Senato della RepubblicaXVIII LEGISLATURA
N. 33
Nota di lettura

Servizio del bilancio

A.S. 741: "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese" (Approvato dalla Camera dei deputati)

Riferimenti:

  • A.S. 741

Capo I
Misure per il contrasto al precariato

Articolo 1
(Modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato)

Il comma 1, lettera 0a), prevede che la disciplina del rapporto di lavoro subordinato non si applichi ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, qualora riguardi la collaborazione di operatori che prestano la loro attività l'attività nell’ambito del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, di cui alla legge n. 74 del 2001.

Le lettere a) del medesimo comma 1 modificano il decreto legislativo n. 81 del 2015.

Di seguito si fa riferimento al testo di tale decreto, come modificato.

L'articolo 19 del citato decreto legislativo è modificato nei seguenti termini.

I commi 1 e 2 dell'articolo 19 dispongono che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi (finora erano 36). Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  1. esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  2. esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.

Il comma 4 dell'articolo 19, come sostituito, dispone che, con l'eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l'apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione. L'atto scritto contiene, in caso di rinnovo, la specificazione delle esigenze di cui al comma 1 in base alle quali è stipulato; in caso di proroga dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi.

Viene poi inserito il comma 1-bis, che prevede che, in caso di stipula di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle causali di cui sopra, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi.

L'articolo 21 del decreto legislativo n. 81 del 2015 è modificato nei seguenti termini:

Il nuovo comma 01 consente il rinnovo del contratto solo a fronte delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1. Il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo e dal secondo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo 21, possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1.

Oltre a modifiche di coordinamento, il comma 1 reca la riduzione da 5 a 4 del numero delle proroghe del contratto a termine.

Viene poi modificato l'articolo 28 del decreto legislativo n. 81, prolungando da 120 a 180 giorni il termine per l'impugnazione del contratto a tempo determinato.

La RT, predisposta sulla base dei dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali relativi ai nuovi contratti a tempo determinato attivati dal 2014 al I trimestre 2018 e sulla base delle informazioni desunte dagli archivi dell'INPS, formula le seguenti ipotesi in relazione alle attivazioni di ciascun anno, ai fini della stima degli effetti derivanti dalla riduzione del limite massimo di durata dei contratti a tempo determinato:

  • n° annuo di contratti a tempo determinato attivati (al netto dei lavoratori stagionali, agricoli e P.A. e compresi i lavoratori somministrati) pari a 2 milioni, di cui il 4% (80.000) supera la durata effettiva di 24 mesi (elaborazioni su dati delle comunicazioni obbligatorie fornite dal Ministero del Lavoro);
  • numero di soggetti che non trova altra occupazione dopo i 24 mesi pari al 10% degli 80.000 di cui sopra, quindi 8.000;
  • retribuzione media mensile di 1.800 euro (rilevazione dall'osservatorio dei lavoratori
  • dipendenti);
  • ulteriore durata del contratto oltre i 24 mesi pari in media a 8 mesi;
  • durata della Naspi a normativa variata pari a 12 mesi a fronte dei 16 mesi previsti a normativa vigente.

Le retribuzioni mensili sono state rivalutate sulla base dei parametri contenuti nel Documento di Economia e Finanza 2018 deliberato in data 26 aprile 2018.

Ciò premesso, circa l'origine dell'assunto relativo ad una quota del 10% dei soggetti che, allo scadere dei 24 mesi di contratto, non troverebbero altra occupazione (gli 8.000 della RT), il Governo ha in un secondo momento rappresentato che i dati Uniemens mostrano che, al termine di un contratto di 24 mesi, la probabilità di essere disoccupato (diventare percettore di Naspi) è di circa il 23%, mentre al termine di un contratto di 36 mesi la probabilità dì rientrare tra i percettori di Naspi è del 33%. Questa maggiore probabilità di rimanere disoccupati si spiega con il fatto che il lavoratore non può essere più prorogato a tempo determinato presso la stessa azienda.

Si assume quindi che, a normativa vigente, il numero di lavoratori che al termine del contratto entrano in disoccupazione sia il più basso possibile. Di conseguenza, si ipotizza che tutti gli 80.000 lavoratori, che rappresentano il 4% dei 2 milioni di contratti a tempo determinato attivati in ciascun anno, entrino in disoccupazione con probabilità del 23% (il valore più basso delle stime di cui sopra).

Per valutare l'impatto delle nuove regole occorre altresì stimare quanti dei lavoratori, il cui contratto termina forzatamente a 24 mesi, fruiranno della Naspi. Assumendo che il numero di disoccupati sotto la nuova normativa sia il più grande possibile, è stata quindi attribuita a tutti gli 80.000 lavoratori una probabilità di disoccupazione del 33%, la più alta fra le stime di cui sopra, corrispondente all'uscita obbligatoria a 36 mesi.

La differenza tra le due stime prudenziali, quella a normativa vigente e quella a normativa variata, fornisce il numero di percettori di Naspi aggiuntivi che consegue dalla nuova normativa, pari appunto a 80.000 x (0,33 - 0,23) = 8.000.

Di seguito si riporta la tabella con gli effetti finanziari, per gli anni 2018-2028, derivanti dalla modifica normativa proposta, ottenuti altresì tenendo conto delle scadenze di pagamento dei contributi.

Oneri (-); risparmi (+) (importi in milioni di euro)

Anno

Numero soggetti interessati

Entrate contributive lordo fisco

Naspi

Di cui contr. figurativa

Oneri totali lordo fisco

Minori entrate contributive netto fisco

2018

3.300

-5,1

-12,1

-4,0

-17,2

-17,2

2019

8.000

-46,2

-79,7

-28,6

-125,9

-119,0

2020

8.000

-49,8

26,3

10,9

-23,5

-15,0

2021

8.000

-50,3

46,8

19,3

-3,5

-0,3

2022

8.000

-50,8

47,3

19,5

-3,5

-0,3

2023

8.000

-51,3

47,7

19,7

-3,6

-0,3

2024

8.000

-51,8

48,2

19,9

-3,6

-0,3

2025

8.000

-52,3

48,7

20,1

-3,6

-0,3

2026

8.000

-52,8

49,2

20,3

-3,6

-0,2

2027

8.000

-53,4

49,7

20,5

-3,7

-0,3

2028

8.000

-53,9

50,2

20,7

-3,7

-0,3

Al riguardo, dal punto di vista metodologico, va premesso che gli effetti di impatto sulla finanza pubblica considerati dalla RT vanno ricondotti nell'alveo dei cosiddetti effetti indiretti non automatici, coinvolgendo modificazioni comportamentali degli operatori.

Normalmente, al di fuori della sessione di bilancio, la valutazione degli effetti finanziari delle norme risulta limitata agli effetti diretti, ossia alle variazioni delle entrate e delle spese direttamente ascrivibili alle innovazioni normative e suscettibili quindi di incidere in via immediata e con ragionevole grado di certezza sulla finanza pubblica.

Sono assimilabili a tali variazioni quelle che, pur operando in via indiretta, sono in grado di prodursi con evidenti carattere di certezza ed automatismo per effetto dell’operatività della norma (“effetti indiretti automatici”). È il caso ad esempio di variazioni (in aumento o in riduzione) del gettito delle imposte dirette come conseguenza di modifiche (dello stesso segno) della spesa pubblica connessa a retribuzioni di dipendenti pubblici.

Una diversa considerazione meritano invece gli effetti di carattere indiretto che non conseguono alle norme in via automatica e predeterminabile (sia nell’an che nel quantum), ma risultano necessariamente “mediati” da modifiche nei comportamenti dei soggetti interessati o di variabili inerenti al quadro economico, indotte da cambiamenti del contesto legislativo di riferimento (c.d. “effetti indotti”).

Considerare gli effetti depressivi sul mercato del lavoro derivanti dalle modifiche in esame attraverso ipotesi inerenti ai comportamenti degli operatori non irrealistiche ma soltanto possibili, rientra chiaramente fra gli effetti indiretti non automatici, sul cui inserimento in sede di RT si sono sempre formulate perplessità, soprattutto al di fuori della sessione di bilancio, unica sede nella quale sono complessivamente ridefinite le interazioni tra quadro macroeconomico e finanziario e variabili legislative(1) .

In premessa, va ricordato che i rilievi riguardavano essenzialmente effetti indiretti di parziale autocopertura di provvedimenti onerosi, mentre nel caso in esame essi annettono effetti onerosi alla norma che vengono considerati con finalità di prudenzialità.

In ogni caso, le quantificazioni riportate dalla RT appaiono sostanzialmente corrette per quanto attiene al solo procedimento di determinazione dell'onere e quindi rispetto alla durata media dei contratti oltre i 24 mesi (e quindi della Naspi), alla retribuzione indicata, al riferimento reddituale per la Naspi (leggermente più contenuto per effetto dei tetti) mentre si formulano rilievi sulla platea individuata.

La RT indica in 80.000 i soggetti che hanno attualmente (ogni anno) un contratto a termine di durata maggiore di 24 mesi e inferiore o pari a 36 mesi (il limite massimo). Di questi 80.000, destinati ope legis a terminare il rapporto di lavoro al giungere del 24° mese, il 33% sarebbe destinato alla disoccupazione (tasso che si riscontra al termine di un contratto di 36 mesi) mentre attualmente lo stesso tasso è pari al 23%: non riscontrandosi obiettivamente altri motivi per giustificare tale differenza, appare ragionevole l'assunto che i 10 p.p. di differenza (8.000 soggetti) siano ascrivibili proprio alla prosecuzione dei rapporti di lavoro dopo i 24 mesi.

Va evidenziato che quelle citate sono percentuali che isolano gli effetti per i sottogruppi di occupati che raggiungono i limiti di durata dei contratti e da esse se ne deduce un effetto complessivo sull'economia. Tuttavia, per valutare l'effetto complessivo si dovrebbe considerare anche l'ipotesi di una sostituzione almeno parziale dei lavoratori che ne attenuerebbe la portata.

L'impatto di tale fenomeno sugli oneri stimati dalla RT appare chiaro. In termini di gettito contributivo l'effetto è proporzionale al tasso di sostituzione della forza lavoro coinvolta, mentre in termini di Naspi l'effetto risulterà inferiore (quindi le spese relative caleranno in maniera meno che proporzionale), in quanto solo una parte dei sostituti sarà attinta nell'ambito dei disoccupati percettori di Naspi, mentre tutti i sostituiti - per le stesse caratteristiche del rapporto di lavoro cessato al 24° mese - lo diverranno, come riportato dalla RT.

A tale proposito, il presidente dell'INPS nell'audizione svoltasi il 19 luglio u.s. presso le Commissioni in sede referente, oltre a ribadire il contenuto della RT e ad anticipare la puntualizzazione del procedimento seguito (poi fornita dalla RGS in sede di risposta ai rilievi del Servizio bilancio della Camera), ha affermato che l'assunzione a tempo indeterminato del lavoratore cessato al 24° mese o la sua sostituzione con altro lavoratore (le due fattispecie che determinerebbero una contrazione degli effetti stimati dalla RT) sarebbero scelte disincentivate dai relativi costi, il che risulterebbe supportato da un'ampia evidenza empirica, della quale viene proposta una breve bibliografia.

Senza entrare dettagliatamente nel merito della stessa, si osserva che essa appare in buona parte risalente e comunque relativa ad un'epoca caratterizzata oggettivamente da tutele lavoristiche maggiori di quelle esistenti, oppure riferita ad altre situazioni e comunque in contrasto con altra, rilevante letteratura(2) .

Inoltre, la RT omette di fornire indicazioni circa il destino lavorativo del primo gruppo di soggetti dopo il 1° anno dalla cessazione del rapporto a tempo determinato. Innanzitutto, seguendo lo status occupazionale dei soggetti in questione, appare ragionevole attendersi un progressivo calo del loro tasso di disoccupazione con il passare dei mesi o degli anni; infatti è presumibile che non tutti i soggetti entrino in disoccupazione permanente ma che una quota trovi col tempo un'altra collocazione lavorativa. Questo dovrebbe determinare una riduzione della platea a partire dal 2020.

A ben vedere poi, si tratta dell'unica platea da considerare poiché i successivi gruppi che entreranno in disoccupazione negli anni successivi troveranno compensazione con i gruppi che comunque sarebbero entrati in disoccupazione al termine dei trentasei mesi di lavoro.

Pertanto, vi dovrebbe essere una riduzione cumulata negli anni che dovrebbe tendere ad attenuare molto l'effetto iniziale sulla platea di soggetti interessati e non solo negli effetti fiscali netti come mostrato nella RT.

Infine, va evidenziato che il comma 2 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 81 del 2015 prevedeva e ancora prevede la possibilità per i contratti collettivi di derogare al limite massimo di durata. È ipotizzabile a tale proposito che parte dei contratti collettivi attualmente vigenti siano parametrati comunque sulla durata massima di 36 mesi, oppure su una durata inferiore. Almeno in una prima fase quindi si determinerebbe un'attenuazione degli effetti della nuova normativa perché derogata da limiti più ampi previsti da contratti collettivi vigenti oppure equivalente negli effetti a quanto già previsto dai contratti collettivi qualora essi abbiano già previsto durate inferiori.

In ordine ai nuovi rapporti di lavoro a termine attivati (circa 2 mln secondo la RT, al netto di stagionali, agricoli e PP.AA. e compresi i somministrati, sulla base delle informazioni fornite dal Ministero del lavoro), si rileva che l'omologo dato diffuso dall'INPS, relativo al 2017, fondamentalmente riferibile alla medesima platea, è pari a circa 4,5 milioni(3) . Circa tale discrasia il chiarimento fornito dal Governo appare esaustivo: i dati forniti dal Ministero del Lavoro utilizzati nelle stime si riferiscono alle coppie distinte datore di lavoro - lavoratore attivate nel corso dell'anno di riferimento e seguite per tutta la durata effettiva del rapporto. Diversamente il numero dei contratti a tempo determinato pubblicati nell'osservatorio sul precariato INPS si riferisce alle assunzioni avvenute nel corso dell'anno di riferimento.

Lo stesso Governo ha altresì confermato che gli effetti finanziari dinanzi descritti si riferiscono esclusivamente alla riduzione a 24 mesi della durata dei contratti e non anche alla reintroduzione delle causali (di fatto per i periodi compresi da 12 a 24 mesi). Questa scelta appare in realtà suscettibile di determinare una contrazione nel ricorso a tale tipologia di rapporto di lavoro, sia pur verosimilmente di ammontare contenuto e comunque non quantificabile ex ante.

Sempre rispondendo ai rilievi formulati dal Servizio bilancio della Camera il Governo ha fatto presente che la retribuzione teorica su cui è stata calcolata la Naspi è circa 1700 euro lorde mensili e che la sua durata media è stimata in 12 mesi con la nuova normativa e in 16 con quella previgente. Come anticipato, tali parametri sono condivisibili per effetto dei tetti vigenti.

Per quanto concerne le aliquote medie utilizzate per stimare gli effetti fiscali indotti, sono state cifrate in misura pari al 25% per il datore di lavoro, al 14% per il lavoratore a tempo determinato e al 9% per il percettore di Naspi.

Nulla da osservare sul punto.

Il comma 2 stabilisce che le disposizioni di cui al comma 1 (quindi le modifiche agli articoli 19, 21 e 28 del decreto legislativo n. 81) si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti a partire dal 31 ottobre 2018.

Il comma 3 esclude l'applicazione degli articoli 1, 2 e 3 del presente decreto-legge ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

La RT non si sofferma specificamente su tali disposizioni.

Al riguardo, si rileva che le modifiche apportate al comma 2 dalla Camera dei deputati, posticipando la decorrenza dell'efficacia del comma 1 e interagendo pertanto con esso, dovrebbero verosimilmente modificare anche gli effetti finanziari attesi, riducendone la portata nel 2018 e, più limitatamente, nel 2019. L'impianto dei rilievi formulati resta comunque invariato.


1) Cfr. CORTE DEI CONTI, Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture e sulle tecniche di quantificazione degli oneri - Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2016, p.50. "Si tratta infatti della esplicitazione di un modello dinamico di autocopertura, che - conviene ricordare - risulta tradizionalmente consentito in via di principio per la sessione di bilancio, che sostanzia una fase nella quale è doveroso - per il principio della veridicità del bilancio - registrare tutti gli effetti, diretti ed indiretti, della manovra, proprio in quanto è in atto la ridefinizione del quadro complessivo di finanza pubblica nelle sue molteplici e reciproche interazioni con il quadro macroeconomico. Si ricorda che l’adozione di simili metodologie ha di frequente comportato profili problematici per entrambi gli aspetti considerati (quantitativo e temporale). Ciò che ha indotto sempre a richiedere una elevata prudenza nel ricorrere a simili metodologie di autofinanziamento è, in particolare, soprattutto il timing del determinarsi degli effetti di retroazione, una volta che, come nel caso in esame, ne sono stati incorporati gli effetti nei saldi in via preventiva e non solo a consuntivo. Naturalmente, tali considerazioni valgono soprattutto per la quota di effetti di carattere non automatico (cd. “effetti indotti”), che sembra particolarmente rilevante nel caso in questione, riferendosi, la Relazione tecnica, all’operare delle variabili macroeconomiche del sistema. Sarebbe stato pertanto quanto mai utile rappresentare le motivazioni sottostanti alla componente automatica (effetti indiretti) e quella connessa all’operare di modifiche di comportamenti e decisioni a livello individuale (effetti indotti). Peraltro, si osserva che l’adozione di simili metodologie dovrebbe essere considerata anche nel caso opposto di manovre di segno restrittivo."

2) Per una rassegna delle principali conclusioni cui sono giunti studiosi e istituzioni internazionali come FMI, World Bank e OCSE, si rinvia al dossier dell'Ufficio valutazione impatto del Senato "Lavoro. La flessibilità del mercato aumenta l'occupazione? Cosa ci dicono teorie, studi e ricerche sulle riforme degli ultimi 20 anni".

3) INPS - Osservatorio sul precariato, report gennaio-dicembre 2017.

Articolo 1-bis
(Esonero contributivo per favorire l’occupazione giovanile)

I commi 1-3 riconoscono ai datori di lavoro privato, che negli anni 2019 e 2020 assumono lavoratori che non abbiano compiuto 35 anni di età con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti, per un periodo massimo di trentasei mesi, l'esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, nel limite massimo di importo pari a 3.000 euro su base annua. L'esonero spetta ai soggetti che alla data della prima assunzione incentivata non abbiano compiuto il trentacinquesimo anno di età e non siano stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro.

Non sono ostativi al riconoscimento dell'esonero gli eventuali periodi di apprendistato svolti presso un altro datore di lavoro e non proseguiti in rapporto a tempo indeterminato. Con decreto sono stabilite le modalità di fruizione dell’esonero.

Pertanto, la norma modifica implicitamente l’articolo 1, commi 100-108, della legge di bilancio per il 2018, estendendo alle annualità 2019 e 2020 l’esonero relativo all’assunzione di soggetti di età compresa tra 30 e 34 anni, prevista solo per il 2018 (il beneficio è invece a regime per gli infra-trentenni).

Il comma 5 incrementa il Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) nella misura riportata nella tabella riepilogativa proposta più sotto.

Il comma 4 provvede alla copertura degli oneri derivanti dai commi 1, 2 e 5 con le modalità riepilogate nella seguente tabella:

2019

2020

2021

2022

2023

2024

dal 2025

Oneri co. 1 e 2

31,83

111,52

162,62

134,02

54,32

3,23

Oneri co. 5 (FISPE)

6,97

0,48

2,88

16,38

6,08

44,37

46,8

Cop. Maggiori entrate co. 1 e 2

27,8

48,5

33,4

13,6

0,8

Cop. Quota maggiori entrate art. 9 co 6 -(PREU) sugli apparecchi per il gioco

38,8

84,2

117

117

46,8

46,8

46,8

Il comma 6 demanda all'INPS di provvedere al monitoraggio trimestrale degli oneri di cui ai commi 1 e 2 e di comunicare le relative risultanze al Ministero del lavoro e al Ministero dell’economia entro il mese successivo al trimestre di riferimento, anche ai fini dell’adozione delle eventuali iniziative da intraprendere ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009, in materia di copertura finanziaria delle leggi.

La RT, dopo aver illustrato l'articolo, descrive il procedimento adottato per pervenire alla quantificazione. Sulla base della distribuzione per età delle nuove assunzioni a tempo indeterminato che usufruiscono dell'esonero, previsto della legge n. 205 del 2017, nei primi mesi del 2018 si è ipotizzato:

  1. Un maggior numero di nuove assunzioni a tempo indeterminato (esclusi gli operai agricoli) per l'anno 2019 e per l'anno 2020, che potranno usufruire dell'esonero, pari a 31.200 giovani di età compresa tra i 30 anni e i 35 non compiuti;
  2. il numero di cui sopra è stato determinato sulla base del numero delle assunzioni con esonero dei primi cinque mesi del 2018, con età compresa tra i 30 e i 35 anni (pari a 11.300 rapporti), riportato ad anno ed integrato del 15% in linea con l'andamento rilevato per l'esonero biennale del 2016;
  3. un esonero contributivo medio di 2.650 euro calcolato considerando che circa il 39% delle assunzioni dei primi mesi del 2018 risultano inferiori al limite massimo di 3.000 euro su base annua con un esonero contributivo medio di circa 2.105 euro mentre il restante 61% avrà uno sgravio pari al limite massimo di 3.000 euro annui;
  4. per gli operai agricoli il maggior numero delle nuove assunzioni per gli anni 2019 e 2020 è pari a 230 soggetti, stimati tenendo conto delle risultanze sugli esoneri registrati nel 1° trimestre 2018 ed integrati del 20% per tener conto del ritardo fisiologico nell'aggiornamento degli archivi amministrativi. Per quanto riguarda le retribuzioni, queste si collocano per la quasi totalità sotto la soglia del limite di 3.000 euro, pertanto lo sgravio medio è di circa 970 euro. In via prudenziale e stante la peculiare normativa fiscale di cui gode il settore agricolo, non si sono considerati gli effetti di maggiori entrate fiscali a seguito della riduzione contributiva.

