SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVIII LEGISLATURA ------

397a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO (*)

MERCOLEDÌ 19 GENNAIO 2022

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Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI,

indi del vice presidente CALDEROLI,

del vice presidente TAVERNA

e del vice presidente ROSSOMANDO

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(*) Il testo della Relazione del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia,
consegnato alla Presidenza dal ministro Cartabia, è pubblicato nel documento IX, n. 4

N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC: FIBP-UDC; Fratelli d'Italia: FdI; Italia Viva-P.S.I.: IV-PSI; Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione: L-SP-PSd'Az; MoVimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP-PATT, UV): Aut (SVP-PATT, UV); Misto: Misto; Misto-IDEA-CAMBIAMO!-EUROPEISTI-NOI DI CENTRO (Noi Campani): Misto-I-C-EU-NdC (NC); Misto-Italexit per l'Italia-Partito Valore Umano: Misto-IpI-PVU; Misto-Italia dei Valori: Misto-IdV; Misto-Liberi e Uguali-Ecosolidali: Misto-LeU-Eco; Misto-MAIE: Misto-MAIE; Misto-+Europa - Azione: Misto-+Eu-Az; Misto-PARTITO COMUNISTA: Misto-PC; Misto-Potere al Popolo: Misto-PaP.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,03).

Si dia lettura del processo verbale.

GIRO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che all'inizio della seduta il Presidente del Gruppo MoVimento 5 Stelle ha fatto pervenire, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, la richiesta di votazione con procedimento elettronico per tutte le votazioni da effettuare nel corso della seduta. La richiesta è accolta ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Relazione del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia e conseguente discussione (ore 9,05)

Approvazione della proposta di risoluzione n. 3. Reiezione delle proposte di risoluzione nn. 1 e 2

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Relazione del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia».

Dopo l'intervento del Ministro avrà luogo il dibattito, i cui tempi sono stati stabiliti dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari.

Ha facoltà di parlare il ministro della giustizia, professoressa Cartabia.

CARTABIA, ministro della giustizia. Signor Presidente, illustri senatrici e senatori, permettetemi di introdurre questa relazione sull'amministrazione della giustizia leggendo le parole di una lettera tra le numerosissime indirizzate al Ministro della giustizia. Era l'8 marzo scorso ed ero da poco insediata.

«Illustre signora Ministro, le scrivo questa lettera pubblica per chiedere il suo conforto, affranta dalla morte sul lavoro di mio figlio Roberto» - che era avvenuta quattro anni prima - «e dalla impossibilità di vedere celebrato il processo in tempi ragionevoli. Ho settantacinque anni e sono vedova. Roberto, il più piccolo dei miei figli, era il mio sostegno in tutto. Aveva trentadue anni e viveva con me.

Il nostro processo non si riesce a celebrare, nonostante rientri tra quelli cosiddetti a trattazione prioritaria. Il tribunale non è in grado di far svolgere in sicurezza i processi con più parti, a causa della carenza di aule attrezzate, a causa di carenza di risorse e di personale. Per questa ragione, in un anno e mezzo da quando è iniziato il dibattimento, a causa di continui rinvii, è stato sentito solo uno dei circa 20 testimoni.

Con questa cadenza, il processo di primo grado durerà numerosi anni. Sono sicura che morirò prima di vedere la fine di questo processo, senza poter sapere come e da chi è stato ucciso mio figlio. Le scrivo come madre, vedova, umile cittadina, per chiedere il suo conforto e, nei limiti delle sue possibilità e competenze, di approfondire la disastrosa realtà di quel tribunale. Prima di morire, vorrei poter andare sulla tomba di mio figlio Roberto per dirgli che la giustizia terrena ha fatto il suo corso».

La storia di quest'anziana madre non è isolata. È una storia paradigmatica e dà voce a tanti cittadini. È per ciascuno di loro che l'azione del Ministero della giustizia è stata orientata, con determinazione, verso un obiettivo che ho ritenuto cruciale: riportare i tempi della giustizia entro limiti di ragionevolezza, come chiede la Costituzione, come chiedono i principi europei.

Il principio della ragionevole durata del processo e gli altri principi costituzionali europei che presidiano la corretta amministrazione della giustizia sono scritti per questo, per rispondere all'esigenza di chi, come quest'anziana madre, attende dai nostri uffici giudiziari una parola di giustizia, che sia tempestiva, perché processi irragionevolmente lunghi rappresentano un vulnus per tutti: per gli indagati e per gli imputati, che subiscono oltre il necessario la pena del processo e il connesso effetto di stigmatizzazione sociale; per i condannati, che si trovano a dover eseguire una pena a distanza di tempo, quando ben possono essere - e perlopiù sono - persone diverse da quelle che hanno commesso il reato; per gli innocenti, che hanno ingiustamente subito oltre misura il peso di un processo che può aver distrutto le relazioni personali e professionali; e soprattutto per le vittime e per la società, che non ottengono in tempi ragionevoli un accertamento dei fatti e delle responsabilità, com'è doveroso in un sistema di giustizia che aspiri ad assicurare la necessaria coesione sociale.

La lettera di quell'anziana madre ci indica anche dove, in molti casi, si annidano i problemi che ostacolano il lavoro dei magistrati e degli avvocati. Quel processo per incidente sul lavoro, uno dei troppi processi per incidenti sul lavoro, stentava a partire essenzialmente per una carenza di spazi adeguati, risorse umane e strumentali e questo fa riflettere.

I grandi, nobili principi costituzionali ed europei (la durata del processo, il diritto di difesa, l'accesso alla giustizia) hanno bisogno di solido realismo e di pragmatica concretezza per non ridursi a vuota retorica. Come sarebbe stato il maxiprocesso di Palermo senza quell'aula bunker che fu oggetto dell'impegno dell'allora ministro della giustizia Mino Martinazzoli? I grandi principi hanno bisogno di organizzazione e risorse; hanno bisogno di magistrati, uomini e donne nelle cancellerie, oltre che nelle aule di udienza; hanno bisogno di strumenti informatici funzionanti e di edifici agibili. Sembrano cose scontate, ma non lo sono nello stato attuale del nostro sistema giustizia.

Questo è principalmente lo sforzo che il Ministero sta compiendo, in linea di continuità con il precedente Governo, che aveva predisposto un piano straordinario per le assunzioni. Spettano al Ministero della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi per la giustizia, come recita l'articolo 110 della Costituzione; è compito del Ministro, quindi, ed è servizio alla funzione del giudicare, servizio a tutti i suoi attori, procuratori, giudici e avvocati, e soprattutto è servizio ai cittadini.

L'anno della giustizia 2021 è stato segnato da due fattori di contesto che hanno dominato tutto il sistema Paese: la pandemia e la pianificazione del PNRR con la sua prima attuazione, due elementi che, da un lato, hanno posto continui imprevisti, sfide e problemi, ma dall'altro hanno anche offerto una serie di opportunità e di spinte al cambiamento. Le emergenze si sono susseguite senza interruzione e quest'ultima ondata di contagi ha acuito ulteriormente le criticità, ma ogni giorno abbiamo cercato nuovi rimedi ai sempre nuovi problemi, abbiamo ricominciato e incessantemente reinventato il nostro modo di lavorare. Mi sia consentito di cogliere questa occasione per ringraziare pubblicamente e sentitamente i magistrati, gli avvocati, il personale amministrativo, la Polizia penitenziaria, tutto il personale degli istituti penitenziari e i volontari, che hanno continuato a far funzionare la macchina della giustizia e dell'esecuzione penale con spirito di adattamento e senza sottrarsi a rischi non trascurabili.

Anche per la continuità di altre fondamentali attività ordinarie sono serviti impegno, creatività e capacità di riorganizzazione. Era indispensabile rimettere in moto le prove per l'esame per l'avvocatura, i concorsi per la magistratura (uno per 310 posti si è svolto la scorsa estate e un secondo per altri 500 è stato bandito da poco) e poi i concorsi per l'ingresso di altro personale (sono in corso le prove orali per 2.242 funzionari che erano state sospese per Covid).

Inoltre, occorreva reinventare le modalità per i colloqui, le visite e le varie attività lavorative, culturali ed educative in carcere, per citare solo alcune delle emergenze recenti. Mentre l'emergenza sanitaria premeva con tutte le sue imperiose criticità, però, abbiamo messo a punto progetti e riforme strutturali a lungo termine, connessi agli obiettivi e alle opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo da avviare il nostro sistema giustizia verso le grandi linee di modernizzazione concordate con le istituzioni europee.

L'abbiamo detto mille volte: l'obiettivo, nell'arco di cinque anni, è l'abbattimento del 40 per cento del tempo medio di durata dei processi civili e del 25 per cento di quello dei processi penali. Ad oggi possiamo dire senza dubbio di aver conseguito - invero, anche in parte superato - gli impegni e gli obiettivi previsti per il 31 dicembre 2021. Il PNRR chiedeva l'approvazione delle leggi delega in materia di processo civile e processo penale, interventi in tema di insolvenza e l'avvio del reclutamento del processo, e lo abbiamo fatto.

Uno sguardo di insieme a quest'anno intenso di lavoro, ricco di impegni e di traguardi, può essere riassunto secondo tre chiavi di lettura. La prima potrebbe essere definita così: dalla crisi un'opportunità, ovvero dalle misure emergenziali possibilità di riforme strutturali. Infatti, un indirizzo di quest'amministrazione è stato quello di cogliere le opportunità di rinnovamento del sistema giustizia emerse nella situazione della crisi in cui la pandemia ci ha posto, valutando quali misure, anche tra quelle imposte dalla contingenza, potranno tradursi in modifiche strutturali. Si pensi alle modalità di accesso alla professione di avvocato, che sono state cambiate, ma anche alle nuove modalità di svolgimento delle udienze, sia civili sia penali, e più in generale all'accelerazione della transizione digitale nei palazzi di giustizia e negli istituti penitenziari. Valuteremo quali di questi aspetti hanno funzionato e potranno essere mantenuti.

In questa prospettiva, del resto, il PNRR chiede all'Italia - per il sistema giustizia - non interventi tampone, destinati a esaurirsi nell'orizzonte temporale del Piano, ma uno sforzo preordinato per un miglioramento definitivo.

Credo che, con l'occasione della riflessione sul PNRR, si sia finalmente compreso che il sistema giustizia è un'infrastruttura portante dell'intero sistema Paese. Del resto, sappiamo bene che la modernizzazione e l'efficienza del sistema giudiziario incidono direttamente sulla solidità economica del Paese.

Tra i tanti studi, ne cito uno della Banca d'Italia, che stima che la riduzione della durata dei processi di circa il 15 per cento porta di per sé un incremento di almeno mezzo punto percentuale del PIL, e i nostri obiettivi di riduzione superano di gran lunga quel 15 per cento. Dunque, anche questa è la posta in gioco.

La seconda chiave di lettura è il fattore Europa. L'anno della giustizia è stato dominato da un orizzonte europeo, e non soltanto per tutte le attività connesse all'attuazione del PNRR; ci sono molte altre iniziative che l'Unione europea sta promuovendo nel settore della giustizia. Ne cito alcune: innanzi tutto, la procura europea (European public prosecutor's office, EPPO), che ha iniziato ad operare nel corso di quest'anno, costituisce uno strumento fondamentale per il contrasto ai reati finanziari, alle frodi fiscali (un problema enorme), alla corruzione e all'uso illecito di finanziamenti europei, molto spesso oggetto di interessi delle mafie e della criminalità organizzata di varia natura.

Nei primi sette mesi di funzionamento di EPPO, gli uffici italiani hanno avviato il più alto numero di indagini rispetto agli altri Paesi, raggiungendo una quota pari al 21 per cento del totale. Ricordo che la procuratrice Kövesi si è complimentata con i nostri uffici. Le indagini hanno dimostrato un significativo coinvolgimento della criminalità organizzata.

Come ho già avuto occasione di osservare, la Procura europea rappresenta una innovazione lungimirante e necessaria, nel momento in cui ingenti quantità di fondi europei stanno per essere messi in circolazione. Ce lo ha insegnato tanto tempo fa Giovanni Falcone, il primo a comprendere, già nel lontano 1991, in sede europea, la necessità di proteggere gli interessi finanziari dell'Europa con apposite strutture e misure. L'istituzione della Procura europea, con i suoi 22 procuratori delegati in Italia, davvero ha le sue origini più remote in una profetica intuizione del grande magistrato italiano, il cui sacrificio continua a dare frutti a trent'anni dalla strage di Capaci, che ricorderemo a maggio, seguita a luglio da quella di via D'Amelio, in cui perse la vita Paolo Borsellino. (Applausi).

Sempre di matrice europea sono altri importanti interventi normativi approvati per dare attuazione ad impegni assunti nell'ambito dell'Unione europea: ad esempio, la normativa in materia di lotta al riciclaggio, la normativa sulla presunzione di innocenza e quella relativa all'uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario.

Dobbiamo invece ancora dare attuazione alla direttiva sul whistleblowing, e bisognerà farlo al più presto, che rappresenta un prezioso strumento di contrasto alla corruzione, anche se una normativa è già in parte presente nel nostro sistema, in virtù di interventi varati nel 2012 e nel 2017.

Siamo inoltre intervenuti sulla disciplina dell'acquisizione dei tabulati telefonici a fini di indagine, per adeguarci alle indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea.

Tra le importanti iniziative prese sulla scia di stimoli variamente provenienti dall'Europa, dobbiamo anche ricordare quella sulla magistratura onoraria, che attendeva una risposta da troppo tempo. Grazie alla disponibilità del Governo che ha reperito le risorse necessarie, e di tutte le forze politiche in Parlamento, con la legge di bilancio siamo riusciti ad avviare una stabilizzazione per migliaia di magistrati onorari, che per anni hanno prestato il loro essenziale servizio in una condizione di totale assenza di tutele lavorative (né malattia, né maternità, né ferie), una carenza più volte stigmatizzata dalle Istituzioni europee.

La terza chiave di lettura che riassume l'attività di questi mesi è, come avrete già intuito, la centralità del fattore organizzativo. La riduzione dei tempi del processo richiede riforme, ma soprattutto una nuova organizzazione. Come ben sapete, la giustizia è stata interessata da alcune importanti riforme che il Parlamento ha approvato superando le non irrilevanti divergenze di vedute e di sensibilità tra le varie forze politiche, lasciando prevalere un senso di responsabilità verso il bene comune e il primario interesse del Paese.

Ciò che però mi preme sottolineare è che quelle riforme per diventare effettive richiedono un'imponente ristrutturazione dell'organizzazione del servizio giustizia, accompagnata dall'immissione di ingenti risorse umane e materiali. Organizzazione e capitale umano sono la condizione di effettività di quelle riforme.

Per questo, prima di ripercorrere brevemente i principali capitoli delle riforme normative approvate nel corso di quest'anno, vorrei attirare la vostra attenzione sulla riorganizzazione del settore giustizia attualmente in corso.

Il primo e più importante cambiamento è stata l'istituzione dell'ufficio del processo. Questa è l'innovazione più rilevante, il pivot della nuova organizzazione della giustizia, che a brevissimo porterà nei nostri uffici giudiziari migliaia di giovani giuristi in ausilio al lavoro dei magistrati. Il sistema italiano già conosceva questa struttura, perché l'abbiamo sperimentata in vari distretti di corti d'appello; ora però la diffondiamo gradualmente in tutti gli uffici e questo comporterà un vero e proprio cambio di paradigma nell'organizzazione del lavoro, perché segna il passaggio dal lavoro individuale e solitario del giudice a quello di squadra.

Più volte in questi mesi, nel dibattito pubblico, si sono sentite voci preoccupate per l'incalzare di una sorta di visione efficientistica della giustizia. Mi preme rimarcare che, se ben organizzato e ben condotto, l'ufficio del processo non solo incrementa l'efficienza della giustizia, migliorandone i tempi (che, come abbiamo visto, non sono fattori secondari), ma ne favorisce anche la qualità. E non c'è competizione, né tantomeno contraddizione, tra efficienza e qualità della giustizia, ma reciproco sostegno, nel quadro dell'ufficio del processo. A brevissimo, il 14 febbraio, 200 giovani giuristi entreranno in Cassazione; il 21 febbraio, altri circa 8.000 prenderanno servizio in tutti gli uffici giudiziari italiani. Notate le cifre: in servizio oggi abbiamo circa 9.000 magistrati e l'ingresso di circa 8.200 giovani giuristi assistenti è un aiuto potenzialmente molto rilevante, sia quantitativamente, sia - non mi stanco di ripeterlo - per il collegamento intergenerazionale che questo ufficio può portare.

Sempre nel medesimo quadro dell'ufficio del processo, nelle prossime settimane ci sarà un contingente di tecnici importante (5.410) che supporterà questo ufficio in compiti come data entry, rilevazione statistica e analisi organizzativa (tutti i compiti di supporto dell'azione gestionale dei vertici giudiziari e amministrativi degli uffici). Non posso non ringraziare qui il Dipartimento della funzione pubblica per averci sostenuto nella celebrazione di questi concorsi, che hanno visto la partecipazione di decine e decine di migliaia di aspiranti.

Ovviamente però i numeri non bastano: occorre che le persone siano formate e ben organizzate, e così stiamo lavorando con la Scuola superiore della magistratura e la Scuola nazionale dell'amministrazione, che pure ringrazio per la collaborazione, per offrire un'adeguata formazione non solo al personale selezionato (questi giovani giuristi), ma anche ai vertici degli uffici giudiziari, che sono chiamati a un enorme sforzo di riprogettazione del loro modo di lavorare e delle loro strutture, per poter destinare proficuamente le nuove risorse umane ai bisogni specifici di ogni tribunale, di ogni sezione e di ogni corte. Questo ufficio sarà stabilizzato nel tempo, come prevedono già le riforme del processo penale e civile, che hanno anche contingenti muniti di copertura finanziaria; l'idea è che questa grande innovazione sia destinata a cambiare il volto dei nostri uffici giudiziari anche oltre l'orizzonte del PNRR.

La seconda misura organizzativa importante è l'imminente costituzione, presso il Ministero della giustizia, di un nuovo dipartimento dedicato esclusivamente alla transizione digitale e alla statistica. Perché questa nuova istituzione?

Permettetemi di soffermarmi soltanto un istante sulla centralità e l'importanza che, anche nell'ambito della giustizia, si sviluppi una corretta cultura del dato, della statistica e della sua trasparenza, che è condizione fondamentale per il buon andamento di tutti i servizi pubblici, inclusi quelli della giustizia.

Lo sappiamo, gli obiettivi della riduzione dei tempi dei processi non si conseguiranno d'un tratto; non è opera che si può compiere da un giorno all'altro: ne siamo tutti consapevoli. Siamo altrettanto consapevoli di aver posto le basi e avviato un processo virtuoso, ma sappiamo che il suo completamento richiederà tempo. Sarà un cammino graduale, che, per non deragliare, dovrà essere accompagnato da una costante rilevazione dell'andamento dei tempi di ciascun ufficio giudiziario, in modo da poter intervenire tempestivamente per rispondere con risorse più adeguate alle esigenze emergenti, per rimuovere ostacoli imprevisti e per affrontare tanti problemi, che - realisticamente - non mancheranno.

Per questo è indispensabile anche nel settore giustizia sviluppare politiche pubbliche fondate sul dato e sulla trasparenza, costantemente verificate sulla base dell'esperienza statisticamente elaborata. Abbiamo imparato in questi mesi che garantire una misurazione accurata dell'impatto delle riforme è imprescindibile per la fiducia delle istituzioni europee nel nostro Paese, ma ai miei occhi è di più: è anche un dovere di trasparenza verso i cittadini, un impegno di democrazia che nel tempo rinsalda la fiducia reciproca tra istituzioni e cittadinanza. La fiducia è un bene di cui c'è un immenso bisogno.

Permettetemi di ricordare un piccolo episodio che mi è capitato in un dialogo in un contesto di imprenditori e investitori internazionali. A un certo punto, in questo dialogo in cui stavo illustrando le riforme della giustizia in Italia, gli obiettivi e i mezzi che abbiamo messo a disposizione, mi è stata posta questa domanda: «Ma quando potremo tornare a investire in Italia, certi che i tempi della giustizia saranno davvero comparabili a quelli degli altri Paesi? Quando?». Questa domanda dice quanta attenzione c'è anche da parte degli osservatori internazionali, com'è emerso anche in alcuni giornali, che invitano gli investitori tornare a volgere lo sguardo all'Italia. Cosa rispondere a una domanda simile? Possiamo offrire risposte evasive, generiche o ingannevoli? Domani, fra un anno, fra sei mesi o fra due anni? Non mi sono sentita di dare un tempo, ma di dire che l'unica risposta credibile è: il tempo lo deciderete voi; noi vi assicureremo di avere a disposizione i dati, le statistiche, tutti gli elementi in piena trasparenza, perché possiate fare le vostre valutazioni e assumere le vostre decisioni.

Questa è l'amministrazione della giustizia che ho in mente e l'istituzione del nuovo dipartimento presso il Ministero contribuirà a sviluppare questa cultura del dato, con la possibilità di accedere direttamente alle stime di tutti i servizi connessi all'amministrazione della giustizia, anche a quelli raccolti dagli uffici con il dovere di renderli accessibili, ovviamente nel pieno rispetto dei principi e delle esigenze della riservatezza delle indagini e dei dati personali.

Il monitoraggio sui dati è particolarmente indispensabile nell'ambito della riforma penale e per questo la legge delega prevede un apposito comitato tecnico-scientifico, che abbiamo già insediato a dicembre, per il monitoraggio sull'efficienza della giustizia penale, con il compito di effettuare una verifica periodica del raggiungimento degli obiettivi di accelerazione e semplificazione, nel rispetto dei principi del giusto processo. Questo comitato di monitoraggio ha al suo interno una unità dedicata ai reati contro la pubblica amministrazione. Da parte nostra e delle istituzioni europee c'è una costante preoccupazione sulla piaga della corruzione, che richiede attenzione, per la sua capacità - come aveva detto tempo fa il Presidente della Repubblica - di divorare risorse pubbliche e minare il rapporto di fiducia tra Stato e cittadini.

Ufficio del processo, cultura del dato e monitoraggi. Il terzo aspetto è quello della digitalizzazione e l'istituzione del nuovo Dipartimento rispecchia anche questa attenzione costante alla digitalizzazione, che nell'ambito della giustizia non implica soltanto la dematerializzazione degli atti cartacei in tutti i procedimenti civili e penali, ma consente un nuovo sistema di organizzazione delle forme processuali e potenzia gli strumenti di conoscenza a disposizione delle procure e dei giudici. La qualità della digitalizzazione, eventualmente anche coadiuvata dall'intelligenza artificiale nel rispetto della carta etica adottata dalla Commissione europea per l'efficienza della giustizia (CEPEJ) nel 2018, condiziona già oggi e condizionerà sempre più la qualità della risposta dei servizi della giustizia e la sua tempestività.

Ci sono molti progetti in corso e ne richiamo soltanto due, che sembrano piccoli, ma vanno a snidare alcuni problemi molto particolari del nostro sistema. Uno è il recentissimo avvio del nuovo applicativo SIAMM Pinto digitale, che è una piattaforma per la gestione delle procedure di pagamento degli indennizzi dovuti alla violazione della ragionevole durata del processo. Si tratta di procedure che, a loro volta, spesso avevano lo stesso vizio del male che volevano sanare, vale a dire generavano ulteriori irragionevoli durate del processo. Poi, nel quadro della spinta alla digitalizzazione del processo penale, vorrei citare un progetto volto ad abbattere e a risolvere il problema dei cosiddetti tempi del carrello, quei tempi, che a volte sono lunghissimi e si misurano in termini di mesi, se non di anni, per il transito del procedimento da un grado all'altro del giudizio. Sembra un aspetto di poco conto, ma tante volte la durata del giudizio di appello, che è il nodo più difficile e meno virtuoso del nostro processo penale, non è dovuta alla durata delle udienze o al lavoro del giudice, ma ai tempi del passaggio delle carte. Pertanto, con la DG Reform della Commissione europea abbiamo elaborato un progetto, che mira ad azzerare questo problema dei tempi di attraversamento del fascicolo e credo che potrà dare un grande beneficio proprio ai giudizi di appello, su cui si appuntano tante criticità del nostro sistema.

Sono due piccoli esempi, tra i tanti che potrei menzionare, ma non lo farò perché abbiamo tante altre cose da dirci. Vorrei però sottolineare che lo sviluppo dei nuovi progetti che il Ministero della giustizia sta promuovendo anche con la collaborazione del Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale deve accompagnarsi e svilupparsi parallelamente a interventi indifferibili per la risoluzione dei problemi informatici quotidiani, dovuti - come sanno bene gli avvocati, presenti anche in quest'Aula - alla obsolescenza e alla frammentazione di quelli già in essere. I sistemi in atto hanno bisogno di manutenzione continua e di un ripensamento radicale.

Permettetemi di concludere questa parte, che è la più corposa, su tutti gli aspetti organizzativi, con una notazione di metodo.

Sin dall'inizio del mio mandato ho cercato di assicurare che il Ministero della giustizia operasse sempre in sinergia con tutti gli attori del sistema giustizia: Consiglio superiore della magistratura, Scuola superiore della magistratura, singoli uffici giudiziari, Avvocatura e anche con l'università. La collaborazione istituzionale, che è un principio costituzionale e una buona regola da seguire per il regolare funzionamento di ogni ramo dell'amministrazione, per la giustizia è una esigenza imperativa, in considerazione del fatto che l'indipendenza e l'autonomia del potere giudiziario dei singoli magistrati accentuano la necessità del coinvolgimento e del coordinamento fra tutti i protagonisti.

Per questo, nei mesi scorsi, ho iniziato a visitare una a una personalmente tutte le Corti d'appello, per conoscere, vedere e discutere col territorio le indicazioni, i principali problemi e le principali criticità. Nella stessa prospettiva, un ruolo fondamentale è stato svolto dal Comitato paritetico che settimanalmente riunisce esponenti del Ministero e del Consiglio superiore della magistratura.

Ancora, mi preme segnalare un importante protocollo, firmato da CSM, Scuola della magistratura e Ministero, per la formazione dei dirigenti degli uffici giudiziari.

Una relazione virtuosa si sta sviluppando anche con l'università. A titolo esemplificativo ricordo il finanziamento per 51 milioni di euro di sei macro progetti, che coinvolgono 57 atenei statali, per la diffusione dell'ufficio del processo, per l'implementazione dei modelli operativi innovativi negli uffici giudiziari e per lo smaltimento dell'arretrato.

Passo ora a ricordare - davvero velocemente, perché le conoscete meglio di me - le riforme normative che il Parlamento ha approvato negli scorsi mesi. So bene quanta fatica e quanta disponibilità siano state chieste a tutte le forze politiche per trovare un terreno su cui convergere. Queste riforme sono figlie del contesto straordinario in cui sono nate: un Governo sostenuto da una maggioranza amplissima, di unità nazionale, con sensibilità al suo interno molto distanti fra loro.

Ma il cammino delle riforme della giustizia - un cammino non sempre lineare, lo sappiamo - è stato sorretto dalla comune responsabilità per l'interesse del Paese, alla ricerca sempre di un'equilibrata sintesi, e di questo ringrazio sentitamente tutte le forze politiche.

Quanto ai singoli capitoli delle riforme, davvero mi limito a enunciarne i titoli e il significato essenziale. La prima e più importante è la riforma del processo penale, approvata in Parlamento con l'obiettivo di coniugare maggiore efficienza del sistema con il rispetto delle fondamentali garanzie costituzionali in materia penale. L'impianto poggia su due pilastri: da un lato incide sulle norme del processo penale, operando sulle sue varie fasi, dalle indagini fino al giudizio in Cassazione, allo scopo di sbloccare possibili momenti di stasi, incentivare i riti alternativi, far arrivare a processo solo i casi meritevoli dell'attenzione del giudice; dall'altro la riforma prevede interventi sul sistema sanzionatorio penale, capaci di produrre anche significativi effetti di deflazione processuale.

Questa parte della riforma prosegue lungo una linea già presente nel nostro ordinamento, volta a radicare l'idea, costituzionalmente orientata, che la certezza della pena non è la certezza del carcere: l'articolo 27 della Costituzione parla di pena e non di carcere. È in questa prospettiva che va, quindi, letta la valorizzazione delle pene alternative alla reclusione che ormai, come ampiamente dimostrato, portano in alcuni casi, laddove possibile, a una drastica riduzione della recidiva. Ne beneficiano i singoli e ne beneficia la società.

Peraltro, come ben sapete, la riforma della giustizia penale ha affrontato anche il nodo della prescrizione.

Da un lato, è stato confermato il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado previsto con la riforma del 2019 e, dall'altro, sono stati apportati alcuni correttivi a garanzia dell'imputato, introducendo nei giudizi di impugnazione il nuovo istituto dell'improcedibilità per superamento dei termini di durata massima dei giudizi. L'istituto dell'improcedibilità è stato modulato in modo da assicurare sempre che tutti i processi arrivino a sentenza definitiva. Il monitoraggio statistico di cui abbiamo parlato aiuterà ad assicurare che questo obiettivo sia sempre conseguito.

In materia penale, tra le riforme ancora da attuare non possiamo non menzionare almeno quella sull'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario, di prossima discussione in Commissione giustizia alla Camera. A maggio scadranno infatti i dodici mesi di tempo dati dalla Corte costituzionale al Parlamento per intervenire sulla materia, nel rispetto dei principi costituzionali e salvaguardando le specificità e le esigenze del contrasto alla mafia e alla criminalità organizzata in generale.

Non posso concludere questa parte sulla giustizia penale senza fare un cenno al fatto che uno dei fili rossi che legano le trame della riforma è la riparazione dell'offesa e l'attenzione alle vittime. Si spiega così il capitolo della riforma che reputo più innovativo, quello dedicato alla giustizia riparativa, sul quale tornerò brevemente in conclusione.

Anche la riforma del processo civile, la seconda grande riforma, punta a fornire risposte più celeri alle esigenze quotidiane dei cittadini e delle imprese, intervenendo su un doppio binario: da un lato, valorizzando e perfezionando gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) al fine di deflazionare il carico dei tribunali e favorendo soluzioni consensuali dei conflitti; dall'altro, agisce sulle procedure con interventi mirati e circoscritti nell'ottica della semplificazione. La riforma mira a realizzare una maggiore concentrazione delle attività processuali nell'ambito della prima udienza di comparizione delle parti e di trattazione della causa: riduzione della domanda, razionalizzazione della risposta.

Tra le innovazioni della riforma segnalo soltanto la grande novità del rinvio pregiudiziale in Cassazione, che permette di coinvolgere precocemente la Corte di cassazione quando sorgono dubbi interpretativi, senza aspettare la fine dei tre gradi di giudizio, di modo che il giudice possa prevenire la formazione di contrastanti orientamenti territoriali e favorire la certezza del diritto con un importante effetto deflattivo.

Il terzo capitolo riguarda la riforma dell'insolvenza dovuta e necessitata dalla situazione di crisi economica che si è sviluppata con la pandemia. È un intervento normativo indispensabile e l'obiettivo è quello di offrire nuovi e più efficaci strumenti agli imprenditori per sanare quelle situazioni di squilibrio economico e patrimoniale che, pur rivelando l'esistenza di una crisi o di uno stato di insolvenza, appaiono reversibili.

Il cuore di questa riforma è la composizione negoziata della crisi, un percorso volontario attraverso il quale l'imprenditore, lontano dalle aule giudiziarie e in assoluta riservatezza, si rivolge a un esperto terzo e imparziale. Questo istituto è accompagnato da sistemi di allerta, sia interni che esterni alle aziende demandati dai creditori pubblici qualificati, affinché l'imprenditore possa fare un'autodiagnosi e avvalersi per tempo di questo strumento. La tempestività è il cuore della riuscita di queste operazioni.

Un capitolo della riforma del processo civile è stato dedicato alla famiglia e ai minori: troppi i casi di violenza sulle donne, troppi i femminicidi, troppe le violenze sui bambini, troppi i drammi che originano in un ambito domestico e di cui abbiamo notizia quotidianamente. Una vera barbarie, ha detto qualcuno di voi.

Il contenzioso nell'ambito delle relazioni familiari sta crescendo e si fa sempre più complesso: cause di separazione si intrecciano a denunce di violenza domestica, specialmente nei confronti delle donne, o ad azioni del giudice a protezione dei minori. Troppo spesso un insufficiente coordinamento di tutte le autorità procedenti - tribunale per i minorenni, tribunale ordinario civile, giudice penale, giudice tutelare - rende inefficace l'intervento di tutti e riduce la possibilità di prevenire conseguenze anche fatali. Di qui l'esigenza di una profonda riforma delle procedure e dell'organizzazione giudiziaria del settore, che sfocerà a tempo debito nell'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, allo scopo di incrementare le garanzie processuali dei soggetti più vulnerabili facendo tesoro della grande esperienza dei giudici minorili e valorizzandone ancor di più la specializzazione in un nuovo e più razionale contesto ordinamentale.

Delega penale, delega civile, diritto di famiglia dei minorenni, insolvenza: sul piano delle riforme abbiamo veramente fatto moltissimo. Le più importanti di queste riforme sono state assunte nella forma della legge delega e quindi oggi richiedono l'attuazione dei decreti legislativi delegati che per il PNRR devono essere pronti entro la fine del 2022. Posso assicurarvi che su questo stiamo già lavorando con diversi gruppi di lavoro sia nel penale che nel civile e spero di poter anticipare i tempi, ma sappiamo bene che all'appello manca un altro fondamentale - e da tutti atteso - capitolo delle riforme, la riforma dell'ordinamento giudiziario e del CSM, che il Presidente della Repubblica e alcune forze politiche ancora di recente giustamente hanno sollecitato. Il disegno di legge delega è già incardinato alla Camera, su iniziativa del precedente Governo, e come abbiamo fatto con le altre riforme intendiamo presentare emendamenti governativi. Voi lo sapete: nel corso dell'autunno, dopo l'approvazione della delega penale e civile, subito abbiamo creato occasioni di confronto con i responsabili per la giustizia delle varie forze politiche e abbiamo avuto più interlocuzioni con l'Associazione nazionale magistrati, con il Consiglio superiore della magistratura e con l'Avvocatura per addivenire a proposte di emendamenti da presentare alla Camera. Queste proposte sono oggi all'attenzione del Governo. Gli emendamenti intervengono su vari aspetti del disegno di legge e riguardano, tra l'altro, il sistema elettorale, la composizione e il funzionamento del CSM, il conferimento degli incarichi direttivi, le valutazioni di professionalità, il collocamento fuori ruolo dei magistrati, il concorso per l'accesso in magistratura, il rapporto tra il magistrato e le cariche elettive. Sono certa che nelle prossime settimane potremo progredire nella scrittura anche di questo atteso capitolo della riforma, che peraltro anche il PNRR ci chiede di approvare quest'anno. La Camera ha già calendarizzato la discussione in Aula e quella scadenza dovrà essere rispettata.

Per parte mia, come ho sempre fatto, continuerò - voi lo sapete bene, perché con voi ho tante volte interloquito su questi temi - non solo a dare la mia massima disponibilità, ma anche a spendere tutte le mie energie per accelerare il corso di questa riforma e sollecitarne l'esame da parte dei competenti organi del Governo.

Ci sono altri due capitoli su cui vorrei intrattenervi brevemente, prima di terminare il mio intervento. Mi scuso per chiedervi tanta pazienza, ma abbiamo lavorato tanto e mi sembra giusto dare una panoramica completa dei numerosi settori, seppur velocemente. Uno è il capitolo penitenziario e l'altro è quello delle attività internazionali.

Quanto al carcere, come ho già avuto modo di osservare, la pandemia ha fatto da detonatore a questioni irrisolte da lunghissimo tempo.

Questi anni sono stati durissimi. Tensioni, paure, incertezze, isolamento che tutti abbiamo sperimentato, erano e sono amplificati dentro le mura del carcere, per tutti: per chi lavora in carcere e per chi in carcere sconta la sua pena. Se vogliamo farci carico davvero dei mali del carcere, in primo luogo perché non si ripetano mai più episodi di violenza come quelli che abbiamo visto quest'anno, ma, più ampiamente, perché la pena possa davvero conseguire la finalità prevista dalla Costituzione, occorre concepire e realizzare una strategia che operi su più livelli: investimenti sulle strutture penitenziarie, accelerazioni delle assunzioni del personale, più ricca formazione del personale in servizio, diffusione dell'uso delle tecnologie, tanto per le esigenze della sicurezza quanto per quelle del trattamento dei detenuti.

Il primo e più grave di tutti i problemi continua a essere il sovraffollamento. Ogni tanto ce ne dimentichiamo ma oggi, su 50.832 posti regolamentari, di cui, invero, sono 47.418 quelli effettivi, i detenuti sono 54.329, vale a dire una percentuale di sovraffollamento del 114 per cento. Il sovraffollamento è una condizione esasperante, tanto per i detenuti quanto per la polizia penitenziaria, troppo spesso vittima di aggressioni.

Sovraffollamento significa maggiore difficoltà a garantire la sicurezza e significa maggiore fatica a proporre attività che consentano alla pena di favorire percorsi di recupero. Occorrono più spazi, occorre sviluppare pene diverse dalla reclusione in carcere. Come ho già detto, la riforma approvata va in questa direzione, ma la realtà delle forme alternative al carcere è già presente in modo significativo nel nostro ordinamento. Vorrei sottolineare in questa sede che le persone in esecuzione penale esterna superano il numero dei detenuti. Sono oltre 69.000, a fronte di circa 54.000 detenuti. E negli UEPE, gli uffici per l'esecuzione penale esterna, sono solo 1211 le unità di personale che se ne occupano.

È evidente la necessità di potenziare questo settore e le forze politiche hanno avuto la sensibilità di sottolinearlo, in un ordine del giorno approvato a margine della legge di bilancio. Naturalmente, occorre fare molto anche per le strutture edilizie: alcune davvero non sono degne del nostro Paese. Venerdì scorso ho visitato il carcere di Sollicciano a Firenze: è in condizioni indecorose, nonostante la ristrutturazione straordinaria in atto. E qui si verificano, non a caso, importanti numeri di autolesionismo e di suicidi.

Bisogna ripensare gli spazi. Il tema degli spazi richiede, anzitutto, interventi finalizzati a garantire le essenziali condizioni di decoro ed igiene, ma implica anche un ripensamento dei luoghi, in modo che essi non siano solo contenitori di uomini, ma ambienti densi di proposte, di lavoro, di attività, di cultura. Solo così si assolve a pieno al valore costituzionale della pena.

In questa prospettiva, mi piace ricordare il lavoro svolto dalla Commissione sull'architettura penitenziaria, che al mio arrivo al Ministero era già insediata e stava finendo i suoi lavori. Essa ci ha offerto fecondi suggerimenti, che stiamo cercando di attuare.

Con i fondi complementari del PNRR stiamo realizzando otto nuovi padiglioni, ampliamenti degli istituti esistenti, che riguardano tanto i posti disponibili, le camere, quanto i posti trattamentali. Per questo aspetto abbiamo corretto i precedenti progetti.

Da mesi mi sto dedicando anche al problema della salute mentale in carcere, insieme ai Ministri della salute e per gli affari regionali e agli altri attori istituzionali coinvolti. È un dramma davvero enorme, tanto nelle articolazioni per la tutela della salute mentale interne quanto per le REMS (residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza), che stanno al di fuori.

È vero che il numero di persone in attesa di un posto nelle REMS è calato (erano 98 nell'ottobre 2020, oggi 35), è vero che abbiamo all'orizzonte - spero di poterlo annunciare nei prossimi giorni - la disponibilità di una nuova struttura che potrà dare sollievo anche a questa problematica, ma, credetemi, il lavoro da fare qui è ancora tantissimo.

Carenza di spazi, carenze di personale: stiamo finalizzando l'assunzione di tanto personale anche sbloccando i concorsi previsti dai Governi precedenti.

Occorre investire di più nella formazione - nella relazione trovate tutti i dati e i numeri - soprattutto della polizia penitenziaria, come mi richiedono costantemente i sindacati. Il compito che svolge è delicatissimo, perché non è solo vigilanza, custodia e sicurezza: è presenza quotidiana accanto al detenuto. Questo personale deve essere sostenuto da un'adeguata e costante formazione.

In questi mesi ho raccolto moltissime testimonianze che raccontano quanto sia stata decisiva la presenza di un agente per segnare una svolta nella vita di un detenuto.

Ultimo passaggio sul carcere: lo scorso 17 dicembre la Commissione per l'innovazione del sistema penitenziario che avevo istituito alcuni mesi fa ci ha proposto delle soluzioni per contribuire a migliorare la qualità della vita e dell'esecuzione penale nella sua quotidianità, con un focus particolare sulla gestione della sicurezza, l'impiego delle tecnologie, la tutela della salute, sul lavoro, sulla formazione professionale dei detenuti e sulla formazione del personale.

Ci sono grandi potenzialità che possono dare sollievo a questo mondo, legate alle tecnologie (sorveglianza, body cam, sistemi anti droni, colloqui a distanza, lezioni e conferenze on line, tanto altro, telemedicina) e, grazie alla sensibilità e all'interessamento del Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, si stanno progettando molti interventi che possono diventare altrettante occasioni di lavoro per i detenuti.

L'ultimo capitolo è quello dell'attività internazionale, forse meno conosciuto - non si pensa a questa proiezione internazionale del Ministro della giustizia - e che invece è fondamentale sia per far crescere la cultura dei diritti fondamentali che per coltivare una cooperazione giudiziaria rafforzata per il contrasto ai grandi fenomeni di criminalità transnazionale.

Ci sono moltissimi progetti in atto, che vanno dai rapporti bilaterali - per esempio, con alcuni Paesi come l'Albania - per permettere ai detenuti, laddove ci siano le condizioni, di scontare la pena nel loro Paese d'origine. Ci sono casi sotto l'attenzione di tutti: di nuovo, in questi giorni, anche per la ricorrenza che stiamo per vivere a breve, il caso Regeni richiede al Ministero - come l'autorità giudiziaria ci ha sollecitato a fare - di intensificare l'attività per permettere a questo processo di svolgersi.

C'è stato il caso francese, in cui, dopo anni di attesa, gli organi politici francesi hanno rimosso gli ostacoli per permettere alle autorità giudiziarie francesi di esaminare l'iter di estradizione per le persone condannate in via definitiva per gravissimi reati commessi negli anni di piombo.

Poi, c'è stato tutto il capitolo dell'Afghanistan che ha coinvolto anche il Ministero della giustizia per il legame ventennale che il nostro Paese ha avuto con l'Afghanistan proprio per la costruzione dello Stato di diritto.

Non potevamo e non volevamo dimenticarci di quei magistrati e avvocati che così tanto avevano collaborato con le autorità italiane durante la nostra presenza in Afghanistan. Ci siamo adoperati per fare avere la protezione internazionale a figure di particolare rilievo che erano a rischio con il nuovo regime.

Tra queste l'ex procuratore generale della provincia di Herat, Maria Bashir, una figura di primo piano nella difesa dei diritti delle donne e nella costruzione di uno Stato di diritto nella sua terra, in collaborazione con il nostro Paese, cui poi il Presidente della Repubblica ha voluto concedere la cittadinanza italiana per altissimi meriti.

Nel quadro delle tantissime iniziative internazionali, su cui non voglio intrattenervi oltre, ce n'è una che merita attenzione: è la Conferenza dei ministri della giustizia dei Paesi membri del Consiglio d'Europa, che abbiamo svolto a Venezia il 13 e 14 dicembre scorso, su criminalità e giustizia penale e sul ruolo della giustizia riparativa in Europa. Qui mi ricollego a quel capitolo della riforma penale a cui avevo fatto cenno. La Conferenza è stata il primo evento di livello ministeriale nell'ambito della Presidenza italiana del Consiglio d'Europa: vi hanno preso parte il Segretario generale e 40 delegazioni. Questa importante iniziativa ha portato alla condivisione della Dichiarazione di Venezia sulla giustizia riparativa, che poi è stata adottata dai più alti organi del Consiglio d'Europa in questi giorni. Con questa Dichiarazione tutti gli Stati del Consiglio d'Europa si sono impegnati a sviluppare un nuovo paradigma della giustizia penale, complementare a quello tradizionale e che muove dall'esigenza di coinvolgere attivamente in percorsi guidati da mediatori professionisti il reo e la vittima, ma anche la comunità di riferimento, con l'obiettivo fondamentale di riparare e restaurare i legami sociali lacerati dal reato, di responsabilizzare l'autore dell'offesa, ma anche di porre le basi per una futura e più consapevole ripresa delle relazioni nei contesti di appartenenza. Le ricadute sono tangibili, ben chiare e ben documentate dagli studi empirici svolti a livello nazionale e internazionale: riduzione della recidiva, alleggerimento dei processi penali, nuova centralità per la vittima, lasciata troppo spesso sullo sfondo dei procedimenti giudiziari e sola con il suo dolore.

Permettetemi allora di concludere proprio su questo capitolo della giustizia riparativa, che di certo è il più innovativo per il nostro sistema. La giustizia riparativa non è un atto di clemenza, né tantomeno esprime un pensiero debole in materia penale; al contrario, è uno strumento che si sviluppa a fianco delle tradizionali forme di contenimento della libertà del condannato, irrinunciabili quando sussistono esigenze di difesa sociale a fronte della pericolosità dell'autore del reato. La giustizia riparativa è una giustizia esigente, perché chiede al trasgressore di assumersi tutta la sua responsabilità di fronte alla vittima e di fronte alla comunità, attraverso incontri liberamente concordati, con l'aiuto di un terzo che favorisce il riconoscimento della verità dell'accaduto. Avrei un esempio carino da proporvi, ma vedo che il tempo è stato troppo lungo e lo lascio allo scritto per chi vorrà leggerlo: riguardava il caso di una cittadina nel Salernitano, dove era stato bruciato, in uno dei tanti incendi dolosi, il bosco vicino.

Perché è così decisivo coltivare questo percorso della giustizia riparativa? Perché l'ordinamento, con questi strumenti, si apre alla possibilità di un sistema giudiziario in grado di domare la rabbia provocata dal reato e di ricostruire i legami civici tra i cittadini. Più in generale, si tratta di uno strumento che contribuisce a coltivare una cultura che può diventare un paradigma per prevenire e regolare i conflitti dell'intera polis sulla scorta di esperienze storiche straordinarie, come la Commissione per la verità e la riconciliazione di Nelson Mandela e di Desmond Tutu alla fine dell'apartheid in Africa.

Noi abbiamo già molte sperimentazioni feconde di questi sistemi.

Questa è la concezione della giustizia che mi sta a cuore e che ritroverete in filigrana in tutti gli interventi di riforma che ho qui in sintesi ripercorso. Una giustizia che ricuce e ripara, che non si nutre di odio che non cede alla reazione vendicativa, ma che vive innanzitutto di ricerca della verità, di quella verità che emerge nella narrazione di fronte all'altro, nell'incontro personale, nel racconto e nell'ascolto reciproco del proprio vissuto. Questa è la giustizia su cui sono stata chiamata a riflettere proprio sul luogo della massima ingiustizia della nostra storia, quel binario 21 alla stazione centrale di Milano da cui partivano i treni di Auschwitz. In una delle giornate più intense di tutto il mio servizio al Ministero sono stata invitata dalla senatrice a vita Liliana Segre e da lei accompagnata fino a quei vagoni da cui da bambina partì insieme al padre per una destinazione sconosciuta, ignota, il campo di concentramento. Quelle atrocità, di cui oggi tutto il mondo si vergogna e che tra qualche giorno ricorderemo nel Giorno internazionale della memoria, sono state alimentate, come si legge a chiare lettere davanti al binario 21, dalla indifferenza, dall'incapacità di ascoltarsi, dalle piccole e grandi discriminazioni, dai discorsi d'odio, dall'idea dell'altro come nemico. Coltivare un'idea della giustizia che abbia a cuore la ricerca della verità e abbia cura dei rapporti personali e sociali è quanto ho inteso perseguire in quest'anno quasi di servizio al Ministero della giustizia. Sono convinta che questa sia la più grande urgenza del nostro tempo e che questo è lo spirito che ci trasmette la nostra Costituzione. Grazie per la pazienza. (Applausi).

PRESIDENTE. Avverto che eventuali proposte di risoluzione dovranno essere presentate entro la conclusione del dibattito.

Dichiaro aperta la discussione sulla Relazione del Ministro della giustizia.

È iscritta a parlare la senatrice Piarulli. Ne ha facoltà.

PIARULLI (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio la ministra, professoressa Marta Cartabia, per la puntuale relazione sull'amministrazione della giustizia. L'anno che si è appena concluso è stato segnato dalla pandemia per cui la risposta che il Parlamento e il Governo, d'intesa con tutti gli attori del sistema giustizia, hanno saputo offrire è risultata idonea al raggiungimento di importanti risultati, obiettivi prefissati già dall'inizio della legislatura.

Se da un lato infatti si è inteso prorogare alcune delle misure emergenziali realizzate nell'anno precedente che hanno evitato la paralisi della giustizia, come quelle relative ai processi da remoto, che hanno consentito, seppur in condizioni non sempre ideali, la celebrazione dei processi, dall'altro si è provveduto ad una massiccia dose di assunzioni tramite l'espletamento di concorsi pubblici.

La macchina della giustizia dunque non si è mai fermata; una riprova è nel fatto che più di 8.000 giovani giuristi inizieranno il loro percorso presso il neocostituito ufficio del processo proprio il mese prossimo.

L'approvazione delle leggi di delega al penale e al civile segnano il primo importante passo verso un sistema più veloce e anche per molteplici aspetti, forse non tutti, più efficiente. Deve essere valorizzata la figura della magistratura onoraria che nel corso di questi anni ha svolto un'importante funzione.

Il Parlamento è pronto a dare il suo contributo nella stesura dei decreti legislativi, auspicando una continua e proficua collaborazione con il legislatore delegato. La legislazione emergenziale si è dovuta adattare alle restrizioni imposte dal virus, modificando in radice anche importanti aspetti formativi dei ragazzi che si affacciano alla professione forense; emblema di ciò sono le modifiche alle modalità di accesso. Queste sono alcune delle norme che hanno caratterizzato l'intenso sforzo del legislatore al fine di mitigare le conseguenze dannose della pandemia.

