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Scaffale della memoria

Pasquale Villari, Discorso sul generale Giuseppe Garibaldi

immagine di GaribaldiLa breve orazione pronunciata nell'Aula magna dell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze da Pasquale Villari - allora deputato e docente di storia moderna - il 29 giugno 1882, in occasione della morte di Giuseppe Garibaldi avvenuta il 2 giugno di quell' anno, appare già a una prima lettura un mirabile esempio di eloquenza, mai disgiunta dalla profonda capacità di analisi che connotò l'opera dello storico. La figura dell'Eroe dei Due mondi viene tratteggiata con particolare icasticità, alla luce del principio ispiratore di tutta la riflessione storiografica di Villari, cioè la nozione che "l'uomo è nato a vivere per gli altri, e solo in ciò può ritrovare la sua felicità; che esso è fatto dalla natura in maniera che tutto quello che, nella sua vita intellettuale e morale, non riesce a santificar col dovere, resta profanato e decade", come egli afferma nei Saggi critici di storia, letteratura, arte, filosofia. Il discorso è dunque pervaso da un'ammirazione sincera per il Generale, mitigata tuttavia da un senso critico nei confronti delle umane vicende, che Villari eresse a metodo e strumento d'indagine al fine di ravvisarne l'esatta portata e comprenderne motivazioni e sviluppi; così, in un afflato idealistico benché mitigato da una scrupolosa volontà di ricerca, viene ripercorsa l'avventurosa lotta garibaldina, dalle battaglie a difesa dei popoli sudamericani oppressi alla gloriosa epopea della Repubblica romana, dalla Seconda guerra d'indipendenza all'impresa dei Mille, fino alle campagne in Francia.

L'intensa attività di studi sociali che farà del Villari uno dei fondatori del meridionalismo liberale, nella tradizione inaugurata con la "Rassegna settimanale" di Franchetti e Sonnino fino a Giustino Fortunato e oltre, si riverbera in questa commemorazione, pubblicata per i tipi di Le Monnier, in cui s'intende cogliere, nelle gesta garibaldine, la "psicologia dei popoli" attraverso la vita di un grande uomo, paradigma e nobile espressione della coscienza nazionale. L'ottica disincantata con cui Villari guarda al movimento risorgimentale, accusato di aver dato luogo a un rinnovamento solo esteriore del Paese, trova spazio nella riflessione sul rapporto tra il Generale e le masse del Mezzogiorno, catalizzate dalla sua superiorità morale, prima ancora che bellica; ed è l'Eroe dei Due mondi, nella valutazione critica dello storico, "il più efficace strumento di unificazione" di quell'Italia divisa che con Garibaldi manifesta la parte migliore di sé. La magnanimità del condottiero nizzardo rappresenta il filo conduttore di tutta l'allocuzione, coerentemente con l'ideale civile affermato dal Villari nelle sue opere quale elemento genuino dell'identità nazionale, da opporre al degrado morale e politico iniziato nel Rinascimento e affermatosi sempre più attraverso i secoli nel segno della sottomissione allo straniero, come enunciato nella Storia di Gerolamo Savonarola e nel Niccolò Machiavelli.

Nella visione del Villari, l'eredità più alta di Garibaldi è appunto l'aver sacrificato la propria esistenza "a quello che a lui pareva diritto e giustizia"; in questo afflato morale si può ravvisare l'elemento caratterizzante del lavoro del grande storico, alla luce del quale si orienta il suo pensiero critico, nella consapevolezza che "quando gl'interessi locali e le passioni individuali ... tornassero a svegliarsi, noi dovremmo temere per la patria"; notazione, questa, oggi quanto mai valida, a dimostrazione che la storia, nel senso tucidideo del termine, va considerata "possesso per sempre", monito per le presenti e le future generazioni.

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