Nella tabella seguente sono riportati gli oneri di cassa relativi alla disposizione in esame:

Anni

Onere lordo fisco
(mln di euro)

Onere netto fisco
(mln di euro)

2018

0

0

2019

31,83

31,83

2020

111,52

83,72

2021

162,62

114,12

2022

134,02

100,62

2023

54,32

40,72

2024

3,23

2,43

2025 e successivi

0

0

Si fa presente che:

si è ipotizzato, dopo il riporto dei dati ad anno intero, un aumento del 15% per tener conto dell'incremento che può derivare dal fisiologico ritardo con cui si aggiornano gli archivi amministrativi;

confrontando i dati gennaio-aprile sull'esonero giovani dell'Osservatorio del precariato pubblicati a giugno 2018 con quelli dello stesso periodo pubblicati a luglio 2018 si rileva un incremento del 9,5%: quindi l'incremento dell'ultimo mese comune (aprile), pari al 18%, non può essere esteso a tutto il periodo. Inoltre è da considerare che l'incremento del 9,5% è connesso anche alla pubblicazione della circolare sugli esoneri a marzo 2018, producendo una variazione sui primi mesi;

esaminando l'esonero del 2016 si è rilevato che confrontando il riporto ad anno dei primi cinque mesi con l'effettivo valore annuale l'incremento è del 18%, valore che però risente della diversa natura in quanto limitato ad un solo anno e non strutturale;

per quanto riguarda l'utilizzazione dell'esperienza dell'esonero 2015 si fa presente che questo era radicalmente diverso da quello del 2018. Infatti:

  • non aveva limiti di età (contro gli attuali 35 anni dell'esonero 2018);
  • i requisiti di accesso erano meno restrittivi (nessun contratto a tempo indeterminato negli ultimi 6 mesi, ecc.) mentre nell'attuale normativa i soggetti non devono aver avuto in precedenza nessun rapporto a tempo indeterminato;
  • la misura era del 100% con un massimale a 8.060, mentre l'attuale misura è del 50% con il limite di 3.000.

Pertanto l'esperienza 2015 non risulta utilizzabile per le valutazioni relative ai nuovi accessi del 2019 e 2020 per i soggetti tra i 30 e i 35 anni, mentre per la stima risulta più coerente l'uso dei dati dei primi mesi del 2018.

Nei termini su esposti appare evidente che, seppur nell'incertezza di qualunque stima, la valutazione delle minori entrate contributive basata sui dati, per quanto parziali, del 2018, sia da preferirsi ad altre metodologie.

In relazione all'effetto fiscale indotto, si è utilizzata una aliquota fiscale del 25%.

Al riguardo, si ricorda che i commi 100 e 101 della legge n. 205 del 2017 prevedono sgravi contributivi permanenti per i giovani che non abbiano compiuto il 30° anno di età (anch’essi per la durata di 36 mesi e con un tetto massimo annuo di 3.000 euro)(4) . Pertanto la norma mira ad estendere ai soggetti di età compresa fra 30 e 35 anni tale agevolazione, limitatamente alle assunzioni del prossimo biennio.

Si fa presente che la RT relativa agli anzidetti commi della legge n. 205 del 2017 utilizzava i seguenti parametri:

un numero di nuove assunzioni a tempo indeterminato per l’anno 2018 pari a 350.000 giovani con età inferiore ai 35 anni, con un esonero contributivo medio di circa 2.315 euro, a fronte del massimale di 3.000 euro;

un numero di nuove assunzioni a tempo indeterminato per ciascuno degli anni successivi al 2018 pari a 290.000 giovani per il 2019 e a 300.000 dal 2020 con età inferiore ai 30 anni, con un esonero contributivo medio di circa 2.290 euro.

Dalle due ipotesi ne deriva che la stima relativa alle nuove assunzioni annue di soggetti fra i 30 e i 34 anni si sarebbe attestata fra le 50.000 e le 60.000 unità. La RT attuale, invece, sulla base degli andamenti riscontrati nei primi mesi dell'anno, ricalibra tale platea su circa 31.200 soggetti. Il supporto rappresentato da un primo dato di consuntivo induce a considerare valida, anche alla luce dell'integrazione del 15% del valore disponibile una volta proiettato sull'intero anno, la stima della platea suggerita dalla presente RT.

Ciò premesso, tuttavia, si evidenzia che l'onere appare sottostimato per circa 10 milioni di euro nel 2019, 15 milioni nel 2020 rispetto ai dati forniti per il suo calcolo e per valori ancora maggiori nel 2021-2022(5) . Andrebbe fornito un chiarimento per tale discrasia, potendosi solo ipotizzare che dipenda da una quota di licenziamenti o dimissioni della platea considerata.

Non vi sono ulteriori rilievi da formulare, rinviando l'analisi dell'idoneità della copertura individuata nell'articolo 9, comma 6, a quella svolta su tale disposizione.


4) La RT stimava minori entrate contributive lorde valutate in 314 milioni di euro per l’anno 2018, 1.029 milioni di euro per l’anno 2019, 1.709 milioni di euro per l’anno 2020, 2.111 milioni di euro per l’anno 2021, 2.047 milioni di euro per l’anno 2022, 2.060 per l’anno 2023. Gli effetti finanziari includevano anche l'esonero riconosciuto solo per il 2018 anche per i soggetti ultratrentennni ma infratrentacinquenni.

5) Infatti, trascurato il contributo degli operai agricoli, effettivamente marginale, un'annualità caratterizzata da un utilizzo pieno dello sgravio per tutta la platea potenziale (quindi la seconda annualità, nella quale gli assunti del primo anno saranno beneficiari per intero dell'agevolazione) presenta oneri pari a: 31.200 x 2.650 = 82,7 milioni di euro. A questi vanno aggiunti gli oneri correlati ai lavoratori che verranno assunti nel secondo anno (tale onere è identico a quello dei lavoratori assunti nel primo anno, in relazione al 2019). Ovviamente le assunzioni di tali lavoratori si distribuiranno nel corso dell'anno e saranno accompagnate da agevolazioni parziali, parametrate ai mesi di lavoro effettivamente svolti. Quindi, distribuendo linearmente le assunzioni (2.600 al mese) e attribuendo ad ogni classe mensile uno sgravio contributivo rapportato alla durata della prestazione lavorativa (quindi 2.650 per gli assunti a gennaio, per scendere progressivamente fino ad attingere quota 220 euro circa per gli assunti a dicembre), ne deriva un onere annuo valutabile in circa 45,6 milioni. Tale valore eccede di circa 10 milioni la stima relativa al 2019 e, sommato agli 82,7 milioni sopra indicati, suggerisce un onere per il 2020 di circa 128 milioni di euro, a fronte dei quasi 112 milioni stimati dalla RT.

Articolo 2
(Modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro)

Il comma 01, intervenendo sull'articolo 29, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 81 del 2015, esclude dal campo di applicazione della disciplina del lavoro a tempo determinato, recata dal Capo III del medesimo decreto legislativo, anche i rapporti instaurati per la fornitura di lavoro portuale temporaneo di cui all’articolo 17 della legge n. 84 del 1994.

La RT non considera il comma.

Al riguardo, nulla da osservare.

Il comma 02, sostituendo l’articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, dispone che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore e fermo restando il limite disposto dall'articolo 23 del decreto legislativo citato, in materia di numero complessivo dei contratti a tempo determinato, il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non possa eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del suddetto contratto (con un arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5). Esclude l’applicazione dei suddetti limiti quantitativi per la somministrazione di lavoro a tempo determinato, relativamente ai lavoratori in mobilità, ai soggetti disoccupati che beneficiano, da almeno sei mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e ai lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati.

La RT sottolinea la natura ordinamentale della disposizione.

Al riguardo, nulla da osservare.

Il comma 1, sostituendo il primo periodo del comma 2 dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 81 del 2015, assoggetta il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore in caso di assunzione a tempo determinato alla disciplina di cui al capo III (Lavoro a tempo determinato), con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2 (che dispone che qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato), 23 (concernente il numero complessivo dei contratti a tempo determinato) e 24 (relativo ai diritti di precedenza per le assunzioni a tempo indeterminato presso le aziende cui ha prestato lavoro).

La RT si limita a sintetizzare la disposizione.

Al riguardo, nulla da osservare.

Il comma 1-bis introduce l’articolo 38-bis nel decreto legislativo n. 81 del 2015, in materia di somministrazione fraudolenta. La novella prevede che, ferme restando le sanzioni previste dalla normativa vigente in caso di violazione di norme in materia di somministrazione di lavoro (di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 276 del 2003), quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore siano puniti con un’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione

Il comma 1-ter precisa che, nell’ambito del contratto di somministrazione, la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, con riferimento ai limiti di durata, alle causali ed ai presupposti per i rinnovi e le proroghe, alla forma del contratto, al termine di decadenza per l'impugnazione del contratto medesimo, con le modifiche previste dal decreto in esame, trovino applicazione soltanto nei confronti dell’utilizzatore.

La RT, oltre ad evidenziare il carattere ordinamentale del comma 1-ter, afferma che il comma 1-bis comporta maggiori entrare per la finanza pubblica, in ragione del nuovo regime sanzionatorio ivi previsto.

Al riguardo, premesso che le norme hanno sostanzialmente rilievo ordinamentale e che non erano stati ascritti effetti finanziari alle norme oggetto delle presenti modifiche, non vi sono di per sé rilievi da formulare. Andrebbe comunque chiarita la loro incidenza sugli effetti finanziari delle norme di cui all'articolo 1 del presente decreto-legge, relative al lavoro a tempo determinato, stante l'assoggettamento alla sua disciplina del rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore in caso di assunzione a tempo determinato.

Articolo 2-bis
(Disposizioni per favorire il lavoratore nell'ambito delle prestazioni occasionali)

L’articolo, introdotto dalla Camera dei deputati, modifica la disciplina delle prestazioni occasionali, contenuta nell’articolo 54-bis del decreto-legge n. 50 del 2017.

Il comma 1 prevede quanto segue:

  • la lettera a) stabilisce che, per usufruire del già previsto computo al 75% dei compensi per prestazioni di lavoro occasionali rese da determinati soggetti ai fini del limite di 5.000 euro annuali, i prestatori debbano autocertificare la propria condizione all’atto della registrazione presso la piattaforma informatica INPS (presso cui gli utilizzatori e i prestatori, ai fini dell'accesso all'istituto delle prestazioni occasionali, sono già obbligati a registrarsi);
  • la lettera b) introduce nel settore agricolo l’obbligo per il prestatore di autocertificare la non iscrizione, nell’anno precedente, negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli;
  • la lettera c) prevede che, per le attività rese dai soggetti di cui al comma 8 dell’articolo 54-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 (titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità, giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi, disoccupati o percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito), il divieto di ricorrere al contratto di prestazione occasionale non si applichi alle aziende alberghiere e alle strutture ricettive che operano nel settore del turismo e che hanno alle proprie dipendenze fino a otto lavoratori;
  • la lettera d) dispone che, ferma restando la responsabilità dell’utilizzatore, ciascun utilizzatore possa versare le somme dovute per l’attivazione del contratto di prestazione occasionale anche attraverso un consulente del lavoro. Inoltre, viene specificato che l'1% degli importi versati è destinato al finanziamento degli oneri gestionali a favore dell’INPS;
  • la lettera e) amplia il novero dei soggetti che sono tenuti a comunicare la data di inizio e il monte orario complessivo presunto, comprendendovi non solo l’imprenditore agricolo (come attualmente previsto), ma anche l’azienda alberghiera o la struttura ricettiva che opera nel settore del turismo, nonché gli enti locali, estendendo altresì per i medesimi soggetti l’arco temporale di riferimento della durata della prestazione, che non deve essere superiore a 10 giorni (in luogo dei 3 attualmente previsti); inoltre, in conseguenza di ciò, specifica che, nel settore agricolo, le quattro ore continuative di prestazione sulla cui base si comunica il compenso pattuito vanno riferite all’arco temporale così modificato, ossia di 10 giorni;
  • la lettera f) dispone che, su richiesta del prestatore (espressa al momento della registrazione) e in luogo delle modalità di pagamento attualmente previste, il pagamento del compenso al prestatore può essere effettuato, decorsi 15 giorni dall'irrevocabilità della dichiarazione relativa alla prestazione lavorativa inserita nella procedura informatica, per il tramite di qualsiasi sportello postale (a fronte della presentazione di apposita documentazione). Gli oneri riferiti a tale modalità sono a carico del prestatore;
  • la lettera g) esclude per l’imprenditore agricolo l’applicazione della sanzione prevista in caso di violazione accertata di uno dei divieti di ricorso al contratto di prestazione occasionale, nel caso in cui la suddetta violazione derivi da informazioni incomplete o non veritiere contenute nelle autocertificazioni rese da talune tipologie di prestatori (titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità, giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi, disoccupati o percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione (REI) ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito).

La RT esclude la sussistenza di maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto gli obblighi o le attività ivi previsti sono posti a carico di soggetti privati (lett. a), b), d)), l'estensione dell'ambito soggettivo di applicazione riguarda solo le aziende alberghiere e le strutture ricettive, risolvendosi pertanto in un incremento non significativo della platea di utilizzatori (lett. c)), gli adempimenti sulla comunicazione preventiva si riducono all'indicazione di ulteriori dettagli (lett. e)), gli oneri per la riscossione dei compensi presso gli sportelli postali sono posti ad esclusivo carico del prestatore di lavoro (lett. f)).

Al riguardo, preso atto dei chiarimenti forniti dalla RT e rilevato che il complesso delle disposizioni in esame mira ad un contenuto ampliamento dell'ambito applicativo della vigente disciplina del lavoro occasionale (destinato comunque a restare confinato nell'ambito di piccole imprese) e che ad essa non erano stati ascritti effetti per la finanza pubblica, non vi sono osservazioni da formulare.

Articolo 3
(Indennità di licenziamento ingiustificato e incremento contribuzione contratto a tempo determinato)

Il comma 1 eleva i limiti minimi e massimi di mensilità da corrispondere al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, portandoli rispettivamente da 4 a 6 e da 24 a 36.

La RT esclude che la disposizione comporti oneri sui saldi di finanza pubblica.

Al riguardo, nulla da osservare, trattandosi di trasferimenti finanziari tra privati, non soggetti inoltre a imposizione fiscale o contributiva.

Il comma 1-bis introdotto durante l’esame parlamentare modifica i limiti minimo e massimo del numero di mensilità che il datore di lavoro può offrire al lavoratore come somma pattuita in sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza(6) derivante dal rapporto di lavoro che si intende concludere. La disposizione, contenuta nell’articolo 6 del D.Lgs. n. 23 del 4 marzo 2015(7) , viene modificata incrementando da 2 a 3 il numero minimo di mensilità da corrispondere al lavoratore come offerta di conciliazione e da 18 a 27 il numero massimo delle medesime mensilità. L’importo in questione, offerto dal datore di lavoro, non costituisce reddito imponibile ai fini IRPEF e non è assoggettato a contribuzione previdenziale.

La RT integrativa presentata dal Governo, in relazione all'emendamento 3.18 dalla cui approvazione origina la disposizione in commento, fornisce dati, provenienti dal Ministero del Lavoro, sulla cui base stima una perdita di gettito a titolo di IRPEF di competenza annua di circa 1,08 mln di euro(8) ed una connessa perdita per addizionale regionale e comunale rispettivamente di 0,05 e di 0,02 mln di euro. In particolare evidenzia che il numero annuo di soggetti che accetta la conciliazione è di circa 1.200 unità per un importo medio erogato mensile di 1.000 euro. Ipotizza che 1/3 di tali soggetti sia interessato dalla norma; in particolare stima che circa 400 soggetti rappresentino coloro che annualmente accettino la proposta di conciliazione, ipotizzata, a fini prudenziali per 9 mensilità. Supponendo un importo medio di mensilità erogato di 1.000 euro ed un’aliquota marginale media del 30%, stima la citata perdita di gettito a titolo di imposte dirette ed addizionali, il cui andamento finanziario, tenendo conto del fatto che la norma entrerà in vigore per una sola parte dell’anno 2018(9) , è rappresentato nella tabella sottostante.

(milioni di euro)

2018

2019

2020

2021

IRPEF

-0,27

-1,08

-1,08

-1,08

Addizionale regionale

0,00

-0,02

-0,05

-0,05

Addizionale comunale

0,00

-0,01

-0,03

-0,02

Totale

-0,27

-1,11

-1,16

-1,15

La RT conclude evidenziando che l’emendamento è privo della necessaria copertura finanziaria.

Con nota RGS del 31 luglio 2018 (prot.n. Rif. 186140/2018) nel trasmettere la relazione tecnica relativa agli emendamenti approvati, per la disposizione in commento è stata posta la condizione per la verifica positiva che all'emendamento 3.18, dopo il comma 1, sia inserito un ulteriore comma, al fine di prevedere la copertura finanziaria dell'onere come quantificato nell'allegata relazione tecnica da parte del Dipartimento delle finanze:

"1-ter. Agli oneri derivanti dal presente comma valutati in 270.000 euro per l'armo 2018, in 1.110.000 euro per l'anno 2019, in 1.160.000 euro per l'anno 2020 e in 1.150.000 euro annui a decorrere dall'anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio."

Al riguardo si rammenta che la relazione tecnica annessa alla norma originaria, contenuta nel citato D.Lgs. n. 23 del 2015, osservava:

  • che l’offerta di conciliazione è applicabile solo ai neo-assunti e che la non imponibilità fiscale e contributiva dà luogo a rinuncia a maggior gettito;
  • che la legislazione vigente prevede per analoghe fattispecie di conciliazione l'assoggettamento a tassazione separata con ciò potendosi determinare un effetto di sostituzione di tutte le nuove offerte rispetto a quelle vigenti;
  • pertanto tale ultima circostanza implicava una verosimile riduzione delle conciliazioni assoggettate ad imposta nel tempo, determinando conseguentemente un minor gettito che era stato stimato crescente negli anni dal 2015 a 2024 (per effetto della sostituzione totale nel tempo)(10) .

Si osserva che la quantificazione associata all’emendamento approvato, basata su dati forniti dal Ministero del lavoro, utilizza di fatto dati non riscontrabili; in particolare: la stima di 1/3 dei soggetti interessati dalla norma, le 9 mensilità che rappresentano il periodo connesso alla proposta di conciliazione, l’importo medio di mensilità fatto pari a 1.000 euro(11) .

Si evidenzia inoltre che la nuova quantificazione non sembra ripercorrere l'approccio metodologico di quella associata all'art. 6 del D.Lgs. n. 23 del 2015, di cui invece dovrebbe rappresentare una integrazione. Infatti la relazione tecnica originaria aveva prudenzialmente ipotizzato una sostituzione di tutte le nuove offerte rispetto a quelle vigenti, quantificando in tal modo un impatto finanziario negativo crescente negli anni, mentre la quantificazione in commento ipotizza un valore costante nel tempo di minor gettito a titolo di IRPEF ed addizionali pari a complessivi 1,15 mln di euro a regime.

In relazione alle richiamate differenze nei criteri di stima utilizzati nelle RT predette appaiono opportune maggiori informazioni al fine di poter riscontrare il carattere prudenziale della quantificazione all'esame.

Il medesimo comma 1-bis, approvato dalla Camera dei deputati per recepire la condizione posta dalla Commissione bilancio, provvede alla copertura delle minori entrate derivanti dal presente comma, valutate in 0,27 milioni di euro per l’anno 2018, in1,11 milioni di euro per l’anno 2019, in 1,16 milioni di euro per l’anno 2020 e in 1,15 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1,lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n.185.

Al riguardo, posto che la disposizione di copertura recepisce una condizione posta dalla Ragioneria dello Stato nel corso dell'esame in prima lettura, andrebbe solo confermato che la ridotta misura dell'onere è sostenibile in riduzione del Fondo sociale senza pregiudicare gli interventi programmati.

Il comma 2 aumenta di 0,5 punti percentuali il contributo di cui all'articolo 2, comma 28, della legge n. 92 del 2012 (attualmente pari all'1,40%), da corrispondere in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione. Con una modifica apportata dalla Camera dei deputati è stata esclusa l'applicazione di tale incremento contributivo ai rinnovi dei rapporti di lavoro domestici.