L'aspetto a cui tengo è quello relativo agli interventi in ambito penitenziario. Despondere spem munus nostrum, garantire la speranza è il nostro compito. Per più di vent'anni a capo di strutture complesse come quelle del carcere, ho fatto mio questo principio, scritto sullo stemma araldico del corpo della Polizia penitenziaria, con il quale quotidianamente ho avuto l'onore di interfacciarmi e lavorare. Il carcere è un luogo di comunità, dove la sofferenza di uno è la sofferenza di tutti, ma dove la speranza di ciascuno è la speranza di tutta la nostra società. Dall'inizio di questa legislatura ho impegnato tutte le mie energie al fine di contrastare i problemi atavici che permeano il nostro sistema carcerario. L'articolo 27 della Costituzione fa sì che il carcere non sia un luogo di repressione, ma di ordine, sicurezza e trattamento, dove i detenuti sono condotti all'interiorizzazione delle norme, alla responsabilizzazione e al rispetto delle regole mediante un processo di inclusione incentrato sull'autonomia, la socializzazione e l'integrazione. Lo scopo della pena è quello di eliminare la recidiva. In questo senso, anche la previsione di assunzione di assistenti sociali appartenenti al dipartimento di comunità è espressione della necessità di assicurare la fattibilità delle misure alternative, anche nei confronti di coloro che non hanno domicili idonei. Infatti vi è un'oggettiva difficoltà nello smaltimento dei numeri del sovraffollamento carcerario, dato anche dal fatto che spesso l'accesso alle misure alternative richiede un domicilio idoneo presso il quale scontare la pena. Per cui occorre dare molta importanza alla possibilità di fruire della pena alternativa in comunità idonee a questo fine (penso alla realtà del mio territorio di Andria).

Un ulteriore passo in avanti in tal senso, al fine di evitare, a fronte di condanne brevi, la desocializzazione derivante da una carcerazione di breve durata, privilegiando quindi una finalità retributiva, si è avuto in virtù di quanto previsto dalla legge delega sul processo penale, laddove è stata riformata la disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, con la finalità di anticipare l'applicazione delle sanzioni sostitutive già in fase di cognizione. L'emergenza carceraria è un problema che da anni sentiamo; innumerevoli fatti di cronaca vedono indistintamente coinvolti detenuti e personale, che a seconda dei casi risultano presunti autori o vittime di fatti illeciti. Ciò è sicuramente manifestazione delle inadeguate condizioni di vivibilità per tutti coloro che ruotano attorno alle strutture penitenziarie. Nessuna violenza può trovare giustificazione né tolleranza; ogni violenza deve essere punita, ma deve anche essere prevenuta. Importante è l'assunzione di personale di Polizia penitenziaria (1.650 agenti e futuri concorsi a bando), così come anche per le figure trattamentali e per i dirigenti penitenziari.

Al fine di favorire il trattamento rieducativo del reo, vi è la necessità che gli istituti penitenziari siano dotati di strumenti di controllo automatizzati e sofisticati. Il binomio sicurezza e trattamento è un binomio inscindibile. Anche l'istituto della sorveglianza dinamica, recepito dalle norme europee, che consiste nella permanenza del detenuto fuori dalla cella fino a un massimo di quattordici ore, può essere realizzato solo laddove ci siano sistemi di controllo adeguati, evitando di lasciare un agente a verificare da solo una sezione.

Inoltre, mi preme ricordare come molti soggetti privati della libertà presentino patologie psichiatriche, e purtroppo bisogna prendere atto che non sempre ci sono adeguate articolazione ASL per la salute mentale. Bene ha fatto lei, signora Ministra, relativamente al tema della salute mentale in carcere, a mettere in luce la questione relativa alle REMS.

Da ultimo, occorre ricordare che, nell'ambito delle pianificazione del recovery plan, risultano essere diversi gli interventi diretti a migliorare gli ambienti sia per ampliare gli spazi disponibili, sia per realizzare ambienti dedicati al trattamento. A tal fine vi è lo stanziamento complessivo di 132,9 milioni di euro, da destinare alla costruzione e al miglioramento di otto padiglioni e alla ristrutturazione degli istituti penitenziari, proprio perché una pena dignitosa deve realizzarsi in strutture adeguate e non certo fatiscenti. Ipotesi come quella del trasferimento dei detenuti stranieri presso il luogo di provenienza è sicuramente una misura che dovrà essere tenuta in considerazione.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 10,24)

(Segue PIARULLI). Occorre altresì particolare attenzione alla giustizia riparativa: soltanto mediante la composizione del conflitto tra il reo e la vittima si potrà evitare la recidiva, perché si potrà avviare quel processo di responsabilizzazione del reo e, nel frattempo, mettere il reo a conoscenza delle conseguenze che ha arrecato alla vittima. Solo così il conflitto potrebbe essere riconciliato mediante la presenza di figure specializzate. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Modena. Ne ha facoltà.

MODENA (FIBP-UDC). Signor Presidente, signor Ministro, signori Sottosegretari, il livello della relazione è stato talmente equilibrato e pregnante, perché le cose fatte sono state tantissime, che probabilmente il mio intervento non sarà a questa altezza. Vorrei, più che altro, fare qualche notazione su alcuni punti che ritengo siano importanti come tipologia di esperienza. Questa è la mia prima esperienza parlamentare, la mia prima legislatura, e ricordo che i primi due anni entravo in Commissione giustizia sempre con una certa cupezza, perché c'era una situazione difficile; anzi, era praticamente impossibile riuscire a realizzare un minimo di confronto sulle questioni. Ricordo alcuni provvedimenti, ad esempio la notte in cui abbiamo approvato la cosiddetta legge spazza corrotti del Governo gialloverde. Ricordo dei provvedimenti per cui praticamente tutta la parte relativa alle cosiddette pene alternative fu semplicemente - perdonatemi l'espressione - buttata in un cestino. Ricordo anche che la relazione sulla giustizia lo scorso anno fu uno scoglio talmente complesso da determinare, di fatto, il cambio del Governo.

Oggi devo dire che vivo - lo dico convintamente da parlamentare - una situazione completamente diversa. Capisco il Ministro, che nella sua relazione ha detto che sono state riprese alcune impostazioni dal Ministro precedente, però il dato è che, guardando al clima e alle cose fatte, pur con tutta una serie di criticità e di problematiche che si possono portare dietro (se non si fa niente sicuramente non si hanno critiche, ma quando si fanno le cose automaticamente possono esserci delle critiche, come insegna un vecchio proverbio), è stato un anno sotto il profilo dei provvedimenti sulla giustizia. Soprattutto, è stato un anno in cui è stato sfatato un mito fondamentale, e cioè che le riforme che riguardano la giustizia in questo Paese venivano fatte a costo zero, cioè senza investimenti, senza metterci i soldi, senza avere una prospettiva.

Il Ministro ha sempre spiegato che tutto questo dipende ovviamente dal PNRR. Voglio ricordare all'Assemblea che il PNRR non nasce come un'imposizione dell'Europa: ogni tanto sento echeggiare questa cosa nei convegni e nelle chiacchiere. Il piano è stato concordato tra il nostro Paese e l'Europa, con a monte delle risoluzioni delle Commissioni parlamentari, votate tra l'altro all'unanimità. Si tratta quindi di una specie di treno collettivo, che tutti noi abbiamo l'impegno morale e civile, nei confronti del Paese, di mandare avanti nel miglior modo possibile.

Detto questo, dovrei parlare non so quanto, ma mi limiterò solamente a citare alcuni concetti di fondo. Come dicevo, credo che si sia sfatato un mito, perché l'Europa da una parte e il Governo e la maggioranza dall'altra, con la sfida del PNRR, hanno finalmente messo la giustizia al centro, talmente al centro che solo fare l'elenco di tutto quello che è stato fatto, oggi porterebbe via una mezz'oretta, solo per leggerne i capitoli. Mi voglio però soffermare su un punto della relazione del Ministro, che credo sia fondamentale, perché poi di altri aspetti parleranno i colleghi. Il Ministro ha parlato di trasparenza e di fiducia come chiave fondamentale per riuscire a dare effettivamente una svolta nei rapporti tra i cittadini, gli operatori e la giustizia. Sono convinta di questo e che la trasparenza dei dati ingeneri consapevolezza collettiva e quindi anche un controllo e una corresponsabilità collettiva e determini conseguentemente un ausilio fondamentale anche per il raggiungimento dei risultati. Non possiamo pensare di avere grandi riforme della giustizia, se non sono accompagnate da una trasparenza specifica su tutti i dati e i risultati delle performance. (Richiami del Presidente). Avevo solo sette minuti a disposizione per il mio intervento, perché il tempo è poco, ma voglio ribadire questo concetto, che ritengo essenziale per spiegare cosa si sta facendo. Non c'è infatti una consapevolezza collettiva di tutto quello che si è fatto e si sta facendo e su questo le forze politiche che sostengono il Governo hanno ancora il dovere di lavorare. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zaffini. Ne ha facoltà.

ZAFFINI (FdI). Signor Presidente, signor Ministro, sarò molto circostanziato nel mio intervento e tratterò una piccola parte della sua relazione, che ho ascoltato e che mi ha sollecitato ad intervenire. Tale parte riguarda la condizione dei nostri penitenziari e tutte le considerazioni che da lei sono state espresse a questo riguardo, rispetto a questo macro-problema, che ci portiamo dietro da parecchie gestioni del suo Dicastero e non da oggi, evidentemente. Signor Ministro, faccio appello alla sensibilità che ho potuto percepire nell'ascoltare la sua relazione, alla grande sensibilità da lei mostrata su questo e su tutti i temi che ha trattato durante l'illustrazione perché sono consapevole che partiamo da punti di vista e da paradigmi un po' differenti. Ho avuto sempre una grande attenzione per le condizioni dei nostri penitenziari.

Li ho visitati costantemente, a partire da quelli della mia Regione, in qualità di consigliere regionale, e le posso assicurare, Ministro, che, semplificando molto, le condizioni di vita quotidiana nel pianeta carcere sono direttamente proporzionali alle condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria; questo per una banale e semplice constatazione, ossia che vi è un rapporto di causa-effetto tra benessere e serenità dell'agente di polizia penitenziaria, per quanto possibile espletando un lavoro complicato difficile, e il suo comportamento, sempre nell'ambito della normativa e della legge, nei confronti dei detenuti.

È banale quanto le sto dicendo, ma voglio evidenziarlo perché nel suo intervento questa sensibilità non l'ho percepita, non l'ho avvertita, quindi mi sento in dovere di esprimere questa considerazione. I servitori dello Stato, divisi in Corpi, sono tutti, per quanto mi riguarda, nostri eroi quotidiani; ma se volessimo stilare una graduatoria di quelli che sono sottoposti a condizioni di lavoro più difficili e complicate, io non ho dubbi riguardo al fatto che gli agenti polizia penitenziaria sono veramente quelli maggiormente messi in difficoltà. In primo luogo, oggettivamente, per il tipo di lavoro che devono svolgere: sono carcerati anche loro, per un compenso che a volte non arriva a 1.500 euro al mese, ovviamente in modo assolutamente incolpevole. Inoltre, vengono spesso messi in difficoltà dalle norme alle quali noi li sottoponiamo e soprattutto dal cronico, colpevole, incomprensibile sottorganico cui sono soggetti. Ciò che fino a qualche anno fa facevano in quattro o in cinque, oggi lo fa un solo agente.

Ministro, è sufficiente accedere a qualche penitenziario - e non basta l'esempio del penitenziario di Firenze: le dico che quasi tutti i penitenziari, salvo qualche rarissima eccezione, sono nelle stesse condizioni - per percepire questo grande, grandissimo problema. Ministro, faccio appello alla sua sensibilità. Il corpo degli agenti di Polizia penitenziaria fa riferimento al suo Dicastero, evidentemente, quindi sollecito, per quanto possibile, una maggiore attenzione alle condizioni di vita quotidiana degli agenti, sempre più, peraltro, vittime di episodi di aggressione da parte dei carcerati. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lonardo. Ne ha facoltà.

LONARDO (Misto-I-C-EU-NdC (NC)). Signor Presidente, colleghi, colleghe, la sua riforma, signor Ministro, qualche cambiamento lo contiene, ma purtroppo l'occasione di operare una svolta storica non è stata colta. Eppure per la crisi così marcata, che mostra clamorose crepe nel sistema della giustizia, si poteva e si doveva fare di più.

Due sono le ragioni: un'amministrazione così sfilacciata, che oggi stenta a stare nel cuore delle persone, aveva bisogno di recuperare un umanesimo giudiziario, per evitare tutti i processi degenerativi cui abbiamo assistito; occorreva, inoltre, l'eliminazione totale di quella lentezza nella realizzazione di alcune riforme strutturali, che è un limite alla potenziale crescita dell'Italia.

La sua riforma, signor Ministro, è stata un compromesso al ribasso, purtroppo. Peraltro è prevalso, come preoccupazione prioritaria, più il problema della efficienza organizzativa della macchina giudiziaria che il tipo di chiusura giudiziale che tende a predominare tra i magistrati penali.

L'amministrazione della giustizia in Italia è interessata, in questa fase storica, da importanti riforme, richieste sia dall'interno, per lo stato di degrado e di crisi che il settore vive ormai da decenni, sia dall'esterno, così come è stato anche da lei ricordato, soprattutto dall'Unione europea, nella prospettiva di rafforzamento dell'affidabilità del Paese per la migliore realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Com'è noto, tre sono i capitoli di dette riforme, alcune delle quali già in fase di attuazione. Noi quelle riforme le vorremmo così.

La riforma della giustizia civile, per una svolta in favore dei cittadini e degli operatori economici per la garanzia della certezza del diritto; la sicurezza economica nella regolazione delle attività d'impresa e dei contratti; la tutela dei diritti della persona e delle fasce deboli; la realizzazione della Costituzione attraverso una risposta efficace, pronta e sicura alle istanze di giustizia civile, contrattuale, fallimentare e familiare; la riforma della giustizia penale, per un maggiore rispetto dei diritti umani coinvolti nel processo e nell'esecuzione della pena, delle garanzie della difesa in ogni Stato e grado del processo per la lotta ad un esasperato panpenalismo, alla supplenza delle procure, ai difetti o ai ritardi dell'amministrazione attiva, per un riequilibrio del ruolo dell'ufficio di procura nello svolgimento del procedimento penale, con la posizione dei difensori per una moralizzazione dei rapporti tra giustizia ed informazione, ma su questo tornerò in seguito.

La riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell'ordinamento giudiziario per una magistratura più moderna e responsabile, realmente indipendente dalla politica, aperta all'internazionale, per un Consiglio superiore della magistratura effettivamente autonomo dalle correnti, per una valutazione dei magistrati basata sul merito e non sulle raccomandazioni o sulle appartenenze: il caso Palamara ha insegnato tanto, ma non ha risolto il problema, se ancora nell'ultima settimana il Consiglio di Stato ha decapitato i vertici della suprema Corte di cassazione, annullando le nomine del Presidente e del Presidente aggiunto della Corte di legittimità.

Ciò per cui ci batteremo e vorremmo batterci, signor Ministro, è un Paese libero da un condizionamento pesante basato sull'uso della giustizia come strumento di intervento, a volte a gamba tesa, nell'agone della politica.

La nostra visione dei principi dello Stato di diritto non può più tollerare le distorsioni alle quali assistiamo quotidianamente. Il fatto che la notizia della notifica di un'informazione di garanzia campeggi sulla prima pagina dei giornali e che la sentenza di assoluzione irrevocabile pronunciata dalla suprema Corte di cassazione non abbia alcuna eco, poiché non interessa i media e dunque non raggiunge l'opinione pubblica, equivale a destrutturare il senso stesso della giustizia, il suo ruolo di fucina della certezza del diritto e dei rapporti giuridici, così come il fatto che i quotidiani, addirittura di fronte ad assoluzioni nel merito, continuino per anni ad adombrare responsabilità inesistenti a carico degli imputati e ripeschino notizie relative a inchieste poi fallite, come se fossero fonti di verità storica assoluta. L'ingegneria reputazionale che segue lo sviluppo delle inchieste finisce per stravolgere il sacrosanto principio della presunzione di innocenza su cui si fonda la civiltà giuridica del nostro Paese.

C'è poi un tema importante, ma sempre poco avvertito, quello del sistema carcerario. Mi complimento con lei perché si è molto soffermata su questo punto, però vorrei dire anche la mia.

Restano inalterate le condizioni croniche di sovraffollamento, spazi angusti per un numero davvero eccessivo di persone, come lei ha ricordato: una capienza di 40.000 posti per più di 50.000 persone. Mancano efficaci controlli di sicurezza; sono carenti medici, psicologi, educatori, agenti e mancano percorsi riabilitativi per il rientro nella società. Ci auguriamo che la costruzione di nuove strutture e la diminuzione del numero dei reati per i quali si ricorre al carcere possano invertire una direzione di marcia assurda e poco aderente alla Costituzione. Se al fatto che nelle carceri, purtroppo, si ritrovano mille persone per errori giudiziari e per ingiusta detenzione si aggiunge il trattamento inumano e degradante di alcuni istituti di pena, come ha sentenziato tempo fa la Corte europea dei diritti dell'uomo, allora bisogna riconoscere che c'è ancora tanto da fare e mi auguro che lei lo faccia.

Un ultimo dato vorrei condividere, signor Ministro. Il 2022 è l'anno del trentennale delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, un momento storico che vide tutta la Repubblica unita per reagire alle offensive della mafia siciliana. Noi avvertiamo ancora oggi e sentiamo nostro quello spirito di trasversalità e di risposta all'indirizzo politico costituzionale che aiutò il Paese a superare brillantemente - oggi possiamo dirlo - una delle più grandi sfide della sua storia.

Confidiamo nella sua statura di costituzionalista, tra le più attente studiose dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, per condurre in porto nel migliore dei modi le riforme di cui la giustizia e l'Italia hanno assolutamente bisogno.

La lettera che lei ha letto all'inizio del suo intervento è un appello affinché tutto questo si realizzi. Mi auguro che avvenga, signor Ministro, perché essendo stata io stessa vittima di una giustizia lunga, che è durata più di dieci anni senza aver mai riportato condanne in primo grado, posso assicurare a lei e all'intero Senato che sono ferite sanguinanti, che non si chiudono mai per tutta una vita, per cui è importante che lei si attrezzi - insieme a noi, evidentemente - per fare in modo che la giustizia in Italia possa essere una giustizia giusta e che possa essere vicina ai cittadini.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Cirinnà. Ne ha facoltà.

CIRINNA' (PD). Signora Ministra, la ringrazio moltissimo per questa sua relazione, che giunge al termine di un anno molto complicato, molto difficile per il nostro Paese. Molte sono le tensioni, ma molto è stato anche il lavoro fatto, rispetto al quale diamo un riconoscimento e un ringraziamento alla sua persona.

Ho apprezzato molto la sua determinazione nell'individuare il compito di noi legislatori, che dovrà rafforzare ulteriormente il lavoro sulla giustizia. Non esiste giustizia amministrata in nome del popolo e nel rispetto della legge se non è garantita piena effettività al diritto di accesso alla giurisdizione e al diritto di difesa. È di questo legame strettissimo tra giustizia e diritti che parlerò brevemente.

L'onestà intellettuale ci porta a riconoscere, purtroppo, che il 2021 non è stato un buon anno per i diritti e per l'uguaglianza in questo Paese. Si è concluso con l'applauso vergognoso di una parte di questa Assemblea nell'occasione dell'affossamento del testo contro i crimini d'odio e contro gli speech di odio, un testo che serviva solo, come ben sapete, care colleghe e cari colleghi, a difendere e ad arginare quelle condotte violente e quei crimini d'odio, quelle stesse condotte e quei crimini d'odio che ha ricordato la Ministra nella sua relazione e che hanno alimentato nella storia le peggiori atrocità, unendosi all'indifferenza, alle discriminazioni e alla costruzione dell'altro come un nemico da colpire.

Il 2021 è stato anche un anno di moniti, purtroppo rimasti inascoltati dalla Corte costituzionale verso il legislatore. Il Parlamento è fermo, ammettiamolo colleghi. È fermo sul fine vita, è rimasto assolutamente indifferente all'appello della Corte costituzionale nelle sentenze nn. 32 e 33, che chiedeva di assicurare tutele e pari dignità ai bambini delle famiglie arcobaleno, bambini diversi, bambini puniti solo per il modo in cui sono nati o solo per i genitori che hanno.

Il 2021 è stato, insomma, l'ennesimo anno in cui il Parlamento ha voltato le spalle a tante, troppe domande di riconoscimento di uguaglianza e di giustizia, perché potremmo riorganizzare il servizio giustizia nel modo migliore possibile, ma se le leggi continueranno ad essere insufficienti, se ai giudici si continuerà a chiedere di sostituirsi al legislatore, un legislatore sordo, un legislatore inerte, e il Parlamento continuerà a decidere di non decidere, il legame tra giustizia e diritti sarà sempre più indebolito e sempre più sbilanciato.

Il 2021 è stato anche l'anno in cui si è intensificata la barbarie della violenza maschile sulle donne, anche e soprattutto in famiglia. Ho riscontrato nella relazione della Ministra una fortissima attenzione su questo tema, un grandissimo lavoro anche delle tante persone che dentro e fuori dal Parlamento operano per dare dignità a queste donne che chiedono aiuto e soprattutto di essere ascoltate.

Il 2021 è stato anche l'anno in cui abbiamo letto le cronache di momenti molto duri di violenza, come la vicenda del carcere di Santa Maria Capua Vetere, che cito come esempio patologico di quella che, nonostante tutti gli sforzi, resta un'emergenza. Sullo stato delle nostre carceri riconosco a lei, signora Ministra, una fortissima attenzione, anche in accordo e in supporto con la parte più garantista di questo Parlamento, che non ha mai fatto mancare il suo lavoro su questo tema.

In aggiunta a quello che la Ministra ha ricordato, proprio per dimostrare ciò che ha detto lei, signora Ministra, cioè che il lavoro è stato enorme e quanto lavoro è stato fatto, vorrei citare alcuni passi non citati nella sua relazione. Penso alla questione dei bambini in carcere, con l'adozione del decreto di riparto dei fondi per la realizzazione di case famiglia protette, stanziati nella legge di bilancio del 2021, e anche il rinnovo, per ulteriori quattro anni, della Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti.

Ha ragione, signora Ministra, a lei va dato atto di aver fatto molto anche su questo. Avanzamenti importanti, che devono però essere sostenuti, monitorati e messi a sistema in un contesto carcerario moderno, con più personale, con percorsi differenziati e con un maggiore investimento sul lavoro e sulla scuola, in carcere e all'esterno.

Nella mia attenzione costante al tema delle carceri, sono guidata da un principio molto semplice: chi è detenuto resta anzitutto una persona, una persona che ha più valore delle sue stesse responsabilità. Ce lo insegna l'articolo 27 della Costituzione, che prevede che la rieducazione del condannato non coincida solo con la maturazione della consapevolezza di ciò che si è fatto, ma anche e soprattutto con la preparazione al reinserimento sociale.

Su questo vorrei essere molto chiara. Occorre garantire alla persona detenuta una qualità di vita, non solo decente, come dice la relazione Ruotolo, ma che possa permettere al singolo di riappropriarsi della vita in tutti i suoi aspetti. Ne ricordo solo uno: la questione dell'affettività in carcere. È incardinato in Commissione giustizia un testo che io chiedo a questo Senato di non dimenticare.

Nella sezione femminile del carcere di Rebibbia abbiamo assistito all'inaugurazione della Casina degli affetti, realizzata dal nostro collega, senatore Renzo Piano, un luogo nel quale le persone ritrovano la dignità delle loro relazioni familiari.

Concludo, signor Presidente, signora Ministra, nel ricordare a tutti voi e a tutti noi che, quando una persona entra in carcere improvvisamente entra in carcere un'intera famiglia. Domandatevi cosa accade ad una madre, ad una moglie, ad un figlio, nel momento in cui l'uomo che ama, la donna che ama, entrano in carcere. Comincia un incubo di orari: l'orario in cui si possono portare i panni puliti, in cui si possono ritirare quelli sporchi, l'orario in cui si può consegnare il cibo. Pensate a chi è detenuto fuori dalla città in cui vive.

Nell'occuparmi di affettività in carcere, io vorrei provare a dare anche una possibilità di miglioramento della vita di chi ha un detenuto in famiglia, perché queste sono famiglie, non solo private dell'affettività, ma costrette ad un percorso di burocrazia quotidiana durissima, che purtroppo il Covid-19 ha aumentato. Sono certa che troveremo, anche su questo, una modalità di procedere nel segno migliore e sempre nel segno dell'articolo 27 della nostra Costituzione. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Urraro. Ne ha facoltà.

URRARO (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente rivolgo al signor Ministro un ringraziamento per la relazione, per l'approccio, al tema della giustizia come bene comune; per una giustizia vista come una vera e propria infrastruttura democratica, posta al centro dell'attenzione e delle energie di questo Governo, sapendo bene che anche l'erogazione delle somme della Commissione europea per il PNRR è subordinata all'approvazione di riforme di sistema su cui ci siamo davvero spesi.

La tenuta del sistema intero, però, è stata messa a dura prova dall'emergenza sanitaria e dalle sue complessive ricadute. I soggetti individuati come responsabili della tenuta dello stesso, in particolare gli avvocati e i magistrati, sono stati attinti da una necessità: quella di adattare lo svolgimento delle attività alle nuove esigenze, a del tutto rinnovate esigenze, con l'impegno non trascurabile di salvaguardare in ogni caso il ruolo e la funzione.

Sappiamo che la giurisdizione quale strumento di garanzia e di equilibrio nell'ottica della risoluzione dei conflitti ha rischiato e rischia tuttora di essere sacrificata.

La relazione denota una chiara visione di insieme; le riforme denotano una visione davvero ampia, necessaria e funzionale a qualsiasi proposta, soprattutto quella in riferimento all'attuazione dei decreti delegati da adottare in questa fase di governance e di attuazione. Si è tenuto conto del mancato o comunque non adeguato investimento in risorse umane, strutturali, in risorse infrastrutturali, come è evidente anche dalla relazione.

La crisi della giustizia è un problema che, purtroppo, prescinde dal momento: investe la società, la comunità civile, ai cui margini, ancora una volta, è relegata la tutela della persona, soprattutto se detenuta, come è stato ampiamente documentato, tenuto conto anche delle attuali condizioni degli istituti penitenziari.

Essenziale - nell'esercizio della giurisdizione - è il pieno svolgimento del confronto processuale, ancorato alle garanzie ed espressione di diritti non comprimibili, soprattutto se riferiti ai più deboli, ai più fragili.

Penso al ruolo di uno degli attori protagonisti, l'avvocatura da cui provengo - anche forte del privilegio di aver avuto in passato la rappresentanza istituzionale per un periodo dell'avvocatura - che nel corso di questi lunghi e difficili mesi ha dovuto resistere, non sempre però riuscendovi, al rischio di una paralisi dell'attività giudiziaria, che ha fortemente inciso sulle irrinunciabili aspettative di tutela dei cittadini. L'avvocatura ha dovuto subire le conseguenze di provvedimenti che spesso non hanno ritenuto di dover considerare in adeguata misura la necessità per gli stessi avvocati di accedere in sicurezza agli uffici giudiziari.

Un miglioramento dell'organizzazione della giustizia è venuto fuori dalle riforme: l'accrescimento delle professionalità e delle competenze specifiche di tutti gli operatori di settore.

Una considerazione è necessaria, e ha fatto piacere l'evidenza circa l'apporto che la magistratura onoraria fornisce all'esercizio della giurisdizione, anche alla composizione degli stessi consigli giudiziari, al ruolo e alla funzione degli avvocati che ne fanno parte.

I problemi che sono venuti fuori dall'analisi sono chiari: la quantità del contenzioso, la qualità delle decisioni, i tempi del giudizio. A titolo esemplificativo, ogni anno sopravvengono in Cassazione più di 30.000 ricorsi civili e 50.000 ricorsi penali, un dato quantitativo unico anche nell'esperienza giuridica internazionale.

La qualità delle decisioni è imposta dal ruolo, i tempi del giudizio devono essere tali da rendere la durata complessiva del processo ragionevole, come richiede la Costituzione, e la CEDU ha più volte ricordato che la tempestività e la prevedibilità delle decisioni concorrono a rendere la giustizia conforme ai principi dello stato di diritto e di un sistema democratico.

Far quadrare questi elementi - ecco la sfida, che ha un timing anche molto stretto - è molto complesso e la situazione attuale è estremamente problematica per le incrostazioni del passato che si sono cumulate.

I numeri sono oggi più che mai inarrestabili e questo si riflette anche sugli altri elementi: i tempi del processo civile superano il livello della ragionevolezza, la qualità dei provvedimenti non sempre è all'altezza del ruolo, i contrasti molto spesso inconsapevoli sono diffusi e ricorrenti. Tutto questo dipende da fattori non solo contingenti, ma strutturali, che possono essere letti da una serie di angolature.

Come dicevo, la Commissione europea subordina l'erogazione delle somme nel sistema giustizia all'approvazione di queste riforme di sistema e all'attuazione delle stesse, per cui il tema è davvero centrale e i riflessi sono ad ampio raggio nel settore non solo civile, ma in tutte le sue declinazioni; penso all'economia, alla famiglia, al lavoro, ai tanti temi all'ordine del giorno del dibattito - non solo nostro - sulle difficoltà del Paese in tutti i suoi gangli vitali.

Le riforme prevedono una serie di deleghe che dovranno essere esercitate; si potenziano gli strumenti in particolare di risoluzione alternativa delle controversie con una nuova cultura anche sociale verso le ADR (alternative dispute resolution) da esperire anche con modalità telematiche che devono essere potenziate, che abbiamo visto implementate soprattutto in questa fase pandemica.

Fa piacere il passaggio da una fase emergenziale a una fase strutturale delle best practice e di tutto ciò che è venuto fuori con successo; un incentivo fiscale, quindi anche premiale, per la mediazione sia civile che commerciale, intervenendo altresì sulla disciplina dell'arbitrato, prevedendo anche l'inserimento di norme in tema di arbitrato societario all'interno del codice di procedura civile.

Lo stesso testo reca una serie di modifiche al processo civile di primo grado per migliorare l'efficienza della giustizia, intervenendo sulla disciplina del giudizio di appello, un vero snodo - così come abbiamo più volte documentato - potenziando il filtro di ammissibilità e semplificando la fase di istruttoria del procedimento. Si prevede quindi la possibilità per il giudice di proporre il cosiddetto rinvio pregiudiziale, ossia di sottoporre direttamente alla Corte la risoluzione di una questione di mero diritto su cui il giudice abbia già sollevato il contraddittorio delle parti, purché sia questione del tutto nuova, di particolare importanza e suscettibile di presentarsi in numerosi giudizi, fonte di gravi difficoltà interpretative: si palesa come una misura estremamente utile.

La modifica della disciplina del processo esecutivo, valorizzando le misure di coercizione indiretta e di cui all'articolo 614-bis del codice di procedura civile, è un altro elemento fondamentale. Viene prevista, con riguardo alle espropriazioni, la possibilità per il debitore di vendere direttamente l'immobile pignorato a un prezzo non inferiore a quello indicato nella perizia di stima: tutti elementi fondamentali che impattano sulla vita delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese.

Le riforme evidenziate introducono altresì misure di riordino e implementazione delle disposizioni necessarie sul processo civile telematico; mi viene da aggiungere anche sui processi ormai telematici e sull'interoperabilità degli stessi: un tema di cui tenere assolutamente conto. Una delle principali missioni del PNRR riguarda proprio la digitalizzazione, con un notevole impegno di spesa: è un'occasione unica. Si interviene quindi sulla disciplina dell'Ufficio per il processo, prevedendo l'istituzione di strutture organizzative analoghe a esso, previste presso la Corte di cassazione e la sua procura generale; introducendo un rito unico applicabile in tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie; prevedendo l'istituzione del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie.

In conclusione, sono note da tempo le relazioni molteplici che legano giustizia ed economia; una giustizia che funziona garantendo attuazione dei contratti e protezione dei diritti; che facilita la vita degli scambi; incoraggia gli investimenti e rende più agevole l'accesso al mercato del credito; favorisce la concorrenza; aumenta - come aumenterà - l'attrattività del nostro Paese nei confronti degli investitori esteri. Sono tutti i temi a cui puntiamo sulla scorta di queste riforme e sull'attuazione delle stesse in via assolutamente prioritaria. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marco Pellegrini. Ne ha facoltà.

PELLEGRINI Marco (M5S). Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, signora Ministra, approfitto dell'occasione per fare un approfondimento doveroso in merito alla situazione di Foggia e Provincia.

Le bombe degli ultimi giorni - ben nove in un lasso di tempo brevissimo -hanno preoccupato, anzi direi scioccato l'opinione pubblica nazionale e internazionale, mentre quella locale lo era già da molti anni. L'aperta sfida allo Stato, le modalità violente e feroci, quasi terroristiche, con le quali agiscono le mafie foggiane destano sgomento, paura profonda e diffuso allarme sociale. Ne hanno parlato i media di tutto il mondo, rappresentando una situazione drammatica, nonostante - voglio rimarcarlo - il lavoro costante e penetrante svolto con grande professionalità e sacrificio dalla magistratura circondariale e distrettuale, dalla prefettura e dal personale delle Forze dell'ordine. Ringrazio tutti loro dal più profondo del cuore.

Posso affermarlo senza timore di essere smentito: la riforma della geografia giudiziaria del 2012, almeno per ciò che concerne la Provincia di Foggia, ha fallito. Ha fallito completamente con la soppressione del tribunale e della procura di Lucera e quella di altre sei sezioni distaccate, in un territorio che è più grande dell'intera Liguria che ha quattro tribunali, più grande del Molise che ha tre tribunali e simile al Friuli, che ha quattro tribunali.

In un territorio del genere, che ha quasi 700.000 abitanti e comprende estese zone impervie funestate dalla presenza di clan mafiosi, questa soppressione ha creato un imbuto che impedisce di celebrare con celerità i processi. Ne pendono quasi 13.000 in fase di giudizio. Questo dato, raddoppiato rispetto al 2012, basta a fotografare il fallimento del riordino e delle soppressioni. Fino al cosiddetto riordino - me lo lasci fotografare così - i processi si celebravano in altre sette sedi in Provincia di Foggia; ora invece con la concentrazione di tutti gli uffici nella sede foggiana mancano le aule, gli spazi sono insufficienti, gli uffici scoppiano. Insomma, nonostante l'abnegazione dei magistrati e dei dipendenti amministrativi, che ringrazio, la macchina giudiziaria non può funzionare al meglio, anzi direi che è ben lontana da un funzionamento accettabile. Di queste disfunzioni e difficoltà oggettive si avvantaggiano i sodalizi criminali e ne pagano le conseguenze i cittadini, le vittime di reato e tutti gli operatori del diritto.

Le soppressioni di tribunali, delle sezioni distaccate e l'accorpamento nell'unica sede di Foggia non solo non hanno portato i benefici ipotizzati dal legislatore del 2012, ma anzi hanno creato un disastro in cui tutti - davvero tutti - ci rimettono, tranne i criminali.

Ebbene, se questo è il quadro - e sfido chiunque a dire il contrario - la politica ha il dovere di prenderne atto e di dare risposte concrete. Diversamente le parole di solidarietà giunte da tutti rimarrebbero parole al vento.

Io vivo in quel territorio e sento enorme la responsabilità sulle mie spalle, ma dovremmo sentirla tutti noi e dovremmo avvertire tutti la necessità di prendere immediatamente provvedimenti drastici. Il procuratore nazionale antimafia, dottor Cafiero de Raho, ha parlato più volte della situazione foggiana come di una vera e propria emergenza nazionale. Ebbene, visto che siamo in una situazione di emergenza che preoccupa tutto il mondo, occorre avere il coraggio e la forza di prendere decisioni eccezionali, senza farsi condizionare dal totem, dal moloc dell'intangibilità della geografia giudiziaria o - per esempio - dell'attuale disposizione e ubicazione dei commissariati di Polizia di Stato.

Nello specifico, come MoVimento 5 Stelle, abbiamo chiesto alla ministra dell'interno di rafforzare considerevolmente il numero delle Forze dell'ordine in provincia e di elevare i commissariati di San Severo e Cerignola a strutture di primo livello.

Sul versante giudiziario chiediamo da tempo che vengano istituiti almeno un altro tribunale e almeno una sezione distaccata che possano coprire le zone Sud e Nord di questa estesa Provincia. Inoltre il MoVimento 5 Stelle, a mia prima firma, ha depositato, fin dall'agosto del 2018, un disegno di legge per l'istituzione a Foggia di sezioni distaccate della corte di appello di Bari, della Direzione distrettuale antimafia (DDA) e del tribunale per i minorenni. Analogo disegno di legge è stato presentato alla Camera nel 2021 dalla collega Giuliano. Le ragioni sono ovvie e sono diffusamente illustrate nella relazione del mio disegno di legge, a cui rimando e non ripeto qui soltanto per ragioni di tempo.

Infine, nelle more dell'auspicata approvazione del disegno di legge, ribadiamo con forza la richiesta di trasferire fisicamente a Foggia il pool di magistrati della DDA di Bari che si occupano stabilmente ed esclusivamente di reati di stampo mafioso in quella Provincia. Ciò renderebbe ancor più proficuo il loro lavoro e quello della Polizia giudiziaria perché presidierebbero meglio il territorio, evitando perdite di tempo a fare la spola tra Bari e Foggia.

Se a queste nostre proposte, fattibili e di buon senso, non seguiranno atti concreti da parte di chi ha responsabilità legislative, organizzative e di governo, vorrà dire che le belle e accorate parole pronunciate in questi giorni da tutti sono state un mero vuoto e insopportabile esercizio di stile. In tal caso i cittadini della mia meravigliosa e sfortunata provincia ci giudicheranno. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cucca. Ne ha facoltà.

CUCCA (IV-PSI). Signor Presidente, signora Ministra, signori Sottosegretari, stimati e cari colleghe e colleghi, ho ascoltato con molta attenzione la relazione della signora Ministra e devo dire che in gran parte è condivisibile. Ovviamente ci sono dei distinguo che io cercherò di fare.

Anzi, avviso che, avendo poco tempo a disposizione, occuperò anche il tempo della dichiarazione di voto per parlare del contenuto, che invece avrei dovuto trattare in discussione generale. Il tema della giustizia è talmente variegato e sensibile in questo periodo che necessariamente avremmo bisogno di più tempo per affrontare in maniera corretta ed esaustiva i grandi temi che affliggono purtroppo questo settore.

È evidente che il settore della giustizia - lei, Ministra, lo ha esposto molto bene - ha bisogno di una revisione profonda, per tutto quello che sta accadendo ed è accaduto negli ultimi anni. Sappiamo quali conseguenze dannosissime sono derivate al nostro Paese da una gestione non ottimale del settore, soprattutto negli ultimi anni. La lettera che lei ha letto, sicuramente toccante nella sua tragicità, non rappresenta che uno degli aspetti deteriori del nostro sistema. Si pensi a quella persona che purtroppo ha deciso di togliersi la vita dopo aver affrontato un processo durato dieci anni, conclusosi con un'assoluzione in primo grado e una condanna in secondo grado; dieci anni in cui la vita non solo di un individuo, ma di una intera famiglia, è stata rovinata da vicende del genere. Voglio anche ricordare una cosa accaduta qui in quest'Aula, quando, nella scorsa legislatura, abbiamo probabilmente messo mano alla vita di un individuo e della sua famiglia e alla sua carriera politica, autorizzando qui un arresto. E poi, dopo cinque anni di processo e due anni e mezzo di carcere, è stato assolto perché il fatto non sussisteva. Ecco, sono questi i temi che dovremmo prendere in considerazione.

A proposito di quello di cui parlavo in precedenza, non possiamo non sottolineare la necessità di mettere mano e di rimediare anche al fatto dell'appellabilità della sentenza assolutoria di primo grado, perché, se è vero che la condanna deve arrivare quando c'è la certezza al di là di ogni ragionevole dubbio, non si capisce per quale motivo, se un magistrato con le sue competenze è arrivato alla conclusione che una persona è innocente, ci debba essere la possibilità di riprendere in mano tutta la vicenda. Si deve andare forse alla ricerca di chi invece legga la vicenda in maniera diversa? Chi frequenta le aule giudiziarie sa perfettamente che qualsiasi vicenda presenta due facce differenti. Bene: a una ci si deve attenere. E noi crediamo nella preparazione della nostra magistratura. Io ripeto sempre che, facendo l'avvocato, devo continuare ad avere fiducia estrema nella magistratura, perché altrimenti non potrei fare l'avvocato; preferirei andare in tabaccheria a comprare una schedina del SuperEnalotto. Invece mi affido alla magistratura, conoscendo la preparazione e il livello altissimo che noi abbiamo; ma il sistema va cambiato.

In questo senso debbo dire che ovviamente stiamo facendo i conti da anni con i cronici ritardi nella definizione dei tempi del processo. I cittadini da noi si aspettano molto in questo senso, ed è evidente che si aspettano molto. Da anni purtroppo ancora non siamo riusciti a dare loro una risposta concreta ed esaustiva. Probabilmente stiamo ponendo le basi nella maniera corretta. Probabilmente, ma non lo so, perché ho detto reiteratamente che, pur non avendo condiviso alcune parti delle riforme civili e penali, sicuramente esse rappresentano una buona base di partenza. Poi - come si dice da noi in sardo - durante il cammino si aggiusta il carico. È un vecchio proverbio sardo e la saggezza popolare talvolta aiuta anche nella quotidianità della vita. Probabilmente sarà necessario mettere mano ad alcune cose. Ho parlato poco fa dell'appellabilità delle sentenze assolutorie di primo grado, per citarne soltanto una.

Mi permetta, signor Ministro, perché, a causa dell'età che ormai avanza, non vorrei dimenticarmene. Lei ha citato il caso Regeni. Mi permetto di aprire una parentesi rapidissima: credo sia necessario che il Ministero si occupi in maniera un po' più fattiva anche della vicenda di Chico Forti, che ormai è un fatto notorio che deve essere affrontato in maniera determinata, perché dobbiamo riportare a casa una persona che evidentemente è stata vittima di un errore giudiziario.

Si è parlato della carenza di personale, si è parlato della carenza di spazi adeguati e di risorse umane e strumentali: in tutti e tre i settori c'è davvero tanto da fare.

Andiamo ripetendo che i problemi più grossi che dovranno essere affrontati saranno quelli della carenza di risorse umane (magistrati e personale amministrativo).

Debbo dire che è stato sì avviato un percorso, ma voglio sottolineare che quel percorso era stato avviato dal ministro Orlando, che aveva finalmente riaperto i concorsi in magistratura e aveva anche dato avvio alle procedure concorsuali per il personale amministrativo.

Voglio anche sottolineare un'altra cosa: ciò non basta perché, finché non c'è certezza dell'organico al completo, non avremo la possibilità di avere una giustizia in tempi certi e determinati. È una vicenda della quale dobbiamo occuparci immediatamente. Credo che si stia già facendo molto e bene ha fatto la signora Ministra a sottolineare che di recente è stato bandito un concorso per 500 posti. Debbo anche dire che i risultati non sono certamente incoraggianti, almeno per quel che si sente dire; pare che non siano molto incoraggianti, ma a mio parere dobbiamo insistere in quel percorso. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, signor Ministro, rappresentanti del Governo, colleghi, ho ascoltato con molta attenzione la relazione e intervengo su un aspetto specifico al quale lei, Ministro, ha dedicato circa un minuto e mezzo, direi davvero troppo poco. Mi riferisco alla parte 5.4 su diritto di famiglia e dei minori. Nel testo scritto della sua relazione e nel suo intervento qui in Aula lei ha trattato dei tanti casi di violenza sulle donne e sui bambini, di un crescendo di contenzioso nell'ambito delle relazioni familiari. Invece intervenendo in Aula non ha citato - nel testo scritto sì - i femminicidi, che purtroppo nel 2021 sono stati 109; non sono numeri, ma sono donne uccise, spesso mamme. È un bollettino di guerra.

Torno al tema del diritto di famiglia e dei minori, a proposito del quale lei stessa ha sottolineato giustamente che l'insufficiente coordinamento tra le autorità procedenti riduce la possibilità di intuire e prevenire le conseguenze anche fatali, e ha invocato una profonda riforma delle procedure e dell'organizzazione giudiziaria.

Ministro, lei ha fatto anche un cenno - e questo è l'oggetto principale del mio intervento - a un disegno di legge approvato in Consiglio dei ministri nei primi giorni dicembre, che ha goduto giustamente - grazie a una conferenza stampa alla presenza di tutte le Ministre e del presidente Draghi seduto in prima fila in platea - di un'ampia rassegna stampa. Proprio quel disegno di legge è volto a rafforzare gli strumenti di prevenzione anche a completamento di quanto già previsto dal codice rosso, che anche noi abbiamo votato ma che nell'applicazione ha dimostrato di richiedere qualche aggiustamento. Del resto c'è anche un vulnus, un buco, nella riforma del processo penale - come denunciato nel mese di dicembre dalla procura di Tivoli - rispetto a quanto accade nel momento in cui si arresta colui che viola il divieto di avvicinamento ai luoghi di frequentazione della vittima. Magari il giorno dopo l'arresto viene processato per direttissima, ma viene rimesso in libertà nella condizione vieppiù di nuocere alla vittima. Quel vostro disegno di legge, con undici articoli se non erro, andava a colmare anche quest'aspetto che non è né marginale né banale.

Signor Ministro, ci chiediamo allora se questo importante impianto normativo, che avete approvato i primi di dicembre, e che va anche a migliorare aspetti della riforma del processo penale, perché contiene misure stringenti per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica, è stato bollinato. Non siamo riusciti a saperlo. Dove si è fermato? A che punto siamo? Lei sa meglio di me che quel provvedimento contiene norme molto importanti e ne cito solo alcune: maggiore ricorso al braccialetto elettronico, fermo immediato in presenza di un grave rischio per la donna, rafforzamento dell'arresto obbligatorio in flagranza per chi viola il suddetto divieto di avvicinamento alla vittima, in modo da prevenire più efficacemente il rischio di condotte violente reiterate; inoltre, al di fuori dell'arresto in flagranza di reato si potranno applicare le misure cautelari. Signor Ministro, intanto dov'è finito questo disegno di legge? Il nodo è - lei lo ha detto e lo sa, ma purtroppo lo sappiamo tutti, per i casi di cronaca - che bisogna rafforzare l'arresto obbligatorio in flagranza, per evitare quello che dicevamo, cioè il processo per direttissima e le scarcerazioni facili, con la remissione in libertà degli autori della violenza.

Le domande da porsi sono le seguenti: perché questo disegno di legge non è arrivato in Parlamento? Perché di fronte all'evidenza di questo fenomeno emergenziale e drammatico non si è proceduto? Perché il Governo non ha voluto emanare un decreto-legge, invece che un disegno di legge, che notoriamente rinvia nel tempo? E comunque, se lo avete fatto, lo dovete portare all'esame dell'Assemblea al più presto: lo vogliamo discutere, analizzare e approvare. Su queste materie non ci si divide, ma bisogna evitare di fare conferenze stampa a cui poi non conseguono fatti, perché non si può permettere alcun vuoto, né normativo, né temporale, quando sono quotidianamente in gioco le vite delle persone, come lei stessa ha ricordato. (Applausi). Non c'è tempo da perdere: non si perda tempo!

Lei ha ricordato Paolo Borsellino e mi permetto di ricordare, a nome del Gruppo Fratelli d'Italia, che oggi di Paolo Borsellino ricorre la data della nascita. È quindi una sorta di compleanno: onore a lui e alla sua memoria. Signor Ministro, la prego: ormai avete scelto la strada lunga del disegno di legge, invece che quella di un decreto-legge. Questa strada rendetela però più breve possibile, percorretela subito, prima di ogni altra cosa, perché serve alla vita quotidiana di molte donne, che sono in pericolo. Signor Ministro, i migliori non sono quelli che enunciano... (Il microfono si disattiva automaticamente). I migliori sono quelli che fanno quello che dicono. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mirabelli. Ne ha facoltà.

MIRABELLI (PD). Signor Presidente, signora Ministra, abbiamo davvero condiviso la sua relazione, che dimostra il lavoro che il Ministero e il Parlamento hanno fatto in questo anno. Si tratta di un lavoro importante, che ha messo in campo riforme necessarie per il Paese: prima di tutto per il Paese e per i cittadini. Certamente molto resta da fare, ma le scelte fatte sul processo civile e sul processo penale sono positive e importanti e non si limitano - come lei giustamente ha ricordato nella relazione - a intervenire sulla velocità dei processi, agendo anche sulla qualità dei processi e del diritto.

Ci sono, nella relazione e nel lavoro svolto quest'anno, alcune questioni che ci sta a cuore sottolineare, condividendone ovviamente l'impostazione.

La prima è certamente la scelta di intervenire molto sull'organizzazione della giustizia. L'investimento, consentito anche dal PNRR, sull'organizzazione, sulla digitalizzazione, sulle infrastrutture della giustizia è decisivo e fondamentale. Le assunzioni per l'Ufficio del processo, insieme alla promozione e all'incentivazione dell'utilizzo di strumenti alternativi alle controversie, in particolare la mediazione civile, sono scelte decisive per migliorare.

La seconda questione riguarda il penale. Voglio sottolineare una cosa che per noi ha una grande importanza: con queste riforme si comincia a invertire una tendenza, si esce dalla logica del buttare via le chiavi, si prova a tornare alla Costituzione. Al di là e oltre la giusta depenalizzazione dei reati bagatellari, è importante che, nella pratica, si stabilisca il principio che il carcere non è l'unica scelta per sanzionare i reati. Nella norma della riforma del processo penale e, ancora di più, nella relazione si insiste sulle pene alternative, sulla messa alla prova, sulle pene risarcitorie. È giusto. Questi sono gli strumenti per recuperare la funzione riabilitativa della pena.

Sappiamo bene che, per andare su questa strada, servono ulteriori investimenti, assunzioni nelle aree trattamentali, riconoscimento delle professionalità. Servono concretamente norme e, per farlo, credo sia necessario mettere presto tra le priorità, non solo del Ministero, questo capitolo, quello degli strumenti per poter estendere l'utilizzo delle pene alternative. Tra l'altro, continuo a pensare che questa sia la via maestra per superare l'emergenza, che anche lei, Ministro, sottolineava, della sovrappopolazione carceraria.

È chiaro, però, che devono essere assunte misure, forse anche nel breve periodo. Ci domandiamo, signor Ministro, se non sia utile pensare già oggi a una proroga oltre il 31 marzo e oltre la fine dell'emergenza delle misure che abbiamo messo in campo per ridurre i disagi all'interno del carcere a causa del Covid-19.

