Il Presidente: Articoli

Alla mia età non ho paura di Grillo

Intervista pubblicata dal settimanale "Io Donna" allegato al quotidiano "Corriere della Sera"

13 Ottobre 2007

di Maria Teresa Meli

Ha fama di duro. Di uno che non molla. Mai. Lo chiamano il lupo marsicano per queste sue doti. Ma, superata la soglia dei 70 anni, Franco Marini, ex segretario della Cisl, ex segretario del Ppi, ora presidente del Senato, rivela che con l'età sta cambiando e che la politica attiva non gli interessa più: meglio pensare al nipotino che non arriva ancora. Sarà vero?

Che ci fa uno come lei, abituato alle assemblee sindacali o alle infuocate riunioni politiche, in un ambiente paludato come il Senato?
«Naturalmente sono mondi assolutamente diversi e non comparabili. Al Senato le forme sono sostanza».

Però anche qui ha il suo bel da fare con questo Senato diviso a metà.
«Già, ma la mia lunga esperienza di assemblee difficili nel sindacato mi ha aiutato. Uno acquisisce la capacità di capire, di intervenire quando occorre... e di "trattenersi"! Alle volte ho scontentato anche la maggioranza per governare la situazione».

Ora la sua è una vita da mediatore: com'è possibile per un politico sanguigno come lei? Non ha un po' di nostalgia dei tempi che furono?
«La nostalgia c'è ed è forte perché, sia in politica sia nel sindacato, stavo in prima linea. E se non mi offrivano la prima linea ci andavo io. Ma sa che cosa mi ha aiutato a superare questa voglia di stare sempre in mezzo ai conflitti della politica? L'anagrafe».

Non si afferra il nesso...
«Quando ne parlo tutti mi guardano come se volessi prenderli in giro, invece voglio confessare una cosa che è seria e vera. Fino a quando il 6 connotava la mia età non avevo problemi, e infatti a 60 anni affrontavo la stessa mole di lavoro e lo stesso stile di vita di quando ero un trentenne. Poi quando ho compiuto i 70... Non sorrida».

Per carità, ma come politico in pensione è poco credibile.
«Guardi che è la verità: a 70 anni non ho avuto una crisi ma, psicologicamente, è scattato un meccanismo. Secondo me a 70 anni occorre essere consapevoli che si è in una fase diversa della vita, e lo dico io che sono stato ambizioso, che, per esempio, ho voluto con tutte le mie forze divenire il numero uno della Cisl. I 70 anni mi hanno cambiato in profondità, così quando scatta il desiderio di ributtarmi nell'agone politico l'anagrafe mi blocca!».

Voi politici sembrate tutti atterriti da Grillo.
«Per la verità, non mi sento atterrito. Ammetto che si sono accumulati ritardi, contraddizioni e privilegi nel corso di 60 anni di vita repubblicana. E' fuori discussione. C'è la necessità di tornare a una sobrietà più marcata. Una sobrietà che per me è istintiva, ce l'ho sempre avuta nella mia vita privata, anche da giovane, e questo non me lo deve insegnare nessuno».

Lei ammette i problemi ma la classe politica sembra reagire con grande lentezza.
«Con il presidente della Camera Bertinotti abbiamo fatto una cosa importante: cambiato il sistema delle pensioni dei parlamentari. Chi vuole il vitalizio deve fare tutti e cinque gli anni della legislatura, abbiamo abolito ogni possibilità di riscatto. E stabilito anche che, in qualsiasi caso, non si supererà il 60 per cento dell'indennità parlamentare, mentre oggi si può arrivare all'80 per cento. E questi sono solo due esempi. Poi sappiamo che ci si aspetta di più, che ci viene chiesto di più: bene, andremo avanti, ma altra cosa è leggere sui giornali questo attacco generalizzato alle istituzioni. E' sbagliato, e ritengo che la classe politica debba reagire. Perché è pericoloso e inaccettabile. Le critiche, anche feroci, mi stanno bene, idem la satira, ma bisogna fare attenzione a non attaccare le istituzioni in modo indiscriminato».

Lei e Bertinotti eravate sindacalisti insieme, ora vi ritrovate entrambi a guidare i due rami dei Parlamento. In che rapporti siete?
«Nel sindacato avevamo posizioni assolutamente diverse, anche opposte, ma sul piano personale eravamo amici. Potevamo litigare nei congressi e poi andare insieme al bar a scherzare e chiacchierare. Ci prendevamo anche in giro con ironia per queste nostre differenze. Ora non ci vediamo spesso, la simpatia reciproca però rimane».