La RT, riferita al testo iniziale, rappresenta che le valutazioni della stima degli effetti finanziari di tale comma, in assenza di informazioni puntuali riguardanti il numero e la durata media dei rinnovi per singolo contratto a tempo determinato attivato in ciascun anno, sono state formulate sulla base delle seguenti ipotesi:

  1. n° annuo di contratti a tempo determinato attivati (al netto dei lavoratori stagionali, agricoli e P.A. e compresi i lavoratori somministrati) pari a 2 milioni (elaborazioni su dati delle comunicazioni obbligatorie fornite dal Ministero del Lavoro);
  2. n° medio rinnovi per ciascun contratto pari a uno;
  3. percentuale di rinnovi pari al 75% sulla base delle tendenze attuali e degli effetti dell'applicazione del decreto in oggetto;
  4. durata media del rinnovo pari a 5 mesi;
  5. retribuzione media mensile di 1.800 euro;

La RT precisa poi che l'incremento del contributo addizionale è stato stimato esclusivamente per i rinnovi contrattuali e non anche per le proroghe, conformemente a quanto indicato nella norma proposta.

Le retribuzioni mensili sono state rivalutate sulla base dei parametri contenuti nel Documento di Economia e Finanza 2018 deliberato in data 26 aprile 2018.

Nella tabella sono riportate le maggiori entrate derivanti dalla proposta di modifica normativa in esame, ottenute considerando le scadenze di pagamento dei contributi.

Anno

Numero di rinnovi

Maggiori entrate Maggiori entrate

contributive lordo fisco contributive netto fisco

2018

625.000

11,311,3

2019

1.500.000

68,658,3

2020

1.500.000

69,352,0

2021

1.500.000

70,052,5

2022

1.500.000

70,753,0

2023

1.500.000

71,453,5

2024

1.500.000

72,154,1

2025

1.500.000

72,954,7

2026

1.500.000

73,655,2

2027

1.500.000

74,455,8

2028

1.500.000

75,156,3

In rapporto all'esclusione dall'ambito applicativo della norma dei rapporti di lavoro domestici, la RT non rileva impatti per la finanza pubblica, in quanto nelle stime predisposte, vista la scarsa numerosità dei soggetti in questione (circa 1.700) e la specificità della tipologia di lavoro, non sono stati previsti effetti finanziari per i lavoratori domestici con contratto a tempo determinato nell'ipotesi di una piena sostituzione tra i lavoratori stessi.

Al riguardo, si osserva che la quantificazione risulta corretta, sulla base dei dati forniti e delle ipotesi formulate. In relazione a queste ultime, il Governo ha in un secondo momento fornito dei chiarimenti a supporto della percentuale di rinnovi indicata dalla RT, pari al 75%, precisando che tale valore è desumibile dalla serie storica dei dati forniti dal Ministero del lavoro, dai quali si evince un trend in diminuzione del numero dei rinnovi rispetto alle attivazioni. In particolare, sulla base di un tasso di mancato rinnovo pari al 28% per la generazione 2014 e al 22% per la generazione 2015, la RT ha ipotizzato che mediamente il 25% dei rinnovi, che cadono oltre il secondo anno, vengano meno.

Giova comunque ricordare che l'attuale contributo dell'1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali ha garantito nel 2016 un gettito di circa 317,4 milioni di euro(12) . Si fa presente infine che gli effetti sui saldi, come registrati nell'apposito prospetto, risentono ovviamente dei criteri di contabilizzazione dei diversi flussi generati dalla misura in esame e degli effetti fiscali indotti (ma automatici). In particolare, sul SNF la misura impatta in termini di minori spese correnti, in quanto registra la riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato all'INPS in misura pari all'incremento del gettito contributivo atteso per l'INPS.

Per quanto concerne l'esclusione dall'applicazione del contributo aggiuntivo per i rapporti di lavoro domestici, non si ritiene del tutto persuasiva la spiegazione fornita dalla RT circa l'assenza di effetti sulla quantificazione inizialmente predisposta, anche se l'ammontare della perdita di gettito contributivo dovrebbe essere contenuta.

La RT nella tabella seguente sono indicati gli effetti finanziari complessivi attesi dagli articoli 1 e 3:

Il segno meno indica effetti finanziari negativi (in milioni di euro)

Anno

Totale lordo fisco

Totale netto fisco

2018

-5,9

-5,9

2019

-57,3

-60,7

2020

45,8

37,0

2021

66,5

52,2

2022

67,2

52,7

2023

67,8

53,2

2024

68,5

53,8

2025

69,3

54,4

2026

70,0

55,0

2027

70,7

55,5

2028

71,4

56,0

Al riguardo, nulla da osservare, rappresentando la tabella in esame il riepilogo degli effetti separatamente scontati dalla RT in rapporto agli articoli 1 e 3, già oggetto della presente analisi.


6) Al fine di evitare il giudizio in sede giurisdizionale.

7) Che prevede che il datore di lavoro possa offre al lavoratore un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario.

8) Cioè: 400*9*1.000*30% = 1,08 mln di euro.

9) La RT stima per soli 3 mesi dell’anno 2018.

10) In particolare l’andamento del minor gettito, era il seguente: 2 mln di euro per il 2015, 7,9 mln di euro per il 2016, 13,8 mln di euro per il 2017, 17,5 mln di euro per il 2018, 21,2 mln di euro per il 2019, 24,2 mln di euro per il 2020, 27,6 mln di euro per il 2021, 30,8 mln di euro per il 2022, 34 mln di euro per il 2023 e 37,2 mln di euro a decorrere dal 2024.

11) Si ricorda che la disposizione riguarda i lavoratori operai, impiegati o quadri del settore privato.

12) Come risulta dal Rendiconto generale dell'INPS relativo al medesimo anno, Tomo II, pagina 143-

Articolo 3-bis
(Destinazione di quote delle facoltà assunzionali delle regioni all'operatività dei centri per l'impiego)

La norma dispone che per il triennio 2019-2021, le regioni destinino una quota delle proprie facoltà assunzionali, da definire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, al rafforzamento degli organici dei Centri per l’impiego di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, al fine di garantirne la piena operatività, secondo modalità definite con accordo da concludere in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano entro il 31 marzo di ciascun anno.

La RT afferma che la disposizione non determina effetti finanziari in quanto la quota di personale nuovo assunto da destinare ai Centri per l'impiego rientra nell'ambito delle facoltà assunzionali delle Regioni prevista a legislazione vigente, senza alcun incremento delle medesime.

Al riguardo, nel presupposto che la quota delle facoltà assunzionali delle regioni da destinare ai centri per l'impiego avvenga nel rispetto dei vincoli assunzionali imposti al fine del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e nel rispetto delle regole del pareggio di bilancio, non vi sono osservazioni da formulare.

Articolo 3-ter
(Relazione alle Camere)

L’articolo, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, impone al Ministro del lavoro e delle politiche sociali di riferire annualmente al Parlamento in merito agli effetti occupazionali e finanziari derivanti dall’applicazione delle disposizioni di cui al Capo I del provvedimento in esame.

La norma è priva di rilievo finanziario.

Capo I-bis
Misure finalizzate alla continuità didattica

Articolo 4
(Disposizioni in materia di diplomati magistrali e per la copertura dei posti di docente vacanti e disponibili nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria)

Il comma 1 stabilisce che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca debba dare esecuzione, entro 120 giorni dalla data di comunicazione, alle decisioni giurisdizionali che comportano la decadenza dei contratti, a tempo determinato o indeterminato, stipulati, fino al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame), presso le istituzioni scolastiche statali, con i docenti in possesso del titolo di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002.

Nel corso dell'esame in prima lettura, è stata approvata la soppressione della previsione iniziale in base alla quale la dilazione si applicava solo ai contratti stipulati entro la data di entrata in vigore del decreto-legge (14 luglio 2018), allo scopo di ricomprendere anche gli eventuali contratti che saranno stipulati nelle more dell’intervento delle decisioni giurisdizionali di merito.

La RT annessa al ddl iniziale afferma che il comma 1 ha carattere ordinamentale poiché si limita a disciplinare le modalità di esecuzione delle sentenze che definiranno nel merito i ricorsi proposti dai diplomati magistrali, prevedendo che l'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30 — che, come noto, concede alle pubbliche amministrazioni statali ed agli enti pubblici non economici il termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo, per completare le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro — trovi applicazione anche con riferimento all'esecuzione, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di quei provvedimenti giurisdizionali che caducheranno le decisioni, sia cautelari che di merito, che hanno reso possibile la stipula dei contratti di lavoro a tempo indeterminato.

In particolare, la RT precisa che rimangono immutati i limiti all'organico dei docenti posti dall'articolo 1, comma 201, della legge n. 107 del 2015, nonché le vigenti facoltà assunzionali, che la medesima legge fissa in misura pari alla copertura di tutti i posti vacanti e disponibili, autorizzati per la relativa copertura.

Né è possibile che la norma comporti la stipula di contratti di lavoro in esubero rispetto all'organico, poiché su ciascun posto sarà comunque possibile la nomina di un solo docente.

Pertanto, la RT certifica che la norma non comporta in sé nuovi o maggiori oneri per le finanze pubbliche.

Al riguardo, ivi trattandosi di disposizione avente rilievo ordinamentale, non ci sono osservazioni.

Nel corso dell'esame in prima lettura, si è inserito il comma 1-bis, in cui si prevede che al fine di salvaguardare la continuità didattica per l’anno scolastico 2018/2019, il Ministro dell’istruzione provvede, sempre nell’ambito e nei limiti dei posti vacanti e disponibili, a dare esecuzione alle decisioni giurisdizionali di cui al comma 1: a) trasformando i contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati con i docenti di cui al comma 1 in contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale fissato al 30 giugno 2019; b) stipulando, in luogo della supplenza annuale in precedenza conferita, un contratto a tempo determinato con termine finale non posteriore al 30 giugno 2019.

Ai commi 1-ter, 1-quater, si è quindi apportata una nuova disciplina per la copertura dei posti, in particolare, della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, ivi prevedendosi che il 50 per cento dei posti di docente vacanti e disponibili, ivi compresi quelli destinati al "potenziamento" e al sostegno, nella scuola dell’infanzia e in quella primaria, siano coperti, annualmente, e sino al loro esaurimento, attingendo alle graduatorie ad esaurimento di cui all’articolo 1, comma 605, lettera c) della legge finanziaria 2007( comma 1-ter), mentre il restante 50 per cento dei posti siano invece coperti, annualmente, mediante lo scorrimento delle graduatorie di merito alla procedure concorsuali ivi indicate alle lettere a)-c) ed attribuendo priorità a quella di cui alla lettera a) del comma 1-quater.

Il comma 1-quater prevede quindi le seguenti procedure concorsuali: a) concorsi banditi nell’anno 2016, limitatamente a coloro che hanno raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando, sino al termine di validità delle graduatorie medesime, fermo restando il diritto all’immissione in ruolo per i vincitori del concorso; b) concorso straordinario, bandito in ciascuna regione al quale, al netto dei posti di cui alla lettera a), è destinato il 50 per cento dei posti di cui all’alinea sino a integrale scorrimento di ciascuna graduatoria regionale; ciascuna graduatoria regionale è soppressa al suo esaurimento; c) concorsi ordinari per titoli ed esami, banditi, con cadenza biennale, ai quali sono destinati al netto dei posti di cui alla lettera a), il 50 per cento dei posti vacanti e disponibili di cui all’alinea e comunque i posti rimasti vacanti a seguito dell’espletamento delle procedure di cui alle lettere a) e b).

Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è autorizzato a bandire il concorso straordinario di cui al comma 1-quater, lettera b), in deroga alle ordinarie procedure autorizzate che rimangono ferme per le successive immissioni in ruolo, in ciascuna regione e distintamente per la scuola dell’infanzia e per quella primaria, dei posti comuni ivi compresi quelli di potenziamento e di sostegno. E' previsto che il concorso è riservato ai docenti in possesso, alla data prevista dal bando per la presentazione della domanda, di uno dei titoli ivi indicati alle lettere a)-c)(13) del comma 1-quinquies.

Si è poi stabilito che alla procedura concorsuale relativa ai posti di sostegno possano partecipare esclusivamente i docenti già in possesso di uno dei titoli di cui alle lettere a) e b) del comma 1-quinquies, nonché dello specifico titolo di specializzazione sul sostegno conseguito ai sensi della normativa vigente o di analogo titolo di specializzazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente (comma 1-sexies) e che ciascun docente possa partecipare al concorso di cui al comma 1-quinquies in un’unica regione per tutte le tipologie di posto per le quali sia abilitato o specializzato (comma 1-septies).

Il dispositivo ha inoltre stabilito i criteri di attribuzione dei punti per l'inserimento nelle graduatorie di merito regionali relative al concorso di cui al comma 1-quinquies , ivi prevedendo i titoli valutabili a tal fine, (comma 1-octies), prevedendo che i contenuti obbligatori del bando di concorso, nonché i termini e le modalità di presentazione delle domande, i titoli valutabili, le modalità di espletamento della prova orale, i criteri di valutazione dei titoli e della prova, nonché la composizione delle commissioni di valutazione e la misura del contributo idonea, siano disciplinati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Si prevede che l’entità del contributo da porre a carico dei concorrenti debba risultare tale da consentire la copertura integrale, unitamente alle risorse a tal fine iscritte nello stato di previsione del Ministero, degli oneri per l’espletamento delle procedure concorsuali (comma 1-nonies).

Infine, è stato previsto che l’immissione in ruolo a seguito dello scorrimento di una delle graduatorie di cui al comma 1-quater comporti la decadenza dalle altre graduatorie di cui al medesimo comma nonché dalle graduatorie di istituto e dalle graduatorie ad esaurimento di cui all’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296(comma 1-decies).

In ultimo è stabilito che per la partecipazione alle procedure concorsuali di cui al comma 1-quater, lettere b) e c), continui ad applicarsi la norma sui diritti di segreteria posta a carico dei concorrenti, il cui ammontare è stabilito nei relativi bandi e che le somme riscosse ai sensi del comma 111, che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai pertinenti capitoli di spesa della missione «Istruzione scolastica» dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per lo svolgimento della procedura concorsuale (comma 1-undecies).

La RT conferma che il comma 1-bis ha carattere ordinamentale poiché si limita a disciplinare le modalità di esecuzione delle sentenze che dovessero definire nel merito i ricorsi proposti dai diplomati magistrali.

In particolare, ribadisce che rimangono immutati i limiti all'organico dei docenti posti dall'articolo 1, comma 201, della legge n. 107 del 2015, nonché le vigenti facoltà assunzionali, che la medesima legge fissa espressamente in misura pari alla copertura di tutti i posti vacanti e disponibili.

Né è possibile che la disposizione comporti la stipula di contratti di lavoro in esubero rispetto all'organico, poiché su ciascun posto sarà comunque possibile la nomina di uno e un solo docente.

Pertanto, conclude che la norma non comporta nuovi o maggiori oneri per le finanze pubbliche.

Poi, certifica che le altre norme, sulla falsariga di quanto già previsto dall'articolo 17, comma 2, lettera b), e commi 3-6 del decreto legislativo n. 59 del 2017, per la scuola secondaria, istituiscono un nuovo canale di reclutamento per il personale docente della scuola dell'infanzia e primaria.

Conferma poi che nulla muta con riguardo alle facoltà assunzionali, né con riferimento alla procedura autorizzatoria per le assunzioni. Non è prevista la procedura autorizzatoria per il bando unicamente perché, essendo il nuovo concorso preordinato alla costituzione di una graduatoria a esaurimento, il bando non recherà il numero dei posti. Tutto ciò in esatto parallelismo a quanto previsto dalla legge per la scuola secondaria, come già attuato.

Evidenzia poi che le norme comportano oneri, quindi, unicamente per lo svolgimento del concorso, principalmente per la remunerazione delle commissioni.

Precisa che si tratta, comunque, di oneri inferiori a quelli che si sosterrebbero al medesimo fine, per la copertura degli stessi posti, qualora si continuasse a dare integrale attuazione, per tutti i posti, alle procedure di reclutamento previste dall'articolo 400 del Testo Unico della scuola.

Queste ultime, infatti, prevedono lo svolgimento anche di una prova scritta, mentre il nuovo concorso si limita a prevedere la sola prova orale, comportando quindi minori spese.

In ogni caso, la relazione specifica che il decreto di cui al comma 1-nonies determinerà l'ammontare del contributo chiesto per la partecipazione al concorso, in misura tale da consentire la copertura integrale degli oneri, unitamente alle risorse a tal fine iscritte nello stato di previsione del Ministero. Si darà adeguata dimostrazione della congruità del contributo e delle risorse in sede di proposizione del decreto di cui al citato comma 1-nonies agli organi di controllo.

Sul comma 1-decies afferma che non comporta nuovi oneri, ma entrate allo stato non quantificabili, destinate alla copertura delle spese relative alle procedure concorsuali.

Al riguardo per i profili di copertura del comma 1-bis, considerato anche che ai sensi dell'articolo 1, comma 366, della legge 232/2016 e successive integrazioni, e in attuazione dell'articolo 22 del decreto legge 24 aprile 2017 n. 50, l'intero organico di fatto del personale della docente e ATA della scuola, risulta esser stato consolidato nell'organico di diritto, previa provvisione di una idonea copertura finanziaria, e che la stessa legge prevede che i reclutamenti debbano avvenire su tutti i posti vacanti e disponibili, la disposizione non è suscettibile di determinare effetti finanziari aggiuntivi per la finanza pubblica, dovendo ritenersi che gli stessi siano già scontati dai tendenziali di spesa a legislazione vigente in quanto disposti a carico delle sole posizioni vacanti e disponibili. Pertanto, non ci sono osservazioni.

In relazione al dispositivo concorsuale speciale di cui ai commi 1-ter–1-decies, occorre considerare che esso esplicherà i suoi effetti a valere di soli posti "vacanti e disponibili" in organico della scuola, ragion per cui le norme non presentano sotto tale profilo alcuna criticità.

Ad ogni modo, in merito ai profili di quantificazione, premesso che le norme sono volte a risolvere definitivamente il problema dei docenti precari non laureati della scuola primaria e dell'infanzia, assicurando loro la prosecuzione del rapporto a tempo determinato e, nel contempo, prevedendo procedure ad hoc riservate (comma 1-quater-1-quinquies), per pervenire alla loro progressiva immissione in ruolo nei reclutamenti dei prossimi anni, andrebbero richiesti i dati delle platee da considerare a tal fine ed i previsti posti vacanti e disponibili per le prossime annualità nella scuola dell'infanzia e primaria, tenendo conto - nel calcolo delle disponibilità - degli effetti che si prevedono a seguito delle cessazioni dal servizio attese nelle annualità del triennio 2019/2021.

Per quanto riguarda gli oneri di espletamento del concorso straordinario posto che ai sensi del comma 1-novies si prevede che i diritti richiesti per la partecipazione ai concorsi debbano essere determinati, assicurando l'integrale copertura delle spese che l'Amministrazione della pubblica istruzione dovrà sostenere, andrebbero richiesti puntuali elementi di quantificazione della spesa prevista, a partire dalla stima delle platee attese per ciascuna procedura e ai relativi ai fabbisogni che dovranno sostenersi, nonché, di conseguenza, la previsione, sia pure di massima, del contributo "unitario" che dovrà essere posta a carico dei concorrenti.

Occorre comunque sottolineare che l'articolo 17, comma 7, terzo periodo, della legge di contabilità prescrive che ogni qualvolta nuove norme interessino la scuola e l'organizzazione scolastica, nonché i correlati fabbisogni di risorse umane e strumentali, le RT di accompagnamento debbano essere complete delle ipotesi demografiche e di flussi migratori assunti per l'elaborazione delle previsioni della popolazione scolastica.


13) I titoli sono: a) titolo di abilitazione all’insegnamento conseguito presso i corsi di laurea in scienze della normazione primaria o di analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente purché i docenti in possesso dei predetti titoli abbiano svolto, nel corso degli ultimi otto anni scolastici, almeno due annualità di servizio specifico, anche non continuative, su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni scolastiche statali; b) diploma magistrale con valore di abilitazione o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente, conseguiti, comunque, entro l’anno scolastico 2001/2002 purché i docenti in possesso dei predetti titoli abbiano svolto, nel corso degli ultimi otto anni scolastici, almeno due annualità di servizio specifico, anche non continuative, su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni scolastiche statali valutabili come tali ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124 e successive modificazioni.

Articolo 4-bis
(Modifica in materia di contratti a termine nel settore scolastico)

L’articolo introdotto prima lettura, elimina il limite massimo complessivo di trentasei mesi previsto per la durata dei contratti a tempo determinato del personale della scuola previsto dal comma 131 della legge 107/2015 che è abrogato(14) .

La RT certifica che la disposizione di cui si propone la soppressione è stata adottata in conseguenza della sentenza 26 novembre 2014 della terza sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea (cd. sentenza "Mascolo") con la finalità di rendere compatibile l'ordinamento interno con la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE.

Sul punto, evidenzia che la citata sentenza, al paragrafo 79 della motivazione, spiega che «quando si è verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione».

Segnala che la Corte costituzionale (sentenza n. 187 del 2016) ne fa discendere che «è solo una la misura da applicare, purché presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela.», sottolineando che la Corte ha rilevato che la legge n. 107 del 2015 ha introdotto più di una misura volta a rimediare all'incompatibilità della legislazione italiana con l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, intervenendo per offrire un quadro di certezza alle procedure di assunzione con contratti a tempo indeterminato. All'articolo 1, comma 113, la novella dell'articolo 400 del decreto legislativo n. 297 del 1994, al fine di prevedere una cadenza periodica (triennale) per i concorsi e la loro indizione a copertura di tutti i posti vacanti e disponibili; all'articolo 1, comma 95, è stato previsto un piano assunzionale straordinario; all'articolo 1, comma 109, l'accesso ai ruoli anche mediante il ricorso alle graduatorie a esaurimento.

