L’UE e gli accordi di libero scambio
L’Unione europea è una delle economie mondiali più aperte all’esterno. Gli scambi con il resto del mondo sono raddoppiati tra il 1999 e il 2010 e oggi quasi tre quarti delle importazioni nell’UE sono esenti dai dazi o sono soggette a dazi ridotti. Nel 2012 l’aliquota media dei dazi era di appena il 2,2% per i prodotti industriali e del 2,6% per le merci in generale. L’UE è il principale partner commerciale di 59 paesi (per la Cina la cifra è 36 e per gli Stati Uniti 24). Il commercio estero di beni e servizi rappresenta il 35 % del PIL dell’UE: il 5% in più rispetto agli USA. Essendo un grande mercato, l’UE importa tanti prodotti agricoli dai paesi in via di sviluppo di quanti ne importino insieme, a parità di popolazione, Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda e Stati Uniti.
La politica commerciale dell’Unione è parte integrante della strategia Europa 2020, il cui obiettivo è promuovere l’occupazione e creare un’economia più moderna, efficiente e sostenibile. Per sviluppare un’economia interna dinamica l’UE deve essere sempre più competitiva all’estero.
La Commissione europea ricorda che due terzi delle importazioni sono materie prime, beni intermedi e componenti di cui hanno bisogno i produttori dell’UE; limitare le importazioni o aumentare i dazi sarebbe controproducente, poiché farebbe salire i costi e ridurrebbe la competitività delle imprese europee sia nell’UE che all’estero. Il libero scambio è considerato dunque uno dei principali strumenti per il rilancio dell’economia europea. In particolare, la politica attiva di libero scambio nei confronti delle economie di mercato emergenti apre nuove prospettive di crescita e opportunità commerciali per l’Unione: in base alle stime del Fondo monetario internazionale, entro il 2015 il 90% della futura crescita economica avrà luogo al di fuori dell’Europa (un terzo nella sola Cina). L’apertura dei mercati crea nuovi e migliori posti di lavoro in Europa e nei paesi partner: nel 2011 il 14% della forza lavoro dell’UE dipendeva direttamente o indirettamente dalle esportazioni verso il resto del mondo; dal 1995 questa percentuale è aumentata di circa il 50%. Secondo la Commissione, l’esperienza nei paesi dell’UE dimostra che un aumento dell’1% nel grado di apertura dell’economia genera, a distanza di un anno, un incremento della produttività del lavoro pari a 0,6 %.
Obiettivi degli accordi di libero scambio:
aprire nuovi mercati di beni e servizi,
accrescere la protezione e le possibilità di investimento,
rendere gli scambi commerciali più economici riducendo i dazi doganali e gli oneri burocratici,
accelerare i flussi commerciali semplificando le procedure di sdoganamento e fissando norme tecniche e sanitarie compatibili,
creare maggiore certezza attraverso norme chiare in materia di diritti di proprietà intellettuale, concorrenza e appalti pubblici,
promuovere lo sviluppo sostenibile promuovendo la cooperazione, la trasparenza e il dialogo sulle questioni sociali e ambientali.
L’UE sta portando avanti un programma senza precedenti di apertura reciproca dei mercati con i suoi maggiori partner commerciali bilaterali. come gli USA, il Canada e il Giappone, sebbene l’attenzione vada anche alle economie emergenti come i paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), che sono considerati il nuovo motore dell’economia mondiale. Il principale strumento che utilizza a tal fine sono gli accordi di libero scambio: prima del 2006 questi ultimi rappresentavano meno di un quarto degli scambi dell’UE. Se tutti i negoziati attualmente in corso dovessero concludersi positivamente, questa percentuale salirà a due terzi.
I moderni accordi commerciali dell’UE comprendono anche questioni non tariffarie, dalla proprietà intellettuale agli appalti pubblici. Contengono diverse disposizioni, come le norme in materia di origine, per stabilire a quali prodotti si possa applicare la riduzione o eliminazione delle tariffe.
Di norma, l’avvio dei negoziati commerciali è preceduto da mesi di preparazione: consultazioni pubbliche, valutazione dei potenziali effetti dell’accordo sulle imprese e i consumatori europei, colloqui informali e formali tra la Commissione e il paese o la regione interessati per fissare i temi dell’accordo. Al temine di questi preparativi generali, la Commissione chiede l’autorizzazione al Consiglio dei ministri (ad avviare i negoziati. Il Consiglio concorda gli obiettivi che la Commissione deve cercare di raggiungere ed approva il mandato negoziale. Nel corso del processo negoziale, che generalmente dura diversi anni, la Commissione riferisce regolarmente al Consiglio e al Parlamento europeo sui progressi compiuti.
