Legislatura 16ª - 11ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 17 del 30/07/2008
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La senatrice GHEDINI (PD) ritiene il decreto-legge n. 112 paradigmatico della linea politica e programmatica scelta dal Governo. Lo è certamente nel metodo, vale a dire nel modo in cui il decreto-legge incide sull'ordine procedimentale e sulla consuetudine delle leggi di programmazione economico-finanziaria. Non a caso il suo Gruppo aveva presentato in Commissione Bilancio un emendamento finalizzato a modificare l'articolo 1 del decreto-legge, giudicato tuttavia politicamente irricevibile dalla maggioranza, pur se nella sostanza apprezzato dal relatore. Ciò causerà a suo avviso gravi difficoltà allorché, in sede di esame del disegno di legge finanziaria, si manifesterà la necessità di mettere mano a misure di sostegno della crescita e dei redditi, atteso che il decreto-legge, in coerenza e continuità con il DPEF, prosegue secondo una linea di "sostanziale neutralità" in materia di crescita e sviluppo.
Assoluta coerenza si riscontra a suo avviso da parte del Governo anche nel reiterare l'approccio secondo il quale è sufficiente deregolare per far scaturire dal mercato e dalla società energie positive che consentano la crescita e lo sviluppo, approccio che rivela tuttavia carenze gravi e forti contraddizioni. Pur condividendo l'idea che il lavoro debba essere innovato nelle forme e nelle regole, non ritiene che ciò possa tuttavia avvenire se non attribuendo ad esso valore, nel convincimento che rappresenti fondamento civile e aspirazione identitaria. Si sofferma quindi sulle specifiche carenze del provvedimento, che ritiene manchi di qualsiasi politica di riduzione fiscale sui redditi da lavoro, assenza che, coniugata alla fissazione del tasso di inflazione programmato all'1,7 per cento, finirà per deprimere ulteriormente i redditi da lavoro e conseguentemente i consumi interni, cioè il mercato. Rispetto a questo tema, la defiscalizzazione degli straordinari le appare una misura di impatto quantitativamente modesto e segnatamente discriminatorio. Ulteriori carenze ella riscontra con riferimento a politiche che consentano di mobilizzare risorse nella direzione della flessibilità produttiva: non sussistono infatti elementi di politica attiva del lavoro utili a promuovere l'incontro fra domanda ed offerta e la qualificazione della medesima; la stessa misura sull'apprendistato rischia al più di segmentare, anziché flessibilizzare, il mercato. Il vuoto più evidente riguarda il lavoro femminile, atteso che, mentre non vi è traccia di politiche attive in tal senso, si riscontrano invece misure di forte penalizzazione, quali la revisione della disciplina dell'orario di lavoro e il rinvio agli accordi fra le parti, nonché la norma sulle cosiddette "dimissioni in bianco". Non sussistono inoltre misure significative di contrasto nei confronti del lavoro "nero" ovvero destinate a favorire l'emersione del cosiddetto lavoro "grigio", rispetto a cui le disposizioni relative al contratto occasionale accessorio risultano parziali, mentre sarebbe stato al contrario prezioso valutare le esperienze di alcune Regioni sull'utilizzo dei voucher nell'ambito dei servizi. Anche nel settore della pubblica amministrazione, di larghissima occupazione femminile, si interviene a suo giudizio ideologicamente pressoché soltanto con misure depressive o sanzionatorie, in assenza di un disegno organico realmente finalizzato alla trasparenza ed alla valorizzazione del merito.