Sottolinea che la Corte costituzionale ha precisato che «tali misure sono fra loro alternative e che quindi si deve ritenere sufficiente l'applicazione di una sola di esse».

Evidenzia poi che lo stesso Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, art. 17 commi 1 e 2, ha confermato il rinnovato quadro normativo.

Ciò considerato, ne discende che l'abrogazione del solo comma 131 non ripristina la condizione di incompatibilità con l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Alla luce della lettura del dispositivo della sentenza Mascolo sopra richiamata, le "garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori" non possono consistere, per costoro, nella perdita di opportunità lavorative.

Inoltre, segnala che secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la risarcibilità del danno derivante dalla reiterazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi, resta subordinata alla fattispecie che la prestazione lavorativa sia stata svolta su posto vacante e disponibile in organico di diritto: restando preclusa la risarcibilità di una qualsivoglia reiterazione oltre i 36 mesi (vd, ad es. su posto in organico di "fatto"); ovvero, non sarebbe risarcibile una reiterazione dovuta all'intervallo tra una procedura concorsuale e la successiva, e pertanto in assenza di soggetti nelle condizioni prescritte dal legislatore italiano per l'immissione in ruolo a tempo determinato; ovvero, una reiterazione su posti diversi, purché si dimostri la regolarità delle procedure di immissione in ruolo.

Tale situazione è evitata tramite la previsione della regolarità del reclutamento, destinato proprio alla copertura dei soli posti vacanti e disponibili. La relazione sottolinea dunque che il comma 131, art. 1, della legge 13 luglio 2015, n. 107 risulterebbe, allora, "ultroneo" rispetto alla tutela da offrire.

In ultimo, rileva che la sua permanenza potrebbe, al contrario, alimentare nuovi contenziosi, anche di fronte alle sedi giurisdizionali europee, stante che la norma, nel bloccare ogni reiterazione di contratto a termine per lo stesso soggetto, pur in eventuale vacanza del posto, lede il soggetto idoneo ad ottenere supplenze su quel posto, con una conseguente incidenza sulla sfera reddituale del soggetto medesimo, anziché tutelarlo, realizzando in tal modo ma disposizione inversa rispetto a quanto statuito dal legislatore comunitario.

Pertanto, l'avvenuto innalzamento delle facoltà assunzionali del personale docente, ai sensi della legge n. 107 del 2015, sino al 100% dei posti vacanti e disponibili ai sensi delle leggi di bilancio per il 2017 e per il 2018, ha consentito di porre di fatto le basi per 1'azzeramento del precariato.

La RT certifica che il risultato è stato sostanzialmente raggiunto, con il concorso bandito a febbraio 2016, per complessivi 63.772 posti, con la saturazione dei posti vacanti e disponibili per la maggioranza delle classi di concorso.

Ciò comporta che dall'anno scolastico 2017/2018, si è significativamente ridotto il numero di docenti che hanno continuato a essere destinatari di contratto a tempo determinato su posti vacanti e disponibili.

Si tratta, comunque, di situazioni riconducibili al caso di cui alla clausola 5, punto 1, lettera a) dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato di cui alla direttiva 1999/70/CE, e per le quali non si dovranno riconoscere risarcimenti, sussistendo ragioni oggettive per la mancata copertura del posto (es. l'inesistenza di docenti abilitati in numero sufficiente sulla specifica classe di concorso).

Evidenzia che per tali motivi, il Ministero dell'istruzione ha segnalato che dal 2017/2018 in poi, le cause di risarcimento in conseguenza della reiterazione di contratti a tempo determinato potranno riguardare esclusivamente il personale ATA. Infatti, poiché il concorso è stato bandito a febbraio 2016 e le relative graduatorie sono divenute disponibili per 1'a.s. 2016/2017 o 2017/2018, a seconda della regione e classe di concorso, dal corrente anno si è già registrato il sostanziale azzeramento del nuovo contenzioso, a seguito della copertura dei posti con personale a tempo indeterminato.

Quanto alle risorse iscritte nel fondo di cui all'articolo 1, comma 132, della legge n. 107 del 2015, afferma che le stesse furono dimensionate, nella misura di 10 milioni per gli anni 2015, 2016 e di 2 milioni annui per il triennio 2017-2019, per le esigenze risarcitorie relative sia al personale docente, sia a quello ATA.

La circostanza che il fondo debba sopportare unicamente le richieste risarcitorie del personale ATA, libera di fatto risorse. Pertanto, la quantificazione di due milioni di euro operata in occasione del rifinanziamento del fondo risulta quindi esuberante rispetto alle reali necessità, stimabili come di seguito indicato.

Il risarcimento può riguardare solo la reiterazione dei contratti su posto vacante e disponibile (sentenza 16660-18 della Suprema Corte di Cassazione) e in alcuni anni, per il ritardo della definizione delle procedure assunzionali, si è provveduto unicamente alla definizione di contratti brevi sino all'arrivo dell'avente titolo, o al più di contratti sino al 30 giugno.

Traendo le conclusioni di questa riflessione, la RT certifica che proprio per questo, e sulla base del numero di contratti in ultimo stipulati su posto vacante e disponibile (contratti sino al 31 agosto), nonché tenuto conto che dopo 23 mesi e 16 giorni di servizio il personale può chiedere di iscriversi nelle graduatorie permanenti, utili per l'immissione in ruolo (misura risarcitoria idonea secondo la sentenza 22552-17 della Suprema Corte di Cassazione), il Ministero dell'Istruzione ha stimato che le richieste di risarcimento potranno crescere sino a un massimo di 500 all'anno, per un risarcimento liquidato sulla base di uno-due anni al più di reiterazione oltre il triennio.

In tal caso, la liquidazione del risarcimento si attesterebbe al minimo di 2,5 mensilità, per una spesa massima di 1,63 milioni annui (sentenza 5072-16 delle Sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione).

Pertanto, conclude evidenziando che, per quanto sopra, l'abrogazione del comma 131 non comporta nuovi o maggiori oneri.

Al riguardo, andrebbe confermato che il formale superamento del limite di 36 mesi che scaturisce dall'abrogazione del comma 131, non è suscettibile di determinare rischi di aumento del numero dei contenziosi promossi da parte dei lavoratori a t.d. del comparto scuola, ai fini del riconoscimento dell'anzianità economica "maturata" nei contratti a t.d. già stipulati, sia ai fini del diritto alla posizione stipendiale cui hanno diritto nel rapporto precario(15) , che al fine di conseguire l'immissione in ruolo ex officio in aggiunta a quelle previste dalle procedure ordinarie di reclutamento.

Va sottolineato che i risarcimenti in parola, sebbene non associati ad un capitolo di spesa obbligatoria per il bilancio(16) , configurano chiaramente degli oneri inderogabili per l'Amministrazione, interessando ai sensi dell'articolo 21, comma 5, lettera a) della legge di contabilità, diritti soggettivi perfetti, in quanto riconosciuti agli interessati con sentenza passata in giudicato(17) .

In ordine agli elementi forniti dalla RT, andrebbero richieste conferme in merito alla riconducibilità alle ragioni "oggettive" previste dalla clausola 5, punto 1, dell'accordo di cui alla direttiva 1999/70/CE, delle previste nuove assunzioni a tempo determinato (es. per mancanza docenti abilitati) che quindi escluderebbero conseguenze risarcitorie, anche se protratte oltre il limite ora abrogato dei trentasei mesi.

Le circostanze richiamate dalla RT al fine di comprovare un sovradimensionamento della previsione di 2 milioni di euro annui del Fondo per le annualità del triennio 2017/2019 rispetto ai reali fabbisogni prevedibili per le annualità 2018 e 2019, andrebbero supportate alla luce dei dati sul numero di casi di azioni di risarcimento registrate finora(18) , distintamente per la componente riferibile al personale docente e A.T.A..

Infine, in merito ai parametri adottati nella stima degli oneri risarcitori per il personale ATA ipotizzati dalla RT, va evidenziato che il parametro utilizzato di 2,5 mensilità stipendiali per ogni singola procedura è pari al minimo previsto dalla normativa(19) all'interno di una forbice che può arrivare ad un massimo di 12 mensilità. Andrebbe pertanto valutato il grado di prudenza di una stima che coincide con il minimo risarcibile, considerato pure che i criteri applicabili per la quantificazione sono, per espresso rinvio normativo, quelli indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966 che fa riferimento non solo all'anzianità di servizio, come sembra assumere la RT, ma anche al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, al comportamento e alle condizioni delle parti.

In merito sempre alla quantificazione data dalla RT, dovrebbe poi essere fornito l'importo della mensilità lorda prevista in media per le varie categorie del personale ATA, visto che la RT assume una retribuzione unitaria mensile pari a 1.250 euro, che però corrisponde alla sola figura professionale dei Collaboratori scolastici.

Ad ogni modo, sul punto va evidenziato che gli stanziamenti previsti dalla legislazione vigente risultano coperti per le sole annualità 2018 e 2019.


14) In seguito, con l’articolo 1, co. 375, della legge di bilancio 2017 (L. 232/2016) si era disposto che tale previsione si interpretava nel senso che i contratti di cui tenere conto per il computo della durata complessiva del servizio già maturato erano quelli sottoscritti a decorrere dal 1º settembre 2016.

15) La cd. ricostruzione di carriera ai fini del conseguimento dei benefici economici connessi all'anzianità di servizio maturata nei servizi prestati a t.d. è effettuata, ai sensi dell'articolo 485 e seguenti (Docenti) e 569 -570 (Personale ATA) del testo unico di cui al D.lgs. 297/1994, solo dall'anno successivo all'immissione in ruolo.

16) Il capitolo interessato è il n. 1251 dello stato di previsione del MIUR.

17) A tale proposito, va annotato che il dispositivo di cui al comma 132 della legge n. 107/2015, è formulato come limite massimo di spesa, nonostante la natura non rimodulabile degli oneri che ad esso fanno riferimento, per cui andrebbe valutata in questa sede l'opportunità di provvedere ad una rettifica della norma, riformulandola quale previsione di spesa e integrandola con l'esplicito richiamo alla procedura di monitoraggio di cui all'articolo 17, commi 12-12-quater, della legge di contabilità.

18) Dalla ricognizione dei dati contenuti, in riferimento al capitolo 1251, nel Rendiconto 2017 del MIUR, emerge che, in aggiunta ad una previsione di competenza di 2 milioni di euro, ad inizio dell'anno, risultavano in gestione anche 8,9 milioni di residui. Di questa dotazione complessiva, sono tuttavia confluiti in pagamento solo 1,08 milioni di euro, di cui 0,277 a valere dei residui perenti e 0,8 milioni in riferimento alla dotazione di competenza. Il capitolo ha inoltre registrato lo stralcio per perenzione di 1,6 milioni di euro di residui e la confluenza in "economia" di 2,09 milioni di euro. Per il corrente anno, ad una interrogazione al sistema DATAMART-RGS aggiornata con i dati al 30 luglio scorso, il capitolo 1251 non registrava alcun impegno a fronte della dotazione di competenza di 2 milioni di euro per il 2018. Cfr. MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, Dipartimento della R.G.S., Sistema Datamart-RGS, 1 agosto 2018.

19) Cfr. prima l'articolo 32, comma 5 della leggge 183/2010 e poi l'articolo 28, comma 2 del D.Lgs.. 81/2015, in vigore dal 25 giugno 2015.

Capo II
Misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali

Articolo 5
(Limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti)

Il comma 1 dispone che, fatti salvi i vincoli derivanti dai trattati internazionali, le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell'attribuzione del beneficio, decadono dal beneficio medesimo qualora l'attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata in Stati non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata. In caso di decadenza, l'amministrazione titolare della misura di aiuto, anche se priva di articolazioni periferiche, accerta e irroga, secondo quanto previsto dalla legge n. 689 del 1981, una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'aiuto fruito.

Il comma 2 introduce una disposizione di analogo tenore in rapporto agli aiuti concessi per l'effettuazione di investimenti produttivi in siti specificamente localizzati, nel caso in cui l'attività produttiva sia delocalizzata dal sito incentivato.

Il comma 3 demanda a ciascuna amministrazione, in relazione agli aiuti di propria competenza, la definizione dei tempi e delle modalità per il controllo del rispetto del vincolo di cui ai commi 1 e 2, nonché per la restituzione dei benefici fruiti in caso di accertamento della decadenza. Il comma inoltre dispone che l'importo del beneficio da restituire per effetto della decadenza è maggiorato di un interesse calcolato secondo il tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di erogazione o fruizione dell'aiuto, aumentato di cinque punti percentuali.

Il comma 4 conferma l'applicazione della disciplina previgente (inclusa quella di cui all'articolo 1, comma 60, della legge n. 147 del 2013) per i benefici già concessi o per i quali sono stati pubblicati i bandi, nonché per gli investimenti agevolati già avviati anteriormente al 14 luglio 2018.

Il comma 5 prevede l’applicazione dell'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo n. 123 del 1998 (in base al quale i crediti derivanti dalla restituzione dei benefici costituiscono privilegio dello Stato con conseguente applicazione del recupero mediante iscrizione a ruolo). Per gli aiuti di Stato concessi da amministrazioni centrali dello Stato, gli importi restituiti affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, nel medesimo importo, all'amministrazione titolare della misura e vanno a incrementare le disponibilità della misura stessa.

Il comma 5-bis riassegna le somme disponibili derivanti dalle sanzioni applicate ai sensi del presente articolo dalle amministrazioni centrali dello Stato, previo versamento ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, al Fondo di cui all’articolo 43, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008 (si tratta di un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, dove affluiscono le risorse ordinarie disponibili a legislazione vigente già assegnate al Ministero dello sviluppo economico in forza di Piani pluriennali di intervento e del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge n. 289 del 2002), destinandole al finanziamento di contratti di sviluppo ai fini della riconversione del sito produttivo in disuso a causa della delocalizzazione dell’attività economica, eventualmente anche sostenendo l’acquisizione da parte degli ex dipendenti.

Il comma 6 definisce, ai fini del presente decreto, la delocalizzazione come il trasferimento dell'attività economica specificamente incentivata o di una sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito, da parte della medesima impresa beneficiaria dell'aiuto o di altra impresa che sia con essa in rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

La RT, dopo averlo sintetizzata, afferma che l'articolo non comporta nuovi oneri per il bilancio dello Stato, in quanto verrà attuato da ciascuna amministrazione pubblica, che gestisce la misura di aiuto interessata, con le risorse umane e strumentali già dedicate alla misura stessa.

Inoltre, la RT esclude effetti di gettito (rappresentati dal recupero dell'aiuto indebitamente fruito e dall’eventuale sanzione amministrativa), avendo prudenzialmente assunto che i soggetti interessati rispettino la nuova condizione prevista per la fruizione delle agevolazioni (non incappando quindi nel meccanismo di restituzione dell'aiuto ricevuto). Sono esclusi rilievi finanziari anche in relazione al comma 5-bis, aggiunto dalla Camera dei deputati.

Al riguardo, preso atto dei chiarimenti forniti dalla RT e della legislazione vigente in tema di ispezioni e controlli sugli interventi di sostegno pubblico alle imprese, non vi sono rilievi da formulare. Infatti, da un lato, il riutilizzo delle agevolazioni restituite in favore della riconversione del sito produttivo dal quale è stata delocalizzata l'attività riguarda somme che in assenza dell'articolo in esame non sarebbero state acquisite e, dall'altro, l'eventualità che la disciplina prevista determini variazioni nei comportamenti degli investitori tali da superare l'effetto diretto di disincentivo alla delocalizzazione di produzioni esistenti appare solamente ipotetica e comunque andrebbe considerata un effetto indiretto non automatico, che non dovrebbe essere valutato in provvedimenti estranei alla sessione di bilancio.

Articolo 6
(Tutela dell’occupazione nelle imprese beneficiarie di aiuti)

L’articolo, che ha subito alcune modifiche di drafting in sede di esame parlamentare, dispone che nel caso in cui un’impresa italiana o estera, operante nel territorio nazionale e che si avvantaggia di misure di aiuto di stato che prevedano la valutazione dell’impatto occupazionale, riduca, entro i primi cinque anni dalla data di completamento dell’investimento, i livelli occupazionali(20) in misura superiore al 50% del numero degli addetti destinati all’attività produttiva oggetto del beneficio, decade dal diritto alla fruizione dello stesso; qualora la riduzione di tali livelli sia superiore al 10% il beneficio è ridotto in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale. Per la restituzione dei benefici si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5, commi 3 e 5 del decreto in commento. Le nuove norme si applicano ai benefici concessi o per i quali sono stati pubblicati i bandi, nonché agli investimenti agevolati avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto in esame. La relazione illustrativa rappresenta che la nuova disciplina è volta a preservare il mantenimento dei livelli occupazionali presso le imprese che abbiano beneficiato di aiuti di stato.

La RT, dopo aver brevemente illustrato le disposizioni in commento, evidenzia che alle stesse non si ascrivono effetti di gettito in quanto non sono attualmente vigenti agevolazioni tributarie che prevedono la valutazione dell’impatto occupazionale. La relazione illustrativa, a proposito degli effetti finanziari, afferma che la norma non comporta oneri per il bilancio dello Stato in quanto essa verrà attuata a risorse umane e strumentali invariate, già presenti in ciascuna amministrazione pubblica che gestirà l’aiuto di stato specifico.

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare vista la possibilità di recuperare i benefici goduti nei casi previsti dalla disciplina in commento. Si prende inoltre atto che, per il recupero degli aiuti concessi, si rinvia a quanto disposto dall’articolo 5, comma 3 - che ne definisce le modalità di restituzione(21) - e dal comma 5, che destina gli importi restituiti all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati all’amministrazione titolare della misura incrementandone le disponibilità(22) .


20) Fatti salvi i casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo.

21) L’importo del beneficio da restituire per effetto della decadenza è maggiorato di un tasso di interesse pari al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di erogazione o fruizione dell’aiuto, maggiorato di cinque punti percentuali.

22) Sul punto il richiamato comma 3 dell’articolo 5 dispone che i tempi e le modalità di restituzione dei benefici, in caso di accertamento della decadenza, saranno definiti da ciascuna amministrazione con propri provvedimenti volti a disciplinare i bandi e i contratti relativi alle misure di aiuto di propria competenza.

Articolo 7
(Recupero del beneficio dell'iper ammortamento in caso di cessione o delocalizzazione dei beni)

L’articolo, che ha subito alcune modifiche in sede di esame parlamentare, novella il vigente regime fiscale agevolato dell’iper ammortamento(23) disponendo che si applichi a condizione che i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale. Qualora nel corso del periodo di fruizione del beneficio i beni agevolati vengano ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla medesima azienda, si procede al recupero dell’iper ammortamento. Contabilmente il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione o la delocalizzazione, per un importo pari alla maggiorazione delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi di imposta, senza l'applicazione di sanzioni e interessi. Le disposizioni in esame si applicano agli investimenti effettuati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto in commento; le stesse non si applicano agli interventi sostitutivi effettuati ai sensi dell’articolo 1, comma 35 e 36 della L. n. 205 del 2017(24) .

Con modifica approvata dall’altro ramo del Parlamento, si dispone che non si procede al recupero del beneficio a titolo di iper ammortamento qualora i beni agevolati siano per loro stessa natura destinati all’utilizzo in più sedi produttive, e pertanto, possano essere oggetto di temporaneo utilizzo anche fuori del territorio dello Stato.

La relazione illustrativa evidenzia che la misura mira a favorire gli investimenti produttivi localizzati in ambito nazionale, eseguiti da qualunque soggetto sia nazionale che estero, purché sia un’impresa residente o dotata di stabile organizzazione; inoltre, essendo una agevolazione generalizzata, non rientra come misura avente la caratteristica di aiuto di Stato.

La RT evidenzia che la norma introduce un meccanismo di recupero del vantaggio fiscale previsto dal c.d. iper ammortamento. La disposizione si applica agli investimenti effettuati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento, al fine di rispettare il legittimo affidamento del contribuente. La misura non si applica agli acquisti sostitutivi dei beni ceduti. Conclude sottolineando che, in via prudenziale, non si ascrivono effetti finanziari per la misura all’esame.

La relazione illustrativa specifica che trattandosi di previsioni finalizzate all’eventuale recupero di benefici concessi o al mantenimento di benefici già riconosciuti, l’articolo non comporta lo stanziamento di risorse aggiuntive e comunque, per motivi di prudenza, non si ascrivono effetti finanziari in relazione al recupero di somme.

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare in quanto la misura sembra potenzialmente suscettibile di generare un recupero di gettito che la RT, prudenzialmente, non quantifica.


23) Di cui all’articolo 1, comma 9, della legge n. 232 del 2016; si rammenta che il beneficio fiscale consiste nella maggiorazione del 150% del costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi, effettuato entro il 31 dicembre 2018, ovvero entro il 31 dicembre 2019 qualora l’ordine risulti accettato e sia avvenuto il pagamento per almeno il 20% del prezzo di acquisto.

24) I citati commi 35 e 36 prevedono che, se nel corso del periodo di godimento del beneficio, si verifica la vendita del bene agevolato, non viene meno la fruizione delle residue quote del beneficio, così come originariamente determinate, a condizione che, nello stesso periodo d’imposta del realizzo, l’impresa provveda a sostituire il bene originario con un altro nuovo con caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dalla normativa sull’iper ammortamento. Inoltre, nel caso in cui il costo di acquisizione dell'investimento sostitutivo sia inferiore al costo di acquisizione del bene sostituito e sempre che ricorrano le altre condizioni, la fruizione del beneficio prosegue per le quote residue fino a concorrenza del costo del nuovo investimento.

