Il Presidente: Interventi in Assemblea e in occasioni istituzionali

In memoria di Severino Lavagnini

12 Marzo 2003

Severino Lavagnini era nostro collega e, nella sua qualità di Questore del Senato, era uno dei miei principali collaboratori. Ma, soprattutto, era una persona la cui scomparsa ha profondamente rattristato tutti noi che con lui abbiamo lavorato assieme.

Posso testimoniare personalmente che, fino agli ultimi giorni, egli si è dedicato con passione, dedizione e competenza al suo lavoro di senatore e amministratore del Senato. Ancora poche settimane fa, all''ultimo Consiglio di Presidenza, quando nulla lasciava a noi presagire una fine così improvvisa, egli ci aveva portato il suo contributo di saggezza, moderazione e concretezza. Lo stesso per cui era apprezzato in tutti i banchi della nostra Assemblea e che gli avevano guadagnato il rispetto dei suoi alleati e dei suoi avversari.

Per lunghi anni Lavagnini è stato uno dei protagonisti della vita pubblica del Lazio. Aveva iniziato la sua attività pubblica ricoprendo l''incarico di sindaco di Montecompatri. Un legame con il territorio che lo avrebbe accompagnato anche nella seconda parte della sua esperienza politica. Questo interesse per le questioni legate alla dimensione locale del governo lo aveva fatto approdare alla guida dell''Istituto "Martini", dove aveva condotto una serie di ricerche e di studi sulla realtà sociale ed economica della regione. Non era un teorico, però. Col senso spiccato della concretezza e dell''amministrazione, gli interessavano i problemi di tutti i giorni e di tutti i cittadini: l''assistenza agli anziani, le tossicodipendenze, la sanità pubblica, l''agricoltura, i trasporti, la protezione della natura, per cui riuscì ad ottenere qualche buon risultato come parlamentare.

Era arrivato in Senato nel 1994 e sempre confermato a Palazzo Madama dai suoi elettori dei Castelli Romani. Nello scorcio finale della passata legislatura, per oltre un anno e mezzo, aveva ricoperto il delicato incarico di sottosegretario dell''Interno. E proprio in questa veste aveva presieduto la Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali: lì tornava l''antica passione per gli organismi decentrati del governo.

Ciascuno di noi lo ricorda per come ha interagito con lui e in quel ricordo mette inevitabilmente parte di sé. Mi affido, per consegnarlo alla memoria di tutti, alla sua attività a Palazzo Madama. Un aspetto spiccava. Severino Lavagnini faceva parte di quel novero - non molto esteso, per la verità - di parlamentari che non stanno alla costante ricerca dei riflettori, delle luci della ribalta. Era tuttavia assiduo nella partecipazione ai lavori delle Commissioni e dell''Aula, e fece sempre il suo dovere di legislatore con compostezza e senso del dovere. Ha lavorato parecchio: primo firmatario di 33 disegni di legge, di cui uno divenuto legge, relatore di 4 progetti di legge, autore di 88 interrogazioni, sono un bilancio di tutto rispetto. Quanto alla legge che egli era riuscito a condurre in porto nel novembre del 2000, essa recava disposizioni in materia di incendi boschivi. Non a caso, anche in questa legislatura, dai banchi dell''opposizione e nonostante il gravoso impegno di Senatore Questore - ovvero di componente del ristretto collegio di senatori cui spetta la responsabilità di amministrare una parte consistente delle attività di Palazzo Madama -, aveva voluto restare fedele ai temi ecologici come membro della Commissione ambiente.

Il suo atteggiamento politico era decisamente realista. Vecchio militante del Partito Popolare ed esponente del cattolicesimo democratico, non aveva esitato a sostenere il progetto della Margherita, che - evidentemente - riteneva adatto ad affrontare la nuova stagione della vita italiana, caratterizzata da una tendenza verso un sistema bipolare dell''alternanza. L''aveva accettata, questa alternanza, passando dai banchi del governo a quelli dell''opposizione, meglio di altri, senza senso di frustrazione o sentimenti di rivincita che non fossero la preparazione di un''altra alternanza. In questo senso, senza alcuna concessione allo sdegno che talvolta colpisce chi prova quell''esperienza, ma, al contrario, senza abdicare ai suoi valori di cattolico democratico, Severino Lavagnini aveva accettato la sfida di questi tempi storici e politici nuovi.

A noi, suoi colleghi, mancheranno il suo attaccamento alle istituzioni e il suo esempio di impegno quotidiano. A coloro che lo avevano votato, ma anche a quanti non lo avevano sostenuto, mancheranno la cura e l''assiduità con cui li rappresentava in Parlamento. Ma, ancora di più, molto di più, mancherà il suo affetto di marito e di padre alla Signora, ai suoi figli, ai suoi familiari. A loro rinnovo i sentimenti di cordoglio e di solidarietà del Senato e miei personali.

Credo che la fede religiosa abbia confortato Severino Lavagnini nell''estremo tramonto della sua vita. Per chi crede è un motivo in più per essere ancora in comunità con lui. Per gli altri, per tutti, resterà l''esempio di un uomo che aveva deciso di spendere la sua vita al servizio dei nostri problemi.

E' una vita difficile, la nostra di rappresentanti dei cittadini e delle istitituzioni: piena di impegni, di passioni, di contese, di successi, di fallimenti, di tentativi e poi ancora di tentativi. Tanto piena è questa nostra vita che spesso ci dimentichiamo di tante sue dimensioni più familiari, più intime, più umane. Se, lasciandola, qualcuno potrà dire, come noi diciamo di Severino Lavagnini, che ne ha còlto e conservato una traccia, un segno, un punto, allora, questa vita, oltre che consumata, l''avremo onorata e portata a testimonianza di altri.

Il resto è mistero, che ciascuno, con discrezione e rispetto, lascia sciogliere alla propria coscienza. Credo che Lavagnini la intendesse così. E spero che in ciò trovino un minimo di consolazione coloro che gli furono più vicini e gli vollero bene.



Informazioni aggiuntive

FINE PAGINA

vai a inizio pagina