Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 194 del 28/05/2024

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente CASTELLONE

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 15,06).

Si dia lettura del processo verbale.

STEFANI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 23 maggio.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo, riunitasi giovedì 23 maggio, ha proceduto alla ripartizione dei tempi per il prosieguo dei lavori sul disegno di legge costituzionale in materia di elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri per trenta ore complessive.

Seguito della discussione dei disegni di legge costituzionale:

(935) Modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l'elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l'abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica

(830) RENZI ed altri. - Disposizioni per l'introduzione dell'elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri in Costituzione

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 15,09)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge costituzionale nn. 935 e 830.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 935, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta del 23 maggio è proseguito l'esame degli emendamenti presentati all'articolo 1.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.112.

PATUANELLI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATUANELLI (M5S). Signora Presidente, non credo che si possa votare prima dei venti minuti.

PRESIDENTE. La votazione è per alzata di mano e, quindi, non sono richiesti i venti minuti di preavviso.

PATUANELLI (M5S). Ha ragione, signora Presidente. Chiedo scusa.

Verifica del numero legale

BOCCIA (PD-IDP). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo pertanto la seduta fino alle ore 15,29.

(La seduta, sospesa alle ore 15,09, è ripresa alle ore 15,29).

Ripresa della discussione dei disegni di legge costituzionale
nn.
935 e 830

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.112, presentato dal senatore Manca e da altri senatori.

Non è approvato.

PATUANELLI (M5S). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvato.

Gli emendamenti da 1.1045 a 1.53 sono stati ritirati.

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.1048.

GIORGIS (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIS (PD-IDP). Signora Presidente, avevamo chiesto di conoscere anticipatamente quali erano le modalità di applicazione del canguro. L'unica cosa che abbiamo invece saputo è che, oltre al canguro, si è deciso anche di contingentare i tempi: da un lato, quindi, un canguro al buio e, dall'altro, il contingentamento dei tempi.

Se fosse possibile, le chiederemmo, intanto, di conoscere non soltanto gli emendamenti che rientrano in questo primo canguro, ma anche gli emendamenti che verranno in qualche misura accorpati attraverso le successive determinazioni della Presidente.

PRESIDENTE. Senatore, il tema è stato trattato nell'ultima Conferenza dei Capigruppo ed è stato detto ai Gruppi di segnalare gli emendamenti da attenzionare in modo particolare e su cui evitare questa procedura. Il Capogruppo è, quindi, informato e la Presidenza procede così come deciso in Conferenza dei Capigruppo.

Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 15,33)

Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 1.1048, presentato dalla senatrice D'Elia e da altri senatori, fino alle parole «dalla seguente».

Non è approvata.

Risultano pertanto preclusi la restante parte e gli emendamenti da 1.55 a 1.57.

Metto ai voti l'emendamento 1.1050, presentato dal senatore Franceschelli e da altri senatori.

Non è approvato.

Gli emendamenti 1.22 e 1.2002, precedentemente accantonati, saranno ora posti separatamente ai voti.

Passiamo quindi alla votazione dell'emendamento 1.22.

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, colleghi e colleghe, in questi undici anni in Senato mi è capitato di votare emendamenti, sottoscrivere documenti, sostenere o dissentire da iniziative di senatori di ogni orientamento politico. Ed è con questo spirito e con questa libertà che intervenni anche criticamente nella discussione della riforma costituzionale promossa dal Governo Renzi del 2016. È con lo stesso spirito che sono intervenuta lo scorso 14 maggio su questa riforma costituzionale e con questo spirito intervengo oggi.

Io vorrei far mia la riflessione formulata dal professor Sabino Cassese in un suo saggio sul ruolo degli intellettuali pubblicato da «Il Mulino» nel 2021 e trasporre quella sua riflessione sulla missione propria di un senatore a vita per sostenere la democrazia parlamentare che ci connota. Io penso che quella missione sia innanzitutto offrire alla comunità politica e ai cittadini la propria parola intesa come spazio e opportunità di conoscenza e ragionamento. Il pari diritto di parola, in quest'Aula, in seno al Parlamento e nel Paese, è per me il privilegio, il servizio più alto che vivo e che sento, a cui il senatore a vita è chiamato ad attendere.

La forza del ragionamento, delle competenze o esperienze maturate in contesti estranei al circuito tipico della rappresentanza credo sia il valore aggiunto specifico di questa funzione, prima e più dell'espressione dell'orientamento di voto parlamentare. Ed è proprio sul primato della parola come contributo primario e assoluto ai lavori parlamentari che si fonda l'emendamento che ho presentato, in cui si prevede che i voti dei senatori a vita non siano computati nelle votazioni di fiducia di cui all'articolo 94 della Costituzione.

Questo per allontanare dai senatori a vita l'ombra di una loro politicizzazione, quali soggetti determinanti, con la partecipazione alle votazioni di fiducia, della vita e della stabilità di un Governo.

Già durante i lavori in Commissione affari costituzionali dello scorso 6 marzo, il presidente Balboni - lo ringrazio, insieme alla senatrice Valente, per aver fatto sì che il mio emendamento non decadesse - nella sua qualità di relatore di maggioranza ebbe modo di argomentare la contrarietà all'emendamento in esame, sostenendo che risultasse in parte più restrittivo persino della proposta del Governo, in quanto sottraeva a tutti i senatori a vita, anche a quelli di diritto, la possibilità di partecipare al voto di fiducia, introducendo quindi in Costituzione un'inopportuna differenziazione tra i senatori. Il presidente Balboni ha usato analoghe argomentazioni nel corso di questa discussione, e cioè la contrarietà a una differenziazione tra senatori che verrebbe a creare senatori a vita di serie B, perché privi del diritto di voto nelle votazioni fiduciarie.

Ma io non credo che tale limitazione possa essere peggiore della eliminazione totale della figura del senatore a vita di nomina presidenziale. (Applausi). Del resto, la soluzione proposta con il mio emendamento non è un inedito parlamentare: è un'ipotesi ricorrente nella letteratura scientifica di settore. Vi ricordo specialmente un disegno di legge costituzionale della scorsa legislatura, il n. 2081, promosso dal senatore Ignazio La Russa, allora Vice Presidente del Senato e oggi Presidente, e dallo stesso senatore Balboni, il cui testo disponeva che i senatori a vita partecipano a pieno titolo ai lavori del Senato, fatta eccezione per i voti di fiducia del Governo. (Applausi). I senatori proponenti La Russa e Balboni, nella relazione illustrativa del 29 gennaio 2021, nulla dicevano circa l'inopportunità di differenziare i senatori di serie A da quelli di serie B. I senatori La Russa e Balboni della XVIII legislatura giustificavano... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Prego, prosegua.

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, Cb)). ...giustificavano l'iniziativa con il...

PRESIDENTE. Per una volta che abbiamo l'onore di poterla ascoltare, prego, ha il tempo doppio. (Commenti. Applausi).

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, Cb)). Non è la prima volta.

PRESIDENTE. No, no, ma era... Non era ironico, era deferente. Prego. (Commenti). Deferente, prego. (Commenti).

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, Cb)). I senatori La Russa e Balboni della XVIII legislatura... (Commenti).

PRESIDENTE. Adesso, però, vi... Se non riuscite a capire la differenza tra una cosa e un'altra, allora peggio per voi. Prego, vada avanti. (Commenti).

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, Cb)). I senatori La Russa...

PRESIDENTE. State disturbando l'intervento. (Applausi).

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, Cb)). I senatori La Russa e Balboni della XVIII legislatura giustificavano l'iniziativa con il timore che i cinque senatori a vita di nomina presidenziale avessero un peso sproporzionato, in un Senato ridotto a 200 membri. E proponevano con convinzione che i senatori a vita, nel rispetto - cito testualmente - del prezioso contributo che possono apportare nell'ambito dei lavori parlamentari, partecipassero a pieno titolo ai lavori del Senato, fatta eccezione solo per i voti di fiducia al Governo.

In tal senso, Presidente, dichiaro fin da ora di non aver nulla in contrario nel riformulare il testo del mio emendamento 1.22 esattamente come da proposta di legge costituzionale n. 2081 La Russa e Balboni del 29 gennaio 2021 (Applausi), ovvero i senatori a vita partecipano a pieno titolo ai lavori del Senato, fatta eccezione per i voti di fiducia al Governo.

Signor Presidente, concludo dicendo che mi ha fatto piacere scoprire... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Prego, senatrice Cattaneo, concluda pure.

CATTANEO (Aut (SVP-PATT, Cb)). Grazie, signor Presidente.

Mi ha fatto piacere scoprire, dopo aver presentato il mio emendamento, che il sentire dei senatori La Russa e Balboni nella scorsa legislatura coincidesse pressoché perfettamente con il mio sentire di oggi e con quello di quanti vogliano sostenere oggi questa proposta.

Proprio alla luce di questa consonanza di finalità, confido che anche il relatore del provvedimento di oggi, il senatore Balboni della XIX legislatura, Presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, possa considerare di sostenere, formulando parere favorevole, la ragionevolezza di questa proposta.

Signor Presidente, chiedo l'autorizzazione a lasciare agli atti un mio intervento più corposo. (Applausi).

PRESIDENTE. Senatrice Cattaneo, è già agli atti.

Lei mi ha citato ripetutamente, per cui mi posso permettere di dire che, in un clima per la verità più disteso di quello attuale, io mi auguro che tale questione possa essere affrontata anche sul numero dei senatori, che lei non può modificare e non ha modificato nella sua riformulazione. Personalmente, ma ciò non ha niente a che vedere con quello che decide la maggioranza, in un clima diverso non modificherei la mia opinione.

ALFIERI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFIERI (PD-IDP). Signor Presidente, vorrei rassicurarla che noi la ascoltiamo sempre e che abbiamo capito bene l'indirizzo che ha rivolto alla senatrice a vita Cattaneo. E se non l'avessimo capito bene noi, l'hanno capito bene i suoi colleghi della maggioranza, perché hanno applaudito. Quindi, bisogna stare attenti. (Vivaci commenti).

Calma, non c'è bisogno di arrabbiarsi. Lo sto dicendo in maniera molto pacata. Capisco il nervosismo.

PRESIDENTE. La sostanza è che la senatrice Cattaneo ha potuto parlare il doppio degli altri senatori. Questo è il riconoscimento che io dovevo alla senatrice a vita e questa è la sostanza. (Applausi).

ALFIERI (PD-IDP). Signor Presidente, noi siamo interessati proprio alla sostanza, perché questo è un tema che è stato affrontato soprattutto dal centrodestra. Lo ha fatto in passato. Nel 2006 ci fu una polemica molto forte nei confronti dei senatori a vita. In quella votazione di fiducia che portò Romano Prodi ad ottenere la fiducia per la seconda volta, il centrodestra gridò quasi al golpe. Vi furono articoli di giornale, servizi di telegiornale.

Subito dopo, lavorarono a un progetto di legge costituzionale, come il centrodestra ha provato a fare più volte, anche in altre occasioni, prevedendo proprio il mantenimento dei senatori a vita, ma con l'esclusione della possibilità di votare in occasione delle votazioni di fiducia. Vi sono stati disegni di legge presentati in più occasioni, da ultimo proprio quello a firma del Presidente di quest'Aula e del Presidente della Commissione affari costituzionali. Ricordo che questi, nel suo intervento precedente, l'ultimo in quest'Aula, aveva proprio gridato ai senatori di serie A e di serie B, quelli che lui prevedeva, peraltro, nel progetto di legge che aveva firmato. Vi chiediamo, dunque, almeno un po' di coerenza da questo punto di vista. (Applausi).

Sappiamo, però, di chiedere troppo, come vediamo già dal Presidente del Consiglio, che un giorno dice: o la va o la spacca e il giorno dopo dice che non le importa niente del referendum e andrà avanti fino alla fine, a prescindere dall'esito di quella che sta trasformando nella madre di tutte le battaglie. Quindi, la coerenza non ce l'aspettiamo. Vogliamo vedere come votate, questo sì, su un emendamento che è stato presentato in maniera molto pacata e concreta sui contenuti da parte della senatrice a vita Cattaneo, che merita di essere ascoltato.