Articolo 8
(Applicazione del credito d'imposta ricerca e sviluppo ai costi di acquisto da fonti esterne dei beni immateriali)

L’articolo in esame modifica il vigente regime del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo(25) operando una restrizione oggettiva della tipologia di costi agevolabili; in particolare sono esclusi i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei beni immateriali da imprese appartenenti al medesimo gruppo(26) . Tale esclusione va operata anche nel calcolo dei costi imputabili ai periodi d’imposta rilevanti per la definizione della media di raffronto. Le disposizioni(27) si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame. Per gli acquisti derivanti da operazioni infragruppo intervenute nel corso dei periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, resta ferma l’esclusione dai costi ammissibili della parte del costo di acquisto corrispondente ai costi già attributi in precedenza all’impresa con sede in Italia in ragione della partecipazione ai progetti di ricerca e sviluppo relativi ai beni oggetto di acquisto. Inoltre è fatta salva la condizione secondo cui i costi sostenuti per l’acquisto dei beni in discorso, assumono rilevanza solo qualora questi ultimi siano utilizzati direttamente ed esclusivamente nello svolgimento di attività di ricerca e sviluppo considerate ammissibili al beneficio.

La RT evidenzia che alla misura prudenzialmente non si ascrivono effetti di gettito.

La relazione illustrativa rappresenta che la norma, introducendo condizioni più restrittive in ordine all’ammissibilità dei costi, non comporta lo stanziamento di risorse aggiuntive.

Al riguardo non si hanno considerazioni da formulare in ragione dell’approccio prudenziale della RT che non ascrive alla norma effetti positivi in termini di recupero di gettito.


25) Di cui all’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 145 del 2013.

26) Si considerano appartenenti al medesimo gruppo le imprese controllanti o controllate da un medesimo soggetto ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile inclusi i soggetti diversi dalle società di capitali, ad eccezione dello Stato e gli altri enti pubblici; per le persone fisiche si tiene conto anche di partecipazioni, titoli o diritti posseduti dai familiari dell’imprenditore, individuati ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del TUIR - DPR n. 917 del 1986.

27) In deroga all’articolo 3 della L. n. 212 del 2000.

Capo III
Misure per il contrasto del disturbo da gioco d'azzardo

Articolo 9
(Divieto di pubblicità giochi e scommesse)

L’articolo in esame al fine della tutela del consumatore e per un efficace contrasto del disturbo da gioco d’azzardo(28) , vieta, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, qualsiasi forma di pubblicità anche indiretta relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo(29) . A decorrere dal 1 gennaio 2019 il divieto si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale(30) .

La Camera dei Deputati ha introdotto un nuovo comma (1-bis) che ha definito “disturbi da gioco d’azzardo (DGA)” quelli correlati a giochi o scommesse con vincite di denaro. Inoltre con il nuovo comma 1-ter, il quale interviene sul D.L. n. 158 del 2012, si prevede che per le lotterie istantanee indette dal 1° gennaio 2019 o ristampate da tale data i premi uguali o inferiori al costo della giocata non sono ricompresi nelle indicazioni della probabilità di vincita.

Nel caso di inosservanza del divieto di pubblicità si introducono sanzioni amministrative pecuniarie - a carico del committente, del proprietario del mezzo, del sito di diffusione o di destinazione e dell’organizzatore dell’evento – di importo pari, così come modificato durante l’esame parlamentare, al 20%(31) del valore della sponsorizzazione o della pubblicità ed in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a euro 50.000. Si indica l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni(32) come quella competente alla contestazione ed all’irrogazione delle sanzioni. Le risorse rivenienti dalle sanzioni amministrative sono versati ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio delle Stato e riassegnati allo stato di previsione della spesa del Ministero della salute per essere destinati al fondo per il contrasto al gioco d’azzardo patologico(33) . In via transitoria è previsto che ai contratti di pubblicità in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del decreto all’esame, resta applicabile la normativa previgente, fino alla loro scadenza e comunque non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del decreto.

Viene inoltre innalzata la misura del prelievo erariale unico (PREU) sugli apparecchi AWP(34) , che passa dal vigente 19%, all’aliquota del 19,25% a decorrere dal 1 settembre 2018, ed al 19,6% dal 1° maggio 2019(35) , e sugli apparecchi VLT(36) che dall’attuale 6%, passa all’aliquota del 6,25% a decorrere dal 1 settembre 2018, ed al 6,65% a partire dal 1 maggio 2019(37) . Durante l’esame presso la Camera dei Deputati è stata prevista una nuova modulazione dell’aliquota del PREU: per le AWP si passa al 19,68% a decorrere dal 1 gennaio 2020, al 19,75% a decorrere dal 1 gennaio 2021, per poi discendere al 19,6% a decorrere dal 1 gennaio 2023; per le VLT l’aliquota sale al 6,68% a decorrere dal 1 gennaio 2020, al 6,75% a decorrere dal 1 gennaio 2021, per poi scendere al 6,6% a decorrere dal 1 gennaio 2023.

Con il nuovo comma 6-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, si affida al Governo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, il compito di proporre una riforma complessiva in materia di giochi pubblici in modo da assicurare l’eliminazione dei rischi connessi al disturbo del gioco d’azzardo e contrastare il gioco illegale e le frodi a danno dell’erario ed in grado di garantire almeno l’invarianza delle corrispondenti entrate, ivi comprese le maggiori entrate derivanti dalla rimodulazione delle aliquote del PREU suddette(38) .

Infine quantifica gli oneri, derivanti dalla disposizione relativa al divieto di pubblicità, pari a 147 milioni di euro per l’anno 2019 e a 198 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020 alla cui copertura si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate da innalzamento dell’aliquota del PREU.

La RT utilizza i dati e le informazioni provenienti dai concessionari dai quali si stima che gli investimenti pubblicitari e di sponsorizzazione nel settore giochi si aggirino all’incirca su un valore complessivo di 150/200 milioni di euro annui con oggetto i giochi del lotto, delle lotterie, ed i giochi a distanza (c.d. giochi da casinò); specifica che la pubblicità degli apparecchi da divertimento (slot) è vicina allo zero, come anche per la pubblicità del Bingo. Per analizzare gli impatti finanziari derivanti dal divieto in esame considera che gli investimenti pubblicitari vengono effettuati dai concessionari mentre l’Agenzia delle dogane e dei monopoli non promuove il gioco legale in alcuna forma. Specifica che il divieto può avere impatti negativi sulle entrate erariali dopo i primi 4/5 mesi di vigenza del divieto, quindi è ragionevole ipotizzare che il primo anno non registrerebbe impatti negativi che invece verrebbero ad emergere dal 2019 ed in forma ridotta per il primo semestre.

Suddivide pertanto gli effetti finanziari in ragione della tipologia di imposte sui diversi giochi:

  • Lotterie e giochi numerici: ipotizza che l’introduzione del divieto di pubblicità possa ridurre il “giocato” intorno al 5% e stabilizzarsi su tale quota. Nel 2017 i giochi e le lotterie hanno garantito all’erario un introito pari a circa 3 mld di euro e che la proiezione per il 2018 conferma tale trend; pertanto applicando la percentuale della riduzione del 5% su tale ammontare, stima una riduzione di gettito a regime pari a 150 mln di euro annui. Considera per il 2018 effetti finanziari nulli, mentre per il 2019 ipotizza effetti per il primo semestre pari alla metà di quelli valutati per il secondo semestre, secondo la seguente tabella:

Anno

Minor gettito
(mln di euro)

2018

0

2019

112 *

2020

150

2021

150

* Considerando che nel primo semestre la perdita di gettito sarà di circa la metà di quella che si avrà nel secondo semestre

La stima è avvalorata dai seguenti dati: - l’ammontare complessivo degli investimenti e sponsorizzazioni nel settore è pari a 50 mln di euro annui; - ipotizzando che il ritorno in termini di ricavi sia pari al valore degli investimenti in pubblicità, si avrebbero maggiori ricavi pari a 50 mln di euro (per incremento del giocato); - poiché il ritorno per l’erario al netto degli aggi(39) è pari a circa 3 volte il valore del ricavo, si ha che il minor gettito erariale è pari al valore stimato di 150 mln di euro annui(40) . Fa presente inoltre che è in corso di svolgimento la procedura per l’emanazione del bando di gara per l’attribuzione della nuova concessione relativa al SuperEnalotto e che il divieto di pubblicità potrebbe comportare una riduzione delle potenziali offerte al rialzo non quantificabile, ferma restando, in ogni caso, la realizzazione del gettito previsto in bilancio.

  • Gioco on line: la RT afferma che per tale gioco gli effetti del divieto di pubblicità sarebbero più negativi rispetto a quelli evidenziati in precedenza(41) , anche perché è in corso la procedura di evidenza pubblica per l’attribuzione di 80 nuove concessioni, il cui costo è pari a 200 mila euro. Considerando quanto detto stima che la perdita di “giocato” in questo settore sarà del 20%; poiché il gettito atteso per il 2018 è di circa 140 mln di euro, la perdita può essere stimata a regime in 28 mln di euro annui. Pertanto il minor gettito, suddiviso per anni e considerando che la perdita sarà parziale per l’anno 2019, seguirà il seguente andamento:

Anno

Minor gettito
(mln di euro)

2018

0

2019

20 *

2020

28

2021

28

* Considerando che nel primo semestre la perdita di gettito sarà di circa la metà di quella che si avrà nel secondo semestre

  • Scommesse sportive: per tale comparto la riduzione del giocato per effetto del divieto di pubblicità viene stimato intorno al 5%(42) . Evidenzia che il gettito erariale proveniente dalle scommesse è stato pari a 270 mln di euro per l’anno 2017; le proiezioni dei dati per il 2018 permettono di prevedere un consistente aumento per un valore di 380 mln di euro di gettito. Pertanto il citato divieto della pubblicità potrà produrre perdite a regime di circa 20 mln di euro annui(43) . Considerando la ridotta perdita per il 2019, la situazione sarà la seguente:

Anno

Minor gettito
(mln di euro)

2018

0

2019

15 *

2020

20

2021

20

* Considerando che nel primo semestre la perdita di gettito sarà di circa la metà di quella che si avrà nel secondo semestre

Riepiloga pertanto le perdite complessive nel comparto giochi derivanti dal divieto di pubblicità nella seguente tabella:

Anno

Minor gettito
(mln di euro)

2018

0

2019

147

2020

198

2021

198

Con riferimento all’aumento dell’aliquota del PREU per le AWP e le VLT pari allo 0,25% la RT proietta i dati relativi al periodo gennaio - maggio 2018 ed evidenzia che il giocato (base imponibile) per le AWP sarà di circa 24 mld (cioè 4,47% in meno rispetto all’anno 2017). Quindi per il 2018, per i soli mesi da settembre a dicembre (4 mesi) il maggior introito è di 20 mln di euro(44) . Per le VLT gli introiti risultano invece in linea con quelli del 2017, pari a 23,5 mld, per cui il maggior introito stimato sarà di 19,5 mln di euro(45) . Pertanto il maggior introito per PREU per l’anno 2018 sarà di 39,5 mln di euro(46) .

Il maggior gettito per i primi 4 mesi dell’anno 2019 (in cui l’aliquota è maggiorata dell'0,25% come per gli ultimi mesi del 2018) sia per le AWP che per le VLT è pari a 39,5 mln di euro(47) . Per la restante parte dell’anno 2019 assume lo stesso valore di raccolta dell’anno 2018 per le AWP e considera che a partire dal 1° maggio 2019 l’incremento sarà di un ulteriore 0,25%, per un totale quindi dello 0,5% rispetto alla vigente aliquota. Quindi il maggior gettito per l’erario sarà di 120 mln di euro(48) . Per le VLT il volume del giocato risulta in linea con quello del 2017 (23,5 mld di euro), però per tali apparecchi, per i quali il payout è superiore a quello minimo previsto dalla legge (85%), l’incremento del PREU potrebbe comportare la riduzione del payout da parte dei concessionari, a svantaggio dei giocatori, con conseguente riduzione del giocato. Ipotizza quindi la riduzione del 3% la quale applicata all’ammontare totale stima un giocato di 22,8 mld di euro(49) . applicando l’aumento di aliquota dello 0,5 % ottiene un maggior gettito di 114 mln di euro(50) . Il totale complessivo (per incremento dell’aliquota per le AWP e per le VLT) per l’anno 2019 di maggior PREU è di 234 mln di euro(51) .

Evidenzia poi che la prevista riduzione del 3% del giocato potrebbe di fatto concretizzarsi nel 2019(52) , in base alla considerazione che i concessionari, per effetto dell’entrata in vigore dal 1 aprile 2019 della nuove regole tecniche delle VLT, dovranno provvedere alla ricertificazione dei sistemi e, approfittando di tale circostanza, potrebbero procedere alla riduzione del payout con messa in esercizio da tale data(53) .

Infine, tenendo conto che per i primi quattro mesi del 2019 l’incremento è pari ai citati 39,5 mln di euro, e per i restanti 8 mesi di 156 mln di euro(54) , il maggior gettito a titolo di PREU per l’anno 2019 sarà di complessivi 195,5 mln di euro.

La tabella sottostante riepiloga il maggior gettito per i diversi anni:

Anno

Maggior gettito

(mln di euro)

2018

39,5

2019

195,5

2020

234

Infine commenta la norma di copertura evidenziando che al minor gettito derivante dal divieto di pubblicità si fa fronte con le maggiori entrate da aumento dell’aliquota del PREU.

Con riferimento al nuovo comma 1-ter introdotto durante l’esame parlamentare si rappresenta che è stata presentata relazione tecnica integrativa la quale specifica che l’obbligo di non ricomprendere nelle indicazioni della probabilità di vincita i premi uguali o inferiori al costo della giocata non ha effetti retroattivi poiché la disposizione riguarda le lotterie istantanee indette o ristampate dal 1 gennaio 2019.

L’esame parlamentare, come detto, ha modificato anche il comma 6 relativo all’incremento del PREU, sia per le AWP sia per le VLT, per il quale è stata presentata relazione integrativa la quale si è basata, per il calcolo del maggior gettito, sui dati e sulle specifiche contenute nella relazione tecnica originaria. La RT integrativa specifica che gli aumenti del PREU sono volti a dare copertura finanziaria alle disposizioni contenute nell’emendamento 1.011 che introduce l’articolo 1-bis in materia di esonero contributivo per favorire l’occupazione giovanile. Il maggior gettito derivante dalle modifiche delle aliquote del PREU viene evidenziato nella tabella sottostante.

Con riferimento al nuovo comma 6-bis la relazione tecnica integrativa afferma che esso non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Al riguardo si osserva che le stime presentate nella RT in tema di aumento dell’aliquota del PREU sono in linea con quelle fornite nei più recenti provvedimenti che contenevano misure analoghe(55) .

Quanto al maggior onere derivante dal divieto generalizzato di pubblicità per i giochi, si osserva che la RT si basa su una stima presuntiva in quanto - così come si legge anche nelle risposte che il Governo ha fornito in sede di esame presso la Camera dei Deputati(56) - i precedenti provvedimenti(57) che hanno posto limitazioni alla pubblicità nel settore dei giochi non hanno prodotto effetti significativi di riduzione delle entrate in quanto di portata molto più limitata e generalista rispetto alla norma in esame, che invece dispone il divieto totale di ogni forma di pubblicità e di sponsorizzazione.

Con riferimento alle quantificazioni svolte si osserva quanto segue:

  • per le lotterie ed i giochi numerici la stima dell'onere riferibile al divieto di pubblicità indicato pari a 150 mln di euro annui a regime, non risulta sufficientemente supportata da dati ed informazioni: mancano, ad esempio, elementi oggettivi che giustifichino l'indicata percentuale di riduzione del giocato pari al 5%. In ordine al raffronto tra costi per pubblicità e ricavi derivanti dal connesso incremento del giocato, si rappresenta:
  • che è di difficile comprensione l'aver assunto come ipotesi verosimile la parità tra investimenti (costi in pubblicità e sponsorizzazioni) ed il ritorno in termini di ricavi per i concessionari per cui, a fronte di 50 mln di euro di costi, si avrebbe un ritorno in termini di ricavi di pari importo, con ciò desumendo una redditività pari a zero. È esclusivamente sulla base di tale ipotesi che la RT considera verificato l’onere stimato di 150 mln di euro annui a regime in quanto evidenzia che per ogni punto di aggio (ricavo) spettante al concessionario, il ritorno per l’erario è pari a circa tre volte (per cui si avrebbe 50*3= 150 mln di euro);
  • che qualora si supponesse un seppur minimo incremento dei ricavi (dovuto all’ipotesi di un tasso di redditività derivante dall’investimento fatto in pubblicità) rispetto ai costi di investimento (come peraltro è verosimile ipotizzare) si avrebbe un maggior onere per divieto di pubblicità rispetto a quello stimato in RT (150 mln di euro).
  • con riferimento alla stima dell'impatto del divieto di pubblicità sul gioco on line e sulle scommesse sportive, mancano dati oggettivi a supporto della indicata perdita derivante dal “giocato” (assunta pari al 20%) così come per la valutazione della diminuzione delle scommesse sportive, indicata nel 5%.
  • la RT non parrebbe aver stimato gli effetti indiretti associabili al divieto di pubblicità in termini di diminuzione del gettito da imposte dirette ed IRAP, calcolate sul reddito delle aziende presenti nella filiera del comparto dei giochi, in particolare di quelle che forniscono pubblicità, che inevitabilmente verrebbe a contrarsi.
  • andrebbe confermata l'assenza di effetti a carico del bilancio dello Stato a titolo di maggiori oneri amministrativi e gestionali, in particolare con riferimento alla gestione dei controlli ed alla irrogazione e riscossione delle sanzioni(58) .
  • Si riscontra positivamente quanto affermato dal Governo - con le citate risposte fornite alle osservazioni formulate nel corso dell'esame presso la Camera – per cui le entrate da PREU sono da considerarsi entrate di natura tributaria, laddove il prospetto riepilogativo le considera, erroneamente, di natura extra-tributaria.
  • In merito poi alla possibilità che con la contrazione della raccolta e con la diminuzione del payout, si possano determinare effetti di riduzione del gettito derivante dall’addizionale sulle vincite eccedenti i 500 euro, si segnala la necessità di fornire comunque nella RT una stima delle minori entrate anche nei casi di importi di ridotte dimensioni. Sul tema il Governo, nelle risposte fornite nel corso dell'esame della Camera, osserva che all’ipotesi della riduzione di un punto di percentuale di payout, potrebbe associarsi un onere pari a circa 1 mln di euro.
  • Con riferimento alle relazioni tecniche aggiuntive, relative alle modifiche dell’articolato apportate in sede di esame parlamentare, non si hanno osservazioni da formulare per quanto di competenza; in particolare per le nuove aliquote del PREU si riscontra positivamente il valore di maggior gettito ad esse associato per omogeneità della metodologia di calcolo utilizzata rispetto alla relazione tecnica originaria.
  • Per motivi prudenziali, legati alla possibilità che l’aumento delle aliquote del PREU possano contrarre il “giocato” in maniera più consistente rispetto a quanto stimato in RT, non consentendo il conseguimento dell’obiettivo di maggior gettito indicato, si potrebbe a valutare l'opportunità di introdurre un apposito monitoraggio.

28) Fermo restando quanto previsto dall’articolo 7, commi 4 e 5, del D.L. n. 158 del 2012 (noto come “legge Balduzzi) e dall’articolo 1, commi da 937 a 940 della legge n. 208 del 2015, norme tutte in materia di sanzioni e dirette a contrastare il fenomeno crescente della c.d. ludopatia, ossia la patologia di chi è dipendente dal gioco, in particolare quello d’azzardo.

29) Incluse le manifestazioni sportive, culturali, artistiche, le trasmissioni televisive, radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici digitale e telematici, compresi i social media.

30) Comprese le citazioni visive, acustiche, la sovrimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità è vietata ai sensi del decreto in esame.

31) Nell’originario articolato la percentuale della sanzione era pari al 5%.

32) Che vi provvede ai sensi della L. n. 689 del 1981.

33) Di cui all’articolo 1, comma 946, della L. n. 208 del 2015.

34) Quelli di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Le AWP (anche dette New Slot) sono apparecchi elettronici che erogano vincite in denaro. 

35) Aliquota modificata durante l’esame presso la Camera dei deputati.

36) Cioè quelli di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Le Videolotterie o Videolottery (VLT) sono le ultime apparecchiature nel settore dei giochi da divertimento ed intrattenimento legali.

37) Aliquota modificata durante l’esame presso la Camera dei deputati

38) Di cui al comma 6 del presente decreto-legge.

39) Così come risulta da dati in possesso dell’Agenzia.

40) Cioè: 50 mln di euro * 3 volte = 150 mln di euro.

41) In quanto il mezzo pubblicitario rappresenta l’unico modo che hanno gli operatori per farsi conoscere dai giocatori e per distinguersi dagli operatori illegali. Anche la Commissione Europea ha raccomandato ai Paesi Membri una regolazione della pubblicità che sia "contenuta e strettamente limitala a quanto necessario al fine di canalizzare i consumatori verso le reti di gioco controllate" e ha affermato che le "comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo on line possono svolgere un ruolo importante nell'orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate" (cfr. 2014/478/UE: Raccomandazione della Commissione, del 14 luglio 2014, sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo on line e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo on line).