Come terza questione, accanto a ciò, signor Ministro, lei ha avviato una riflessione, per noi di straordinaria importanza, sulla giustizia riparativa. Si tratta di una riflessione che mette al centro le vittime, spesso dimenticate, e che mette il reo di fronte alle proprie responsabilità. Anche su questo spero si possa rapidamente andare oltre la teoria o le sperimentazioni episodiche, per mettere concretamente a terra l'attivazione di tale strumento. Non è una critica, anzi: c'è il riconoscimento di una riflessione importante che, al più presto, deve produrre soluzioni.

Infine, le recenti sentenze della Corte costituzionale e delle Corti europee portano il Parlamento alla necessità di legiferare sul tema dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario sull'ergastolo ostativo. Non si tratta e non si può pensare di indebolire gli strumenti di lotta alla mafia, ma non si può neppure negare la possibilità che una persona, dopo trent'anni di carcere, cambi.

La riforma dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario e dell'ergastolo ostativo per noi deve muoversi in questo spazio stretto: garantire il rigore per impedire a chi non ha spezzato i fili con le mafie di poter avere alcun beneficio, ma, dall'altra parte, mettere lo Stato nelle condizioni di riconoscere il cambiamento.

In conclusione, signora Ministro, l'esperienza di quest'anno dimostra che, se si sta al merito e si esce dalle contrapposizioni ideologiche, anche sulla giustizia, le riforme si possono fare, non contro qualcuno, ma nell'interesse dei cittadini e del Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-+Eu-Az). Signora Ministro, la sua relazione non solo è puntuale ma, è persino puntigliosa e di questo la ringrazio. Penso che le proposte dettagliate della relazione vadano sostenute e aiutate, e questo lo mettiamo da parte.

Quello che invece voglio sottolineare, per il futuro e non per guardare indietro, è la necessità delle riforme che mancano e che - secondo noi - da trent'anni sono essenziali.

Quella del rapporto tra giustizia e cittadini non è solo una questione di efficienza, che già non c'era - e in questo senso la ringraziamo se riuscirà a mettere la macchina in movimento, cosa che non sarà semplicissima, né avverrà domani mattina - ma è anche una questione di efficacia.

Lei ha ricordato il tema della fiducia. Noi viviamo in un momento in cui i cittadini non hanno fiducia nella giustizia, ben che vada ne hanno paura e pensano - giustamente e peraltro in molti casi - che, se per caso finiscono in una delle maglie della giustizia, si ritrovano in un tunnel kafkiano dal quale non escono più, con tutta una serie di danni reputazionali, familiari ed emotivi che nessuno ripagherà mai, e ripeto: nessuno ripagherà mai.

Sulla questione delle carceri lei ha parlato di sovraffollamento, ha dato le cifre, che - ahimè - condivido con la mia amica Rita Bernardini. A quanto lei ha detto vorrei aggiungere un altro dato che mi impressiona: se ho capito bene, a fronte dei contagi, che superano il centinaio a Torino, a Napoli, a Firenze e così via, sono 1.646 gli operatori attualmente positivi, per cui siamo in una situazione che richiederà non solo l'attuazione degli impegni che lei ha preso e le riforme avviate, ma forse anche un qualche intervento di emergenza.

In ogni caso, mi concentro su quello che - a mio avviso e ad avviso di altri colleghi - manca da trenta anni e, se lei pensa che si possano affrontare i temi che adesso elencherò con l'accordo di tutti, si sbaglia, non è così.

Mi riferisco ovviamente ai temi che riguardano la separazione delle carriere - ad esempio - la responsabilità civile dei magistrati, l'obbligatorietà dell'azione penale; insomma i problemi di fondo creati ben prima che lei arrivasse, ma che penso le toccherà con molta difficoltà cercare di sbrogliare.

Ogni giorno i cittadini ne sentono una: ieri era il grande scontro - sarà grande istituzionalmente parlando - tra il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio di Stato.

La vicenda del CSM è, per chiunque, veramente indecorosa e penso che sia questo uno dei motivi della sfiducia dei cittadini, che sento palpabile, perché tra questo e i veri e propri errori giudiziari nessuno ha voglia, ovviamente, di finire nelle mani della giustizia.

Questi temi, che la maggioranza non può affrontare, saranno oggetto dei referendum chiesti dai Consigli regionali e da una parte delle firme del partito transnazionale. Penso che lei debba vivere questo - personalmente, eserciterò il mio dovere e voterò sì - come contributo e sostegno a lei, altrimenti non andiamo da nessuna parte. Sono temi divisivi da trent'anni e, se li vogliamo superare in un modo o in un altro, non si aspetti di trovare una larga maggioranza, perché non sarà affatto così.

Infine, penso che nella costruzione di tutta questa vicenda anche la possibilità di depenalizzazione dei reati minori sia una strada importante; in particolare penso alla legalizzazione della cannabis. Un terzo dei detenuti è recluso non per droga, eroina, mafia o non so cosa, ma per piccolo spaccio di cannabis - ad esempio - e quindi non è proprio necessario che stiano nelle carceri. Invece di pensare - come lei ci ha ricordato - alle pene alternative, questo Parlamento è sempre intento ad aggravare le pene, ad inventare nuovi reati, come se non bastassero. Non è esattamente così come la vedo e come la vediamo noi.

Avrà davanti a sé un anno piuttosto difficile anche riguardo all'Europa e alle riforme che si aspettano. Spero che i referendum sui temi che ho sottolineato vadano nel senso da me auspicato e le diano la forza, finalmente, di affrontare alcuni dei nodi fondamentali che hanno bloccato la giustizia negli ultimi trent'anni. Le auguro anche di trovare la forza e la voglia, passati questi giorni complicati, di esprimersi pubblicamente - ad esempio - sul Consiglio superiore della magistratura. Non è pensabile che su quello che sta succedendo - con Palamara e, da ultimo, lo scontro con il Consiglio di Stato - non vi sia una risposta chiara da parte dell'autorità politica. Se così non sarà, non potremo lamentarci, poi, del fatto che la magistratura entra nella sfera politica, perché il vuoto non esiste né in politica né nella vita personale: se creiamo un vuoto, qualcuno lo riempie e già sappiamo come potrebbe andare a finire. (Applausi).

Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 11,30)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Dal Mas. Ne ha facoltà.

DAL MAS (FIBP-UDC). Signor Ministro, la sua relazione è stata puntuale e intelligente; da essa si evince come lei sia una persona abituata a dedicarsi allo studio e ad approfondire le cose, come si capisce dagli interventi da lei svolti nel corso del suo mandato.

Siamo usciti dal terrapiattismo di qualche tempo fa, di qualche Governo precedente, di qualche Ministro che l'ha preceduta e finalmente siamo entrati in una nuova epoca. Questo dobbiamo dircelo. Siamo entrati in un'epoca copernicana: abbiamo scoperto che è la terra che gira intorno al sole e siamo ritornati a parlare nel modo dovuto di diritto e di problemi che affliggono questo Paese e rivestono al suo interno un'importanza fondamentale.

L'Europa ci ha imposto delle riforme, a fronte dei prestiti che, diversamente, non arriverebbero. Lei, giustamente, può annoverare, quali risultati ottenuti e concreti, la legge delega sulla riforma del processo civile e penale e il decreto legislativo sulla crisi di impresa, che introduce delle novità dal punto di vista della negoziazione ed evita forse procedure fallimentari inutili.

Ha raggiunto questi obiettivi attraverso commissioni di studio, con un ampio confronto in Parlamento, con un'ampia maggioranza, con una complicata maggioranza. Viviamo in un'epoca di complessità: le banalizzazioni sono facili, mentre le complessità sono difficili, e dobbiamo ricercare la complessità per migliorare noi stessi.

Mi rendo conto che il lavoro è stato tanto. Giustamente, come diceva la collega Modena stamattina, si è prodotto molto in questo periodo, in questo anno e mezzo. Ho una memoria abbastanza breve e labile, che mi tradisce facilmente, ma ci sono molti punti che ha toccato e di cui va orgogliosa. Uno di questi è l'ufficio per il processo. Lei è stata giudice costituzionale, quindi ha una visione tipica di chi è giudice costituzionale rispetto a quella che possa essere la funzione dell'ufficio del processo. Io ritengo, però, che questo istituto sia un po' difficile da pensare nei tribunali. Immagino che i giudici onorari saranno coloro i quali scrivono le sentenze per i giudici togati: non vorrei che fosse così, ma, nei fatti, in parte è così.

Siamo in un Paese in cui esiste un arretrato o una pendenza di circa 4 milioni di processi (oltre 3 milioni di processi civili e oltre un milione di processi penali in primo grado); abbiamo un arretrato spaventoso e 270.000 avvocati, il cui reddito è inferiore ai 50.000 euro per l'80 per cento (questi sono dati del Censis, quindi sono un esempio di welfare sociale del quale bisogna cominciare a ragionare), a fronte di circa 9.000 giudici ordinari, come lei questa mattina ci ha ricordato.

Eppure, i problemi della giustizia, anche rispetto a quanto diceva chi mi ha preceduto, in un intervento di livello assolutamente politico, sono sempre gli stessi sono enormi, giganteschi, in questo Paese. Rispetto a questi, è vero che possiamo anche pensare di ridurre del 25 per cento la durata del processo penale e del 40 per cento quella del processo civile, ma sono soluzioni alle quali io non credo.

La complicatezza - e non la complessità - del nostro sistema legislativo gli impedisce di riuscire ad essere a norma rispetto a quello che ci dice l'Europa. Non è che eliminando una udienza di cui all'articolo 183 del codice di procedura civile o non facendo l'udienza di precisazione delle conclusioni abbiamo risolto il problema della durata del processo civile. Non è che nel processo penale risolviamo il problema, se non affrontiamo i problemi dell'imbuto del secondo grado di giudizio. Lì la soluzione è molto semplice e gliel'ha fornita lo stesso professor Lattanzi, nella relazione che accompagna la riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, cioè l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento di primo grado. (Applausi).

Lo diceva questa mattina il collega di Italia Viva. Le sentenze di assoluzione di primo grado, nei Paesi anglosassoni e secondo sistemi più civili e collaudati, non sono appellabili, salvo il sopraggiungere di fatti nuovi, salvo ciò che possiamo fare: salvo cioè, come suggerisce parte della relazione che lei giustamente ha favorito, una eventuale revisione di legittimità, affidata alla Corte di cassazione, a norma dell'articolo 606 del codice di procedura penale, che possiamo tenere come esempio di temperamento del principio di non appellabilità delle sentenze di proscioglimento.

Il secondo grado di giudizio è consentito a fronte del fatto che una persona condannata ha diritto a una revisione della sua condanna, del suo fatto. Questo è il principio alla base di tutti i trattati internazionali, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

Signor Ministro, altre persone la stanno distraendo in questo momento - immagino per ragioni ben più importanti delle mie - però è questo il tema, e lei lo sa benissimo. Sa perfettamente infatti che non esiste un secondo grado di giudizio, di impugnazione per il pubblico ministero, perché non discende nemmeno dall'articolo 112 della Costituzione, e l'ha chiarito la Corte costituzionale nel 2020, in una sentenza di cui anche lei è parte, in cui si è chiarito - addirittura auspicato - che la funzione del pubblico ministero non sia più quella di Cerbero della legalità, come qualche giurista accademico ha detto, ma di colui che, quale parte privata del processo, è messo sullo stesso piano dell'imputato.

Ho dimenticato qualche pezzo del mio intervento, ma sono stato invitato a concludere. Prima però devo richiamare l'attenzione di quest'Assemblea, perché esattamente ventun anni fa, proprio oggi, moriva ad Hammamet Bettino Craxi, io dico da esule. Visto che oggi stiamo parlando di giustizia, ricordo che non abbiamo ancora risolto quella pagina importante della giustizia (Applausi) che è stata la vicenda di Tangentopoli e che è stata anche la vicenda recente di colui che si è suicidato alla fine dello scorso anno, Burzi. Al contrario, preferiamo dilungarci su questioni prettamente tecniche, perché, quelle sì, si dice che interessano il Paese. Non credo. Pensiamo alle questioni vere, importanti, quali l'obbligatorietà dell'azione penale: il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Ma quando mai? Sono nove parole che hanno distrutto la giustizia. (Applausi).

PRESIDENTE. Collega, deve chiudere.

DAL MAS (FIBP-UDC). L'esercizio della giurisdizione è assolutamente discrezionale.

Nel ringraziare tutti e lei, signor Ministro, ovviamente non posso che rinnovare la mia personale convinzione che il suo sia stato un lavoro importante e la invito a proseguire con la stessa serietà e concretezza nel lavoro che sta svolgendo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pillon. Ne ha facoltà.

PILLON (L-SP-PSd'Az). Signor Ministro, è stato un piacere ascoltare in quest'Aula la sua relazione. In questo anno è stato fatto un buon lavoro, e, tuttavia, rimane ancora da fare un grosso pezzo di strada.

Ministro, ha aperto la sua relazione con una lettera che ha voluto leggere a quest'Assemblea; è stato importante, lo abbiamo apprezzato, per non dimenticare mai che la giustizia è una corda profondissima nel cuore di ogni essere umano, e noi a quel desiderio di giustizia siamo chiamati, ciascuno nel suo ruolo e nel suo compito, a dare soddisfazione.

Lei ha dato atto della necessità di intervenire con urgenza di fronte agli ultimi inquietanti fatti di cronaca giudiziaria, che hanno minato la fiducia verso la magistratura. Ha parlato nella sua relazione della necessità di ricucire la fiducia dei cittadini verso la magistratura; non potrei essere più d'accordo di così.

È necessaria una riforma del Consiglio superiore della magistratura e occorre intervenire su ciascuno di quei temi che la forza politica che oggi rappresento ha presentato davanti all'opinione pubblica come temi referendari: l'appello del PM, la responsabilità dei magistrati, la separazione delle carriere e la riforma del CSM. Quis custodiet custodes? Oggi è più che mai indispensabile che questa domanda sia posta ed è altrettanto indispensabile trovare una risposta.

Non voglio dimenticare quanto lei ha affermato in relazione alla necessità di intervenire sulle strutture carcerarie, sul supporto agli uomini e alle donne della Polizia penitenziaria. Mi permetto di accennare, Ministro, anche alla necessità di rivedere - e di farlo il prima possibile - alcuni aspetti della normativa di emergenza, che limitano - in alcuni casi anche pesantemente - il diritto alla difesa e al contraddittorio. Credo che ormai si possa decidere di superare quei limiti.

Ci sono degli aspetti, che lei ha particolarmente enucleato, in materia di riforma del processo di famiglia. Abbiamo lavorato insieme sulla riforma del processo di famiglia e credo che il lavoro che ne è uscito sia buono, interessante e con delle belle prospettive. Lei ha giustamente iniziato l'argomento parlando di femminicidio, ma mi permetta di dirle, Ministro, che il femminicidio non è diritto di famiglia, ma diritto penale: è un'altra cosa.

Lei ha letto una lettera; io vorrei leggerne altre a mia volta, iniziano da quella di Luigi, un papà di Napoli, che mi scrive: «Buongiorno senatore, sto affrontando una battaglia da dieci anni contro false accuse di stalking e maltrattamenti. Ho subito due processi, in entrambi sono stato assolto. Il tribunale aveva disposto affido condiviso, ma la Corte d'appello ha imposto affido esclusivo, nonostante abbia superato due consulenze tecniche per la valutazione della mia capacità genitoriale. Se può aiutarmi, le sarei grato. Un papà distrutto. 23 giugno 2021».

Poi vi è quella di Stefano, un papà di Nuoro, che mi scrive: «Perdonatemi se mi rivolgo a voi, ma è da quasi un anno che non vedo mio figlio. È possibile che una madre con un figlio di quattro anni spariscano dalla faccia della Terra? Il piccolo è stato portato in Bielorussia dalla madre e, nonostante il tribunale locale abbia ordinato il rientro, ai sensi della Convenzione dell'Aia, la madre si oppone e nessuno fa nulla. Vi prego, aiutatemi».

Francesco, un papà di Prato, mi scrive: «Buongiorno senatore, vorrei parlare con lei. Sono un papà separato, ho ricevuto una sentenza punitiva. Vorrei solo vedere più spesso mio figlio, ma ora lo posso vedere solo un giorno a settimana. Vorrei pagare il giusto per mantenerlo e non un mantenimento folle. Dovrò dormire in macchina, perché non potrò più avere una casa in affitto. La prego, mi chiami».

Poi vi è Anna, una nonna di Milano: «Buongiorno senatore, sono una nonna che non vede il proprio nipote - abita a 500 metri da casa mia - ormai da mesi e anche mio figlio non riesce più a stare col suo bambino di tre anni, nonostante l'ordine del tribunale. Dopo mesi e mesi di processi inutili, i soldi sono finiti e mio figlio è disperato e sfiduciato, non sa più cosa fare e io sono molto preoccupata. La prego, senatore, ci aiuti.»

Queste sono storie di vita vissuta, sono fatti; noi, di fronte a questi fatti, abbiamo cercato, con la riforma del processo civile, di dare qualche risposta, ma finché non interverremo con un affido davvero condiviso e con una formazione di magistrati, avvocati e altri operatori che sia davvero rispettosa dell'affido condiviso non usciremo da questo cul-de-sac. Segnalo Ministro, che è opportuno evitare nel processo di famiglia logiche di contrapposizione tra mamma e papà, tra marito e moglie; non va alimentata la conflittualità endofamiliare, ma promossa una logica di alleanza, non di demonizzazione dell'altro, altrimenti a farne le spese saranno sempre i bambini.

Lei ha detto parole che mi sento di condividere e sottoscrivere, oltre che con la penna, anche con il cuore. Ha detto che la giustizia non si nutre di odio, ma ricerca la verità e la cura dei rapporti. La giustizia deve saper unire, più che dividere: questo vale a maggior ragione nel processo di famiglia, che ancora oggi è contenzioso e non può essere figlio delle ideologie. La prego, Ministro, glielo ripeto: il femminicidio è diritto penale, è un'altra cosa; il processo civile e il processo di famiglia non devono essere frutto della demonizzazione reciproca.

Ci sono altri argomenti, Ministro, che ci preoccupano, perché impattano sempre sui più deboli, sui più fragili e sui nostri bambini. Quanto accade in un abuso del processo di famiglia accade anche in altri ambiti. Abbiamo già parlato, con la lettera che ho letto prima, della sottrazione internazionale dei minori, una piaga che purtroppo in Italia non accenna ad arrestarsi. È necessario intervenire e sostenere questi genitori, che non sempre sono maschi pericolosi e paternalisti o - peggio ancora - patriarcali, ma molto spesso sono mamme, che hanno subito la sottrazione del loro bambino, spesso portato dai papà nei Paesi islamici. Bisogna intervenire e sostenere, eventualmente anche con un gratuito patrocinio, le immense spese legali che devono essere sostenute all'estero.

Di fronte a tutto questo quadro internazionale, abbiamo con preoccupazione notato l'avanzare di una giurisprudenza creativa, che, nonostante i chiari e precisi arresti della corte suprema di cassazione a sezioni unite e della Corte costituzionale, con la sentenza n. 33 del 2021, spinge per la legittimazione indiretta di una pratica barbara, inaccettabile, indegna di un Paese civile e contraria a qualsiasi forma di dignità della donna. Mi riferisco all'utero in affitto. Non possiamo legittimare, né ex ante né, peggio ancora, ex post, una pratica che espone la donna a essere considerata meno di un'incubatrice vivente. Non possiamo permettere che i bambini siano comprati su Internet, che siano scelti da catalogo in base alle caratteristiche fisiche dalla loro genitrice e poi comprati e portati in Italia clandestinamente, legittimando il tutto successivamente con la bella sentenza di un tribunale compiacente. Serve, Ministro, una moratoria internazionale dell'utero in affitto. Serve che l'utero in affitto sia riconosciuto dal nostro Paese come reato universale. Oggi non è così. Oggi la condotta di chi ricorre alla pratica dell'utero in affitto all'estero non è punita, perché non rientra tra i reati punibili, se commessi all'estero.

Ci sono molti altri temi che vorrei affrontare. È in corso di esame alla Camera un disegno di legge già approvato al Senato che mira a prevenire l'autolesionismo e a trasformare l'istigazione all'autolesionismo in reato. Oggi non è così: i nostri bambini e i nostri ragazzi, complici anche la didattica a distanza (DAD) e l'uso dei computer e dei device, sono oggi esposti ad attacchi che vanno dall'istigazione alla pedopornografia, all'istigazione all'autolesionismo, insomma, a pericoli assoluti per la loro incolumità. Anche su questo dobbiamo intervenire, non possiamo tacere.

Concludo, Ministro, esortandola ad andare avanti: come ho detto, molto è stato fatto, ma molto ancora dev'essere fatto; con la sua gestione, però, confidiamo di poter davvero migliorare le cose per il futuro dei nostri ragazzi, dei nostri giovani e del nostro Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Gaudiano. Ne ha facoltà.

GAUDIANO (M5S). Signor Presidente, signori senatori, Governo, «l'educazione dovrebbe inculcare l'idea che l'umanità è una sola famiglia con interessi comuni. Che di conseguenza la collaborazione è più importante della competizione». Con queste parole del filosofo e matematico inglese Russell apro il mio intervento oggi in Aula per sottolineare e invitare tutti i presenti a riflettere su quanto sia importante la condivisione di intenti per raggiungere risultati importanti.

Il Governo di cui facciamo parte è nato in una situazione eccezionale e ha unito sotto lo stesso tetto una pluralità di soggetti con convinzioni e con idee molto distanti tra loro, talvolta antitetiche. Lo ha fatto in nome della gestione dell'emergenza in cui tutti siamo coinvolti e per garantire anche la realizzazione delle riforme indispensabili al bene del Paese.

I risultati raggiunti sarebbero stati impossibili, se non vi fosse stata la volontà congiunta di superare i contrasti per arrivare a soluzioni condivise. Governo di emergenza non vuol dire, però, che le scelte e le decisioni prese siano state affrettate e superficiali. Al contrario, è stato importante lavorare con impegno e con attenzione nella ricerca di soluzioni mediane che mettessero tutti d'accordo in nome del più alto interesse pubblico. Di questo modus operandi sono stata testimone nei lunghi lavori parlamentari, per arrivare all'approvazione della riforma della giustizia, che personalmente ho seguito come Capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Commissione giustizia. Per questo ringrazio la ministra Cartabia, che ha saputo conciliare le varie istanze delle forze politiche. Ci tengo a ringraziare anche i miei colleghi, che hanno dimostrato di saper mettere da parte le differenze per valorizzare gli obiettivi comuni.

Le riforme del processo civile e del processo penale hanno permesso di imboccare strade virtuose per accelerare i tempi della giustizia e dare così competitività all'Italia e garanzie ai cittadini. Si è scelto di investire nelle risorse umane, proseguendo sulla strada tracciata dal Governo Conte II, rafforzando l'organico e investendo risorse ingenti nell'innovazione più rilevante, costituita dal nuovo ufficio del processo. Migliaia di giovani giuristi sono stati selezionati per essere destinati agli uffici giudiziari in ausilio al lavoro dei giudici; molti altri invece continueranno a essere scelti tramite i prossimi concorsi pubblici. Ci sono state assunzioni di nuovi giudici e di nuovi funzionari. Inoltre quest'anno finalmente possiamo dire di aver avviato la stabilizzazione di migliaia di magistrati onorari, che per anni hanno prestato il loro indispensabile servizio senza le tutele lavorative più basilari, come la malattia, la maternità o le ferie.

Con la riforma del processo civile si è puntato a valorizzare e a perfezionare gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (i cosiddetti ADR, Alternative dispute resolution) al fine di ridurre il carico dei tribunali e di incentivare soluzioni consensuali di risoluzione dei conflitti. Importanti incentivi fiscali per tali procedure sono stati pensati come stimolo al maggiore utilizzo e per i non abbienti è stato il garantito il patrocinio a spese dello Stato anche per le procedure extragiudiziarie. L'introduzione del nuovo tribunale della famiglia si è posto come una risposta urgente al problema pressante dovuto ai troppi casi di violenza sui minori e sulle donne.

Nell'ambito del processo penale, la legge di riforma ha puntato su interventi volti a diminuire i casi di ricorso al carcere come unica soluzione punitiva, puntando su misure alternative alla pena come la sospensione del procedimento con la messa alla prova dell'imputato, che ha dato ottimi frutti nel sistema penale minorile già dal 2015. La giustizia riparativa è stata introdotta in ogni stato e grado del procedimento, nella convinzione che possa garantire un rimedio dell'offesa e una maggiore attenzione alle vittime.

Per quanto riguarda poi la prescrizione, che da sempre è un tema al quale il MoVimento 5 Stelle ha dedicato molta attenzione, è stata confermata la riforma del 2019, che ne blocca il decorso dopo la sentenza di primo grado. Il correttivo dell'improcedibilità, pensato dal Governo e inizialmente irricevibile da parte del MoVimento 5 Stelle, è stato in conclusione accolto, proprio perché si è scelta ancora una volta la strada della mediazione e il risultato è stato il frutto di un punto d'incontro.

Un passaggio obbligato è quello sulla situazione delle strutture penitenziarie, che è stata esasperata dalla pandemia. Condivido appieno quanto sottolineato dalla ministra Cartabia nella sua relazione e ritengo sia indispensabile agire con investimenti ingenti per ridare dignità ai detenuti e risolvere problemi annosi come il sovraffollamento, ma anche per mettere finalmente in campo misure di sostegno psicologico e di formazione specialistica per tutto il personale e soprattutto per la Polizia penitenziaria. Il tema della salute mentale in carcere è fondamentale per garantire che la pena rispetti i dettami della nostra Carta costituzionale.

Quello che noto con rammarico, però, è che nella sua relazione, ministra Cartabia, non abbia in alcun modo citato la necessità di intervenire con una riforma della geografia giudiziaria. Per questo, concludendo, vorrei porre l'attenzione sul tema. La riforma della geografia giudiziaria del 2012, com'è noto, ha operato una radicale riduzione degli uffici giudiziari. Le critiche degli operatori del settore hanno da tempo superato i commenti positivi e, a distanza di quasi dieci anni, i prospettati vantaggi in termini di contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione degli uffici non hanno dato i frutti sperati. A farne le spese, in nome del risparmio, è stato il rispetto del principio di prossimità e del principio di eguaglianza nell'accesso alla tutela dei diritti. Nel concreto, in molti territori, a fronte della riduzione della spesa pubblica, si sono registrati un impoverimento in termini di servizi per la comunità e un aggravio di oneri per l'utenza. Si pensi a tutte quelle realtà che scontano difficoltà di collegamento dovute ad esempio alla carenza di trasporti pubblici o infrastrutture; si pensi alle aree interne, Ministra, che pagano la lontananza dai grandi centri urbani e in termini di distanza dai servizi. A questo si aggiunga la situazione di molti territori.

Vorrei ricordare in quest'Aula un caso unico in Italia, che a mio parere richiede un intervento ancora più urgente, quello del soppresso tribunale di Sala Consilina, lo storico tribunale del Vallo di Diano, in Provincia di Salerno, che vanta due primati negativi: è l'unico tribunale ad essere stato accorpato ad un tribunale più piccolo sia in termini di carico di lavoro, sia in termini di dipendenti; ed è l'unico tribunale ad essere stato accorpato a quello di un'altra Regione (di Lagonegro, in Basilicata). La conseguenza è che i cittadini e gli operatori del settore sono costretti a recarsi da una Regione all'altra, ossia dalla Campania alla Basilicata. In secondo luogo, vorrei ricordare che la competente corte d'appello è quella di Potenza, anziché di Salerno.

Concludo, signora Ministra, augurandomi vivamente che il tema descritto non passi in secondo piano e si trovino il modo e il tempo di affrontarlo al più presto. Lo chiedono a gran voce i cittadini e gli operatori del settore, al cui appello mi unisco. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.

Comunico che sono state presentate le proposte di risoluzione n. 1, dal senatore Balboni e da altri senatori, n. 2, dai senatori Lannutti, Giannuzzi, Lezzi, Moronese, Angrisani, Abate, Mininno, La Mura, Corrado, Dessì e Morra, e n. 3, dai senatori Gaudiano, Pillon, Mirabelli, Caliendo, Cucca, Grasso e Unterberger, i cui testi sono in distribuzione.

Come sapete, secondo l'indicazione dei senatori Questori, sospendiamo ora i lavori per la sanificazione. La replica del Ministro avverrà alla riapertura, alle ore 13.

(La seduta, sospesa alle ore 12,02, è ripresa alle ore 13,03).

La seduta è ripresa.

Ha facoltà di intervenire in replica il ministro della giustizia, professoressa Cartabia, alla quale chiedo anche di esprimere il proprio parere sulle proposte di risoluzione presentate.

CARTABIA, ministro della giustizia. Signor Presidente, ringrazio tutti i senatori e le senatrici innanzitutto per la pazienza nell'ascolto della lunga presentazione della relazione introduttiva, per il ricchissimo dibattito che ne è seguito e anche per le parole di apprezzamento, non tanto per me, quanto per il lavoro svolto, che a mio parere davvero avvicina a importanti risultati, che tornano a portare la giustizia al centro delle riflessioni del dibattito pubblico, come dev'essere.

In queste repliche (anche per non farmi rimproverare più dalla senatrice Bonino, che mi ha detto di essere stata troppo puntigliosa), ho pensato di raggruppare qualche osservazione intorno a quattro grandi tematiche, riservandomi poi di approfondire eventualmente singoli aspetti che sono stati segnalati, anche con confronti che richiedano un'istruttoria più specifica.

Molti interventi (quelli dei senatori Zaffini, Cirinnà, Piarulli, tra gli altri), in direzioni diverse e sottolineando aspetti diversi, si sono concentrati sul carcere e non è un fatto casuale, perché è davvero una delle emergenze che si stanno imponendo in modo sempre più evidente nel nostro Paese.

Quello che posso dire, innanzitutto, è che sicuramente questa non è una novità: è oggetto di una mia attenzione da sempre, ma lo sarà ancora di più nei prossimi mesi. A questa emergenza vorrei dare davvero una grande priorità.

C'è un possibile equivoco che vorrei sciogliere e sul quale veramente tengo a rispondere. Mi riferisco all'osservazione in cui si è sottolineata una mia disattenzione nei confronti di alcuni aspetti della vita del carcere a favore di altri.

Rispondo, innanzitutto, con alcune parole che ho usato nella relazione e che forse sono la testimonianza più evidente di ciò che per me è una convinzione profonda e che cioè, riguardo al carcere, non ci può essere un atteggiamento che contrapponga le esigenze dei detenuti a quelle della polizia penitenziaria e dell'altro personale che ci lavora. Lo abbiamo detto e lo avete ripetuto in tanti: ogni miglioramento di vita all'interno delle case di reclusione e del carcere in generale rende più dignitosa la vita di tutti, stempera le tensioni, abbassa i motivi di attrito che possono esserci. Tutti chiedono in modo convergente - non è un caso - di incrementare, per esempio, le forme di videosorveglianza e di body cam: dà maggiore sicurezza ai detenuti, ma anche alla polizia penitenziaria, che svolge in modo più semplice il proprio lavoro.

Credo non ci sia la possibilità di scindere i due profili e che dobbiamo imparare a superare la logica della contrapposizione degli opposti.

Riprendo una pagina che forse non ho letto integralmente nel mio intervento precedente: sono poche righe, senatrice Bonino, non sarò troppo lunga.

La polizia penitenziaria svolge un compito complesso e delicatissimo, ai miei occhi ancora troppo poco conosciuto. Oltre all'esercizio della tradizionale funzione di vigilanza e di custodia, la polizia penitenziaria è quotidianamente accanto al detenuto e deve essere sostenuta da un'adeguata e costante formazione. In questi mesi ho raccolto molte testimonianze che raccontano quanto sia stata decisiva la presenza di un agente per segnare una svolta nella vita di un detenuto.

La scorsa settimana ero in un carcere minorile a Milano, dove si presentava un libro - per chi è interessato, si intitola «Ero un bullo» - che raccontava la storia di un ragazzo, di un giovane di periferia, con un passato criminale tra carcere minorile e rieducazione in comunità. È una storia di quelle in cui si conferma che i nostri Costituenti non avevano solo delle visioni; una di quelle storie di successo che lo ha portato poi a laurearsi e a diventare lui stesso educatore per i suoi compagni. Ebbene, in quella storia uno dei ruoli decisivi, non l'unico, è stato quello del brigadiere che lo faceva lavorare in carcere, con una solidità, una fermezza e una capacità di accompagnamento che ha consentito a questo ragazzo una svolta.

Tutto questo per dire che nel carcere non c'è un approccio che non possa essere che sinergicamente attento a tutti coloro che in quel luogo, con ruoli e scopi diversi, convivono di fatto ogni giorno.

La questione della salute che è stata posta all'attenzione - i contagi sono veramente tantissimi in questo momento - ne è la conferma. Non si può curare soltanto il detenuto o soltanto il poliziotto: è evidente che tutto questo deve essere portato avanti in maniera unitaria.

L'attenzione alla Polizia penitenziaria in questi tempi si è manifestata con quella che da tutti è stata ritenuta la prima urgenza, quella delle nuove assunzioni. Ho qui davanti dei numeri, ma non voglio approfittare del vostro tempo, li ritroverete nella relazione: sono davvero tante migliaia le nuove unità che stanno per entrare in servizio o che saranno assunte con i nuovi concorsi appena sbloccati. Il 23 dicembre, inoltre, è stato firmato un nuovo contratto per tutto il comparto difesa, compresa la Polizia penitenziaria, con un rinnovo che non riguarda soltanto alcuni aspetti economici, ma l'impianto normativo nel suo complesso, come non accadeva davvero da molto tempo. Non è accettabile un approccio al carcere che contrapponga detenuti e personale che lavora con loro. Insieme bisogna far progredire questo importante aspetto della nostra vita repubblicana verso l'unico obiettivo, che è quello indicato dalla Costituzione.

Quanto alle osservazioni della senatrice Cirinnà riguardo all'aspetto dell'affettività, è vero che c'è tantissimo da fare. Qualcosa però è stato fatto, soprattutto per i giovani detenuti, per i quali si è prevista la necessità di predisporre degli spazi dentro gli istituti minorili, aree attrezzate per riprodurre un ambiente il più possibile simile a quello familiare. Un altro aspetto a mio parere importante e a cui tengo moltissimo è che, laddove non ci siano ragioni di sicurezza particolari, venga rispettato il principio di territorialità: poter scontare la pena nei luoghi geograficamente più vicini a dove ci sono gli affetti è un contributo importantissimo per poter alimentare quei rapporti che sono di sostegno al cammino di chi sta cercando di fare un percorso di rieducazione.

Ancora molti altri interventi hanno toccato la questione del carcere. Al senatore Mirabelli vorrei soltanto replicare che c'è un incremento esponenziale del numero dei soggetti messi alla prova: 24.378 al 31 dicembre, mentre nel 2015 erano 6.557. C'è anche un incremento continuo di posti disponibili per i lavori di pubblica utilità per le moltissime convenzioni che stiamo stipulando con diversi soggetti pubblici e privati. Uno degli ultimi che ho firmato è stata un'importante convenzione con il Ministero dei beni culturali, con il quale abbiamo previsto la possibilità di destinare a lavori di pubblica utilità le persone che devono scontare la loro pena o la loro messa alla prova in tutte le strutture dei beni culturali, musei o archivi, magari in opere di digitalizzazione. Ovviamente queste soluzioni danno un gran sollievo alle nostre amministrazioni, perché laddove c'è una carenza di risorse questa è anche una possibilità per portare a termine dei progetti altrimenti difficili, ma è anche una possibilità per introdurre una nuova concezione del diritto penale, in cui è significativo il fatto che non si debba necessariamente svolgere in ambienti degradati, ma al contrario nei luoghi che la nostra Repubblica tiene in maggiore considerazione.

Per quanto riguarda la violenza sulle donne, ha ragione il senatore Pillon quando dice che non c'entra con il diritto di famiglia, ma un nesso c'è, perché tante volte nei processi di separazione o che riguardano la famiglia emergono elementi di contesto e il problema lo segnalavo solo per dire che ci devono essere dei raccordi tra le autorità procedenti. Il tema della violenza sulle donne è stato sottolineato dalla senatrice Cirinnà e dalla senatrice Rauti e sappiamo bene che è un'emergenza che veramente non tende a declinare e ci toglie il sonno, tanto diventa importante e grave.

Il disegno di legge, approvato alla fine di novembre scorso dal Consiglio dei ministri, ha uno scopo importante ed è stato davvero frutto di un lavoro molto intenso tra i vari Ministeri competenti. Esso vuole affiancarsi al Codice rosso, che pure era una normativa già molto significativa per il nostro Paese, per completare un aspetto: prevenire tempestivamente i casi di violenza e di femminicidio.

Non possiamo soltanto avere misure repressive e punitive. Quelle azioni violente vanno fermate. Da qui, come è stato illustrato della senatrice Rauti, l'uso del braccialetto elettronico, ma anche il maggiore uso del fermo, che normalmente si utilizza per altri scopi, solo dove c'è il pericolo di fuga, l'arresto obbligatorio e il necessario raccordo con le altre norme del processo penale; ma stiamo anche studiando una app che consenta alle donne di proteggersi in collegamento con i centri antiviolenza. C'è un grande lavoro in questo senso.

Rispetto alla domanda su dove è finito il disegno di legge, io ho fatto le mie verifiche: è alla bollinatura della Ragioneria dello Stato, che ovviamente solleciterò perché possa arrivare al più presto. Posso immaginare che le date abbiano coinciso con il grande impegno sul bilancio, ma adesso è ora di sbloccare questo importante disegno di legge per consentire al Parlamento di portarlo a termine.

Foggia è un caso gravissimo, non solo per le nove bombe di questi giorni. È da diversi anni che Foggia è al centro delle preoccupazioni di tutti, per il numero e per la barbarie di quanto avviene in quella terra. Io sono andata in visita a Foggia il 13 ottobre e, nel corso di tale visita, ho incontrato le autorità giudiziarie, in occasione anche di un incontro di sensibilizzazione in università. Questo è importante. È importante che si parli, che la popolazione non abbia paura di guardare in faccia quello che c'è. Ho incontrato anche le due vedove Luciani, le vedove della strage di San Marco in Lamis, e gli imprenditori soggetti al racket.

Sul punto specifico sottolineato, esso è oggetto di lavoro e devo dire che è stata una sollecitazione del sottosegretario Macina, nelle scorse settimane, quella di provare a individuare dei locali a Foggia, affinché quel pool di Bari che sta lavorando al caso (e che rimane sotto la Corte di appello di Bari, nel senso che non viene creato un nuovo ufficio giudiziario) possa essere localmente presente proprio lì.

Questo è un segnale che mi hanno chiesto vari attori e vari protagonisti di quella terra, come segnale fisico della presenza dello Stato. Non si tratta, dunque, di una riorganizzazione della geografia giudiziaria per quella specifica situazione, ma di fornire dei locali fisici per marcare la presenza dello Stato e della giustizia in una terra che, in questo momento, è quella dove avvengono i fatti più efferati e clamorosi.

Questo mi collega, però, ad altri interventi, della senatrice Gaudiano ma anche di altri, che mi hanno scritto da varie parti, ai fini di una riflessione sulla geografia giudiziaria. Un intervento organico, lo sappiamo, è stato fatto dieci anni fa. In questo momento stanno arrivando, dopo un po' di anni di sperimentazione, segnalazioni di vari luoghi dove quel disegno di razionalizzazione ha manifestato delle criticità e io sono favorevole a riprenderlo in mano come disegno organico.

Ovviamente, sappiamo bene che nei prossimi mesi ci sono all'orizzonte delle urgenze, che riguardano l'approvazione del 4-bis e l'ordinamento giudiziario. Non l'abbiamo menzionata in quest'Aula, ma non dimentichiamo che il PNRR ci impegna ad approvare la riforma della giustizia tributaria, che è una componente non secondaria del rallentamento dei tempi della giustizia.

In questa visione non sarei tanto favorevole a interventi scoordinati su singole situazioni, perché si rischia di creare maggiori irrazionalità a catena, ma una revisione può essere oggetto, a tempo debito, di una riflessione comune.

Su ordinamento giudiziario e referendum, senatrice Bonino, l'ho detto dall'inizio: due percorsi legittimi, paralleli, hanno poche aree di sovrapposizione e bisognerà in quel caso vedere se il legislatore soddisfa le richieste dei referendum o meno; ci sono tutte quelle tecniche che ben conosciamo e il nostro impianto costituzionale prevede queste forme di dialogo tra il lavoro in Parlamento, la democrazia rappresentativa e quella del referendum. Non è la prima volta che accade, ma su questo fronte ci sono anche tematiche distantissime che non sono oggetto della proposta dell'ordinamento giudiziario. Personalmente credo nella sinergia delle due forme di intervento e di possibili riforme, quindi ben vengano entrambe in modo tale che entrambe siano portate avanti parallelamente.

Spendo una parola su Chicco Forti (non so più che me l'aveva ricordato); era segnato nella relazione, non l'ho riportato qui perché ero già intervenuta varie volte nel dibattito pubblico su questo tema.

Sono andata negli Stati Uniti a incontrare l'attorney general, il mio omologo a livello federale degli Stati Uniti, per dare di persona tutte le spiegazioni necessarie che loro chiedevano su cosa significhi applicare la Convenzione di Strasburgo in questo trasferimento di detenuti. Durante l'incontro c'è stato modo davvero di spiegare e chiarire ogni dubbio che potesse emergere. A questo punto siamo in attesa di una loro risposta, tenendo conto che questo tipo di decisioni negli Stati Uniti è complicato dalla struttura federale, perché deve esserci un assenso sia del governatore della Florida, che è il luogo dove è detenuto Chicco Forti, sia del Department of justice a livello federale, con il quale ho parlato. Con il governatore della Florida c'è una corrispondenza in atto e sto aspettando una risposta a una lettera che gli avevo scritto qualche mese fa. Non ci siamo dimenticati, è una persona che viene seguita, avevo anche parlato con la madre dopo questo viaggio; siamo in attesa di una loro risposta.

Mi fermo qui. Ci sarebbero tante altre cose da dire, ma davvero non voglio approfittare della vostra pazienza.

Qualcuno - se non erro la senatrice Modena - ha detto che è stato un impegno collettivo e il PNRR sarà ancora un impegno collettivo. Lo è. Siamo arrivati fino a qui attraverso percorsi che non era scontato ci portassero fin qui; è stato un anno in cui abbiamo riprovato a parlare insieme di giustizia.

Credo che questo sia un risultato da non sottovalutare, possiamo parlarne, possiamo arrivare a dei testi; qualcuno ha sottolineato che non sono sufficienti, che c'è ancora tanta strada da fare: sono io la prima a esserne consapevole, ma un pezzo di strada è stato fatto, non è uguale a zero perché un risultato già c'è e perché traccia davanti a noi un percorso possibile anche per gli anni che ci attendono. (Applausi).

Passando all'espressione del parere sulle proposte di risoluzione, in merito alla risoluzione n. 1, presentata dal senatore Balboni e da altri senatori, molti impegni rivolti al Governo corrispondono a linee di intervento già perseguite e per le quali sono già state adottate iniziative di riforme normative o attività istruttorie preliminari. Ne cito qualcuna perché si tratta di una risoluzione molto articolata: per esempio, l'attuazione del principio del giusto processo penale; nel civile, la decisione di tempi ragionevoli e abbattimento dell'arretrato.

La riforma tributaria, come ho già annunciato, è una delle milestone del PNRR; c'è già una Commissione interministeriale che ha lavorato e dovremmo iniziare a considerarla dopo l'ordinamento giudiziario. Vi è poi il superamento di carenze dell'organico del personale, l'innovazione tecnologica e digitale: su questi e altri punti c'è una strada già in parte percorsa insieme e che è ancora possibile percorrere, ma ci sono anche alcuni impegni che non posso condividere. Ne cito uno soltanto che è contrario alle linee di riforma adottate e sulle quali si sta lavorando: la proposta di abrogazione dell'improcedibilità.

Per queste ragioni non posso che esprimere da parte del Governo un parere contrario alla proposta di risoluzione n. 1, presentata dal senatore Balboni e altri senatori.

Analoga posizione riguarda la proposta di risoluzione n. 2: ci sono dei punti di convergenza, ma anche dei punti in cui il Governo non si può riconoscere. Pertanto, anche su questa seconda proposta di risoluzione, presentata dai senatori Lannutti, Giannuzzi, Lezzi, Moronese, Angrisani, Abate, Mininno, La Mura, Corrado, Dessì e Morra, il parere è contrario.

Vi è poi la proposta di risoluzione n. 3, presentata dai senatori Gaudiano, Pillon, Mirabelli, Calienda, Cucca, Grasso e Unterberger, in cui, prendendo atto di quanto esposto e considerati gli impegni assunti dal Ministro guardasigilli, viene approvata la Relazione: su questa esprimiamo un parere favorevole. (Applausi).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione delle proposte di risoluzione.

CUCCA (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CUCCA (IV-PSI). Signor Presidente, signora Ministra, signori sottosegretari, cari colleghe e colleghi, riprendo il ragionamento che ho fatto prima e dovrò toccare dei temi già affrontati in sede di replica.

Ho apprezzato molto il suo atteggiamento nei confronti del percorso all'interno dell'Europa e quello che deve caratterizzare, anche nel nostro Paese, la vita delle istituzioni giudiziarie. È assolutamente indispensabile mettersi in linea con il resto dell'Europa se vogliamo ottenere i risultati auspicati.

In questo contesto di impegni e di buone parole, però, sento il dovere di sottolineare un aspetto, cioè l'assoluta non condivisione di quello che nella Relazione è stato celebrato con un momento particolarmente alto: mi riferisco alla riforma della magistratura onoraria, che poi di fatto riforma non è, che non sta cogliendo nessuno degli aspetti che avrebbe dovuto cogliere nella realtà. Innanzitutto devo dire che non ho condiviso il metodo, perché voglio ricordare che era in discussione in Commissione un disegno di legge in materia, le due relatrici erano a buon punto con i lavori e avevamo avuto un confronto serrato in Commissione. Poi è arrivato il Governo che ci ha chiesto di sospendere, perché avrebbe dovuto mandarci l'emendamento; questo emendamento non è mai arrivato e poi è stato calato in legge di bilancio, cosa assolutamente inusuale, senza alcuna possibilità di confronto e discussione. Soprattutto è un emendamento che, a mio parere, non coglie affatto il senso della riforma che avremmo dovuto attuare. Ne è la riprova il fatto che si era detto che serviva ed era urgente - tralasciando l'inserimento per la prima volta di un emendamento di tale portata nella legge di bilancio - perché avrebbe dovuto servire a bloccare la procedura di infrazione che era in corso in Europa. Lungi dall'ottenere quel risultato, la magistratura onoraria ha presentato un nuovo ricorso e, a sostegno della precedente procedura d'infrazione, ha mandato un altro documento nei giorni scorsi, che ovviamente è a conoscenza di tutti, nel quale si chiede un'ulteriore istruttoria da parte dell'Europa e quindi la prosecuzione della procedura d'infrazione aperta.

Voglio ricordare anche che la magistratura onoraria ha proclamato uno sciopero, proprio contro quel tentativo di riforma, che partirà il 29 gennaio. È evidente che non è quello il metodo; il metodo avrebbe dovuto essere quello del confronto, il famoso emendamento sarebbe potuto arrivare in Commissione e probabilmente avremmo tirato fuori un provvedimento più efficace e completo.

Non sono solo io che non lo condivido, ma gran parte di coloro che hanno interesse alla vicenda hanno sollevato una serie di problemi. Mi riferisco, per esempio, al fatto della stabilizzazione che è soltanto apparente, all'introduzione di criteri per le retribuzioni che creano una disparità di trattamento perché ci sono quelli che possono svolgere un secondo lavoro, anche se non si sa bene quando lo dovrebbero svolgere considerato come vengono sfruttati i magistrati. Stesso discorso vale per le procedure selettive, che sono semplicemente una foglia di fico perché di fatto inesistenti.

Credo quindi ci debba essere da parte di tutti noi un impegno ad affrontare questo tema e a mettere mano davvero alla materia in maniera esaustiva e fattiva, perché solo in quel modo potremo dare una risposta a quelle persone, qualcuno addirittura da più trenta anni, bene o male vittime di una patologia del sistema. Avevano avuto infatti la possibilità di lavorare e lo hanno fatto. Chi parla è uno che da trenta anni osteggia la magistratura onoraria pensando che i magistrati debbano essere vincitori di concorso. È quindi una questione che nasce semplicemente da una presa d'atto della condizione reale della magistratura e soprattutto dell'apparato giudiziario che è stato retto, ormai da tempo immemorabile, dalla magistratura onoraria. Dire di portarli alla pensione è forse l'aspetto migliore che è stato affrontato, quello cioè di dare il riconoscimento dell'assistenza contributiva e previdenziale. Questo è l'aspetto migliore del provvedimento, però ci si ferma lì e non si affronta il futuro. Questo aspetto ovviamente mi spaventa molto.

Signora Ministra, esprimo grande apprezzamento sul processo di modernizzazione. Sappiamo perfettamente che i tempi della giustizia si ridurranno quando avremo la possibilità di attuare quel processo di digitalizzazione che è appena partito e spaventa molto, perché il nuovo spaventa sempre. Sicuramente però nel momento in cui saremo in condizioni, e siamo già a buon punto perché si sta andando avanti a grandi passi, credo che potrà essere uno degli elementi risolutivi. Ritengo che quello sia davvero un altro degli elementi su cui lavorare molto perché bene dice lei quando afferma che i tempi devono essere accorciati e in quel modo sicuramente si accorceranno moltissimo.

Non mi voglio soffermare sulla riforma del civile e del penale, come ho già detto in precedenza. Deve andare a regime, ci saranno degli aggiustamenti da fare e va ovviamente bene.

Vorrei invece soffermarmi sull'introduzione del tribunale della famiglia. Saluto con grande interesse il tema in questione, come ripeto ormai da tempo perché è da anni che se ne parla e finalmente adesso ci si è avviati verso un percorso risolutivo, però dobbiamo metterci in testa che il tribunale della famiglia necessita di personale altamente specializzato. Come sappiamo avviene per la figura dei magistrati onorari, purtroppo nella gran parte dei tribunali, soprattutto in quelli promiscui, una mattina un giudice fa l'esecuzione, l'indomani fa il giudice per le indagini preliminari e l'indomani ancora va ad integrare il collegio, civile o penale che sia. Questo non può più accadere. Il Tribunale della famiglia è di grandissima importanza. Deve quindi avere personale vincitore di concorso, ma formato e altamente specializzato. Un elemento da tenere assolutamente in considerazione, come lei ha rilevato, è la prevenzione. Ciò in riferimento soprattutto ai femminicidi, che stanno diventando sempre più frequenti. Voglio anche attirare l'attenzione sugli infortuni sul lavoro, diventati ormai tragicamente ricorrenti.

