Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00241
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Atto n. 1-00241
Pubblicato il 18 febbraio 2010, nella seduta n. 338
BELISARIO , LI GOTTI , GIAMBRONE , BUGNANO , CARLINO , CAFORIO , DE TONI , DI NARDO , LANNUTTI , PARDI , MASCITELLI , PEDICA
Il Senato,
presto atto che:
la relazione del Procuratore generale della Corte dei conti, svolta in occasione della inaugurazione dell'anno giudiziario in data 17 febbraio 2010, afferma che: "Il Ministero dell’Interno, i Comandi generali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno denunciato nel solo periodo gennaio-novembre 2009 rispettivamente 79+50+92=221 reati di corruzione contro la pubblica amministrazione; 92+79+48=219 reati di concussione; cui vanno aggiunti 745+757+212=1714 reati di abuso d’ufficio. Inoltre dall’analisi dei dati dell’attività operativa svolta dai Reparti della Guardia di Finanza emerge un deciso aumento delle denunce per fatti di corruzione e concussione accertati nel 2009, rispettivamente +229 per cento e +153 per cento, rispetto al 2008";
nel 2009 - secondo il Procuratore generale della Corte dei conti - è emerso un deciso aumento delle denunce per fatti di corruzione e concussione accertati, con un incremento fortissimo rispetto al 2008. Il fenomeno, per quanto riguarda i reati di corruzione, concussione e abuso d'ufficio continua a presentare carattere di gravità dal momento che deve comunque ritenersi che il numero delle denunce per fatti di corruzione e concussione accertati nel 2009 è fortemente aumentato rispetto all'anno precedente. Il Procuratore generale ha fatto riferimento alle 93 citazioni emesse dalle Procure regionali in materia soffermandosi anche sulle frodi comunitarie: per queste c'è stato un forte aumento delle sentenze, arrivate a toccare quota 60 per condanne di valore pari a 24.651.891 euro, mentre le citazioni sono state 145 per una cifra pari a 136.260.993 euro (nel 2008, ci sono state, rispettivamente, 57 sentenze per 15,5 milioni di euro e 92 citazioni per 67 milioni di euro). Anche se i numeri sull'espansione della corruzione risultano parzialmente disomogenei perché provenienti da fonti diverse e dunque difficilmente confrontabili, non c'è dubbio sul fatto che un incremento del fenomeno ci sia stato tra il 2008 e il 2009. I maggiori illeciti contro la Pubblica amministrazione rilevati dal Servizio anticorruzione e trasparenza indicano come territori più a rischio quelli in cui maggiori sono le opportunità criminali in considerazione del Pil pubblico più elevato, delle transazioni a rischio quantitativamente più numerose e del maggior numero di dipendenti pubblici. Come esempio vengono portate le Regioni Lombardia, Sicilia, Lazio e Puglia. Nel 2009, su 1.077 sentenze di condanna in primo grado della Corte dei conti (per un totale di circa 246 milioni di euro di importo), 126 (vale a dire l'11,7 per cento) hanno riguardato casi di corruzione, surclassati solo da danni nella gestione del personale (155 condanne, pari al 14,4 per cento), danni al patrimonio mobiliare e immobiliare (152 pari al 14,2 per cento) illeciti nelle entrate (150, pari al 13,9 per cento). Nel complesso, nel 2009 le denunce per i reati di corruzione sono aumentate del 229 per cento. Nel periodo gennaio-novembre 2009 ci sono state infatti 221 denunce per corruzione, 219 per concussione, e 1.714 per abuso di ufficio;
nei casi di illiceità che connotano la gestione di servizi pubblici locali, gli accertamenti giudiziali constatano l'esistenza di trascuratezze degli obblighi istituzionali da parte di amministratori e funzionari pubblici ed accertano il danno recato alle collettività;
