Il Presidente: Articoli

Chi ha investito sull'Europa raccoglie i frutti della coesione

Articolo pubblicato dal quotidiano "Il Sole 24 Ore"

22 Marzo 2007

di FRANCO MARINI

Celebrare l'anniversario della firma dei Trattati di Roma non vuole e non deve essere un prevedibile rito. Mi piace pensare a una sorgente a cui tornare per attingere la forza politica e morale che generò un evento destinato a segnare e mutare la storia dell'Europa e dei suoi popoli.

Nel marzo 1957, in Campidoglio, muoveva i suoi primi passi quella che fu chiamata la "piccola Europa". "Piccola" solo nei confini iniziali, ma già grande per i Paesi che si riconoscevano e, soprattutto, per la loro prospettiva aperta al sogno dell'integrazione del continente.

I rappresentanti dei Governi convenuti a Roma per la firma erano consapevoli di compiere un primo coraggioso passo per la realizzazione di un grandioso progetto, non limitato alla cooperazione economica. Più ampia era la loro prospettiva storica e politica. Come affermò il ministro degli Esteri italiano Gaetano Martino «se il nostro orizzonte è necessariamente politico, il punto dal quale muoviamo è di natura essenzialmente morale».

Quei Paesi stavano compiendo un'enorme opera di pace e di sviluppo. Un investimento, si direbbe con linguaggio economico, che come era nelle attese e nelle speranze di quella classe politica si è dimostrato un ottimo investimento per quegli stessi Paesi e per gli altri che, successivamente, hanno aderito alla famiglia dell'Unione.

Gli straordinari risultati positivi di questa impresa sono di fronte a noi. I valori civili e culturali dell'Europa costituiscono un modello di equilibrio e di coesione nel mondo globalizzato. Le nostre merci circolano liberamente senza barriere e con regole di sicurezza condivise. La moneta unica sta trascinando la crescita finanziaria ed economica di tutti i nostri Paesi. Centinaia di migliaia di giovani si muovono tra le Università del continente.

La forza attrattiva ha consentito che, fino ad ora, l'Unione estendesse i suoi confini a ventisette Stati. Anche questo elemento deve costituire uno stimolo affinché si determini una concreta iniziativa per far ripartire il cammino del Trattato costituzionale così necessario perché la macchina dell'Unione trovi il passo adeguato al tempo nuovo che le nostre società si trovano a vivere.

La storia e la realtà consegnano all'Europa responsabilità forti e impegnative sullo scacchiere internazionale. Oggi dobbiamo avere l'occhio particolarmente attento a quanto accade e si determina a ogni latitudine, in coerenza con il disegno primigenio dei padri fondatori che pensarono l'Europa forza di pace e di democrazia nel mondo.

Mi piace ricordare il ruolo centrale dei Parlamenti, all'indomani della firma di Roma; essi furono subito protagonisti, approvando rapidamente, senza egoismi nazionali, quei Trattati che un impatto così rilevante avrebbero avuto sugli ordinamenti nazionali. Da allora molta strada è stata fatta. Il Parlamento europeo, come era negli auspici dei Fondatori, ha trovato il suo ruolo di co-legislatore e di organo essenziale per il controllo della vita dell'Unione.

Ma, rammentando costantemente il monito di Alcide De Gasperi, «l'Europa esiste, ma è ancora incatenata», dobbiamo fare di più per aumentare la consapevolezza e il consenso dei cittadini, interpretare e trasformare in opportunità positive le ragioni di scetticismo e di preoccupazione. E agire. Sono convinto che, oggi, proprio dai Parlamenti nazionali che rappresentano democraticamente i cittadini e le forze politiche dei singoli Paesi, può e deve venire quel contributo permanente in più, quella responsabilità continua e certa, che deve saper proporre e anche criticare, ma che deve sempre sostenere la vitalità, la costruzione e l'iniziativa della nostra casa comune.

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