La delicatezza dei temi che riguardano la famiglia impone davvero un'attenzione particolare. Se vogliamo ottenere il risultato che auspichiamo, dobbiamo necessariamente mettere mano al personale amministrativo, ma ciò vale soprattutto per i giudici, che devono avere una formazione specifica per quel tipo di materia. Non si può più poi fare a meno dell'opera di prevenzione; senza di essa infatti difficilmente potremo andare avanti.

L'auspicio è che nell'adozione dei decreti attuativi, che dovranno essere portati all'attenzione per i prescritti pareri anche della Camera, si cerchi di superare il momento di stallo verificatosi sul tema della magistratura onoraria e il rapporto di collaborazione sia più fattivo di quanto sia stato fin qui.

È davvero necessario, infatti, che il parere del Parlamento venga tenuto nella dovuta considerazione, altrimenti siamo qui semplicemente per votare le fiducie e non per dare invece l'apporto che saremmo tenuti a dare.

Mi è piaciuto molto anche quando lei ha detto che questa maggioranza è assai composita e che ha sicuramente una visione e idee differenti rispetto a molti temi delicatissimi della giustizia. Abbiamo passato la prima parte di questa legislatura ad assistere all'affermazione di un'idea più populista e demagogica (poi fortunatamente abbiamo superato questo tema), diretta più che altro a dare risposte al malcontento della gente. La giustizia non è questa; la giustizia deve essere fondata sull'applicazione dei principi costituzionali e in questo senso noi confidiamo molto nella sua persona. Lo ripeto spesso: lei ha esordito, nel primo incontro, dicendo che il suo faro è la Costituzione. Mi auguro che questo faro non manchi mai e le assicuro che da parte di molti di noi, direi di tutti quanti noi, questa sarà la frase che terremo scolpita nella nostra mente.

Però - ripeto - alcuni provvedimenti hanno ostacolato oggettivamente una riforma che era stata avviata nella scorsa legislatura. Mi riferisco ad esempio alla giustizia riparativa. Sono molto contento che lei vi abbia messo mano, perché il tema dell'ordinamento penitenziario e della giustizia riparativa era stato totalmente pretermesso in sede di decreti attuativi; nella riforma Orlando, invece, esso era adeguatamente affrontato e ora saremmo già arrivati a una giusta conclusione. (Richiami del Presidente). Sto finendo, Presidente.

Dovremo ovviamente incentivare l'accesso ai riti alternativi, perché dobbiamo metterci in testa, come ho detto nella prima parte del mio intervento, che il carcere non è la regola, ma dovrebbe essere sempre l'extrema ratio. Quindi i riti alternativi devono essere sicuramente incentivati. È soprattutto necessario mettere mano anche alla materia dell'ergastolo ostativo, cui ho visto che lei ha prestato molta attenzione e di questo la ringrazio. Sono certo che riusciremo a fare un buon percorso; d'altro canto, è già all'esame della Camera.

Infine, una parola sola sul CSM. Credo che mai la magistratura abbia attraversato un periodo di difficoltà estrema come quello che sta attraversando adesso. Anche gli ultimi accadimenti della scorsa settimana, dei quali non intendo parlare, confermano la crisi estrema della magistratura, con tutti gli accadimenti che conosciamo, e soprattutto di quello che avrebbe dovuto essere l'organo di autogoverno. Pertanto, è indispensabile che in tempi brevissimi si arrivi a una soluzione, ma a questa si può arrivare soltanto con un confronto diretto nella sede deputata, che è il Parlamento. Per questo motivo, anche se ci sono ovviamente delle differenze di visuale (come lei stessa ha detto), è evidente che noi di Italia Viva - Partito Socialista Italiano voteremo convintamente a favore della sua relazione, pregandola però di metter mano alle criticità emerse e che esistono. È meglio che le guardiamo e le affrontiamo insieme, perché abbiamo davvero le condizioni per fare un buon lavoro.

PRESIDENTE. Invito i colleghi senatori a rispettare il tempo a loro assegnato nella dichiarazione di voto.

BALBONI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BALBONI (FdI). Signora Presidente, signora Ministro, la situazione della giustizia in Italia è drammatica. Non lo è da oggi e non lo è certamente per sua responsabilità, ma l'inefficienza e i ritardi della giustizia, come tutti sappiamo (anche lei vi ha fatto un breve cenno), costano in termini economici. Si pensi solo che, se la durata della giustizia italiana fosse paragonabile alla media europea, si calcola che questo produrrebbe 130.000 posti di lavoro in più; e sappiamo quanto sarebbe importante per l'Italia avere occasioni di lavoro in più. Ma soprattutto ciò rappresenterebbe un volano importante per gli investimenti dall'estero, perché sappiamo che purtroppo il tema della giustizia è uno dei principali ostacoli agli investimenti dall'estero in Italia (anche a questo lei ha fatto cenno).

Eppure la situazione è oggi drammatica, come lo era un anno fa, signor Ministro. Certamente, ci sono stati momenti difficili, dovuti all'emergenza da Covid-19, ma la situazione è ancora la stessa: più di un milione e mezzo di processi penali e oltre 3,1 milioni di processi civili pendenti. Abbiamo addirittura una spesa per ingiusta detenzione che supera i 27 milioni di euro all'anno: mille persone ogni anno finiscono in carcere da innocenti in custodia cautelare. (Applausi).

Un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio. Ci lamentiamo giustamente del sovraffollamento nelle carceri, ma un detenuto su tre oggi in carcere non è un condannato.

Sono temi, signor Ministro, che lei deve affrontare con maggiore decisione. Capisco che la sua è una maggioranza talmente ampia da contenere tutto e il contrario di tutto e questo purtroppo comporta spesso e volentieri dei compromessi al ribasso. Le riforme di cui lei ha parlato nella sua relazione sono al ribasso, signor Ministro. Lei è una giurista e non può non rendersi conto che, per tenere insieme tutto e il contrario di tutto, alla fine si arriva a individuare soluzioni assolutamente inadeguate.

Lei ha fatto un riferimento e io non mi voglio sottrarre. Sulla riforma della prescrizione, voi, per accontentare questo e quello, avete creato un ibrido che c'è solo in Italia: avete messo insieme un istituto sostanziale come la prescrizione, fino alla sentenza di primo grado, e poi, per non scontentare i 5 Stelle, vi siete inventati la prescrizione processuale. Ma questo, signor Ministro, avrà un effetto contrario a quanto lei auspica. È chiaro, infatti, che un giudice di primo grado, che sa di avere, ad esempio, sette anni e mezzo di tempo per emettere una sentenza per truffa, non si pone il problema di consentire al giudice di secondo o di terzo grado di concludere il processo nei tempi della prescrizione, perché in appello la prescrizione non c'è più: ci sarà semplicemente l'improcedibilità. Quindi, da un lato, allungherete i tempi del primo grado di giudizio e, dall'altro, incentiverete l'appello, perché tutti appelleranno, nella speranza di beneficiare, poi, della prescrizione processuale, cioè della improcedibilità.

Ecco un esempio per cui il compromesso, per una sorta di eterogenesi dei fini, produce il risultato opposto a quello che voi a parole dite di voler perseguire. (Applausi).

Lo stesso vale anche nel processo civile. Signor Ministro, lei che è una giurista sa bene che mettere troppo anticipatamente preclusioni e barriere insormontabili viola il principio di contraddittorio, perché impedisce di sviscerare appieno le questioni fra le parti; lei sa anche, però, che quando due parti finiscono davanti a un giudice non devono risolvere solo una questione; le questioni sono sempre più complicate. Come ha rilevato anche la Cassazione a sezioni unite, preclusioni troppo anticipate impediscono di portare in quel processo tutte le questioni che coinvolgono quelle parti. Ciò comporta che voi guadagnate tre, quattro o cinque mesi in quel processo, ma costringerete spesso quelle stesse parti a un secondo, un terzo o un quarto processo, per risolvere tutte le vicende che hanno in essere tra di loro.

Vede come a volte, purtroppo, non avere una maggioranza coesa che va tutta in una stessa direzione porta a risultati paradossali, come questi?

Certamente nelle riforme che abbiamo fatto ci sono anche dei lati positivi, ci mancherebbe. Si è parlato da più parti del tribunale della famiglia: noi lo abbiamo sostenuto e c'era anzi una nostra proposta di legge in questo senso, alla quale avete attinto ampiamente e di questo siamo contenti e soddisfatti. Per quanto riguarda il penale, penso alla presunzione di innocenza: vivaddio, finalmente! Finalmente ci sono dei criteri, per il rinvio a giudizio, che fanno riferimento non alla giustificazione del processo, ma alla ragionevole previsione di condanna: meno male!

Poi però, purtroppo, la situazione della giustizia in Italia ha comportato e comporta un crollo di fiducia degli italiani nei confronti dell'amministrazione della giustizia, perché non c'è solo un tema economico, di cui ho già brevemente parlato, ma c'è anche un tema di sentimento di giustizia, che oggi viene regolarmente calpestato. Sono stati fatti esempi drammatici in quest'Aula, indegni di un Paese civile come il nostro, di persone che, dopo dieci anni e dopo un'assoluzione in primo grado, si vedono condannate sulla base delle stesse identiche prove per le quali erano state assolte e che, per salvare il proprio onore, non vedono altra via d'uscita che il suicidio. Anche questa è oggi, purtroppo, la giustizia in Italia.

Signor Ministro, lei giustamente in un passaggio del suo intervento ha detto che dobbiamo ricostruire la fiducia degli italiani nella giustizia e allora, se lo volete fare, fatelo! Riformate come si deve il CSM: questo sistema elettorale delle preferenze multiple, a peso decrescente, sarà il trionfo delle correnti e non la loro eliminazione. (Applausi). Ci vuole il sorteggio - a mali estremi, estremi rimedi - se si vuole eradicare completamente la degenerazione correntizia, che è emersa dagli scandali di cui tutti purtroppo parlano. Allora si deve intervenire, a monte o a valle, ma troviamo il sistema: ci vuole il sorteggio! Basta con le porte girevoli tra magistratura e politica e prendiamo finalmente il coraggio di arrivare alla separazione delle carriere! (Applausi).

Signora Ministro, c'è un privilegio medievale, indegno di uno Stato di diritto, per cui i giudici godono di assoluta immunità: mi riferisco alla responsabilità civile dei magistrati. Dovremmo parlare piuttosto di irresponsabilità, perché anche nel caso estremo in cui un magistrato arrivi a rispondere dei danni che ha provocato, con dolo o colpa grave, sebbene tutti gli italiani rispondano con il loro patrimonio dai danni che provocano, il magistrato risponde solo nel limite di sei mensilità del proprio stipendio. Non è forse una vergogna questa? Signor Ministro, come possono pensare gli italiani di essere tutelati, se chi li giudica è immune e gode di un privilegio medievale.

Ci sarebbero ovviamente tante altre cose di cui parlare, come la magistratura onoraria, calpestata e umiliata, con un emendamento che non tutte le forze politiche hanno condiviso. Noi non lo abbiamo condiviso e deve rimanere a verbale il ricatto per cui un magistrato onorario che presenta domanda di stabilizzazione - vergognosa, perché li parificate al personale amministrativo - nel momento in cui presenta la domanda, deve rinunciare a tutte le pretese relative ai diritti, che sono stati calpestati nei dieci, venti o trenta anni di esercizio della sua professione. Se lo facesse un imprenditore privato, con un suo lavoratore, il giorno dopo si troverebbe sotto processo per estorsione e voi invece lo inserite in una legge. (Applausi).

PRESIDENTE. La invito a concludere, senatore Balboni.

BALBONI (FdI). Ci sarebbe da parlare delle carceri, dell'ergastolo ostativo e di tanti altri argomenti, ma siccome il tempo a mio disposizione è scaduto, mi permetto di rimandare ai venticinque punti precisi della nostra proposta di risoluzione, che indicano quella che dovrebbe essere la strada non di questa forza politica, ma di uno Stato serio e moderno che capisce che la giustizia è fondamentale per l'economia ma anche per la democrazia, perché senza sentimento di giustizia non c'è democrazia. (Applausi).

ROSSOMANDO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROSSOMANDO (PD). Signora Presidente, signora Ministra, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, condividiamo i contenuti e gli impegni presenti nella relazione e oggi è il giorno di un primo bilancio di un anno davvero intenso e difficile. Molte cose sono state dette dai colleghi che mi hanno preceduto, in particolare dai colleghi del mio Gruppo Cirinnà e Mirabelli, quindi mi soffermerò solo su alcuni punti.

Abbiamo iniziato un percorso di riforme in un Governo di unità e necessità nazionale, come ha anche lei ricordato, che ci ha obbligato a lavorare insieme, a condividere, a decidere. L'abbiamo vissuto però fortunatamente non come uno sfortunato obbligo, ma come doveva essere, ossia come una grande occasione, una grande responsabilità per alcune riforme attese che dovevano - come è stato - essere discusse a lungo, condivise e decise insieme, in uno spirito di unità repubblicana e di grande responsabilità. Credo che questo spirito debba continuare e che si debba continuare con le riforme. (Applausi).

Naturalmente, la parola magica di questa fase e del PNRR, per quanto ci riguarda, è la questione dei tempi. Un grande storico e intellettuale ha dipinto il passaggio allo Stato moderno richiamando il passaggio dei tempi della Chiesa in senso millenaristico ai tempi del mercante: che cos'è lo Stato moderno e che cos'è poi la rivoluzione industriale che è segnata dai tempi del mercante. Certamente la questione dei tempi in un'economia moderna, in una economia della digitalizzazione, è un tempo folgorante da questo punto di vista, ma i tempi della giustizia italiana erano e sono ancora troppo lenti.

Giustamente siamo intervenuti all'insegna di questa emergenza, di questa urgenza strutturale. Tuttavia, siamo intervenuti sui tempi con un grande obiettivo e punto di riferimento, e cioè che i tempi della giustizia hanno a che vedere con la piena attuazione dello Stato di diritto e dell'accesso ai diritti, tema che quindi non riguarda solo la giustizia penale, ma soprattutto la giustizia civile, alla quale abbiamo molto spazio e molta attenzione, perché la negazione dell'accesso ai diritti e i tempi troppo lunghi sono una negazione di giustizia e uno stravolgimento dei principi dello Stato di diritto.

Quando parliamo di presunzione di innocenza, sono molto orgogliosa che abbiamo votato all'unanimità un orientamento del Parlamento sull'attuazione della direttiva europea sulla presunzione di innocenza. Lo si è fatto dopo una discussione, certo, dopo un ampio confronto, ma sono ancora più orgogliosa del fatto che nella riforma del processo penale questo sia stato uno dei principi informatori e parte della questione dei tempi, della ragionevole durata del processo. Troppa centralità è data alla fase delle indagini preliminari, troppa attenzione mediatica, e questo ha di nuovo a che vedere con la presunzione di innocenza; troppa marginalizzazione del processo, che è il luogo pubblico del difendersi provando, del contraddittorio, dell'attuazione delle garanzie.

Vorrei quindi ricordare che il fatto che abbiamo riscritto che non si chiede il rinvio a giudizio se non c'è una ragionevole previsione di condanna, è un punto importante nel nostro percorso di riforme.

Poi certamente c'è tutta la questione delle risorse, della modernizzazione e della riorganizzazione, perché per troppo tempo in passato si è discusso molto di giustizia come strumento di lotta politica e mai di risorse ad essa dedicate.

Un altro punto importante del nostro approccio, del nostro orizzonte di riferimento, soprattutto nel quadro del processo penale, è l'affermazione della laicità del processo. Lasciamo agli storici di studiare i processi, di fare ricostruzioni e di consegnarci delle elaborazioni, ma certamente sappiamo e affermiamo che non si fa la storia con i processi, perché i processi devono accertare verità, fatti e responsabilità e non servono a scrivere la storia. A questo principio ci siamo informati nelle riforme che abbiamo attuato.

Parlando poi di modernizzazione, molto positiva è certamente la novità di un dipartimento dedicato alla transizione digitale e alla statistica, perché questo implica una forma completamente diversa di organizzazione e anche un continuo esercizio nell'adeguarsi alle novità, tenendo conto tuttavia delle garanzie che vanno riscritte, ripensate e sempre tutelate. La cultura delle garanzie sta dentro la cultura istituzionale, ne fa parte e non può esserne disgiunta e questo è un punto che vorrei sottolineare.

Quali sono le riforme che dobbiamo fare urgentemente e completare? La riforma del Consiglio superiore della magistratura, gli interventi sul carcere, su cui molto si è detto e sono contenta che per approssimazioni successive dai diversi schieramenti si affermi che non va bene stare in carcere prima di essere giudicati, se poi addirittura si scopre che non si era colpevoli. Molto bene, quindi, che il carcere diventi un'extrema ratio come principio condiviso.

Naturalmente non è solo questo. Lei si è molto soffermata su questi punti e noi ovviamente vogliamo insistere per un intervento complessivo e organico.

Sulla giustizia riparativa e sull'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, ovvero l'ergastolo ostativo, molto è stato detto e mi richiamo agli interventi che mi hanno preceduto.

Faccio alcune considerazioni su un punto nevralgico che ha a che vedere con la cultura delle istituzioni, che necessariamente dobbiamo condividere, pur nella differenza di opzioni, di prospettazioni e di proposte. Mi riferisco alla riforma del CSM. Non è da oggi che noi del Partito Democratico la chiediamo e su questo lavoriamo e avanziamo proposte. Addirittura già nella passata legislatura, con il ministro Orlando e con il contributo del nostro Gruppo, abbiamo presentato proposte articolate; oggi le abbiamo riformulate e arricchite. Non abbiamo quindi di certo aspettato i recenti fatti di cronaca per avvertirne la necessità o per avanzare idee e soluzioni.

Possiamo certamente dire che questi ultimi due anni sono stati tra i più difficili che la magistratura ha attraversato nel rapporto con i cittadini, nonostante il lavoro dell'attuale CSM in senso innovativo e con spirito di responsabilità.

Degenerazioni del correntismo, potere per il potere, un eccesso di autoreferenzialità sono i nodi venuti al pettine e che dobbiamo contrastare per contribuire a ricucire - come lei ha detto - quell'essenziale fiducia dei cittadini verso la magistratura e verso la giustizia.

Consapevoli quindi di questa importanza e di questa responsabilità, pensiamo che non basti ovviamente cambiare la legge elettorale.

Non si parla, quindi, certamente, soltanto di legge elettorale, ma ci vogliono una serie di interventi sulla riorganizzazione del lavoro che pensiamo, fra l'altro, non possa fare a meno del pluralismo delle idee necessario per la rigenerazione etica che non può, ovviamente, appellarsi soltanto a una modifica legislativa. È necessario il pluralismo delle idee contro la cristallizzazione del potere per il potere. Non basteranno, quindi, delle leggi sulla riforma elettorale.

Proponiamo quindi una modifica sui criteri di valutazione professionale; il voto anche degli avvocati nei consigli giudiziari; un diverso rapporto tra cariche elettive e permanenza nel ruolo; un'organizzazione interna diversa, con separazione della funzione disciplinare da quella delle nomine; proponiamo - tema sempre più presente nel dibattito di queste ultime ore sulle decisioni che hanno interessato il Consiglio di Stato e il CSM - l'istituzione di un'Alta corte con i criteri medesimi che adoperiamo per la composizione della Corte costituzionale, che si pronunci per l'impugnazione dei provvedimenti disciplinari e sulle controversie che riguardano tutti gli altri provvedimenti amministrativi, qual è per esempio quello dell'individuazione delle dirigenze degli uffici, per tutte le alte magistrature. Si tratta di una sfida importante, nella quale il Parlamento potrebbe comunque misurarsi per la sua unità e responsabilità.

Qual è, in conclusione, la direzione, quali sono i principi, i punti di riferimento per queste importanti riforme che mettono al centro il rapporto tra cittadino e istituzioni? Qual è la cultura istituzionale condivisa, pur nella differenza delle idee? Credo che non possa che essere quella dell'autonomia e indipendenza della magistratura, della separazione tra i poteri dello Stato come garanzia contro ogni forma di arbitrio, per la tutela di tutte le libertà del singolo cittadino, sapendo che oggi discutiamo di questo nel quadro di un mondo che cambia, dove si accentuano le disuguaglianze con le conseguenti tensioni sociali e in queste tensioni sociali avanzano idee di uno Stato che superi la concezione democratica e liberale di Stati autoritari. Per questo è importante avere un quadro istituzionale di riferimento condiviso nell'indipendenza e nel controllo reciproco tra i poteri dello Stato. Tecnologie importantissime, che però rimettono in discussione spazi personalissimi e che ci sfidano nella tutela di questi spazi e di queste libertà.

Abbiamo bisogno di rafforzare questi principi e non di picconarli, sapendo quali sono le criticità e qual è la cultura della laicità dello Stato, di una concezione liberale. Sappiamo che non siamo al secondo tempo di una partita cominciata più di vent'anni fa e non conclusa: siamo all'alba di una nuova era, con le sfide e le responsabilità che questo comporta e con quell'unità di intenti e di responsabilità istituzionale di cui non possiamo fare a meno e alla quale siamo chiamati a rispondere. (Applausi).

GRASSO (Misto-LeU-Eco). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRASSO (Misto-LeU-Eco). Ministra Cartabia, ascoltando la sua relazione non ho potuto non notare il riferimento che ha fatto alla costruzione dell'aula bunker del maxiprocesso alla mafia. Ricordo alla perfezione quei lunghi mesi di lavoro, animati dalla responsabilità di offrire a Palermo l'opportunità di celebrare il più importante processo penale della storia del nostro Paese. All'epoca, come giudice a latere, fui impegnato proprio nella supervisione di quei lavori e ottenemmo il risultato che ci eravamo prefissati proprio grazie allo straordinario impegno delle istituzioni che mostrarono, come mai prima di allora, un impegno concreto per combattere la mafia.

La costruzione dell'aula bunker fu il primo passo; poi seguirono altri provvedimenti, come i primi computer, all'epoca strumenti di avanguardia, e tutti gli strumenti delle più moderne tecnologie che potevano aiutare e rendere più celere quel processo. Il Parlamento addirittura approvò, a tempo di record, una legge che ci consentì di superare le forche caudine del codice di procedura, che avrebbe messo a serio rischio il percorso del maxiprocesso.

Quella straordinaria vittoria della legalità sulla mafia maturò, dunque, nello sforzo collettivo, seppure ispirata da due fuoriclasse come Falcone e Borsellino.

Ancora oggi, il maxiprocesso testimonia come visione strategica, impegno collettivo e risorse bene allocate producano risultati straordinari.

Oggi, dopo trent'anni, abbiamo un'altra occasione incredibile offerta dalle risorse del PNRR che giungono dall'Europa. Ed è proprio la dimensione europea che dobbiamo tenere a mente quando pensiamo alla strada che abbiamo davanti.

A questo proposito, ho molto apprezzato il suo riferimento alla procura europea. Avendo in passato lavorato e collaborato alla sua realizzazione, essendo assolutamente convinto della sua importanza, non posso che essere felice e congratularmi per questo traguardo.

Ella, nella sua relazione, ha descritto una visione del percorso di riforma del sistema giustizia che mi sento di condividere nei suoi obiettivi ma che, a mio avviso, non ha ancora ottenuto - ma è comprensibile - i risultati sperati. Io ho votato le riforme, pur non considerandole all'altezza della svolta innovativa di cui ha un disperato bisogno il sistema giustizia, ma comprendo come le situazioni parlamentari e la politica del momento influenzino talvolta le soluzioni.

Serve, però, di più: seve ora e serve subito. Io sono convinto che vi siano due temi all'ordine del giorno di assoluta importanza, da lei citati, ma che meritano un'immediata risposta. Il primo è la modifica dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. Si è iniziato un percorso, con una relazione della Commissione antimafia votata all'unanimità. Ora un testo è in discussione alla Camera.

Serve coraggio, per evitare di dare una clamorosa opportunità alle mafie di rialzare la testa; serve fermezza, perché la lotta alla mafia è attualissima. Basti pensare alle recentissime notizie che giungono dalla Puglia, da Foggia. Serve fedeltà al dettato costituzionale. Lei ne è garante e ciò ci rassicura. Fedeltà che vede nello Stato il soggetto che amministra giustizia e mai vendetta.

Io ho fatto delle proposte. Ho depositato un testo di legge in Senato e non posso che augurarmi uno scatto di orgoglio da parte del Parlamento prima che la Consulta intervenga ancora. Io non voglio neanche immaginare che a maggio, quando celebreremo il trentesimo anniversario delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, non sia ancora approvata una buona legge. Significherebbe macchiare, con enorme umiliazione, la memoria di quegli uomini e di quelle donne e ricordarli sarebbe una manifestazione di ipocrisia e non il tributo e il rispetto che meritano.

Mi auguro che lo stesso coraggio che serve per riscrivere le norme sull'ergastolo ostativo venga trovato anche per un'altra cruciale sfida che ci attende: la riforma del CSM e dell'ordinamento giudiziario. È in gioco la credibilità della magistratura, la fonte primaria della fiducia nella giustizia da parte dei cittadini.

La composizione del Consiglio, pur avendo al proprio interno una naturale e, secondo me, necessaria dialettica di posizioni, che corrispondono ai diversi orientamenti, deve assicurare la realizzazione concreta dei principi costituzionali. Bisogna arginare il correntismo, partendo da una revisione delle norme relative alla elezione e al funzionamento del CSM, puntando sulla trasparenza delle procedure elettive di funzionamento.

Penso a un meccanismo che garantisca la partecipazione più ampia a prescindere dalla designazione di gruppi organizzati, che premi il merito, la conoscenza dei problemi, che valorizzi anche la prossimità tra rappresentanti e rappresentati. Penso, poi, che si debba attenuare sensibilmente la possibile contiguità dei consiglieri con esponenti della politica attiva, inserendo delle limitazioni alla eleggibilità e all'accesso a incarichi direttivi, una volta terminato il mandato. Questi spunti, come lei sa, Ministro, sono contenuti in un disegno di legge che anch'io ho depositato in Senato.

Abbiamo bisogno di un CSM autorevole per poter ridare credibilità a tutta la magistratura che paga come intera categoria le colpe di pochi, ma purtroppo influenti e decisivi magistrati.

Signora Ministra, lei ha giustamente relazionato il Parlamento sulla situazione delle carceri. Quello che emerge, e purtroppo non sorprende chi, come me, per ragioni di servizio, le carceri le ha frequentate per tanti anni, è un quadro drammatico, e lei lo ha disegnato: carenza di spazi, carenza di personale, carenza di prospettive, carenza di speranze per il pieno rispetto di quanto previsto dalla Costituzione. Non ultimo - mi consenta di dirlo - carenza di cibo. Le gare d'appalto vinte a 2,39 euro al giorno di vitto per detenuto non sono solo anomale, sono indegne. Per questo ho apprezzato la separazione che nei prossimi bandi di gara si auspica tra vitto che, come risaputo, è a spese dell'amministrazione, e sopravvitto, che invece è a spese del detenuto. Credo che questa sia la strada giusta per consentire anche nelle carceri un'alimentazione adeguata.

Signora Ministra, nel corso della relazione ho percepito segnali positivi su molti degli aspetti citati, ma come legislatori non possiamo non tenere conto delle enormi difficoltà di chi negli istituti penitenziari sconta la sua pena, ma anche di chi vi lavora quotidianamente.

Le maggiori risorse stanziate, grazie anche ai fondi europei, sono certamente un'ottima notizia, ma nel tempo che occorre per l'adeguamento delle strutture - lo comprendiamo - abbiamo anche il dovere di garantire oggi il pieno rispetto dei diritti dei detenuti e di coloro che lavorano dentro gli istituti penitenziari.

Il suo accenno in replica alla complessa vicenda di Chico Forti mi rincuora, e condivido con lei la speranza che possa concludere l'esecuzione della pena detentiva in Italia.

Credo che questo sia il tempo di ritrovare quell'unità di intenti che segnò i grandi successi conseguiti ai tempi del maxiprocesso: visione strategica, risorse ben allocate, sforzo collettivo.

Signora Ministra, le risorse ci sono, ingenti come mai nella nostra storia recente; la visione strategica che lei ha prospettato merita di essere perseguita, a patto che si realizzi per davvero e completamente, non solo in parte. Quanto allo sforzo collettivo, credo che questa ampia maggioranza, pure attraversata da una dialettica inevitabile e forte, debba assumere su di sé la responsabilità di trovare un punto di incontro che sia quanto più alto e concreto possibile.

Non è il tempo di compromessi al ribasso, non è il tempo di tirare a campare; è il tempo del coraggio.

A nome di Liberi e Uguali-Ecosolidali, esprimo il voto favorevole alla risoluzione n. 3, che prende atto degli impegni assunti e dei risultati raggiunti da lei illustrati. (Applausi).

CALIENDO (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALIENDO (FIBP-UDC). Signora Presidente, signora Ministro, Sottosegretari e colleghi, la collega Modena ha già spiegato perché ci troviamo in un altro mondo, un mondo più felice da quando lei è Ministro della giustizia. Per queste ragioni noi voteremo convintamente a favore della proposta di risoluzione n. 3, che approva la sua relazione.

Ciò non toglie che abbiamo la necessità di esprimerle alcune considerazioni, correzioni o integrazioni rispetto all'attività finora svolta. Vede, Ministro, esistono due modi di essere parlamentari: uno è quello del parlamentare che vuole l'approvazione della bandierina, di un qualsiasi emendamento, che crede che l'attività legislativa che svolge il Parlamento sia affermare il credo del proprio partito. C'è poi un altro modo, quello di credere e dare un supporto tecnico, politico, scientifico a quelle idee che vengono proposte da chiunque, ma che siano effettivamente nell'interesse dei cittadini. Forza Italia appartiene a questa seconda categoria e a questo gruppo di parlamentari. È questa la ragione per cui abbiamo sostenuto la sua idea di modificare il processo civile che ha introdotto la riforma del diritto di famiglia e istituito il tribunale della famiglia, che, quando sono entrato in magistratura nel 1970, era ancora un sogno; era quello che Maria Eletta Martini aveva già detto alcuni anni prima.

Ci troviamo di fronte però a un provvedimento per cui noi avevamo soltanto indicato, come ulteriore necessità per la sua funzionalità, alcune riforme: una di queste era la riforma della sezione tributaria della Cassazione. Mi scusi, Ministro, ma solo gente incompetente può dirle che si tratta di una questione che riguarda la riforma tributaria: non c'entra nulla. La Corte di cassazione civile svolge la funzione tributaria e quindi l'organizzazione della Corte appartiene al processo civile e lo sa meglio di me.

Allora, c'è un problema di fondo che noi dobbiamo rispettare. Che cosa significava il disegno di legge sulle Camere arbitrali dell'avvocatura che accompagnava il disegno di legge del processo civile e che doveva essere votato insieme? Devo dare atto a lei e alla struttura ministeriale di aver chiesto di rinviarlo, perché avremmo dovuto farlo a settembre, non perché è stato proposto da un gruppo di senatori, ma perché quel disegno di legge significa alleggerire il carico di lavoro che c'è sui giudici ordinari. È questa la logica per far funzionare il sistema. Analogamente, se noi non alleggeriamo la sezione tributaria della Corte di cassazione, secondo l'aumento del numero dei giudici che sono presso quella sezione, non avremo un sistema civile che funziona.

Il collega Cucca ha già parlato di alcune questioni e io l'ho detto anche pubblicamente in Commissione: ho molto apprezzato quello che lei ha fatto per recuperare i soldi per la magistratura onoraria, perché credo che la situazione di prima gridava vendetta. Lei è stata brava, però noi abbiamo atteso otto mesi. Io avevo proposto in quella sede al sottosegretario Sisto, che oggi non vedo, che si ritirasse l'emendamento alla legge di bilancio e che era giusto fare una legge ad hoc entro il 15 gennaio, a cui avremmo dato un apporto tutti insieme, Parlamento e Governo, perché questa è la nostra logica. La logica di Forza Italia è legata alla necessità di avere un ordinamento che risponde alle esigenze dei cittadini.

Finalmente è stato approvato nella riforma penale un sistema che porta al riconoscimento delle sentenze europee che non avevano efficacia nel nostro Paese. Finalmente viene introdotto un sistema.

Certo, resta ancora l'amaro in bocca di fronte ad alcune sentenze della nostra Corte di cassazione dichiarate illegittime a distanza di otto mesi dalla stessa Corte di cassazione e che però hanno esecuzione. Questo è uno sconcio. Mi riferisco alla sentenza che riguarda Berlusconi, come avrà capito benissimo. Mi riferisco altresì alle sentenze della Corte europea che riguardano una serie di cittadini, che non trovano giustificazione. Si applica cioè una sentenza che è stata ritenuta sbagliata, con la mancanza dei presupposti essenziali della giurisdizione.

Richiamando quanto detto dal senatore Dal Mas, non possiamo più accettare che un pubblico ministero possa impugnare le sentenze di proscioglimento. (Applausi). Ministro, il presidente della commissione che lei ha istituito, Giorgio Lattanzi, nella relazione scrive che alla base del sistema penale, per renderlo effettivo, bisogna eliminare l'appello del pubblico ministero alle sentenze di proscioglimento. Lo ha scritto Lattanzi nella relazione al Parlamento che non abbiamo poi contestato o preso in considerazione. Dovremo apportare correzioni e integrazioni. Il collega Dal Mas presenterà un disegno di legge, che ho sottoscritto anch'io, con il quale offriremo una soluzione al problema, al fine di renderlo compatibile con la vecchia sentenza della Corte costituzionale.

Da ultimo, Ministro, non possiamo pensare di fare la riforma del Consiglio superiore della magistratura e che il Senato venga coinvolto soltanto con il voto di fiducia di un testo votato dalla Camera. Io non le chiedo di ritardare di anni, ma le chiedo di fare una commissione, un giorno, una seduta in cui il Senato possa esprimere le proprie osservazioni rispetto agli emendamenti che saranno presentati.

Mi rivolgo al presidente Rossomando che ha richiamato la pluralità delle idee, non è che noi abbiamo difeso e voluto le correnti solo per la pluralità delle idee. Le correnti in magistratura hanno determinato l'elevazione culturale e professionale dell'intera magistratura che invece prima era soltanto una selezione di pochi e per il resto erano tutti i burocrati. È questa la realtà. Noi abbiamo avuto una magistratura che si è elevata e ha potuto svolgere i suoi compiti a partire dal terrorismo e da Tangentopoli. Tutto questo è stato possibile perché vi era una magistratura e le correnti che credevano nei principi costituzionali.

Ministro, in conclusione vorrei esprimere un concetto: perché dico che non c'è e nemmeno le sentenze o gli atti di incolpazione che stanno valutando le ultime vicende della magistratura prendono in considerazione la questione? Quando sento che al Consiglio superiore della magistratura qualcuno sostiene che occorre andare a realizzare una discontinuità nella gestione di una determinata procura o di un determinato tribunale, quel qualcuno non si rende conto che dice una cosa del genere che si tratta di creare un'influenza, una indebita ingerenza sulla giurisdizione. La Costituzione, non glielo devo insegnare, non ci dà un modello di giurisdizione. Il modello è quello della Carta costituzionale, ma non è un modello di funzionamento. Non ci può essere allora all'interno della magistratura chi dice di volere discontinuità in un certo ufficio. Ciò vorrebbe dire che ha un suo modello di giurisdizione e che io che presento la domanda mi dovrò conformare a quel modello per essere nominato.

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 14,25)

Questo è contro la Costituzione. Quindi occorrerà valutare i sistemi di valutazione dei magistrati e i sistemi di nomina degli uffici direttivi. E, mi scusi, abbandoni l'idea dei piccoli collegi, perché la fine del Consiglio superiore è venuta proprio con i collegi rispetto al collegio unico nazionale. La mia proposta è che o si fa il sorteggio, o si dà una sola preferenza nel collegio unico nazionale, una preferenza obbligatoria per un'altra lista, perché allora significherebbe un panachage obbligatorio che impedirebbe gli effetti deteriori del sistema proporzionale. (Applausi).

BONGIORNO (L-SP-PSd'Az). Signor Ministro, è l'ora più buia della giustizia; è inutile che ce lo nascondiamo. Signor Ministro, io credo veramente che lei sia un Ministro competente, che lei sia riuscita a mediare anche posizioni inconciliabili e che lei sappia ascoltare. Però adesso le chiediamo di dimostrare un'altra dote: la dote del coraggio, perché, di fronte al caos che regna, servono riforme incisive e veramente coraggiose.

Si è molto discusso in questi anni del conflitto tra la magistratura e la politica. Ma adesso, secondo me, c'è un conflitto molto più preoccupante, perché adesso c'è un conflitto tra magistrati. Se n'è parlato forse poco in quest'Aula, ma quello che è successo in questi giorni fa tremare i polsi. Abbiamo avuto infatti la nomina di altissimi magistrati da parte del CSM (stiamo parlando del primo presidente della Cassazione) e abbiamo avuto l'annullamento da parte del Consiglio di Stato. Pare che domani ci sia la rinomina da parte del Consiglio superiore della magistratura e probabilmente dopo ci sarà il ricorso avverso la rinomina. Stiamo parlando del primo magistrato d'Italia. Io non lo so chi ha ragione. Ho cercato di documentarmi e ho letto il più possibile: nelle motivazioni del Consiglio di Stato c'è scritto che il CSM avrebbe fatto una motivazione irragionevole, perché c'è un altro magistrato in corsa che aveva più titoli, mentre il CSM replica con questa decisione che probabilmente sarà assunta domani e ha fatto trapelare, attraverso i giornali, che il Consiglio di Stato avrebbe travalicato i suoi poteri. Attenzione: domani c'è il plenum con il Presidente della Repubblica, che dunque deve scegliere se schierarsi con il CSM o con il Consiglio di Stato. (Applausi).

Signor Ministro, io non mi schiero, ma prendo atto e chiedo a lei, che è Ministro della giustizia: cosa pensa di tutto questo? Cosa pensa di questi conflitti? Ecco, noi vorremmo che lei prendesse atto che non è tempo per i piccoli ritocchi. Noi vorremmo che lei prendesse atto che adesso servono veramente delle riforme profonde e radicali. Vede, quella del CSM non è una casa che ha bisogno di una ristrutturazione o di una tinteggiatura; quella del CSM è una casa da demolire e da ricostruire. (Applausi). Signor Presidente, sarebbe inutile un ritocco, mi creda. Ha dato prova di fallimento l'attuale sistema di avanzamento di carriera, che è quasi automatico. Ho sentito qualcuno che ha parlato già del sistema elettorale. Bene, io credo che a questo punto sia necessario introdurre il sorteggio, individuando dei requisiti iniziali per essere candidati.

Quando si parla di sorteggio - non so se voi lo notate - improvvisamente moltissimi si arrabbiano. Qual è l'obiezione che si fa al sistema del sorteggio? È la seguente: con il sorteggio si premia il fortunato e non il meritevole. Mi scusi, signor Ministro, ma l'attuale sistema elettorale ha premiato i meritevoli? Se avesse premiato i meritevoli - le dico di più - io preferirei i fortunati. (Applausi). Il sorteggio ha sicuramente un vantaggio, che è quello che consente di recidere il cordone ombelicale con le correnti ed eliminare evidentemente la gratitudine nei confronti della corrente che mi ha portato, quella gratitudine che mina per sempre l'indipendenza dell'eletto.

La giustizia vuole certezze, signor Ministro, e noi stiamo vivendo nel caos. Non so chi di voi ha fatto una ricerca a fonti aperte, ma lei saprà molto di più di me, perché io ho cercato solo su fonti aperte le parole che mi vengono in mente: caos e magistratura. Ed è venuto fuori questo: prima le cronache si occupavano di persone indagate dai magistrati; oggi si occupano di magistrati indagati da altri magistrati. Abbiamo pochi magistrati, ma quelli che abbiamo sono estremamente occupati in indagini delicate sui colleghi. Alla procura di Brescia, tra loggia Ungheria, caso ENI ed altre vicende, ci sono circa undici pubblici ministeri sotto indagine. I magistrati di Salerno indagano sui colleghi di Catanzaro, ma a sua volta un pubblico ministero della procura di Salerno è indagato a Napoli. A Perugia si indaga su numerosi magistrati romani; in Puglia c'è stata una sorta di record da quello che ho visto: nel 2021 ogni Provincia ha potuto vantare un magistrato indagato o condannato; a Trento circa sei magistrati; intanto a Caltanissetta ci sono i processi per i magistrati di Palermo sulla questione cosiddetta antimafia.

Signor Ministro, queste sono ricerche a fonti aperte che può fare chiunque; chissà lei quanto indagini conosce. Io ho sempre difeso i magistrati e continuo a difenderli; sto parlando di alcuni magistrati. Attenzione: è indispensabile rimettere mano a una sezione disciplinare del CSM che faccia veramente il proprio lavoro. (Applausi). La giustizia domestica è inaccettabile per come, per ora, è stata realizzata.

Con lei abbiamo anche parlato una volta di accesso alla magistratura e lei propone di abbreviare i tempi. Gliel'ho detto e glielo ripeto qui: sono terrorizzata dal fare andare un laureato a ricoprire quegli incarichi; voglio che ci sia una valutazione di equilibrio, di scrupolo, di requisiti morali. Quindi abbrevi tutto, ma non l'entrata in magistratura, signor Ministro. (Applausi).

Quello che voglio dirle è che veramente, guardando e studiando tutte queste cose, a volte mi sembra che in questo momento la giustizia stia vivendo un po' come la trama delle favole di Gianni Rodari al rovescio, in cui non si capisce chi ha ragione e chi ha torto: Cappuccetto rosso è cattivo, il lupo è buono, c'era una volta un povero lupacchiotto che portava alla nonna la cena in un fagotto. Quando chiama al mio studio un magistrato, non so se chiama per un mio cliente o se lui vuole essere un mio cliente. Questo perché c'è caos, e tale caos si riverbera sulla quotidianità. Prima ai giovani laureati per spiegare il diritto si davano i manuali. Forse sarà capitato anche a lei che qualche ragazzo le chieda: come funziona il CSM? Io mi vergogno a dare degli articoli. L'altro giorno è venuto un ragazzo e alla fotocopiatrice gli ho fatto stampare le chat di Palamara, perché voleva spiegato come si vota al CSM. Ho pensato: che cosa gli devo dire? Allora ho preso una chat di Palamara. Avrei voluto dire: come si vota di solito? Di solito si fa una votazione per decidere chi va in un posto. Poi ho pensato: ma perché devo mentire? Allora gli ho dato la chat dove c'è scritto: «Decidi chi va e poi organizziamo il voto». È possibile che dobbiamo dare le chat di Palamara per spiegare veramente come vanno le cose? (Applausi).

Sono arrivata a nove minuti e quindi devo tagliare, ma non posso non dire che nelle aule di giustizia campeggia la scritta «La giustizia è amministrata in nome del popolo italiano». Ma il popolo italiano è terrorizzato dalla giustizia, perché sa che non basta avere ragione, ma bisogna dimostrarla. Il popolo italiano sa - questo lo possono dire tutti gli avvocati - che il proprio avvocato parte sempre svantaggiato, nella migliore delle ipotesi, perché il pubblico ministero ha un rapporto di colleganza e di consuetudine col giudice; nella peggiore perché ci sono legami correntizi e magari il giudice ambisce a un incarico, che può ottenere solo grazie all'appoggio della corrente dell'altro magistrato (Applausi). Ecco perché gli avvocati non si sentono più chiedere dagli imputati: «È studioso quel giudice?». Ora gli imputati ci chiedono: «Di che corrente è quel giudice?». (Applausi). Questo è il motivo per cui, con forza, sosteniamo anche la separazione delle carriere.

Per concludere, signor Ministro, badi che ci sono tantissimi magistrati che lavorano silenziosamente, giorno e notte (Applausi); magistrati che non hanno avuto un incarico, perché sono fuori dalle correnti. Se quei magistrati oggi cominciassero a pensare che vivere onestamente è inutile, sarebbe la morte della giustizia. Voteremo a favore, ma le chiediamo coraggio! (Applausi).

D'ANGELO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ANGELO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Ministra, il momento storico nel quale ci troviamo impone, se possibile in maniera ancora più energica rispetto al passato, un'attenzione massima nell'adempiere al mandato ricevuto dagli elettori. Il protrarsi della situazione pandemica ha caratterizzato inesorabilmente l'attività legislativa e, tra i vari ambiti di azione dello Stato, anche quello dell'amministrazione giudiziaria è risultato colpito dall'emergenza sanitaria. Il legislatore, tramite una serie di riforme varate dal 2020 ad oggi - lo ricordo anche a qualche collega, che è intervenuto: dal 2020 - ha posto un argine, volto ad agevolare il corretto funzionamento dell'amministrazione.

L'anno che si è appena concluso ha visto operare un Governo nato per far fronte a tale situazione, composto da una maggioranza che ricomprende quasi tutto l'arco costituzionale e, per questo motivo, è molto eterogenea. Temi divisivi, come quello della giustizia, sono però stati affrontati avendo come unico obiettivo quello di riuscire a garantire l'efficienza del sistema. Molto è stato fatto, signora Ministro e infatti le diamo atto della completezza della relazione, ma molto c'è ancora da fare.

Come Gruppo MoVimento 5 Stelle siamo contenti del risultato raggiunto con l'approvazione della legge delega di riforma del processo civile. Nella Commissione giustizia del Senato - come è già stato ricordato - si è lavorato con una buona sinergia tra le diverse sensibilità politiche e il Governo è comunque riuscito ad armonizzare il testo in maniera organica. Un'esplicita dimostrazione è stata la ridefinizione della prima udienza di comparizione delle parti e trattazione della causa, laddove si è riusciti a contemperare le quasi contrapposte esigenze di celerità e di efficienza del processo con l'effettività del diritto di difesa delle parti. Quello della legge delega, però, rappresenta solo un primo passo verso l'obiettivo di ridurre il 40 per cento del contenzioso e, appunto, il tempo medio di durata dei procedimenti. Sarà infatti solo con i decreti legislativi che si vedrà se questo percorso verrà realizzato o no.

Sono interiormente contenta dell'approvazione di un emendamento, a firma del mio Gruppo, che ha previsto una procedura rafforzata in sede consultiva da parte della Commissione giustizia. C'è infatti l'esigenza, che comunque è stata anche rappresentata dagli altri colleghi che mi hanno preceduto, che si creino sempre di più una collaborazione stretta e una sinergia tra i Gruppi e il Governo. Questo è un auspicio che abbiamo potuto inserire fattivamente all'interno della legge delega per la riforma del processo civile, ma che ovviamente vorremmo che venisse allargato anche alla riforma del processo penale.

Esprimo soddisfazione a nome del mio Gruppo anche per l'istituzione dell'Ufficio del processo. La nuova organizzazione della giustizia, infatti, non potrà che trarre giovamento dall'impiego della professionalità di più di 8.000 giovani giuristi - come è stato ricordato nella relazione - al di là del fatto che la stessa pianta organica della magistratura giudicante potrà essere così rafforzata.

C'è un solo nodo da sciogliere su cui si è discusso in questi giorni, ovvero quello relativo al discorso dell'incompatibilità e, quindi, di un ipotetico conflitto di interessi che si potrebbe configurare nel caso di un avvocato che venga reclutato quale operatore nell'ambito dell'Ufficio del processo in cui esercita la professione: spero che nei prossimi giorni da parte del Ministero ci possa essere una circolare esplicativa.

A valle di un programma di rafforzamento degli organici del comparto di giustizia, che è già iniziato dal 2018 con il Governo Conte a seguito del varo del PNRR, gli uffici giudiziari stanno finalmente ricevendo quella linfa vitale di risorse umane senza le quali non può esserci alcuna riforma per accelerare l'iter dei processi e, quindi, abbattere il contenzioso arretrato, che purtroppo grava sulla nostra amministrazione giudiziaria.

Siamo inoltre d'accordo con lei, signora Ministra, per quanto concerne il pronto recepimento della direttiva sul whistleblowing. Siamo stati infatti i primi a porre il tema al centro dell'agenda politica quando, appena entrati in Parlamento nel 2013, abbiamo presentato la nostra proposta, poi trasformata in legge, e siamo contenti che il tema venga nuovamente affrontato.

In relazione poi al monito della Corte costituzionale relativamente alle previsioni dell'articolo 4-bis dell'ordinamento giudiziario, il MoVimento 5 Stelle non può esimersi dall'intervenire, avendo come unico obiettivo quello di contrastare la mafia e la criminalità organizzata in generale, sotto qualsiasi forma si manifesti. Importanti pronunce della Consulta, infatti, vertono anche sui temi della diffamazione e, al fine anche di evitare la carcerazione per i giornalisti in caso di diffamazione a mezzo stampa e per quanto riguarda anche il suicidio assistito, vorremmo che in questa legislatura si potesse portare a termine quel percorso capace di portare alla luce provvedimenti in questi ambiti così importanti.

A proposito della criminalità organizzata è stato messo in evidenza in alcuni interventi - anche lei lo ha ribadito nella sua replica - la gravità dell'emergenza che si sta verificando nel territorio foggiano, dove c'è stata l'esplosione di diverse bombe che hanno inferto dolorose ferite alla comunità e lasciato ovviamente sgomenta tutta l'Italia, e non solo il territorio foggiano. Siamo di fronte a uno spietato attacco allo Stato, come ne abbiamo visti tanti anche in altre Province italiane.

La risposta delle istituzioni, quindi, non può che essere perentoria, anche attraverso l'impiego di ingenti risorse umane e logistiche. Servono presidi di legalità e giustizia in quei territori in cui la riforma della geografia giudiziaria non ha dato gli effetti sperati.

Più in generale ormai è il caso di fare un bilancio su quella che è la revisione della dislocazione dei nostri tribunali, visto che il risultato purtroppo è pieno di ombre. Mi fa piacere dunque che lei, signora Ministra, nella sua replica oggi abbia dato conto del tema e abbia comunque avuto un'apertura da questo punto di vista. Sono evidenti le criticità legate al discorso della geografia giudiziaria, in termini sia logistici che di presenza sul territorio, a valle di un programma di rafforzamento degli organici del comparto giustizia che - come dicevo - è stato finalmente improntato all'implementazione degli organi giudicanti, ma anche dell'amministrazione giudiziaria.