42) In quanto la rete fisica, visibile all’esterno attenua gli effetti del divieto stimati per il gioco on line. Inoltre la rete fisica farebbe da traino anche per le scommesse on line, limitatamente ai marchi già conosciuti in entrambi i comparti (es: Snai, Sisal, Lottomatica, Eurobet, ecc.).

43) Cioè: 380 mln di euro*5% = 19 mln di euro.

44) Cioè: 24 mld*0,25%/12*4 = 20 mln di euro.

45) Quindi: 23,5 mld*0,25%/12*4 = 19,5 mln di euro.

46) Cioè: 20 mln di euro + 19,5 mln di euro = 39,5 mln di euro.

47) Medesimo importo del 2018 in quanto i mesi di aumento sono identici (4 per il 2018 e 4 per il 2019).

48) Quindi: 24 mld di euro *0,5% = 120 mln di euro.

49) Cioè: 23,5 mld di euro * 97% = 22,8 mld di euro.

50) Quindi: 22,8 mld di euro * 0,5%= 114 mln di euro.

51) Cioè: 120 + 114 = 234 mln di euro.

52) La RT rammenta che la riduzione del payout che ci si attendeva, a seguito dell’aumento dell’aliquota del PREU prevista dall’articolo 6 del D.L. n. 50 del 2017, non si è di fatto verificata probabilmente per evitare la ricertificazione di tutti i giochi presenti nel sistema.

53) In questo senso il Governo - nelle risposte fornite alle osservazioni formulate dal Servizio bilancio della Camera dei Deputati - con nota del 24 luglio c.a. - Ministero dell’economia e delle finanze – Ufficio del coordinamento legislativo, ha osservato che per ricertificare tutti i giochi presenti sugli apparecchi occorre molto tempo e tale operazione potrà essere portata a termine dai concessionari non prima del mese di aprile 2019.

54) Quindi: 234 mln di euro * 8/12 = 156 mln di euro.

55) Per tutte si veda la RT annessa all’articolo 6 del DL. n. 50 del 2017.

56) La ricordata nota del 24 luglio 2018.

57) I richiamati articoli: 7, commi 4-7 del D.L. n. 158 del 2012; ed 1, comma 923 e commi 937-940 della legge di stabilità per il 2016.

58) Anche se nel merito tali funzioni verranno svolte, così come si legge nell’articolato dall’Autorità per la le garanzie delle comunicazioni.

Articolo 9-bis
(Formule di avvertimento)

Il comma 1 dispone che i tagliandi delle lotterie istantanee debbano contenere messaggi in lingua italiana, stampati su entrambi i lati in modo da coprire almeno il 20 per cento della corrispondente superficie, recanti avvertenze relative ai rischi connessi al gioco d’azzardo.

Il comma 2 affida ad un decreto del Ministro della salute, sentito l’Osservatorio per il contrasto della

diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, il compito di stabilire il contenuto del testo e le caratteristiche grafiche delle avvertenze di cui al comma 1. I tagliandi devono in ogni caso riportare, su entrambi i lati, la dicitura: «Questo gioco nuoce alla salute».

Il comma 3 fa salvi i tagliandi delle lotterie istantanee prodotti fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto che possono essere posti in vendita anche successivamente a tale data, per un periodo massimo di dodici mesi.

Il comma 4 dispone che formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica dei giochi con vincite in denaro debbano essere applicate anche sugli apparecchi da intrattenimento cosiddetti slot machine e videolottery, nonché nelle aree e nei locali dove essi vengono installati.

Il comma 5 fa salva la disciplina già vigente sulle avvertenze sui rischi derivanti dal gioco d'azzardo.

La RT non considera la norma.

Al riguardo, nulla da osservare.

Articolo 9-ter
(Monitoraggio dell'offerta di gioco)

L'articolo attribuisce al Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro della salute, il monitoraggio dell’offerta dei giochi con particolare riferimento alle aree del territorio a maggior rischio di concentrazione di giocatori affetti da disturbo da gioco d’azzardo, anche attraverso una banca dati sull’andamento del volume di gioco e sulla sua distribuzione nel territorio. Il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro della salute, riferisce annualmente al Parlamento sui risultati del monitoraggio.

La RT afferma che la banca dati sull'andamento del volume di gioco e sulla sua distribuzione nel territorio è già operante, per finalità istituzionali, nell'ambito dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Pertanto, la norma non comporta effetti a carico della finanza pubblica.

Al riguardo, atteso che la banca dati è già operante per finalità istituzionali, andrebbe unicamente chiarito se, lo svolgimento dell'attività di monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze potrà essere effettuato con le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, escludendo oneri aggiuntivi per eventuali aggiornamenti della banca dati finalizzati all'utilizzo previsto dalla norma in esame.

Articolo 9-quater
(Misure a tutela dei minori)

La norma stabilisce che l’accesso agli apparecchi di intrattenimento del tipo newslot e videolottery sia consentito esclusivamente mediante l’utilizzo della tessera sanitaria, al fine di impedire l’accesso ai giochi da parte dei minori. Dal 1° gennaio 2020 i predetti apparecchi privi di meccanismi idonei ad impedire l’accesso al gioco ai minori di età devono essere rimossi dagli esercizi. La violazione dell’obbligo di rimozione è punita con la sanzione amministrativa di euro diecimila per ciascun apparecchio.

La RT afferma che la prescrizione dell'inserimento della tessera sanitaria, per un controllo della maggiore età su AWP e VLT, presuppone:

la predisposizione dei decreti direttoriali di Regole tecniche ed eventualmente dei protocolli di comunicazione con il Sistema di Controllo, sia per AWP che per VLT, da sottoporre alla procedura di informazione comunitaria (stand still di 90 giorni);

l'avvio di un processo di certificazione di ogni modello di AWP, affinché sia conforme alle nuove prescrizioni normative e il successivo rilascio di titoli autorizzatori (NOD e NOE) per aggiornare, progressivamente, il parco apparecchi in esercizio;

l'avvio di un processo di certificazione di ogni Sistema di Gioco VLT, affinché sia conforme alle nuove prescrizioni normative (HW e SW), tenendo in considerazione il fatto che è in corso un processo di aggiornamento di Sistemi e giochi VLT (i sistemi di gioco adeguati sono stati già consegnati agli Organismi di certificazione), che si concluderà il 1° aprile 2019, per adeguamenti a regole tecniche giù pubblicate nonché ai requisiti della normativa antiriciclaggio.

Secondo la RT gli interventi di adeguamento sono a carico dei concessionari e dei proprietari degli apparecchi mentre gli adempimenti amministrativi saranno effettuati ad invarianza di risorse umane e materiali. Pertanto, la norma non comporta effetti a carico della finanza pubblica.

Al riguardo, preso atto dei chiarimenti forniti dalla RT e che gli adempimenti amministrativi saranno effettuati ad invarianza di risorse umane e materiali, non vi sono osservazioni da formulare.

Articolo 9-quinquies
(Logo No Slot)

La norma istituisce il logo identificativo «No Slot», attribuendo ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, la definizione delle condizioni per il rilascio e la regolamentazione dell’uso del logo identificativo «No Slot».

I comuni possono rilasciare il logo identificativo «No Slot» ai titolari di pubblici esercizi o di circoli privati che eliminano o si impegnano a non installare gli apparecchi da intrattenimento AWP (newslot) e VLT.

La norma è corredata di apposita clausola di invarianza d'oneri.

La RT afferma che la disposizione non genera nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Al riguardo, attesa la presenza di una apposita clausola di invarianza finanziaria, andrebbero esplicitati gli adempimenti amministrativi connessi alla istituzione e rilascio del logo "No Slot" e le risorse presenti a legislazione vigente utilizzabili per le finalità indicate dalla presente norma.

Capo IV
Misure in materia di semplificazione fiscale

Articolo 10
(Disposizioni in materia di redditometro)

Il presente articolo modifica l’articolo 38 del DPR n. 600 del 1973 in materia di accertamento fiscale sintetico(59) del reddito complessivo (c.d. redditometro). Dispone quindi che il Ministero dell’economia e delle finanze possa emanare il decreto che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva dopo aver sentito l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo(60) . Viene quindi abrogato il decreto ministeriale(61) contenente gli elementi indicativi necessari per effettuare l’accertamento; a seguito delle modifiche approvate dalla Camera, si prevede che le disposizioni del predetto decreto cessano di avere efficacia per gli anni di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2015. Le nuove norme di cui all'articolo in commento non si applicano agli inviti per fornire dati e notizie per gli anni di imposta fino al 31 dicembre 2015 e, in ogni caso, agli atti già notificati e non si dà luogo a rimborso di somme già pagate.

La RT evidenzia che la disposizione può considerarsi sostanzialmente neutra in termini finanziari in quanto è prevedibile che il nuovo decreto ministeriale sia emanato in tempo utile per selezionare i soggetti ed effettuare i controlli prima dello spirare dei termini di decadenza per l’anno d’imposta 2016, che cadono nel 2022 nei casi in cui la dichiarazione dei redditi sia stata presentata, e nel 2024 nei casi in cui questa sia stata omessa.

Al riguardo si richiama l'attenzione sulle osservazioni formulate di recente dalla Corte dei conti(62) che ha rappresentato per il periodo 2013-2017 la progressiva e significativa diminuzione degli effetti di recupero di gettito associati al redditometro: da 131,5 mln di euro nel 2013 si è passati ad 1 milione di euro nel 2017. Si riporta in proposito un estratto della Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2017(63) :

“Nella tavola che segue si espongono i dati relativi al numero di accertamenti sintetici effettuati ai fini dell’Irpef nel quinquennio 2013-2017, ai sensi dell’art. 38, commi dal quarto al settimo, del DPR n. 600, e i correlati introiti conseguiti.

Nel 2017 sono stati eseguiti 2.024 accertamenti sintetici, con un decremento di oltre il 28 per cento rispetto al 2016, del 65,3 per cento rispetto al 2015 e addirittura dell’81,7 per cento rispetto al 2014. Peraltro, come si rileva dalla precedente tavola 2.4, il 16,8 per cento di tali accertamenti (340 su 2.024) ha comportato un recupero di imposta ricompreso tra 0 e 1.549 euro. A ciò si aggiunga che, secondo quanto emerge dalla tavola 2.14, ben 790 accertamenti di tale natura (39 per cento del totale) si sono definiti per mera inerzia del contribuente, con le prevedibili conseguenze negative in termini di possibilità di introito delle somme accertate. È pertanto, del tutto evidente come l’accertamento sintetico abbia perso completamente rilievo nell’azione di controllo fiscale, anche oltre i limiti che un uso oculato dello strumento lascerebbe prevedere e nonostante le arrischiate aspettative di gettito che ad esso erano state attribuite con l’art. 83, commi 8 e 9, del D.L. n. 112 del 2008 e fino al D.L. n. 78 del 2010, che al nuovo accertamento sintetico aveva correlato una previsione di maggior gettito di ben 741,2 milioni nel 2011, 708,8 milioni nel 2012 e 814,7 milioni nel 2013.

TAVOLA 2.17

L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

ACCERTAMENTI SINTETICI IRPEF

Numero Accertamenti Sintetici Irpef

2013

2014

2015

2016

2017

n. accertamenti eseguiti

21.535

11.091

5.827

2.812

2.024

di cui (per tipologia contribuente):

Numero Accertamenti sintetici su soggetti titolari di Reddito professionale o d'impresa

5.478

2.916

1.373

707

696

Evasori totali o para-totali

7.386

4.520

1.653

762

800

Altre tipologie di reddito

8.671

3.655

2.801

1.343

528

Esiti finanziari conseguiti al 31/12/2017 (in milioni)

131,5

43,6

21

5

1

* Importi in milioni

Fonte: Agenzia delle entrate

Si rappresenta peraltro che il Governo, nelle risposte fornite alle osservazioni formulate in occasione dell'esame parlamentare, in data 24 luglio c.a. ha affermato che mediante l'emendando decreto ministeriale - che utilizzerà la nuova procedura di interlocuzione collaborativa dei soggetti indicati nell’articolo in esame - si garantirà continuità ed efficacia allo strumento del redditometro, senza che quindi sia pregiudicata l’attività di controllo, ed il connesso “gettito atteso dall'accertamento sintetico, per gli anni d'imposta 2016 e seguenti, non risulterà condizionato dalla mancata adozione immediata del decreto, considerato che la preliminare attività di accertamento è esplicabile, a termini di legge, fino al 31 dicembre dell'anno 2022 e seguenti, purché venga adottato in un arco temporale congruo che fornisce adeguate rassicurazioni circa l'effettivo versamento del gettito atteso all'entrata del bilancio statale(64) .

In considerazione di quanto sopra rappresentato, andrebbe chiarito come le novità introdotte dall'articolo in commento possano consentire di invertire il trend in atto e di raggiungere effettivamente gli obiettivi di recupero di gettito che le norme originarie avevano ascritto all’istituto dell’accertamento sintetico del reddito complessivo(65) e che sono stati ricordati nella citata relazione sul Rendiconto Generale dello Stato per l’anno 2017. In particolare, alla luce dei dati sopra evidenziati, andrebbe valutata la necessità di un approfondimento in ordine all'istituto del redditometro ed alle significative deroghe, in termine di onere probatorio, nei rapporti con i contribuenti; in particolare riguardo alla sua efficacia in termini di recupero di gettito, all'adeguatezza del quadro normativo vigente ad assicurare gli obiettivi perseguiti attraverso l'istituto, alla compatibilità con il nuovo approccio normativo volto a favorire la compliance e l'adempimento spontaneo degli obblighi tributari, agli oneri gestionali che vi sono associati in relazione alle risorse umane e tecnologiche che sono destinate a tali accertamenti dall’Amministrazione finanziaria.


59) A norma dell'art. 38, l’amministrazione finanziaria può determinare il reddito presunto del contribuente in base alle spese da questi effettuate nell’anno d’imposta. La determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza. L'accertamento del fisco scatta soltanto nel caso in cui la differenza fra il reddito dichiarato e quello accertato sia superiore al 20%.

60) In base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti.

61) Emanato il 16 settembre 2015.

62) Nella relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2017.

63) a pag. 52.

64) Pur prendendo atto delle valutazioni espresse dal Governo, andrebbe valutata l’opportunità di correlare l’abrogazione del DM citato al varo del nuovo provvedimento attuativo, al fine di consentire nell’attesa dello stesso, l’applicazione dell’istituto per nuovi accertamenti.

65) In proposito si ricorda che poiché il recupero di gettito stimato è contabilizzato a copertura di oneri, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.

Articolo 11
(Disposizioni in materia di invio dei dati delle fatture emesse e ricevute)

Commi da 1 a 2-quater
(Invio dati fatture)

L’articolo modifica le disposizioni in materia di trasmissione telematica dei dati delle fatture emesse e ricevute (c.d. spesometro”) contenute nell’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 78 del 2010; in particolare si differisce dal 30 novembre 2018 al 28 febbraio 2019 il termine di invio dei dati relativi al terzo trimestre del 2018(66) . Inoltre si specifica, modificando l’articolo 1-ter, comma 2, lettera a), del D.L. n. 148 del 2017, che per coloro che optano per l’invio semestrale dei dati delle fatture emesse e ricevute il termine di trasmissione è fissato al 30 settembre del medesimo anno per il primo semestre, ed al 28 febbraio dell’anno successivo per le fatture del secondo semestre. La Camera dei deputati ha introdotto i nuovi commi da 2-bis a 2-quinquies.; in particolare: il comma 2-bis che, introducendo il nuovo comma 3-bis all’articolo 1 del D.Lgs. n. 127 del 2015, dispone l’esonero dall’annotazione delle fatture nei registri IVA(67) per i contribuenti, assoggettati alle disposizioni in materia di fatturazione elettronica(68) , obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute; il comma 2-ter che abroga il comma 8-bis dell’articolo 36 del D.L. n. 179 del 2012 in materia di invio della comunicazione annuale IVA per i produttori agricoli; il comma 2-quater con cui si sostituisce il terzo periodo del comma 1 dell’articolo 21 del D.L. n. 78 del 2010, al fine di estendere(69) a tutti i produttori agricoli assoggettati al regime speciale(70) le disposizioni in materia di esonero dalla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute, a decorrere dal 1 gennaio 2018.

La RT originaria evidenzia che la disposizione non produce effetti sul gettito in quanto essa chiarisce l’applicazione dell’articolo 1-ter del citato D.L. n. 148 del 2017 che già ne prevede la facoltà per i contribuenti che inviano semestralmente i dati di fatturazione.

Con riferimento al nuovo comma 3-ter dell'articolo 1 del D.Lgs. n. 127 del 2015 la relazione tecnica prodotta a corredo dell'emendamento rappresenta che dal venir meno dell'obbligo di registrazione in apposito registro per i soggetti tenuti alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute non si determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Anche in relazione al nuovo comma 2-ter che abroga una norma relativa alla comunicazione IVA per i prodotti agricoli, si afferma che la disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica

Per quanto attiene invece al nuovo comma 2-quater, la pertinente RT stima un onere, per il solo anno 2018, in termini di minor gettito, a titolo di IVA, pari a 3,5 mln di euro. La quantificazione è operata considerando che gli agricoltori in regime speciale rappresentino il 3% del totale; sottraendo da essi coloro che si trovano in zone montane già esonerati a legislazione vigente (ipotizzati nel 10%) arriva a supporre una percentuale di destinatari del 2,5%. Applicando tale percentuale alla quota imputabile all’evasione settoriale pari al 7%, stima un’evasione riferibile al settore in argomento pari allo 0,17%(71) . Il recupero di gettito IVA per l’anno 2018, imputabile alla trasmissione dati fatture e corrispettivi, è stato previsto in 2.040 milioni di euro(72) ; pertanto la perdita di gettito a titolo di IVA sarà di 3,5 mln di euro(73) per il solo anno 2018, in quanto dal 1 gennaio 2019 per effetto dell’entrata in vigore dell’obbligo della fatturazione elettronica verranno meno gli obblighi di comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute(74) . Specifica inoltre che l’onere è a titolo esclusivamente IVA e non anche a titolo di imposte dirette in quanto queste ultime vengono pagate dagli agricoltori prevalentemente su base catastale.

Al riguardo si osserva preliminarmente che il Governo, rispondendo alle osservazioni formulate nel corso dell'esame parlamentare(75) , ha fornito alcuni chiarimenti sulla tematica in argomento.

In particolare specifica che per effetto delle modifiche contenute nel presente decreto-legge gli invii dei dati rilevanti ai fini IVA saranno effettuati, dai contribuenti trimestrali, in data 28 febbraio 2019 (sia per il terzo sia per il quarto trimestre 2018), mentre da parte dei contribuenti semestrali in data 30 settembre 2018 (per le fatture del primo semestre) ed il 28 febbraio 2019 (per le fatture del secondo semestre). Con riferimento agli effetti finanziari dovuti alla proroga del termine della comunicazione dei dati relativi al terzo trimestre 2018 (che slitta dal 30 novembre 2018 al 28 febbraio 2019) evidenzia che la modifica non genera effetti sul gettito in quanto i medesimi dati potevano essere trasmessi dai contribuenti alla data del 28/02/2019 attraverso l’opzione all’invio semestrale ai sensi dell’articolo 1-ter del D.L. n. 148 del 2017 (opzione esercitabile attraverso il comportamento concludente).

Fornisce inoltre dati circa le variazioni di gettito, a consuntivo, verificatesi nel 2017. In sintesi rappresenta che la quantificazione del recupero di gettito da evasione senza consenso e frodi può essere effettuata tramite stime basate su ipotesi controfattuali. Quindi trae informazioni di tipo finanziario dall’osservazione della dinamica complessiva del gettito IVA a consuntivo 2017: confrontando il gettito IVA lordo che si è incrementato di 7 mld di euro rispetto al 2016 (facendo registrare un aumento del 5,6%) e considerando che tale incremento non può essere giustificato da una favorevole fase del ciclo economico, suppone che l’aumento di gettito IVA derivi da un miglioramento della compliance che ha garantito un ammontare di gettito ben superiore agli 1,3 mld di euro cifrati come maggiori entrate. Invece per quanto riguarda il recupero di gettito da omessi versamenti e da anticipazione dei controlli automatizzati nel corso del 2017 rappresenta che le somme recuperate da comunicazioni di invito alla compliance relativa ad omessi versamenti e dall’anticipazione dei controlli automatizzati, ammontano a 842 mln di euro, quindi di importo maggiore rispetto a quanto stimato in via preventiva (790 mln di euro).

In relazione alla stima associata ai commi 1 e 2 dell'articolo 11 del provvedimento in esame ed all'opzione per l’invio semestrale in luogo di quello trimestrale, si osserva che non è possibile escludere che una parte dei contribuenti avrebbe potuto o voluto effettuare le comunicazioni entro il 30 novembre 2018 (data entro la quale si sarebbe dovuto effettuare l’invio relativo al III trimestre). Si ricorda che le relazioni tecniche annesse ai diversi interventi normativi che hanno interessato nel tempo la materia hanno considerato per le quantificazioni i riflessi finanziari associabili al maggior stimolo alla compliance, all’accelerazione nella riscossione delle somme per effetto dei controlli automatizzati nonché dell’efficiente e tempestiva trasmissione delle informazioni sulle cessioni e sugli acquisti da parte dei contribuenti. Poiché non risulta dalle pertinenti relazioni tecniche che nella stima degli effetti si sia considerato per tutti i contribuenti l'ipotesi di invio semestrale. non si possono escludere effetti finanziari in termini di cassa derivanti dallo slittamento all’anno 2019 degli adempimenti che, a legislazione previgente, si sarebbero dovuti compiere nell’anno 2018, almeno per una parte dei contribuenti (perché non è certo che tutti i contribuenti avrebbero optato per un invio semestrale).