Adesso, dunque, è interessante capire come vi comporterete su questo. Mi sembra di capire che lo stesso presidente La Russa abbia dato un segnale alla sua maggioranza l'ultima volta, invitando addirittura a riflettere e portando poi all'accantonamento dell'emendamento. Vediamo se il presidente La Russa viene ascoltato dalla sua stessa maggioranza. Noi, su questo, abbiamo le idee chiare. (Applausi).

MARTON (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTON (M5S). Signor Presidente, questo emendamento è simile all'1.2002, derivante da un emendamento che è stato accantonato e diviso in due emendamenti, mantenendo solo la seconda parte, la settimana scorsa. E ciò è avvenuto appunto su sua richiesta, presidente La Russa, con invito alla maggioranza a riflettere su quanto era il contenuto di tale emendamento.

Ribadisco che il MoVimento 5 Stelle ha chiesto fin dall'inizio che su questo emendamento si potesse convergere perché veniva incontro alle esigenze del relatore e della maggioranza, ossia togliere la possibilità ai senatori a vita, in numero di cinque, di influire o meno sui voti di fiducia.

Invito quindi la maggioranza a riflettere e accogliere quanto richiesto dal Presidente del Senato, accantonando nuovamente l'emendamento e fare su di esso un ragionamento al fine di raggiungere l'obiettivo ed evitare che ci sia una sovrarappresentazione della votazione dei senatori a vita. (Applausi).

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Signor Presidente, vorrei intervenire dapprima sull'ordine dei lavori perché ho visto che ha ripreso l'esame del nostro provvedimento dall'emendamento accantonato 1.22. Vorrei capire che fine avesse fatto l'emendamento accantonato 01.1, presentato dal sottoscritto e dalla senatrice Musolino. Nel caso in cui non ci sia più, chiedo di recuperarlo.

PRESIDENTE. Prima della votazione dell'articolo, mi sono riservato di sciogliere questo nodo. Abbiamo tempo.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Va bene, Presidente. La ringrazio.

Per quanto riguarda l'emendamento 1.22, signor Presidente, onorevoli colleghi, rubando un lessico molto caro alla Lega, a noi pare che esso da un lato sia una misura di buonsenso, ma dall'altro lato affronti e risolva un tema strutturale che - come ho cercato di spiegare nel corso della discussione generale - si è andato sviluppando nel corso di tutta la cosiddetta Seconda Repubblica. Il tema della "politicizzazione" dei senatori a vita non si pose mai per tutto l'arco della cosiddetta Prima Repubblica. Ma divenne un elemento di dibattito perché, nel passaggio da un sistema proporzionale puro a un sistema maggioritario su base regionale, l'elezione del Senato determinò praticamente quasi sempre delle legislature nelle quali esso presentava delle maggioranze molto aleatorie.

Ho richiamato prima l'emendamento accantonato 01.1 perché noi chiediamo esattamente che si vada nella direzione del superamento del bicameralismo perfetto. Mantenere infatti l'elezione di un sistema di bicameralismo perfetto in un regime di maggioritario, che presenta il premio di maggioranza nazionale alla Camera e il premio di maggioranza regionale al Senato, determina gli squilibri che abbiamo visto in tutti questi anni, squilibri che sono arrivati - come ricorderanno probabilmente molti colleghi - all'elemento più patologico e più pernicioso del dibattito e della trasformazione dei senatori a vita in un elemento contundente tra le forze politiche nella legislatura compresa fra il 2006 e il 2008, nella quale il Governo dell'epoca si reggeva su due caratteristiche. Mi riferisco agli eletti all'estero - warning, abbiamo un problema anche su questo punto (Applausi) e, non pensiamo di far finta che il problema dell'elezione del Premier, con 5 milioni di italiani che tra la Nuova Zelanda e la Groenlandia possono decidere il Primo Ministro, non esista - e alla casistica dei senatori a vita. Tale tema portò anche ad alcune scene un po' indecorose. Ricordo l'allora senatrice a vita Rita Levi Montalcini che venne offesa e insultata in quest'Aula semplicemente perché svolgeva il proprio mandato esattamente nei termini con cui poteva e doveva svolgerlo. (Applausi).

Questo tema viene ulteriormente acuito dalla riduzione del numero dei parlamentari.

Infatti è evidente che il peso specifico dei senatori a vita, con la riduzione da 315 a 200 dei senatori, con tutte le caratteristiche a cui ho fatto riferimento, determina un ulteriore rischio di incidenza politica nella formazione della normale attività fiduciaria. Parrebbe quindi logico, piuttosto che intervenire in maniera draconiana e - condivido la lettura del collega De Cristofaro - populista dall'alto, abolendo la figura dell'istituto del senatore o della senatrice a vita, stabilire che questa - proprio perché è una figura che viene sottratta alla logica di parte, ma ha una logica terza, perché nella natura dei senatori a vita abbiamo gli ex Presidenti della Repubblica, che hanno svolto funzioni di arbitro e di garante dell'unità nazionale, e abbiamo persone che si sono qualificate per altissimi meriti in diversi campi - possa ugualmente contribuire alla formazione del processo legislativo, senza necessariamente essere chiamata a prendere parte all'espressione del voto fiduciario.

Questo sarebbe, se me lo permettete, un uovo di Colombo, che riesce a tenere insieme l'esigenza di evitare, come sottolineano i colleghi della maggioranza, una sorta di forzatura della natura del senatore a vita, e quella di mantenere in essere questo istituto che, per le motivazioni che abbiamo cercato di descrivere, dal nostro punto di vista è giusto che possa permanere. (Applausi).

PATUANELLI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Senatore Patuanelli, lei è già intervenuto. Sapete che il tempo è contingentato.

Ne ha facoltà, senatore Patuanelli.

PATUANELLI (M5S). Signor Presidente, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento, esclusivamente per questa votazione chiedo l'applicazione del dispositivo previsto dall'articolo 115, comma 1 del Regolamento.

PRESIDENTE. Intende chiedere la votazione nominale con scrutinio simultaneo solo per questa votazione. Si può fare, perché no?

Anche se è dubbio almeno su uno dei due, chiedo per entrambi gli emendamenti, quello a firma delle senatrici Cattaneo e Uterberger, e quello a prima firma del senatore Marton, il parere e l'eventuale intervento del relatore e poi del rappresentante del Governo.

BALBONI, relatore. Signor Presidente, devo confermare il mio parere contrario e, se me lo consente, vorrei anche ringraziare la senatrice Cattaneo per gli apprezzamenti personali, anche molto lusinghieri, che ha voluto rivolgermi. Forse però alla senatrice Cattaneo sfugge il piccolo dettaglio che, quando firmai quel disegno di legge, ero all'opposizione. (Commenti).

PRESIDENTE. Lasciate sviluppare il ragionamento, colleghi: il relatore è così cortese, credo, da voler replicare e voi non lo fate parlare, prego.

BALBONI, relatore. Ero all'opposizione, come tutti sanno. Certamente immagino non siano questioni che appassionano particolarmente la senatrice Cattaneo che, come lei stessa ha tenuto a sottolineare, è fuori dalle logiche di partito e di schieramento, tuttavia credo che sia a tutti chiaro che l'opposizione fa il suo mestiere, quindi fa proposte per cercare di ottenere un risultato possibile, non soltanto per formulare petizioni di principio. L'opposizione fa anche proposte nell'auspicio che, scendendo in parte anche sul terreno dell'avversario, si possa arrivare a un risultato comunque migliorativo della situazione data, dello status quo.

In quel contesto firmai quel disegno di legge, perché ritenevo che fosse già un passo in avanti togliere almeno ai senatori a vita il voto di fiducia. L'opposizione oggi è convinta dell'emendamento proposto dalla senatrice Cattaneo, che si è addirittura dichiarata disponibile a riformularlo in senso ancora più ampio. Senatrice, le faccio presente che con il suo emendamento lei propone soltanto di escludere i senatori a vita dalla mozione motivata di sfiducia, ma il suo emendamento non propone, ad esempio, di escludere che i senatori a vita possano esprimersi come tutti gli altri senatori, quando il Governo pone una questione di fiducia, che, come sappiamo, è questione diversa da quella contemplata dall'articolo 94. Mi sento quindi di dire molto serenamente che quel disegno di legge era volto a perseguire il risultato massimo possibile in quel contesto.

Oggi abbiamo la libertà di dire finalmente che in quest'Aula d'ora in poi, se verrà approvata la nostra riforma, secondo il principio democratico, ci si entra con il consenso degli italiani (Applausi), che era il risultato massimo al quale allora non potevamo aspirare e che oggi invece sentiamo di poter ottenere. Se l'opposizione allora avesse accolto quella nostra proposta, che poteva essere anche un compromesso nobile e alto fra diverse posizioni, può anche darsi che oggi non avremmo sentito il bisogno di affermare invece questo elementare semplice principio: nelle assemblee elettive ci si entra, come dice la parola, attraverso le elezioni. (Applausi). Forse lei non lo sa, senatrice (Commenti) - lo dico attraverso il presidente La Russa - ma... (Vivaci commenti).

PRESIDENTE. Vediamo cos'è che non sa. Potrebbe essere una cosa che non sa.

Prego, senatore Balboni. (Vivaci commenti). Lasciatelo finire, colleghi.

BALBONI, relatore. Non posso parlare. (Commenti).

PRESIDENTE. Colleghi, il senatore Balboni non ha ancora finito il suo intervento.

BALBONI, relatore. Signor Presidente, la volta scorsa lei non presiedeva, ma rispondendo ad alcune sollecitazioni delle opposizioni mi sono sentito gridare dai banchi dell'opposizione «vergognati» senza che la Presidente di turno reagisse. (Applausi). Questo è quello che fa l'opposizione.

PRESIDENTE. Senatore Balboni, concluda sul tema.

BALBONI, relatore. Volevo semplicemente dire che, a parte l'Italia, l'unico altro Paese al mondo che conosce la figura dei senatori a vita è la Russia, per effetto di una riforma voluta da Putin nel 2020.

PRESIDENTE. Questo lo aveva già detto; il parere del relatore è quindi contrario.

ALBERTI CASELLATI, ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Signor Presidente, mi sembra che il senatore Balboni abbia illustrato le ragioni che hanno portato a definire l'eliminazione dei senatori a vita.

Ci sono due questioni, la prima delle quali è la seguente: essendoci l'elezione diretta, da un lato, abbiamo cercato di costruire tutti gli organi di rappresentanza istituzionale come elettivi. Dall'altro lato, vi è stata la riduzione del numero dei parlamentari, che è stata elevata, perché anche oggi tutti lamentano la difficoltà di riuscire a comporre le varie Commissioni.

Il Senato oggi ha 200 senatori, al posto di 320 com'era prima, e anche questo potrebbe alterare l'equilibrio fra maggioranza e opposizione.

Per tale motivo, ribadisco la mia contrarietà a questo emendamento, così come abbiamo detto fin dall'inizio. Adesso l'emendamento è stato accantonato e comunque, quando il Presidente ce lo richiederà alla fine dell'esame dell'articolo 1, ribadirò questa posizione per le ragioni che erano già state rappresentate nel momento in cui il disegno di legge in questione è approdato in Commissione.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'emendamento 1.22, presentato dalle senatrici Cattaneo e Unterberger.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.2002.

BOCCIA (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOCCIA (PD-IDP). Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Rispetto ai 24 emendamenti accantonati, lei poco fa, giustificando il recupero e la messa in votazione dell'emendamento a prima firma della senatrice a vita Cattaneo, ha ribadito che gli altri emendamenti saranno valutati al termine dei voti sugli emendamenti residui all'articolo 1.

Intanto, vorrei capire perché questo emendamento, rispetto agli altri accantonati, è stato messo in votazione e, in secondo luogo, se gli altri 23 sono stati accantonati per ragioni che sfioravano l'inammissibilità o se sono stati accantonati e poi andranno in votazione. Questo vorremmo scoprirlo non un secondo prima del voto, signor Presidente...

