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Sicurezza: riscopriamo il valore umano del lavoro

Articolo pubblicato dal quotidiano "Il Sole 24 Ore"

18 Dicembre 2007

Non possiamo e non dobbiamo dimenticare i cinque operai morti a Torino e, con loro, i tanti altri che quotidianamente perdono la vita sui luoghi di lavoro. Interroghiamoci certo sui fatti, in modo che l'emozione non ceda il passo alla rimozione. Operiamo per dare un'ulteriore stretta non solo alle leggi ma soprattutto alla loro attuazione. Ma chiediamoci anche del senso profondo di queste morti, del loro reclamare una riflessione che non è solo cordoglio ma anche fatica di capire ciò che può favorire in qualsiasi modo un cedimento,un indebolimento di quella dignità ed integrità della persona del lavoratore e del cittadino che è elemento basilare della nostra vita comune.

È possibile che la crescita economica, che pure ha portato tanti vantaggi in termini di minore esosità del lavoro, di minore penosità, grazie alle tecnologie ed all'impegno sindacale, abbia però anche allontanato da noi l'idea di un primato della persona che si definisce anche in relazione al lavoro. In altri termini, che sia sorto una specie di complesso del lavoro manuale, una rimozione del luogo e delle condizioni in cui il lavoro effettivamente si svolge, coinvolgendo la fatica e lo sforzo delle persone reali.

Insomma, penso che la questione, al netto della doverosa attestazione delle cause di un fatto, sia ritrovare la centralità del lavoro in tutte le sue forme, ripensare senza schematismi ideologici la funzione dell'attività impegnativa di trasformazione delle cose in merci, senza mercificare proprio il soggetto che rimane dietro e dentro ogni processo, quale che ne sia la forma strumentale. Se la nostra Costituzione ha posto il lavoro a fondamento di tutti i diritti, come base della Repubblica e criterio di cittadinanza e se questo modello, costruito con l'apporto di culture e interessi tanto polarizzati, è ancora fondamentalmente valido, bisogna spiegare come si possa concretamente realizzare una civiltà del lavoro che dia a tutti il senso di una appartenenza effettiva ad una comunità adulta e attenta ai bisogni reali delle persone.

Il lavoro non è una merce. È un mezzo di crescita e di sviluppo della persona. E dunque ad esso va dedicato ogni sforzo, ogni impegno. Ci chiamano in causa, certo, la morte e il dolore. Ma ci chiama in causa anche il senso di svalutazione che troppo spesso si coglie nella cultura contemporanea. Quella moda che mette ai margini le cose centrali per esaltare l'effimero, il contingente. Troppo spesso abbiamo letto o sentito che la storia è finita, che il lavoro è consumato, che la tecnica risolve tutto. E invece, ogni volta, scopriamo che la fatica umana è sempre richiamata all'opera. Che occorre lavorare per dare più diritti, più opportunità, più sicurezza.

Perché il lavoro, comunque svolto, anche nelle forme più moderne e meno tradizionali, è sempre più vita e dunque reclama sicurezza, rispetto e soprattutto senso. Recuperare il senso delle attività e delle persone che le compiono significa davvero onorare anche coloro che hanno visto la vita stroncata. Significa assumersi una responsabilità adeguata alla complessità delle trasformazioni che noi stessi abbiamo voluto. In altri termini, dare alla politica come passione per l'uomo quella dimensione di applicazione a valori fondamentali.

Solo così il turbamento produrrà anche cambiamento durevole e solo così potremo dimostrare che il nostro è, come ha detto il Presidente della Repubblica, un grande Paese e non un triste paese. Un Paese che ha forza, tradizioni e storia e che affronta le difficoltà unendosi invece che cedendo allo sconforto o alla divisione. Del resto dare forza a criteri di valutazione che non sottomettano mai al profitto la dignità, che anzi facciano della sicurezza un mezzo per la valutazione di un risultato, che coinvolgano nel processo produttivo coloro che vi hanno parte necessaria, significa realizzare un programma condiviso, significa dare a ciascuno il senso di un comune destino. L'Italia se lo merita e soprattutto se lo meritano queste vittime innocenti che dobbiamo onorare cambiando sul serio e innovando nei comportamenti prima ancora che nelle leggi.

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