Per quanto riguarda invece il contrasto alla violenza sulle donne, molto è stato fatto, ma la strada è ancora lunga. La cronaca nera, infatti, quotidianamente ci ricorda che - se da un lato - esistono norme per salvare delle vite - dall'altro - purtroppo i risultati raggiunti non possono soddisfare tutti noi. Le norme ovviamente devono essere costantemente aggiornate e troppo spesso non vengono attuate. Ci ha fatto piacere apprendere, dalle repliche, qual è l'iter specifico del provvedimento di iniziativa governativa approvato in Consiglio dei ministri il 3 dicembre, recante disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne, che speriamo sia al più presto assegnato a una delle Camere, affinché si ponga quale strumento normativo atto a veicolare tutte le proposte sul tema a completamento di quello che era già stato previsto dal Codice rosso. Per questo è molto importante che veda la luce questo tipo di provvedimento.

Per quanto riguarda la riforma del Consiglio superiore della magistratura, ovviamente è già stata ribadita da più parti l'importanza che questo processo vada avanti. Sappiamo che è incardinato alla Camera e quindi auspichiamo che - come da impegno già preso all'interno della relazione - l'iter possa concludersi nel più breve tempo possibile, per ridare vita a un'istituzione importantissima per la nostra democrazia.

Infine, desidero ricordare a tutti noi le parole pronunciate oggi da Papa Francesco a proposito delle persone detenute nelle nostre carceri: «È giusto che chi ha sbagliato paghi per il proprio errore, ma è altrettanto giusto che chi ha sbagliato possa redimersi»; «Non possono esserci condanne senza finestre di speranza».

È quindi un dovere dello Stato tenere sempre aperta la finestra di speranza. Il carcere deve essere non solo astrattamente, ma con tutta la concretezza possibile, un luogo di reintegrazione e di elaborazione degli errori e delle regole che disciplinano la nostra convivenza. A tale proposito, riprendo anche l'appello del garante per i detenuti Mauro Palma, secondo cui bisogna implementare anche all'interno delle carceri l'attività teatrale proprio come forma di risocializzazione e riabilitazione per i detenuti.

Lei, onorevole Ministra, ha parlato della pandemia come di una sfida dalla quale possono scaturire serie opportunità e spinte per il cambiamento. Le disposizioni speciali che hanno disciplinato l'esercizio dell'attività giurisdizionale durante l'emergenza sanitaria si sono rivelate in molti casi efficaci per consentire una più rapida trattazione dei processi civili e penali nel rispetto delle garanzie procedimentali e, al contempo, delle norme sanitarie vigenti. Alcune di queste misure non dispiacerebbe vederle a pieno regime, come anche auspicato dagli addetti ai lavori.

L'anno 2021 sicuramente sarà ricordato non come un anno semplice e indolore, ma sicuramente come l'anno in cui la giustizia non ha ceduto il passo alla pandemia, e questo per noi è importantissimo. Per questo, signora Ministra, dichiaro il voto favorevole del Gruppo MoVimento 5 Stelle alla risoluzione di maggioranza n. 3, a prima firma della senatrice Gaudiano. (Applausi).

LANNUTTI (Misto-IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

LANNUTTI (Misto-IdV). Lo stato della giustizia in questo Paese, ossia il caos e il marasma di funzioni giudiziarie utilizzate come lotta di potere tra le correnti del CSM, giudicate dal compianto giudice Imposimato metastasi della magistratura, è stato plasticamente rappresentato ieri all'inaugurazione dell'anno giudiziario in Cassazione. Dopo che il Consiglio di Stato aveva azzerato la nomina più importante del CSM - delibera del 15 luglio - con le nomine del primo presidente di Cassazione Pietro Curzio e del presidente aggiunto Margherita Cassano, come se nulla fosse, nonostante le promesse di comportamenti più virtuosi e trasparenti nella designazione delle cariche dopo il gravissimo scandalo Palamara, il CSM ha deciso che il presidente Curzio potesse restare al suo posto a inaugurare la Caporetto della giustizia ingiusta 2022, sempre più a misura di potentati; aggravata, signor Ministro, dalla sua riforma, vera e propria via crucis per ladri di polli e poveri cristi senza santi in paradiso.

Con la sua relazione ella indica come aggredire i tempi della giustizia penale e ridurre la pressione sul sistema giudiziario: l'improcedibilità in caso di condotte riparatorie, in particolare il risarcimento del danno. Da quanto emerge, non si intendono aggredire i tempi della giustizia con l'introduzione di soluzioni strutturali alle criticità riscontrate, illustrate dalla nostra risoluzione. Si preferisce invece selezionare i processi meritevoli di essere esaminati dal giudice o indicare l'improcedibilità di un caso giudiziario, estinguendo il reato, di fatto in violazione del diritto fondamentale europeo confermato tra gli obiettivi dell'agenda 2030: ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale precostituito. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. (La Presidenza sollecita il senatore Lannutti a concludere).

Signor Presidente, sono l'unico dell'opposizione a intervenire. Ha consentito a tutti trenta secondi in più. Quella lotta spietata di potere e di poltrone tra le correnti della magistratura per accaparrarsi le direzioni più ambite, con alcune schegge impazzite di operatori certi di avere protezione dai loro capi corrente per i loro errori, ha prodotto anche il caso di David Rossi, suicidato, con i magistrati che, invece di indagare sugli autori e gli artefici, hanno indagato la moglie e un giornalista che aveva raccontato i fatti.

Lei, signor Ministro, ha citato un eroe della magistratura. Se mi permette, cito Gratteri: se fossero in vita Falcone e Borsellino, immagino che salterebbero dalla sedia leggendo il termine improcedibilità in questa riforma, perché vuol dire che il 50 per cento dei processi in appello, dove c'è stata una condanna in primo grado, non si può celebrare. (Applausi).

Nell'elenco mancano i reati ambientali, la corruzione, la concussione, il peculato, i reati che stanno gomito a gomito con la politica e con i faccendieri. Immaginate un operaio che cade dal quarto piano; viene condannato il datore di lavoro: è ovvio che questo processo in appello non si farà mai e andrà in coda. Mi devono spiegare quando avranno ristoro la vedova e i figli, quando avranno giustizia, dice Gratteri. A questo dovrebbe rispondere... (Il microfono si disattiva automaticamente).(Applausi).

PRESIDENTE. Senatore Lannutti, le posso garantire che anche a lei è stato concesso un minuto supplementare. Inoltre, credo potrebbero adombrarsi i colleghi di Fratelli d'Italia, perché ovviamente lei non è l'unico dell'opposizione a essere intervenuto.

Prima di passare alle votazioni, avverto che, in linea con una prassi consolidata, le proposte di risoluzione saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 1, presentata dal senatore Balboni ed altri.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 2, presentata dai senatori Lannutti, Giannuzzi, Lezzi, Moronese, Angrisani, Abate, Mininno, La Mura, Corrado, Dessì e Morra.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della proposta di risoluzione n. 3, presentata dai senatori Gaudiano, Pillon, Mirabelli, Caliendo, Cucca, Grasso e Unterberger.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Si è così concluso l'esame della relazione del Ministro della giustizia.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

CIRINNA' (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIRINNA' (PD). Signor Presidente, intervengo brevemente a fine seduta per segnalare all'Assemblea che, nella Commissione diritti umani del Senato, abbiamo stabilito interventi a staffetta in Aula - per chi potrà anche sui suoi social - per non abbassare l'attenzione su quanto sta accadendo alle donne in Afghanistan.

La Commissione diritti umani monitora continuamente gli avvenimenti e, purtroppo, dall'insediamento del Governo talebano, cioè dal mese di agosto, ad oggi, le condizioni di vita delle donne, nonostante tutti i falsi proclami, sono peggiorate in modo drastico: le bambine non vanno più a scuola e le donne sono costrette a una situazione di sottomissione assolutamente intollerabile.

Quello che sta accadendo nelle ultime in queste ore deve essere sotto l'attenzione di tutti, com'è stato sottolineato in questa fase anche dall'ONU.

La concomitanza di fattori orrendi quali carestia, siccità, impoverimento delle famiglie - alle donne non è più consentito neanche lavorare - sta portando la popolazione a scivolare verso una percentuale altissima di povertà (oltre il 97 per cento).

Abbiamo visto tutti nei telegiornali, nelle ultime quarantott'ore, immagini strazianti di bambini che stanno morendo di fame, perché non possono essere nutriti.

Chiedo a questo Senato l'attenzione che la questione merita e dico anche agli altri colleghi, al di là di chi siede nella Commissione diritti umani, di unirsi alla nostra staffetta.

Abbiamo da fare nelle prossime ore, il Senato è convocato a domicilio, eleggeremo il nuovo Capo dello Stato, ma il mondo va avanti, l'orrore va avanti. (Applausi).

MAUTONE (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAUTONE (M5S). Signor Presidente, colleghi, con un'inaspettata ordinanza, la n. 1 del 7 gennaio 2022, ad opera del presidente della Regione Campania De Luca, si è praticamente messo nero su bianco il materializzarsi di una situazione al tempo stesso triste e deleteria, che incide in maniera negativa sulla salute dei cittadini.

La decisione adottata dai vertici regionali comporta la sospensione temporanea di tutti i ricoveri programmati nelle strutture sanitarie pubbliche: un provvedimento che - possiamo dirlo - sta già provocando e provocherà danni incalcolabili per tutti i pazienti affetti da patologie no Covid, che - come ben sappiamo - purtroppo, non sono per nulla scomparse. Anzi, sembra quasi un eufemismo, ma la cruda realtà è questa: si è oramai alzata bandiera bianca con il blocco totale o quasi dei programmi di prevenzione, con il calo della giusta attenzione per le patologie invalidanti e progressive, la cui ritardata diagnosi e il mancato giusto approccio terapeutico comportano ripercussioni non prevedibili e spesso non recuperabili e dagli esiti estremamente negativi per tantissimi malati.

Questa decisione - secondo me del tutto inopportuna - è stata adottata per cercare di scongiurare nella realtà il collasso del servizio sanitario regionale e per camuffare anni di errori nella programmazione e nella cattiva gestione della sanità campana. E allora via solo ai ricoveri con carattere di urgenza, non differibili e non procrastinabili; per tutti gli altri restano pochissime alternative per cercare di superare il fattore tempo: lunghe liste di attesa o rivolgersi a strutture private.

A questa situazione, già di per sé difficile e drammatica, si aggiunge, ad aumentare l'incertezza e lo sconforto dei cittadini, che l'assistenza territoriale, la quale dovrebbe fare da filtro per gli ospedali per evitare il loro logico tracollo, è quasi completamente saltata. Tutto ciò accade mentre scorrono nei nostri occhi le immagini di decine di ambulanze fuori dai pronto soccorso e delle file di persone in attesa per ore per poter praticare un tampone Covid. Sembra che due anni trascorsi dall'inizio della pandemia non abbiano insegnato nulla o quasi. Come nulla o quasi si è fatto per recuperare i gap iniziali e le gravi carenze strutturali ed organizzative della nostra struttura sanitaria regionale.

Signora Presidente, ancora una volta la resilienza dipenderà, come sempre, dallo spirito di sacrificio degli operatori sanitari e dei cittadini, a cui va sempre il nostro ringraziamento. In Campania, in sanità... (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi).

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Il Senato è convocato a domicilio.

La seduta è tolta (ore 15,02).

Allegato A

RELAZIONE DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

PROPOSTE DI RISOLUZIONE NN. 1, 2 E 3

(6-00205) n. 1 (19 gennaio 2022)

Balboni, Ciriani, Rauti, Barbaro, Calandrini, de Bertoldi, De Carlo, Drago, Fazzolari, Garnero Santanchè, Iannone, La Pietra, La Russa, Maffoni, Malan, Nastri, Petrenga, Ruspandini, Totaro, Urso, Zaffini.

Respinta

Il Senato,

            udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,

        premesso che:

            l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come uno dei freni per la crescita dell'Italia, evocando piuttosto l'idea di una macchina burocratica elefantiaca e fuori controllo per plurimi motivi che rappresentano altrettanti e annosi mali del sistema giustizia italiano, mai affrontati con la chirurgica radicalità necessaria;

            l'irragionevole durata dei processi e, nella maggior parte dei casi, la caoticità e imprevedibilità dei loro esiti, particolarmente nel settore civile, costituiscono un grande disincentivo all'attività d'imprese e professionisti, come pure agli investimenti stranieri nel nostro Paese;

            i dati forniti con riguardo alle cause pendenti rimangono allarmanti e fotografano, in termini impietosi, la clamorosa inadeguatezza delle risorse e la conseguente inefficienza del sistema giustizia italiano.

            dalle statistiche fornite dal sito dello stesso Ministero della giustizia, il numero dei processi pendenti - aggiornati al primo semestre 2021 - è a dir poco impressionante, ed in ogni caso distante dagli standard europei;

            più nel dettaglio, con riferimento al settore penale, risultano pendenti al periodo di riferimento in questione 1.588.405 giudizi, molti dei quali hanno violato qualsivoglia principio relativo alla ragionevole durata del processo ed anche, nel dettaglio la cosiddetta legge Pinto; sempre nel settore penale desta preoccupazione l'andamento dei procedimenti per misure di prevenzione patrimoniale che, come è noto, prevedono delle facoltà d'intervento in via, appunto, preventiva, per scongiurare il pericolo di infiltrazioni mafiose nell'economia reale e mettere in salvo le imprese le quali però, troppo spesso, a causa dell'eccessiva durata del processo di prevenzione, laddove i tribunali dispongano il dissequestro, restituiscono agli imprenditori proposti la propria impresa ormai in avanzato stato di decozione di tal che moltissime finiscono la propria vita dinanzi ad altra sezione del tribunale, quella fallimentare.

            con riferimento al settore civile, i giudizi pendenti sono addirittura 3.106.223, con grave pregiudizio per imprese e cittadini e per la certezza e celerità dei traffici economici;

            i dati recentemente divulgati dalla Commissione europea per l'efficacia della giustizia (la "CEPEJ", istituita in seno al Consiglio d'Europa) hanno confermato la condizione catastrofica in cui versa il sistema giustizia italiano, atteso che nel contesto di 45 Paesi europei, l'Italia resta il fanalino di coda per durata dei processi civili;

            le rilevazioni - rese disponibili a fine 2020, ma relative all'anno 2018 - hanno evidenziato che una causa civile dura, mediamente, in Italia, più di sette anni e tre mesi nei suoi tre gradi di giudizio (2.655 giorni), a fronte di una durata pari a circa quattro anni e tre mesi in Grecia (1.552 giorni), tre anni e quattro mesi in Francia (1.221 giorni) e in Spagna (1.238 giorni), un anno e mezzo in Romania (530 giorni), un anno in Svezia (377 giorni), appena nove mesi e mezzo in Portogallo (285 giorni);

            la drammaticità e l'emergenza dello stato della giustizia italiana è poi ulteriormente testimoniato dallo spropositato numero di casi d'ingiusta detenzione accertata, fatalmente inferiore a quelli reali: dal 1992 al 31 dicembre 2020, 29.452 italiani sono stati sottoposti a ingiusta detenzione, circa 1015 innocenti all'anno sono sottoposti alla custodia cautelare in carcere;

            i predetti numeri si traducono, in termini di indennizzo per ingiusta detenzione da parte dello Stato, nell'esorbitante somma di 794 milioni e 771.000 euro, con una media di circa 27.500.000 di euro l'anno.

            l'ingiusta detenzione e il correlato uso spropositato e talvolta strumentale della custodia cautelare in carcere non solo rappresenta una patente e quotidiana violazione del principio della presunzione di innocenza, non solo ferisce in termini irreparabili la vita di migliaia di italiani, ma delegittima irrimediabilmente il sistema della giustizia italiana e delle garanzie costituzionali;

            quale fondamentale principio di uno stato di diritto, la libertà personale è inviolabile e può essere limitata solo nei casi e nei modi tassativamente previsti dalla legge per garantire la sicurezza sociale, in particolare andrebbe limitata solo a seguito di una sentenza passata in giudicato all'esito dei tre gradi di giudizio. Nonostante ciò sovente la misura della custodia cautelare viene applicata sulla base di mere congetture investigative, senza provate evidenze processuali. La libertà andrebbe privata solo in presenza di esigenze cautelari che derivino da condotte vere e proprie e non da un astratto concetto di pericolo. Inoltre per assicurare la tutela della sicurezza sociale si dovrebbe ricorrere al carcere preventivo sulla base dell'evidenza della prova per gravi reati;

            anche nel settore tributario si registrano centinaia di migliaia di pendenze ed anzi la giustizia tributaria fatalmente costituisce uno dei colli di imbuto in Cassazione, atteso che solo avanti alla Suprema corte imprese, partite IVA e cittadini possono finalmente trovarsi al cospetto di un giudice che dia serie garanzie di terzietà, autonomia e indipendenza;

            diversi enti e istituti, italiani e internazionali, da tempo certificano che l'inefficienza del nostro sistema giudiziario ha anche gravissime ripercussioni di natura economica, scoraggiando gli investimenti esteri;

            il rapporto 2020 della Banca mondiale colloca l'Italia al centoventiduesimo posto su 190 Paesi per la categoria "Tempo e costi delle controversie", con un PIL perduto che oscilla, secondo diverse istituzioni internazionali, fra l'1 per cento e il 2 per cento;

            secondo il rapporto Cer-Eures di Confesercenti, per citare uno studio fra tanti, lentezze ed inefficienze della giustizia costano addirittura 2,5 punti di PIL, pari a circa 40 miliardi di euro;

            sempre secondo il predetto studio, qualora allineassimo i tempi della giustizia italiana a quella tedesca, si recupererebbero 130.000 posti di lavoro in più e circa 1.000 euro all'anno di reddito pro-capite, con effetti positivi anche sull'erogazione di credito e la sicurezza percepita di imprese e famiglie;

        considerato che:

            la fotografia sopra riportata è stata indirettamente ribadita, lo scorso 4 settembre 2021, al Forum Ambrosetti, dallo stesso ministro della giustizia Marta Cartabia, che ha ricordato l'esorbitante somma di 74 milioni pagati dallo Stato italiano, negli ultimi cinque anni, per i ritardi nei processi che hanno coinvolto 95.412 cittadini in attesa di giustizia più a lungo del dovuto;

            il Ministro ha candidamente ammesso che questi milioni di euro si sarebbero potuti utilizzare per investimenti nella giustizia, anziché per pagare il disservizio;

            il Ministro, sempre nel contesto del Forum Ambrosetti, ha ricordato le perdite economiche costituite dai costi per la lentezza in termini di PIL perduto, anche per lo scoraggiamento degli investitori stranieri ad operare nel nostro Paese;

            il Ministro ha ribadito che dalla riforma della giustizia passa, dunque, il futuro delle nuove generazioni e che l'Italia è "osservato speciale" della Commissione europea in ordine ai concordati tempi per l'introduzione di risultati concreti nella cura del sistema giustizia italiano, precisando che l'obiettivo, concordato con Bruxelles, è quello di ridurre la durata del processo civile del 40 per cento e del processo penale del 25 per cento nei prossimi cinque anni;

            a fronte di tale disarmante fotografia poco, nulla e male è stato fatto per accelerare la giustizia italiana, per porre rimedi alle storture e per introdurre responsabilità in capo a chi esercita il potere giudiziario e sanzioni processuali per chi, governando i tempi del processo, ne determina allungamenti inaccettabili ed ingiustificati;   

        premesso che:

            altro endemico problema del pianeta giustizia italiano è costituito dal sovraffollamento carcerario, ormai definito "strutturale e sistemico" da parte dell'Europa, che ha determinato diverse pronunce della Cedu contro l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in riferimento alla proibizione di trattamenti inumani e degradanti;

            l'Italia è il quinto Paese dell'Unione europea con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare, con una percentuale di detenuti non definitivi, pari circa ad un terzo della popolazione carceraria complessiva, fuori da ogni parametro comparativo con tutti gli altri Paesi europei;

            alla data del 31 ottobre 2021, nelle carceri italiane si contano 54.307 detenuti (17.315 dei quali stranieri) contro una capienza regolamentare degli istituti di 50.851 posti;

            nondimeno le organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria, fortemente provata dalla pandemia e dalle strumentali ed eterodirette rivolte organizzate nel corso del primo lockdown, lamentano carenza di organico, di risorse ed investimenti;

            a ciò si aggiunga la crisi di prestigio e onorabilità sociale in cui versa la magistratura italiana non solo a seguito delle scandalose propalazioni di Palamara, che hanno costituito spesso la tragica prova e conferma di quanto da anni veniva denunciato da operatori del settore e da politici, quanto e soprattutto dalle sabbie mobili in cui si è arenata ogni seria discussione e proposta di riforma del massimo organo di autogoverno della magistratura italiana per liberarlo dalle logiche tossiche e perverse del correntismo, che premiano l'affiliazione, mortificano il merito e pongono le premesse per un uso strumentale e politico della giustizia penale italiana;

            ulteriore irrisolto nodo della giustizia italiana è costituito dalla magistratura onoraria costituita da circa 5.000 magistrati che assorbono il 50 per cento delle sentenze italiane, quasi il 90 per cento delle udienze penali monocratiche a citazione diretta, la quasi totalità delle tutele e che ad oggi si trova ancora senza alcuna prospettiva futura, senza stabilizzazione, senza equo trattamento economico, senza trattamento previdenziale ed assistenziale; la stessa istituzione dell'ufficio del processo, rischia soltanto di creare ulteriori precari e risulterà inefficace se realizzata mortificando l'apporto di chi è abilitato da anni ad operare accanto alla magistratura ordinaria;

            l'Italia è costantemente sotto procedura di infrazione da parte della Commissione europea per via della negazione di qualsivoglia diritto ad una giusta ed equa retribuzione e ad un equo trattamento previdenziale e assistenziale nei confronti dei predetti "lavoratori" del sistema giustizia;

            l'Unione europea ha infatti ribadito che la legislazione nazionale che regola l'attività dei magistrati onorari e dei giudici di pace non è conforme al diritto UE in materia di lavoro: pagati a cottimo e privati dell'accesso a qualsivoglia indennità in caso di malattia, infortunio e gravidanza, senza trattamento previdenziale e con continui rinnovi contrattuali che ne hanno cristallizzato la precarietà;

            ancora recenti fatti di cronaca hanno sollecitato una ampia e appassionata discussione in Parlamento in ordine alla appellabilità delle sentenze di assoluzione con formula piena in primo grado da parte dell'accusa, ma pare che tale tema, attinente al principio costituzionale della condanna solo in caso di superamento della soglia del ragionevole dubbio, non appare essere nell'agenda del Governo;

            la separazione delle carriere al fine di pervenire al giusto processo è oggetto di interventi referendari mentre rimane un tema sconosciuto al Parlamento e al Governo, eccezion fatta per una fugace apparizione in Aula della lodevole proposta di legge di iniziativa popolare portata avanti con tenacia dall'Unione delle camere penali italiane, purtroppo arenatasi nel dibattito parlamentare;

            altro tema che non trova traccia nell'azione del Governo è quello della rivisitazione della revisione della geografia giudiziaria operata con la riforma del 2012;

            a distanza di quasi dieci anni è possibile affermare che la riforma non ha prodotto i risultati attesi in termini di efficienza ed ha sguarnito interi territori di tribunali, procure e uffici del giudice di pace, con grave pregiudizio per la giustizia di prossimità e per la legalità e il contrasto alla criminalità;

            la riforma della geografia giudiziaria, in nuce profondamente sbagliata come l'analisi dei risultati ex post induce a considerarla, è stata varata spesso senza tenere nella debita considerazione le distanze reali, derivanti dalle condizioni orografiche dei territori e le condizioni delle infrastrutture stradali, di tal che ci si ritrova ad esempio in Sicilia con comprensori che distano solo pochi chilometri dal più vicino tribunale, ricadono nella competenza di altro foro, forse teoricamente vicino, ma realmente distante ore e ore di percorrenza su strade spesso mal tenute, costringendo cittadini, avvocati, personale amministrativo e magistrati a trascorrere ogni giorno ore e ore in movimento per raggiungere il luogo di lavoro;

            diverse Regioni, a titolo di esempio Abruzzo e Toscana, hanno approvato leggi regionali volte a farsi carico parzialmente degli oneri della giustizia per la sperata ipotesi che si inverta una riforma che ha confermato solo i danni preannunciati senza raggiungere alcuno degli obiettivi che si era prefissata;

            ulteriore indifferibile campo di riforma è quello della giurisdizione tributaria, impostato su commissioni tributarie che risultano, sotto il profilo dell'ordinamento amministrativo, incardinate sotto l'egida del Ministero dell'economia e delle finanze e, sotto il profilo della composizione degli organi giudicanti, formate da giudici onorari non professionali, spesso appartenenti ai ruoli della magistratura ordinaria, con conseguente abdicazione o rallentamento delle funzioni giudiziarie civili e penali. Tale configurazione risulta, per il primo profilo, manifestamente contrastante con i più basilari principi di indipendenza del giudice: le commissioni tributarie vengono infatti a dipendere amministrativamente dal soggetto - il MEF - che è titolare dei crediti oggetto della larga maggioranza delle controversie discusse di fronte al giudice stesso. Il MEF gioca, infatti, un ruolo attivo nella nomina dei giudici, seppure sulla base di criteri che si è cercato nel tempo di rendere meno discrezionali. È necessario ricondurre l'ordinamento delle commissioni tributarie sotto l'egida del Ministero della giustizia e introdurre nell'ordinamento la figura dei magistrati tributari professionali, scelti per concorso e destinati a sostituire progressivamente i componenti delle commissioni attualmente in carica prevedendone la incompatibilità con altre funzioni giurisdizionali;

            ulteriore tema in cui il silenzio del Governo è assordante e la divaricazione parlamentare fra le forze della maggioranza è evidente, è quello degli strumenti per contrastare la criminalità organizzata dopo l'intervento della Consulta che è intervenuta con ordinanza n. 97 del 2021. La Consulta si limita a precisare che non può più assumersi come presunzione assoluta la pericolosità sociale del detenuto per reati associativi se non collabora con la giustizia. E' necessario scongiurare il rischio che il percorso inframurario, la formale dissociazione e la partecipazione al lavoro siano gli unici indici per concedere la liberazione condizionale agli associati, con ciò disperdendo il patrimonio di istituti giuridici italiani nel contrasto frontale alla criminalità organizzata. Fratelli d'Italia ha già depositato una proposta di legge ordinaria che addossa all'istante l'onere probatorio di aver rescisso ogni legame con l'ambiente mafioso e l'assenza del pericolo di ripristino, introducendo maggiori e più penetranti poteri di controllo da parte del giudice che, come proposto da Fratelli d'Italia, deve individuarsi in un solo tribunale in composizione collegiale, competente a decidere su tutte le istanze di concessione di benefici da parte di chi si trova ristretto in regime cosiddetto di carcere duro e assegnando il potere di speciali prescrizioni per scongiurare che il mafioso, ottenuti i benefici, possa nuovamente flagellare la società;

            allo stesso modo, e sempre sul tema, è necessario intervenire con una modifica costituzionale che, mantenendo inalterata la funzione rieducativa della pena, ne preservi l'indispensabile funzione retributiva e introduca a caratteri cubitali in Costituzione che l'esecuzione delle pene debba tenere conto della pericolosità sociale del condannato e debba avvenire senza pregiudizio per la sicurezza dei cittadini.

            la funzione della pena non si risolve nella sola funzione rieducativa che ne è tratto essenziale, ma non esaustivo. Non possiamo permetterci che tale distorsione della funzione della pena possa disarticolare il percorso di frontale contrasto alla criminalità organizzata che ha fatto della contrapposizione alla normativa del carcere duro la madre di tutte le battaglie contro lo Stato;

            negli ultimi dieci anni, a partire dalla legge Gozzini del 10 ottobre 1986, n. 663 e sino ad arrivare agli innumerevoli decreti cosiddetti «svuota carceri», sono stati assunti diversi interventi deflattivi della pena che hanno condotto alla previsione di sempre maggiori benefici in favore dei detenuti e misure alternative alla detenzione in carcere senza peraltro perseguire concretamente nessuna politica rieducativa, frantumando la certezza della pena e così violando il patto sociale tra Stato e cittadini in base al quale si rinuncia alla difesa o alla vendetta individuale in cambio della protezione e della giustizia garantite dallo Stato. La pena deve volgere non solo alla rieducazione del condannato, che dovrebbe altresì avvenire sul presupposto di una concreta collaborazione da parte del medesimo, ma deve altresì essere certa nella sua applicazione ed esecuzione al fine di fungere da deterrente per la commissione di ulteriori reati e garantire effettiva tutela alle vittime. Per tale ragione andrebbero attuati interventi volti ad equilibrare tra loro la funzione rieducativa e quella punitiva prevedendo un'interpretazione autentica dell'articolo 27 della Costituzione. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che al centro dell'ordinamento penale ci dovrebbe essere sempre la tutela delle vittime e il contrasto al crimine;

            conclusivo tema è quello della spaventosa carenza di organico sia per quanto riguarda i magistrati che per quanto concerne il personale amministrativo, carenza che non può essere supplita né dalla sola digitalizzazione, né da interventi spot sull'organico e ancor meno con l'introduzione dell'ufficio del processo di nuovi 16.000 precari a vita del sistema giudiziario italiano, rinnovabili di 36 mesi in 36 mesi;

            è necessario un nuovo piano di assunzioni sia per quanto riguarda l'organico dei magistrati che per quanto concerne l'organico amministrativo. Per i nuovi concorsi prevedere una corsia preferenziale riguardante gli attuali giudici onorari, nella prospettiva del progressivo assorbimento di tale figura, oggi non priva di incertezze, nella magistratura ordinaria, significherebbe sanare una ferita e garantire per davvero la velocizzazione della giustizia penale e civile italiana. Si può alternativamente scegliere fra un concorso per titoli loro dedicato per accedere alla magistratura ordinaria ovvero la loro stabilizzazione nelle attuali funzioni e competenze secondo lo schema già collaudato per i magistrati onorari pretorili di cui alla legge n. 217 del 1974: quel che è ineludibile è lo stanziamento di risorse coerenti con le tutele lavorative esplicitate dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;

            ancora, occorre dar seguito alle denunce dell'avvocatura istituzionale ed associativa nel corso degli anni, relativamente al fatto che l'istituto del patrocinio a spese dello Stato non è adeguatamente valorizzato dalla previsione di fondi adeguati nel relativo capitolo 1360 del bilancio statale, di tal che i cittadini che sono nelle condizioni di avvalersene, vengono difesi da avvocati i cui onorari vengono corrisposti in misura spesso non dignitosa per il patrocinio svolto e sempre in grande ritardo rispetto alla conclusione della prestazione professionale;

        considerato, altresì, che:

            i temi che affliggono la giustizia italiana effettivamente meriterebbero interventi contraddistinti, per citare il Ministro della giustizia, da "realismo, coraggio e coralità", qualità che, però, non si rintracciano nella disarmonica azione di Governo per via di una maggioranza dilaniata al suo interno fra giustizialisti e garantisti;

            la strisciante guerra civile italiana fra giustizialisti e garantisti, molto spesso per di più a corrente alternata, oggi si esprime nel seno del Consiglio dei ministri compromettendone fatalmente ed irreparabilmente l'azione;

            la giustizia appare sempre meno il terreno delle riforme e sempre più la palude delle mediazioni e dei compromessi al ribasso per tenere unita una coalizione frammentata al suo interno e dilaniata da opposte ed irriducibili visioni sul punto;

            esemplare e paradigmatica sotto questo profilo appare la riforma del processo penale che, sul punto cruciale della prescrizione, non ripristina alcuna garanzia a favore dei cittadini che rimangono potenziali indagati ed imputati a vita e, anzi, introduce un unicum nel panorama della giustizia europea, realizzando una sorta di Frankestein giuridico che miscela eterna prescrizione sostanziale in primo grado con la prescrizione processuale in appello;

            da tale riforma è lecito attendersi, lungi dalle proclamate ambizioni, una dilatazione del processo in primo grado e un incentivo a proporre appello con nuovo imbuto processuale in secondo grado;

            realismo, coraggio e coralità avrebbero imposto il ripristino della prescrizione sostanziale, anche variamente gradata sulla gravità e tipologia del reato o sulla pericolosità sociale accertata del reo, al fine di scongiurare quell'universo concentrazionario di indagati e imputati a vita improvvidamente introdotto nel corso di questa legislatura;

            decisamente sconfortante anche l'approccio al sovraffollamento carcerario del Governo, con l'introduzione o l'allargamento del perimetro di istituti volti esclusivamente alla "fuga dal processo" o alla "fuga dalla pena", come i riti alternativi e le misure alternative alla detenzione, con ulteriore erosione della certezza della pena e con pregiudizio della sicurezza del cittadino;

            fatta salva la funzione rieducativa della pena, è bene precisare che il sovraffollamento carcerario è tutt'altro problema che si affronta con tutt'altre soluzioni: un nuovo piano di edilizia carceraria e trattati bilaterali che consentano l'esecuzione delle sentenze penali italiane nel Paese di origine dei detenuti stranieri che rappresentano quasi il 30 per cento della popolazione carceraria italiana, con un costo medio giornaliero per detenuto di 137 euro;

            altro intervento necessario ed indifferibile per affrontare alla radice il tema del sovraffollamento carcerario ed introdurre un tema di civiltà giuridica è quello del ricorso abnorme, scorretto e a volte strumentale alla custodia cautelare in carcere;

            lo strumento della custodia cautelare in carcere, purtroppo, ha subito negli anni una radicale trasformazione: da istituto con funzione prettamente cautelare, ancorché nell'ottica di un'esigenza di prevenzione dei reati e di tutela da forme di pericolosità sociale, è diventata troppo spesso una vera e propria misura anticipatrice della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza, quando non strumento volto a sollecitare confessioni più o meno genuine;

            la proposta referendaria non convince nella parte in cui disarma le procure d'Italia nella lotta alla criminalità comune, ma Governo e Parlamento non possono farsi scavalcare ancora una volta dallo strumento referendario e si deve aprire una seria, approfondita e articolata discussione sullo smodato uso della carcerazione preventiva e sulla necessità di un intervento radicalmente riformatore, volto a delineare maggiormente le reali esigenze cautelari quale presupposto per la loro applicazione e il loro carattere di extrema ratio ed assoluta indispensabilità, sebbene senza deprivare la magistratura di un importante strumento per contrastare la criminalità in tutte le sue forme;

            l'utilizzo della custodia cautelare in carcere, e, quindi, della limitazione preventiva della libertà personale, deve infatti essere circoscritto alle sole ipotesi in cui questa esigenza è davvero indispensabile per garantire la sicurezza della collettività, per salvaguardare il valore delle indagini e soprattutto per assicurare quel contemperamento, che più volte è stato evocato, ma non sempre con misura e con fondatezza, tra tutela della libertà personale ed esigenze di protezione della sicurezza collettiva delle nostre comunità e dei nostri territori;

            allo stesso modo sono necessari ed indifferibili interventi radicali, chirurgici, strutturali e profondi volti a razionalizzare il numero, la durata e gli esiti dei processi civili e penali: a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti e per garantire l'effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese, nel contesto di un processo di ragionevole e certa durata, di effettiva terzietà e innervato dal principio di non colpevolezza;

            un efficiente sistema giudiziario può e deve essere modernamente coniugato con la garanzia della legalità, la certezza delle pena, la presunzione di innocenza, questioni interconnesse e di grande rilevanza sociale, non più rinviabili e che vanno assicurate con interventi strutturali;

            anche in questo campo, la politica del Governo appare timida, claudicante, a tratti contraddittoria;

            la riforma del processo civile non è stata all'altezza delle aspettative introducendo più ostacoli nell'accesso alla giustizia da parte del cittadino piuttosto che sanzioni vere e cogenti a carico degli operatori giudiziari per l'inaccettabile e costosissima dilatazione dei tempi processuali, con frustrazione delle attese del mondo dell'avvocatura e di imprese e cittadini in genere che si rivolgono alla giustizia italiana;

            in merito alla riforma della geografia giudiziaria, prevista dalla legge n. 148 del 2011 ed attuata dai decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, oggetto di un lungo dibattito, tuttora in corso, sono ampiamente noti i disagi arrecati ai cittadini per la perdita del giudice di prossimità: con la riforma sono stati chiusi circa 1.000 uffici di piccole dimensioni (31 tribunali minori, 37 procure, 220 sezioni distaccate e 667 uffici del giudice di pace poi recuperati a carico dei comuni), al fine, dichiarato, di rendere i tribunali più efficienti e di ottimizzarne le risorse. Le cancellerie della volontaria giurisdizione hanno un'affluenza altissima di pubblico (attesa la competenza in materia di amministrazione di sostegno, tutele e curatele molte volte gestite da familiari che non hanno accesso a depositi telematici) tale da dover fare ore ed ore d'attesa per avere informazioni o copia conforme del provvedimento. Questi sono problemi reali che il Ministro non può pensare di risolvere con il solo, seppur importante, ausilio della digitalizzazione del processo civile e penale.

            la decisione di riduzione del numero dei tribunali ha omesso di considerare alcune «specificità territoriali» quali: la conformazione geografica e la situazione dei collegamenti infrastrutturali fra territori; la diversa dimensione della «domanda di giustizia» espressa dal territorio, sia sul versante civile (tasso di litigiosità) che sul versante penale (tasso di criminosità);

            sarebbe inoltre auspicabile una complessiva e definitiva riflessione in merito al riconoscimento della diversità delle funzioni giudiziarie e alla conseguente separazione in senso proprio delle carriere dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero, dotati entrambi di un organo di autogoverno che ne garantisca l'indipendenza e l'autonomia;

            la legge costituzionale n. 2 del 1999 ha introdotto il giusto processo, anche in attuazione delle convenzioni internazionali, rendendo così indifferibile la separazione tra l'ordine dei giudici e l'ufficio del pubblico ministero, anche al fine di realizzare un'effettiva terzietà dell'organo giudicante, la sua equidistanza dalle parti e la parità sul piano processuale offrendo al cittadino un processo effettivamente giusto;

            nella logica della realizzazione a tutto tondo del principio del giusto processo e della parità fra accusa e difesa, appare necessario valutare la costituzionalizzazione della figura dell'avvocato, e, in ogni caso, assicurare in modo pieno ed efficace la realizzazione dell'equo compenso a favore dei professionisti, che partecipano all'esercizio di una funzione materialmente costituzionale;

            altro tema che non trova il doveroso impulso è quello della riforma del Consiglio superiore della magistratura: è intervento urgente, indifferibile ed essenziale per la stessa magistratura italiana al fine di recuperare il prestigio necessario;

            l'intervento deve andare nella direzione di eradicare il correntismo che ha mortificato il merito all'interno della magistratura italiana, favorendone una politicizzazione drammatica;

            la paventata proposta del Governo di introdurre un sistema elettorale con preferenze multiple di valore decrescente sembra, per eterogenesi dei fini, non costituire la medicina alle degenerazioni a cui abbiamo assistito, ma la sublimazione del modello del correntismo: è necessario introdurre, a monte o a valle del processo elettorale e pur garantendo il necessario processo elettorale, il sistema del sorteggio;

            ugualmente non è più differibile un intervento volto a contenere i rapporti opachi e gli intrecci pericolosi fra magistratura e politica, impedendo il cosiddetto fenomeno delle "porte girevoli" fra i due campi e che concerna anche i magistrati distaccati presso i Ministeri,

        impegna il Governo:

            a mettere in atto ogni iniziativa di competenza tesa ad un intervento globale e coerente che abbia i seguenti punti, quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà:

                a) la reintroduzione della normativa relativa prescrizione prima dell'intervento abrogativo della presente legislatura in uno con l'abrogazione della cosiddetta prescrizione processuale in secondo grado;

                b) una riforma del sistema di elezione del Consiglio superiore della magistratura che preveda il sorteggio, a valle o a monte del processo elettivo, al fine di eradicare il correntismo con tutti i gravissimi risvolti noti e una riforma che preveda la separazione delle carriere fra magistratura requirente e giudicante, con impossibilità di passaggio di funzioni e la creazione di due organi distinti di autogoverno a garanzia della autonomia e della indipendenza dei magistrati al fine di rendere effettiva la terzietà del giudicante, la parità processuale fra accusa e difesa e, quindi, attuare il giusto processo;

                c) una riforma volta a impedire il cosiddetto fenomeno delle "porte girevoli" con una più puntuale e stringente disciplina della candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali;

                d) l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione assicurando l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati, in particolare attraverso un'azione complessiva di informatizzazione;

                e) una riforma della magistratura tributaria volta a garantirne terzietà, indipendenza e autonomia dal MEF e del processo tributario introducendo una corretta ripartizione dell'onere probatorio fra amministrazione dello Stato e imprese e cittadini;

                f) la revisione delle norme in materia di appello e ricorso per Cassazione avverso le sentenze di proscioglimento, con gli obiettivi della deflazione dei processi, della velocizzazione del processo penale e della protezione degli innocenti rispetto al rischio di eventuali accanimenti persecutori dello Stato, proponendo un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei rimedi impugnatori a disposizione delle parti ed escludendo la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento rese con le formule ampiamente liberatorie (il fatto non sussiste; l'imputato non lo ha commesso; il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione) ai sensi dell'articolo 530, 1° comma, dei codice di rito: ciò in quanto appare ragionevole, anche alla luce della presunzione di non colpevolezza, escludere un secondo grado di giudizio di merito, defatigante e in un certo senso persecutorio, per l'imputato che sia riuscito a discolparsi completamente in primo grado, al di là di ogni ragionevole dubbio;

                g) la realizzazione di interventi definitivi finalizzati al superamento delle carenze drammatiche di magistrati e di personale amministrativo e all'effettiva riqualificazione del personale;

                h) la necessaria semplificazione normativa e burocratica della legislazione primaria e regolamentare che incide sul sistema giustizia, che aumenta il livello di litigiosità e contribuisce ad allungare i tempi dei processi;

                i) la definitiva implementazione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, già avviata con parziale successo, in ragione di una loro maggiore efficienza e produttività; la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati;

                j) l'implementazione di un monitoraggio efficace ed incisivo in merito all'applicazione delle norme in materia di custodia cautelare e volta alla piena realizzazione del principio per cui, in linea con quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, la presunzione di innocenza deve prevalere su ogni altra pur legittima considerazione, così da prevedere il ricorso alla custodia cautelare in carcere solo come extrema ratio, ridisegnando, in termini più stringenti ed ossequiosi del dettato costituzionale, i presupposti per l'applicazione della custodia cautelare in carcere;

                k) l'attuazione di un programma credibile e immediato, adeguatamente finanziato, per la realizzazione di un nuovo piano carceri, attraverso l'implementazione delle strutture esistenti e l'edificazione dei nuovi istituti, nonché per provvedere alla copertura dei ruoli vacanti della polizia penitenziaria, al fine di garantire ad essi di poter operare in condizioni di sicurezza, prevedendo un incremento significativo del numero di agenti in servizio, anche al fine di garantire ad essi condizioni lavorative adeguate e sicure;

                l) la realizzazione di interventi specifici e strutturali volti ad offrire soluzioni alle molteplici problematiche dell'edilizia giudiziaria, senza discriminazioni territoriali, come condizione essenziale per una gestione efficiente degli uffici giudiziari e a garanzia del diritto di agire e resistere in giudizio;

                m) la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, di cui ai decreti legislativi del 7 settembre 2012 n. 155 e n. 156, che di fatto, sopprimendo circa 1.000 uffici giudiziari, tra tribunali, procure, sezioni distaccate e sedi del giudice di pace, ha reso più difficile l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini, rallentato i tempi delle cause, diminuito i presidi di legalità sul territorio, «punti di riferimento» per l'erogazione dei servizi di giustizia e penalizzato quelle sedi che invece assicuravano una giustizia in tempi ragionevoli; urge pertanto intervenire attraverso una immediata correzione della riforma salvaguardando e preservando le sedi giudiziarie efficienti che garantiscono funzionalità al sistema giustizia in ottemperanza alle esigenze territoriali

                n) la celere rivisitazione della geografia giudiziaria definita nel 2012 e, al fine di tenere conto di quanto emerge dal confronto con le esigenze dei territori, sottoscrivere le convenzioni con le Regioni e gli enti locali proponenti o assumere ulteriori iniziative;

                o) la piena attuazione della normativa europea con riferimento al tema della tutela delle vittime di reato, se del caso prevedendo anche una disciplina risarcitoria da parte dello Stato laddove l'autore del reato sia tornato a delinquere perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza o alternativi alla detenzione, nonché ad assumere iniziative per modificare la disciplina relativa al pagamento delle spese giudiziarie, nel senso che esse non possano più gravare sulle vittime o sulle loro famiglie;

                p) la predisposizione di iniziative di riforma costituzionale che garantiscano la piena realizzazione del principio del giusto processo, con particolare riferimento alla distinzione tra il ruolo dell'organo giudicante e dell'organo requirente, all'esercizio dell'azione penale secondo regole ben definite, alla ragionevole durata del processo penale;

                q) l'approvazione di una riforma organica della magistratura onoraria, tenuto conto del ruolo importante che già oggi svolge nell'amministrare la giustizia, e quello ancor più rilevante che potrebbe assumere, al fine di darle una piena ed esaustiva collocazione ordinamentale, con stabilizzazione, equo trattamento economico, previdenziale e assistenziale, nel solco delle pronunce della giustizia che ne riconoscono la figura di "lavoratore";

                r) la codificazione di un sistema di controlli in grado di verificare - nel rispetto dei principi di autonomia ed indipendenza - la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai protagonismi dei singoli, nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale, predisponendo, in linea con quanto richiesto anche in sede comunitaria, un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che sappia garantire la credibilità dell'ordine giudiziario;

                s) l'introduzione di un meccanismo per cui l'ordinanza che accoglie l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione sia comunicata, ai fini dell'avvio del procedimento di responsabilità, ai titolari dell'azione disciplinare; si tratta di un meccanismo necessario, in particolare alla luce del costante aumento dei rimborsi dovuti dallo Stato per ingiusta detenzione;

                t) l'adozione di ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, per scongiurare fenomeni di eccessiva "mediatizzazione" della giustizia da parte di tutti i soggetti interessati e degli organi dell'informazione, evitando che la legittima attività di comunicazione e cronaca trasmodi in forme di indebita pressione o condizionamento (tramite titoli necessariamente spettacolari, conferenze stampa senza contraddittorio, divulgazioni di ricostruzioni parziali o decontestualizzate) sulle garanzie delle persone sottoposte al procedimento o sull'accertamento delle responsabilità;

                u) il potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione, intervenendo tempestivamente per scongiurare il rischio della dispersione del patrimonio giuridico e degli istituti giuridici speciali nel contrasto alla criminalità organizzata che prevedono il cosiddetto "carcere duro", prevedendo di addossare all'istante l'onere probatorio di aver rescisso ogni legame con l'ambiente mafioso e l'assenza del pericolo di ripristino, introducendo maggiori e più penetranti poteri di controllo da parte del giudice e assegnando il potere di speciali prescrizioni per scongiurare che il mafioso, ottenuti i benefici, possa nuovamente flagellare la società;

                v) l'elaborazione di misure efficaci ed incisive di contrasto al terrorismo internazionale, sia mediante iniziative volte a definire opportune disposizioni di legge, sia mediante la creazione di strutture specializzate che dovranno operare in stretta connessione con le analoghe istituzioni europee ed internazionali, sia per il tramite di una normativa che monitori finanziamenti da Stati esteri alla edificazione delle moschee o alla rete degli imam, sul modello della legislazione francese;

                w) l'adozione di iniziative per la sicurezza dei cittadini, volte rendere più rigido il trattamento sanzionatorio dei reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope, attraverso l'implementazione di specifiche azioni normative già in discussione presso la Commissione giustizia;

                x) il contrasto ad ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali;

                y) l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa quasi il 30 per cento dei detenuti è di origine straniera;

                z) la costituzionalizzazione della figura dell'avvocato e l'effettiva garanzia dell'equo compenso;

                aa) garantire l'effettivo esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito anche alle fasce meno abbienti della popolazione, rendendo l'istituto del patrocinio a spese dello Stato pienamente dignitoso anche per gli avvocati che decidono di effettuarlo mediante adeguato stanziamento di fondi nel relativo capitolo di bilancio dello Stato e potenziamento del portale Siamm onde garantire immediata ed effettiva liquidazione dei compensi per la prestazione professionale svolta;

                bb) la previsione di protocolli e iniziative finalizzate all'inserimento dei soggetti detenuti in esperienze lavorative in grado di formarli e prepararli ad un mestiere che possa sottrarli ai tentacoli della criminalità o, comunque, alla tentazione di cedere al malaffare, così sublimando la funzione rieducativa della pena detentiva finalizzata ad azzerare i casi di recidiva ed avviare su percorsi di legalità i detenuti una volta liberi per espiazione pena;

                cc) porre un freno al distacco dei magistrati presso i ministeri, in particolare al Ministero della giustizia, e presso altre pubbliche amministrazioni, prevedendo che - salvo casi eccezionali - gli stessi debbano essere destinati esclusivamente all'esercizio della funzione giurisdizionale.

(6-00206) n. 2 (19 gennaio 2022)

Lannutti, Giannuzzi, Lezzi, Moronese, Angrisani, Abate, Mininno, La Mura, Corrado, Dessì, Morra.