Non guardi l'anagrafe e faccia un gioco che si faceva da bambini: se si potesse incarnare nel personaggio di un libro chi sceglierebbe?
«Da ragazzino divoravo libri d'avventura. Ricordo che una volta mio padre mi mollò un ceffone perché avevo scambiato la mia bellissima collezione di francobolli con una cassa di libri di Salgari. Prima di addormentarmi, da piccolo, sognavo di essere il Corsaro Nero. Ora mi piacerebbe essere un cavaliere medievale».

Presidente, chi non le dispiace nel centrodestra?
«Mi voglio sottrarre a questo gioco. Posso dire di chi sono più amico: di Gianni Letta. Ci conosciamo da quando avevo 25 anni e lui 23. Ero segretario della Cisl di Avezzano e Letta corrispondente del Tempo. Ricordo che mi veniva a prendere la sera al sindacato: gli davo le notizie e poi andavamo a bere insieme al bar. Rammento pure quanto si arrabbiava il corrispondente del Messaggero».

Marini, è vero che Berlusconi le ha regalato una pipa?
«Questa è una leggenda! (Si alza e va a prendere la pipa incriminata, ndr). Guardi qua: è una bellissima Dunhill che Letta mi regalò quando persi una pipa a casa sua. Questa è la vera storia».

La pipa allora è di Letta, non di Berlusconi.
«Sì ed è una pipa... che mi ritrova sempre. L'ho dimenticata una volta in un ristorante di Civitavecchia e a distanza di due anni me l'ha riportata il ministro Fioroni perché l'oste l'aveva conservata. Poi l'ho persa una sera a una festa e il giorno dopo me l'ha rimandata il capogruppo dell'Udc Francesco D'Onofrio».

Ma quante pipe ha, presidente?
«Diciamo che supero le 100... abbondantemente».

Ha figli?
«Uno: un maschio, bravo e intelligente, che fa l'ingegnere in Scozia».

Che padre è stato?
«Ovviamente non stavo molto a casa nemmeno quando era piccolo. Però ritengo di essere stato capace di lasciargli in testa l'idea che fossi in qualche modo sempre presente. La mattina lo portavo a scuola saltando anche delle riunioni sindacali importanti e mi interessavo a tutto quello che faceva telefonando in continuazione. E' chiaro che sono stato aiutato da mia moglie, che è una donna in gamba. Lei faceva il medico ma si è dedicata molto a nostro figlio. Comunque, se debbo tirare le somme, non l'ho trascurato».

E' nonno?
«No, purtroppo. Lo dico sempre a mio figlio di darmi un nipotino».

Ma quanti anni ha suo figlio?
«Trentuno».

Troppo presto, allora.
«Infatti l'ultima volta che gliene ho parlato lui mi ha chiesto: "Ma tu a che età ti sei sposato?". Gli ho risposto: A 32. E mio figlio: "Allora, papà, smetti di rompere..." (Risata)».

Le piace la tv?
«Ammetto di avere con la televisione un rapporto inesistente: la sera preferisco leggere. Niente roba di politica, ovviamente».

Ha un rimpianto, un pentimento?
«Forse, se penso al periodo in cui volevo fare assolutamente il segretario della Cisl... Ci sono cose che non rifarei, anche rispetto al rapporto con gli altri».

Cosa non sopporta negli altri?
«Sono tollerante, anche troppo, però non concepisco quelli che si fermano davanti a ogni minima difficoltà. Nella vita, come in politica, ci vuole coraggio. Lo dico sempre ai giovani: Non chiedete, se volete affermarvi dovete rischiare. Questa è la logica della vita. Invece c'è un sacco di gente che non lo fa e poi magari si lamenta».

Qual è il suo peggior difetto?
«E legato a una mia qualità: sono portato a decidere subito. Ma capisco che se questa capacità non è ben governata diventa un difetto perché fa sbagliare. E infatti mi ha portato a compiere degli errori».

E vero che lei è un grande intenditore di vini?
«Passo per tale, anche se devo ammettere che sono io stesso a fomentare questa fama (risata)! La storia è venuta fuori quando con l'allora ministro della Giustizia Oliviero Diliberto abbiamo organizzato una sfida tra vini sardi e vini abruzzesi in un posto bellissimo, Barisciano, la capitale degli alpini del Gran Sasso. E' finita pari, anche se non era giusto! Gli arbitri erano Fabio Mussi e l'allora vicepremier Sergio Mattarella... che venne sorpreso a bere acqua!».

Sul Gran Sasso, per le vacanze, chi porterebbe con sé: Romano Prodi o Walter Veltroni?
«Nessuno dei due! Si figuri se porto gente che fa politica. In vacanza vado con mia moglie, un po' di libri... e con mio figlio, quando si concede!».

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