corruzione e tangenti, secondo il Presidente della Corte dei conti, nel corso del 2009 non hanno accennato a diminuire, pesando sullo sviluppo del Paese in quanto tali fenomeni si verificano nell'ambito di gare di appalti, di realizzazione di opere pubbliche e lavori, di interventi di manutenzione su beni della collettività. Se le pervicaci resistenze che questa patologia sembra opporre a qualsiasi intervento volto ad assicurare la trasparenza e l'integrità nelle amministrazioni possono dirsi una sorta di ombra o di nebbia che sovrasta e avvolge il tessuto più vitale e operoso del Paese, non si può fare a meno di notare - per usare le parole del Presidente della Corte - che l'oscuramento resta tuttora grave, non accenna neppure lentamente a dissolversi o a flettere nella sua intensità ispessita. Alla malversazione vera e propria si affianca poi tutta quella serie di comportamenti che portano ad «un ingente spreco di risorse pubbliche» a partire dalle opere incompiute fino a tutti i fenomeni particolari di mala gestione;
premesso che:
il fenomeno della corruzione, che ha segnato un netto aumento nel 2009, volendo considerare con formula unitaria il reato così come rilevabile dagli artt. 317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis del codice penale, consiste in un comportamento posto in essere da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri dell’ufficio o del servizio;
l’illecito si realizza, secondo costante giurisprudenza, per il solo fatto dell’accordo tra il corruttore ed il soggetto pubblico (pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio) indipendentemente dallo svolgimento di una specifica attività da parte di quest’ultimo, tanto che se ne ammette la configurabilità per l’ipotesi di cui agli artt. 319 o 319-ter anche quando il singolo atto contrario ai doveri d’ufficio non sia stato individuato: in tal caso infatti è sufficiente che il pubblico ufficiale abbia la possibilità di interferire sull’operato della pubblica amministrazione;
il ruolo sempre maggiore che vanno acquisendo i finanziamenti comunitari europei in numerosi settori della vita economica ha spinto il legislatore italiano ad estendere le ipotesi di reato anche alla tutela degli organi dell'Unione europea, ed indirettamente del patrimonio statale attraverso l'introduzione (art. 3, comma 1 della legge 29 settembre 2000, n. 300) nel codice penale del reato di peculato, concussione, corruzione di membri degli organi dell’Unione europea, di loro funzionari e di Stati esteri (art. 322- bis);
oltre alle fattispecie penalistiche sopra delineate, la giurisprudenza della Corte dei conti fa rientrare nel concetto di corruzione anche altri illeciti che, commessi in pregiudizio della pubblica amministrazione ed in violazione di doveri d’ufficio, si concretano in comportamenti infedeli degli agenti pubblici, tali dovendosi considerare non soltanto i dipendenti pubblici nelle categorie penalistiche del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche le persone private, fisiche o giuridiche, a qualsiasi titolo inserite nell’organizzazione amministrativa dello Stato o di altri enti pubblici. Sono quindi riconducibili ad una tale nozione anche fatti di concussione, abuso d’ufficio e interesse privato in atti d’ufficio: tutti caratterizzati dal conseguimento di illeciti arricchimenti in denaro o di altra utilità, il cui costo viene addossato alla spesa pubblica in termini o di un diretto aumento di tale spesa o di una compressione di entrate tributarie a seguito della riduzione delle attività economiche legali;
considerato, inoltre, che:
il fenomeno della corruzione all'interno della pubblica amministrazione, inserita in un momento quale quello attuale caratterizzato da una gravissima crisi economica, rischia di incidere in maniera ancor più pesante sullo sviluppo economico del Paese, costituendo una vera e propria tassa immorale ed occulta pagata con soldi prelevati dalle tasche dei cittadini contribuenti;
altre gravissime conseguenze prodotte dalla corruzione sono quelle sul piano dell'immagine, della moralità e della fiducia nella pubblica amministrazione stessa da parte dei cittadini, delle imprese, degli osservatori e investitori stranieri: si pensi, pur con le dovute cautele, al Corruption perception index di Transparency international che pone l'Italia al 63° posto in graduatoria, subito dopo la Turchia e a pari merito con l’Arabia Saudita. Il Consiglio d'Europa nell'ottobre 2009 ha dichiarato molto seria la situazione italiana. Questi fattori costituiscono un ulteriore costo non monetizzabile per la collettività e rischiano di ostacolare (soprattutto, ma non solo, nell'Italia meridionale) gli investimenti esteri, minando al contempo la fiducia nelle istituzioni;