Respinta

Il Senato,

        premesso che:

            tra gli obiettivi dell'Agenda 2030 "per uno sviluppo sostenibile per contribuire allo sviluppo globale, promuovere il benessere umano e proteggere l'ambiente" è previsto l'obiettivo numero 16 - Pace, giustizia e istituzione stabile (GOALS 16 - peace justice and strong institution);

            nel diritto fondamentale europeo è garantito che "Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito; ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare";

            nell'ultima relazione della commissione europea CEPE, il sistema organizzativo della giustizia italiana risulta essere molto lento in termini di tempi processuali, rispetto ad altri Stati membri;

            una priorità del semestre europeo continua ad essere il miglioramento dell'efficienza, della qualità e dell'indipendenza dei sistemi giudiziari nazionali. Nella relazione 2021, all'Italia la Commissione europea suggerisce "le misure di sostegno agli investimenti nazionali a favore della digitalizzazione degli uffici giudiziari, tra cui una procedura completamente digitalizzata per i procedimenti sia civili sia penali, lo sviluppo di sistemi avanzati per la raccolta digitale di informazioni e dati procedurali, nonché il rafforzamento dello sviluppo di capacità dell'amministrazione della giustizia". Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell'Italia {COM(2021) 344 final};

            per risolvere le varie criticità del sistema giudiziario in Italia, la grande occasione è rappresentata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, grazie a una serie di riforme del ramo civile, penale e del diritto amministrativo, mirate all'eliminazione di quei blocchi che rallentano l'adempimento dei procedimenti, attraverso l'istituzione di un Ufficio del processo (introdotto in via sperimentale dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90) per aiutare il giudice, con una digitalizzazione completa dell'attività e l'assunzione di personale tecnico, che dovrebbe contribuire a smaltire i casi arretrati;

            in Italia esiste un enorme divario territoriale tra i tribunali del Nord e quelli del Sud, con i secondi che potrebbero avere tempi di definizione più lunghi in quanto, a parità di carico di lavoro, dispongono di minori risorse (umane e finanziarie) rispetto ad altri uffici del Nord;

            i procedimenti civili pendenti in primo grado, come certifica l'Istat nell'annuario 2021, sono quasi 3,4 milioni nel 2019, tra giudice di pace, tribunali e corte di appello;

            il Ministero della giustizia certifica che i procedimenti civili pendenti dinanzi a tutti gli uffici giudiziari italiani sono aumentati in Cassazione di quasi 20.000 pratiche, mentre si sono dimezzati nei tribunali e in Corte d'appello;

            dall'Annuario della Corte di cassazione emerge che solo per la Corte suprema di cassazione i procedimenti civili risultano 32.000 nel 2020, mentre sono 29.000 i procedimenti definiti con la pubblicazione del provvedimento o eliminati, mentre ne restano pendenti a fine anno ancora120.000, cifra aumentata del 2,9 per cento rispetto al 31 dicembre 2019 (+3.440 pendenti); in pratica si stima che ci sono in Italia 120.000 utenti che aspettano da otto anni un giudizio definitivo in sede civile, di cui 53.000 procedimenti sono nell'ambito del settore tributario, che rappresenta il 44 per cento del totale dei procedimenti pendenti;

            le istanze di fallimento presso i tribunali ordinari sono state più di 30.000 nel 2019, e a fine anno erano ancora pendenti più di 9.000, mentre a fine anno erano ancora da smaltire 82.828 procedure fallimentari, come certificato dall'Istat nella Tavola 6.4 - Movimento dei procedimenti civili presso i tribunali ordinari per materia dell'annuario statistico 2021;

            a fine 2020, i procedimenti penali pendenti sono più di due milioni, tra procure, GIP e tribunali, nel primo grado di giudizio, mentre, sempre a fine 2020, nei tribunali con rito monocratico vi erano 633.000 procedimenti pendenti. Altro dato allarmante è il numero dei procedimenti penali delle corti di appello: 269.000 in attesa di giudizio;

            entro il 2021 era prevista la digitalizzazione dei procedimenti penali di primo grado (ad esclusione dell'udienza preliminare), come pure la creazione di una banca dati gratuita, pienamente accessibile e consultabile delle decisioni civili, conformemente alla legislazione vigente;

            anche i cittadini più giovani sono vittime della lentezza del sistema giudiziario: a fine anno erano 36.000 i minorenni in attesa di un giudizio del giudice per le indagini preliminari (GIP) e del giudice dell'udienza preliminare (GUP), in un tribunale per i minorenni;

            a fine 2020, su 38.000 procedimenti penali iscritti presso la Cassazione, sono 14.000 sono risultati definiti o eliminati, mentre ben 24.000 sono risultati ancora pendenti;

            dal monitoraggio penale del Ministero della giustizia (anno 2013), si stimava un numero di procedimenti definiti per giudice tra 158 e 1.369. Lo stesso monitoraggio stimava che il numero di procedimenti definiti per giudice nel settore civile (su dati 2015) variasse da 322 a 1.250, differenze analoghe riguardano anche il numero di nuove cause civili e penali per giudice, o il numero di abitanti per giudice;

            a questa lentezza del sistema giustizia si pone rimedio con un aumento consistente del personale amministrativo. Ma non è sufficiente;

            l'asse 2 della componente M1C1 del PNRR contempla "misure volte a rendere il sistema giudiziario più efficiente riducendo la durata dei procedimenti e avvicinando l'Italia alla media dell'UE";

            con il PNRR si interviene soltanto con l'assunzione di personale dipendente a tempo determinato, si intende infatti agire a breve termine sui fattori organizzativi, in modo che le riforme in fase di sviluppo producano risultati più rapidamente, massimizzando le sinergie e realizzando un cambiamento epocale, grazie alle risorse straordinarie previste dal Piano;

            una maggiore produttività nella giustizia si può ottenere attraverso un sistema di monitoraggio e con incentivi per il raggiungimento di prestazioni standard da garantire in tutti gli uffici giudiziari;

            è necessario partire definendo il livello essenziale delle prestazioni della giustizia LEPG degli uffici giudiziari, in modo da garantire "un pari accesso alla giustizia per tutti". I tribunali sono strutture ad alta intensità di lavoro, il diverso livello di efficienza quindi risiede nella ripartizione e nell'organizzazione interna delle risorse umane utilizzate, che incidono sulla durata dei processi;

            dai lavori della commissione Vietti del 2016, è emersa la necessità di legare l'assetto territoriale degli uffici giudiziari a criteri oggettivi e omogenei che tengano conto: dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane. Sulla base di questi criteri oggettivi bisognerebbe definire e costruire i livelli essenziali delle prestazioni giudiziarie (LEPG);

            nel PNRR si prevede la riduzione dell'arretrato giudiziario dei tribunali amministrativi regionali. Si prevede una riduzione del 25 per cento del numero di cause pendenti - il dato di partenza è il 2019 (109.029) - dinanzi ai tribunali amministrativi regionali (tribunali amministrativi di primo grado). Poiché, secondo l'Istituto nazionale di statistica, il numero di cause pendenti dei tribunali amministrativi regionali nel 2019 è di 149.958 ricorsi, è necessario smaltire 40.000 procedimenti in più, rispetto a quelli contenuti nel PNRR come base di partenza;

            nel PNRR, per ridurre l'arretrato e i tempi dei procedimenti, ci si affida allo strumento organizzativo, attraverso il cosiddetto Ufficio del processo, destinando ex novo (o rafforzando, se già esistenti) risorse a supporto dei giudici, con personale reclutato a tempo determinato;

            i dati che preoccupano maggiormente sono quelli relativi ai procedimenti pendenti, mentre il rapporto tra pendenze e procedimenti esauriti e sopravvenienze assume attualmente proporzioni disarmanti;

            nel PNRR non viene affrontata la carenza del numero dei magistrati dislocati presso i tribunali e le corti. Senza giudici non si possono ridurre i tempi dei processi: sono loro che decidono la sentenza;

            nel PNRR, con il codice M1C2-16 collegato all'investimento 3 - Connessioni Internet veloci (banda ultra-larga e 5G) - si indica l'obiettivo per la realizzazione di progetti di connessione più veloce, che devono comprendere i) "Italia a 1 Giga", ii) "Italia 5G", iii) "Scuola connessa", iv) "Sanità connessa" e v) "Collegamento isole minori". La giustizia, dunque, risulta esclusa dall'investimento per la connessione a Internet veloce, con banda ultra-larga e 5G;

            nel PNRR, con il codice M1C2-18 collegato all'investimento 3 - Connessioni Internet veloci (banda ultra-larga e 5G) - si intende portare la connettività ad almeno 1 Gbps (Gigabit al secondo) a un minimo di altre 9.000 scuole e 12.279 strutture sanitarie pubbliche. Anche qui la giustizia è esclusa;

            la giustizia dovrebbe chiedere al cittadino le informazioni una sola volta, per poi integrare queste informazioni con l'aiuto dei sistemi informativi, passando dall'autocertificazione all'auto completamento, perseguendo il principio "The once-only principle";

            secondo i dati del rendiconto 2020, diffusi dal Ministero dell'economia attraverso il portale "Open Bdap" (il nuovo portale della Ragioneria dello Stato), il Ministero della giustizia ha registrato una capacità di spesa dell'88 per cento, lasciando in bilancio una fetta consistente di risorse finanziarie che potevano invece essere meglio utilizzate, con investimenti per più di un miliardo di euro;

            in particolare, la spesa impegnata dal dipartimento dell'organizzazione giudiziaria per lo "sviluppo degli strumenti di innovazione tecnologica in materia informatica e telematica per l'erogazione dei servizi di giustizia" è stata di appena il 41 per cento rispetto al suo stanziamento, definito in 291 milioni di euro;

            inoltre, con il decreto-legge semplificazioni si favorisce la semplificazione amministrativa, mettendo in comunicazione gli enti pubblici e si intende realizzare la piattaforma di interoperabilità digitale nazionale dati (POND), finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo pubblico, garantendo la condivisione dei dati, con l'obiettivo di semplificare gli adempimenti amministrativi di cittadini e imprese; la POND raccoglie e pubblica gli e-service e le relative API nel catalogo API resi disponibili dagli erogatori, registra gli accordi di interoperabilità stipulati tra erogatori e fruitori in relazione agli e-commerce pubblicati nel catalogo API al fine di facilitare l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati mediante accreditamento e identificazione con un sistema di permission, validazione e auditing di informazioni che passano per la piattaforma;

            il Governo, con la relazione del Ministero della giustizia, indica come aggredire i tempi della giustizia: "Nel perseguire l'obiettivo di una riduzione dei tempi della giustizia penale e ridurre la pressione sul sistema giudiziario, la riforma estende infatti le possibilità di estinguere il reato, o comunque di renderlo improcedibile, in caso di condotte riparatorie e, in particolare, di risarcimento del danno...." "...Introdurre rimedi giurisdizionali contro le eventuali stasi del procedimento e filtri che consentano di selezionare i processi davvero meritevoli di essere portati all'attenzione del giudice";

            da quanto emerge, dunque, non si intendono aggredire i tempi della giustizia con l'introduzione di soluzioni strutturali alle criticità riscontrate e ampiamente illustrate, ma si preferisce selezionare i processi meritevoli di essere esaminati dal giudice o, addirittura, indicare l'improcedibilità di un caso giudiziario, estinguendo di fatto il reato commesso dall'imputato, in violazione del diritto fondamentale europeo, su citato;

            con l'Allegato 1 "Operational arrangements" sono stati definiti, per ciascun obiettivo o traguardo, ulteriori specificazioni o indicatori rilevanti per misurare i progressi verso il raggiungimento dei progetti di riforme e investimenti del PNRR, inoltre i traguardi-obiettivi devono essere mantenuti anche successivamente al loro conseguimento (ex post); per i traguardi-obiettivi a lungo termine è importante effettuare delle verifiche intermedie sullo stato di avanzamento dei lavori (interim step);

            le 206 azioni di monitoraggio sono indicate nell'Allegato 2 (Annex II arrangements and timetable for monitoring fee. Ares/2021/7947180 del 22-12-2021) "Recovery and resilience facility operational arrangements between the European Commissioni and Italy":

            con l'obiettivo M1C1-36 Riforme 1.4, 1.5 e 1.6 - Riforma del processo civile e penale e riforma del quadro in materia di insolvenza, con l'entrata in vigore di tutti gli atti delegati è previsto un monitoraggio ex post ogni quarto trimestre di ciascun anno 2023, 2024, 2025, bisogna inoltre effettuare un monitoraggio continuo dell'impatto della riforma della giustizia penale e i casi di corruzione, attraverso le segnalazioni annuali dell'impatto della riforma della giustizia sui casi criminali, sui casi di corruzione, usando a supporto le statistiche fornite dell'ufficio di statistica del Ministero della giustizia, compreso in particolare il numero di procedimenti dismessi a causa della non procedibilità della norma ed esteso ai giudici;

            in pratica la Commissione europea vuole monitorare ogni fine anno quante sentenze sono state considerate improcedibili e quanti processi sono stati selezionati e ritenuti meritevoli di essere portati all'attenzione del giudice;

            con l'obiettivo M1C1-45 Riforma 1.4 - Riforma del processo civile con l'obiettivo della riduzione del 40 per cento della durata dei procedimenti civili, per ridurre i tempi di trattazione di tutti i procedimenti dei contenziosi civili e commerciali rispetto al dato di riferimento del 2019, sono escluse dal contenzioso civile e commerciale i procedimenti di giurisdizione volontaria (ivi compresa l'attività del giudice tutelare), le separazioni e i divorzi consensuali e i procedimenti speciali (ivi comprese le ingiunzioni); l'indicatore calcolato è il tempo di disposizione = (casi pendenti-casi risolti) *365, i casi pendenti sono da intendersi come casi irrisolti al 31 dicembre. Per casi risolti si intendono i casi conclusi in tale istanza entro l'anno. La riduzione è calcolata rispetto al dato del 2019; è prevista una fase intermedia di monitoraggio ogni quarto trimestre degli anni 2021, 2022, 2023, 2024 utilizzando le statistiche fornite dell'ufficio di statistica del Ministero della giustizia;

            con l'obiettivo M1C1-46 Riforma 1.5 - Riforma del processo penale con l'obiettivo della riduzione del 25 per cento della durata dei procedimenti penali, si intende ridurre i tempi di trattazione di tutti i procedimenti penali rispetto al dato di riferimento del 2019; tutti i casi sono calcolati utilizzando l'indicatore tempo di disposizione = (casi pendenti-casi risolti) *365, dove i casi pendenti sono da intendersi come casi non risolti al 31 dicembre. I casi risolti sono i casi conclusi in tale istanza entro l'anno. La riduzione è calcolata rispetto al tempo di riferimento del 2019; bisognerà fornire una relazione predisposta dalla DG statistica e analisi organizzativa del Ministero della giustizia, corredata da un documento che debitamente giustifica come l'obiettivo è stato raggiunto, comprensivo di tutti gli elementi costitutivi, e se è stato soddisfatto. Nella fase intermedia bisogna fare il monitoraggio dei risultati conseguiti nel quarto trimestre degli anni 2021, 2022, 2023, 2024 utilizzando le statistiche fornite dall'ufficio statistico del Ministero della giustizia;

            con l'obiettivo M1C1-49 Investimento 1.8: Procedure di assunzione per tribunali amministrativi per la riduzione di casi arretrati per tribunali amministrativi regionali TAR (prima istanza);

            nell'attività menzionata finora, però, non vi è traccia di come si intenda favorire la repressione della corruzione e di come raggiungere gli obiettivi indicati al nostro Paese negli anni 2019 e 2020 dalla Commissione europea nelle country specific recommendations, dove si invita l'Italia ad aumentare l'efficienza del sistema giudiziario civile, a favorire la repressione della corruzione, anche attraverso una minore durata dei procedimenti penali e a velocizzare i procedimenti di esecuzione forzata e di escussione delle garanzie. La relazione dell'anno 2020 della Commissione europea sottolinea non a caso la particolare rilevanza di questi fattori di criticità nel contesto dell'emergenza pandemica;

            nel report "La corruzione in Italia: il punto di vista delle famiglie", l'Istat ha stimato che nel 2017 il 7,9 per cento delle famiglie nel corso della vita sia stato coinvolto direttamente in eventi corruttivi, quali richieste di denaro, favori, regali o altro, in cambio di servizi o agevolazioni (2,7 per cento negli ultimi tre anni, 1,2 per cento negli ultimi 12 mesi), che ad oltre 1.700.000 cittadini (3,7 per cento della popolazione fra i 18 e gli 80 anni) sono stati offerti denaro, favori o regali, per avere il loro voto alle elezioni amministrative, politiche o europee; il voto di scambio è più frequente in caso di elezioni amministrative. In cambio del voto sono stati offerti o promessi soprattutto favori o trattamenti privilegiati (34,7 per cento dei casi), nomine o posti di lavoro (32,8 per cento) o addirittura denaro (20,6 per cento); la contropartita più frequente nella dinamica corruttiva è il denaro (60,3 per cento), seguono il commercio di favori, nomine, trattamenti privilegiati (16,1 per cento), i regali (9,2 per cento) e, in misura minore, altri favori (7,6 per cento) o una prestazione sessuale (4,6 per cento). Tra le famiglie che hanno acconsentito a pagare, l'85,2 per cento ritiene che sia stato utile per ottenere quanto desiderato; quanto al settore giustizia, sono il 2,9 per cento le famiglie che hanno avuto una richiesta di denaro, regali o favori da parte di un giudice, un pubblico ministero, un cancelliere, un avvocato, un testimone o altri; in particolare per il 2,1 per cento delle famiglie la richiesta si è esplicitata nell'ambito delle cause civili. La quasi totalità delle famiglie (95,7 per cento) non ha denunciato le richieste di corruzione; tra i motivi della non denuncia viene evidenziata soprattutto la sua inutilità (39,4 per cento dei casi) e la consuetudine della pratica per raggiungere i propri obiettivi (14 per cento); seguono il non sapere chi denunciare (12,5 per cento) e la paura delle rappresaglie e delle conseguenze, anche giuridiche, della denuncia (12,4 per cento), altri invece ribadiscono l'utilità del vantaggio avuto a seguito della transazione corruttiva (9,2 per cento);

            se consideriamo che le famiglie sono più fragili anche a seguito della pandemia, che ha di fatto aumentato le disuguaglianze, è più che mai necessario porre in essere azioni concrete di prevenzione della corruzione;

            per le imprese che lavorano con la PA, uno strumento valido di repressione della corruzione potrebbe essere rappresentato dal Fascicolo unico degli operatori di competenza dell'ANAC, che mira ad agevolare la partecipazione alle gare ed a snellire le procedure, riducendo i tempi di aggiudicazione;

            nell'agenda 2030 si sottolinea, infine, la volontà di garantire un pari accesso alla giustizia per tutti, ma il PNRR non rafforza affatto il diritto a un processo equo, si parla solo dell'obiettivo finale di una riduzione dei tempi dei procedimenti entro i prossimi cinque anni. Visto, poi, anche l'attuale numero insufficiente di giudici, se non si risolvono i problemi strutturali del sistema giudiziario non si possono ottenere risultati effettivi concreti,

        pertanto, impegna il Governo:

            a definire i livelli essenziali delle prestazioni giudiziarie (LEPG), sui quali costruire un modello ideale di ufficio giudiziario al servizio di un determinato bacino di utenza di riferimento, per superare in maniera strutturale la disomogeneità dell'attuale dislocazione territoriale dei distretti giudiziari, tenendo conto dei processi di ammodernamento, anche telematici, dei servizi giudiziari;

            a garantire a tutti gli uffici giudiziari territoriali l'accesso alla banda ultra larga, a garanzia della velocità di trasmissione del "traffico dati" previsto per i prossimi anni, garantendo la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;

            a favorire la repressione della corruzione, con un piano di azioni concrete e mirate alla prevenzione;

            a mettere in comunicazione il sistema giustizia con le sue complesse articolazioni, attraverso la piattaforma di interoperabilità digitale nazionale dati (POND);

            a garantire che il raggiungimento degli obiettivi previsti nel PNRR non siano raggiunti per effetto esclusivo dell'improcedibilità delle cause pendenti o, addirittura, per la selezione di quelle meritevoli di essere portate all'attenzione del giudice.

(6-00207) n. 3 (19 gennaio 2022)

Gaudiano, Pillon, Mirabelli, Caliendo, Cucca, Grasso, Unterberger.

Approvata

Il Senato,

            udita la Relazione del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150;

            preso atto di quanto esposto considerati gli impegni assunti dal Ministro guardasigilli,

        la approva.

 

 

Allegato B

Nota di sintesi alla Relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2021

<LINK tipo="ALL" id="RESAULA_20220119-20184615.pdf">Nota di sintesi alla Relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2021</LINK>

Testo integrale dell'intervento del Ministro della giustizia inerente alla relazione annuale sull'amministrazione della giustizia

Illustre Presidente, onorevoli deputate e deputati, senatrici e senatori, permettetemi di introdurre questa relazione sull'amministrazione della giustizia, richiamando una lettera tra le numerosissime indirizzate al Ministro della giustizia. Era l'8 marzo scorso ed ero da poco insediata: «Illustre signora Ministro, le scrivo questa lettera pubblica per chiedere il Suo conforto, affranta dalla morte sul lavoro di mio figlio Roberto» (avvenuta quattro anni prima) «e dall'impossibilità di vedere celebrato il processo in tempi ragionevoli.

Ho settantacinque anni e sono vedova. Roberto, il più piccolo dei miei figli, era il mio sostegno in tutto, aveva trentadue anni e viveva con me. (…)

Il nostro processo (…) non si riesce a celebrare, nonostante rientri in quelli cosiddetti a trattazione prioritaria (…). Il Tribunale (…) non è in grado (…) di poter far svolgere in sicurezza i processi con più parti a causa della carenza di aule attrezzate, risorse e personale e per questa ragione in un anno e mezzo, da quando è iniziato il dibattimento, a causa di continui rinvii è stato sentito solo uno dei circa venti testimoni. Con questa cadenza il processo di primo grado durerà numerosi anni (…).

Sono sicura che morirò prima di vedere la fine di questo processo (…) senza poter sapere come e da chi è stato ucciso mio figlio (…)

Le scrivo come madre, vedova e umile cittadina, per chiedere il Suo conforto e, nei limiti delle Sue possibilità e competenze, di approfondire la disastrosa realtà di quel tribunale.

Prima di morire, vorrei poter andare sulla tomba di mio figlio Roberto per dirgli che la giustizia terrena ha fatto il suo corso».

La storia di questa anziana madre è una storia paradigmatica e dà voce a tanti altri cittadini, vittime e imputati. E anche a tanti imprenditori e lavoratori.

È per ciascuno di loro che l'azione del Ministero della giustizia è stata orientata con determinazione verso un obiettivo che ho ritenuto cruciale: riportare i tempi della giustizia entro limiti di ragionevolezza. Come chiede la Costituzione; come chiedono i principi europei: il principio della ragionevole durata del processo e gli altri principi costituzionali ed europei che presidiano la corretta amministrazione della giustizia sono scritti per questo - per rispondere all'esigenza di chi, come questa anziana madre, attende dai nostri uffici giudiziari "una parola di giustizia" (P. Ricoeur).

Processi irragionevolmente lunghi rappresentano un vulnus per tutti: per gli indagati e per gli imputati, che subiscono oltre il necessario la «pena del processo» e il connesso effetto di stigmatizzazione sociale; per i condannati, che si trovano a dover eseguire una pena a distanza di tempo, quando ben possono essere - e per lo più sono - persone diverse da quelle che hanno commesso il reato; per gli innocenti, che hanno ingiustamente subito oltre misura il peso di un processo che può aver distrutto relazioni personali e professionali; e soprattutto per le vittime e per la società, che non ottengono in tempi ragionevoli un accertamento di fatti ed eventuali responsabilità, com'è doveroso in un sistema di giustizia che aspiri ad assicurare la necessaria coesione sociale.

La lettera di quell'anziana madre ci indica dove in molti casi si annidano i problemi che ostacolano il lavoro di magistrati e avvocati. Quel processo per incidente sul lavoro - drammaticamente numerosi nel nostro Paese - stentava a partire essenzialmente per una carenza di spazi adeguati e risorse umane e strumentali.

I grandi e nobili principi costituzionali ed europei hanno bisogno di solido realismo e di pragmatica concretezza per non ridursi a vuota retorica. Come sarebbe stato il maxiprocesso di Palermo, senza quell'aula bunker la cui costruzione fu favorita dall'allora guardasigilli, Mino Martinazzoli? I grandi principi hanno bisogno di organizzazione e di risorse; hanno bisogno di magistrati, hanno bisogno di uomini e donne nelle cancellerie, oltre che nelle aule d'udienza; hanno bisogno di strumenti informatici funzionanti; hanno bisogno di edifici agibili.

E questo è esattamente e principalmente lo sforzo che il Ministero della giustizia sta compiendo - in linea di continuità con l'azione del precedente Governo, che aveva predisposto un piano straordinario di assunzioni - per assicurare le necessarie risorse umane, materiali, strumentali, per permettere alle procure e ai giudici lo svolgimento della loro altissima funzione.

«Spettano al Ministero della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia», recita l'articolo 110 della Costituzione. Il compito del Ministro è quindi di servizio alla funzione del giudicare, servizio a tutti i suoi attori: procuratori, giudici, avvocati. E soprattutto è servizio ai cittadini.

L'anno della giustizia 2021 è stato guidato in larga misura dai due fattori di contesto che hanno dominato in tutto il "sistema paese": la pandemia; la pianificazione del PNRR e la sua prima attuazione. Due elementi che, da un lato, hanno posto continui imprevisti, sfide e problemi, ma, dall'altro, hanno anche offerto una serie di opportunità e di spinte al cambiamento.

Le emergenze si sono susseguite senza interruzione: e quest'ultima ondata di contagi ha acuito ulteriormente le criticità. Ma ogni giorno abbiamo cercato nuovi rimedi ai sempre nuovi problemi, abbiamo ricominciato, abbiamo incessantemente re-inventato il nostro modo di lavorare.

Mi sia consentito di cogliere questa occasione per ringraziare sentitamente magistrati, avvocati, personale amministrativo, Polizia penitenziaria e tutto il personale degli istituti penitenziari, nonché i volontari che hanno continuato a far funzionare la macchina della giustizia e dell'esecuzione penale, con spirito di adattamento e senza sottrarsi a rischi non trascurabili.

Anche per la continuità di altre fondamentali attività "ordinarie" sono serviti impegno, creatività e capacità di riorganizzazione. Era indispensabile rimettere in moto le prove di esame per l'avvocatura, i concorsi per l'accesso in magistratura (uno per 310 posti è avvenuto la scorsa estate e il bando per altri 500 nuovi magistrati è stato aperto nelle scorse settimane) e poi i concorsi per l'ingresso di altro personale: sono ripartiti la scorsa settimana gli orali per il concorso a 2242 posti di funzionari, sospeso per Covid; occorreva reinventare le modalità dei colloqui, delle visite e delle varie attività lavorative, culturali ed educative in carcere, per citare solo alcune delle emergenze recenti.

Emergenze di oggi e piani per il futuro, due distinti e congiunti livelli d'azione di questi mesi. Mentre l'emergenza sanitaria premeva, con tutte le sue imperiose criticità, abbiamo messo a punto progetti e riforme strutturali a lungo termine, connessi agli obiettivi e alle opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo da avviare il nostro sistema giustizia verso le grandi linee di modernizzazione concordate con le istituzioni europee.

Come sappiamo, abbiamo l'impegno di ridurre del 40 per cento il tempo medio di durata dei procedimenti del civile; e del 25 per cento per il penale entro un arco temporale di cinque anni. Questo è stato il punto di accordo dopo settimane di trattative con Bruxelles.

Ad oggi, possiamo senza dubbio dire di aver conseguito - e invero superato - gli obiettivi previsti per il 31 dicembre 2021, che annoveravano l'approvazione delle leggi di delega in materia di processo civile e di processo penale; gli interventi in tema di insolvenza e l'avvio del reclutamento per l'Ufficio per il Processo.

Uno sguardo d'insieme a quest'anno di intenso lavoro, ricco di impegni e traguardi lascia emergere tre chiavi di lettura.

La prima potrebbe essere definita così: dalla crisi una opportunità; ovvero dalle misure emergenziali, riforme strutturali. Un indirizzo di questa amministrazione, infatti, è stato quello di cogliere le opportunità nella situazione di crisi in cui la pandemia ci ha posti, valutando quali misure, anche tra quelle imposte dalla contingenza, potranno tradursi in modifiche strutturali.

Si pensi alle modalità di accesso alla professione di avvocato, ma anche alle nuove modalità di svolgimento delle udienze (sia civili sia penali) e, più in generale, all'accelerazione della transizione digitale nei palazzi di giustizia e negli istituti penitenziari.

È in questa prospettiva, del resto, che dev'essere colto il significato delle riforme prospettate con il PNRR anche per la giustizia. All'Italia non si chiedono interventi "tampone" destinati a esaurirsi nell'orizzonte temporale del Piano, ma uno sforzo preordinato ad un miglioramento definitivo.

Del resto, sappiamo bene che la modernizzazione e l'efficienza del sistema giudiziario incidono direttamente sulla solidità economica del Paese: tra gli studi, uno recente della Banca d'Italia stima che la riduzione della durata dei processi di circa il 15 per cento porti all'aumento di almeno mezzo punto percentuale del PIL. E inoltre, la maggiore efficienza del sistema giudiziario stimola gli investimenti interni ed esterni e indirettamente migliora le condizioni di finanziamento per famiglie e imprese. Anche questa è la posta in gioco, dunque.

Il fattore "Europa" è la seconda chiave di lettura. L'anno della giustizia è stato dominato da un orizzonte europeo. Non solo per le attività connesse al PNRR, ma anche per il rilievo di numerose altre iniziative che l'Unione europea sta promuovendo nel settore della giustizia.

Sotto questo profilo, non si può non rimarcare come l'istituzione della Procura europea - EPPO - e il suo effettivo avvio offrano un nuovo strumento fondamentale per il contrasto ai reati finanziari, alle frodi fiscali, alla corruzione e ad ogni uso illecito di finanziamenti europei, molto spesso veicolo di interessi delle mafie e della criminalità organizzata di varia natura.

Come ho già avuto occasione di osservare, la Procura europea rappresenta una innovazione lungimirante e necessaria nel momento in cui ingenti quantità di fondi europei stanno per essere messi in circolazione. "Follow the money": l'ha insegnato a tutti Giovanni Falcone, il primo a comprendere già nel lontano 1991 la necessità di proteggere gli interessi finanziari dell'Europa. E l'istituzione della procura europea, con i suoi 22 procuratori delegati in Italia, è frutto della profetica intuizione del grande magistrato italiano, il cui sacrificio continua a dare frutti a trent'anni dalla strage di Capaci, che ricorderemo a maggio, seguita a luglio da quella di via D'Amelio, in cui perse la vita Paolo Borsellino.

Sempre di matrice europea sono altri importanti interventi normativi, approvati per dare attuazione ad impegni assunti nell'ambito dell'Unione europea come: la normativa in materia di lotta al riciclaggio; quella sulla presunzione di innocenza; quella relativa all'uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario (regolamentando così la costituzione online delle società a responsabilità limitata e delle società a responsabilità limitata semplificate).

Dobbiamo invece ancora perfezionare il recepimento - ed è necessario farlo il prima possibile - della direttiva sul whistleblowing, prezioso strumento di contrasto alla corruzione, in parte già presente nel nostro sistema grazie agli interventi normativi varati nel 2012 e nel 2017.

Siamo inoltre intervenuti sulla disciplina dell'acquisizione dei tabulati telefonici a fini di indagine, in ossequio ai principi fissati dalla Corte di giustizia dell'Unione.

Tra le altre importanti iniziative prese sulla scia degli stimoli provenienti dall'Europa, ricordo anche quello sulla magistratura onoraria, che attendeva una risposta da troppo tempo: con un intervento reso possibile grazie alla disponibilità e alla sensibilità del Governo, che ha messo a disposizione le necessarie risorse, e di tutte le forze politiche in Parlamento, con la legge di bilancio siamo riusciti ad avviare una stabilizzazione per migliaia di magistrati onorari, che per anni hanno prestato il loro servizio - essenziale per il buon funzionamento degli uffici giudiziari - in una condizione di totale assenza di tutele lavorative (malattia, maternità, ferie), più volte stigmatizzata dalle istituzioni europee.

Accanto alla trasformazione dello 'straordinario' in 'strutturale' e al fattore 'Europa', c'è poi una terza chiave di lettura che viene dall'esperienza di questi mesi: la centralità del fattore organizzativo.

Come ben sapete, la giustizia è stata interessata da alcune importanti riforme normative, che questo Parlamento ha approvato superando le non irrilevanti divergenze di vedute e di sensibilità e lasciando prevalere il senso di responsabilità verso il bene comune e il primario interesse del paese.

Ciò che mi preme sottolineare però è che le riforme del processo civile e del processo penale che abbiamo approvato necessitano di poggiare saldamente su una imponente ristrutturazione dell'organizzazione del servizio giustizia, accompagnata dall'immissione di ingenti risorse umane e materiali. Organizzazione e capitale umano sono la condizione di fattibilità delle riforme. Per questo, prima di ripercorrere brevemente i principali capitoli delle riforme normative approvate nel corso di quest'anno, vorrei attirare la vostra attenzione sulla riorganizzazione del settore giustizia attualmente in corso.

L'innovazione più rilevante, il «pivot» della nuova organizzazione della giustizia, è l'ufficio per il processo, che porterà nei nostri uffici giudiziari migliaia di giovani giuristi in ausilio al lavoro dei magistrati.

Non serve che richiami in questa sede quanto questo modello di organizzazione - anzi: questa diversa concezione del lavoro giudiziario - sia diffusa nel contesto internazionale, non soltanto nell'accezione più tradizionale - consolidata soprattutto nell'esperienza nordamericana e nelle giurisdizioni supreme - dell'assistente legato al giudice da uno stretto vincolo fiduciario, ma anche in quella che, sul modello francese, guarda proprio ad una diversa struttura organizzativa diffusa su tutti i livelli della giurisdizione.

Per il sistema italiano, la diffusione generalizzata dell'ufficio del processo, dopo anni di proficua sperimentazione in molti distretti di corte d'appello, comporta un vero e proprio cambio di paradigma, perché segna il passaggio dal lavoro individuale a quello di squadra.

Più volte in questi mesi nel dibattito pubblico si è stigmatizzata una visione "efficientistica" della giustizia. Mi preme rimarcare che il lavoro di squadra, se ben organizzato e ben condotto, non solo incrementa l'efficienza della giustizia, migliorandone i tempi, ma ne favorisce la qualità. Non c'è competizione, né tanto meno contraddizione, tra efficienza e qualità della giustizia, ma reciproco sostegno nel quadro dell'ufficio per il processo.

Il primo contingente di 8.171 giuristi è già stato selezionato con i concorsi che hanno visto la partecipazione di circa 67.000 candidati e che si sono svolti lo scorso autunno - con il prezioso supporto del Dipartimento della funzione pubblica, che ringrazio sentitamente. Così, il 14 febbraio, 200 giovani giuristi entreranno in servizio in Cassazione ed il 21 febbraio altri 8.000 circa prenderanno servizio in tutti gli uffici giudiziari d'Italia. È bene notare che si tratta di un importante potenziamento delle risorse umane: accanto a circa 9.000 magistrati in servizio, si troveranno ben 8.171 giuristi-assistenti. Un aiuto potenzialmente molto rilevante.

Nelle prossime settimane seguirà un altrettanto cospicuo contingente di tecnici (5.410), che dovrà supportare l'ufficio per il processo nei suoi compiti di data entry, di rilevazione statistica e di analisi organizzativa, e altri compiti di supporto dell'azione gestionale dei vertici giudiziari e amministrativi degli uffici.

Stiamo lavorando con la Scuola superiore della magistratura e con la Scuola nazionale dell'amministrazione - che ringrazio per la collaborazione - per offrire un'adeguata formazione non solo al personale selezionato, ma anche ai vertici degli uffici giudiziari, che sono chiamati a un enorme sforzo di riprogettazione delle proprie strutture, per poter destinare proficuamente le nuove risorse umane ai bisogni specifici di ogni tribunale, corte o sezione.

La stabilizzazione dell'Ufficio per il processo prevista dalle leggi di riforma del processo penale e di quello civile, con contingenti già muniti di copertura finanziaria, garantirà nel tempo la presenza di questa nuova struttura in tutte le articolazioni degli uffici giudiziari - dalle procure ai tribunali di sorveglianza, dai tribunali per i minorenni fino alla Corte di cassazione. Questa grande innovazione andrà dunque oltre l'orizzonte del PNRR ed è destinata a cambiare il volto organizzativo dei nostri uffici giudiziari.

All'ufficio per il processo si affianca quale misura generale di rafforzamento dell'organizzazione per la giustizia, l'istituzione di un nuovo Dipartimento del Ministero della giustizia che si occuperà della transizione digitale e della statistica. Al Dipartimento saranno affidati, tra l'altro: la gestione dei processi e delle risorse connessi alle tecnologie dell'informazione, della comunicazione e dell'innovazione; la gestione della raccolta, organizzazione e analisi dei dati relativi a tutti i servizi connessi all'amministrazione della giustizia, l'implementazione delle procedure di raccolta dei dati e della relativa elaborazione statistica e il monitoraggio dell'efficienza del servizio giustizia con particolare riferimento alle nuove iscrizioni, alle pendenze e ai tempi di definizione dei procedimenti negli uffici giudiziari.

Permettetemi qui di soffermarmi un istante sulla centralità di una corretta «cultura del dato» e della sua trasparenza, anche per il buon andamento dei servizi relativi alla giustizia.

Gli obiettivi della riduzione dei tempi dei processi non si conseguiranno d'un tratto. Ne siamo tutti consapevoli. Abbiamo posto le basi e avviato un processo virtuoso, ma il suo completamento richiederà tempo. Sarà un processo graduale, che dovrà essere accompagnato da una costante rilevazione dell'andamento dei tempi di ciascun ufficio giudiziario, in modo da poter intervenire tempestivamente per rispondere con risorse più adeguate a esigenze emergenti, per rimuovere ostacoli imprevisti e per affrontare tanti problemi che, realisticamente, non mancheranno.

Per questo è indispensabile, anche nel settore della giustizia, sviluppare politiche pubbliche fondate sul dato e sulla sua trasparenza e costantemente verificate sulla base dell'esperienza statisticamente elaborata.

Partire dai dati è essenziale per scongiurare il rischio di interventi ad impronta emozionale, improvvisati e inadeguati ai bisogni e alla loro dimensione effettiva. Inoltre, misurare con regolarità e accuratezza i risultati dell'azione trasformatrice è necessario per predisporre tempestivi interventi correttivi e integrativi. In questa direzione vanno le continue sollecitazioni che arrivano dalla Commissione europea.

A questo scopo, occorre assicurare una formazione specifica dei dirigenti degli uffici e predisporre misure di incentivazione delle scelte organizzative più efficaci.

Come abbiamo imparato in questi mesi, garantire una misurazione accurata degli impatti è il presupposto imprescindibile della fiducia delle istituzioni europee nella nostra capacità di uscire dalla crisi congiunturale e colmare quei vuoti strutturali della valutazione dell'andamento della giustizia che tanto scoraggiavano gli investitori.

Inoltre, è un dovere di trasparenza verso i cittadini comunicare in maniera chiara i dati che alimentano le decisioni pubbliche e il loro impatto qualitativo e quantitativo; è un dovere verso i cittadini e un impegno di democrazia, che nel tempo rinsalda la fiducia reciproca tra istituzioni e cittadinanza (la fiducia è un bene di cui c'è immenso bisogno).

Permettetemi di condividere una piccola esperienza degli scorsi mesi: in una riunione internazionale di investitori e operatori economici interessati alle riforme della giustizia in corso in Italia, mi è stata posta la seguente domanda: «Quando potremotornare ad investire in Italia, certi che i tempi della giustizia saranno davvero comparabili a quelli degli altri Paesi?». Queste domande sono ineludibili e sono il sintomo di quanto gli osservatori internazionali siano attenti alle riforme nel nostro paese e a quella della giustizia in particolare, tanto che - tra gli altri - il quotidiano tedesco Faz (Frankfurter Allgemeine Zeitung) ha invitato gli investitori "a volgere lo sguardo verso l'Italia". A domande come queste non possiamo offrire risposte evasive, generiche o, peggio, ingannevoli. L'unica risposta credibile, che in quell'occasione mi sono sentita di dare, è questa: «Il tempo lo deciderete voi. Noi vi assicureremo di poter avere a disposizione tutti i dati e tutti gli elementi per fare le vostre valutazioni in piena trasparenza e accessibilità».

L'istituzione del nuovo Dipartimento presso il Ministero contribuirà a sviluppare questa «cultura del dato», con la possibilità di accedere direttamente alle stime di tutti i servizi connessi all'amministrazione della giustizia, anche a quelli raccolti dagli uffici giudiziari, con il dovere di renderli accessibili, nel pieno rispetto, ovviamente, delle esigenze della riservatezza delle indagini e della tutela dei dati personali.

Il monitoraggio dei tempi dei processi è particolarmente sentito nel settore penale. Per questo la legge delega di riforma prevede la costituzione, già avvenuta a dicembre, di un comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull'efficienza della giustizia penale, sulla ragionevole durata del procedimento e sulla statistica giudiziaria, con il compito di effettuare una verifica periodica del raggiungimento degli obiettivi di accelerazione e semplificazione, nel rispetto dei canoni del giusto processo.

Questo comitato di monitoraggio ha al suo interno un'unità dedicata ai reati contro la pubblica amministrazione: da parte nostra, come delle istituzioni europee, c'è una costante preoccupazione sulla piaga della corruzione, che richiede continua attenzione. Questo comitato di monitoraggio ha al suo interno un'unità dedicata ai reati contro la pubblica amministrazione: da parte nostra, come delle istituzioni europee, c'è una costante preoccupazione sulla piaga della corruzione, che richiede continua attenzione, per la sua capacità di «divorare le risorse pubbliche» e «minare il rapporto di fiducia tra Stato e cittadini», come ebbe a sottolineare il presidente della Repubblica.

L'istituzione del nuovo Dipartimento rispecchia anche l'attenzione alla digitalizzazione, che non implica soltanto la semplice dematerializzazione degli atti cartacei in tutti i procedimenti civili e penali, ma consente un nuovo sistema di organizzazione delle forme processuali e potenzia gli strumenti di conoscenza a disposizione delle procure e dei giudici. La qualità della digitalizzazione, eventualmente coadiuvata da un equilibrato supporto di strumenti di intelligenza artificiale nel rispetto dei principi della Carta etica adottata dalla CEPEJ nel 2018, condiziona già oggi e condizionerà sempre di più la qualità della risposta dei servizi della giustizia e la sua tempestività.

Menziono, tra i tanti interventi in corso, due esempi: il recentissimo avvio delnuovo applicativo "SIAMM Pinto digitale": una piattaforma per le procedure di pagamento degli indennizzi dovuti per la violazione della ragionevole durata del processo.

E poi, nel quadro della spinta alla digitalizzazione del processo penale, voglio citare un progetto per risolvere il nodo dei cosiddetti «tempi del carrello», i tempi - a volte davvero troppo lunghi - di transito del procedimento da un grado all'altro del giudizio, che in talune realtà si misurano in termini di mesi, se non di anni. E' un tempo solo sprecato, a danno di tutti. Ebbene, questo progetto, selezionato dalla Direzione generale per il sostegno alle riforme strutturali (DG Reform) della Commissione europea, punta a risolvere il problema dei «tempi di attraversamento del fascicolo» e potrà portare un grande beneficio proprio alla durata dei giudizi di appello, uno degli snodi più critici del sistema.

Per questo, il Ministero della giustizia - avvalendosi anche della preziosa collaborazione del Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale e di tutto il suo staff - svolge una costante attività di ricerca e sviluppo finalizzata all'individuazione di sempre aggiornate tecnologie e infrastrutture applicate alla giustizia. Il compito è immane, anche perché l'accelerazione verso una necessaria modernizzazione degli strumenti convive con gli interventi indifferibili per la risoluzione dei problemi informatici quotidiani, dovuti anche all'obsolescenza e alla frammentazione di quelli già in essere.

Tutto questo per iniziare a scrivere una nuova pagina per la modernizzazione della giustizia, grazie all'interazione tra riforme normative, investimenti e nuove forme di organizzazione. Una congiuntura senza precedenti, un'occasione che vogliamo cogliere in tutte le sue potenzialità.

Prima di passare a illustrare, brevemente, le riforme normative approvate nel corso dello scorso anno, permettetemi di concludere questa parte della mia esposizione dedicata agli interventi organizzativi con una notazione di metodo.

Sin dall'inizio del mio mandato ho cercato di assicurare che il Ministero della giustizia operasse in sinergia con tutti gli attori del sistema giustizia: CSM, Scuola superiore della magistratura, singoli uffici giudiziari, avvocatura, università.

La collaborazione istituzionale è un principio costituzionale e una buona regola da seguire per il regolare funzionamento di ogni ramo dell'amministrazione, ma nell'ambito dell'amministrazione della giustizia è un'esigenza imperativa, in considerazione del fatto che i principi di indipendenza e di autonomia del potere giudiziario e dei singoli magistrati accentuano la necessità di coltivare il coinvolgimento e il coordinamento fra tutti i protagonisti.

Più volte ho avuto modo di sottolineare come il raggiungimento dei target concordati con la Commissione europea per l'abbattimento dell'arretrato e la riduzione dei tempi di definizione dei procedimenti non possa prescindere da un'azione responsabile e coordinata di tutti i soggetti coinvolti. Per questo negli scorsi mesi ho iniziato a visitare personalmente gli uffici giudiziari, per conoscere, discutere e raccogliere dal territorio le indicazioni dei principali problemi e approntare soluzioni condivise, per garantire al meglio l'impostazione e l'avvio dell'ufficio per il processo e l'orientamento delle strutture rispetto agli obiettivi del PNRR.

Nella stessa prospettiva, un ruolo fondamentale è stato svolto dal Comitato paritetico nel quale si sono incontrati e s'incontrano con cadenza settimanale rappresentanti del Ministero della giustizia e del Consiglio superiore della magistratura.

Nella stessa ottica, merita una segnalazione il protocollo tra Ministero, CSM e Scuola superiore della magistratura sulla formazione dei dirigenti degli uffici giudiziari.

Una relazione virtuosa si sta sviluppando con l'università: a titolo esemplificativo ricordo, nell'ambito del Programma operativo nazionale (PON) governance e capacità istituzionale 2014-2020, il finanziamento per oltre 51 milioni di euro di sei macro progetti proposti da 57 atenei statali, dislocati in tutto il territorio nazionale, per la diffusione dell'ufficio per il processo e l'implementazione di modelli operativi innovativi negli uffici giudiziari per lo smaltimento dell'arretrato.

Mi soffermo ora, per sommi capi, sui tratti salienti delle importanti riforme normative approvate dal Parlamento negli scorsi mesi. Queste riforme si innestano, come abbiamo visto, sulle solide e concrete fondamenta della ristrutturazione straordinaria della macchina amministrativa della giustizia, in vista del primario obiettivo della riduzione dei tempi dei processi e dell'arretrato. Conosco bene quanta fatica e quanta disponibilità sono state chieste a tutte le forze politiche per trovare un terreno su cui convergere. Queste riforme sono figlie del contesto straordinario in cui sono nate: un Governo sostenuto da una maggioranza amplissima, di "unità nazionale", con sensibilità al suo interno molto distanti sulla giustizia. Sono state però sorrette dalla comune responsabilità per l'interesse del Paese e questo ha sostenuto il cammino - a tratti complesso - delle riforme, nella ricerca si un'equilibrata sintesi. E di questo ringrazio davvero tutte le forze politiche.

Un momento di centrale importanza nel percorso di riforma della giustizia è stato indubbiamente rappresentato dall'approvazione della legge di riforma del processo penale (del 27 settembre 2021 la n. 134). La legge approvata dal Parlamento intende coniugare obiettivi di efficienza maggiore del sistema con il rispetto delle fondamentali garanzie e principi costituzionali in materia penale.

L'impianto della riforma poggia su due pilastri. Da un lato, incide sulle norme del processo penale, operando sulle varie fasi - dalle indagini fino al giudizio in Cassazione - allo scopo di creare meccanismi capaci di sbloccare possibili momenti di stasi, di incentivare i riti alternativi, di far arrivare a processo solo i casi meritevoli dell'attenzione del giudice.

D'altro lato, la riforma prevede interventi sul sistema penale - dalla non punibilità per particolare tenuità del fatto, alla sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, all'estinzione delle contravvenzioni per condotte riparatorie, alla procedibilità a querela, alla pena pecuniaria e alle pene sostitutive delle pene detentive brevi - capaci di produrre significativi effetti di deflazione processuale.

Questa parte della riforma è il prodotto di una seria riflessione sul sistema sanzionatorio penale, che si orienta verso il superamento dell'idea del carcere come unica effettiva risposta al reato, per radicare, invece, l'idea diversa e costituzionalmente orientata che la "certezza della pena" non è la "certezza del carcere". È in questa prospettiva che va quindi colta la valorizzazione laddove possibile - delle pene alternative alla reclusione, che - come ormai ampiamente dimostrato - portano ad una drastica riduzione della recidiva. Ne beneficiano i singoli, ne beneficia la società.

Peraltro, la riforma della giustizia penale non si preoccupa solo dell'efficienza del sistema, ma anche della sua effettività, altrettanto importante nell'azione di prevenzione e contrasto di ogni forma di criminalità. Uno dei fattori di ineffettività del sistema è da sempre rappresentato dalla prescrizione del reato, specie quando interviene a processo in corso ed è determinata dalla lentezza del processo stesso. Come ben sapete, è stata confermata dal Parlamento la regola che, con la riforma del 2019, ha previsto il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Con la riforma del 2021, sono stati apportati alcuni correttivi a garanzia dell'imputato, introducendo, nei giudizi di impugnazione, il nuovo istituto della improcedibilità per superamento dei termini di durata massima dei giudizi. Un ponderato meccanismo che prevede proroghe dei termini, sospensione degli stessi, esclusione di alcuni reati e un regime transitorio che assicura una graduale entrata in vigore, in modo da consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi adeguatamente e di avere a disposizione tutte le risorse umane, materiali e tecnologiche di cui abbiamo parlato sopra, per arrivare all'obiettivo di portare tutti i processi a sentenza definitiva, con l'accertamento delle responsabilità e il ristoro delle vittime, ma nel rispetto di tempi ragionevoli.

Sono i dati e le statistiche che fotografano la situazione attuale - con 22 Corti d'appello che sono già nei tempi della legge Pinto o leggermente al di sopra - insieme ai forti investimenti e alla ristrutturazione organizzativa in corso a permetterci di dire che questo obiettivo è realistico.

In ogni caso, il monitoraggio statistico dell'andamento dei tempi nei singoli uffici giudiziari consentirà di intervenire tempestivamente, per assicurare le risorse e l'assistenza necessarie nei luoghi dove si ravvisassero motivi di criticità lungo il percorso. Il Ministero è al servizio degli uffici giudiziari: lo è sempre e lo è ancor di più per un rinnovamento così importante, reso possibile dall'eccezionalità di questo momento storico.

In materia di giustizia penale, tra le riforme ancora da attuare non possiamo dimenticare quella sul 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario, che so essere di prossima discussione in Commissione giustizia alla Camera: a maggio scadranno infatti i dodici mesi di tempo dati dalla Corte costituzionale al Parlamento per intervenire sulla materia, nel rispetto dei principi costituzionali e salvaguardando le specificità e le esigenze del contrasto soprattutto alla mafia e alla criminalità organizzata in generale.

Non posso concludere questa parte sulla giustizia penale senza un cenno al fatto che uno dei fili rossi che legano le trame della riforma è quello della riparazione dell'offesa e dell'attenzione alle vittime. Si spiega così il grande - e il più innovativo - capitolo della riforma, dedicato alla giustizia riparativa. La giustizia riparativa è già una realtà nel nostro Paese, e si è sviluppata in via sperimentale almeno da quando - nel 2015 - è stato istituito il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità. Si è ispirata ai principi internazionali e alle buone prassi già disponibili in altri paesi.