PRESIDENTE. Glielo spiego immediatamente, appena lei finisce di parlare.

BOCCIA (PD-IDP). Ho quasi finito. Vorremo saperlo non un secondo prima del voto, ma prima, perché, come abbiamo dimostrato in apertura di seduta, il Gruppo Partito Democratico, come gli altri Gruppi, ha ritirato alcuni emendamenti che non ha più ritenuto strategici rispetto al dibattito che vogliamo provare a stimolare, anche se la maggioranza non dà segni di vita.

Chiudo, signor Presidente, rivolgendomi a lei e ricordando al presidente Balboni che, fino a quando la Costituzione è in vigore, chiediamo rispetto per i senatori e le senatrici a vita presenti in Parlamento. (Applausi).

PRESIDENTE. Condivido.

Sono stati chiamati al voto questi due emendamenti (l'altro lo stiamo per votare), perché sono stati accantonati nel corso del dibattito. Gli altri sono accantonati per un problema di ammissibilità; gliel'avrei detto dopo, ma siccome lei me lo chiede, glielo dico adesso, visto che ha tanta curiosità di saperlo subito. Obbedisco e le dico che sono emendamenti premissivi e aggiuntivi all'articolo 1 e sono stati ritenuti ammissibili dalla Presidente della Commissione nel corso dei lavori della Commissione. A mio avviso, il giudizio di ammissibilità è stato frutto di una giusta intesa politica nel corso dei lavori della Commissione, ma la loro ammissibilità mi risulta molto dubbia. Tuttavia, senza che ciò costituisca precedente, in via eccezionale e per rispetto dei lavori della Commissione - lo ripeto: senza che ciò faccia da precedente (non vi è un obbligo, siccome sono stati resi ammissibili in Commissione, di renderli ammissibili in Aula) - li ritengo tutti votabili quando verranno chiamati.

Sugli stessi, il relatore e il rappresentante del Governo avevano peraltro già espresso parere contrario.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, prima di iniziare, come Capogruppo del Gruppo al quale appartiene la senatrice Segre, volevo dire che quella sua battuta se la poteva risparmiare. (Applausi).

PRESIDENTE. Lei è sicura che fosse una battuta? La ringrazio per essere così brava a interpretare le mie parole, sbagliando.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Sì, dall'applauso da destra si capiva cosa voleva dire. E le dico che...

PRESIDENTE. Era un modo per giustificare il fatto che davo il doppio del tempo alla senatrice Cattaneo rispetto a tutti gli altri. (Commenti). Ho detto: ho l'onore di sentirla, le do volentieri il doppio del tempo. Ditemi voi se è mancanza di rispetto, questa. (Applausi). Cose dell'altro mondo. Prosegua.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Abbiamo tutti capito e devo dire anche che l'applauso dei colleghi di destra è proprio disgustoso e maleducato. (Commenti. Applausi).

PRESIDENTE. Va bene, ma vuole intervenire sull'argomento?

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Sì. Dalla scorsa settimana in quest'Aula...

PRESIDENTE. Comunque mi permetta di dire che... (Commenti). No, no, colleghi, la faccio parlare dopo, non le tolgo il tempo.

Non ho mai sentito apprezzare in questo modo un applauso o un dissenso in quest'Aula, gliela devo dare questa informazione.

Prego, prosegua.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Era ora, allora.

Dalla scorsa settimana in quest'Aula non siete riusciti a spiegare perché volete cancellare i senatori a vita, colleghi. A me sembra che la vera ragione sia che volete lisciare il pelo... (Commenti).

PRESIDENTE. Lasciate parlare la senatrice Unterberger.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). ...al populismo e all'antipolitica. Anni di campagne partite dagli ambienti della destra hanno raccontato queste figure come un privilegio medievale e non per quello che sono sempre state, ossia figure di altissimo profilo che, con la loro saggezza, hanno offerto un contributo prezioso al lavoro del Parlamento. Sono queste le vostre vere ragioni e non il fatto che la loro abolizione è collegata alla riduzione del numero dei parlamentari, perché se fosse questo il motivo, basterebbe togliere ai senatori a vita la possibilità di votare la fiducia ai Governi: perché non si è andati in questa direzione?

Il Governo e la maggioranza si affannano a dire che questa riforma non stravolge l'anima della nostra Costituzione, ma l'anima della Costituzione è anche nella presenza dei grandi nomi che hanno seduto in quest'Aula, con il loro contributo sul fronte della scienza, della memoria e del profondo spirito istituzionale.

Risulta inaccettabile questa contrapposizione forzosa tra volontà popolare e persone che si sono distinte nei loro campi e hanno rappresentato un'eccellenza del Paese, come se il merito, la conoscenza e il sapere rappresentassero una minaccia e un pericolo e non un elemento che aiuta, supporta e qualche volta soccorre i rappresentanti eletti dal popolo.

Mi colpisce davvero che la maggioranza e il Governo, anche oggi, non abbiano mostrato un segnale d'apertura al riguardo. Ci si affanna a dire che la maggioranza è pronta ad ascoltare le ragioni delle opposizioni, ma poi non si riesce neppure a fare un passo in avanti su un elemento come questo, che di certo non mette in discussione l'impianto e gli equilibri della vostra riforma. (Applausi).

MARTON (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARTON (M5S). Signor Presidente, per tutta la settimana scorsa il senatore Berrino e il senatore Balboni ci hanno ricordato come nel 2013 il senatore Crimi abbia presentato a nome del MoVimento 5 Stelle un disegno di legge per eliminare - e qui uso le parole della senatrice Casellati - i senatori a vita. Ora scopro che il senatore Balboni, nella XVIII legislatura, ha presentato un medesimo disegno di legge. Scopro anche che il senatore Balboni però, a sua giustificazione per evitare di votare questo emendamento, ha dichiarato che, siccome era all'opposizione, era tutto concesso, evidentemente anche le stupidate.

Se da due settimane ci dice che il senatore Crimi ha presentato questo disegno di legge e che quindi non abbiamo più la possibilità di presentare ulteriori emendamenti per salvaguardare i senatori a vita, osservo però che questo Governo, da quando è nato, vive sulla propaganda di ciò che ha promesso dall'opposizione; ha fatto esclusivamente promesse e adesso scopro che erano promesse da marinaio, come testé annunciato dal senatore Balboni. (Applausi).

Le parole hanno un senso, ministra Casellati, e lei ha parlato di "eliminare" i senatori a vita. Le parole nascondono le intenzioni: voi non avete un disegno politico per cui, se c'è un problema di sovrarappresentazione dei senatori a vita rispetto al numero dei senatori, si pongono in essere azioni tali da non influire sul voto della Camera alta in occasione delle questioni di fiducia. Noi abbiamo presentato un emendamento per risolvere questo problema e vi abbiamo detto che siamo disponibili: nella passata legislatura avevamo i numeri per eliminarli, invece siamo scesi a un più mite compromesso, logico e funzionale, volto a mantenere il sapere dei senatori a vita in quest'Aula ed evitare che ci fosse una sovrarappresentazione, se il Presidente della Repubblica ne avesse nominati altri: cinque era il numero ideale. Di cosa stiamo parlando? Voi non avete idea di cosa state facendo e vi trincerate dietro le promesse che avete fatto nel 2013 dall'opposizione. Siete solo chiacchiere e distintivo! (Applausi).

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto. (Commenti).

PRESIDENTE. Senatore Franceschini, il senatore Scalfarotto aveva chiesto la parola prima di lei. Ne ha facoltà.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signor Presidente, ho capito già si tenta di fare differenziazioni tra i senatori, ma i Gruppi piccoli contano come quelli grandi.

Innanzitutto, se gli emendamenti accantonati sono stati dichiarati ammissibili, vorrei chiedere di poterli votare subito, perché sono nell'ordine del fascicolo, quindi la prima richiesta era questa, inerente all'ordine dei lavori.

Nel merito, mi permetto di dire che i toni sprezzanti che quest'oggi stiamo ascoltando in Aula nei confronti della senatrice Cattaneo sono veramente una cosa molto grave. (Applausi). È grave dire che lei non si occupa di politica e per sua stessa ammissione non fa parte dei partiti, quindi è come dire che più o meno non capisce. È altrettanto grave dire espressioni del tipo "come forse sfugge alla senatrice Cattaneo" oppure "che abbiamo tanto l'onore di vederla ogni tanto".

Vorrei ricordare a tutta l'Assemblea, e in primo luogo a me stesso, che la senatrice Cattaneo è arrivata in quest'Aula perché le sue doti di ricercatrice e di intellettuale sono tali che credo non le sfugga niente, possiamo essere tutti d'accordo su questo. Mi riferisco proprio al comportamento e al tono che viene utilizzato.

Signor Presidente, mi perdoni anche se le dico una cosa: non credo che lei possa interrompere gli interventi dei colleghi quando parlano e dicono qualcosa che a lei è sgradito, perché noi abbiamo il diritto di completare il nostro ragionamento; lei è il Presidente, quando finiamo dice quello che vuole (tanto lo fa), però interrompere è proprio brutto, perché dà il senso di una valutazione e di un'importanza del ruolo di questo Parlamento non all'altezza della realtà. (Applausi). Noi qui siamo il Parlamento della Repubblica italiana in un'Aula che è sacra, un luogo che davvero andrebbe rispettato di più, e questo atteggiamento preoccupa, perché secondo me non dimostra - mi perdoni se glielo dico con chiarezza - un livello di maturità democratica ancora pienamente raggiunto.

Questo vale anche quando un Ministro parla di eliminare qualcosa: presidente Casellati, lei è stata Presidente del Senato e noi abbiamo un obbligo, quello di valutare il peso delle parole: parlare di eliminazione dei senatori a vita può essere un lapsus, ma è grave, mi perdoni se glielo dico.

Alla fine di tutto questo, voglio anche dire che il nostro voto su questo emendamento sarà favorevole, perché trova la quadratura del cerchio. Dico rispettosamente al senatore Balboni, tramite il Presidente, che il fatto che i senatori a vita siano un unicum del Paese non è necessariamente un problema, perché, se qui dentro è stata seduta gente del calibro dell'elenco che ha fatto il collega Franceschini nella scorsa seduta, secondo me ci dovremmo porre il problema di come li preserviamo.

L'emendamento Cattaneo-Unterberger o quello che ci accingiamo a votare adesso quadrano proprio il cerchio, perché ci consentono di mantenere quell'esperienza e quel contributo così alto e importante che, se è un unicum della Nazione, io ne vado orgoglioso, e di evitare che la presenza di questi cinque personaggi di così alto calibro possa incidere sulla rappresentanza democratica che il Parlamento incarna. È vero che questa è un'Assemblea elettiva ed è vero che ci sono cinque componenti non elettivi: pensiamo che portino un altissimo messaggio politico e morale. Come facciamo a tenerli? Votando questo emendamento. (Applausi).

PRESIDENTE. Lei ha finito, quindi posso dirle che io intervengo solo quando il linguaggio è tale da comportare, soggettivamente, per mia valutazione, il mio intervento, com'è avvenuto quando ho ribadito che non è corretto definire disgustoso un applauso: poi, può essere sbagliato o giusto, ma era quello l'intervento.

FRANCESCHINI (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCHINI (PD-IDP). Signor Presidente, intervengo sull'ordine del giorno per sottolineare che sono da molti anni in Parlamento (Camera e Senato), come lei, e ho visto e incontrato diversi Presidenti delle due Camere, di colori diversi e di caratteri diversi, ma non ho mai verificato - glielo devo dire francamente - che un Presidente di una delle due Camere utilizzasse il fatto di avere il microfono acceso per interrompere ripetutamente i parlamentari (Applausi), e non come ha detto lei; lo può fare per richiamo al Regolamento. Guardi, il Presidente del Senato guida e governa la battaglia politica, ma non vi partecipa: la invito pertanto, per cortesia, a rispettare gli interventi dei senatori. (Applausi).

PRESIDENTE. La rassicuro in proposito.

Metto ai voti l'emendamento 1.2002, presentato dal senatore Marton e da altri senatori.

Non è approvato.

Dispongo la controprova. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.1051.

CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, questo emendamento, come altri che abbiamo presentato, in realtà è un'ipotesi subordinata. Gli unici emendamenti che meriterebbero un'approfondita discussione (che però non ci sarebbe tempo di farle) sono i soppressivi. Come Gruppo MoVimento 5 Stelle le ricorderò che in Commissione inizialmente ci siamo concentrati proprio su tali emendamenti soppressivi, perché questa è una riforma sbagliata in partenza e andrebbe riscritta da capo.

Signor Presidente, tramite lei mi vorrei rivolgere ai colleghi della maggioranza, soprattutto ai giuristi, che vorrei invitare a una riflessione. Sappiamo tutti che questa è una riforma che divide la popolazione, colleghi, ma vorrei invitarvi a riflettere su un fatto singolare. Mi è capitato di vedere un sondaggio pubblicato da un sito Internet, che si rivolge però a una platea di giuristi: è un sondaggio sul premierato.

La platea di giuristi risponde a questo sondaggio, con una vittoria schiacciante dei no, che raggiunge il 79 per cento. Quello che mi sono chiesto è come mai c'è questa divergente percezione tra gli addetti ai lavori, i giuristi e i cittadini. Evidentemente, i giuristi conoscono la realtà, mentre i cittadini sono stati ingannati da slogan propagandistici che non dicono la verità. (Commenti. Applausi).

State portando avanti una propaganda che non dice quello che state facendo realmente, ma dice semplicemente ai cittadini: scegliete voi il Premier. Il Premier che conosciamo però non è quello che voi state delineando, non è un Premier che ha il potere di sfiduciare il Parlamento o non può essere egli stesso sfiduciato. Voi state inserendo una figura che ha un enorme potere di ricatto nei confronti del Parlamento e rompe gli equilibri democratici.

I giuristi sanno cos'è lo Stato di diritto. Qualche giorno fa dicevo che in Commissione abbiamo chiesto più volte al Governo di dirci come ritiene che questa riforma sia compatibile con i principi dello Stato di diritto, che fanno parte dell'ossatura portante anche dell'Europa e di tutte le democrazie occidentali. Come potete pensare che, rompendo questo equilibrio tra i poteri, si possa ancora parlare di democrazia? Se non c'è la divisione dei poteri e, questo i giuristi lo sanno e va detto anche ai cittadini, non c'è democrazia: datele un altro nome, ma non c'è democrazia, se non c'è il bilanciamento dei poteri. (Applausi).

Verifica del numero legale

BOCCIA (PD-IDP). Chiediamo la verifica del numero legale. (Commenti).

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

Ripresa della discussione dei disegni di legge costituzionale
nn.
935 e 830

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.1051, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.1052, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.1053, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.1054, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.1055, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.1056, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.1057.

CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, vorrei approfittare del tempo che viene concesso per l'emendamento 1.1057 per un'ulteriore riflessione sulla disponibilità manifestata fino ad ora dalla maggioranza a venire incontro almeno ai suggerimenti migliorativi a questo provvedimento, che non è oggettivamente migliorabile, ma su cui almeno si spera di riuscire a fare qualcosina in più. Di fronte a questa indisponibilità, vorrei indurvi ancora di più ad alcune riflessioni: attenzione, colleghi, state facendo degli errori che avranno degli effetti devastanti per l'Italia.

Tutto questo voi lo fate credendo a questa illusione di stabilità che non so se avete ben chiaro cosa significhi. Le imprese vogliono stabilità: va bene, ma secondo voi queste imprese hanno bisogno di un Governo stabile, che poi fa politiche che rimettono in discussione tutto quello che è stato fatto dai Governi precedenti e creano incertezza del diritto sia attraverso una riforma come quella che va a frazionare l'Italia in un insieme di sistemi normativi diversi da una Regione all'altra, sia nel settore dell'edilizia, cambiando le regole del gioco, quando le imprese hanno investito in un progetto che ora viene rimesso in discussione? Create instabilità e non fate nulla per cercare di creare sviluppo nel Paese. Pensate che le imprese vogliano stabilità e non vogliano, ad esempio, che si possa intervenire su un altro grosso elemento che disincentiva gli investimenti, come la lotta alla corruzione?

Che cosa fate voi per la lotta alla corruzione? Andate a spuntare le armi alle procure? Volete gli investimenti in Italia? Pensate che questo provvedimento risolva il problema dell'attrattività per le imprese? Pensate che le imprese vengano in un Paese in cui non ci sono le infrastrutture? Nel corso dell'esame della vostra proposta sull'autonomia differenziata avete respinto tutti gli emendamenti che avevamo presentato, volti a proporre una perequazione infrastrutturale.

Allora che cosa se ne fanno le imprese di questa stabilità? Le imprese vogliono la certezza del diritto e la lotta alla corruzione; vorrebbero essere immuni dal problema dell'abuso d'ufficio, ma voi avete cancellato tale reato. Perché date l'illusione ai cittadini che questa sia la madre di tutte le riforme? La madre di tutte le riforme in questo Governo non esiste. Se volete salvare l'Italia, dimostrate davvero di essere intenzionati a risolvere i problemi del Paese in termini di infrastrutture, di lotta alla corruzione e alla povertà e di politiche di sviluppo.

Questa misura è soltanto propagandistica e vuole far leva sull'idea del ritorno alla figura dell'uomo forte. (Applausi).

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, prima di entrare nel merito, vorrei far presente che mi è stato riferito che il senatore Zaffini, mentre io parlavo, ha urlato «impara l'italiano prima di parlare». (Applausi).

PRESIDENTE. Senatrice, non so chi glielo ha riferito, ma noi eravamo attenti e non l'abbiamo sentito.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Presidente, innanzitutto mi sta interrompendo di nuovo.

PRESIDENTE. No, non la sto interrompendo, le sto dicendo che non l'ho sentito, altrimenti sarei intervenuto.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Presidente, si guardi la registrazione, come in altri casi. Non è questo il modo di rapportarsi alle minoranze linguistiche (Applausi): con ciò fate vedere la vostra vera faccia.

La Presidente del Consiglio ha attaccato le opposizioni perché, a suo dire, difendono le poltrone dei senatori a vita. Ebbene, noi siamo orgogliosi di fare questa battaglia per continuare ad avere in quest'Aula personalità del calibro di Elena Cattaneo - che tra l'altro è presente ogni mercoledì e partecipa ai lavori - di Liliana Segre, di Mario Monti e di tanti altri. Tali personalità hanno portato saggezza e valore ai nostri dibattiti sulla scienza, sulla memoria, sull'economia e sul valore delle istituzioni.

Come si fa a mettere in discussione queste figure? Voi dite che cinque senatori a vita in un Senato di 200 membri possono invertire o comunque condizionare l'orientamento politico dell'Aula, ma questo non è affatto vero. Con la vostra riforma, il Parlamento non avrà alcun potere sul Governo; non si troverà mai a discutere una mozione di sfiducia, perché un minuto prima il Presidente del Consiglio scioglierebbe le Camere e riporterebbe tutti al voto. Ma ammettiamo pure la remota ipotesi di un Parlamento che fa cadere un Governo col voto determinante dei senatori a vita. Per scongiurare questa eventualità, sarebbe sufficiente togliere ai senatori a vita la facoltà di partecipare alle votazioni sulla fiducia al Governo, come abbiamo proposto. Il problema che voi dite esistere verrebbe agilmente risolto senza privarci della presenza di figure così importanti.

E allora lo ripeto: la verità è che a voi serve solo un buon argomento in vista del referendum. È facile dire "tagliamo le poltrone", e ancor più facile sarà dire togliamo le poltrone dell'élite, dopo che per anni avete creato questa artificiosa contrapposizione tra popolo ed élite. Basta vedere lo spot per le europee della Presidente del Consiglio in cui si sostiene che Giorgia Meloni appartiene al popolo e non si è mai montata la testa. In realtà, la Presidente del Consiglio, a soli quarantasette anni, ha da quasi vent'anni una poltrona in Parlamento. Stando ai suoi criteri, altro che figura del popolo: Giorgia Meloni è una perfetta rappresentante dell'élite. (Applausi).

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signor Presidente, in merito all'emendamento 1.1057, io penso che la disposizione secondo la quale i senatori a vita, al pari degli altri senatori, devono verificare che il valore dei doni accettati nell'esercizio delle proprie funzioni sia conforme alle consuetudini di cortesia non meriti di entrare nella nostra Costituzione. Ciascuno di noi ha il buonsenso e anche l'etica necessaria al ruolo che ricopre e, dunque, non c'è bisogno di una disposizione in Costituzione per capire che i senatori a vita, al pari di tutti gli altri senatori, possono rifiutare i doni di non modesta entità, senza avere bisogno di una norma scritta nella nostra Costituzione.

Annuncio pertanto il mio voto contrario.

ZEDDA (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZEDDA (FdI). Signor Presidente, vorrei solo rassicurare la collega Unterberger sul fatto che la riforma non prevede la decadenza dei senatori a vita attualmente in carica. Serenamente e tranquillamente non ne potremo nominare degli altri. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 1.1057, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori, fino alle parole «dell'istituzione».

Non è approvata.

Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 1.1058.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.1059.

LICHERI Sabrina (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LICHERI Sabrina (M5S). Signor Presidente, sulla modifica all'articolo 59 vediamo che la discussione si si sta animando - e meno male - perché si continua a fare fatica a capire la ragione logica che sta alla base di questa modifica.

La verità è che non c'entra niente modificare l'articolo 59 e pensare ad avere come obiettivo ultimo quello della stabilità del Governo. La verità più vera in realtà è che una ragione logica alla modifica dell'articolo 59 non c'è. C'è invece una grande contraddizione straordinaria e ve la spiego.

Da una parte abbiamo i patrioti dalla destra, che non perdono occasione per mettere in evidenza le nostre eccellenze italiane in qualunque contesto - condivisibile o meno, io lo condivido - mentre in questo caso le stesse eccellenze italiane le accompagnano gentilmente alla porta di quest'Aula e gentilmente in realtà non troppo, come abbiamo visto oggi. Dall'altra parte, le opposizioni cercano, in nome e a difesa della democrazia rappresentativa, di mantenere la loro presenza all'interno di quest'Aula.

Cosa c'è di straordinario? Di straordinario c'è che, con questo intervento, la destra raggiunge due obiettivi che noi ovviamente non condividiamo. Da una parte, cancella la presenza delle eccellenze nella nostra Aula; dall'altra, danneggia anche l'altro elemento che ho menzionato, ossia la democrazia rappresentativa.

Signor Presidente, questo è un tentativo di manipolare il consenso sulla riforma in esame. Sa perché? Si cerca di catturare l'attenzione su un tema, quello dei senatori a vita, che può essere facilmente raccontato: abbiamo visto qui che si è parlato del fatto che vengono nominati e non eletti; magari si tira fuori l'argomento che non sono sempre presenti; oppure è utile eliminare il numero dei senatori. Si portano sul tavolo argomenti che hanno un impatto molto forte sugli elettori e lo si fa per distogliere l'attenzione da tutto il resto. Si sta cercando di fare leva su un tema per vedere approvato tutto il resto del testo della riforma, sul quale continua a esserci molta poca trasparenza e diciamo scarsa trasparenza.

Qui - a nostro avviso - siamo davanti ad una manipolazione del consenso sulla riforma in esame: questa è la ragione del nostro emendamento. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.1059, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.1060, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato. Più largamente del solito.

Metto ai voti l'emendamento 1.1061, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.1062, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Gli emendamenti 1.130 e 1.131 sono stati ritirati.

Metto ai voti l'emendamento 1.139, presentato dal senatore De Cristofaro e da altri senatori.

Non è approvato.

Gli emendamenti 1.132, 1.133 e 1.134 sono stati ritirati.

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.142.

SENSI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SENSI (PD-IDP). Signor Presidente, signora Ministra, colleghe e colleghi, se mi è consentito, proseguirei con una valutazione su questo emendamento, e dunque tornerei sulla figura e sul profilo dei senatori a vita che intendereste epurare - Pavlov aveva ragione - dalla Carta.