Con riferimento alla quantificazione associata al comma 2-quater si rappresenta che la stima non è supportata da elementi oggettivi che ne consentano un riscontro; in particolare con riguardo all’ipotesi, su cui si fonda la stima, che il 10% degli agricoltori abbia terreni in località montane e dalla quale discende che la quota di produttori agricoli a cui si rivolge la nuova disposizione sia ipotizzabile nel 2,5% del totale.

Inoltre non sono palesati gli effetti, in termini di gettito, connessi al depotenziamento della possibilità di recuperare l’IVA evasa nella filiera delle relazioni commerciali del settore agricolo e di quelli ad esso connessi (il c.d. “indotto”: ad esempio il settore trasporti, l’industria di trasformazione e conservazione, il canale della vendita diretta, la vendita online, ecc.).


66) I quali si sarebbero dovuti inviare entro il secondo mese successivo al trimestre (quindi entro il 30 novembre).

67) Cioè i registri delle fatture e degli acquisti di cui agli articoli 23 e 25 del DPR n. 633 del 1972.

68) Si rammenta che il decreto legislativo n. 127 del 2015, nel disciplinare la fatturazione elettronica, ha consentito ai contribuenti di utilizzare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche che l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dal 1° luglio 2016.

69) La disposizione previgente di esonero era rivolta ai soli produttori agricoli in regime speciale ricadenti nelle zone montane di cui all'articolo 9 del DPR n. 601 del 1973.

70) In via generale si ricorda che sono assoggettati al regime speciale i produttori agricoli che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti di cui al comma 1, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale

71) Cioè: 7*2,5% = 0,175%.

72) Quantificazione contenuta nella RT originaria annessa all’articolo 4 del D.L. n. 193 del 2016.

73) Quindi: 2.040*0.17% = 3,468 mln di euro.

74) Secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 916 della legge di bilancio 2018.

75) Con nota del 24 luglio c.a.

Comma 2-quinquies
(Copertura finanziaria)

Il comma 2-quinquies provvede alla copertura dell'onere derivante dall'estensione a tutti i produttori agricoli dell’esonero dagli obblighi di invio delle comunicazioni IVA periodiche e valutato in 3,5 milioni di euro per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

La RT fa presente che la perdita di gettito di 3,5 milioni di euro è per il solo anno 2018, considerando che dal 1° gennaio 2019 — data di entrata in vigore dell'obbligo di fatturazione elettronica — per effetto di quanto disposto dal comma 916 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2018, l'articolo 21 sarà abrogato e, quindi, verranno meno gli obblighi ivi contemplati.

Al riguardo, andrebbe acquisita la conferma del Governo circa l'effettiva disponibilità delle risorse per l'anno 2018 presenti sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica e l'assenza di pregiudizio per la realizzazione degli interventi già previsti a legislazione vigente a valere sulle risorse ivi allocate.

Articolo 11-bis
(Proroga del termine di entrata in vigore degli obblighi di fatturazione elettronica per le cessioni di carburante)

L’articolo è stato inserito durante l’esame parlamentare presso la Camera dei Deputati e ripropone in toto le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 79 del 28 giugno 2018. Con il nuovo comma 1 -bis dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, il D.L. n. 79 è abrogato. Sono quindi fatti salvi gli atti ed i provvedimenti adottati nonché gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del D.L. n. 79.

Con la lettera a) del comma 1 dell’articolo in esame(76) si differisce al 1 gennaio 2019 per i soli soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che si riforniscono di carburante presso gli impianti stradali di distribuzione (cfr. il comma 920 dell'art. 1 della L. n. 205 del 2017)(77) l'efficacia della norma (il comma 917 dell'art. 1 della citata legge n. 205 del 2017) che anticipava al 1 luglio 2018, tra altre misure, gli obblighi di fatturazione elettronica per le cessioni di benzina o gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori.

Con la lettera b) del comma 1 dell’articolo in esame(78) , si rinvia al 1 gennaio 2019 sia l'applicazione della disposizione di cui al comma 920 sia di quelle contenute ai commi 921(79) e 926(80) della Legge n. 205 del 2017 mentre rimane confermata a partire dal 1 luglio 2018 l'efficacia delle norme di cui ai commi da 922 a 925(81) della citata legge di bilancio.

Il differimento a partire dal 1 gennaio 2019 degli obblighi di fatturazione per i soggetti passivi IVA che acquistano carburante per autotrazione presso impianti stradali di distribuzione si rende necessario - così come si legge in relazione illustrativa - per tener conto “delle difficoltà tecniche e operative manifestate dagli operatori”. Alla luce della modifica il rinvio non interessa gli obblighi previsti per gli acquisti di carburanti effettuati dai consumatori persone fisiche non titolari di partita IVA(82) , così come rimane invariato l’obbligo del pagamento mediante mezzi tracciabili(83) - al fine di veder garantito il diritto alla detraibilità IVA e deducibilità ai fini delle imposte dirette dell’acquisto dei carburanti da parte dei titolari di partita IVA - e la facoltà di utilizzo della scheda carburanti. Si ricorda inoltre che il settore era stato oggetto di altri interventi normativi in sede di legge di bilancio per il 2018 al fine di prevenire e contrastare l’evasione fiscale e le frodi IVA.

La RT riprende le stime presentate nella relazione tecnica originaria annessa alla citata legge di bilancio per il 2018. In particolare ricorda che il recupero - per effetto dell’introduzione della fatturazione elettronica a partire dal 1 luglio 2018 - dell’evasione IVA da omessa dichiarazione era fatto pari a complessivi 81,2 mln di euro di cui 33,8 mln di euro per il settore dei carburanti(84) ; mentre il recupero derivante dal contrasto alle frodi IVA nel settore degli oli minerali era fatto pari a 121 mln di euro. Rammenta che il recupero di gettito è stato stimato in funzione della disponibilità dei flussi informativi tracciabili in tempo reale delle fatture emesse e ricevute che permette una maggiore tempestività ed efficacia dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Con riferimento alla stima delle novelle in esame considera che il mancato recupero di gettito riconducibile all’evasione IVA da omessa dichiarazione sia pari a 22,1 mln di euro(85) . Ai fini della stima considera che l’incidenza del gettito relativo agli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione rappresenti circa il 75% del totale; inoltre applica una percentuale dell’87,2% riferibile al rinvio dell’obbligatorietà della fatturazione elettronica calcolata tenendo conto della diversa propensione all’evasione da parte degli impianti di proprietà delle aziende petrolifere, dei distributori convenzionati con le aziende petrolifere e degli altri distributori stradali (pompe bianche e distributori indipendenti(86) ).

Per quanto attiene invece il mancato recupero di gettito riconducibile all’evasione IVA da contrasto alle frodi, derivante dalla proroga dell’entrata in vigore della fatturazione elettronica, stima un minor gettito di 34,8 mln di euro(87) . Il dato è quantificato considerando che le frodi presso impianti stradali di distribuzione siano pari al 33% del totale delle frodi dell’intero settore; inoltre si applica, analogamente a quanto fatto per la stima del recupero dell’evasione IVA da omessa dichiarazione, la percentuale media di mancato recupero di gettito dell’87,2%.

Nel complesso la perdita di gettito dovuta al rinvio dell’entrata in vigore degli obblighi sulla fatturazione elettronica è pari a 56,9 mln di euro(88) .

Riepiloga gli effetti finanziari della proroga nella tabella seguente:

2018

2019

2020

2021

2022

IVA da omessa dichiarazione - stima miglioramento della tax compliance e tempestività informazioni

-22,1

0,0

0,0

0,0

0,0

IVA da contrasto alle frodi

-34,8

0,0

0,0

0,0

0,0

Effetti sulle imposte dirette

0,0

-29,0

12,6

0,0

0,0

Totale

-56,9

-29,0

12,6

0,0

0,0

Al riguardo si sottolinea che il Governo, durante l’esame del DDL di conversione del decreto-legge n. 79 del 2018, aveva fornito risposta(89) alle osservazioni formulate nel corso dell'esame parlamentare. In particolare si è soffermato sulla metodologia adottata per la predisposizione della RT:

  • la percentuale del 75%, che rappresenta l’incidenza del gettito riferito agli acquisti di carburante per autotrazione è stata calcolata come rapporto tra il totale delle immissioni in consumo in rete e il totale delle immissioni in consumo per la rete e l’extra rete(90) ;
  • la percentuale dell’87,2%, che rappresenta la quota di mancato recupero di gettito rispetto alla relazione tecnica originaria per effetto del rinvio dell’obbligatorietà della fatturazione elettronica, è calcolata come la somma di un tasso del 55% relativo all’evasione delle pompe “bianche” generiche e delle pompe indipendenti con logo personalizzato(91) e del 32,2%(92) relativo all’evasione delle pompe di impianti convenzionati e di impianti di proprietà integrati verticalmente(93) . La ripartizione del tasso di evasione è basata sull’assunzione, che l’incidenza di essa sulle pompe bianche sia pari a quattro volte quella delle pompe colorate(94) ;
  • la percentuale del 33%(95) è una misura prudenziale delle frodi IVA che si possono riscontrare anche nelle operazioni presso impianti stradali di distribuzione;
  • gli effetti dello slittamento della fatturazione elettronica sono stati valutati considerando il fenomeno dell’evasione IVA nella sua massima disaggregazione possibile tra operazioni in rete ed extra rete e tra operazioni effettuate o meno presso impianti stradali di distribuzione.

Considerato che l'articolo in commento ripropone integralmente le disposizioni del citato D.L. n. 79 del 2018 non si hanno osservazioni da formulare, attese le risposte fornite dal Governo.

Il comma 2 incrementa il Fondo per interventi strutturali di politica economica di 12,6 milioni di euro per l'anno 2020.

Il comma 3 provvede alla copertura dell'onere derivante dall'attuazione dei commi 1 e 2 del presente articolo secondo lo schema riportato nella seguente tabella, presentata per una maggiore chiarezza espositiva:

(dati in mln di euro)

2018

2019

2020

Oneri ex commi 1 e 2

56,9

29

12,6

Coperture totali

56,9

29

12,6

Fondo pc MISE ex art 49, co. 2, lett a) e b), D.L. 66/14(96)

3

Fondo pc MISE ex art 34-ter, co. 5, legge 196/09(97)

3

Fondo speciale parte corrente

30,9 (29,9 MEF e 1 MISE)

29 (27 MEF e 2 MISE)

Fondo art 1, co. 199, legge 190/14(98)

20

Maggiori entrate ex comma 1

12,6

Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

La RT nulla aggiunge al contenuto delle disposizioni.

In merito ai profili di copertura, nulla da osservare, atteso che i fondi utilizzati presentano le occorrenti disponibilità.


76) Con la quale si modifica la lettera a) del comma 917 dell’articolo 1 della Legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018).

77) Il comma 920 prevede che gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti passivi IVA devono essere documentati con la fattura elettronica. Quindi, con la novella operata al comma 917, il differimento non coinvolge gli altri soggetti della filiera di produzione e distribuzione (compagnie petrolifere, grossisti, intermediari, etc.) per i quali scatta l’obbligo della fatturazione elettronica dal 1 luglio 2018.

78) Con il quale si modifica il comma 927 dell'art. 1 della citata Legge n. 205 del 2017.

79) Relativo alle cessioni di carburanti e lubrificanti nei confronti di clienti che acquistano al di fuori dell’esercizio di impresa, arte e professione; per tali operazioni il non assoggettamento all’obbligo della certificazione dei corrispettivi slitta dal 1 luglio 2018 al 1 gennaio 2019

80) Il comma reca alcune abrogazioni di disposizioni in materia di documentazione relativa agli acquisti di carburanti per autotrazione; in particolare si fa slittare al 1 gennaio 2019 l’abrogazione: degli obblighi di documentazione sostitutiva della fattura relativa agli acquisti di carburante introdotta dall’articolo 2 della Legge n. 31 del 1977 in applicazione della quale il DM 7 giugno 1977 ha istituito la c.d. scheda carburante; del regolamento di cui al DPR n. 444 del 1997, recante norme per la semplificazione delle annotazioni da apporre sulla documentazione relativa agli acquisti di carburanti per autotrazione; dell’obbligo di emettere fattura, dietro richiesta degli autotrasportatori, in luogo della scheda carburante (l’art. 12 del D.L. n. 457 del 1997); del decreto del direttore del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze 24 giugno 1999 recante gli adempimenti relativi agli acquisti di oli da gas effettuati presso gli impianti di distribuzione di carburanti dagli autotrasportatori, emanato ai sensi del citato articolo 12 del D.L. n. 457 del 1997.

81) Che si riferiscono alle modalità di pagamento con mezzi tracciabili ed al riconoscimento del credito d’imposta agli esercenti gli impianti di distribuzione di carburante.

82) Nei cui confronti rimane l’obbligo, per i distributori, della memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi. Si sottolinea tuttavia che con provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 28 maggio 2018, in fase di prima applicazione, l’obbligo dal 1° luglio 2018 è stato circoscritto alle cessioni effettuate da soggetti che gestiscono impianti di distribuzione stradale “ad elevata automazione, in cui il rifornimento avviene unicamente in modalità self service prepagato muniti di sistemi automatizzati di telerilevazione dei dati di impianto, di terminali per il pagamento tramite accettatore di banconote e moneta elettronica (bancomat, carte di credito, prepagate, etc.) e di sistemi informatici per la gestione in remoto dei dati di carico e di scarico delle quantità di carburante”.

83) Pertanto l’acquisto di carburanti e lubrificanti è effettuato con tutti mezzi di pagamento diversi dal denaro contante quali: bonifico bancario o postale, assegni, addebito diretto in conto corrente, carte di credito, bancomat e carte prepagate.

84) La restante parte di 47,4 mln di euro è imputabile all’applicazione della fattura elettronica alle transazioni del settore degli appalti pubblici.

85) Cioè: (33,8 mln di euro*75%*87,2%) = 22,1 mln di euro.

86) Così definiti i soggetti che espongono il proprio marchio e si riforniscono autonomamente nel c.d. mercato extra-rete.

87) Cioè: (121*33%*87,2%) = 34,8 mln di euro.

88) Quindi: 22,1 mln di euro + 34,8 mln di euro.

89) Con nota del ministero dell’economia e delle finanze – Ufficio del coordinamento legislativo – Ufficio legislativo – Economia, del 10 luglio 2018.

90) Dati pubblicati nelle statistiche del MISE.

91) Per esse ipotizza che il gettito sia integralmente non recuperato.

92) Cioè: (45%-28,5%*45%)

93) C.d. pompe colorate Per queste assume un parziale recupero di gettito dell’ammontare dell’evasione IVA pari al 28,5% (cioè la quota del 45% delle pompe colorate - rappresentata dal complemento a 100 del 55% dell’evasione delle pompe bianche).

94) Considerando anche le risultanze dei controlli effettuati dall’amministrazione finanziaria.

95) Definita sulla base di informazioni acquisite dalle associazioni di categoria.

96) Si tratta del Fondo di parte corrente per il finanziamento di nuovi programmi di spesa, di programmi già esistenti e per il ripiano dei debiti fuori bilancio istituito in esito al riaccertamento straordinario dei residui passivi ai sensi del decreto-legge n. 66 del 2014, iscritto nel capitolo 1751 dello stato di previsione del MISE

97) Si tratta del Fondo di parte corrente alimentato dalle risorse finanziarie rivenienti dal riaccertamento dei residui passivi perenti a seguito della verifica della sussistenza delle relative partite debitorie da ripartire tra i programmi di spesa dell'amministrazione, iscritto nel capitolo 1753 dello stato di previsione del MISE

98) Si tratta del Fondo per esigenze indifferibili, iscritto nel capitolo 3073 dello stato di previsione del MEF

Articolo 12
(Split payment)

Le disposizioni in commento escludono(99) dall'applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti (c.d. split payment) le prestazioni di servizi rese alle pubbliche amministrazioni(100) dai soggetti i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta di acconto per prestazioni di lavoro autonomo (comma 1).

L'esclusione opera per le operazioni per le quali è emessa fattura successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in commento (comma 2)(101) .

Si ricorda che in base al citato meccanismo, le pubbliche amministrazioni - per i loro acquisti di beni e servizi, per i quali le stesse non siano debitori di imposta - devono versare l'IVA addebitata dal fornitore non già allo stesso ma direttamente all'erario. In tal modo il pagamento del corrispettivo è scisso da quello dell'imposta(102) .

La RT, dopo aver brevemente illustrato le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, riporta nella tabella di seguito riprodotta gli effetti finanziari, considerata l'entrata in vigore a decorrere da luglio 2018 e fino a giugno 2020 (termine di scadenza della deroga UE della misura).

(milioni di euro)

2018

2019

2020

2021

IVA Lorda a)

-79

-159

-79

0

Rimborsi b)

-30

-60

-30

0

Compensazioni c)

-14

-29

-14

0

IVA al netto di rimborsi e compensazioni
d) = a) – b) – c)

-35

-70

-35

0

Al riguardo si evidenzia che, il tenore letterale del comma 2 dell'art. 17-ter, abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. c) del D.L. 50 del 2017 faceva esclusivo riferimento alle prestazioni di servizi i cui compensi sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta. Tuttavia l'Agenzia delle entrate, con la circolare interpretativa 15/E del 13 aprile 2015 ha escluso l'applicazione della disciplina dello split payment anche per i compensi assoggettabili a ritenuta alla fonte a titolo di acconto. Si legge nella circolare citata, a supporto dell'opzione interpretativa adottata, che la ratio perseguita dal Legislatore, con l’espressione “a titolo d’imposta sul reddito” di cui all’art. 17-ter, comma 2, sia quella di ricomprendere tra le fattispecie escluse anche i compensi pagati a soggetti che rendono all’ente pubblico prestazioni di lavoro autonomo i cui compensi sono assoggettati a ritenute a titolo di acconto. Ne deriva che, come si legge nella relazione illustrativa, la norma in commento che fa riferimento ad entrambe le fattispecie di ritenuta alla fonte(103) , sarebbe coerente con l'interpretazione data dall'Agenzia delle entrate.

Si ricorda che la RT annessa al D.L. n. 50 del 2017, in relazione all'abrogazione del comma 2 dell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, operata dall'art. 1, comma 1, lett. c) del citato DL n. 50 osservava che la misura "è volta ad estendere l’ambito oggettivo dello Split Payment agli acquisti di prestazioni di lavoro autonomo che subiscono, in sede di fatturazione, una ritenuta d’imposta sul reddito. Attualmente, il meccanismo non si applica a questi soggetti come indicato nella Circolare 13 aprile 2015, n. 15/E dell’Agenzia delle Entrate - “Il meccanismo della scissione dei pagamenti non si applica alle prestazioni di servizi rese alle PA i cui compensi siano assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all'art. 25 del D.P.R. n. 600 del 1973”.

Rilevava quindi che: "Il totale degli acquisti di prestazioni di lavoro autonomo delle Pubbliche amministrazioni che operano in regime di Split Payment è di oltre due miliardi di euro, cui corrisponde un’IVA di circa 0,3 miliardi di euro. Considerando l’entrata in vigore della disposizione il 1° luglio 2017, per il 2017, si stima un recupero di 35 milioni di euro (70 milioni di euro su base annua).

Si rappresenta inoltre che il D.L. n. 50, introducendo il nuovo comma 1-ter all'art. 17 ter del D.P.R. n. 633 del 1972, ha disposto che la scissione dei pagamenti opera fino al termine di scadenza della speciale misura di deroga rilasciata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'art. 395 della direttiva 2006/112/CE.

Una prima deroga era stata concessa fino al 31 dicembre 2017 con la decisione n. 1401/2015 del 14 luglio 2015. Dopo il varo del D.L. 50, è stata formulata dall'Italia una nuova richiesta di proroga accolta dal Consiglio dell'Unione europea in data 6 maggio 2017 (decisione di esecuzione (Ue) 2017/784 del 25 aprile 2017); conseguentemente è stata disposta la proroga della misura di deroga fino al 30 giugno 2020.

Si riscontra la quantificazione di cui alla norma in commento nella parte in cui indica il recupero di gettito al netto di rimborsi e compensazioni nei valori (35 e 70 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018). Non è possibile riscontrare i valori indicati in termini di IVA lorda.

Il comma 3 provvede alla copertura dell’onere recato dall'articolo, pari a 35 milioni di euro per l'anno 2018, a 70 milioni di euro per l'anno 2019 e a 35 milioni di euro per l'anno 2020, derivante dall’abolizione del cosiddetto split payment per le prestazioni di servizi rese da soggetti i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto.