La legge delega n. 134 del 2021 prevede l'ingresso della giustizia riparativa in ogni stato e grado del procedimento, oltre che nella fase della esecuzione penale, e consentirà di implementare una disciplina organica, individuando modelli uniformi sul territorio nazionale, e una formazione adeguata di tutti gli operatori.

Ma sull'importanza strategica di questo capitolo tornerò in conclusione.

Anche la riforma del processo civile - ora legge delega n. 206 del 2021 - punta a fornire risposte più celeri alle esigenze quotidiane dei cittadini e delle imprese, intervenendo su un doppio binario: da un lato, valorizzando e perfezionando gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie - i cosiddetti ADR - al fine di deflazionare il carico dei tribunali favorendo soluzioni consensuali dei conflitti; dall'altro, agisce sulle procedure, con interventi mirati e circoscritti, nell'ottica della semplificazione e della riduzione dei tempi "morti".

Riduzione della domanda, razionalizzazione della risposta.

Il primo pilastro della riforma è, dunque la valorizzazione delle forme alternative di giustizia già sperimentate.

In primo luogo, la riforma mira a potenziare la formazione dei mediatori, in modo da valorizzare la loro professionalità e, dunque, la loro autorevolezza.

Inoltre, viene incentivata la mediazione demandata dal giudice che, nella pratica, è quella che ha avuto maggiori possibilità di successo.

Infine, insieme ad adeguati incentivi fiscali per il ricorso alle ADR, si prevede - con una norma che non esiterei a definire "di civiltà" - il beneficio del patrocinio a spese dello Stato anche per la mediazione e la negoziazione assistita, sì da consentire un più agevole ricorso a tali strumenti extragiudiziari anche a soggetti in precarie condizioni economiche.

Il secondo pilastro della riforma è una puntuale serie di modifiche al giudizio ordinario di cognizione, senza scalfire alcuna garanzia.

La riforma mira a realizzare una maggiore concentrazione delle attività processuali nell'ambito della prima udienza di comparizione delle parti e di trattazione della causa. Questo è stato un aspetto a lungo discusso e più volte ridisegnato, per giungere a un equilibrato contemperamento delle esigenze di efficienza del processo ed effettività dei diritti di difesa delle parti.

Il sistema attuale andava corretto in quanto svilisce la funzione della prima udienza e disincentiva l'attenta preparazione dei fascicoli sia per le parti sia per il giudice.

Sotto altro profilo, sono stati introdotti dei meccanismi di filtro, sia per il giudizio di primo grado sia per quello di appello, che consentiranno di definire immediatamente le cause che risultino fondate ovvero manifestamente infondate.

Tra le innovazioni introdotte dalla riforma sottolineo, per importanza, un istituto del tutto nuovo per l'ordinamento italiano, denominato «rinvio pregiudiziale in Cassazione» e ispirato ad esperienze di successo come quella francese o quella della Corte di giustizia dell'Unione europea.

Attraverso questo meccanismo, si offre al giudice del merito la possibilità di sospendere il giudizio per richiedere alla Corte di cassazione un chiarimento interpretativo su un punto controverso di diritto. Oggi la Cassazione interviene solo alla fine e i suoi interventi interpretativi - nomofilattici, come diciamo in gergo giuridico - possono provocare la necessità di ripetere i processi basati su un diverso orientamento, con grande dispendio di tempo e di energie. L'istituto del rinvio pregiudiziale valorizza invece il ruolo "nomofilattico" della Corte di cassazione, facilita l'uniformità dell'interpretazione giuridica e quindi la certezza del diritto, con un importante effetto deflattivo. Attivando precocemente il rinvio pregiudiziale, si previene infatti la moltiplicazione dei conflitti e con essa la formazione di contrastanti orientamenti territoriali.

All'attuale emergenza provocata dalla pandemia è legato un altro intervento normativo che si è reso indispensabile: la riforma delle norme sull'«insolvenza» delle imprese.

L'obiettivo è quello di offrire nuovi e più efficaci strumenti agli imprenditori per sanare quelle situazioni di squilibrio economico-patrimoniale che, pur rivelando l'esistenza di una crisi o di uno stato di insolvenza, appaiono reversibili.

La conservazione dell'impresa - intesa come valore produttivo e, dunque, come centro che crea non solo utili, ma anche posti di lavoro e ricchezza per il Paese - è stata l'elemento ispiratore del decreto legge 24 agosto 2021, n. 118 che ha operato su due direttrici: l'introduzione di un nuovo strumento di ausilio alle imprese in difficoltà, di tipo negoziale e stragiudiziale, e la modifica della legge fallimentare con l'anticipazione di alcune disposizioni del codice della crisi ritenute utili ad affrontare la crisi economica in atto.

Il cuore della nuova normativa dell'insolvency è la «composizione negoziata della crisi». Si tratta di un percorso volontario, attraverso il quale l'imprenditore, lontano dalle aule giudiziarie, in assoluta riservatezza, si rivolge a un esperto, terzo e imparziale.

L'esperto è una nuova figura professionale, in grado, di favorire le trattative, di aiutare l'imprenditore di ogni dimensione a superare la crisi e di assicurare la continuità dell'impresa, a beneficio di tutti: dello stesso imprenditore, dei suoi creditori, come dei lavoratori.

Sotto altro profilo, sono stati introdotti sistemi di allerta, sia interni sia esterni all'azienda, demandati a creditori pubblici qualificati, affinché l'imprenditore in crisi possa per tempo avvalersi di questo strumento.

Questo processo riformatore troverà conclusione nel corso del 2022, con l'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, opportunamente modificato attraverso il completo recepimento della direttiva UE 1023/2019 sulle ristrutturazioni.

In prospettiva occorrerà modificare il sistema dei reati fallimentari, a cui sta già lavorando una Commissione di esperti insediata presso il Ministero.

Troppi i casi di violenza sulle donne, troppi i femminicidi, troppe le violenze sui bambini, troppi i drammi che originano in ambito domestico di cui abbiamo notizia quotidianamente. "Una vera barbarie", ha giustamente detto qualcuno di voi.

Il contenzioso nell'ambito delle relazioni familiari sta crescendo e si fa sempre più complesso: cause di separazione si intrecciano a denunce di violenza domestica, specie nei confronti delle donne, o ad azioni del giudice a protezione dei minori. Troppo spesso un insufficiente coordinamento tra le autorità procedenti - tribunale per i minorenni, tribunale ordinario civile, giudice penale, giudice tutelare - rende inefficace l'intervento di tutti. E riduce la possibilità di intuire e prevenire conseguenze anche fatali. Di qui l'esigenza di intervenire con una profonda riforma delle procedure e dell'organizzazione giudiziaria, innanzitutto per incrementare le garanzie processuali dei soggetti fragili e allo stesso per tutelare l'operato dei giudici minorili, su cui troppo spesso sono ricadute le carenze complessive del sistema.

Senza entrare nei vari aspetti di questo importante capitolo della riforma, sia sufficiente qui ricordare che nella legge delega 206 del 2021è stato disegnato un rito unificato, al posto di una molteplicità di procedimenti tra loro eterogenei, spesso causa di incertezze, e sono state meglio precisate le necessarie forme di coordinamento tra autorità giudiziarie, con un'attenzione speciale per i casi sospetti di violenza domestica. L'impegno collettivo contro la violenza di genere va sviluppato in tutte le strade possibili ed è sempre e soprattutto impegno a prevenire i reati: in questo senso deve essere ricordato il disegno di legge recentemente approvato dal Consiglio dei ministri volto a rafforzare gli strumenti di prevenzione, a completamento di quelli già previsti nel Codice rosso.

Tornando al diritto di famiglia e dei minori, si aggiunga che con una delega di più ampio respiro - da attuarsi entro il 31 dicembre del 2024 - si è prevista la fondamentale innovazione dell'istituzione di un unico organo giudiziario, il «Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», articolato in Sezioni circondariali e in Sezioni distrettuali, che andrà ad accorpare tutte le competenze oggi ripartite tra tribunali ordinari (ivi compresi i giudici tutelari) e Tribunali per i minorenni, facendo tesoro della grande esperienza dei giudici minorili e valorizzandone ancor di più la specializzazione in un nuovo e più razionale contesto ordinamentale. In sintesi, si tratta di una riforma che, eliminando ripetizioni, sovrapposizioni, discrasie nell'azione delle varie autorità giudiziarie oggi competenti, riduce il contenzioso e incrementa le tutele per minorenni e famiglie, nelle sue varie accezioni.

Delega penale, delega civile, minori e diritto di famiglia, insolvenza: sul piano delle riforme tanto lavoro è stato fatto; molto altro lavoro ci attende.

Le più importanti riforme normative sono state approvate in forma di legge delega e dunque richiedono di essere attuate attraverso l'adozione dei decreti legislativi delegati, entro la fine del 2022. Questo stabiliscono gli impegni del PNRR. Tuttavia, conto di poter sottoporre alle Camere gli schemi dei decreti legislativi di attuazione, per i pareri necessari, molto prima della scadenza. Cinque gruppi per il penale e sette per il civile sono già alacremente al lavoro per la loro elaborazione e redazione.

Sappiamo bene che all'appello manca ancora un altro fondamentale e atteso capitolo: la riforma dell'ordinamento giudiziario e del CSM, che il Presidente della Repubblica e alcune forze politiche hanno ancora di recente sollecitato. Il disegno di legge delega è già incardinato alla Camera su iniziativa del precedente Governo, e - come abbiamo fatto per tutte le altre riforme - intendiamo presentare emendamenti governativi. Nel corso dell'autunno, dopo l'approvazione della delega penale e quella della delega civile, abbiamo avuto più occasioni di confronto con i responsabili giustizia delle varie forze politiche - e abbiamo avuto più interlocuzioni con ANM, CSM e avvocatura - per addivenire a proposte di emendamenti da presentare alla Camera, che sono oggi all'attenzione del Governo.

Gli emendamenti intervengono su vari aspetti del disegno di legge all'esame della Camera e riguardano, tra l'altro: il sistema elettorale, la composizione e il funzionamento del CSM; il conferimento degli incarichi direttivi, le valutazioni di professionalità, il collocamento fuori ruolo, il concorso per l'accesso in magistratura e il rapporto tra magistrato e cariche elettive.

Sono certa che nelle prossime settimane potremo progredire nella scrittura anche di questo atteso capitolo di riforma, che il PNRR ci impegna ad approvare entro il 2022. La Camera ha già calendarizzato la discussione in aula e quella scadenza dovrà essere rispettata. Per parte mia continuerò, come ho fatto nei mesi scorsi e come ben sanno tutti coloro con cui ho avuto interlocuzioni sul tema, a dare la mia massima disponibilità per accelerare il corso di questa riforma e per sollecitarne l'esame da parte dei competenti organi del Governo.

Entro il 2022 dovremo portare a termine anche la riforma della giustizia tributaria, a cui stiamo lavorando insieme al Mef.

Quanto al carcere, come ho avuto già modo di osservare, la pandemia ha fatto da detonatore di questioni irrisolte da lungo tempo. Questi anni sono stati durissimi. Le tensioni, le paure, le incertezze, l'isolamento che tutti abbiamo sperimentato erano e sono amplificati dentro le mura del carcere. Per tutti: per chi lavora in carcere e per chi in carcere sconta la sua pena.

Se vogliamo farci carico fino in fondo dei mali del carcere - in primo luogo perché non si ripetano mai più episodi di violenza, ma più ampiamente perché la pena possa davvero conseguire la sua finalità, come prevista dalla Costituzione - occorre concepire e realizzare una strategia che operi su più livelli: gli improcrastinabili investimenti sulle strutture penitenziarie, un'accelerazione delle assunzioni del personale, una più ricca offerta formativa per il personale in servizio e la diffusione dell'uso delle tecnologie, tanto per le esigenze della sicurezza, quanto per quelle del "trattamento" dei detenuti.

Il primo e più grave tra tutti i problemi continua ad essere il sovraffollamento: ad oggi su 50.832 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 54.329, con una percentuale di sovraffollamento del 114 per cento. È una condizione che esaspera i rapporti tra detenuti e rende assi più gravoso il lavoro degli operatori penitenziari, a partire da quello della polizia penitenziaria, troppo spesso vittima di aggressioni. Sovraffollamento significa maggiore difficoltà a garantire la sicurezza e significa maggiore fatica a proporre attività che consentano alla pena di favorire percorsi di recupero.

Con l'attuazione della legge delega in materia penale si svilupperanno le forme di esecuzione della pena diverse, alternative al carcere, soprattutto in riferimento alle pene detentive brevi. E questo darà sollievo anche alle troppo congestionate strutture penitenziarie. Può essere interessante sottolineare che già oggi sono più numerosi coloro che scontano la pena - in vario modo - fuori da un carcere: oltre 69.000 a fronte di circa 54.000 detenuti. Queste 69.140 persone per l'esattezza al 31 dicembre 2021 sono in carico agli uffici della esecuzione penale esterna, UEPE; aggiungendo i procedimenti tuttora pendenti, diventano oltre 93.000 i fascicoli in corso presso questi uffici, con una media di procedimenti per funzionario pari a 105 Si compone infatti di solo 1.211 unità il personale per l'esecuzione penale esterna per adulti

È evidente la necessità di potenziare questo settore e le forze politiche hanno avuto la sensibilità di sottolinearlo in un ordine del giorno, approvato a margine della legge di bilancio, impegnando il Governo ad incrementare il personale dedicato all'esecuzione penale esterna.

Naturalmente occorre fare molto anche per le strutture edilizie.

Alcune non sono degne del nostro Paese e della nostra storia. Venerdì scorso, sono stata al carcere di Sollicciano a Firenze e ho potuto vedere di persona le condizioni indecorose di questo, come di altri istituti, nonostante la manutenzione straordinaria in atto. Indecoroso e avvilente per tutti. E non a caso, sono tantissimi gli episodi di autolesionismo, mentre questo 2022 registra già drammaticamente cinque suicidi. Vivere in un ambiente degradato di sicuro non aiuta i detenuti nel delicato percorso di risocializzazione e di certo rende più gravoso il già impegnativo lavoro di chi ogni mattina varca i cancelli del carcere per svolgere il suo lavoro.

Il tema degli spazi richiede anzitutto interventi finalizzati a garantire le essenziali condizioni di decoro e igiene, ma implica anche un ripensamento dei luoghi, in modo che essi non siano solo "contenitori stipati di uomini", ma ambienti densi di proposte. Attività, cultura, e soprattutto lavoro. Solo così si assolve appieno al valore costituzionale della pena, che non può essere un tempo solo di attesa (del fine pena), ma di ricostruzione. E in questa prospettiva - mi piace ricordare - si sono mossi i lavori della Commissione sull'architettura penitenziaria che al mio arrivo al Ministero stava terminando il suo compito, con fecondi suggerimenti.

In quest'ottica, nell'ambito dei fondi complementari al PNRR, è stata prevista la realizzazione di otto nuovi padiglioni. Si tratta di ampliamenti di istituti già esistenti, che riguardano tanto i posti disponibili - le camere - quanto gli spazi trattamentali: questo è un aspetto su cui abbiamo corretto precedenti progetti. Nuove carceri, nuovi spazi, non può significare solo nuovi posti letto.

Oltre alle risorse del PNRR, per il triennio 2021-2023, abbiamo anche previsto circa 381 milioni per le indispensabili ristrutturazioni e l'ampliamento degli spazi.

Da mesi, mi sto adoperando molto - insieme al Ministro della salute e al Ministro per gli affari regionali e agli altri attori istituzionali - anche sull'urgente tema della salute mentale in carcere. È un dramma enorme, ma mi fa piacere segnalare che è in costante calo il numero dei detenuti in attesa di entrare nelle REMS: erano 98 nell'ottobre 2020, divenuti 35 nella stessa data del 2021.

Carenze di spazi, carenze di personale. Insieme al DAP, stiamo da tempo lavorando anche per invertire la tendenza alla grave diminuzione del personale che si è verificata nel corso degli anni. Siamo riusciti a far ripartire i concorsi, che si erano arrestati per le limitazioni dovute all'emergenza pandemica e che, proprio in queste settimane, si stanno perfezionando.

A breve prenderanno servizio complessivamente 1.650 allievi agenti; altri 1.479 arriveranno dal concorso bandito lo scorso ottobre e si prevede di bandirne un altro per circa 2.000 posti quest'anno. E rimando alla relazione depositata, per un quadro completo delle cifre che riguardano tutte le figure professionali.

Occorre anche investire di più nella formazione, per tutto il personale e, in particolare, per quello della Polizia penitenziaria. Sono gli stessi agenti a chiederlo, come giustamente mi ripetono in continuazione i sindacati.

La Polizia penitenziaria svolge un compito complesso e delicatissimo, ancora troppo poco conosciuto. Oltre all'esercizio della tradizionale funzione della vigilanza e della custodia, la Polizia penitenziaria è quotidianamente accanto al detenuto nel percorso rieducativo, come vuole la nostra Costituzione. Vigilare e accompagnare. Occorrono fermezza e sensibilità umana e, soprattutto, altissima professionalità per svolgere un compito tanto affascinante quanto difficile. Il lavoro in carcere non può essere lasciato all'improvvisazione o alle doti personali.

In questi mesi, ho raccolto molte testimonianze che raccontano quanto sia stata decisiva la presenza di un agente per segnare una svolta nella vita di un detenuto: basterebbe leggere la storia di un ragazzo della periferia milanese raccontata nel libro Ero un bullo, un giovane che, a partire da un passato criminale, tra carcere minorile e rieducazione in comunità, è arrivato a laurearsi e a diventare educatore in quella stessa comunità che lo aveva ospitato e accompagnato. Una pagina importante di quella storia è stata scritta dall'agente di polizia penitenziaria che lo faceva lavorare. Una storia di speranza - e, credetemi, non è l'unica! Una storia che ci dice che i nostri costituenti non erano dei sognatori.

Lo scorso 17 dicembre, la Commissione per l'innovazione del sistema penitenziario, da me istituita per proporre soluzioni che possano contribuire a migliorare la qualità della vita nell'esecuzione penale, ha concluso i suoi lavori e rassegnato molte proposte per il miglioramento concreto della "quotidianità penitenziaria", con un focus particolare sulla gestione della sicurezza, sull'impiego delle tecnologie, sulla tutela della salute, sul lavoro e sulla formazione professionale dei detenuti, e sulla formazione del personale.

Grandi potenzialità ci sono offerte dalle nuove tecnologie: video sorveglianza, bodycam, sistemi anti-droni, già esistenti in alcuni istituti, colloqui a distanza, lezioni e conferenze online, ma anche totem per segnalare esigenze dei detenuti, archiviando la famosa "domandina", simbolo di una vetusta concezione del carcere. E così anche nuove forme per le prenotazioni dei colloqui dei familiari e soprattutto telemedicina e fascicolo sanitario elettronico: grazie alla disponibilità del Ministro per la transizione tecnologica si stanno progettando molti interventi che possono anche diventare altrettante occasioni di lavoro per i detenuti.

In questi mesi, molto abbiamo lavorato anche sulla, invero poco conosciuta, dimensione internazionale e sovranazionale dell'attività del Ministero della giustizia, fondamentale per far crescere e consolidare gli standard di tutela dei diritti fondamentali e nel contempo coltivare una cooperazione giudiziaria internazionale rafforzata, indispensabile strumento contro gravi fenomeni criminali di dimensione transnazionale.

In questa cornice internazionale, vorrei richiamare la collaborazione con l'UNODC per i lavori di pubblica utilità dei detenuti in Messico e altri Paesi del centro America.

Vorrei ricordare anche gli accordi bilaterali sottoscritti con alcuni Stati - come l'Albania - per permettere ai detenuti, laddove ci siano le condizioni, di scontare la pena nel loro Paese di origine.

Mi preme qui ricordare la decisione del Governo francese di dare il via libera - dopo anni di attesa - all'iter di estradizione per sette persone condannate in via definitiva per gravissimi reati commessi negli anni di piombo, che avevano trovato rifugio Oltralpe. La Francia ha così per la prima volta accolto le richieste dell'Italia e rimosso ogni ostacolo al giusto corso della giustizia su fatti che rappresentano una ferita profonda nella storia della Repubblica. In quell'occasione, ebbi modo di rivolgere un pensiero, che oggi voglio rinnovare, a tutte le vittime degli anni di piombo e ai loro familiari "rimasti per così tanti anni in attesa di risposte".

Nel quadro degli intensi rapporti con gli Stati Uniti, si inseriscono poi i più recenti sforzi per trovare una soluzione adeguata al caso del nostro connazionale Enrico Forti, culminati con una missione a Washington nel corso della quale ho fornito all'Attorney General i chiarimenti richiesti sul rispetto da parte italiana della Convenzione di Strasburgo del 1983. Ho potuto così reiterare di persona, nella scia di quanto già fatto dal precedente Governo, la richiesta di poter trasferire il nostro concittadino in Italia per l'esecuzione della pena vicino all'anziana madre a cui ho raccontato personalmente gli sviluppi della missione.

Naturalmente ci stiamo adoperando per assicurare alle nostre autorità giudiziarie ogni supporto perché possa svolgersi il processo sul caso Regeni.

Un legame ventennale - in particolar modo con la provincia di Herat - ha portato poi anche il Ministero della giustizia ad intervenire, accanto agli altri Dicasteri competenti, nell'ambito della crisi afghana. Non potevamo e non volevamo dimenticarci soprattutto di quei magistrati e avvocati che così tanto avevano collaborato con le autorità italiane, durante la nostra presenza in Afghanistan. E ci siamo adoperati per far avere protezione internazionale a figure particolarmente a rischio, con l'avvento del nuovo regime.

Tra queste, l'ex Procuratore generale della Provincia di Herat, Mareya Bashir: una figura di primo piano nella difesa dei diritti delle donne e nella costruzione di uno Stato di diritto nella sua terra, in collaborazione con il nostro Paese. A lei il Presidente della Repubblica ha conferito la cittadinanza italiana per meriti speciali.

L'impegno del Ministero della giustizia a favore del popolo afghano continuerà con iniziative di monitoraggio del rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto e con azioni intese a rafforzare la lotta al traffico di stupefacenti, congiuntamente ai partner europei, in seno al Consiglio d'Europa e in ambito ONU.

Nel quadro delle iniziative assunte a livello sovranazionale vorrei ricordare la Conferenza del ministri della giustizia dei Paesi membri del Consiglio d'Europa su Criminalità e giustizia penale. Il ruolo della giustizia riparativa in Europa, che si è tenuta il 13 e 14 dicembre scorsi a Venezia, nella splendida cornice della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista.

La Conferenza è stata il primo evento di livello ministeriale della presidenza italiana del Consiglio d'Europa e vi hanno preso parte, insieme al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, 40 delegazioni.

Questa importante iniziativa ha portato alla approvazione di una Dichiarazione comune - la Dichiarazione di Venezia sulla giustizia riparativa - che nei giorni scorsi è stata adottata dai massimi organi del Consiglio d'Europa.

Con la Dichiarazione di Venezia, tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa si sono impegnati a sviluppare un nuovo paradigma della giustizia penale, complementare a quella tradizionale, che muove dall'esigenza di coinvolgere attivamente, in percorsi guidati da mediatori professionisti, il reo e la vittima, ma anche la comunità di riferimento, con l'obiettivo fondamentale di riparare e restaurare i legami sociali lacerati dal reato, di responsabilizzare l'autore dell'offesa, ma anche quello di porre le basi per una futura e più consapevole ripresa delle relazioni nei contesti di appartenenza.

Le ricadute sono tangibili, ben chiare e ben documentate dagli studi internazionali svolti sul campo: riduzione della recidiva, alleggerimento dei procedimenti penali, nuova centralità per la vittima lasciata troppo spesso solo sullo sfondo dei procedimenti giudiziari. E troppo spesso sola con il suo dolore.

Permettetemi di concludere con qualche osservazione proprio su questo capitolo della giustizia riparativa che di certo è il più innovativo per il nostro sistema.

La giustizia riparativa non è uno "strumento di clemenza". Né tanto meno esprime un "pensiero debole" in materia penale. Al contrario: è uno strumento molto esigente che chiede al trasgressore di assumersi tutta la sua responsabilità di fronte alla vittima e di fronte alla comunità, attraverso incontri liberamente concordati, con l'aiuto di un terzo che favorisce il riconoscimento della verità dell'accaduto.

Permettetemi di rubarvi ancora un minuto per un piccolo esempio che ha riguardato la comunità di Sarno, cittadina del salernitano, che ha vissuto un importante percorso di giustizia riparativa, che voglio citare tra i tanti già esistenti. L'incendio del bosco vicino alla cittadina aveva messo in grave pericolo gli abitanti. Rabbia e paura hanno attraversato la comunità alla scoperta che all'origine del rogo c'era un gesto sconsiderato di un loro concittadino. Uno dei gravi e numerosi incendi dolosi che ogni estate depauperano il nostro territorio e mettono in pericolo la popolazione. Il colpevole ha scontato la sua pena, ma all'uscita dal carcere come tornare in quella comunità? Un percorso di mediazione ha portato l'autore del reato e la sua famiglia prima ad incontrare l'amministrazione comunale, poi l'intera collettività. Incontri in cui gli abitanti hanno raccontato il loro vissuto, ma hanno anche ascoltato le scuse, cariche di vergogna, di chi aveva provocato quel drammatico evento. Quell'uomo ha contribuito a ricostruire il bosco distrutto e con questo gesto ha impresso un nuovo corso alla sua vita, riaccolto nella sua comunità.

Con la giustizia riparativa l'ordinamento si apre alla possibilità di un sistema giudiziario in grado di domare la rabbia della violenza e di ricostruire legami civici tra i cittadini. E più in generale, la giustizia riparativa contribuisce a coltivare una cultura della ricomposizione dei conflitti, della ricostruzione dei legami feriti, della ricerca dei punti di possibile reciproca comprensione, sulla scorta di esperienze straordinarie che la storia ci ha consegnato - come quella della Commissione verità e riconciliazione di Nelson Mandela e Desmond Tutu che ha posto fine all'era dell'Apartheid in sud-Africa - e sulla scorta delle numerose feconde sperimentazioni che il nostro Paese già conosce.

Questa è la concezione della giustizia che mi sta a cuore e che ritroverete in filigrana in tutti gli interventi di riforma che qui ho in sintesi ripercorso. Una giustizia che ricuce e ripara; che non si nutre di odio, che non cede alla reazione vendicativa, ma che vive innanzitutto di ricerca di verità.

Questa è la giustizia su cui sono stata chiamata a riflettere proprio nel luogo della massima ingiustizia che la nostra storia abbia conosciuto, quel binario 21 della stazione centrale di Milano da cui partivano i treni per Auschwitz.

In una delle giornate più intense vissute da Ministro, sono stata invitata dalla senatrice a vita, Liliana Segre, e da lei accompagnata fino a quei vagoni da cui bambina partì, insieme al padre e a migliaia di altri ebrei, verso "l'ignota destinazione" del campo di concentramento. Quelle atrocità di cui oggi tutto il mondo si vergogna - e che tra qualche giorno ricorderemo nel giorno internazionale della memoria - sono state alimentate dall'indifferenza, dalle piccole e grandi discriminazioni, dai discorsi d'odio, dall'idea dell'altro come nemico.

Coltivare una idea della giustizia che sappia ricomporre i conflitti e preservare i legami personali e sociali, che sappia unire più che dividere; che tuteli i più fragili e tenda sempre all'interesse comune è quello che ho inteso perseguire in quest'anno (quasi) di servizio al Ministero della giustizia, nella convinzione che questa è la più grande urgenza del nostro tempo e che questo è lo spirito che ci trasmette la nostra Costituzione.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Accoto, Alderisi, Auddino, Barachini, Battistoni, Bellanova, Bini, Borgonzoni, Bossi Umberto, Bottici, Bruzzone, Cattaneo, Centinaio, Cerno, De Poli, Di Marzio, Donno, Endrizzi, Faggi, Fazzone, Fedeli, Ferrero, Floridia, Galliani, Ghedini, Guidolin, Lomuti, Lupo, Magorno, Mangialavori, Masini, Merlo, Messina Alfredo, Messina Assunta Carmela, Moles, Monti, Napolitano, Nisini, Petrocelli, Pianasso, Pichetto Fratin, Pisani Giuseppe, Pucciarelli, Riccardi, Rizzotti, Rojc, Romagnoli, Ronzulli, Sciascia, Segre, Sileri e Stabile.

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Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Arrigoni, Castiello e Urso, per attività del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

Sono considerati in missione, ai sensi dell'art. 108, comma 2, primo periodo, del Regolamento, i senatori: Bagnai, Bossi Simone, Botto, Campagna, Crimi, Ostellari, Perilli, Ricciardi e Romano.

Gruppi parlamentari, variazioni nella composizione

La senatrice Elvira Lucia Evangelista ha comunicato di aderire al Gruppo parlamentare Italia Viva - P.S.I.

Il Presidente del Gruppo parlamentare Italia Viva - P.S.I. ha accettato tale adesione.

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Senatori Dal Mas Franco, Caliendo Giacomo, Modena Fiammetta, Pagano Nazario, Vitali Luigi, Mallegni Massimo, Aimi Enrico

Modifiche al codice di procedura penale in materia di impugnazione delle sentenze (2499)

(presentato in data 19/01/2022).

Governo, trasmissione di atti e documenti

Il Ministro della giustizia, con lettera in data 30 dicembre 2022, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, della legge 17 maggio 1952, n. 629, il bilancio di previsione degli Archivi notarili per l'anno finanziario 2021.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 2a e alla 5a Commissione permanente (Atto n. 1060).

Il Ministro della giustizia, con lettera in data 19 gennaio 20223, ha inviato, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150, la relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2021 (Doc. IX, n. 4).

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettera in data 19 gennaio 2022, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha trasmesso la determinazione e la relativa relazione sulla gestione finanziaria della Rete Autostrade Mediterranee per la logistica, le infrastrutture ed i trasporti Società per Azioni (RAM Logistica Infrastrutture e Trasporti S.p.A.) per l'esercizio 2019.

Il predetto documento è deferito, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Doc. XV, n. 512).

Commissione europea, trasmissione di progetti di atti legislativi dell'Unione europea. Deferimento

La Commissione europea ha trasmesso, in data 17 gennaio 2022, per l'acquisizione del parere motivato previsto dal Protocollo (n. 2) sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea:

la Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2005/671/GAI del Consiglio per quanto riguarda lo scambio digitale di informazioni nei casi di terrorismo (COM(2021) 757 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto, già deferito per i profili di merito, è deferito alla 14ª Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 17 gennaio 2022;

la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla messa a disposizione sul mercato dell'Unione e all'esportazione dall'Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale e che abroga il regolamento (UE) n. 995/2010 (COM(2021) 706 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 17 gennaio 2022. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 13a Commissione permanente, con il parere delle Commissioni 9a, 10a e 14a;

la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce una piattaforma di collaborazione come ausilio al funzionamento delle squadre investigative comuni e che modifica il regolamento (UE) 2018/1726 (COM(2021) 756 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 17 gennaio 2022. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente, con il parere delle Commissioni 1a, 3a e 14a;

la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla digitalizzazione della cooperazione giudiziaria e dell'accesso alla giustizia in materia civile, commerciale e penale a livello transfrontaliero e che modifica taluni atti nel settore della cooperazione giudiziaria (COM(2021) 759 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 17 gennaio 2022. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente, con il parere delle Commissioni 3a e 14a;

la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/8/CE del Consiglio, le decisioni quadro del Consiglio 2002/465/GAI, 2002/584/GAI, 2003/577/GAI, 2005/214/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI, 2008/947/GAI, 2009/829/GAI e 2009/948/GAI e la direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda la digitalizzazione della cooperazione giudiziaria (COM(2021) 760 definitivo). Ai sensi dell'articolo 144, commi 1-bis e 6, del Regolamento, l'atto è deferito alla 14a Commissione permanente ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane previsto dall'articolo 6 del predetto Protocollo decorre dal 17 gennaio 2022. L'atto è altresì deferito, per i profili di merito, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento, alla 2a Commissione permanente, con il parere delle Commissioni 3a e 14a.

Petizioni, annunzio

Sono state presentate le seguenti petizioni deferite, ai sensi dell'articolo 140 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti, competenti per materia.

Il signor Edoardo Castangia da Genova chiede modifiche agli articoli 2, 50, 54, 65, 69, 85, 116, 131 e 135 della Costituzione (Petizione n. 1002, assegnata alla 1a Commissione permanente);

il signor Emilio De Santis da Bologna chiede disposizioni urgenti in merito alla riscossione delle imposte dovute dagli sportivi, italiani e stranieri, residenti all'estero (Petizione n. 1003, assegnata alla 6a Commissione permanente);

il signor Giulio Perona da Occhieppo Inferiore (Biella) chiede nuove disposizioni relativamente alla misura della quarantena disposta in conseguenza della positività al virus COVID-19 (Petizione n. 1004, assegnata alla 12a Commissione permanente);

il signor Vincenzo Tardino da Bologna chiede modifiche alle disposizioni della Costituzione concernenti l'elezione del Presidente della Repubblica (Petizione n. 1005, assegnata alla 1a Commissione permanente);

il signor Luciano Battaglini da Trani (Barletta-Andria-Trani) chiede l'estensione dell'ambito delle competenze dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali (Petizione n. 1006, assegnata alla 1a Commissione permanente);

il signor Giuseppe Amato da San Martino Siccomario (Pavia) chiede disposizioni di contrasto alla violenza sulle donne (Petizione n. 1007, assegnata alla 2a Commissione permanente);

il signor Francesco Di Pasquale da Cancello ed Arnone (Caserta) chiede:

l'installazione nei Comuni di centraline per la misurazione della qualità dell'aria (Petizione n. 1008, assegnata alla 13a Commissione permanente);

l'applicazione dell'aliquota IVA del 4% per l'acqua venduta in bottiglia (Petizione n. 1009, assegnata alla 6a Commissione permanente);

disposizioni volte a tutelare l'acqua come bene pubblico (Petizione n. 1010, assegnata alla 13a Commissione permanente);

disposizioni volte a garantire in ogni momento la disponibilità sul mercato dei farmaci c.d. salvavita (Petizione n. 1011, assegnata alla 12a Commissione permanente);

il rafforzamento, in termini di risorse umane e strumentazione disponibile, della categoria dei medici di medicina generale (Petizione n. 1012, assegnata alla 12a Commissione permanente);

la gratuità dei tamponi volti all'individuazione della presenza del virus COVID-19 (Petizione n. 1013, assegnata alla 12a Commissione permanente);

la non obbligatorietà della vaccinazione contro il virus COVID-19 e la possibilità per il paziente di accedere a cure alternative (Petizione n. 1014, assegnata alla 12a Commissione permanente);

interventi di monitoraggio sulla rete nazionale di distribuzione del gas naturale (Petizione n. 1015, assegnata alla 10a Commissione permanente);

interventi di potenziamento delle infrastrutture di rete nazionali (Petizione n. 1016, assegnata alla 8a Commissione permanente);

il signor Aniello Traino da Neirone (Genova) chiede:

modifiche alla normativa in materia di superbonus 110% (Petizione n. 1017, assegnata alla 5a Commissione permanente);

l'obbligatorietà dell'utilizzo delle mascherine di tipo FFP2 anche all'aperto per determinate categorie di cittadini (Petizione n. 1018, assegnata alla 12a Commissione permanente);

la signora Emilia Piediscalzi da Palermo alla luce della situazione emergenziale legata al virus COVID-19 chiede la proroga dello strumento del reddito di emergenza nonché della possibilità di accesso al Fondo di sospensione mutui per l'acquisto della prima casa (Petizione n. 1019, assegnata alla 6a Commissione permanente);

il signor Eugenio Bernardi da Sissa Trecasali (Parma) chiede disposizioni a tutela delle imprese di produzione e gestione degli apparecchi da gioco senza vincita in denaro di cui all'articolo 110, comma 7, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.) (Petizione n. 1020, assegnata alla 6a Commissione permanente);

il signor Marco Cianchini da Fonte Nuova (Roma) chiede modifiche al decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore (Petizione n. 1021, assegnata alla 1a Commissione permanente).

Interrogazioni

ZAFFINI - Al Ministro della salute. - Premesso che in data 8 maggio 2021 è scaduto il mandato dei componenti il collegio sindacale dell'Azienda unità sanitaria locale Umbria 2 e in data 10 maggio con decreto n. 20 del presidente della Giunta regionale veniva designato da parte della Regione il componente di propria spettanza in seno al nuovo costituendo collegio sindacale;

constatato come ai sensi dell'art. 3-ter, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, la durata dei collegi delle unità sanitarie locali è prevista in 3 anni e la loro composizione per un totale di 3 componenti, oltre al membro indicato dal presidente della Giunta regionale, prevede la designazione di un membro da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e di uno dal Ministero della salute;

verificato come il procedimento di nomina del collegio sindacale è regolato dall'art. 3, comma 13, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e prevede da parte del direttore generale della USL la nomina dello stesso una volta in possesso di tutte e tre le designazioni, di fatto precludendo l'istituzione e l'insediamento del nuovo collegio in assenza di una delle tre designazioni;

accertato come la disciplina legislativa, in particolare il decreto-legge n. 293 del 1994 e successive modificazioni, prevede il termine massimo di 45 giorni decorrenti dal giorno di scadenza entro il quale può essere prorogata la durata nell'esercizio delle sue funzioni al vecchio collegio scaduto e come tutti gli atti eventualmente compiuti dal collegio in prorogatio dopo tale termine sarebbero a rischio nullità;

accertato che l'impossibilità di procedere alla nomina del nuovo collegio da parte del direttore generale della USL Umbria 2 sarebbe relativa alla mancata designazione del componente da parte del Ministero della salute, malgrado nel corso dei mesi trascorsi siano state rivolte al Ministero ripetute, formali ed informali sollecitazioni alle quali non ha fatto seguito alcuna designazione,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga di formulare urgente diffida ad adempiere nei confronti dei responsabili di tale atteggiamento dilatorio all'interno del Ministero medesimo, il cui agire omissivo osta di fatto all'esercizio dei controlli previsti per legge da parte del collegio sindacale dell'AUSL Umbria 2 e impedisce sine die la legittima nomina ed insediamento del nuovo collegio.

(3-03031)

CORRADO, ANGRISANI, GRANATO, LANNUTTI, MORRA - Al Ministro della cultura. - Premesso che risulta agli interroganti che la grande villa veneta seicentesca denominata villa-palazzo Gradenigo, sita nel centro storico di Piove di Sacco (Padova), in via Garibaldi, estesa su circa 4.000 metri quadri, con retrostante giardino già all'italiana di quasi 3 ettari, nonostante l'incuria e le precarie condizioni di conservazione dell'intero complesso, rappresenti tuttora il principale bene culturale tra Padova e la laguna, potenziale elemento di valorizzazione per il Piovese, che di ville venete ne conta ben 9, e per tutta la Saccisica;

considerato che:

il declino di palazzo Gradenigo comincia fra le due guerre mondiali, con la parcellizzazione in 12 unità poi date in affitto che comportano, fra l'altro, l'imbiancatura delle pareti affrescate dei salotti e la creazione di tramezzi atti a dividere i grandi spazi in entità minori. Dagli anni '70 al 2002, poi, il solo residente è Alberto Radini-Tedeschi, il quale, mancando di risorse economiche e stante il progressivo degrado dell'immobile, consente all'Istituto regionale ville venete di provvedere alla sistemazione del tetto e all'esecuzione di altri lavori che, alla fine, lasciano l'edificio senza imposte e colmo di materiale di risulta in ciascun piano;

fortunatamente, l'associazione no profit "Amici del Gradenigo", nata nel 1996, riesce, con una serie di attività informative e una raccolta fondi, a mettere insieme 1,65 miliardi di lire (regionali e ministeriali), anche grazie alla visita in loco della 7a Commissione permanente "Istruzione pubblica, beni culturali" del Senato. Il cantiere della Soprintendenza si avvia nel 2002, senza che sia stata firmata, a causa dell'infermità di Radini, la prevista convenzione per l'apertura al pubblico. Esauriti i fondi, i lavori si interrompono con il palazzo messo in sicurezza e le facciate restaurate, ma con molte finestre chiuse solo da telai provvisori rivestiti di nylon. Un percorso di visita, sia pure minimale, consente allora al pubblico di apprezzare per la prima volta i valori storico-artistici del Gradenigo;

la stagione "virtuosa" si interrompe nel 2004, quando, dopo la morte di Radini, il nuovo proprietario, il trevigiano Roberto Clamar, non solo interrompe i rapporti con le autorità comunali e ministeriali, nonché con i volontari della predetta associazione, ma svuota il palazzo di tutti i beni mobili, comprese le statue che ornavano il giardino, dove fa tagliare moltissimi alberi e che lascia incolto infrangendo il regolamento comunale. È noto, peraltro, che la biblioteca del palazzo conteneva numerosi documenti storici relativi alla fitta collaborazione intessuta nei secoli dai Gradenigo e i Radini-Tedeschi col Comune di Piove di Sacco;

nel 2014, i Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale (TPC) di Venezia si vedono addirittura costretti a sequestrare l'immobile a causa della trasformazione non autorizzata dell'ex oratorio del palazzo in un centro massaggi e di parte del giardino in un parcheggio a quello funzionale (si veda "Sequestrato palazzo Gradenigo a Piove di Sacco" su "padovaoggi");

i gelsi secolari saranno invece estirpati, e altri alberi ad alto fusto capitozzati, a novembre 2016, per iniziativa del consorzio di bonifica Bacchiglione, con cui Clamar si era preventivamente accordato (si veda "Abbattuti e capitozzati molti alberi di villa Gradenigo: indagini aperte" su "legambientepadova"), di nuovo senza previa autorizzazione della Soprintendenza. Alla denuncia nei confronti di entrambi da parte di Legambiente non si associa il Comune, sempre silente nonostante gli scempi a danno della villa, né alcuna difesa dell'interesse pubblico arriva dal Ministero per i beni e le attività culturali, nonostante le previsioni normative del decreto legislativo n. 42 del 2004;

l'indolenza del Comune ha una spiegazione: proprio con l'ente locale, fin dal 2008, Clamar avvia diversi tentativi di trasformazione immobiliare. Presentano insieme, infatti, in quell'anno, un programma di utilizzo del complesso che può prevederne lo smembramento in 12 "realtà" coabitative, associative e di rappresentanza, programma che "dimentica" i finanziamenti pubblici dei restauri eseguiti e comporta una valutazione economica del complesso sovradimensionata. Nel convegno organizzato ad hoc dall'associazione "Amici di Gradenigo", il 24 maggio 2008, detti propositi sono però sconfessati e una valutazione più accorta dimezza la stima asserita;

qualche anno dopo, una nuova valutazione da parte dell'Agenzia delle entrate, richiesta da altra amministrazione comunale, riduce ulteriormente il valore della villa, che l'ente propone allora al Ministero di espropriare per pubblica utilità (ex articoli 9 e 43 della Costituzione) con la prospettiva di creare una cordata pubblico-privato per affrontare l'acquisto;

nonostante il parere favorevole del Ministero, la caduta di quella Giunta interrompe i piani e la nuova amministrazione rispolvera, nel 2019, il programma di utilizzo immobiliare iniziale, prevedendo ancor più esplicitamente che in precedenza la coesistenza delle funzioni commerciale e abitativa, oltre a mostrarsi più interessata alla risistemazione degli spazi verdi per "ospitare eventi pubblici" e al "completamento monumentale di via Garibaldi" in vista di "una ulteriore valorizzazione dei negozi e delle abitazioni dell'area" che non alla conservazione e promozione del costruito storico (si veda "Piove di Sacco: recupero Palazzo Gradenigo, c'è l'accordo" su "La PiazzaWeb");

valutato che:

attualmente, mentre la vegetazione spontanea si abbarbica sui muri rinnovati di fresco e il nylon dei telai posti a chiusura provvisoria dei punti luce è da anni un ricordo, sì che la villa è tornata ad essere ricovero di piccioni, pare che l'acqua piovana abbia ricominciato a penetrare nell'edificio anche dal tetto e che ignoti asportino giornalmente mattoni del muro di recinzione, senza che alcuno intervenga;

1.080 firme di cittadini sono state allegate all'appello per il recupero della villa inviato il 29 ottobre 2021 dagli "Amici del Gradenigo" al sindaco di Piove, alla Regione Veneto, alla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, che ha ricevuto i rappresentanti dell'associazione lo scorso settembre e compiuto un sopralluogo in dicembre, ai Carabinieri TPC; il 5 novembre 2021, inoltre, Francesco Jori ha dedicato un articolo al caso Gradenigo su "il Mattino di Padova" (si veda in proposito "Palazzo Gradenigo, vent'anni di abbandono. Mille firme di sdegno e protesta al Ministero"), mentre la locale "Radio Gamma 5" ha intervistato il dottor Mario Miotto, fondatore e presidente dell'associazione "Amici del Gradenigo",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia in grado di riferire quali azioni a tutela di palazzo Gradenigo abbia intrapreso la Soprintendenza prima e dopo l'intervento di restauro d'inizio anni Duemila, e in particolare se e quando abbia ingiunto alla proprietà, come la normativa vigente le impone, di attivarsi per garantire la sicurezza e la conservazione del monumento, salvo intervenire al posto di quella per poi rivalersi a posteriori (ex art. 32 del codice dei beni culturali) ove incontrasse, come incontra, un ostinato rifiuto;

quale esito abbia avuto il sopralluogo condotto dalla Soprintendenza a dicembre 2021 e quali iniziative intenda assumere il Ministero per contrastarne una rovina che sembra essere causata soprattutto dall'ignavia e dalla mancata volontà dei decisori istituzionali di opporsi ai ricorrenti tentativi di speculazione finora contrastati solo dall'associazionismo locale;

quando, in fine, il soprintendente provvederà a concordare con la proprietà modi e tempi di accesso del pubblico in quel monumento di alto valore culturale e identitario.

(3-03032)

D'ARIENZO, FERRAZZI - Al Ministro dell'interno. - Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:

nelle prime ore di martedì 18 gennaio 2022 un incendio è divampato presso la ditta Agrofert di Isola della Scala (Verona), azienda che tratta rifiuti urbani. Il rogo ha coinvolto diverse macchine operatrici per la movimentazione dei rifiuti che sono andate bruciate e avrebbe danneggiato la struttura;

sul posto sono intervenuti i Vigili del fuoco giunti da Verona e da Bovolone, località limitrofa a Isola della Scala, con i volontari con 3 autopompe, 2 autobotti, il carro NBCR (per il rischio nucleare biologico chimico e radiologico) e 21 operatori, nonché una squadra di tecnici ARPAV, che hanno effettuato dei campionamenti di aria-ambiente per la misura dei composti organici volatili nei pressi della ditta e nei campi circostanti potenzialmente interessati dalle ricadute;

la vicenda ha generato forte preoccupazione nella comunità locale per la natura e le caratteristiche dell'incendio, nonché per il settore colpito dal rogo;

in Veneto, e soprattutto a Verona, negli ultimi anni diversi incendi hanno colpito società attive nel settore della raccolta, dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti;

è noto che il settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti è oggetto di forti interessi da parte della criminalità organizzata, che ha stabilito una presenza significativa anche in Veneto e a Verona in particolare;

nel recente passato, sulla natura di alcuni di questi incendi è intervenuto anche il comandante dei Vigili del fuoco di Verona, che nel corso della cerimonia per santa Barbara ha denunciato "l'origine dolosa e la matrice da determinare dei troppi incendi avvenuti in aziende che trattano rifiuti" in provincia;

il settore dei rifiuti, secondo le analisi della Direzione nazionale antimafia, è al centro degli interessi economici delle organizzazioni criminali. Di conseguenza, questi incendi devono essere valutati con particolare attenzione dalle autorità giudiziaria e di pubblica sicurezza, perché possono essere gli indicatori di azioni di intimidazione e di condizionamento da parte di gruppi criminali;

le relazioni territoriali sul Veneto della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essi correlati hanno evidenziato la presenza di gruppi criminali nel ciclo illecito dei rifiuti e hanno sottolineato il fenomeno degli incendi di natura dolosa contro aziende operanti nel settore dei rifiuti;

sulla base dell'esperienza acquisita nelle zone d'Italia, ove il fenomeno della criminalità organizzata esiste da tempo, gli incendi sono modalità tipiche utilizzate dalle organizzazioni criminali per intimidire i soggetti colpiti e per condizionarne le attività;

considerate le particolari caratteristiche dell'incendio divampato presso la ditta Agrofert, occorre avviare con tempestività tutte le azioni necessarie per accertare l'eventuale coinvolgimento nella vicenda di gruppi criminali organizzati,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia al corrente dei fatti esposti;

quali iniziative di competenza intenda adottare per contribuire a far luce sulle cause e sulla matrice dell'incendio presso la ditta Agrofert di Isola della Scala e quali interventi intenda predisporre, qualora dovesse emergere il coinvolgimento nella vicenda della criminalità organizzata.

