Livello regionale

La cooperazione a livello regionale è affidata a dialoghi politici con paesi situati lungo le rotte migratorie occidentali (processo di Rabat) e orientali (processo di Khartoum).

Processo di Rabat

Il processo di Rabat, avviato in occasione della prima conferenza ministeriale euroafricana sulla migrazione e lo sviluppo del luglio 2006, ha l'obiettivo di rafforzare il dialogo e la cooperazione in materia di migrazione e di individuare priorità comuni al fine di sviluppare una cooperazione operativa e pratica.

Esso riunisce i governi di 55 paesi europei ed africani (Africa settentrionale, occidentale e centrale), insieme alla Commissione europea e alla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS).

Il processo di Rabat è gestito da un comitato direttivo composto da cinque Stati membri dell'UE (Belgio, Francia, Italia, Portogallo e Spagna), cinque paesi partner (Burkina Faso, Guinea equatoriale, Mali, Marocco e Senegal) nonché dalla Commissione europea e da ECOWAS.

In occasione della quarta conferenza ministeriale euro-africana sulla migrazione e lo sviluppo, che si è svolta a Roma nel novembre 2014, è stata adottata una dichiarazione che in allegato contiene un programma per il periodo 2015- 2017, che individua quattro pilastri su cui articolare le iniziative future di cooperazione:

la promozione della migrazione e mobilità legale e regolare;

la gestione delle frontiere e la lotta alla migrazione irregolare;

rafforzare il nesso tra migrazione e sviluppo, promuovendo il potenziale positivo della migrazione tanto per i paesi di origine che per quelli di destinazione ed agendo sul nesso tra migrazione e degrado ambientale, instabilità politica , povertà e insicurezza alimentare;

promuovere gli strumenti di protezione internazionale.

Processo di Khartoum

Il processo di Khartoum (iniziativa UE-Corno d'Africa in materia di rotte migratorie), formalmente avviato nel corso della conferenza ministeriale di Roma del novembre 2014, è un dialogo regionale sulla migrazione che si concentra sul contrasto alla tratta di esseri umani e al traffico di migranti e che coinvolge gli Stati membri dell'UE insieme a 9 paesi del Corno d'Africa e a paesi di transito, nonché la Commissione europea e la Commissione dell'Unione africana.

Il processo di Khartoum è guidato da un comitato direttivo composto da cinque Stati membri dell'UE (Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Malta), cinque paesi partner (Egitto, Eritrea, Etiopia, Sudan meridionale, Sudan) nonché dalla Commissione europea, dal Servizio europeo per l'azione esterna e dalla Commissione dell'UA per quanto riguarda la parte africana.

Piano d’azione regionale per il Sahel 2015-2020

Il piano d’azione regionale dell’UE per il Sahel 2015-2020, adottato dal Consiglio dell’UE il 20 aprile 2015, prevede 4 settori d’intervento: 1) prevenzione e contrasto della radicalizzazione 2) creazione delle opportune condizioni per i giovani, 3) migrazione e mobilità, 4) gestione delle frontiere, lotta contro il traffico illecito e la criminalità organizzata transnazionale.

Il piano d’azione fornisce il quadro per l’attuazione della strategia dell’UE per la sicurezza e lo sviluppo del Sahel, adottata dal Consiglio dell’UE nel marzo del 2011 e riveduta nel 2014, e volta a definire la risposta dell’UE volta a favorire lo sviluppo e la sicurezza della regione del Sahel. La strategia si indirizza ai seguenti paesi Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania, Niger.

Per quanto riguarda in particolare la migrazione e la mobilità, il piano d’azione prevede le seguenti priorità:

prevenzione e lotta contro la migrazione irregolare, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani;

nesso tra sviluppo e migrazione, massimizzando l'effetto della migrazione e della mobilità sullo sviluppo;

promozione della protezione internazionale;

organizzazione della mobilità e della migrazione legale.

Per quanto riguarda la gestione delle frontiere, la lotta contro il traffico illecito e la criminalità organizzata, il piano d’azione prevede in particolare il rafforzamento della cooperazione e condivisione delle informazioni tra agenzie e a livello transfrontaliero e la promozione di iniziative volte a sviluppare una gestione integrata delle frontiere della regione del Sahel e promuovere le capacità locali di gestione delle frontiere.

Il sostegno finanziario all'attuazione del piano d'azione regionale, che contribuisce al conseguimento degli obiettivi della strategia per il Sahel, dovrebbe provenire sia dall'azione bilaterale degli Stati membri sia dagli strumenti dell'UE. Il bilancio indicativo dell'11º FES (Fondo europeo di sviluppo) per i cinque paesi del Sahel per il periodo 2014-2020 ammonta a 2,47 miliardi di EUR.

Si ricorda che Danimarca, Finlandia, Francia, Paesi bassi, Germania, Spagna, Svezia e Regno unito, hanno presentato nel marzo 2016 un non-paper al Consiglio dell’UE volto a promuovere una più ampia discussione sul rafforzamento dell’impegno dell’UE nella regione del Sahel e in particolare in Mali.