nel 2008 si è proceduto alla soppressione dell'Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione (articolo 68, comma 6, lettera a), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge n. 133 del 2008) e alla sua sostituzione con il Servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT) presso il Dipartimento della funzione pubblica (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 ottobre 2008). Tuttavia le dotazioni di questo nuovo organo risulterebbero essere ancora non ottimali;
rilevato che:
il 17 novembre 2009 è stata presentata la Relazione al Parlamento (relativo al periodo ottobre 2008 – ottobre 2009) del SAeT. Il documento si presenta come una “mappatura della corruzione”, dalle statistiche della delittuosità all’analisi della Corte dei conti. Nella sintesi di tale relazione si legge testualmente : "negli ultimi 5 anni, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, il problema centrale, prioritario, è quello di un rilevante numero di delinquenti, più o meno organizzati, che hanno scambiato la Pubblica amministrazione per una sorta di bancomat senza plafond. Oltre il 40 per cento dei reati contro la PA degli ultimi 5 anni riguardano, infatti, indebite percezioni di fondi e finanziamenti pubblici o truffe aggravate per la percezione di questi contributi: sono reati commessi da privati, che approfittano di una pubblica amministrazione senza antifurti, senza sistemi di difesa, analogamente a quanto fanno i ladri che scelgono gli obiettivi più facili";
il documento citato ricorda, con riferimento all'attività della Corte dei conti, che "nel 2008: sono state emesse dalle Sezioni giurisdizionali di I e II grado 110 sentenze su fatti di corruzione, nelle citazioni in giudizio delle Procure regionali sono stati contestati importi leggermente superiori ai 69 milioni di euro, mentre è più del doppio l’importo per quelle inerenti la distorsione del corretto utilizzo di contributi e finanziamenti (oltre 139 milioni di euro), ed è 20 volte superiore quella per episodi rientranti nella voce maladaministration, 1.386 milioni di euro". Oltre ad alcune piuttosto ottimistiche valutazioni sull'andamento reale del fenomeno rispetto alla percezione dello stesso da parte dei cittadini, purtroppo non confortate dai dati offerti dalla Corte dei conti con riferimento al successivo anno 2009, la relazione ricorda comunque che nella corruzione, «come in tutte le fenomenologie devianti e criminali esiste un problema di “numero oscuro”, di fenomeno sommerso, cioè di condotte illecite che sfuggono alla individuazione e non risultano dalle statistiche ufficiali»;
sempre il SAeT ha presentato in data 27 febbraio 2009 il rapporto sul fenomeno della corruzione relativamente al periodo 2004/2008; i dati contenuti in tale rapporto riguardano essenzialmente la corruzione "scoperta": numero e tipologia dei reati, numero delle persone coinvolte e regioni nelle quali sono stati commessi. La fonte principale di tali dati è il sistema d’indagine (SDI) del Ministero dell’interno, entrato a regime nel 2004, il quale raccoglie tutte le denunce presentate presso la totalità degli uffici di polizia giudiziaria (Carabinieri e Polizia di Stato, Direzione investigativa antimafia, Guardia di Finanza, Corpo forestale dello Stato, Corpi di polizia locali e Capitanerie di porto) ma che tuttavia trascura altre fonti quali: le specifiche fattispecie rilevate autonomamente dalle Procure Regionali della Corte dei conti; i reati perseguiti per iniziativa diretta dell’autorità giudiziaria ordinaria; le statistiche criminali del Ministero della giustizia; i dati delle autorità ed agenzie che vigilano sulle attività pubbliche di interesse strategico (come l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici); le rielaborazioni sistematiche della Guardia di Finanza;