Ho provato brevemente ad argomentare, nei giorni scorsi, come uno dei tre obiettivi dell'attacco alla Costituzione sia il Parlamento, il quale nei disegni della maggioranza perderebbe peso, forza, presenza, ruolo, dignità, e con esso i senatori qui seduti, quelli che verranno, i parlamentari tutti, di destra e di sinistra, di maggioranza e di opposizione.

Ho già richiamato in una precedente occasione i colleghi della maggioranza a non farsi bastare l'ingannevole tepore della disciplina di partito e del favore del capo, che assicurerebbe prebende e onori. Infatti, altro onore in quest'Aula non c'è. Altra disciplina non esiste se non quella della coscienza e della responsabilità di chi ci ha eletto e non di chi ci ha fatto eleggere.

Ora, signor Presidente, se cancellando i senatori a vita, questa maggioranza punta all'indebolimento del Parlamento, è altrettanto ovvio che il primo bersaglio di questa offensiva - come abbiamo visto oggi - siano i senatori a vita stessi; i cinque che sono attualmente in carica, che onorano questo Senato e lo hanno onorato anche in questi giorni con importanti interventi; interventi che - lo avrete notato, colleghi - hanno fissato uno standard che ciascuno di noi - parlo per me, certo, ma non credo di sbagliare - si è sentito in dovere di rispettare. Lo dico con profonda devozione per il lavoro che ognuno di noi fa in questo Senato. Ma, dopo un intervento, ad esempio, come quello della senatrice Segre, era davvero impossibile presentarsi all'appuntamento della parola in Aula con la giacca sciatta e la cravatta inzaccherata, proprio perché interventi come quello della senatrice Segre corrispondono esattamente a quell'elevarsi da lei stessa richiamato, a quel librarsi, quel sollevarsi - cito - «per tentare di scrutare quell'infinito nel quale devono collocarsi le Costituzioni». Chiudo la citazione.

Questo alzare l'asticella, signor Presidente, costituisce un'opportunità feconda per questa Camera. Ognuno si sente sfidato a provare a essere all'altezza di quella libertà di giudizio - oggi la richiamava la senatrice Cattaneo - che la Costituzione garantisce ai senatori a vita, anche della temperatura morale della loro presenza, del loro richiamo, del loro monito. Con la loro soppressione, signor Presidente, la maggioranza persegue un Parlamento svuotato e aggirato e lo fa con impeto. Ha ragione la senatrice Cattaneo, quando, in un suo mirabile intervento, la settimana scorsa sottolineava come questa riforma non solo non risolve, ma rafforza una patologia del sistema, quella appunto di un Parlamento già malato - anzi, il grande malato, come lo ha chiamato la senatrice - con una funzione legislativa sempre più delegata al Governo di turno.

E passerete anche voi, e lo ribadisco. Come vi ha ricordato, non senza malizia, il senatore Franceschini in un suo formidabile (etimologicamente, dal latino formido) discorso qualche giorno fa, che, guardando i volti sgomenti di tanti parlamentari di maggioranza, ha avuto il merito, con la grazia di una granata dialettica nelle trincee nemiche, di far sì che la sicumera della maggioranza venisse attraversata anche solo per un istante dal refolo di un'inquietudine. Certo, nel vociante silenzio della maggioranza, avremmo dovuto trovare conforto nelle poche, sparute, ancorché autorevoli, voci alzatesi da essa; quella del relatore, il senatore Balboni, che intendeva rassicurarci come il ruolo del Presidente della Repubblica non venga mortificato, ma addirittura enfatizzato da questo provvedimento. Sarà l'età, senatore - lo dico tramite il Presidente - ma davvero non riesco a vedere come. Ci manca solo che vi vantiate di avere lasciato alla Presidenza la Pineta di Castelporziano e Villa Rosebery. (Applausi). O cito la voce della ministra Casellati, che, con atto di generosa liberalità nei confronti del Parlamento, argomentava di come alle Camere saranno lasciate addirittura l'autonomia e l'autodeterminazione circa la modifica stringente - nientemeno - dei Regolamenti. Troppa grazia, Ministra, e lo dico attraverso il Presidente. Forse non meritiamo tanto. E ricordo quella - concludo Presidente - del presidente Pera, che, non lesinando critiche insidiose al progetto della sua parte politica, ci ha portato, come fosse Brigadoon, in una terra favolosa e remota, l'Inghilterra, dimenticandosi, tuttavia, un piccolo particolare, un'inezia che differenzia, purtroppo, il nostro caso e quello d'Oltremanica. Entrambi, senatore Pera, lo hanno combattuto, ma il fascismo noi lo abbiamo vissuto e loro no. La ringrazio. (Applausi).

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, io denuncio immediatamente un boicottaggio nei confronti delle Autonomie, perché in questa postazione devo tenere in mano il microfono. Mi auguro che la prossima volta venga risolto il problema tecnico.

La cosa che mi dispiace - voi sapete che sono un neofita di questo Senato e negli ultimi mesi ho imparato e ho preso atto che c'è una questione di fondo - è che c'è un'incapacità di questo consesso di apprezzare la qualità e l'esperienza di coloro che ne fanno parte rispetto a esperienze delle qualità particolari. Nella mia vita ho avuto l'opportunità di presiedere sia organi collegiali di tipo politico, sia gruppi di lavoro di tipo tecnico. Devo dire, tra l'altro, Presidente, che su dalle mie parti, se mi permettessi di interrompere uno che parla, quelli della mia maggioranza mi farebbero nero sul posto. Altro che quelli dell'opposizione. Ma questo succede su da noi, dove abbiamo una testa un po' quadrata. (Applausi).

C'è una deriva culturale - dicevo - per cui ogni opinione vale quanto un'altra e questo orientamento ha preso anche il rapporto che c'è con i senatori a vita. Credo che ciò non vada bene, perché i senatori a vita dovrebbero essere tutelati dal nostro Senato. È una buona cosa che ci siano, perché possono portare contributi importanti dove gli altri senatori non hanno la stessa preparazione. Ovviamente, mi riferisco alle tematiche di cui sono specialisti. Ricordo, per esempio, che la collega Cattaneo, quando ci fu il dibattito sulle cellule staminali, di cui lei è un'esperta internazionalmente riconosciuta, venne attaccata dal punto di vista politico, ma non aveva senso, perché lei esprimeva un proprio parere scientifico che metteva a disposizione dell'Assemblea, e poi ovviamente la maggioranza ha deciso come ha ritenuto opportuno, come è giusto che sia.

Vorrei ricordare che abbiamo avuto dei senatori a vita - ne ha parlato il senatore Franceschini in un intervento precedente - di altissimo valore dal punto di vista sia delle conoscenze scientifiche, sia delle esperienze imprenditoriali, ma anche dal punto di vista culturale. Il senatore Montale, nominato senatore a vita nel 1967, arrivò qui forte di una esperienza di poeta che l'aveva fatto conoscere a tutto il mondo e che poi l'ha portato anche a ricevere il premio Nobel. Montale scriveva, molto prima di diventare senatore a vita, nel 1923, la poesia «Non chiederci la parola che squadri da ogni lato», che è un po' paradigmatica della sua poesia. Egli diceva, in sostanza, che non si può trovare la terminologia per descrivere l'animo umano, perché questo è troppo complesso e noi qui invece viviamo tra uomini che se ne vanno sicuri: «Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico». Noi non siamo così sicuri dentro noi stessi: facciamo solo finta di esserlo e Montale ce lo diceva. Ebbene, avere un Montale in questo Senato ora potrebbe essere utile per far calare il senso di onnipotenza che hanno certi senatori per portarci a dire, con il poeta: «Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Questo possiamo dire: quello che non vorremmo e noi non vorremmo che venissero aboliti in questo modo i senatori a vita, perché sono convinto che possano portare ancora un contributo importante, ovviamente tenendo conto delle proposte che ci sono state per limitarne la possibilità di intervento quando potrebbero condizionare le maggioranze al voto. (Applausi).

MALAN (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FdI). Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario di Fratelli d'Italia a questo emendamento che chiede che ciascun Presidente della Repubblica debba nominare almeno quattro senatori a vita. Ciò vorrebbe dire che si potrebbe arrivare facilmente ad avere dodici senatori a vita nel corso di tre mandati; oltretutto è successo che siano stati nominati dei senatori a vita anche ben al di sotto dei sessant'anni, e quindi questo è possibile. Ricordo che qui abbiamo un partito - il partito che, a suo tempo, si è presentato insieme: Azione-Italia Viva - che, per avere nove senatori, ha dovuto prendere 2,131 milioni di voti. Noi riteniamo che non ci possa essere una sostituzione dei senatori nominati che possano valere ben più di due milioni di elettori. (Applausi).

Mi rincresce, peraltro, che si continui a dire, durante il dibattito, magari perché ci si è preparati l'intervento prima, che la maggioranza non ha spiegato. L'ha spiegato il relatore in sede di relazione iniziale, e capisco qualcuno possa aver dimenticato, ma l'ha spiegato di nuovo poco fa. (Applausi).

Non ho voluto intervenire prima a questo proposito, ma approfitto di avere ora la parola per dire che prima ho udito il senatore Franceschini affermare che, nella sua lunga esperienza parlamentare, non ha mai visto Presidenti del Senato o della Camera interrompere gli oratori durante il loro intervento. Io ho persino un po' più di anzianità del presidente Franceschini e l'ho visto molte volte in precedenti legislature. (Applausi). Il collega è stato a lungo al Governo e, dunque, forse ha frequentato meno le Aule. Sarà per questo che non se n'è accorto, ma io me ne sono accorto. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 1.142, presentato dal senatore Sensi e da altri senatori, fino alle parole «a vita».

Non è approvata.

Risultano pertanto preclusi la restante parte e gli emendamenti 1.1064, 1.1065 e 1.151.

Gli emendamenti 1.146 e da 1.150 a 1.168 sono stati ritirati.

Metto ai voti l'emendamento 1.167, presentato dal senatore Martella e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo adesso agli emendamenti che avevamo accantonato e che, senza che ciò costituisca precedente, abbiamo comunque ammesso.

Metto ai voti l'emendamento 01.2, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 01.1.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Signor Presidente, intanto mi fa piacere che la Presidenza abbia ritenuto di dover ammettere questo emendamento, che non ha nulla di ostruzionistico, ma contiene un elemento di carattere strutturale, che va nella direzione di fornire un impianto omogeneo, equilibrato, rispetto alla proposta di merito del disegno di legge in esame, che è quella dell'elezione diretta del Primo ministro.

Vorrei ribadire una volta di più che uno degli elementi che sta adulterando, inquinando, rovinando, squilibrando la proposta che la maggioranza e che il Governo hanno fatto per l'elezione diretta del Primo ministro è la permanenza del sistema di bicameralismo perfetto. È un elemento che già era stato affrontato in passato e rispetto al quale già in passato le forze politiche che avevano contrastato questo tipo di riforma, da una parte piuttosto che dall'altra, avevano detto che è vero che abbiamo ragione, che il bicameralismo così come è non funziona; ma, siccome abbiamo trasformato la riforma in una questione incidentalmente legata ad una figura politica, facciamo un referendum su quella figura politica e poi affronteremo il tema della riforma del bicameralismo.

Ebbene, siamo di nuovo qui: siamo di nuovo in una condizione nella quale la permanenza di questo sistema, signor Presidente, se non modificata ci imprigionerebbe. Uso il condizionale perché ho la ragione fondata di ritenere che questa cosa non arriverà mai in fondo, perché - come abbiamo già visto - ogni giorno che passa questa riforma, che doveva essere la madre di tutte le battaglie (poi derubricata a madre di tutte le riforme), comincia a non avere più né madri né padri, perché c'è una gara a chi si sottrae rispetto alla capacità di andare fino in fondo.

Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 16,58)

(Segue BORGHI Enrico). Tuttavia, immaginando, per amor di ragionamento, che questa riforma arrivasse in fondo e che voi ci portaste ad avere un Premier eletto, magari con il voto determinante dei nostri cittadini residenti in Alaska o in Argentina o in Russia, egli si presenterebbe qui forte del mandato elettivo, e si ritroverebbe imprigionato esattamente all'interno di quella ragnatela del bicameralismo perfetto che tutti quanti noi abbiamo denunciato essere non più necessaria, sussistente, equilibrata per la modernizzazione del nostro Paese; salvo il fatto che, dentro questo gioco degli specchi al quale ci stiamo consegnando, in uno spettacolo che è davvero inverecondo rispetto al clima costituente che dovremmo tenere, ogni volta cambiamo opinione e cambiamo idea a seconda del luogo nel quale siamo chiamati. Quindi diciamo tutto e il contrario di tutto a seconda se siamo sui banchi della maggioranza o sui banchi dell'opposizione; se siamo al Governo o se siamo a svolgere funzioni di carattere parlamentare.

In questa dimensione si perde di vista l'equilibrio essenziale. E già da ieri, quando abbiamo deciso di spingere verso una dimensione regionalista del nostro impianto statuale, in permanenza del meccanismo di diversificazione dell'elezione del Parlamento, tra il premio di maggioranza nazionale alla Camera e il premio di maggioranza regionale al Senato, tutto questo continua a provocare uno squilibrio. Il voto favorevole al superamento del bicameralismo paritario, se aveste sale in zucca, sagacia politica e un minimo di reale volontà di portare fino in fondo questa riforma, lo dovreste accettare. Se voterete di no, svelerete, davanti a quest'Aula e davanti a tutti gli italiani, il grado di finzione che state mettendo in questa operazione. (Applausi).

PARRINI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PARRINI (PD-IDP). Signora Presidente, l'emendamento che è stato testé illustrato dal senatore Borghi merita di essere valutato con molta attenzione. Anticiperò che noi, pur giudicandolo per molti versi positivo, ci asterremo, per la seguente considerazione. Questo emendamento ci spinge a fare una valutazione su un progetto di riforma che occupò il dibattito pubblico nel nostro Paese alcuni anni fa e che, giudicato oggi a otto anni di distanza, può essere visto in tutte le sue luci e ombre in maniera molto adeguata.

Vorrei sottolineare il principale pregio delle cose che diceva poc'anzi il senatore Borghi. Voi avete fatto questa proposta al Parlamento (elezione diretta del Premier, modifica della forma di Governo italiana, da parlamentare in una forma di presidenzialismo confuso e sgangherato), partendo dal presupposto che in Italia c'è il problema della debolezza dei Governi e facendo finta che non esista il problema della debolezza del Parlamento. Invece il problema della debolezza del Parlamento è molto serio, legato all'abuso della decretazione d'urgenza da parte del Governo, ma legato anche al fatto che il nostro bicameralismo paritario ormai evidentemente non funziona e presenta crepe molto grandi. Qualsiasi proposta di riforma della forma di Governo che non prenda in considerazione il superamento del bicameralismo paritario, e quindi non rafforzi e non renda più razionale l'attività del Parlamento, è gravemente carente. Questa è la cosa che noi riteniamo molto importante.

Certo noi, per quanto riguarda il superamento del bicameralismo paritario, nelle proposte che sono agli atti, abbiamo presentato e illustrato in Commissione delle proposte diverse da quella di fare una Camera delle Regioni e una sola Camera con fiducia. Cioè, abbiamo detto che non possiamo non tener conto del risultato del referendum del 2016 e che accettiamo il principio del mantenimento a suffragio universale delle due Camere; ci orientiamo verso un modello simile a quello spagnolo, in cui nel Senato c'è una larga componente elettiva, cui si aggiungono alcune decine di senatori nominati dalle Regioni. Diamo più funzioni e più forza al Parlamento in seduta comune, che, dopo la riduzione del numero dei parlamentari, può diventare l'organo nel quale le maggiori votazioni, da quelle di fiducia a quelle sul bilancio, a quelle sulla conversione dei decreti-legge, possono diventare l'attività caratteristica e quella più caratterizzante delle Camere riunite.

Certamente riteniamo positivo che si accenda un faro di attenzione su come correggere il bicameralismo paritario, che, tra l'altro, in Italia non esiste più. E anche questa è un'umiliazione del Parlamento, perché la cassazione del bicameralismo paritario è avvenuta non per un atto di riforma del Parlamento, ma per prassi.

Abbiamo il monocameralismo alternato. Tutti abbiamo fatto - vorrei dire indecentemente - l'abitudine al fatto che i decreti-legge arrivano in una Camera, che la Camera di prima lettura è la sola che li approfondisce e li può modificare, mentre l'altra li timbra soltanto. Questa è una disfunzione gigantesca, secondo tutti gli studiosi del nostro bicameralismo. Quindi, la nostra proposta è leggermente diversa, ma riconosciamo a questo emendamento di andare nella giusta direzione.

Io, però, parlando della riforma del 2016, vorrei mettere in evidenza un altro punto importante, che spesso si trascura nel dibattito confuso che facciamo. Uno dei pregi maggiori della riforma del 2016 - a mio avviso - era che non toccava la forma di Governo. Non veniva in alcun modo presa in considerazione la panzana della elezione diretta del Presidente del Consiglio che ci è stata messa tra i piedi e che ci crea un sacco di problemi, perché ci renderà unici al mondo e più squilibrati nel rapporto tra il Presidente della Repubblica, Parlamento e Governo.

In quella riforma, questa cosa si evitò. Devo dire che, col senno di poi, sarebbe stato necessario, invece, prendere in considerazione alcuni istituti che noi abbiamo riproposto nei nostri emendamenti per razionalizzare la forma di Governo parlamentare. Penso, per esempio, all'istituto della sfiducia costruttiva. Penso al potere di nomina e revoca, e al potere del Presidente del Consiglio di proporre al Presidente della Repubblica non solo la nomina, ma anche la revoca dei Ministri.

Quindi, ritengo che questa riflessione sia appropriata. Non siamo affatto ostili a questo emendamento. Avendo una visione un po' diversa su come realizzare lo stesso obiettivo, ci asteniamo, ma è un'astensione senz'altro benevola. (Applausi).

PATUANELLI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATUANELLI (M5S). Signor Presidente, questo è un emendamento che, di fatto, ricalca, quasi in fotocopia, uno stralcio della cosiddetta riforma Renzi, che nel 2016 è stata sottoposta poi a referendum; referendum il cui esito è noto e che ha portato alle perenni dimissioni dalla politica dell'allora Presidente del Consiglio. Anzi no, chiedo scusa, ricordavo male: non si è dimesso, ma l'aveva promesso. (Applausi).

Detto questo, noi voteremo ovviamente contro questo emendamento, perché manca il presupposto. Il bicameralismo perfetto viene oggi definito un problema, perché incide sui tempi di approvazione dei provvedimenti. Quella che in realtà manca, nell'approvazione dei provvedimenti, è la volontà politica di procedere rapidamente all'approvazione degli stessi. Quando c'è la volontà politica, il bicameralismo perfetto non incide minimamente sul procedimento legislativo. Si può intervenire su base regolamentare, con i Regolamenti di Camera e Senato, per accelerare eventualmente le procedure di approvazione delle norme.

Peraltro, la previsione del superamento del bicameralismo perfetto è accompagnata da un meccanismo elettivo di secondo grado della Camera alta del Parlamento, cioè del Senato della Repubblica, che sarebbe quindi composto di nominati dai Consigli regionali.

Non si tocca, invece, l'articolo 86, che prevede - come è noto - che, in caso di impedimento del Presidente della Repubblica, le funzioni dello stesso vengono esercitate dal Presidente del Senato. Avremmo, quindi, un Presidente del Senato non eletto dal popolo in via diretta, che andrebbe a sostituire le funzioni del Presidente della Repubblica.

Riteniamo che anche questo sia un elemento negativo della proposta e, per questi motivi, voteremo contro questo emendamento. (Applausi).

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPAGNOLLI (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, io vorrei fare una considerazione preliminare su un certo linguaggio che viene usato nei confronti degli eletti democraticamente nel nostro Paese, per poi arrivare a una conclusione che si riferisce a questo provvedimento.

Io nutro una fortissima antipatia personale per la parola poltrona quando viene abbinata ai democraticamente eletti. La parola poltrona deriva dal latino poltro, che significa inerte, indolente. La poltrona, secondo la Treccani, è un sedile ampio e comodo, per una sola persona, fornito di schienale e bracciali, ricoperto di materiali vari, usato in salotti e ambienti di soggiorno, dove la gente si sdraia, si siede e sta comoda a non fare nulla. Si dice che è spesso simbolo di comodità e, quindi, anche di vita oziosa o facile; «se ne sta in poltrona a farsi servire; lui sta in poltrona tutto il giorno e la moglie sgobba per lui». Questo è scritto in Treccani.

Allora, se non fossi profondamente democratico, abolirei il termine poltrona dal vocabolario. Sono però democratico e non lo faccio, perché in poltrona - come detto - si è ben pagati e si riposa, si sta spaparanzati. E allora mi sento dire che in quest'Aula - l'ho conosciuta abbastanza bene, conoscendo ormai pressoché tutti coloro che sono oggi presenti qui, anche quelli che sono assenti - nessuno tra i presenti usa spaparanzarsi in poltrona, perché sono tutti vocati a fare e a produrre qualcosa in funzione delle proprie idee politiche e a favore del nostro Paese.

Presidente, tagliare poltrone è però un motivo di consenso politico. È innegabile. Quando si decide di tagliare poltrone, si acquistano voti. La gente è molto contenta se viene tagliato il numero delle poltrone. Al di là di tutte le considerazioni fatte sul perché e sul per come, se sia bene o se sia male, quello che è stato detto prima e quello che verrà detto dopo, il taglio del numero delle poltrone dei senatori a vita ha l'effetto unico e voluto che, quando si dovesse arrivare al referendum popolare, tagliare le poltrone potrà portare persone ad approvare questo provvedimento.

Trovo questa cosa assolutamente disdicevole, perché è fatta sulla pelle di persone che hanno dato lustro al nostro Paese e possono portare un contributo di qualità e di conoscenza al nostro lavoro. (Applausi).

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, vorrei brevemente illustrare una dichiarazione di voto contraria sull'emendamento 01.1, non solo per ragioni di metodo, ma in realtà anche per quello. Sono d'accordo con il collega Borghi quando dice che il bicameralismo e i suoi limiti necessiterebbero di una riflessione molto seria e articolata, che però, francamente, non si può rinchiudere semplicemente nello spazio di un emendamento e in un giro di dichiarazioni di voto.

Se si fosse fatto un ragionamento più serio, naturalmente avrei acceduto alla possibilità di esprimere un altro tipo di opinione. Il mio voto contrario è motivato soprattutto dalla ragione - la stessa per cui ero profondamente in disaccordo anche ai tempi della riforma Renzi - che l'emendamento in esame contiene quello che io credo sia il peggiore sistema di voto che si possa concepire, cioè il doppio livello. Mi basta questo per votare contro.

Credo che il doppio livello non sia proprio compatibile con quello che serve al nostro Paese oggi e penso - lo dico con sincerità e onestà - che, prima di riproporre ancora il doppio livello, sarebbe corretto fare un'analisi su come ha funzionato il doppio livello in Italia, laddove è stato introdotto, e cioè esattamente nelle aree metropolitane.

Sarò condizionato dalla mia provenienza e dal fatto di aver visto trasformarsi nella mia città l'elezione di secondo livello in un vero e proprio totale mercato del voto. Francamente, non fosse altro che per questo, esprimo un giudizio radicalmente contrario. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 01.1, presentato dai senatori Musolino e Borghi Enrico.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 1.

GIORGIS (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIS (PD-IDP). Signora Presidente, in questo confronto fatto di silenzi, abbiamo però avuto, anche nella giornata di oggi, qualche conferma. Ne voglio sottolineare una in particolare, ossia la conferma della coerenza tra il merito della riforma e il metodo che fino ad ora è stato praticato e che in questi giorni abbiamo sentito teorizzare. Nel merito abbiamo detto che è una riforma che alla fine concentra tutto il potere in una sola figura, il Presidente del Consiglio, e riduce la partecipazione democratica alla sua elezione.

