Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00125
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Atto n. 1-00125
Pubblicato il 4 luglio 2007
Seduta n. 184
ALLEGRINI , MATTEOLI , AUGELLO , BALBONI , BALDASSARRI , BATTAGLIA Antonio , BERSELLI , BORNACIN , BUCCICO , BUTTI , CARUSO , COLLINO , CORONELLA , CURSI , CURTO , DE ANGELIS , DELOGU , DIVELLA , FLUTTERO , GRAMAZIO , LOSURDO , MANTICA , MANTOVANO , MARTINAT , MENARDI , MORSELLI , MUGNAI , NANIA , PARAVIA , PONTONE , RAMPONI , SAIA , SAPORITO , SELVA , STORACE , STRANO , TOFANI , TOTARO , VALDITARA , VALENTINO , VIESPOLI
Il Senato,
premesso che:
l'acqua rappresenta una risorsa essenziale e una fonte insostituibile di vita;
tale risorsa è però in uno stato di profondo stress: in molte aree del mondo, ogni giorno, 30.000 persone muoiono a causa di scarsità d’acqua o a causa della sua cattiva qualità;
le cause, come ha messo in luce il Segretario generale delle Nazioni Unite in occasione della giornata mondiale dell’acqua - che quest'anno aveva come titolo "Fronteggiare la scarsità d’acqua" - sono, oltre all’aumento degli abitanti del pianeta, i modelli di consumo non sostenibili, la cattiva gestione della risorsa, l'inquinamento, gli investimenti inadeguati nelle infrastrutture, la scarsa efficienza nell’uso dell’acqua;
in questo scenario di grande crisi si inseriscono anche i cambiamenti climatici; gli ultimi rapporti degli scienziati dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) hanno lanciato un allarme anche per l’Europa, che sembrava fino ad oggi non toccata dalla riduzione delle risorse idriche. Secondo gli scienziati, infatti, per 44 milioni di persone del Vecchio Continente ci potrebbe essere una concreta emergenza acqua entro il 2070 ed entro fine secolo la portata dei fiumi potrebbe diminuire del 50% nell’Europa centrale e dell’80% nel Sud Europa, specialmente nel periodo primavera-estate, una siccità questa che potrà avere gravi ripercussioni su agricoltura, turismo e produzione idroelettrica: in questo settore è previsto nei prossimi 50 anni una diminuzione del potenziale dal 20% al 50%;
l’Italia si presenta come un paese potenzialmente ricco di risorse idriche; negli ultimi decenni, tuttavia, è emersa una tendenza all’aumento dello squilibrio tra la disponibilità delle risorse idriche e il fabbisogno complessivo a causa di deficit pluviometrici e dovuta anche alla gestione irrazionale ed inadeguata, a carenze infrastrutturali ed alla mancanza di una efficace pianificazione dei prelievi e degli usi, tanto che la siccità non può più essere considerata un evento eccezionale, ma piuttosto un fattore strutturale;
il fenomeno della siccità si coniuga con un avanzamento del processo di desertificazione che colpisce ormai, non solo l’Italia meridionale ed insulare, ma anche territori insospettabili come Lazio, Umbria o Toscana;
nel decennio 1994-2004, secondo la Relazione sui Servizi Idrici, le piogge sono diminuite del 10% e la portata di molti dei principali fiumi italiani ha subìto un decremento di circa il 20%. Nel mese di luglio 2005 la portata del Po è stata di 341 metri cubi al secondo, mentre nei dieci anni precedenti la media nello stesso mese è stata di più del doppio: 990,91 metri cubi al secondo;
anche l’inverno 2007 è stato caratterizzato da scarsità di precipitazioni; il deficit complessivo delle precipitazioni nel periodo autunno-inverno 2006-2007, secondo i dati della Protezione Civile, si attesta su una percentuale compresa tra il 20 e il 40%, inferiore ai valori della media stagionale. Inoltre, il manto nevoso, che costituisce la scorta d’acqua nel periodo primavera-estate, ha ricoperto un terzo del territorio rispetto all’anno precedente;
come conseguenza di questo declino delle precipitazioni si sono registrate diminuzioni delle portate dei fiumi: anche quest’anno la portata del fiume Po, a inizio maggio, è stata di 431 metri cubi al secondo e situazioni di criticità sono state registrate anche nei bacini dell’Adige, dell’Arno e del Tevere;