in base ai dati aggregati pervenuti dalle varie fonti del SDI riportati nel rapporto SAeT, nel 2008 il numero delle denunce di reato connesse al fenomeno corruttivo sarebbero 3.197 e 10.846 le persone denunciate all’autorità giudiziaria ordinaria. Per quanto concerne la ripartizione territoriale, tra le prime 5 regioni per numero di denunce di reati collegati ai fenomeni corruttivi ben 4 (Sicilia, Campania, Puglia e Calabria) sono del Sud Italia. Nel rapporto si evidenzia in particolare come gli ambiti territoriali maggiormente colpiti dai fenomeni tangentizi siano le Regioni di grandi dimensioni, o meglio, quelle in cui insistono apparati amministrativi di grande rilievo; particolarmente esposte a fenomeni corruttivi risultano essere la Lombardia e il Lazio: la prima per l’elevato tasso di sviluppo economico-industriale e la seconda per la concentrazione di enti e di strutture pubbliche;
secondo i dati del Comando generale della Guardia di Finanza i settori della pubblica amministrazione maggiormente colpiti sono quelli della sanità, delle assunzioni del personale, della concessione di finanziamenti, quello degli appalti pubblici e (anche se in misura inferiore) i comparti dell’edilizia privata, dell’università, delle consulenze e dello smaltimento dei rifiuti. Per quanto concerne le modalità corruttive, il classico sistema di passaggio di denaro contante risulterebbe oramai in uso solo in ambiti locali ristretti o rivolto a funzionari aventi un basso profilo d’impiego mentre si delinea una evoluzione delle dazioni illecite mutuate da sistemi analoghi a quelli adottati per frodare il fisco: i corruttori costituiscono provviste di denaro mediante l’utilizzo di sovrafatturazioni di operazioni commerciali, fatturazioni di operazioni inesistenti, utilizzo di società cartiere, eccetera, mentre per la rimessa della dazione al pubblico funzionario i metodi impiegati sono quelli della fatturazione di compensi per presunte consulenze, rimborso di spese elettorali, rimborso di presunte spese di viaggio e/o di rappresentanza oppure, dazioni indirette mediante terze persone;
dai dati pervenuti dal Comando generale dell'Arma dei Carabinieri risultano, inoltre, 182 i soggetti arrestati e/o denunciati per istigazione alla corruzione: un incremento del 30 per cento rispetto all'anno precedente che segnala la percezione che soggetti privati, portatori di interessi illeciti, avrebbero la facile permeabilità degli apparati della pubblica amministrazione;
secondo quanto riportato dalla Procura generale della Corte dei conti nel Giudizio sul rendiconto generale dello Stato per il 2008, le Procure regionali della Corte dei conti hanno emesso per fattispecie relative alla corruzione di pubblici funzionari 205 atti di citazione nel solo anno 2008;
nel dettaglio, il 2009 ha visto una grande attività delle tre forze di polizia su questo fronte: il servizio anticorruzione del Viminale, i reparti specializzati dei carabinieri e della Finanza hanno "lavorato" da gennaio a novembre compreso, 1.714 denunce per abuso d'ufficio, 219 per concussione e 221 per corruzione. Dalla lettura di questi numeri grezzi, come rileva la Corte dei conti, emerge che: "il fenomeno continua a rappresentare caratteristiche di estrema gravità". Tuttavia, chiosa prudentemente la procura generale contabile, dalla lettura delle cifre fornite "perdura la difficoltà di incrociare banche dati diverse e archivi disomogenei";
per quanto riguarda la casistica dei fatti illeciti collegati al fenomeno della corruzione dei pubblici apparati accertati processualmente presso le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti di primo e secondo grado nel corso del 2008 (accertamenti che rappresentano ovviamente situazioni risalenti a diversi anni prima della definizione dei processi) sono state emesse 110 sentenze (78 in primo grado, di cui 68 di condanna, e 32 in grado di appello) su fattispecie per fatti di corruzione ascrivibili ad agenti pubblici con un assai significativo aumento del valore delle condanne (comprensive di danno patrimoniale ed all’immagine) che balza a oltre 117 milioni di euro dai 18,8 milioni di euro del 2007;
considerato inoltre che:
