Giovedì 5 Luglio 2007 - 185ª Seduta pubblica (Antimeridiana)

(La seduta ha inizio alle ore 09:35)

Con l'assicurazione fornita dal presidente Marini che il provvedimento sarà calendarizzato quanto prima, il Senato ha deciso di rinviare in Commissione il disegno di legge n. 1327, che prevede una delega al Governo per la nomina elettiva dei giudici di pace, inserito all'ordine del giorno su proposta del Gruppo della Lega come provvedimento dell'opposizione ai sensi dell'articolo 53, comma 3, penultimo periodo, del Regolamento. Il rinvio, proposto dal presidente della Commissione giustizia Salvi (SD), è finalizzato ad un approfondimento della materia e alla riformulazione della norma di copertura a seguito del parere contrario della Commissione bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Il senatore Castelli (Lega), primo firmatario del provvedimento, ha rivendicato al proprio Gruppo la funzione di impulso per una completa attuazione del Titolo IV della Costituzione, nel quale è delineata una magistratura autonoma ed indipendente ma in raccordo con il popolo, tanto che il secondo comma dell'articolo 106 prevede la possibilità dell'elezione dei giudici onorari. Nella discussione sono inoltre intervenuti i senatori Massimo Brutti (Ulivo), Stracquadanio (DCA-PRI-MPA), Palermi (IU-Verdi-Com), Ferrara (FI), nonché Albonetti (RC) e Morando (Ulivo), questi ultimi in qualità di componente e di presidente della Commissione bilancio.

L'Assemblea ha quindi ripreso la discussione generale del disegno di legge n. 1447, di riforma dell'ordinamento giudiziario, avviata nella seduta n. 183, e nella quale si sono confermate le valutazioni precedentemente espresse dai Gruppi. Per la maggioranza sono intervenuti i senatori Magistrelli e D'Ambrosio (Ulivo), Bulgarelli (Verdi-Com) e Maria Luisa Boccia (RC), che hanno valutato positivamente il disegno di legge, che risponde all'esigenza di una riforma organica ma alternativa alla riforma Castelli, perché ripristina l'indipendenza della magistratura come tutela dell'interesse dei cittadini ad una giustizia imparziale, senza tuttavia compiacenze a richieste corporative. La separazione delle funzioni requirenti e giudicanti, con la possibilità di un numero limitato di passaggi ed il contestuale trasferimento di sede a garanzia della imparzialità del giudizio, è la migliore soluzione possibile una volta scartata la separazione delle carriere, che avrebbe implicato la subordinazione del pubblico ministero all'Esecutivo. Altri elementi positivi del testo licenziato dalla Commissione sono: l'assegnazione delle funzioni monocratiche solo dopo quattro anni di permanenza in carriera ed il superamento della prima valutazione, la temporaneità delle funzioni direttive ed il miglioramento delle norme sulla valutazione dei magistrati ai fini della progressione in carriera.

I senatori Del Pennino (DCA-PRI-MPA), Palma (FI) e Galli (Lega), pur riconoscendo i miglioramenti apportati dalla Commissione giustizia all'originario testo del Governo, hanno sottolineato i limiti del provvedimento che originano nell'incapacità della maggioranza di eliminare l'influenza delle correnti sulle carriere dei magistrati e di contrastare efficacemente le pretese della magistratura associata, che non intende riconoscere che una seria separazione delle funzioni è ormai un'esigenza ineludibile: i cittadini, infatti, giustamente pretendono di non essere giudicati dagli stessi magistrati che hanno svolto funzioni inquirenti. Inoltre, la previsione dell'accesso alla magistratura attraverso un concorso di secondo grado, come per la magistratura amministrativa e contabile, porrà inevitabilmente un problema di coerenza sotto il profilo retributivo. Il provvedimento indebolisce la riforma varata nella precedente legislatura, che invece rappresentava un deciso intervento riformatore in grado di incidere sui problemi strutturali, quali la lentezza dei procedimenti nonostante la pletoricità dell'organico della magistratura italiana.

Ad inizio seduta in vari interventi è stata riproposta la questione delle dimissioni del senatore Vernetti, che a detta dei senatori Calderoli (Lega), Matteoli (AN), Buttiglione (UDC) e Pastore (FI) non sarebbero state il frutto di una decisione personale, ma di un'imposizione del Governo, che per redistribuire ruoli ed incarichi in una maggioranza sempre più frammentata interferisce illegittimamente sulla composizione di un organo costituzionale eletto dal popolo. I senatori Manzione (Ulivo) e Di Lello Finuoli (RC) hanno invece sottolineato l'irritualità della decisione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari che ha consentito al senatore Bobba di optare per la proclamazione nella Regione Piemonte, decisione sulla quale gli accordi politici hanno pesato più delle valutazioni giuridiche. La senatrice Finocchiaro (Ulivo) ha invece sostenuto che il senatore Vernetti non ha subìto alcuna pressione nella sua decisione di rassegnare le dimissioni da senatore e che la deliberazione della Giunta è compatibile con la logica del sistema elettorale.

A conclusione della seduta il Presidente ha informato che nel corso della seduta pomeridiana, alle ore 19, il Governo riferirà sul rapimento nelle Filippine del missionario padre Bossi.

(La seduta è terminata alle ore 13:13 )



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