Questa è l'essenza della riforma: concentrazione del potere e trasformazione radicale dei tratti salienti di ogni democrazia pluralista, ossia la costruzione dell'unità non più dal basso attraverso un processo partecipativo diffuso, ma attraverso l'investitura diretta del vertice e, a cascata, la composizione di tutti gli altri organi, perché l'inedito di questa riforma, che non ha precedenti e non ha eguali, è proprio ipotizzare una composizione del Parlamento di riflesso e in conseguenza dell'elezione del Presidente del Consiglio.

In questi ultimi giorni, però, noi abbiamo avuto conferma che a questo contenuto corrisponde un metodo. Se dovessimo fare un paragone, non è il metodo che è stato praticato in sede di Assemblea costituente e che viene praticato in tutte le assemblee costituenti e in tutti i percorsi di riforma costituzionale che assumono la Costituzione come un grande compromesso, un minimo comun denominatore dell'intero Paese, cioè il dialogo, il confronto e il compromesso costituzionale, appunto. Il metodo seguito e teorizzato è "o la va o la spacca".

Questo è il metodo che la Presidente del Consiglio ci ha detto di voler seguire: "o la va o la spacca". Lo stesso metodo è quello che ha teorizzato oggi il relatore Balboni, perché ha detto in sostanza che l'opposizione era scesa sul terreno del compromesso, presentando una riforma che preservasse la figura dei senatori a vita, facendo venire meno la possibilità che fossero determinanti nel momento del voto di fiducia, ma quella era una proposta che si muoveva sul terreno del compromesso, cioè era una proposta della passata legislatura, perché in questa legislatura, invece, Fratelli d'Italia, la maggioranza, non si muove sul terreno del compromesso, ma si muove appunto su tale terreno: "ho i numeri e faccio quello che voglio" (o, se vogliamo in maniera meno elegante: "o la va o la spacca").

Peraltro, abbiamo assistito anche a una nuova declinazione di questo metodo, che è un nuovo metodo costituzionale. Certo, diciamolo, onorevoli colleghi, è un metodo abbastanza distante da quello che veniva teorizzato da Piero Calamandrei, De Gasperi, Togliatti, Rita Montagnana, Nilde Iotti, Dossetti, Einaudi, Terracini, Ruini, Mortati, Vittorio Emanuele Orlando, Parri o Perassi, che avete citato tante volte e che fu uno dei tanti teorici del valore, dell'importanza e dell'imprescindibilità del compromesso e della ricerca della sintesi e dell'unità.

Ecco, voi invece ci avete proposto un metodo nuovo e innovativo, tanto innovativo e tanto inedito quanto lo è il contenuto della riforma, il metodo appunto del "o la va o la spacca", o, nella sua versione enunciata domenica scorsa, del "chi se ne..." che evoca un antico motto che non ha portato molto bene. Quel "chi se ne..." ci fa venire in mente quell'arroganza e quella protervia del potere che hanno consegnato il nostro Paese per vent'anni alla vergogna.

Teorizzare oggi il metodo "o la va o la spacca" (o, nell'evoluzione di domenica scorsa, del "chi se ne") non credo faccia onore a quest'Assemblea. L'unica considerazione che può essere portata a giustificazione è che è un metodo perfettamente coerente con il merito della riforma.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signor Presidente, intervengo solo per una correzione. Mi hanno detto che prima ho parlato della senatrice Segre come membro del nostro Gruppo. Ovviamente mi sono sbagliata: mi riferivo alla senatrice Cattaneo.

PRESIDENTE. Senatrice Unterberger, grazie per averlo specificato; avevamo capito.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Signora Presidente, il voto a questo primo articolo del disegno di legge in esame tradisce - ahimè - il limite vero con il quale ci si sta approcciando a questa riforma. È un limite che noi come Italia Viva stiamo cercando di colmare, mantenendo quasi disperatamente un solco di proposta, di discussione di merito e di riformismo, contrapposto a un gioco degli specchi che per la verità non fa onore a questo approccio e a questa modalità. Mi riferisco anche al clima con il quale stiamo affrontando questa discussione, com'è stato rilevato anche in precedenza dagli interventi di alcuni colleghi.

Signora Presidente, mi consenta anche di manifestare la solidarietà personale mia e del Gruppo che rappresento alla senatrice Unterberger (Applausi), perché il concetto e l'idea delle minoranze linguistiche nel nostro Paese rappresentano un punto di riferimento avanzato. Se quel tipo di modello fosse stato sposato in passato sul versante russo-ucraino, come il Governo italiano all'epoca aveva proposto in sede di G7 (il Presidente del Consiglio era Renzi), avrebbe risparmiato lutti, disastri e guerre. Quello è quindi un tema delicato, da affrontare con grande attenzione e con grande rispetto.

Anche questo clima tradisce il fatto che, con buona pace di qualsiasi sforzo, si sta tentando di utilizzare la riforma della nostra Costituzione come una sorta di redde rationem, di clava e di regolamento di conti, che non fa giustizia al tema reale di merito che dovremmo affrontare. Lo abbiamo comprovato anche nel corso della discussione sulla vicenda della "eliminazione" - uso il termine portato in quest'Aula dalla ministra Casellati - dei senatori a vita. Non abrogazione... (Commenti).

Non ho capito, scusi: cosa dovrei fare io, secondo lei, signora Ministra? (Commenti). Dove dovrei andare io, secondo lei, signora Ministra?

PRESIDENTE. Senatore, si rivolga alla Presidenza, per favore.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Io chiedo che la Presidenza tuteli l'onorabilità di quest'Assemblea, perché la ministra Casellati non si può permettere di rivolgersi in quei termini e con quel gesto nei confronti di qualsivoglia componente di quest'Assemblea (Applausi), soprattutto perché ne è stata Presidente. Si vergogni, signora Ministra! Si vergogni di quello che ha fatto! (Commenti).

PRESIDENTE. Senatore, la prego.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Io esprimo in quest'Aula il mio parere e il parere del mio Gruppo e lei, signora Ministra, non si può permettere di rivolgersi in questo modo. (Commenti).

PRESIDENTE. Senatore, la Presidenza, essendo alle spalle della Ministra, non vede quello che la Ministra... (Commenti). La prego, si rivolga alla Presidenza.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Tutto questo, il nervosismo, l'approccio e il comportamento tenuto dal Governo in quest'Aula... (Commenti). No, non dite basta, cari colleghi, io ho tutto il diritto di parlare e se tu non mi vuoi ascoltare devi uscire da quest'Aula (Commenti): qui funziona così, e lei, Presidente, deve tutelarmi nell'espressione della mia opinione. (Commenti).

PRESIDENTE. Senatore Borghi, la Presidenza cerca di tutelare tutti i senatori. Chiaramente quello che succede ai banchi del Governo io non riesco a vederlo.

Le chiedo di concludere l'intervento.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Stavo dicendo che l'atteggiamento che è stato testé tenuto non fa che confermare il tema che ho denunciato, cioè il fatto che non si voglia affrontare una questione che consenta di trovare un punto di caduta.

Lo ribadisco, signora Presidente: il Governo in quest'Aula non ha parlato di abrogazione della figura del senatore a vita generico. Il Governo ha parlato di eliminazione dei senatori a vita. Ora, è una parola che è scappata e può succedere, ma si insiste pervicacemente e in maniera stentorea contro chi sottolinea questo aspetto, che dal nostro punto di vista è una caduta di stile, un errore linguistico, ma anche un problema di sostanza, perché nel momento in cui il Governo propone l'eliminazione dei senatori (Applausi) evidentemente pone un tipo di approccio che è tutt'altro che quello che dovrebbe costruire in questa sede.

Quindi, per quel che ci riguarda, noi eravamo orientati all'astensione proprio perché ritenevamo di tenere aperto un filo della discussione, ma l'atteggiamento che il Governo ha tenuto in quest'Aula e l'atteggiamento della ministra Alberti Casellati su questo articolo ci porteranno ad esprimere un voto contrario. (Applausi. Commenti).

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signora Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori molto brevemente: chiedo per favore che questo episodio sia ricostruito, anche se c'è la possibilità di reperire il video, perché che il Governo mandi due volte a quel paese - lo dico in modo educato - con un gesto inequivocabile un parlamentare nell'Aula di Palazzo Madama è una cosa davvero inammissibile.

Il Governo qui è ospite ed è qui grazie alla fiducia che queste Camere gli attribuiscono (Applausi): non può in nessun caso, men che mai quando si modificano i poteri dello Stato attraverso la riforma costituzionale, mandare al diavolo i parlamentari.

Le chiedo quindi di acquisire qualsiasi strumento per ricostruire la vicenda e, per favore, di portarla all'attenzione della Presidenza del Senato.

PRESIDENTE. Senatore Scalfarotto, verranno fatte le dovute verifiche.

Il ministro Alberti Casellati ha chiesto di intervenire perché chiamata in causa, senza però che questo riapra il dibattito.

ALBERTI CASELLATI, ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. A differenza del senatore Enrico Borghi, ho sempre l'attitudine al rispetto delle persone, cosa che non succede sistematicamente da parte sua dato che sempre fa offese di carattere personale. Anche «vergogna» non si dice a un Ministro o a un rappresentante del Governo: io non devo vergognarmi di nulla. (Applausi).

Senatore Borghi, quando ho parlato di eliminazione, mi vedeva col mitra? Come mi ha visto? Io ho detto "eliminazione" e non ho detto "dell'istituto dei senatori a vita", ma è a questo che mi riferivo. Perché lei ogni volta sottolinea, strumentalizzandolo un verbo? Allora, siccome per due volte è ritornato su questo punto, credo che non sia... (Commenti).

PRESIDENTE. Vi prego di evitare un dialogo a due.

ALBERTI CASELLATI, ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Il rispetto è anche quello di lasciar parlare, d'accordo?

Anche lei sta manifestando, ma sono un senatore anch'io e sono un rappresentante del Governo e lei si alza in piedi per impedirmi di parlare.

Allora, il mio gesto cosa significava? Per "eliminazione" intendevo forse dire eliminare fisicamente? Cosa significava, che cosa voleva dire? Ovviamente mi riferivo all'eliminazione di un istituto, com'è stato proposto nel disegno di legge. Quindi, le parole si devono pesare, è vero, ma se si deve strumentalizzare a tutti i costi, questo non va bene, dicendo addirittura "vergogna". Si vergogni lei ad avere questo atteggiamento. (Proteste).

PRESIDENTE. Invito tutti, innanzitutto, al rispetto dei colleghi e mi riferisco anche al Governo.

CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, non riesco a intervenire, se non c'è un minimo di silenzio.

PRESIDENTE. Ha ragione, aspettiamo che venga fatto silenzio.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, posso chiederle dieci minuti di sospensione, visto che non ci sono le condizioni per un dialogo democratico, in questo clima? (Applausi. Commenti).

PRESIDENTE. Andiamo avanti, senatore Cataldi, prego. Colleghi, per favore.

CATALDI (M5S). D'accordo, vado avanti, ma è un po' difficile.

PRESIDENTE. Chiedo soprattutto ai colleghi della maggioranza di aiutare la Presidenza in questa gestione dei lavori di Assemblea, che non è semplicissima. Cerchiamo di mantenere toni rispettosi, soprattutto tra i colleghi, e diamo modo a tutti i senatori di parlare.

CATALDI (M5S). La ringrazio, signor Presidente, torniamo al merito. (Brusìo).

Per parlare, però, ho bisogno di un minimo di silenzio: torno a chiederle una sospensione. (Brusio).

PRESIDENTE. Chiedo ai senatori Questori, per cortesia, di intervenire. (Brusìo).

Sospendo la seduta per dieci minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 17,31, è ripresa alle ore 17,42).

Presidenza del presidente LA RUSSA

La seduta è ripresa.

CATALDI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Ci sono due interventi ancora della senatrice Biancofiore e anche del senatore Lisei; dopo lo verifichiamo.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, intervengo per restituire un po' di credibilità alle cose che vengono dette in quest'Aula.

