Atto n. 1-00226 (procedura abbreviata)

Pubblicato il 17 dicembre 2009, nella seduta n. 305
Ritirato

Note: (Testo 3)

FRANCO Vittoria , FINOCCHIARO , ZANDA , LATORRE , CASSON , ADAMO , ADRAGNA , AGOSTINI , AMATI , ANDRIA , ANTEZZA , ARMATO , BAIO , BARBOLINI , BASSOLI , BASTICO , BERTUZZI , BIANCO , BIONDELLI , BLAZINA , BONINO , BOSONE , BRUNO , BUBBICO , CABRAS , CARLONI , CAROFIGLIO , CECCANTI , CERUTI , CHIAROMONTE , CHITI , CHIURAZZI , COSENTINO , CRISAFULLI , D'AMBROSIO , DE LUCA , DE SENA , DEL VECCHIO , DELLA MONICA , DELLA SETA , DI GIOVAN PAOLO , DONAGGIO , D'UBALDO , FERRANTE , FILIPPI Marco , FIORONI , FISTAROL , FOLLINI , FONTANA , GALPERTI , GARAVAGLIA Mariapia , GARRAFFA , GASBARRI , GHEDINI , GIARETTA , GRANAIOLA , ICHINO , INCOSTANTE , LEDDI , LEGNINI , LIVI BACCI , LUMIA , LUSI , MAGISTRELLI , MARCENARO , MARCUCCI , MARINARO , MARINI , MARINO Ignazio , MARINO Mauro Maria , MARITATI , MAZZUCONI , MERCATALI , MICHELONI , MILANA , MOLINARI , MONGIELLO , MORANDO , MORRI , MUSI , NEGRI , NEROZZI , PAPANIA , PASSONI , PEGORER , PERDUCA , PERTOLDI , PIGNEDOLI , PINOTTI , PORETTI , PROCACCI , RANDAZZO , RANUCCI , ROILO , ROSSI Nicola , ROSSI Paolo , RUSCONI , SANGALLI , SANNA , SBARBATI , SCANU , SERAFINI Anna Maria , SERRA , SIRCANA , SOLIANI , STRADIOTTO , TEDESCO , TOMASELLI , TONINI , TREU , VERONESI , VIMERCATI , VITA , VITALI , ZAVOLI

Il Senato,

premesso che:

il rapporto tra la figura della donna offerto dai media ed il ruolo della donna nella realtà, a causa della rappresentazione distorta che ne fanno i mezzi di comunicazione, ricorrendo ai soliti stereotipi riduttivi e limitati, è senza alcun dubbio gravemente compromesso;

negli ultimi anni la condizione generale delle donne in Italia è regredita al punto tale che l'immagine prevalente che ne deriva è quella degradata di un oggetto di sfruttamento sessuale, da valutare soprattutto per la prestanza fisica e la giovane età;

la triste immagine che emerge del mondo femminile, così come rappresentato dai media, è quella di giovani donne attratte da un modello femminile basato sulla possibilità di ottenere un facile successo, di "diventare famose" usando il proprio corpo anche a costo di stare "nude e mute" sulla scena;

la grande visibilità e, purtroppo non di rado, il miraggio di successo e di guadagni economici che le giovani donne acquistano solo grazie a qualche apparizione televisiva hanno portato inevitabilmente alla convinzione che cultura, talento e impegno non siano assolutamente requisiti necessari per ricoprire ruoli anche importanti;

risultato della diffusione deteriore di una certa immagine della donna è l'idea che sia sufficiente apparire per essere, per esistere, per dare un senso alla propria vita, come dimostrano le ricerche più recenti;

spesso, come dimostra il recente documentario presentato da Lorella Zanardo, dal titolo esemplificativo "Il corpo delle donne" le immagini e le modalità con le quali le donne vengono rappresentate sono lesive della loro dignità;

a conferma di ciò, basti pensare che Bruno Vespa, presentando il premio Campiello 2010, ha introdotto una delle vincitrici, la giovane scrittrice Silvia Avallone, attirando l'attenzione sul suo décolleté;

premesso inoltre che:

un'indagine del Censis del 2006, svolta nell'ambito del progetto europeo “Women and Media in Europe”, ha dimostrato come l'immagine della donna offerta dalla televisione italiana sia stereotipata e molto spesso non corrispondente all'effettivo ruolo ricoperto dalle donne nella realtà della vita quotidiana;

dall'indagine, durata due anni, che ha considerato i generi televisivi dell'informazione, dell'approfondimento, della cultura e dell'intrattenimento attraverso l’analisi dei contenuti di 578 programmi televisivi sulle sette emittenti nazionali (Rai, Mediaset, La7), è emerso in modo inquietante come l'immagine della donna sia soprattutto quella della "donna dello spettacolo", patinata, sempre giovane e di bell'aspetto;

lo spazio offerto alla figura femminile è di solito ampio, ma generalmente "gestito" da una figura maschile: di conseguenza le donne, pur essendo spesso protagoniste della situazione o della vicenda rappresentata, lo sono nel ruolo di "oggetto" del racconto;