Una volta raggiunto un accordo, il Consiglio ne autorizza formalmente la firma. Il Parlamento europeo, grazie ai nuovi poteri conferitigli dal trattato di Lisbona, può accettare o respingere il testo, ma non può modificarlo. Nei casi in cui l’accordo coinvolga anche le competenze nazionali, anche i singoli paesi dell’UE devono ratificare l’accordo in conformità con le rispettive procedure nazionali e gli impegni assunti a livello internazionale.
Accordi di libero scambio in vigore
Perú e Colombia: l’accordo commerciale è stato firmato nel giugno 2012. Viene applicato in via provvisoria dal Perù e dalla Colombia rispettivamente a partire da marzo 2013 e da agosto 2013. Alla fine del primo anno di applicazione provvisoria, gli scambi commerciali tra l’UE e il Perù ammontavano a 8,7 miliardi di euro e quelli tra l’UE e la Colombia a 13,5 miliardi di euro. Nel luglio 2014 l’UE e l’Ecuador hanno concluso i negoziati per l’adesione dell’Ecuador all’accordo.
Corea del Sud: l’accordo di libero scambio UE-Corea del Sud è entrato in vigore nel luglio 2011. Si tratta del primo di una nuova generazione di accordi di libero scambio lanciata dall’UE nel 2007. L’obiettivo è rimuovere ulteriormente gli ostacoli agli scambi e facilitare la collaborazione tra le imprese europee e quelle coreane. Nel corso del terzo anno di attuazione dell’accordo, le esportazioni di merci dell’UE verso la Corea sono aumentate del 35%, raggiungendo quota 41,5 miliardi di euro, a fronte di 30,6 miliardi di euro l’anno prima dell’entrata in vigore dell’accordo. Durante lo stesso periodo, le esportazioni dei prodotti che sono stati interamente o parzialmente liberalizzati dall’accordo sono aumentate più delle esportazioni complessive, con un incremento del 46% per i primi e del 37% per i secondi.
Cile: l’accordo di libero scambio è entrato in vigore nel 2003. Da allora, gli scambi bilaterali sono più che raddoppiati, fino a raggiungere 18 miliardi di euro nel 2013. L’UE è la seconda maggiore fonte di importazioni del Cile e il suo terzo principale mercato di esportazione.
Messico: dall’entrata in vigore dell’accordo nell’ottobre 2000, il volume degli scambi bilaterali è raddoppiato, passando da 21,7 miliardi a 45 miliardi di euro nel 2013. L’UE e il Messico stanno valutando la possibilità di aggiornare l’accordo per adeguarlo all’ultima generazione di accordi commerciali e riflettere gli sviluppi dell’economia messicana.
Sud Africa: l’accordo su commercio, sviluppo e cooperazione in vigore dal 2000 ha dato vita a una zona di libero scambio che copre il 90% degli scambi bilaterali tra l’UE e il suo principale partner in Africa.
Mediterraneo meridionale: gli accordi di associazione con Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Autorità palestinese e Tunisia conclusi tra il 1995 e il 2002 hanno dato vita ad accordi di libero scambio limitati ai beni.
America centrale (Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama): l’accordo di associazione UE-America centrale è stato firmato nel giugno 2012. La parte «commercio» dell’accordo viene applicata in via provvisoria con Honduras, Nicaragua e Panama dall’agosto 2013, con Costa Rica ed El Salvador da ottobre 2013 e con il Guatemala da dicembre dello stesso anno. Nel 2013 gli scambi commerciali tra le due regioni ammontavano a 12 miliardi di euro
Accordi di libero scambio conclusi ma non in vigore
Paesi del vicinato orientale: accordi di associazione (comprensivi di accordi di libero scambio globali e approfonditi) sono stati firmati con Moldova, Georgia e Ucraina durante l’estate del 2014. Gli accordi con Moldova e Georgia vengono applicati in via provvisoria dal settembre 2014. L’accordo con l’Ucraina viene applicato in via provvisoria dal novembre 2014, fatta eccezione per l’accordo di libero scambio globale e approfondito, che sarà applicato in via provvisoria dal 1° gennaio 2016;
Singapore: l’accordo di libero scambio UE-Singapore è stato in gran parte siglato nel settembre del 2013 e i negoziati sulla protezione degli investimenti sono stati conclusi nell’ottobre del 2014. Il paese è il primo membro dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) ad aver raggiunto un accordo con l’UE.