risulta evidente, dall'analisi delle varie fonti, come vi sia una marcata differenza quantitativa tra il numero dei fatti relativi alla corruzione denunciati da organi di polizia all’autorità giudiziaria, e dunque registrati nel SDI (3.000-3.500 all'anno secondo il citato rapporto SAeT), e i fatti portati a conoscenza delle Procure regionali della Corte dei conti, per l’eventuale esercizio dell’azione risarcitoria per danni patrimoniali e per danni all’immagine;
è noto che anche nell’ipotesi in cui non sia rilevabile un danno direttamente patrimoniale per la pubblica amminastrazione, la commissione di un reato di natura corruttiva sovente produce un disdoro dell’immagine della pubblica amministrazione, risarcibile in sede di giurisdizione contabile da chi, nell’esercizio di funzioni pubbliche, lo abbia arrecato. È evidente dunque l’esigenza che i dati trasmessi agli organi preposti vengano inoltrati come notitia damni anche alla cognizione delle Procure regionali della Corte dei conti per le attività istruttorie di propria competenza in modo da attuare una funzione non solo repressiva ma anche dissuasiva consentendo alle Sezioni giurisdizionali di pronunciarsi sul risarcimento di almeno una elevata quota dei danni patrimoniali arrecati alla pubblica amministrazione da funzionari infedeli;
come sottolineato dalla Procura generale della Corte dei conti nel Giudizio sul rendiconto generale dello Stato per il 2008 (del 25 giugno 2009) "nonostante la vastità del fenomeno corruttivo richieda ovviamente una decisa azione di contrasto affidata in primo luogo al legislatore perché assicuri un’idonea legislazione sull’organizzazione della pubblica amministrazione a tutela del principio costituzionale del “buon andamento della pubblica amministrazione” attribuendo alle forze dell’ordine l’azione repressiva di indagine e di denuncia al giudice penale e al giudice contabile della Corte dei conti"; "va però evidenziata l’insufficienza dell'azione repressiva in quanto, prendendo sostanzialmente atto di danni già verificati, costituisce un mero deterrente contro la corruzione “scoperta”, mentre è sul piano organizzativo che occorre insistere agendo sui comportamenti, sulle procedure, sulla trasparenza dell’attività amministrativa al fine di prevenire e/o limitare la probabilità che si realizzino gli eventi corruttivi descritti";
impegni in tal senso sono stati assunti dall'Italia con la firma (in data 9 dicembre 2003) della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4, ratificata con la legge n. 116 del 2009;
rilevato inoltre che:
a diciotto anni di distanza da tangentopoli, la questione morale è ritornata prepotentemente sulla scena, come testimonia il moltiplicarsi di notizie riguardanti gravi ipotesi di illecito, come ad esempio le recenti indagini della magistratura fiorentina su alcuni "grandi eventi" di Protezione civile;
l'impatto economico della corruzione è molto alto. A fronte di una stima, più o meno corretta, di 50-60 miliardi l'anno, che equivarrebbe, se corretta, a una "tassa occulta" di circa 1.000 euro l'anno a testa, l'Italia ha fatto ancora troppo poco in questo campo e, al di là dell'impatto economico e giuridico, esiste un impatto ancora maggiore sul piano dell'immagine e della questione morale;
la Corte dei conti denuncia da tempo il ritorno del malaffare, facendo emergere che il problema non è soltanto nel rapporto tra etica e politica ma è anche negli ingranaggi ordinari degli appalti pubblici e nel rapporto farraginoso tra cittadino e burocrazia. Nel frattempo la corruzione sembra essere diventata un vero e proprio "sistema" per spezzare il quale sono necessarie da subito regole chiare e severe che dettino requisiti stringenti per le candidature a cariche elettive, per l'assunzione degli incarichi di Governo e per la possibilità di concorrere alle gare pubbliche per appalti, forniture e opere nella pubblica amministrazione,
impegna il Governo:
a) ad assumere le opportune iniziative, anche attraverso il reperimento delle risorse necessarie, ai fini della promozione di politiche pubbliche incisive ed idonee alla prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione da attuare in particolare attraverso maggiore trasparenza nel procedimento amministrativo e nel rapporto con il cittadino e con gli operatori economici;