(3-03033)

BINETTI - Al Ministro della giustizia. - Premesso che:

la disciplina inerente all'applicazione dei giudici onorari del tribunale è stata riformata mediante il decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, avente ad oggetto "Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57";

l'articolo 12 (destinazione dei giudici onorari di pace nei collegi civili e penali) stabilisce che "i giudici onorari di pace che sono inseriti nell'ufficio per il processo e rispetto ai quali non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 9, comma 4, possono essere destinati a comporre i collegi civili e penali del tribunale";

in ogni caso, il giudice onorario di pace non può essere destinato, per il settore civile, a comporre i collegi giudicanti dei procedimenti in materia fallimentare e i collegi delle sezioni specializzate e per il settore penale; né può far parte dei collegi del tribunale del riesame qualora si proceda per i reati indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale;

le limitazioni riguardanti la destinazione dei giudici onorari di pace ai reati indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale hanno come fondamento legislativo il complesso accertamento giudiziale dei reati indicati nella norma, dal momento che la complessità relativa all'accertamento dei fatti incide sulla durata massima delle indagini preliminari;

la stessa ratio relativa all'accertamento della condotta criminosa nei reati più gravi è posta alla base delle limitazioni riguardanti la destinazione dei giudici ordinari di pace a comporre i collegi del tribunale del riesame, dal momento che il giudizio dinanzi al tribunale del riesame si caratterizza per la celerità dell'accertamento all'interno del procedimento principale entro termini brevi e perentori;

si segnala il caso di Chiara Schettini, noto anche sulla stampa, tratta a giudizio dinanzi al Tribunale di Perugia per rispondere dei reati di peculato, mentre svolgeva il ruolo di magistrato ordinario della Repubblica italiana, impegnato nella sezione fallimentare di Roma;

il compito di giudicare i fatti e quindi identificare le relative responsabilità era stato affidato ad un giudice onorario di pace, contrariamente a quanto prevede la norma che riguarda i giudici di pace e le loro attribuzioni; infatti, come sopra riportato, l'art. 12 del decreto legislativo n. 116 del 2017 stabilisce che "in ogni caso, il giudice onorario di pace non può essere destinato per il settore civile, a comporre i collegi giudicanti dei procedimenti in materia fallimentare";

d'altra parte, il fatto che la questione sia di preliminare importanza è confermato dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 9076, emessa in data 6 marzo 2020, secondo la quale "Il divieto di comporre i collegi del riesame (ovvero qualora si proceda per i reati indicati nell'art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a), da parte del giudice onorario di pace, non derogabile, introduce una limitazione alla capacità del giudice, ai sensi dell'art. 33 c.p.p. e determina un'ipotesi di nullità assoluta prevista dall'art. 179 c.p.p.",

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga che un giudice onorario di pace possa essere chiamato a far parte di collegi giudicanti nei procedimenti penali, anche al di fuori dei limiti previsti dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 116 del 2017, in particolare quando l'accertamento di condotte illecite commesse nell'ambito di procedimenti civili di competenza della sezione fallimentare sia di difficile accertamento giudiziario, e quindi quali provvedimenti il Ministro voglia adottare in mancanza di una disciplina specifica.

(3-03034)

ZAFFINI - Al Ministro della salute. - Premesso che:

l'emergenza pandemica da COVID-19 ha causato, come noto, gravi ritardi nella diagnosi e nella cura delle patologie oncologiche, aggravando una situazione che presentava già molte criticità;

alle prestazioni non effettuate o rimandate durante l'emergenza sanitaria corrisponderà verosimilmente un aumento notevole del numero di casi con diagnosi tardive o sottoposti a cure in uno stato già troppo avanzato della malattia;

trattamenti tempestivi e utilizzo di terapie innovative sono gli strumenti chiave per l'abbattimento della mortalità causata dai tumori e per aumentare la speranza di vita dei pazienti, ma occorrono risorse;

la spesa sanitaria nazionale destinata alla radioterapia oncologica è però incapace di assicurare il necessario ammodernamento degli acceleratori lineari (LINAC) utilizzati per i trattamenti;

la comunità scientifica è uniforme nel ritenere che, per garantire ai pazienti cure in linea con i più recenti progressi, è necessario prevedere il rinnovo dei LINAC ogni 5-7 anni e occorre stanziare adeguate risorse per l'upgrade e l'update dei software dei LINAC e di quelli in uso nei dipartimenti di radioterapia. I nuovi strumenti software per la pianificazione, l'adattamento e l'esecuzione del trattamento, se regolarmente aggiornati, permettono di migliorare continuamente la qualità delle cure;

l'European society for radiotherapy and oncology stima che debbano esserci almeno 7 acceleratori per milione di abitanti per garantire un servizio minimo mentre i Paesi europei più virtuosi contano 8-9 LINAC ogni milione di abitanti;

la FAVO stima anche un aumento della domanda di radioterapia in Italia entro il 2025 del 16 per cento e la necessità quindi di un aumento del 20 per cento dei LINAC funzionanti al fine di arrivare a un numero complessivo di 511 acceleratori lineari in Italia nel 2025;

la missione 6 salute del piano nazionale di ripresa e resilienza prevede nella componente 2 l'investimento 1.1 volto all'ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero e, secondo quanto emerge dalle schede tecniche, allo stato attuale è prevista la sostituzione di 81 acceleratori lineari;

il "decreto Calabria" ha stanziato a suo tempo un fondo di 82 milioni di euro destinati all'ammodernamento tecnologico della sanità regionale, compreso l'acquisto di vari macchinari per la radioterapia oncologica, ma circostanziando l'investimento alle sole regioni del Sud Italia;

in base alla tabella fornita dal Ministero della salute, in risposta all'atto di sindacato ispettivo 3-02716 presentato dall'interrogante, sarebbero 208 gli acceleratori lineari che hanno più di 10 anni di vita e 119 quelli con età compresa fra 5 e 10 anni per un totale di 327 sopra i 5 anni. Pertanto, in base ai criteri citati, almeno 208 i macchinari che andrebbero sostituiti e non 81, cioè i più giovani, come da decisione che apparentemente sembrerebbe aver adottato il Governo,

si chiede di sapere:

quale sia il criterio con cui è stata determinata la stima di 81 acceleratori lineari da sostituire nel quadro del piano nazionale di ripresa e resilienza;

quali siano le regioni e i relativi presidi ospedalieri in cui verrà operata, per obsolescenza, la sostituzione degli 81 acceleratori lineari di cui al piano nazionale di ripresa e resilienza, missione 6 salute, componente 2, investimento 1.1.

(3-03035)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

PAVANELLI, VANIN, QUARTO, GAUDIANO, GALLICCHIO, D'ANGELO, DONNO, NATURALE, L'ABBATE, TRENTACOSTE, LOREFICE - Al Ministro della salute. - Premesso che:

il biossido di titanio viene comunemente usato come additivo colorante bianco (codice E171) negli alimenti, nei cosmetici e nei pigmenti, generalmente in forma di polvere composta da particelle nanometriche aventi dimensione di circa 30 nanometri;

l'Institut national de la recherche agronomique (INRA) ha pubblicato a gennaio 2017 i risultati di uno studio (intitolato "NANOGUT") sulla tossicità del biossido di titanio, evidenziando come l'esposizione prolungata per via orale all'elemento in cavie animali (nel caso specifico topi da laboratorio) abbia prodotto nel 40 per cento delle cavie la formazione di lesioni preneoplastiche al colon-retto, evidenziando dunque come l'additivo sia sostanza atta a favorire l'insorgere di carcinogenesi colon-rettali;

in base allo studio "NANOGUT" l'agenzia governativa francese Agence nationale de sécurité sanitaire de l'alimentation, de l'environnement et du travail (ANSES) ha emanato nel 2017 un rapporto di potenziale rischio cancerogeno per il biossido di titanio, raccomandandone la limitazione nell'uso, soprattutto negli alimenti;

a seguito delle raccomandazioni dell'agenzia ANSES è stato proposto dalla Francia, in sede di Comunità europea, di valutare il biossido di titanio con cancerogenicità di categoria 1B, ossia sostanza avente capacità di causare il cancro, soprattutto sulla base di test su animali;

nel 2019, l'Autorità dei Paesi Bassi per la sicurezza degli alimenti e dei prodotti di consumo esprimeva un parere sui possibili effetti sulla salute del biossido di titanio come additivo alimentare, il che metteva in evidenza l'importanza di studiare gli effetti tossicologici sul sistema immunitario, nonché i potenziali effetti di tossicità riproduttiva;

l'International agency for research on cancer ha classificato il biossido di titanio nel gruppo 2B, come possibile agente cancerogeno per l'uomo;

l'European chemicals agency ha assegnato al biossido di titanio (codice CAS n. 13463-67-72) la valutazione di agente potenzialmente cancerogeno di categoria 2, ossia avente sospetto di causare il cancro attraverso assunzione per le vie inalatorie;

l'Autorità europea per la sicurezza alimentare conferma nel 2021 che è un alimento pericoloso e ne vieta l'uso come additivo alimentare dal 2022 in tutta Europa;

considerato che:

il Governo francese, con provvedimento pubblicato il 25 aprile 2019, sulla base delle raccomandazioni dell'agenzia governativa ANSES, in applicazione del principio di precauzione in materia di sanità pubblica ha sospeso per un anno, a partire dal 1° gennaio 2020, la commercializzazione di generi alimentari contenenti l'additivo E171 (biossido di titanio);

la decisione del Governo francese produrrà comunque l'effetto di spingere i produttori in primis a cambiare la composizione degli alimenti prodotti, e i consumatori in secundis a cambiare le abitudini di acquisto, indirizzando il mercato interno verso l'abbandono all'uso dell'additivo E171 negli alimenti;

l'Unione europea bandisce l'uso negli alimenti per umani e nei mangimi per animali domestici dal 2022;

gli stabilimenti situati sul territorio italiano in cui viene prodotto il biossido di titanio in base al combinato disposto del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (testo unico delle leggi sanitarie), e del decreto del Ministero della sanità 5 settembre 1994, sono classificati impianti insalubri di prima classe (elenco delle industrie insalubri, parte I, industrie di prima classe, A), sostanze chimiche, voce n. 112, titanio biossido - produzione);

il regolamento (UE) 2021/850 del 26 maggio 2021 (III Omnibus act), che include tutte le sostanze recentemente classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR) ai sensi del regolamento (CE) n. 1272/2008 sulla classificazione, l'etichettatura e l'imballaggio (CLP), ha modificato e rettificato l'allegato II, nonché modificato gli allegati III, IV e VI del regolamento (CE) n. 1223/2009 sui prodotti cosmetici. In particolare l'aggiornamento include una nuova voce dell'allegato III per il biossido di titanio, a seguito della sua classificazione armonizzata come cancerogeno di categoria 2 per inalazione;

l'articolo 15 del regolamento sui cosmetici (UE) 1223/2009 afferma che gli ingredienti classificati come CMR di categoria 2 possono essere utilizzati nei cosmetici se la sostanza è stata valutata dal comitato scientifico UE per la sicurezza dei consumatori (CSSC) e ritenuta sicura per l'uso. Il CSSC ha riesaminato la sicurezza del biossido di titanio e, in base al parere pubblicato, sono state apportate modifiche agli allegati III, IV e VI del regolamento;

la progressiva riduzione dell'uso del biossido di titanio, iniziando dagli alimenti, fino al completo abbandono del suo utilizzo, determinerebbe anche la progressiva diminuzione sul territorio nazionale di impianti per la sua produzione e, di conseguenza, anche la riduzione del numero di impianti insalubri di prima classe, la cui presenza è comunque fattore di rischio sanitario per la popolazione che vive nelle vicinanze nonché primariamente per i lavoratori impiegati in tali impianti,

si chiede di sapere:

quali iniziative intenda assumere il Ministro in indirizzo per stimare, attraverso nuovi studi approfonditi e aggiornati, il rischio di cancerogenicità per l'uomo del biossido di titanio in prodotti come farmaci, creme, cosmetici e dentifrici e, nel caso, valutare la sospensione, in base al principio di precauzione in materia di sanità pubblica, della commercializzazione di prodotti contenenti additivo E171, per i farmaci, cosmesi e dentifrici nonché delle attività di produzione sul territorio nazionale onde evitare rischi sanitari e nel rispetto del principio "do no significant harm";

se intenda, analogamente a quanto intrapreso dai Paesi Bassi e dalla Francia, attivarsi in relazione ai rischi del biossido di titanio nel nostro Paese, anche considerando che queste nazioni hanno previsto azioni ben prima dell'intervento europeo.

(4-06469)

FAZZOLARI, MALAN, PETRENGA, IANNONE, ZAFFINI, MAFFONI, DRAGO, RAUTI, CALANDRINI, LA PIETRA - Al Ministro della salute. - Premesso che:

sul sito dell'AIFA (Agenzia italiana del farmaco), una comunicazione datata 12 marzo 2021 ha reso noto ai cittadini italiani che "AIFA ha autorizzato il vaccino Janssen di Johnson&Johnson per la prevenzione della malattia COVID-19 per i soggetti al di sopra dei 18 anni, come da indicazione EMA";

nella stessa comunicazione e nel relativo comunicato stampa diffuso ai media, la commissione tecnico-scientifica dell'AIFA ha confermato la valutazione dell'EMA sul vaccino e ha fornito dati in merito alla sua efficacia; contestualmente, il direttore generale di AIFA ha sottolineato come il vaccino Janssen si sarebbe aggiunto agli altri tre allora autorizzati e avrebbe potuto essere "da metà aprile, una importante realtà";

in seguito a tali disposizioni è quindi stato messo a disposizione dei cittadini il vaccino Janssen, con somministrazione a carico del servizio sanitario nazionale;

dopo un inizio stentato sotto la gestione commissariale di Arcuri, il Governo Draghi ha impresso una forte accelerazione alla campagna vaccinale tanto che, dati del 18 gennaio 2022, in Italia risultano somministrate oltre 121 milioni di dosi vaccinali, con un valore di 205.13 dosi ogni 100 abitanti che colloca l'Italia ben sopra la media UE, ferma a 176.82 dosi ogni 100 abitanti;

tra le dosi di vaccino somministrate, sempre alla data del 18 gennaio 2022, quelle del vaccino Janssen ammontano a 1.503.130, pari a circa l'81 per cento delle disponibilità;

con il persistere e l'evolversi della pandemia le autorità sanitarie hanno introdotto, nei mesi scorsi, la somministrazione della dose di richiamo, o dose "booster", indipendentemente dall'aver ricevuto un vaccino a doppia dose o un vaccino monodose come appunto Janssen;

come da prassi, e come anche evidenziato dall'AIFA nel richiamato comunicato del 12 marzo 2021, in Italia le autorizzazioni vaccinali per la somministrazione della dose di richiamo vengono rilasciate a seguito della medesima autorizzazione rilasciata dall'EMA;

proprio dal sito EMA, nella pagina dedicata al vaccino Janssen, si apprende come esso sia stato autorizzato per la dose booster; si legge infatti che "una dose di richiamo può essere somministrata almeno 2 mesi dopo la prima dose del vaccino COVID-19 Janssen in persone di età pari o superiore a 18 anni. Una dose di richiamo può essere somministrata anche dopo due dosi di uno dei vaccini mRNA autorizzati nell'UE. La tempistica di una dose di richiamo dopo un vaccino con mRNA dipende da quando normalmente verrebbero somministrati i richiami per quel vaccino con mRNA";

vista l'importanza che il Governo assegna alla campagna vaccinale e visto anche l'ampliamento delle fasce d'età per cui sono state autorizzate somministrazioni vaccinali, dopo la pronuncia dell'EMA sulla possibilità di utilizzare il vaccino Janssen per la dose di richiamo ci si sarebbe aspettati che una simile prassi fosse mutuata anche in Italia;

ad oggi, invece, nessuna autorizzazione è stata rilasciata in Italia per consentire l'utilizzo del vaccino Janssen come dose di richiamo, tanto che sul sito AIFA si legge che "per la dose di richiamo dovrebbe essere usato uno dei due vaccini a mRNA autorizzati in Italia. Questo anche qualora fosse stato eseguito il ciclo primario di vaccinazione con vaccino adenovirale (Vaxzevria o COVID-19 Vaccine Janssen)";

ne deriva che oltre un milione e mezzo di italiani, immunizzati con vaccino Janssen, saranno costretti a sottoporsi alla dose di richiamo ricevendo un vaccino diverso da quello utilizzato per la vaccinazione primaria;

la difformità tra vaccini non risiede solamente nel nome della casa di produzione ma, dato ancor più sensibile, risiede nella tipologia di vaccino, non essendo il vaccino Janssen del tipo a mRNA come quelli autorizzati da AIFA per la dose di richiamo;

gli studi delle case farmaceutiche, come dalle stesse confermato ancora in fase di elaborazione (in specie nell'analisi dei dati che le campagne vaccinali nel mondo forniscono), sono ovviamente condotti da ognuna sui propri prodotti, dal che si evince che il mix vaccinale dovrebbe essere utilizzato con la massima prudenza e maggiormente nei casi di necessità;

le disponibilità del vaccino Janssen, dai numeri forniti dal Governo sulla base agli acquisti della UE, dicono che all'Italia, in relazione alla popolazione, spettano oltre 26 milioni di dosi di vaccino Janssen che, a fronte dell'utilizzo di solo 1.5 milioni di dosi, non fanno emergere alcuna carenza di disponibilità,

si chiede di sapere:

quali siano i motivi per i quali non sia stato autorizzato, in Italia, il vaccino Janssen per la dose di richiamo, nonostante l'autorizzazione rilasciata dall'EMA per lo stesso;

se il Ministro in indirizzo non intenda predisporre accertamenti per la mancata autorizzazione del vaccino Janssen per la dose di richiamo e quali iniziative intenda adottare per metterlo a disposizione degli italiani, in particolare quelli che hanno ricevuto il medesimo vaccino per l'immunizzazione primaria;

se corrisponda al vero il dato riportato sul sito internet di un importante e diffuso organo di informazione ("lab24" de "Il Sole-24ore"), secondo cui le dosi disponibili di vaccino Janssen siano nel numero di 1.849.252 a fronte dei dati comunicati dal Governo che parlano di oltre 26 milioni di dosi.

(4-06470)

SANTILLO - Ai Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze. - Premesso che:

lo stanziamento di cui all'art. 53 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 ("decreto Sostegni bis"), prevede "misure urgenti di solidarietà alimentare e di sostegno alle famiglie per il pagamento dei canoni di locazione e delle utenze domestiche";

l'amministrazione comunale di Casagiove (Caserta), con delibera n. 73 del 9 novembre 2021 avente ad oggetto "Misure urgenti di solidarietà a sostegno delle famiglie che versano in stato di bisogno alimentare, pagamento canoni di locazione o utenze domestiche di cui all'art. 53 del decreto legge n. 73 del 25 maggio 2021 e fondo per la concessione di riduzione tari utenze non domestiche. Variazione di bilancio ai sensi dell'art. 175 del d.lgs 267/2000. Rettifica ed integrazione delibera G.C. n. 70/2021", prevede quale "modalità di erogazione" la misura del 65 per cento attraverso appositi buoni spesa digitali e del 35 per cento come "riduzione del debito Tari annualità 2021";

considerato che in data 19 novembre 2021 il gruppo consiliare "Casagiove Libera" ha presentato, a firma dei consiglieri comunali Pina Mingione e Cristian Bruno Gallo, un'interpellanza (prot. n. 26246) rivolta al sindaco e al presidente del Consiglio comunale con oggetto: "Motivazione della destinazione del 35% unicamente al pagamento della tassa TARI". L'interpellanza, ad oggi, non ha ricevuto risposta;

considerato inoltre che:

agli atti non risulta alcuna motivazione riguardo ai criteri d'impiego di una cifra così consistente nella riduzione del debito TARI 2021;

la finalità del citato art. 53 del decreto-legge n. 73 del 2021 è rappresentata dalla solidarietà diretta alle famiglie che versano in stato di bisogno,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;

quale sia in particolare la loro opinione in merito al fatto che l'amministrazione comunale di Casagiove, nella maniera siffatta, abbia potuto stabilire la ripartizione del fondo sottraendo il 35 per cento dei sostegni alle famiglie in difficoltà economica, ai sensi dell'art. 53 del decreto-legge n. 73 del 2021, destinandole ad altre esigenze.

(4-06471)

FERRAZZI, FEDELI, D'ARIENZO, GIACOBBE, ASTORRE, VATTUONE, STEFANO, ROJC, PITTELLA, CIRINNA', LAUS, IORI - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Premesso che:

la sera del 12 novembre 2019 si è verificato a Venezia un fenomeno di acqua alta di eccezionale intensità che ha causato ingenti danni alla città, mettendo in ginocchio imprese e privati cittadini;

con la delibera del Consiglio dei ministri 14 novembre 2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 18 novembre 2019, n. 270, è stato dichiarato, a seguito dell'evento, lo stato di emergenza nel territorio del comune di Venezia ed è stato previsto uno stanziamento fino a 20 milioni di euro per l'attuazione dei primi interventi;

con successivi interventi, il Governo ha stanziato ulteriori risorse per far fronte ai danni provocati dall'evento calamitoso, per importi complessivi di circa 104 milioni di euro, di cui 47 milioni di euro da destinare direttamente al rimborso dei danni minori subiti da privati cittadini e dalle imprese;

l'ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile n. 616 del 16 novembre 2019, recante disposizioni urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal giorno 12 novembre 2019 nel territorio del comune di Venezia, all'articolo 1, comma 1, ha previsto la nomina del sindaco di Venezia a commissario delegato, al quale è stato demandato di provvedere, ai sensi dell'articolo 3, al riconoscimento di contributi fino a 5.000 euro nei confronti dei nuclei familiari che hanno subito danni alla propria abitazione principale e fino a 20.000 euro per l'immediata ripresa delle attività sociali di culto, economiche e produttive;

considerato che:

il commissario delegato, successivamente alla nomina, ha provveduto alla raccolta delle istanze di rimborso da parte dei privati cittadini e delle imprese, fra le quali anche quelle relative a danneggiamenti per importi superiori alle soglie individuate dall'articolo 3 dell'ordinanza;

con delibere emanate nel corso del 2020 e del 2021, il commissario delegato, a fronte delle domande pervenute, ha provveduto all'erogazione dei contributi fino a 5.000 euro in favore dei privati cittadini che hanno subito "danni minori" alla propria abitazione principale, nonché per la ripresa delle attività economiche e produttive, sociali e di culto, economiche e produttive per importi fino a 20.000 euro;

per le domande relative ai danneggiamenti subiti, in particolare dalle attività economiche e produttive, per importi superiori alle soglie individuate dall'articolo 3 dell'ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile n. 616 del 2019, non è stato finora possibile erogare contributi per il mancato stanziamento di risorse a copertura dell'intervento, stimate in circa 33 milioni di euro;

la mancata erogazione dei contributi è motivo di gravi difficoltà in particolare per le attività economiche e produttive colpite dagli eventi calamitosi del novembre 2019, a cui si sono aggiunte le conseguenze di due anni di pandemia da COVID-19, che hanno messo a dura prova l'intero sistema economico della città di Venezia,

si chiede di sapere:

quali siano le valutazioni del Governo sui fatti esposti;

se, alla luce delle perduranti difficoltà che affliggono i cittadini e le imprese della città di Venezia, duramente colpiti dal verificarsi dell'episodio di acqua alta eccezionale del novembre 2019, intenda provvedere a proporre lo stanziamento delle risorse necessarie all'erogazione di contributi anche in favore delle realtà familiari, sociali ed economiche che hanno subito danni per importi superiori alle soglie individuate dell'ordinanza del capo del Dipartimento della Protezione civile n. 616 del 16 novembre 2019.

(4-06472)

DELL'OLIO - Al Ministro della salute. - Premesso che:

il DHEA (deidroepiandrosterone) è un ormone essenziale per la salute delle cellule nervose, del tessuto muscolare e delle ossa, oltre che per un buon funzionamento del sistema immunitario;

la somministrazione del DHEA nelle persone che presentano carenza di produzione, inevitabile e consistente soprattutto nelle donne in menopausa, è importante per reintegrare i livelli dell'ormone, rafforzando così il sistema immunitario e incrementando la resistenza del corpo alle infezioni. La somministrazione del DHEA è altrettanto importante negli uomini (e donne) con deficit ipofisario, surrenalico o testicolare, primario e secondario;

recentemente il Ministro della salute, d'intesa con il Ministro per lo sport, ha espressamente vietato la prescrizione e le preparazioni galeniche di tutte le sostanze classificate steroidi anabolizzanti androgeni, tra cui rientra il DHEA (decreto del Ministero della salute 1° giugno 2021, in Gazzetta Ufficiale del 17 giugno 2021). Pare che alla base del divieto vi sia soprattutto il timore che il DHEA venga utilizzato come doping per il suo effetto anabolizzante, essendo un precursore del testosterone oltre che degli estrogeni e del progesterone, con un effetto trofico sul muscolo;

considerato che:

difficilmente donne in menopausa praticano attività sportiva a livello agonistico e, pertanto, il divieto di prescrizione e preparazione galenica del DHEA risulta quantomeno penalizzante per tale categoria di persone;

da quanto si apprende da fonti di stampa e direttamente dai medici, i ginecologi della Società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO) e gli endocrinologi della Società italiana di endocrinologia (SIE) sono contro il divieto, tanto da aver inviato una lettera al Ministro in indirizzo nella quale si richiedeva di distinguere l'utilizzo del DHEA in maniera illecita da quella terapeutica, essendo una terapia efficace per migliaia di uomini e donne a cui è indispensabile e urgente garantire il diritto alla cura, poiché in Italia non esistono farmaci industriali a base di DHEA;

considerato infine che a seguito di interlocuzioni informali con il Ministero, si apprende che il DHEA può essere tranquillamente sostituito con altri prodotti parimenti efficaci, senza però che questi prodotti siano stati nel dettaglio individuati,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

se non ritenga di assumere le opportune iniziative di competenza per permettere la preparazione galenica del DHEA a favore delle donne in menopausa che, ovviamente, non utilizzerebbero tale prodotto per doping, essendo l'attività agonistica di norma cessata a tale età;

se, alla luce delle interlocuzioni con il Dicastero, voglia stilare una lista di farmaci a produzione industriale che siano altrettanto efficaci per il benessere psicofisico di tutte le persone che necessitino di questo specifico trattamento terapeutico e di comparabile costo.

(4-06473)

ARRIGONI, PERGREFFI, CAMPARI, BRIZIARELLI, BRUZZONE, PAZZAGLINI - Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:

il settore dell'autotrasporto ricopre un ruolo fondamentale nella vita economica del Paese: secondo recenti rilevazioni ISTAT, infatti, il trasporto su strada si conferma come la principale modalità di spostamento delle merci in Italia, avendo movimentato nel solo 2020 oltre 979 milioni di tonnellate di beni;

tuttavia, il trasporto delle merci su gomma non necessariamente avviene ricorrendo alle tecnologie più all'avanguardia in termini di sostenibilità ambientale: secondo i dati dell'ACI, nel 2020 circa il 90 per cento dei veicoli destinati alla movimentazione delle merci su strada circolanti in Italia era alimentato a diesel, di cui quasi il 70 per cento di classe Euro 4 o inferiore;

con l'obiettivo di promuovere la decarbonizzazione dei trasporti, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili da diversi anni sostiene gli investimenti sostenibili delle imprese che svolgono trasporto merci in conto terzi, prevedendo misure di incentivazione al rinnovo del parco dei veicoli pesanti;

il 18 novembre 2021 il ministro Giovannini ha annunciato la firma di due nuovi decreti che "prevedono complessivamente 100 milioni di euro per agevolare l'acquisto di mezzi più tecnologici e green";

di questi due decreti il primo, decreto ministeriale 18 novembre 2021, recante "Rinnovo del parco veicolare delle imprese di autotrasporto iscritte al Registro elettronico nazionale e all'Albo nazionale degli autotrasportatori", già pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre 2021, rinnova la misura annuale stanziando 50 milioni di euro per il biennio 2021-2022, assegnando 35 milioni di euro per la rottamazione e l'acquisto di mezzi diesel, 10 milioni per l'acquisto di rimorchi e semirimorchi per l'intermodalità e soli 5 milioni per l'acquisto di veicoli ad alimentazione alternativa elettrici, ibridi e a gas naturale;

il secondo, recante "Investimenti ad alta sostenibilità", stanzia 50 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2026 per l'acquisto di veicoli commerciali e industriali ad alimentazione alternativa, ibridi, elettrici e a gas naturale (CNG e LNG), la cui ripartizione annuale dovrebbe essere: 12 milioni nel 2021, 10 nel 2022, 8 nel 2023, 2024 e 2025 e 3 milioni nel 2026;

risulterebbero, pertanto, stanziati in media circa 17,5 milioni di euro all'anno nel prossimo biennio per l'acquisto di veicoli diesel, mentre per le alimentazioni alternative lo stanziamento medio equivarrebbe a circa 10 milioni annui fino al 2026, in totale incoerenza con gli importanti sforzi richiesti al settore trasporti per il raggiungimento degli sfidanti obiettivi di decarbonizzazione e di riduzione delle emissioni;

in particolare nel trasporto pesante, dove le alimentazioni diesel sono la preponderanza del mercato, la maggiore promozione di veicoli alimentati a carburanti tradizionali, a sfavore di quelli ad "alta sostenibilità" come lo stesso titolo della misura recita, è incomprensibile, perché rallenta fortemente il processo di transizione dell'autotrasporto verso forme di mobilità più pulita,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda valutare un rifinanziamento immediato del fondo alta sostenibilità, che riequilibri la ripartizione iniziale dei due fondi per le annualità 2021-2022, riflettendo quantomeno un equilibrio tra le risorse destinate alle alimentazioni alternative rispetto a quelle previste per i carburanti tradizionali, sia per dare continuità al fondamentale percorso di rinnovo del parco dei veicoli per trasporto merci iniziato dal Ministero qualche anno fa, sia per dare un'accelerazione verso la sostenibilità d'esercizio delle imprese di autotrasporto e verso gli obiettivi nazionali ed europei di decarbonizzazione;

se intenda, in seconda istanza, valutare l'opportunità di provvedere a una diversa allocazione dei fondi nei successivi decreti direttoriali per l'attuazione delle due misure di rinnovo del parco veicolare del settore dell'autotrasporto.

(4-06474)

FATTORI, DE FALCO, BUCCARELLA - Al Ministro dell'interno. - Premesso che:

la situazione pandemica impone ancora la massima allerta, suffragata anche dal prolungamento dello stato di emergenza fino al 31 marzo 2022;

secondo l'ISS il tasso di ricovero in terapia intensiva è pari a 26,7 casi ogni 100.000 per i non vaccinati e 0,9 ogni 100.000 per i vaccinati con booster;

ne consegue che il costo dei "no vax" ammonta a circa 50 milioni di euro al mese a livello economico, oltre all'occupazione di posti letto che potrebbero essere destinati anche alle altre patologie;

premesso inoltre che:

in un gruppo "Telegram" di circa 12.000 persone è stato lanciato da uno dei leader "no vax" afferente al movimento di estrema destra "Fronte di liberazione nazionale" l'avviso di un grande raduno che dovrebbe tenersi a Rocca di Papa (Roma), nella località Pratoni del Vivaro, dal 10 al 13 febbraio 2022;

la finalità del raduno, che è stato definito "Campo Hobbit" come le manifestazioni di estrema destra organizzate negli anni '70, sarebbe quella di creare un elevato numero di persone da addestrare per obiettivi non meglio definiti;

tali obiettivi preannunciati nel video di "Telegram" fanno riferimento al necessario uso di mezzi pesanti;

questo è anche il motivo per cui le persone invitate al raduno sarebbero state chiamate a partecipare con auto, furgoni, trattori e altri mezzi pesanti;

le dichiarazioni nell'annuncio parlano di "invasione" del luogo;

pare che l'autore del video sia lo stesso imprenditore toscano che il giorno della morte dell'on. Sassoli esultò con frasi ingiuriose sui social network;

considerato che:

lo scorso 9 ottobre 2021 vi fu l'irruzione nella sede della CGIL da parte di un gruppo di estrema destra, che ne aveva annunciato poco prima l'azione in pubblica piazza durante la manifestazione "no vax";

per questi atti furono rinviate a giudizio 11 persone, ma fu evidente l'impreparazione degli organi di polizia anche a livello dirigenziale;

per quei fatti fu presentata dalla prima firmataria del presente atto un'interrogazione (4-06103) il cui contenuto è ancora attuale;

considerato inoltre che:

il sindaco di Rocca di Papa, Veronica Cimino, con comunicato stampa ha già dichiarato che farà quanto in suo potere per impedire il raduno;

la situazione ha evidenti profili di pericolo per l'ordine pubblico in termini sia sanitari che sociali, economici e ambientali, visto il luogo di pregio paesaggistico in cui si vuole svolgere,

si chiede di sapere:

quali iniziative intenda porre in essere il Ministro in indirizzo, anche di carattere preventivo, per impedire lo svolgimento della manifestazione annunciata per i giorni che vanno dal 10 al 13 febbraio 2022;

quali iniziative intenda prendere affinché il sindaco Cimino non diventi oggetto di ripercussioni, minacce o qualsiasi altro ostacolo allo svolgimento della sua attività amministrativa, politica e sociale in generale;

quali iniziative intenda porre in essere per la mitigazione di tali fenomeni di "chiamata alle armi", che sfruttano il momento pandemico per chiare strumentalizzazioni politiche.

(4-06475)

GARAVINI - Al Ministro della difesa. - Premesso che:

dal 2019 ad oggi è stato predisposto solamente un concorso per il ruolo speciale dell'Esercito per 93 posti da ufficiali, pubblicato il 28 febbraio 2020;

il concorso è stato revocato su richiesta della stessa forza armata l'8 giugno 2020 e successivamente bandito di nuovo nel mese di luglio 2020 con dicitura "Concorso per il reclutamento di complessivi 108 Ufficiali nel ruolo speciale delle Armi e dei Corpi dell'Esercito-2020". Il concorso è terminato a novembre 2021 e, pertanto, nello stesso anno non sono stati pubblicati ulteriori concorsi, rendendo questo l'unico concorso in 3 anni;

questo tipo di concorso mette a bando più di 90 posti annui e, per gli anni 2019 e 2020, sono stati accorpati due concorsi ma con soli 108 posti messi a disposizione, creando un'evidente disparità di trattamento. Nel sostanziale accorpamento dei due concorsi quindi, la cui emissione era prevista invece in due periodi differenti, si registra un aumento di soli 15 posti messi a bando, contro i 90 previsti per l'anno;

in un momento economico e sociale difficile in cui l'Esercito e i suoi militari sono sempre in prima linea, la riduzione dei posti messi a concorso non avallerebbe le giuste aspirazioni degli idonei né il rispetto dei principi costituzionali di efficacia, di eguaglianza nell'accesso ai pubblici uffici e di buon andamento della pubblica amministrazione, principi riconosciuti anche dalle norme sul pubblico impiego, da numerose pronunce giurisprudenziali e alla luce delle numerose deroghe eccezionali proprie dell'attuale momento contingente;

la situazione pandemica attuale inoltre non garantisce la pubblicazione del bando di concorso 2022 e nemmeno che la procedura concorsuale giunga a completamento, comportando un ulteriore accumulo di posti per ufficiali del ruolo speciale autorizzati dallo Stato maggiore della difesa ma non utilizzati dalla forza armata;

considerato che:

l'art. 642, comma 1, lett. c), del codice dell'ordinamento militare prevede la possibilità di modificare i posti messi a concorso, fermo restando il limite dei posti autorizzati;

in data 5 ottobre 2021 era stata presentata alla Camera un'interrogazione al Ministro in indirizzo chiedendo di adottare iniziative, in via straordinaria e per esigenze indifferibili e fondamentali, per un ampliamento del numero di posti per i candidati che hanno già sostenuto con esito positivo il suddetto concorso, al fine di coprire il maggior numero di vacanze organiche di ufficiali presenti nell'Esercito;

a seguito della risposta all'interrogazione del Ministro, in data 5 gennaio 2022, è stata inviata una lettera al capo di Stato maggiore della difesa, la quale evidenzia che nel testo della risposta viene richiamato solamente il triennio finanziario 2018-2020, senza alcun cenno invece all'anno finanziario 2021, nel quale non tutti i posti autorizzati dallo Stato maggiore della difesa sono stati avviati a una procedura concorsuale,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario considerare un possibile ampliamento delle graduatorie del concorso in questione.

(4-06476)

DRAGO, FAZZOLARI, ZAFFINI, GARNERO SANTANCHE', PETRENGA, LA PIETRA, URSO, MAFFONI, MALAN, BALBONI, DE CARLO, RAUTI - Ai Ministri della salute e delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. - Premesso che:

le disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 229 del 2021 prevedono ulteriori misure restrittive fino alla cessazione dello stato di emergenza;

in particolare il comma 2 dell'art. 1 prevede che l'accesso ai mezzi di trasporto (aerei adibiti a servizi commerciali di trasporto di persone, navi e traghetti e treni interregionali e d'alta velocità, trasporto pubblico locale) sia consentito esclusivamente ai soggetti in possesso delle certificazioni verdi (attestanti l'avvenuta vaccinazione, al termine del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della relativa dose di richiamo; l'avvenuta guarigione, con contestuale cessazione dell'isolamento prescritto in seguito ad infezione; l'avvenuta guarigione dopo la somministrazione della prima dose di vaccino o al termine del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della relativa dose di richiamo);

questa previsione ha sostanzialmente interrotto la continuità territoriale da e per la Sicilia (così come per la Sardegna) e tante famiglie non possono lasciare l'isola o rientrare, neanche per essere sottoposte ad interventi chirurgici urgenti, con grave pregiudizio del diritto alla salute;

in precedenza, l'accesso a tali mezzi era consentito anche nell'ipotesi di cui alla lettera c) del decreto-legge n. 52 del 2021, cioè con effettuazione di test antigenico rapido o molecolare;

la vaccinazione viene definita "volontaria", ma sostanzialmente si nega il rilascio del green pass rafforzato qualora non si sia espletato il ciclo vaccinale previsto, non potendo, tra l'altro, esibire un certificato di esenzione o guarigione;

il diritto alla continuità territoriale della Sicilia è un'esigenza reale, tenuto conto della specificità dell'area dello stretto, e del fatto che oltre un milione sono gli attraversamenti che i pendolari compiono a bordo dei mezzi delle compagnie di navigazione per motivi di lavoro, di studio, salute o altro;

considerato, inoltre, che:

l'articolato quadro normativo, imbastito per effetto delle disposizioni emanate negli ultimi mesi, ha generato un complesso numero di disposizioni che finiscono con il sovrapporsi in modo non sempre armonico: il decreto-legge n. 224 del 2021, art. 3, prevede che a decorrere dal 1° febbraio 2022 la durata delle certificazioni derivanti dal ciclo di vaccinazione completo o da guarigione sia ridotta a 6 mesi; il decreto-legge n. 229 del 2021, art. 1, comma 2, prevede che a decorrere dal 10 gennaio 2022 l'accesso ai mezzi di trasporto venga consentito solo ai soggetti muniti di green pass rafforzato (ciclo di vaccinazione completo o con richiamo; certificato esenzione o certificato guarigione);

il decreto-legge n. 1 del 2022, art. 1, comma 1, a decorrere dall'8 gennaio fino al 15 giugno 2022, le persone che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età (o che lo compiranno nel detto periodo, art. 1, comma 3) sono tenute ad eseguire la vaccinazione completa; il decreto-legge n. 1 del 2022, art. 1 comma 3, prevede che a decorrere dal 15 febbraio 2022 le persone che abbiano compiuto i 50 anni di età e che non possiedano il super green pass non possono accedere ai luoghi di lavoro pubblici o privati; l'ordinanza del Ministero della salute 9 gennaio 2022, art. 1, comma 1, consente dal 10 gennaio al 10 febbraio 2022 gli spostamenti da e per le isole minori senza il super green pass solo per comprovate ragioni di salute e per la frequenza scolastica;

alle persone che sono arrivate in Sicilia prima del 30 dicembre 2021, data di pubblicazione del decreto-legge n. 229 del 2021, non è stato concesso neppure il tempo minimo necessario ad espletare il ciclo vaccinale al fine del rilascio del super green pass e ricevere, pertanto e quantomeno, le due dosi di vaccino, bloccandole di fatto sull'isola;

negli spostamenti da e verso le isole maggiori l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici non può essere in alcun modo sostituito con i mezzi privati;

da e per la Sicilia, dalla Calabria, non vi è un attraversamento stabile dello stretto, per cui anche i treni sono doppiamente "vietati" a coloro i quali siano sprovvisti anche di green pass base,

si chiede di sapere quali provvedimenti urgenti i Ministri in indirizzo, ciascuno per le proprie competenze, intendano adottare per risolvere la problematica questione creatasi, prevedendo l'introduzione di una deroga che consenta i collegamenti di tutte le isole d'Italia tra loro e con la penisola.

(4-06477)

LANNUTTI, MORRA, GIANNUZZI, ANGRISANI, BOTTO, ABATE, VANIN, CORRADO - Ai Ministri delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, dell'economia e delle finanze e dell'interno. - Premesso che:

la Helbiz è una società di sharing di monopattini che lavora sia in Italia sia negli Stati Uniti. L'azienda ha firmato contratti con tutti i principali Comuni italiani;

è anche divenuta la prima compagnia di sharing di monopattini quotata al Nasdaq di New York;

la Helbiz nel 2021 ha registrato una perdita di oltre 50 milioni di dollari a fronte di ricavi per appena 8,6 milioni: 6,3 milioni in Italia e 2,3 negli USA;

a fronte di un fatturato complessivo di 4,4 milioni di euro, l'azienda è riuscita a ottenere due prestiti per una somma complessiva di 5,5 milioni di euro (il primo il 5 novembre 2020 di 3,5 milioni e il secondo il 15 marzo 2021 di 2 milioni) garantito dal fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese dalla Cassa depositi e prestiti. In altre parole, lo Stato italiano ha assicurato un prestito superiore al fatturato globale di una società controllata da una holding nel Delaware, di cui di fatto si sa poco o nulla dell'origine dei capitali e degli azionisti;

considerato che, per quanto risulta agli interroganti:

la SPAC è una particolare tipologia di "società veicolo" destinata alla raccolta di capitali di rischio attraverso la quotazione e con l'obiettivo di investimento in una o più società operative esistenti;

la SPAC di Helbiz si chiama Green Vision, una società gestita da tre cinesi accompagnati da uno statunitense. Tutti e quattro con curricula poco trasparenti;

Finbeauty detiene il 14,2 per cento delle azioni della Helbiz. Più in generale gli azionisti sono fondi d'investimento con sede alle Bahamas, che hanno la caratteristica di riuscire a nascondere i veri finanziatori;

il fondatore di Helbiz si chiama Salvatore Palella. L'imprenditore dello spettacolo Lele Mora ha dichiarato alla trasmissione di RAI3 "Report" del 17 gennaio 2021 che Palella sarebbe arrivato a Milano senza soldi ma raccomandato da qualcuno dalla Sicilia;

sempre secondo Mora, Palella sarebbe legato a Michele Cilla, un imprenditore che risulterebbe a sua volta collegato al clan di "Cosa nostra" dei Fidanzati;

lo stesso Cilla ha confessato a "Report": "Palella l'ho creato io. Mi era stato consigliato da amici di amici di mettermelo sotto la mia ala";

come emerso nella stessa trasmissione di "Report", della Helbiz farebbero parte come capo della finanza Giulio Profumo, come consulente Massimo Ponzellini (ex presidente della Banca popolare di Milano, condannato per corruzione privata, reato poi dichiarato prescritto) e Giovanni Borrelli. In particolare, quest'ultimo rivestirebbe il ruolo di direttore operativo della società;

il nome di Giovanni Borrelli appare negli atti degli investigatori antimafia perché il suo telefonino sarebbe stato utilizzato da un imprenditore sospettato di avere legami con la camorra per telefonare al capo del clan camorrista Contino,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di questa vicenda;

se il Ministro dell'economia e delle finanze non ritenga di disporre le verifiche di propria competenza per appurare su quali basi Cassa depositi e prestiti ha fatto da garante nell'erogazione di un prestito alla Helbiz che difficilmente sarà restituito, da come testimoniano i conti della società. E anche come mai sia stato garantito con i soldi pubblici un prestito così ingente a una società con sede nel Delaware;

se non si ritenga che sia doveroso mettere in allerta i tanti Comuni italiani che hanno sottoscritto un contratto con la Helbiz non sapendo che l'azienda con sede nel Delaware stesse navigando in cattive acque.

(4-06478)

LEONE - Ai Ministri per gli affari regionali e le autonomie, della salute e dell'interno. - Premesso che:

l'articolo 8, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche", prevedeva la "riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di Polizia". Successivamente con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, recante "Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche", è stato sancito l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei Carabinieri, forza armata con funzioni di polizia, cui sono state devolute funzioni, risorse e personale. Sempre in base al citato atto normativo e successivi atti applicativi, parte del personale e delle risorse strumentali sono state assegnate anche ad altre amministrazioni, quali il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, la Polizia di Stato, la Guardia di finanza e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in funzione delle relative specializzazioni;

pertanto, dal 1º gennaio 2017 grandi parti di competenze e personale sono state trasferite nel neo costituito Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri. Il personale ammontava, al 1º gennaio 2017, a 7.563 unità, dislocate su tutto il territorio nazionale, sebbene nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano continuino a operare i rispettivi Corpi forestali regionali e provinciali;

considerato che:

il Corpo forestale della Regione Siciliana (CFRS) è stato istituito con legge regionale 5 aprile 1972, n. 24. La legge istitutiva prevede che il Corpo forestale regionale assolva in Sicilia le funzioni e i compiti attribuiti in campo nazionale al soppresso Corpo forestale dello Stato. Dunque il CFRS partecipa all'organizzazione e allo svolgimento delle attività di protezione civile, attraverso una capillare attività di sorveglianza, controllo e repressione, e tutela il patrimonio faunistico e naturalistico della regione;

dopo aver toccato un picco minimo di 380 unità (contro i 1.380 previsti in pianta organica), a dicembre 2020 grazie a un bando di mobilità volontaria per 100 agenti forestali, riservato a dipendenti a tempo indeterminato della stessa Regione, l'organico del CFRS ha ricominciato a crescere: ad agosto 2021 sono entrati in servizio i primi 56 agenti e, in attività formativa, ulteriori 46 allievi agenti;

considerato, infine, che, con decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, recante "Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali", è stato esteso, a far data dal 15 dicembre 2021, l'obbligo vaccinale ad alcune categorie di lavoratori, come il personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della Polizia locale, nonché il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) e Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI). Tra queste categorie manca però il riferimento al personale dei Corpi forestali delle Regioni a statuto speciale,

si chiede di sapere:

se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

se ritenga di assumere iniziative urgenti, anche normative, per includere il Corpo forestale della Regione Siciliana e, più in generale, i Corpi forestali delle Regioni a statuto autonomo, nella campagna vaccinale obbligatoria anti COVID-19, considerando che gli agenti forestali svolgono le stesse funzioni degli ex dipendenti del Corpo forestale dello Stato, assorbiti dopo la cosiddetta riforma Madia nell'Arma dei Carabinieri o da altre forze, attualmente tutelati dall'obbligo vaccinale ai sensi del citato decreto-legge n. 172 del 2021;

quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda inoltre intraprendere in merito all'equiparazione del personale del Corpo forestale della Regione Siciliana nonché dei Corpi forestali delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano alle forze di polizia della Stato o al riconoscimento delle prerogative del comparto sicurezza in applicazione dell'art. 19, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, nonché per gli effetti di quanto previsto dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.

(4-06479)

PESCO, LANZI, D'ANGELO, PAVANELLI, LOMUTI, VANIN, GALLICCHIO, MANTOVANI, PELLEGRINI Marco, MONTEVECCHI, TRENTACOSTE, PRESUTTO, DONNO, LANNUTTI, NATURALE, GAUDIANO, PUGLIA, VACCARO, DI PIAZZA, GARRUTI, COLTORTI, PIARULLI, FENU, RUSSO, AGOSTINELLI, DI GIROLAMO, DE LUCIA, FERRARA - Ai Ministri della giustizia, dell'economia e delle finanze e dell'interno. - Premesso che:

con la legge 27 gennaio 2012, n. 3, recante "Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione della crisi da sovraindebitamento", il legislatore intendeva porre rimedio al disequilibrio etico e morale, e dunque ingiusto e ingiustificato, che andava, e va tuttora, a danneggiare quei cittadini incolpevolmente travolti da difficoltà finanziarie a volte altrui;

la norma è stata da ultimo innovata dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, ed è stata utilizzabile fino all'avvio del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) che l'ha sostituita senza lederne i principi fondanti e applicativi;

nella puntata di "Spotlight" (Rainews24) andata in onda il 7 dicembre 2021, il giornalista Luca Gaballo ha affrontato il tema dell'esdebitazione, uno strumento compreso nella legge n. 3 del 2012 e delle tristi vicende di genitori ingenuamente fattisi garanti di figli poi non solvibili o famiglie colpite da problemi di salute gravi, che non possono più far fronte ai debiti assunti. Persone comuni, che perdono l'occupazione, o il coniuge, e dunque fonti di reddito. Vittime che rimangono debitrici a vita senza poter mai veramente estinguere i debiti originari, ai quali via via si aggiungono tutti i costi annessi alle procedure vigenti, tra interessi, more, spese legali e processuali. Un calvario senza fine che la legge avrebbe dovuto, nei casi previsti, risolvere. Il giornalista afferma, però, che la procedura ha dei costi considerevoli, tra i 5 e i 6.000 euro in media, rendendola difficilmente accessibile per chi ha gravi problemi economici;

il registro degli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento, previsto dall'articolo 15 della legge n. 3 del 2012 e tenuto presso il Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia, comprende 330 soggetti, quasi tutti ancora attivi e facenti riferimento all'ordine dei dottori commercialisti e dei periti contabili, all'ordine degli avvocati o alle camere di commercio;

oltre ad essere molto onerosa, la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento non è pubblicizzata dai canali istituzionali, restando ai più ignota;

il servizio andato in onda afferma che, a fronte di un milione di richieste presentate in Francia nel 2020, il Paese d'oltralpe ha concesso 120.000 esdebitazioni, a fronte dei 3.391 procedimenti iscritti in Italia, di cui 2.241 conclusi. Si tratta di un'evidente sproporzione;

considerato che:

secondo lo studio "Esecuzioni immobiliari e prezzi delle case" (Banca d'Italia, Temi di discussione n. 1325/2021) il prezzo di transazione delle case vendute tramite asta giudiziaria risulta ben inferiore ai valori di mercato, con uno sconto compreso tra il 42 e il 56 per cento;

tale situazione, oltre a ledere la dignità del debitore e i diritti sia del debitore sia dei creditori, va a favorire facili speculazioni finanziarie, innescando un ribasso dell'intero mercato, con conseguente riduzione delle entrate tributarie e possibili infiltrazioni della criminalità a fini di riciclaggio;

esiste un concreto rischio per i soggetti indebitati di cadere nella rete dell'usura,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo condividano la necessità di un intervento volto ad incentivare il ricorso allo strumento della gestione della crisi da sovraindebitamento e ad accelerare la definizione dei procedimenti;

se, ognuno per quanto di propria competenza, non reputino opportuno cercare di colmare la distanza tra l'Italia e altri Paesi europei in materia di gestione del sovraindebitamento, attraverso l'azzeramento o un sostanziale ridimensionamento dei costi della procedura per le persone che hanno la necessità di accedervi.

(4-06480)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso la Commissione permanente:

12ª Commissione permanente (Igiene e sanità):

3-03031 e 3-03035 del senatore Zaffini, rispettivamente sulla nomina del nuovo collegio sindacale dell'Azienda unità sanitaria locale Umbria 2 e sulla sostituzione di avanzati macchinari per la cura del cancro negli ospedali italiani programmata nell'ambito del PNRR.