Alla copertura delle minori entrate derivanti da detta abolizione si provvede:

  1. quanto a 41 milioni di euro per l'anno 2019 e a un milione di euro per l’anno 2020 mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente relativo al bilancio triennale 2018-2020, utilizzando gli accantonamenti dei seguenti ministeri:
  • Ministero dell'interno per 4 milioni di euro per l'anno 2019;
  • Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per un milione di euro per l'anno 2019;
  • Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per 5 milioni di euro per l'anno 2019;
  • Ministero dell'economia e delle finanze per 24 milioni di euro per l'anno 2019;
  • Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 2 milioni di euro per l'anno 2019;
  • Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per 5 milioni di euro per l'anno 2019;
  • Ministero dello sviluppo economico per un milione di euro per l'anno 2020;
  1. quanto a 15 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente utilizzo del Fondo di parte corrente per il finanziamento di nuovi programmi di spesa, di programmi già esistenti e per il ripiano dei debiti fuori bilancio istituito in esito al riaccertamento straordinario dei residui passivi, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico;
  2. quanto a 8 milioni di euro per l’anno 2019, mediante riduzione del fondo per interventi strutturali di politica economica;
  3. quanto a 35 milioni per l’anno 2018, a 6 milioni di euro per l’anno 2019 e a 34 milioni di euro per l’anno 2020, mediante quota parte delle maggiori entrate di cui all’articolo 9, comma 6, del provvedimento in esame.

La RT descrive la norma.

Al riguardo, la nota del Governo depositata nel corso dei lavori alla Camera dei deputati ha confermato che l'utilizzazione delle risorse accantonate nella Tabella A del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, non è suscettibile di creare difficoltà o ritardi nell'adozione dei programmati provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali. Il Governo ha altresì confermato che l'integrale utilizzo delle risorse presenti per l'anno 2019 nel Fondo del Ministero dello sviluppo economico derivante dal riaccertamento straordinario dei residui passivi non presenta profili di criticità in quanto non risultano interventi già programmati a legislazione vigente a valere sulle medesime risorse. Infine, il Governo ha confermato che le risorse utilizzate a copertura per l'anno 2019 sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica sono effettivamente disponibili e la riduzione della sua dotazione non pregiudicherà la realizzazione di interventi già previsti a legislazione vigente a valere sulle risorse ivi allocate.

Alla luce dei chiarimenti forniti dal Governo non vi sono osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.


99) Con il nuovo comma 1-sexies all'articolo 17-ter del D.P.R. n. 66 del 1972.

100) Di cui ai commi 1, 1-bis e 1- quinquies dell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972.

101) Dal tenore letterale della disposizione, considerato che il decreto entra in vigore il 14 luglio 2018 - il giorno successivo alla data di pubblicazione in GU (avvenuta il 13 luglio 2018) - le fattura interessate sono quelle emesse a partire dal 15 luglio.

102) Introdotto dall'art. 1, comma 629, lett. b) della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) che ha novellato il D.P.R. n. 633 del 1972, introducendovi l'art. 17- ter. Con l'art. 1 del D.L. n. 50 del 2017, art. 1 lo split payment è stato esteso a tutte le Amministrazioni, gli enti ed i soggetti inclusi nel conto consolidato della pubblica amministrazione di cui all'art. 1, comma 2 della L. n. 196 del 2009 nonché ad altre tipologie di soggetti. Inoltre, con l'abrogazione del comma 2 dell'art. 17-ter, operata sempre dal D.L. n. 50, lo split payment è stato applicato ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito (compensi dei professionisti).

103) A titolo di imposta o a titolo di acconto.

Articolo 12-bis
(Compensazione delle cartelle esattoriali in favore di imprese e professionisti titolari di crediti nei confronti della pubblica amministrazione)

La disposizione in commento, introdotta dalla Camera dei deputati, estende anche all'anno 2018 con riferimento ai carichi affidati agli agenti della riscossione entro il 31 dicembre 2017 le possibilità di compensazione in titolo, già previste dall'articolo 12, comma 7-bis del D.L. n. 145 del 2013, con le modalità disciplinate dal Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 settembre 2014(104) .

Si ricorda che la citata disposizione del D.L. n. 145 del 2013, disponeva che le cartelle esattoriali potevano essere compensate nell'anno 2014 con i crediti certificati vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione per somministrazione, forniture ed appalti e servizi anche professionali, non prescritti, certi liquidi ed esigibili. La compensazione è ammessa quando la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato. Si fa quindi rinvio ad un DM attuativo per l'individuazione degli eventi diritto, le modalità di trasmissione dei relativi elenchi all'agente della riscossione e la definizione delle modalità della compensazione nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica.

La norma è stata interessata da successive proroghe per gli anni 2015, 2016 e 2017 (105) .

La RT integrativa, dopo aver ricordato sinteticamente la disciplina in discorso, evidenzia che trattasi di una riproposizione di proroghe già effettuate con precedenti provvedimenti. Al fine di garantire gli equilibri di finanza pubblica, la possibilità di compensazione è riconosciuta limitatamente ai carichi affidati agli agenti della riscossione entro il 31 dicembre 2017.

Alla disposizione in esame non ascrive pertanto effetti finanziari.

Al riguardo, si rappresenta che, per la RT associata al comma 7-bis dell'art. 12 del D.L. n. 145 del 2013, la disposizione non comporta effetti negativi di gettito e per l’Erario in quanto la facoltà di compensazione è subordinata all'adozione di un DM che deve individuare modalità di attuazione tali da assicurare gli equilibri di finanza pubblica. La medesima valutazione si legge anche nelle pertinenti relazioni tecniche prodotte a corredo delle disposizioni (riportate in nota 105) che hanno esteso per gli anni successivi le possibilità di compensazione in commento(106) .

Si osserva che la disposizione in titolo, al pari delle altre che hanno interessato la materia, è in astratto suscettibile di determinare variazioni (per importi e tempi di definizione) in ordine ai flussi di cassa rispettivamente interessati (quelli relativi al pagamento delle cartelle esattoriali e quelli concernenti le erogazioni delle spettanze per appalti in generale). In assenza della disposizione in commento, per tali effetti finanziari si sarebbe registrata una differente articolazione in relazione a modalità, tempi e valori. Si possono quindi ipotizzare in astratto disallineamenti tra l'andamento finanziario stimato nel quadro tendenziale a legislazione vigente e quello che risulterebbe a seguito del varo della nuova disciplina.

È la stessa norma originaria - confermata da quanto si legge nelle pertinenti relazioni tecniche - a dare conto peraltro dell'esigenza di rispetto degli equilibri di finanza pubblica: il previsto DM è infatti chiamato ad individuare modalità attuative tali da assicurare il rispetto del citato equilibrio.

Dalla lettura del DM del 24 settembre 2014, si evince che la individuazione delle modalità di compensazione è sostanzialmente operata attraverso il rinvio ai decreti ministeriali del 25 giugno 2012 e del 19 ottobre 2012. In particolare il primo provvedimento all'art. 2 reca disposizioni in merito al rispetto dei vincoli di finanza pubblica per gli enti territoriali e del servizio sanitario nazionale.

In relazione al previsto rinvio ad un provvedimento chiamato ad individuare modalità attuative tali da assicurare il rispetto degli equilibri di finanza pubblica, si rileva che, in tal modo, si sottrae al Parlamento la possibilità di verificare ex ante l'assenza di squilibri finanziari associabili alle disposizioni in commento, disattendendo in tal modo quanto prescritto dalla legge di contabilità e finanza pubblica (cfr. art. 17 della L. 196 del 2009).

Si rileva che la norma approvata dalla Camera dei deputati, senza far più alcun riferimento alle predette esigenze di equilibrio della finanza pubblica, parrebbe assumere le modalità previste nel 2014 dal citato DM come adeguate a tal fine anche nel 2018 per i carichi affidati entro il 31 dicembre 2017, pur in presenza di flussi finanziari pertinenti che si potrebbero ipotizzare attualmente differenti da quelli del periodo 2012/2014.

Si rappresenta inoltre che le norme intervenute hanno fatto sempre rinvio ad un nuovo DM attuativo da adottarsi entro il termine di volta in volta indicato(107) . Diversamente la disposizione in commento riconosce perdurate validità ai criteri individuati dal DM del 2014.

In considerazione di quanto precede, la relazione tecnica, tenuto conto anche della reiterazione della misura nel tempo, dovrebbe recare elementi informativi aggiuntivi; l'approfondimento suggerito dovrebbe:

consentire di chiarire le ragioni poste alla base della differente opzione normativa nel 2018, rispetto a quanto si rinviene per le norme intervenute in materia dal 2014 al 2017 che hanno sempre fatto rinvio ad un provvedimento attuativo ad hoc da adottarsi entro un termine fissato(108) ;

offrire un quadro informativo aggiornato delle compensazioni effettivamente perfezionate nel periodo 2014-2017 (fornendo numeri, valori e riscontri circa l'assenza di squilibri finanziari);

confermare espressamente l'adeguatezza del meccanismo delineato nei citati DM attuativi del periodo 2012/2014 ad escludere squilibri finanziari anche per il 2018 in relazione alle ipotizzate compensazioni.


104) Pubblicato nella GU n. 236 del 10 ottobre 2014.

105) Disposte dall'art. 1, comma 19 della Legge n. 190 del 2014, dall'art. 1, comma 129, della legge n. 208 del 2015 e dall'art. 9- quater del D.L. n. 50 del 2017.

106) Nella RT associata all'art. 9-quater del D.L. n. 50 del 2017 - che, si ricorda, fa rinvio al DM attuativo da adottarsi entro trenta giorni dalla data di conversione del decreto - si legge che alla disposizione in esame non si associano effetti finanziari.

107) In relazione alle predette norme sono stati adottati il DM 13 luglio 2015 (per le compensazioni del 2015), il DM 27 giugno 2016 (per le compensazioni del 2016) ed il DM 9 agosto 2017 (per le compensazioni del 2017); tutti i provvedimenti attuativi hanno fatto rinvio alle modalità applicative previste dal DM 24 settembre 2014.

108) È pur vero che tutti i provvedimenti attuativi hanno fatto rinvio al DM 24 settembre 2014.

Capo V
Disposizioni finali e di coordinamento

Articolo 13
(Società sportive dilettantistiche)

Con il comma 1, si abrogano le disposizioni della legge di bilancio 2018(109) che avevano consentito per le società sportive dilettantistiche di esercitare l'attività anche in forma societaria con scopo di lucro. Era stata inoltre introdotta un'agevolazione fiscale per il regime di tassazione del reddito (riduzione alla metà dell'Imposta sul reddito delle società - IRES).

Nello specifico sono abrogati:

  • la norma che consentiva per l'esercizio dell'attività sportiva dilettantistica l'utilizzo di una delle forme societarie del titolo V del codice civile: società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni (comma 353, LB2018);
  • la norma che tipizzava lo statuto delle società sportive dilettantistiche con scopo di lucro (comma 354, LB 2018);
  • la disposizione che introduceva la riduzione alla metà dell'IRES, precisando che l'agevolazione trovava applicazione nel rispetto delle condizioni e dei limiti del Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013, relativo agli aiuti de minimis. Si dispone quindi, in deroga allo statuto del contribuente(110) , che l'abrogazione del predetto regime fiscale agevolato decorra dal periodo di imposta in corso dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento (14 luglio 2018) (comma 355 LB 2018);
  • la disciplina fiscale e contributiva dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co) stipulati dalle società sportive dilettantistiche aventi scopo di lucro (commi da 358 a 360, LB 2018); nello specifico viene meno anche la possibilità di qualificare sotto il profilo fiscale i compensi da co.co.co. come redditi diversi se i contratti sono stipulati da società ed associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI ovvero redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente se stipulati da società dilettantistiche lucrative riconosciute dal CONI; inoltre sotto il profilo contributivo, si prevede per i primi cinque anni che, in presenza di specifici requisiti, i contributi riferiti alle collaborazioni sono calcolati sul 50 % del compenso.

I commi 2, 3 e 4 recano disposizioni di coordinamento. In particolare:

  • espunge il riferimento alle società sportive dilettantistiche tra le fattispecie per le quali non trova applicazione la presunzione di lavoro subordinato per i contratti di collaborazione posti in essere (comma 2);(111)
  • fa venir meno il regime agevolato IVA (con aliquota al 10%), efficace dal 1 gennaio 2018, per i servizi di carattere sportivo resi dalle società sportive dilettantistiche lucrative riconosciute dal CONI nei confronti di quanti praticano attività sportiva a titolo occasionale o continuativo in impianti gestiti da tali società (comma 3);(112)
  • reintroduce la disciplina in materia di uso ed impianti sportivi vigente anteriormente al varo della legge di bilancio 2018 (comma 4).

Il comma 5 reca l'istituzione nello stato di previsione del MEF di un fondo da destinare in favore delle società sportive dilettantistiche con la seguente dotazione finanziaria: -3,4 mln di euro per il 2018; -11,5 mln di euro per l'anno 2019; -9,8 mln di euro nel 2020; -10,2 mln di euro nel 2021; -10,3 mln di euro nel 2022; -5,6 mln di euro nel 2023; -5,2 mln di euro a decorrere dal 2024.

Le risorse sono assegnate all'Ufficio per lo sport presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Ai relativi oneri si provvede mediante le maggiori entrate e le minori spese derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 1 e 3.

L'articolo non è stato interessato da modifiche a seguito dell'esame presso la Camera dei deputati.

La RT ricorda che il fine sotteso alla possibilità di esercitare le attività sportive dilettantistiche anche con scopo di lucro, prevedendo l'utilizzo della forma societaria, era quello di superare la distinzione tra sport dilettantistico e professionistico, fondata sulla non lucratività del primo. A tal fine era stato introdotto anche un regime fiscale dì favore tanto sul fronte delle imposte dirette quanto su quello delle indirette.

Evidenzia quindi le non marginali criticità della riforma che ha innestato strumenti e logiche imprenditoriali nell'ambito di un settore caratterizzato da inequivocabili peculiarità, tanto è vero che sono sorti dubbi in merito alla possibilità per le richiamate società di svolgere soltanto attività sportive dilettantistiche o anche attività diverse e, in quest'ultima ipotesi, se le seconde dovessero risultare connesse, strumentali o secondarie rispetto alle prime. Criticità che hanno finora impedito che il disegno di riforma avesse pratica attuazione.

L'entrata in vigore della riforma del "terzo settore" (decreto legislativo n. 117 del 2017) e dell'impresa sociale (decreto legislativo n. n. 112 del 2017) ha indotto ad una rimeditazione della tematica, in ragione della possibilità per gli Enti ivi contemplati di organizzare o gestire anche attività sportive dilettantistiche.

Anche le disposizioni agevolative hanno introdotto vantaggi eccessivamente selettivi e poco coordinati con il resto del sistema: in primis il dimezzamento dell'IRES (su utili di cui l'impresa può disporre liberamente) e la parziale decontribuzione previdenziale; dal punto di vista lavoristico, poi, la possibilità di beneficiare dell'utilizzo di collaborazioni coordinate e continuative rappresentava una ulteriore incongruenza del sistema.

Illustra quindi brevemente la disciplina abrogata.

Sotto il profilo finanziario ricorda che le disposizioni abrogate riguardano, tra l'altro, la riduzione alla metà dell'aliquota IRES applicata alle società sportive dilettantistiche, l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta al 10% in favore di chi pratica attività sportiva in impianti gestiti da società sportive dilettantistiche lucrative riconosciute dal Coni e una agevolazione contributiva per i collaboratori coordinati e continuativi che prestano la loro opera in favore delle società dilettantistiche lucrative riconosciute dal Coni.

Riporta quindi in apposita tabella, in coerenza con quanto indicato nella relazione tecnica correlata al provvedimento originario, i seguenti effetti in termini di maggiori risorse:

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

comma 355

4,2

2,4

2,4

2,4

2,4

2,4

comma 357

1,4

2,8

2,8

2,8

2,8

2,8

2,8

comma 360

2,0

4,5

4,6

5

5,1

0,4

0

Totale

3,4

11,5

9,8

10,2

10,3

5,6

5,2

Al riguardo, da verifica effettuata con le stime indicate nella relazione tecnica annessa alla legge di bilancio 2018, in relazione alle pertinenti disposizioni, si riscontrano positivamente i valori rappresentati in tabella.

Nello specifico la tabella che segue riporta i valori associati alle disposizioni della legge di bilancio 2018 interessate dalle abrogazioni di cui al provvedimento in commento.

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

commi 353-355

(IRES 50%)

0,0

- 4,2

- 2,4

- 2,4

- 2,4

- 2,4

- 2,4

comma 356

(art. 2, comma 2, lett. d) del D.Lgs. n. 81 del 2015.

Non comporta oneri

comma 357

(IVA 10%)

con effetto dal 1 gennaio 2018

- 2,8

- 2,8

- 2,8

- 2,8

- 2,8

- 2,8

- 2,8

comma 358

Qualificazione delle collaborazioni

rese a fini istituzionali

La disposizione non comporta effetti finanziari

comma 359

qualificazione tributaria dei compensi

Le disposizioni non determinano sostanziali effetti

comma 360

contribuzione agevolata al 50% per cinque anni

con effetto dal 1 gennaio 2018

- 4, 1

- 4,5

- 4,6

- 5

- 5,1

- 0,4

0

Totale

-6,9

-11,5

-9,8

-10,2

-10,3

-5,6

-5,2

Per l'anno 2018, occorre considerare che:

per l'abrogazione del regime IRES agevolato, la prevista applicazione retroattiva determina l'assenza di effetti finanziari per l'anno 2018;

per il regime IVA al 10%, poiché l'abrogazione ha effetto dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento, la norma determina per l'anno 2018 un recupero di gettito per circa 6 mesi (la RT considera un importo di 1,4 mln di euro coerente con il valore annuale pari a 2, 8 milioni di euro)

per il regime il regime di contribuzione agevolata, poiché l'abrogazione opera dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento, la norma determina per il 2018 un recupero di risorse riferite a circa 6 mesi (la RT considera un importo di 2, 0 mln di euro coerente con il valore stimato per il medesimo anno pari a 4, 1 mln di euro).


109) Si tratta dei commi 353, 354, 355, 358, 359 e 360 dell'art. 1 della legge n. 205 del 2017.

110) Si tratta dell'art. 3, comma 1 della legge n. 212 del 2002 che dispone l'irretroattività delle norme fiscali e, per i tributi periodici, l'applicazione delle modifiche solo a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che lo prevedono.

111) Novellando l'art. 2, comma 2, lett. d) del D.Lgs. n. 81 del 2015 che, si ricorda era stata modificato dal comma 356 dell'art. 1 della Legge di bilancio 2018.

112) L'agevolazione è prevista nel nuovo numero 123-quater della Tabella A, parte III allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dall'art. 1, comma 357 della legge di bilancio 2018 con effetto dal 1 gennaio 2019.

Articolo 14
(Copertura finanziaria)

Il comma 1 incrementa il Fondo ISPE nei termini di seguito riepilogati:

oneri

2018

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

Dal 2028 (annui)

FISPE

4,5

28,1

68,9

69,2

69,5

69,9

70,3

70,7

71

71,3

Alla copertura degli oneri anzidetti e di quelli derivanti dagli articoli 1 e 3, valutati pari a quanto di seguito riprodotto:

Oneri

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

Dal 2028

(annui)

Artt. 1 e 3

17,2

136,2

67,1

67,8

68,5

69,2

69,8

70,5

71,2

72

72,7

Il comma 2 provvede nei termini di seguito schematizzati per maggiore chiarezza espositiva:

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

Dal 2028

Riduz. Autorizz. Spesa art. 1, co. 107, l. 190/2014(113)

5,9

7,4

Riduz. Fondo ISPE

10,8

Parte delle entrate ex art. 9, co.6

4,5

42,5

2

36

36

36

36

36

36

36

36

Maggiori entrate e minori spese ex artt. 1 e 3

11,3

75,5

104,1

120

121,2

122,4

123,6

124,9

126,2

127,5

128,7

Il comma 3 demanda all'INPS il compito di monitorare trimestralmente le maggiori spese e le minori entrate di cui agli articoli 1, 2 e 3 e di comunicare le relative risultanze al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze entro il mese successivo al trimestre di riferimento, anche ai fini dell'adozione delle eventuali iniziative da intraprendere ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009.

Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

La RT nulla aggiunge al contenuto dell'articolo.

Al riguardo, preso atto dei chiarimenti forniti dal rappresentante del Governo(114) circa la disponibilità delle risorse utilizzate a copertura appostate presso il Fispe(115) e il fatto che la quota utilizzata del Fondo per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti normativi di riforma degli ammortizzatori sociali(116) (ex art. 1, comma 107, della legge n. 190 del 2014) è quella che è residuata in seguito alla completa attuazione dei decreti legislativi della riforma degli ammortizzatori sociali e comunque - come anticipato in sede di risposta ai rilievi del Servizio bilancio della Camera - non pregiudicherà la realizzazione di interventi già programmati a valere sulle risorse ivi allocate, non vi sono rilievi da formulare.

In ordine all'inserimento dell'articolo 2, al quale non sono ascritti effetti di natura finanziaria, nel novero delle disposizioni (onerose) oggetto del monitoraggio da parte dell'INPS ai sensi del comma 3, il Governo ne ha ribadito l'appropriatezza, trattandosi di norma che interagisce con l'articolo 1.


113) Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti normativi di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, di quelli in materia di riordino dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, nonché per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la stipula di contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti.

114) V. BOLLETTINO DELLE GIUNTE E COMMISSIONI PARLAMENTARI, V Commissione, 25 luglio 2018, pagg. 106-107.

115) Iscritto al capitolo 3075 dello stato di previsione del MEF.

116) Iscritto al capitolo 1250 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.