Il Presidente: Articoli

«La battaglia è finita. Dialogo senza inganni»

Intervista al quotidiano "La Repubblica"

21 Maggio 2006

di Luigi Contu

I fischi ai senatori a vita hanno lasciato il segno e Franco Marini è preoccupato che le scorie della campagna elettorale restino depositate sugli scranni parlamentari per tutta la legislatura. Sa che il regolamento al Senato, dove si gioca la partita decisiva per l'esiguo vantaggio numerico che ha l'Unione, consente all'opposizione di essere determinante nella compilazione dell'agenda dei lavori. Per questo, nella sua prima intervista concessa da quando è stato eletto alla presidenza del Senato, Marini lancia un vero e proprio appello alle forze politiche e ai leader delle due coalizioni Romano Prodi e Silvio Berlusconi affinché facciano tutti gli sforzi possibili per favorire una convivenza costruttiva, nell'interesse generale del Paese e del funzionamento delle istituzioni, perché «ora il Paese si aspetta che chi ha vinto le elezioni, seppure di pochissimo, sia messo nelle condizioni di governare».

Presidente Marini, lei chiede dialogo e rispetto tra gli schieramenti. Ma i fischi ai senatori a vita sono stati un segnale eloquente che la tensione è ancora altissima.
«E' vero, se guardo a quanto è accaduto nel voto di fiducia non posso che essere pessimista. Voglio ribadire ancora oggi che i fischi ai senatori a vita sono inaccettabili, ingiustificabili sia dal punto di vista formale che sostanziale. La Costituzione è chiara sul ruolo affidato a queste personalità che hanno illuminato la vita dell'Italia. Nessuno può mettere in discussione tutto questo. Devo aggiungere che non consentirò episodi di questo tipo. Se non si fosse trattato di una votazione così delicata, la fiducia al governo, avrei sospeso la seduta e chiesto ai capigruppo di assicurare il rispetto totale di queste personalità che hanno il pieno diritto di esprimere il loro voto, come del resto è sempre stato, anche nel `94. Ma voglio ricordare che ho notato una certa superficialità anche in qualche senatore del centrosinistra...».

A che cosa si riferisce?
«Quando i senatori a vita hanno pronunciato il loro sì ci sono stati applausi da parte di alcuni esponenti del centrosinistra. Anche questo è stato un errore. Il voto nelle assemblee elettive è sacro e non si può né si deve commentare. Voglio sperare infine che i fischi, le parole di Berlusconi a Napoli, siano influenzati dal clima di questa campagna elettorale, magari dal desiderio di bucare il video nelle dirette televisive»

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Una speranza che appare lontana dalla realtà.
«Voglio essere ottimista. Il senso di responsabilità ce lo impone. Del resto proprio qui al Senato il dialogo è aperto. Osservo i capigruppo che si confrontano, cerco di incoraggiarli. Anche se è a loro che spettano le decisioni politiche. Credo che un primo banco di prova importante possa essere la ricerca di un accordo con le opposizioni per la scelta dei presidenti di commissione».

Nella Cdl si dice che è un tentativo dettato dalla convenienza, dalla consapevolezza che comunque la maggioranza non può esprimere tutte le presidenze di commissione.
«Il problema non è la convenienza ma la funzionalità delle istituzioni. Per questo auspico un accordo ampio, bipartisan, che magari coinvolga anche alcune commissioni della Camera. E che porti alla scelta di personalità condivise da entrambi gli schieramenti. E' un obiettivo ancora possibile, che va perseguito con convinzione e alla luce del sole perché deve essere chiaro che nessuno cerca intese con l'obiettivo di cambiare il responso delle urne. Faccio appello a tutti, non solo all'opposizione ma anche alla maggioranza che è uscita dal voto di fiducia affinché si facciano tutti gli sforzi possibili per fare funzionare le istituzioni».

Nel centrosinistra c'è chi teme che accordi simili possano snaturare le coalizioni, creare smottamenti e tentazioni di passaggi da uno schieramento all'altro...
«Vengo da una terra di pastorizia e sono contro le transumanze politiche. Una intesa per far funzionare le istituzioni non significa ricercare maggioranze variabili, fare inciuci. Per fortuna del nostro Paese le due coalizioni sono e vogliono restare alternative. Sono convinto che al di là della spaccatura che abbiamo riscontrato il 9 aprile gli italiani di entrambi gli schieramenti vedrebbero con soddisfazione una assunzione di responsabilità sia da parte di chi ha vinto sia di chi ha perso. C'è un convegno in questi giorni nelle Marche sulla situazione politica italiana dal titolo: "Nemico addio?". Ecco, quel punto interrogativo, per favore, togliamolo».

