Il Presidente: Discorsi

In ricordo di Marco Biagi

Discorso pronunciato in Sala Zuccari al convegno sul tema "Relazioni industriali e dialogo sociale, quale agenda per il dialogo tra le Parti sociali e tra queste e il Governo"

14 Marzo 2008

Amici di Marco Biagi,
Signore e Signori,
ho accolto con piacere la proposta dell'Associazione Amici di Marco Biagi di ospitare in Senato una occasione di ricordo di una persona che ha dato un importante contributo professionale, culturale e civile, e che, proprio per questo suo contributo, fu tragicamente uccisa da mano terrorista.
La memoria di Biagi è oggi l'occasione per un Convegno su di un tema fondamentale per il nostro Paese " Relazioni industriali e dialogo sociale, quale agenda per il dialogo tra le Parti sociali e tra queste e il Governo " per il quale sono previsti importanti interventi dopo questo mio breve saluto.

Del professor Biagi - e del suo contributo scientifico e intellettuale che si è maturato lungo tutti gli anni Novanta fino alla tragica morte - credo si debbano conservare alcune importanti linee di riflessione, importanti anche per il tema dell'incontro di oggi.
La prima è quella dell'attenzione ai fenomeni e alle riforme dei Paesi a noi più vicini, la capacità costante di lettura e di considerazione delle esperienze internazionali.
Dunque una visione aperta, europea, del lavoro e della sua organizzazione giuridica e sociale.

Biagi era ben consapevole dei limiti della nostra organizzazione sociale e del lavoro, e sosteneva che "ignorare le richieste di modernizzazione provenienti dall'Europa sarebbe in fondo una scelta egoistica, propria di chi pensa a se stesso e non immagina un futuro migliore per i propri figli"
Una visione non ideologica, ma fortemente pragmatica, che rispettava il ruolo e la funzione di ciascuna delle Parti del dialogo sociale e della concertazione: i Sindacati del lavoro, le Organizzazioni delle imprese, il Governo e il Parlamento.

Nel suo pensiero e nella sua preoccupazione tutte le diverse esigenze dovevano avere cittadinanza, nell'impegno responsabile a cooperare per individuare e attuare soluzioni, anche graduali, di riforma.
Alla luce di queste considerazioni credo che - volendo contribuire a definire un'agenda dei problemi più urgenti da porre alla base del confronto sociale odierno fra le Parti sociali e fra queste e il Governo - due problemi risaltano in modo netto.

Il primo riguarda la situazione salariale.
Una recente classifica OCSE ci colloca al 23° posto fra i Paesi sviluppati come livello dei salari.
Credo che per uscire da questa difficile situazione, che ha riflessi su tutta la nostra economia, perché deprime la domanda interna e la stessa crescita, si debba puntare a rilanciare la contrattazione, soprattutto quella decentrata e aziendale, a collegare meglio la crescita dei salari alla produttività, a favorire politiche di sviluppo reale che consentano anche un realistico alleggerimento del carico fiscale, specie per le fasce dei redditi più bassi.

E il secondo punto riguarda i giovani e la necessità di trovare un migliore equilibrio tra flessibilità e precarietà.
Si è creata in Italia una situazione non più sostenibile: troppi giovani ritardano per troppi anni l'ingresso stabile nel mercato del lavoro e sono bloccati da contratti precari, a tempo limitato, da forme di collaborazione che possono essere accettate solo in una fase iniziale di prova, di tirocinio.
L'eccesso di precarizzazione rischia di minare anche la possibilità per migliaia di giovani di poter fare scelte e progetti esistenziali stabili e strutturati.

La flessibilità necessaria ai sistemi economici e produttivi moderni deve trovare una migliore regolazione nei rapporti tra i lavoratori e le aziende, e deve anche trovare le giuste incentivazioni e protezioni sociali.
Ma altra cosa è la confusione tra flessibilità necessaria e precarietà, e il ricorso a quest'ultima condizione come soluzione diffusa, specie verso i giovani, per avere la flessibilità del fattore lavoro.
Dobbiamo costruire un equilibrio più forte tra questi fenomeni e queste esigenze. Un equilibrio che guardi ai giovani e alla loro partecipazione al lavoro in modo moderno e responsabile.

Dobbiamo recuperare quel senso di moderazione che il professor Biagi sempre lasciava trasparire nei suoi scritti e nelle sue valutazioni.
L'equilibrio e la moderazione dei veri riformisti che conoscono la fatica del cambiamento e che accettano che questo maturi gradualmente, in modo da essere veramente profondo e positivo.



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