considerato che:
la diminuzione quantitativa dell’acqua influisce anche sulla qualità dei fiumi italiani che, secondo un monitoraggio svolto tra il 2000 e il 2004, sono stati definiti per il 43% solo sufficienti;
questi dati, oltre all’osservazione dei valori medi, fanno temere che in varie aree del Paese, soprattutto nelle aree a clima mediterraneo, si potranno registrare crisi idriche sempre più frequenti e prolungate di cui si deve tener conto nel valutare le prestazioni dei sistemi di approvvigionamento idrico;
l’acqua disponibile in Italia è di 53 miliardi di metri cubi l’anno e la percentuale maggiore, circa il 50%, è destinata all’agricoltura. Tale disponibilità di acqua, da una parte ha contribuito allo sviluppo agricolo ed industriale del Paese, dall’altra ha portato ad una scarsa attenzione sul fronte del risparmio;
l’Italia, infatti, con circa 740 metri cubi l’anno per abitante è ai vertici della classifica di prelievo idrico per abitante, rispetto alla media dei Paesi dell’Unione europea che è di 612 metri cubi l’anno;
"caratteristica" tutta italiana è anche lo sfruttamento elevato dell'acqua di falda: il 23% dei prelievi complessivi contro il 13% della media europea;
a questa propensione allo spreco si deve aggiungere anche lo stato della rete acquedottistica italiana dove si registrano perdite di acqua che al Sud superano anche il 50%. La causa di questi sprechi è strutturale, legata ad una rete idrica carente ed obsoleta su cui sarebbe necessario avviare interventi finanziari molto consistenti che negli ultimi anni sono mancati;
dal punto di vista della gestione delle risorse, la legge 5 gennaio 1994, n.36, recante "Disposizioni in materia di risorse idriche", la cosiddetta Galli, ha tracciato un percorso per la riorganizzazione del servizio idrico integrato con l’obiettivo di migliorare il servizio reso all’utenza, ottenere efficienza organizzativa e positivi effetti socioeconomici e ambientali;
l’istituzione degli Ato, gli ambiti territoriali ottimali, ha consentito una razionalizzazione della gestione di servizi idrici, precedentemente affidata ad una molteplicità di gestori (più di 7.800 soggetti), diversi per natura, dimensioni ed organizzazione; tale percorso virtuoso, avviato per dotare tutti i cittadini italiani di un servizio idrico efficiente, dalla captazione alla depurazione ed evitare che nel nostro Paese esistano ancora città dove il rubinetto resta a secco 6 giorni su 7, deve proseguire e non fermarsi in corso d’opera. Soprattutto si deve avviare una gestione efficiente del servizio idrico;
il servizio per distribuire l’acqua, portarla nelle case, pulirla, controllarla e garantirla deve essere sempre gestito con criteri industriali; la gestione del servizio idrico dovrebbe essere affidato, inoltre, tramite una gara ad evidenza pubblica, come chiedono l’Unione europea e i cittadini cui deve essere offerto un servizio efficiente, nel rispetto dei principi della competitività del sistema;
il settore agricolo è quello che ha maggiormente risentito della situazione di crisi idrica, con gravi danni alle produzioni agricole a maggiore necessità di acqua, mostrando in maniera evidente che bisogna avviare una programmazione agricola che tenga conto, per il futuro, delle risorse idriche disponibili; il 40% della produzione agricola e i due terzi delle esportazioni italiane vengono infatti da culture irrigue, il totale della superficie agricola irrigata è complessivamente di 2,7 milioni di ettari;
tenuto conto che:
il Governo Berlusconi, con la delibera Cipe 27 maggio 2005, n. 74, approvò il Piano irriguo nazionale, allo scopo di fornire una risposta strutturale all’emergenza idrica, che poteva contare su due limiti d'impegno quindicennali di 50 milioni di euro ciascuno, per oltre un miliardo di euro di interventi a sostegno delle opere irrigue;