b) a valutare le opportune iniziative, anche di carattere normativo e regolamentare, volte:
1) all'ampliamento del regime delle ineleggibilità ed incompatibilità, per i soggetti titolari di cariche elettive pubbliche e di Governo - centrali e periferiche - condannati per i reati di corruzione;
2) a prevedere l'impossibilità, per gli imprenditori condannati per i reati di corruzione, di avere rapporti economici con la pubblica amministrazione, con particolare riferimento al divieto di concorrere alle gare pubbliche per appalti, forniture e opere nella pubblica amministrazione, prevedendo analoghe misure per le persone giuridiche di cui sia accertata la responsabilità in tali ambiti;
3) a prevedere, per i dipendenti pubblici e i dipendenti degli enti pubblici, economici e non economici, l'incompatibilità assoluta tra la condanna per reati di corruzione e la permanenza nei ranghi della pubblica amministrazione o degli enti di riferimento;
c) a sostenere l'approvazione degli Atti Senato n. 849 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999) e n. 850 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno) nei quali, anche nell’ottica di rispondere alle indicazioni rivenienti dagli organismi internazionali dei quali l’Italia è parte, viene sostanzialmente ridisegnato il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione (articolo 317 del codice penale) all’interno di quelle previste e punite dall’articolo 629 del codice penale (estorsione) e la condotta di concussione per induzione all’interno della nuova fatti specie di corruzione, la quale ricomprende in sè il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale attualmente vigenti, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore. In tal modo si prevederebbe da un lato di razionalizzare la normativa vigente, semplificando la classificazione delle condotte criminose e la valutazione del disvalore penale di ognuna di esse; dall’altro lato si conferirebbe rilevanza anche a quelle condotte le quali, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della pubblica amministrazione e idonee ad ingenerare dubbi sulla effettiva imparzialità ed efficienza della stessa, non risultano tuttavia in alcun modo sanzionate all’interno del sistema penale. Appare pertanto necessario introdurre la fattispecie del "traffico di influenze illecite" prevista specificamente dalla Convenzione di Strasburgo e volta a punire la condotta di tutti quei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo delle faccende corruttive nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione;
d) ad assumere con urgenza tutte le opportune iniziative, anche di carattere legislativo, per il rafforzamento dei sistemi di prevenzione e repressione dei fenomeni corruttivi, evitando ogni intervento che possa, direttamente o indirettamente, sia sul piano processuale che investigativo, affievolire gli strumenti di contrasto alla corruzione;
e) a voler quindi intraprendere - in luogo della introduzione di limiti irragionevoli al prezioso strumento d'indagine rappresentato dalle intercettazioni telefoniche o in luogo dell'introduzione nel codice di rito dell'istituto della fattispecie estintiva del processo per violazione del termine di durata stabilito in maniera assolutamente arbitraria ed apodittica, come sancito dal cosiddetto "processo breve" - una attenta e controllata semplificazione delle procedure, assicurando congrue dotazioni di personale e di mezzi agli uffici giudiziari e a tutti i presidi che, nella pubblica amministrazione, assicurano il contrasto alle attività corruttive. A tal proposito giova rammentare che il Procuratore generale della Corte dei conti, dott. Mario Ristuccia, ha affermato, in sede di inaugurazione dell'Anno giudiziario 2010, che la retroattività del processo breve vanificherebbe i giudizi non definiti nei tempi stabiliti. In tal modo, l'eventuale retroattività della disposizione «porrebbe