Canada: i negoziati per un accordo economico e commerciale globale UE-Canada (CETA) sono stati conclusi nel settembre 2014. L’accordo abolisce il 99% dei dazi doganali e molti altri ostacoli per gli operatori commerciali. Una volta attuato, potrebbe far crescere il PIL dell’UE di circa 12 miliardi di euro. Il testo integrale dell’accordo è disponibile online. L’accordo deve ora essere ratificato da entrambe le parti prima di poter entrare in vigore.
Accordi di libero scambio in corso di negoziazione
India: i colloqui iniziati nel 2007 sono il primo tentativo dell’UE di coinvolgere un grande paese emergente in un esercizio di apertura reciproca degli scambi.
ASEAN (Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico): sono in corso negoziati bilaterali con i singoli membri dell’Associazione, tra cui Malesia (da maggio 2010), Vietnam (da giugno 2012) e Thailandia (da marzo 2013). L’UE considera gli accordi di libero scambio (ALS) con i singoli paesi dell’ASEAN come un primo passo verso un accordo interregionale, che resta l’obiettivo a lungo termine.
Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela): dopo la sospensione del 2004, i negoziati sono stati ripresi ufficialmente nel 2010. A giugno 2015 le parti hanno concordato di scambiarsi le reciproche offerte di accesso al mercato entro la fine dell’anno. Nel 2013 il Mercosur era la sesta principale destinazione delle esportazioni dell’UE, le cui esportazioni di prodotti hanno raggiunto quota 57 miliardi di euro. Nel 2012 le esportazioni di servizi dell’UE hanno superato 21 miliardi di euro. Se i negoziati andranno a buon fine, l’accordo UE-Mercosur darà vita alla più grande area di libero scambio tra due regioni del mondo (Europa e Sudamerica), creando notevoli vantaggi per entrambe.
Consiglio di cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein e Oman): i negoziati su un accordo di libero scambio sono stati sospesi nel 2008, ma continuano i contatti informali.
Giappone: il 25 marzo del 2013 l’UE e il Giappone hanno ufficialmente avviato i negoziati per un accordo di libero scambio. I negoziati in corso riguardano, tra l’altro, la progressiva liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, gli investimenti, gli appalti pubblici e l’eliminazione delle barriere non tariffarie.
Marocco: i negoziati per una zona di libero scambio globale e approfondito (DCFTA) con l’UE sono iniziati a marzo 2013.
Stati Uniti: le relazioni economiche dell’UE con gli Stati Uniti non hanno eguali in termini di volume e intensità e ancora presentano enormi potenzialità. Nel luglio 2013 sono stati avviati i negoziati per un partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP). Secondo uno studio indipendente, una volta attuato, un TTIP ambizioso porterebbe all’UE vantaggi economici pari a 119 miliardi di euro l’anno..
Negoziati futuri
Mediterraneo meridionale (Egitto, Giordania e Tunisia): nel dicembre 2011 i governi dell’UE hanno approvato mandati negoziali per approfondire ed ampliare gli attuali accordi di libero scambio.
In aggiunta ai “classici” accordi di libero scambio, misure di libero scambio costituiscono una componente essenziale delle unioni doganali con Andorra, San Marino e Turchia. In Europa vigono inoltre accordi di libero scambio con: isole Færøer, Islanda, Norvegia e Svizzera. Nel quadro degli accordi di stabilizzazione e di associazione, si applica un regime commerciale autonomo tra l’UE e l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, l’Albania, il Montenegro, la Bosnia-Erzegovina, la Serbia e il Kosovo. Misure di libero scambio sono inoltre contenute negli Accordi di partenariato economico (APE) con i paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico) che l’UE ha negoziato a livello regionale per ad aiutare tali paesi ad integrarsi nell’economia mondiale, raggiungere una crescita sostenibile e ridurre la povertà. Sono attualmente in vigore 4 APE, in particolare con i paesi dei Caraibi (14 paesi), con l’Africa orientale (Madagascar, Maurizio, Seychelles e Zimbabwe), con l’Africa centrale (Camerun) e il Pacifico (Papua Nuova Guinea e Figi). Nel 2014 si sono conclusi i negoziati su altri due APE, uno con l’Africa occidentale (16 paesi) e uno con la Comunità di sviluppo dell’Africa australe (SADC) (6 paesi).