ad oggi, le opere immediatamente cantierabili, i cui stanziamenti sono contenuti nella legge finanziaria 2007, non sono state ancora finanziate;
preme sottolineare, inoltre, la lenta applicazione del decreto del Ministero dell’ambiente del 2003 che prevedeva il riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura, il cui obiettivo era proprio quello di limitare il prelievo delle acque superficiali e sotterranee e incentivare il risparmio;
l'elevato numero di soggetti che a vario titolo operano nel governo della risorsa e nella gestione dei sistemi idrici, l’assenza di una chiara e ben definita catena decisionale e di sistemi di supporto alle decisioni adeguati, sono tutti fattori che comportano elevati livelli di rischio, sia per gli aspetti igienico-sanitari legati al servizio idrico, sia per quelli economico-produttivi dei comparti agricolo ed industriale. Si pensi, a titolo esemplificativo, che le attività istituzionali in materia di acqua sono affidate a Presidenza del Consiglio dei Ministri, Comitato interministeriale per la Programmazione economica, Comitato di Vigilanza sull'Uso delle Risorse Idriche, Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, Ministero dei Lavori pubblici, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero per le politiche agricole, Ministero della salute, oltre a Regioni, Province e Comuni,
impegna il Governo:
ad adottare provvedimenti volti ad adeguare la struttura amministrativa per il monitoraggio dello stato di crisi e per il coordinamento di tutti i soggetti interessati e prevedere una cabina di regia che gestisca le situazioni di emergenza e che costituisca un punto di raccordo tra tutti i soggetti interessati, al fine di dirimere i conflitti sui diversi usi della risorsa;
a tenere in maggiore considerazione le variabilità climatiche, potenziando la capacità di identificarne tempestivamente i trend, gestendo i rischi e adattando i sistemi idrici agli eventi climatici estremi in maniera flessibile, in virtù del principio che anticipare le decisioni e prevenire gli interventi è la linea di condotta più efficace e meno costosa rispetto a quella di reagire in condizione di emergenza;
a perseguire, a livello di bacino idrografico, gli standard di qualità delle acque da raggiungere entro il 2015, attuando i principi contenuti nella direttiva 2000/60/CE, che sottolinea come l'acqua sia una risorsa naturale da proteggere e difendere secondo il principio "chi inquina paga";
a rendere disponibili le risorse finanziarie previste dalla legge finanziaria per il 2007 per dare attuazione all’individuazione e alla realizzazione degli interventi previsti dal piano irriguo nazionale;
ad assumere iniziative finalizzate a incrementare la possibilità di conservare la risorsa idrica anche attraverso laghetti collinari, serbatoi, cave dimesse, piccoli invasi eccetera;
ad incentivare l’utilizzo delle acque reflue depurate come previsto dal decreto ministeriale 185/200; secondo stime, una volta che il provvedimento sarà andato a regime, sarà possibile riutilizzare circa il 70% dell'acqua depurata per un totale di circa 6 miliardi di metri cubi;
ad adottare misure volte a utilizzare pratiche agricole per il risparmio di acqua che attuino il principio di efficienza irrigua, in particolare, tutte quelle tecniche capaci di limitare l’utilizzo di acqua, di aumentare l’accumulo nel suolo e di limitare le perdite per evaporazione; a incentivare azioni formative ed informative per utilizzare anche "buone pratiche" nei consumi domestici con l’adozione di tecnologie e comportamenti che limitino gli sprechi;
a dare piena attuazione al disegno normativo, organizzativo e gestionale contenuto nella legge 36/1994 e nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante "Norme in materia ambientale", per modernizzare e rendere efficiente il sistema idrico integrato e renderlo conforme alle indicazioni delle direttive dell’Unione europea.