Il Consiglio dell’UE ha poi adottato il 20 giugno 2016 delle conclusioni sul Sahel nelle quali, in particolare per quanto riguarda il nesso tra sviluppo e fenomeno migratorio, si sottolinea:

l'importanza di mantenere un coinvolgimento attivo dell’UE nella regione del Sahel, anche in relazione ai paesi limitrofi della regione del Maghreb e alla Libia;

l’urgenza e la necessita di contrastare l'aumento del numero di migranti irregolari che lasciano l'Africa occidentale attraverso il Sahel con l'obiettivo di raggiungere l'UE, transitando in particolare dal Niger verso la Libia, attraverso risposte sia immediate che a lungo termine. La cooperazione su tutte le questioni relative alla migrazione, fra cui il rimpatrio e la riammissione nei paesi di origine, rimane essenziale. È importante affrontare le cause profonde della migrazione irregolare nella regione del Sahel, anche mediante sforzi volti ad accrescere lo sviluppo umano e la sicurezza nella regione. In particolare il rafforzamento della gestione integrata delle questioni transfrontaliere è elemento fondamentale per la stabilità e la sicurezza della regione del Sahel e dei paesi limitrofi;

l'importanza di un approccio globale per far fronte alle molteplici sfide poste dalla crescita demografica. Si ribadisce che la gioventù è una priorità cruciale per il Sahel. L'offerta di un'istruzione di base inclusiva, di formazione professionale nonché di migliori opportunità lavorative e prospettive economiche e nuovi posti di lavoro ai giovani è essenziale. Il Consiglio invita a intraprendere iniziative inclusive e basate sul genere volte a rafforzare il ruolo delle donne nelle società del Sahel.

Piano d'azione regionale per il Corno d'Africa

Il piano d'azione regionale per il Corno d'Africa per il periodo 2015-2020 , adottato dal Consiglio dell’UE nell’ottobre 2015, mira ad adattare il quadro strategico dell'UE per questa regione del 2011, tenendo conto delle nuove sfide che negli ultimi anni sono diventate più evidenti e gravi: un quadro geopolitico più ampio, i flussi migratori misti e la radicalizzazione violenta.

Il quadro strategico dell’UE nel Corno d’Africa, adottato dal Consiglio dell’UE nel novembre 2011, prevede che l’azione dell’UE nella regione si concentri sulle seguenti priorità: sviluppo di strutture statali democratiche e responsabili; pace, sicurezza, prevenzione e risoluzione dei conflitti; mitigazione degli effetti di insicurezza nella regione (in particolare la pirateria nonché altre forme di criminalità organizzata, terrorismo e gli effetti della migrazione irregolare); riduzione della povertà, crescita economica e prosperità; cooperazione e forme di integrazione regionali.

Il piano d'azione regionale per il Corno d'Africa prevede che l’azione dell’'UE nella regione si concentri nel periodo 2015-2020 su cinque ambiti: 1) sicurezza e stabilità regionale; 2) Migrazione e sfollamenti forzati; 3) lotta alla radicalizzazione e all'estremismo violento; 4) gioventù e occupazione; 5) protezione dei diritti umani, dello stato di diritto e della governance democratica

Il piano d’azione si indirizza ai seguenti paesi: Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Uganda.

Cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione con i paesi di origine e di transito

Il rimpatrio e la riammissione di coloro che non necessitano di protezione rappresentano una priorità fondamentale per mantenere la credibilità e il corretto funzionamento dei sistemi di asilo e migrazione, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali dei migranti e del principio di non respingimento.

In questo contesto, la Commissione ha recentemente proposto un piano d'azione dell'Unione europea in materia di rimpatrio che, in particolare, definisce una strategia per intensificare la cooperazione con i paesi terzi in materia di accordi di rimpatrio e di riammissione.

L'opzione preferita, ove possibile, è quella di incoraggiare e sostenere i rimpatri volontari nei paesi di origine. L'UE sta, inoltre, incentivando i paesi terzi a cooperare in materia di riammissione sulla base del principio "più progressi, più aiuti".

Sostegno dell'UE ai rifugiati nelle regioni più vicine ai conflitti: i programmi di sviluppo e protezione regionale (PSPR)

L'obiettivo dei programmi di sviluppo e protezione regionale (PSPR) è di aiutare i paesi terzi che ospitano un numero elevato di rifugiati ad affrontare le esigenze di sviluppo e protezione sia dei rifugiati sia dei richiedenti asilo e le esigenze delle comunità di accoglienza dei rifugiati, nonché sostenere le esigenze di sviluppo delle capacità delle autorità competenti nel settore della protezione dei rifugiati.

Il consorzio PSPR del Nord Africa è guidato dall'Italia, quello del Corno d'Africa dai Paesi Bassi. I PSPR sono finanziati sia da fondi dell'UE sia da contributi nazionali.

I PSPR includono azioni quali: sostenere il quadro legislativo e politico, creare una struttura amministrativa, formare professionisti che si occupino di questioni relative ai rifugiati, sostenere le procedure per determinare lo status di rifugiato, migliorare le condizioni di accoglienza, sostenere i gruppi vulnerabili di migranti e rifugiati, offrire possibilità di integrazione in loco e di autonomia, sostenere i rifugiati e le comunità di accoglienza attraverso migliori condizioni di vita e opportunità di istruzione, creare programmi a favore dell'occupazione e della formazione professionale.

La Commissione europea ha stanziato 75 milioni di euro per il finanziamento di progetti nell’ambito di programmi di sviluppo e protezione regionale.