falsata ed edulcorata è poi la rappresentazione del mondo femminile: non si parla quasi mai delle donne impegnate nella politica, delle donne anziane, delle donne disabili, così come solo nel 9,6 per cento dei casi la donna sembra appartenere ad un ceto medio-basso. Lo status sociale rappresentato prevalentemente è quello medio-alto cui appartengono solo donne ben vestite e truccate, attente alla cura dell'aspetto fisico;

nei programmi di intrattenimento il conduttore è quasi sempre un uomo mentre della donna, mostrata in abiti succinti, si sottolineano le "doti" della giovinezza, bellezza, malizia e spregiudicatezza e solo in pochi casi le doti artistiche, culturali o le qualità umane;

al contrario, nei programmi di informazione la donna compare soprattutto all'interno di servizi di cronaca nera, protagonista di vicende drammatiche in cui appare o come vittima di violenze, stupri e prevaricazioni, o come "carnefice" (basti pensare a tutta la serie di "madri assassine" di cui la cronaca ha parlato negli ultimi anni), vicende in cui i particolari più macabri o scabrosi sono dati in pasto al pubblico in una difesa ipocrita del "diritto di cronaca";

la mancata visibilità di donne che hanno successo in politica, nella ricerca scientifica, nell’imprenditoria, nella medicina, nella cultura contrapposta all'eccessiva visibilità delle partecipanti ai reality show o ai concorsi di bellezza ha come triste, ma inevitabile, conseguenza il fatto che gran parte delle adolescenti, di qualsiasi estrazione sociale e livello culturale, consideri quale obiettivo primario diventare una "velina" o, comunque, semplicemente apparire pur non avendo alcun talento da mostrare, utilizzando a tal fine non la propria cultura, ma la propria immagine di "corpo femminile" muto;

ciò crea un'immagine della donna divisa tra il mondo dello spettacolo e quello della cronaca nera: la donna o è bella, maliziosa, vincente e spregiudicata o è vittima. Tertium non datur. Secondo l'indagine è quindi associata ai temi dello spettacolo e della moda, della violenza fisica e della giustizia; quasi mai ai temi della politica, alla realizzazione professionale e all'impegno nel mondo della cultura;

nei programmi di approfondimento la conduzione è in mano agli uomini nel 63 per cento dei casi e quando le donne intervengono in qualità di “esperte” lo fanno soprattutto su argomenti come l'astrologia, la natura, l'artigianato e la letteratura;

paradossalmente sono le fiction ad offrire un'immagine più realistica della donna: le protagoniste delle storie sono donne che si sono realizzate nel mondo del lavoro (donne medico, magistrato, avvocato, commissari di polizia) o dotate di grandi qualità umane, capaci di assumersi importanti responsabilità nell'ambito del contesto in cui operano;

premesso inoltre che la situazione non appare migliore per quanto riguarda la rappresentazione della figura femminile sulla carta stampata. L'indagine ha rivelato come il linguaggio legato agli stereotipi, proprio della comunicazione televisiva indirizzata ad un pubblico indistinto, sia purtroppo lo stesso usato per la pubblicità che appare sui quotidiani, sulle riviste femminili ed anche sui settimanali di informazione politica e di attualità, apparentemente indirizzati ad un pubblico più selezionato rispetto a quello televisivo;

considerato che:

già nell'ormai lontano 2004, in un documento approvato dal Comitato di autoregolamentazione TV e minori sulla "Rappresentazione della donna in televisione" si denunciava "la riduzione dell’immagine femminile alle sue caratteristiche ed attrattive sessuali" e che "le modalità prevalenti, soprattutto nell’intrattenimento e nella pubblicità, restano quelle dell’ammiccamento erotico spesso volgare, specialmente fastidioso per l’effetto cumulativo";

in questo documento il citato Comitato TV e minori denunciava una preminente identificazione della donna con una funzione di sollecitazione sessuale del telespettatore-consumatore ed il richiamo ossessivo alla perfezione della bellezza femminile, che sembra legittimare, soprattutto per le giovani menti indifese, l'idea che la realizzazione delle persone, ed in particolar modo delle donne, passi inevitabilmente attraverso la ricerca della perfezione estetica ad ogni costo. Solo chi è bello ha diritto di esistere: è questo il desolante messaggio trasmesso troppo spesso dalla televisione;