irragionevolmente nel nulla proprio quei giudizi non definiti nei tempi stabiliti a causa della complessità delle questioni affrontate o della connessa necessità di particolari accertamenti istruttori. Occorrerebbe, altresì, una più analitica disciplina per governare i tempi del processo, anche sotto il profilo organizzativo, dando così concretezza al principio sancito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 255 del 1992, secondo il quale: "Fine primario ed ineludibile del processo penale non può che rimanere quello della ricerca della verità". Fine primario ed ineludibile del cosiddetto "processo breve" sostenuto dal Governo, appare invece quello di ostacolare in tutti i modi, se non impedire, la funzione giudiziaria processuale e, dunque, impedire artatamente la ricerca della verità anche per quanto concerne i delitti contro la pubblica amministrazione e l'amministrazione della giustizia;
f) ad intraprendere la strada del rafforzamento degli strumenti di indagine e di riforma del sistema processuale, intervenendo sulla struttura del procedimento penale per eliminare non il processo bensì gli ostacoli alla sua celere celebrazione, anche in ragione dei pressanti inviti rivolti in sede internazionale al nostro Stato con l'obiettivo di risolvere le gravi carenze strutturali del settore;
g) ad assegnare al SAeT congrui strumenti sia economici che logistici al fine di assicurarne l'ottimale funzionalità ed indipendenza e la possibilità di svolgere con efficacia i propri compiti istituzionali di contrasto e prevenzione del fenomeno della corruzione, e in particolare, quanto previsto nel Rapporto per il 2009 al Parlamento: sviluppo di un modello per la misurazione del fenomeno della corruzione; metodologie per l’analisi del rischio che ciascuna amministrazione dovrà adottare per procedere alla valutazione del rischio di corruzione; linee guida per la redazione del programma annuale di contrasto alla corruzione da rendere disponibile sul sito di ciascuna organizzazione e da comunicare al SAeT per la elaborazione del piano annuale nazionale anticorruzione; piano annuale nazionale di contrasto alla corruzione e per la diffusione della trasparenza nella pubblica amministrazione; sistemi di segnalazione interni all’amministrazione di rischi di corruzione per garantire la trasparenza ed il coinvolgimento di tutta la struttura alla lotta alla corruzione; programmi di formazione, anche con supporto e-learning, per accompagnare tutto il processo di introduzione di questi nuovi concetti ed elementi;
h) ad intraprendere il massimo sforzo nella repressione della corruzione e dei reati contro la pubblica amministrazione in particolare:
1) creando una banca dati comune sul fenomeno che superi le differenze e le incompatibilità tuttora esistenti tra le varie fonti;
2) garantendo un più stretto coordinamento e scambio di informazioni continuo tra le varie forze di Polizia impegnate a vario titolo nella repressione dei vari reati connessi al fenomeno;
3) assicurando la puntuale trasmissione delle notizie di reati di corruzione ai competenti uffici della magistratura contabile affinché attraverso le attività istruttorie sia possibile assicurare una riparazione di almeno una elevata quota del danno patrimoniale arrecato alla pubblica amministrazione da tali reati;
i) ad assicurare una azione coordinata a tutti i livelli, con regioni, province, comuni ed enti pubblici, per la prevenzione e il contrasto alla corruzione, avviando apposite campagne di sensibilizzazione presso i pubblici dipendenti, i cittadini e le imprese affinché denuncino alle competenti autorità le condotte corruttive;
l) a rafforzare e, ove necessario, ripristinare, gli opportuni e penetranti poteri di controllo della Corte dei conti e di tutti i presidi di legalità nel Paese, dal momento che il controllo della magistratura contabile sui conti pubblici e la gestione della spesa serve come arma forte nella lotta contro fenomeni delinquenziali nel campo della Finanza pubblica e a dare al cittadino una ragionevole certezza che la spesa pubblica sia conforme a quanto stabilito dalla legge.