Le difficoltà che state affrontando al Senato sono dovute anche alla legge elettorale introdotta dal centrodestra a maggioranza. Può essere questo un altro argomento della sua strategia della distensione?
«Certamente. Purtroppo eravamo stati facili profeti nel dire che questa legge elettorale non avrebbe funzionato. Ora la dobbiamo cambiare. Ma a nessuno venga in mente di farlo con un colpo di mano. Anche qui, chiedo pazienza, dialogo e rispetto reciproco».

Uno degli effetti del ritorno del proporzionale si è visto negli interminabili vertici di Santi Apostoli, con Prodi assediato dalle richieste dei partiti, i veti incrociati, le tensioni fino all'ultimo dei sottosegretari. Uno spettacolo di cui non si sentiva il bisogno.
«La coalizione è variegata, copre un ampio arco politico anche per effetto della legge elettorale. Vogliamo dire che l'Unione è una falange macedone? No, non lo è. E non vedo neanche i frombolieri che tiravano i sassi con le fionde davanti alle legioni romane. E' composta da un ventaglio ampio di forze. Prodi ha fatto lo sforzo massimo che si poteva fare e mi pare che in conclusione abbia raggiunto un buon risultato. E' riuscito a costruire un equilibrio accettabile che consentirà al governo di andare avanti. E ha dato anche dei segnali importanti come l'aumento della presenza femminile nel governo. Le donne potevano essere certamente di più, ma è un fatto positivo che il loro numero sia passato da due a sei».

Con l'emergenza conti pubblici non sarà una navigazione tanto semplice, tanto più che l'ala sinistra dello schieramento è uscita rafforzata dal voto.
«Prodi ha davanti a sé un lavoro faticoso, come è naturale che sia. Ma avendo frequentato fino al giorno della mia elezione al Senato i meandri della coalizione posso testimoniare che accanto alle differenze reali c'è un grande senso di responsabilità da parte di tutti».

Anche da parte di Bertinotti? Si è appena aperta una polemica tra il presidente della Camera e il cardinale Ruini.
«La sua non mi è sembrata una polemica, così come non è stata polemica la risposta del cardinale Ruini. Certo io con le mie convinzioni e la mia cultura cattolica non avrei detto che il Papa sbaglia. Ma non vedo scandalo, Bertinotti ha la dote fondamentale di esprimere le sue idee sempre con civiltà e rispetto dell'interlocutore».

Resta il tema del rapporto tra il centrosinistra e le gerarchie ecclesiastiche che si battono contro le posizioni più laiciste all'interno del vostro schieramento.
«Noi che veniamo dall'insegnamento di Don Sturzo, De Gasperi e Moro non abbiamo molte incertezze. I rapporti tra Chiesa e Stato sono regolati in Italia dal Concordato e quelle regole vanno rispettate. Noi cattolici impegnati in politica dedichiamo l'attenzione che merita al magistero della Chiesa, ma poi la responsabilità delle scelte politiche resta esclusivamente nostra».

E al vostro interno? Pensa che le posizioni di laici e cattolici sui temi della vita, della famiglia e della ricerca scientifica possano convivere?
«Sì, credo sinceramente di sì. Purché tutti si abbia senso di responsabilità, si rispetti l'opinione altrui. Purché si abbia tutti quella che io chiamo la cultura del limite. Rispetto agli interrogativi che mettono in discussione il futuro dell'umanità nessuno può pensare di essere detentore di verità assolute».

Qual è la sua verità sui Pacs?
«Non ho verità. Registro con grande soddisfazione una apertura dei vescovi italiani verso le coppie di fatto composte da uomini e donne. Sulle coppie omosessuali dico che dobbiamo camminare sulla via dell'assoluto rispetto delle persone e delle loro scelte, trovando forme che garantiscano il rispetto di tutti i diritti che hanno le altre unioni civili. Oltre non vado: il matrimonio e la famiglia naturale sono un'altra cosa che non possono essere confuse con altre forme di convivenza».

Assumendo la responsabilità di presidente del Senato lei resterà lontano dal processo di costruzione del Partito democratico. In questi giorni la formazione del governo ha riportato tensione tra i due principali soggetti della fusione, Ds e Margherita. Il cammino del nuovo soggetto è già a rischio?
«Dopo l'89 e la sconfitta del comunismo, dopo quindici anni passati fianco a fianco con i Ds a tutti i livelli, dal governo nazionale agli enti locali, restando uniti sia nella vittoria sia nella sconfitta, penso che questo sia un processo irreversibile. Le culture cattolico democratica, socialdemocratica e liberale possono e devono convivere con l'obiettivo ambizioso di coniugare la libertà con la giustizia sociale. Agli amici della Margherita mando questo messaggio: apritevi alla società, il comunismo è finito, ma tenete ferme le vostre idee e la vostra capacità di presenza. Il Partito democratico nasce solo se questi tre grandi filoni del pensiero riformista lavoreranno insieme in condizione di parità, con la stessa dignità e la stessa forza. E questo lo dico agli amici dei Ds, che in qualche occasione mostrano la tentazione di ritenersi i più bravi».

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