è evidente l'effetto di questi messaggi, ripetuti all'infinito, sui bambini e sugli adolescenti: i bambini di oggi e i ragazzi di domani non potranno che considerare la donna essenzialmente come un "corpo", mentre le bambine e le ragazze saranno perennemente alla ricerca ansiosa ed ossessiva di un bel corpo da usare come arma di seduzione e come biglietto di ingresso nel mondo dello spettacolo;

l'affermarsi di questa subcultura che ha al centro una distorta rappresentazione-visione della figura femminile si può certamente, come detto, considerare una delle cause del dilagare di varie forme di violenza nei confronti delle donne da parte di uomini di tutti le età, non da ultimo da parte di minorenni in età pre-adolescenziale;

a conclusione del documento il Comitato TV e minori rivolgeva quindi un invito alle emittenti a prestare maggiore attenzione ai modi in cui vengono rappresentate le donne, soprattutto nelle pubblicità e nei programmi di intrattenimento, a favorire l’accesso delle tante straordinarie competenze e dei talenti femminili nel campo dello spettacolo affinché anche in questo campo potessero emergere l’intelligenza e la creatività delle donne piuttosto che il mero apparire ed, infine, ad individuare spazi specifici di critica televisiva relativa agli argomenti di interesse educativo per i minori;

l'invito del Comitato TV e minori è rimasto purtroppo disatteso;

inoltre, la Commissione bicamerale per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, già nel 1997, formulò un atto di indirizzo rivolto alla Rai con il quale invitava la stessa ad individuare le iniziative necessarie allo scopo di promuovere, al proprio interno, l'acquisizione di poteri e responsabilità da parte delle donne, in particolare attribuendo a uomini e donne uguale chance di carriera ed uguali possibilità formative e ad individuare le iniziative necessarie allo scopo di non trasformare la rappresentazione delle differenze di sesso e di genere in fattore di discriminazione individuale, culturale e sociale;

come è evidente da quanto premesso finora, si tratta di un problema gravissimo, a tutt'oggi irrisolto nonostante gli annunci e le buone intenzioni, le cui cause affondano le radici in modalità comportamentali iniziate più di 20 anni fa;

rilevato che:

il 15 aprile 2010, in occasione del dibattito "Donne e Tv nei media" tenutosi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, l'allora Ministro dello sviluppo economico, on. Scajola, affermò che un ruolo importante può e deve essere svolto dalla televisione e da tutti i mezzi di comunicazione, che sempre di più hanno la responsabilità sociale di promuovere un'immagine femminile moderna, fedele alla realtà, rispettosa della dignità umana, culturale e professionale delle donne;

nella stessa occasione, il Ministro riconobbe la necessità di un profondo cambiamento culturale, di «una maggiore "educazione" del pubblico, di un diverso approccio nel rappresentare sui mezzi di comunicazione l'immagine della donna, le sue esigenze, le sue aspirazioni» prospettando l'opportunità di adottare un codice di autoregolamentazione da parte degli operatori dei settori dell'informazione, dello spettacolo e della pubblicità, finalizzato «al rispetto della dignità delle donne e alla valorizzazione della figura femminile in tutte le sue espressioni»;

proprio in linea con questa esigenza, nell'elaborazione del nuovo Contratto nazionale di servizio Rai è stata dedicata particolare attenzione al ruolo femminile, anche recependo molte delle indicazioni contenute nell'appello "Donne e media";

considerato infine che:

nonostante negli ultimi anni sia aumentato il numero delle professionalità femminili all'interno del sistema radiotelevisivo pubblico (le giornaliste, le conduttrici, le inviate nelle zone di guerra), i posti di potere all'interno del sistema restano appannaggio degli uomini;

persiste una rappresentazione mediatica della figura femminile tristemente disancorata dalla realtà, in palese e stridente contrasto con i ruoli importanti ricoperti dalle donne negli ambiti professionali, sociali, culturali, familiari;

tutte le espressioni di discriminazione e di svalutazione della figura femminile sono tanto più gravi in quanto hanno un impatto negativo sulla promozione delle donne nel lavoro e nella carriera,

impegna il Governo:

ad assumere il parere della Commissione parlamentare di vigilanza Rai in sede di stipula del Contratto di servizio con la Rai 2010-2012 affinché il sistema radiotelevisivo pubblico, che rappresenta lo strumento principale di diffusione della conoscenza, svolga un'opera di sensibilizzazione al rispetto della diversità di genere e della dignità delle donne, finalizzata ad una corretta rappresentazione della figura e del ruolo delle donne ad alla rimozione di espressioni di discriminazione e degli stereotipi, lesivi della dignità delle stesse;

a promuovere campagne di informazione finalizzate alla diffusione ed alla valorizzazione del lavoro e delle opere delle donne nei campi artistico, culturale, scientifico e politico e ad adottare campagne di sensibilizzazione nelle scuole, in particolare nella scuola secondaria, per aiutare i giovani a difendersi dai messaggi discriminatori nei confronti delle donne e per evitare così il perpetuarsi di stereotipi che danneggiano le donne e il ruolo femminile nella società;

a promuovere l'acquisizione di poteri e di responsabilità da parte delle donne (empowerment) in tutti i settori della vita produttiva e sociale, in particolare nell'ambito dei media, con azioni antidiscriminatorie mirate, per il reale accesso delle donne alle posizioni dirigenziali nel sistema radiotelevisivo pubblico al fine di favorire la presenza femminile nelle posizioni apicali delle testate giornalistiche televisive pubbliche, e, più in generale, del sistema radiotelevisivo pubblico, in modo da incidere sulle scelte editoriali e di palinsesto e quindi sull'immagine complessiva delle donne offerta dalla televisione pubblica.