizione del genitore d'intenzione, che ha scelto un metodo di procreazione che l'ordinamento italiano disapprova, ma finirebbe con il pregiudicare il bambino stesso, il cui diritto al rispetto della vita privata si troverebbe significativamente leso.
In aggiunta, quanto al riconoscimento di sentenze straniere sul tema della maternità surrogata, la Corte ha sottolineato che non può esservi "arretramento del controllo sui principi essenziali della lex fori in materie che sono presidiate da un insieme di norme di sistema che attuano il fondamento della Repubblica". È stata così ribadita la necessità di un divieto assoluto di tale pratica, sottolineando, tra l'altro, come una valutazione caso per caso farebbe ricadere sull'ufficiale di stato civile la scelta relativa al riconoscimento della genitorialità intenzionale.
Infine, con riferimento all'articolo 51 della proposta, e al riferimento ivi contenuto alla legge applicabile all'accertamento della filiazione, si ritiene necessario che tale legge sia individuata con criteri stringenti, basati sulla residenza abituale pregressa, debitamente accertata, a tutela di entrambe le parti del rapporto coniugale, per esempio in caso di separazione di fatto con sottrazione del minore a uno dei genitori.
La presente risoluzione è da intendersi anche quale atto di indirizzo al Governo, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 234 del 2012.