Senatore Borghi, lei probabilmente - anzi, mi rivolgo a lei per il tramite della Presidenza - militava evidentemente in un altro partito, quando il suo leader Matteo Renzi - l'ultimo che può parlare di minoranze linguistiche - a pagina 41 del suo libro "Fuori!", che la invito a leggere, ha scritto testualmente (scripta manent) "mi tatuo in fronte che cancellerò le autonomie speciali", in particolar modo riferendosi alle autonomie speciali del Trentino-Alto Adige, cioè della mia Regione, e soprattutto della mia Provincia.

Ha ragione la senatrice Unterberger a lamentarsi se qualcuno la prende in giro per il suo non perfetto italiano. Magari parlassi io il tedesco come la senatrice Unterberger parla l'italiano. Però non ha ragione, senatrice (mi dispiace, perché è fuori in questo momento), a collegare questa caduta di stile, che ci può essere, perché non tutti possono sapere che lei è di madrelingua tedesca, con un attacco al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il Presidente del Consiglio - mi pregio di ricordarlo in quest'Aula - è colei che sta dando addirittura le competenze alla Provincia autonoma di Bolzano, governata dalla minoranza linguistica di lingua tedesca, ante 1992. Nessun Governo di nessun colore, in questi cinquanta, sessanta o settant'anni di Repubblica, ha dato questa speranza e questa prospettiva all'autonomia speciale dell'Alto Adige.

Ergo riportiamo tutti a più miti consigli e, soprattutto, non riempiamoci la bocca di minoranze linguistiche, quando non se ne sa nulla. Ve lo dice una che appartiene alla minoranza linguistica italiana dell'Alto Adige, che non è mai stata protetta. (Applausi).

LISEI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LISEI (FdI). Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole all'articolo 1 da parte di Fratelli d'Italia. Nel farlo dico una cosa ai colleghi, anche ai senatori a vita. Se è vero che è un privilegio sedere in questo Senato, la Camera più alta dello Stato, assieme a prestigiose figure come quelle che siedono qua e che sono state nominate senatori a vita, è altrettanto vero che è un privilegio per i senatori a vita sedere nella più alta Camera del nostro Stato in rappresentanza di una pluralità di persone. Lo dico anche a chi ha fatto un lungo elenco dei senatori a vita che sono stati nominati durante la nostra Repubblica, ai quali potrei fare un lungo elenco dei personaggi che hanno fatto la storia di questo Paese e che probabilmente avrebbero meritato allo stesso modo di essere senatori a vita. Parlo di qualche decina di premi Nobel che non hanno avuto il privilegio di essere nominati senatori a vita, ma che penso valgano, come penso valgano la loro attività e ciò che hanno fatto per la storia del nostro Paese, tanto quanto alcuni colleghi che hanno ricoperto e che ricoprono quest'incarico. Lo dico in merito a eccellenti figure dell'imprenditoria, per le quali il nome dell'Italia è scolpito nel mondo. Lo dico per tanti artisti che hanno rappresentato al meglio l'Italia nel mondo.

Lo dico, molto banalmente, perché non ho mai misurato le persone per le lauree che hanno nel cassetto o per i titoli, ma per quello che fanno nella vita, come le tante persone semplici, che hanno fatto gesti straordinari e si sono contraddistinte nella vita del nostro Paese.

Lo dico perché questa è e rimane una Camera di eletti. Per comprendere la scelta di rimuovere dal nostro ordinamento una norma nata in un altro tempo e con altre finalità, basta leggere quali erano le intenzioni dei Padri costituenti. Quella norma è nata in un momento storico nel quale non c'erano le stesse possibilità di comunicazione e di partecipazione alla vita politica che ci sono oggi.

Questa fu anche una delle ragioni, che venne discussa in Assemblea costituente, della scelta di dare un luogo di dibattito e di discussione a personaggi che, diversamente, non avrebbero potuto entrare nella vita e nell'assise politica del Paese. Era un momento nel quale non c'era neanche la televisione e, quindi, non c'era le possibilità di interagire con la fase legislativa.

Quanto alle perplessità che, sempre in quella sede, erano già state manifestate, il collega Balboni ha richiamato bene la posizione del Partito Comunista, ma altri partecipanti all'Assemblea costituente evidenziarono come la nomina di figure non elette poteva alterare gli equilibri nelle votazioni di una Camera e di un Senato che all'epoca erano composti da un numero fortemente maggiore rispetto a quello attuale.

Io non credo e non penso che chi ha fatto grande l'Italia abbia bisogno di essere senatore a vita, ma credo che le nostre Assemblee legislative, Camera e Senato, abbiano bisogno di essere composte da persone che sono state elette.

Per questo motivo, Fratelli d'Italia voterà a favore dell'articolo 1. (Applausi).

CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

A seguire, procederemo alla verifica del numero legale da lei precedentemente richiesta. Spero che apprezzi questa cortesia della Presidenza.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, la ringrazio. Sull'articolo 1, il MoVimento 5 Stelle esprimerà un voto decisamente contrario, perché apre la riforma con un attacco a una delle cariche istituzionali (Applausi) e marginalizzando il ruolo del Presidente della Repubblica, perché non va ad eliminare i senatori a vita, bensì il potere del Presidente della Repubblica di nominarli. È un articolo che dà già il sentore di una riforma che mina gli equilibri costituzionali e apre la strada di nuovo a quell'autoritarismo da cui i Padri costituenti volevano difenderci.

Pensate che questo si possa giustificare col fatto, che state ripetendo più volte, che, tutto sommato, toccate pochi articoli della Costituzione? Che sarà mai?

Voi state minando le fondamenta della Costituzione. È come dire di modificare l'articolo 139, che fortunatamente non è modificabile, perché volete modificare la forma repubblicana.

Signor Presidente, uno degli auditi ha messo proprio in discussione questo punto, ossia che l'articolo 139 sarebbe violato da questa riforma: questa concentrazione dei poteri su una sola persona comincia infatti a mettere in dubbio il fatto stesso che si tratti di una forma repubblicana.

Tramite lei, Presidente, torno a insistere e mi rivolgo anche al Ministro, che più volte è intervenuto in quest'Aula, invitandolo a intervenire sul merito di una questione che sto cercando più volte di portare all'attenzione della maggioranza, perché non è accademica, ma anche i cittadini devono comprenderla. Lo Stato di diritto è un valore che rappresenta la spina dorsale di tutti i Paesi europei ed è inserito addirittura anche nell'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea: è la spina dorsale di tutte le democrazie, di quelle occidentali e di tutte quelle che vogliono definirsi tali perché non sono democrazie apparenti.

Vorrei invitare questo Governo a una lettura anche dell'articolo 2 che ho appena menzionato, che inserisce una serie di valori, che sono quelli che ci identificano e ci rendono parte di una comunità più ampia come quella europea, grazie alla loro condivisione. Tra di essi, all'articolo 2, c'è lo Stato di diritto. Mi pare di capire però che la maggioranza non sia sensibile a questa condivisione di valori. Non volete trascurare infatti solo lo Stato di diritto, sul quale non volete neppure intervenire.

L'articolo 2 apre invitando e indicando i valori portanti: «L'Unione europea si fonda sui valori del rispetto della dignità umana». Il rispetto della dignità umana include anche quella dei lavoratori che non vanno sfruttati, aprendo la strada a un salario minimo; altrimenti, questi valori sono soltanto un'enunciazione teorica.

L'articolo 2 ci parla di valori fondanti come la democrazia, che è fatta dalla rappresentanza dei cittadini, che si compie in Parlamento, e dalla partecipazione dei cittadini, che si compie attraverso gli strumenti di democrazia partecipativa, che vanno potenziati. L'articolo 2 ci parla altresì del valore dell'uguaglianza, che significa anche rispetto della diversità, dicendo no alla violenza omofobica e razzista e avendo il coraggio di fare una politica che si basi su questi valori. (Applausi). L'articolo 2 ci invita al rispetto dello Stato di diritto...

PRESIDENTE. Senatore Cataldi, ha dieci secondi ancora.

CATALDI (M5S). Presidente, dieci secondi bastano per dire che un valore fondante è la separazione dei poteri, che questa riforma sta mettendo in discussione. (Applausi).

MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, vorrei esprimere il nostro voto contrario sull'articolo. Se c'era la volontà politica della maggioranza, si poteva risolvere benissimo la questione del ruolo dei senatori a vita. Mi pare che la discussione abbia fatto emergere come sarebbe stato possibile trovare una soluzione perché, come abbiamo tutti sentito e capito, anche i componenti della maggioranza - e lei stesso, ma non solo - avevano dichiarato in passato idee su come affrontarla.

Il dato fondamentale è che l'attacco ai senatori a vita è insieme all'attacco contro il Capo dello Stato. Si vuole indebolire con questa riforma il ruolo del Capo dello Stato. (Applausi). Questo è quello che avverrà negli articoli successivi, ecco il punto fondamentale. Voi volete continuare a sostenere che la Costituzione non cambia, ma in questo caso viene messa totalmente in discussione. Fate altresì del populismo di bassa levatura dicendo che è il popolo che deve eleggere i senatori.

Vi ho già spiegato che prima di tutto bisognerebbe porsi il problema di come far sì che il popolo possa partecipare alle elezioni ed esprimere la propria opinione, ed essere in grado di esercitare con cognizione di causa il proprio diritto.

Per questa ragione, il Gruppo Alternativa Verdi - Sinistra voterà contro l'articolo 1.

Saluto ad una delegazione sindacale

PRESIDENTE. Senatore Magni, memore della sua esperienza di sindacalista, spero che le farà piacere sapere che saluto una delegazione del sindacato dei metalmeccanici svedesi, che stanno assistendo ai nostri lavori. (Applausi).

Ripresa della discussione dei disegni di legge costituzionale
nn.
935 e 830 (ore 18,02)

PRESIDENTE. Il senatore Magni era preoccupato, ma io, anche se non sempre ci riesco, cerco sempre di svelenire il clima.

Metto ai voti l'articolo 1.

È approvato.

Dispongo la controprova.

Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.1, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.4.

GIORGIS (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Presidente, questo è uno di quegli emendamenti che noi, durante il confronto in Commissione, abbiamo definito qualificanti una proposta alternativa seria, credibile e anche efficace, molto più efficace a garantire stabilità e a ricostruire una partecipazione politica che rafforzi e dia autorevolezza e credibilità alle nostre istituzioni politiche di quanto riuscirà a realizzare la riforma che avete proposto.

Questo emendamento, insieme agli altri che abbiamo definito qualificanti, ruota intorno a un'idea molto semplice: razionalizzare la forma di governo parlamentare, naturalmente preservandone le caratteristiche di fondo che hanno dato prova di consentire al nostro Paese di rimanere unito anche nei momenti più difficili, di crescere e progredire. Il nostro Paese ha affrontato il secondo Dopoguerra estendendo l'esercizio dei diritti e modernizzandosi. Non ho qui il tempo per ricordare tutte le grandi riforme che hanno consentito ai cittadini di accedere a servizi e a diritti fondamentali come quello alle cure o all'istruzione; tutti quegli interventi che hanno consentito al nostro Paese di tutelare il lavoro e di garantire la dignità di molte persone che prima, purtroppo, avevano sperimentato tutte le violenze e tutte le discriminazioni che il ventennio fascista aveva procurato.

Bene, questa Italia che si è risollevata, che è cresciuta e ha saputo promuovere l'emancipazione e l'inclusione, lo ha fatto attraverso un modello di democrazia imperniato sulla forma di governo parlamentare. Noi riteniamo che quella forma di governo parlamentare vada ulteriormente consolidata, rafforzata e resa meglio funzionante attraverso istituti che in altri Paesi hanno dato buona prova, come ad esempio la sfiducia costruttiva.

Presidenza del vice presidente ROSSOMANDO (ore 18,04)

(Segue GIORGIS). Abbiamo poi insistito molto sulla necessità di preservare la separazione e la limitazione del potere, perché uno dei grandi problemi di tutte le democrazie, anche della nostra democrazia, è quello di scongiurare una concentrazione del potere che alla fine danneggia qualsiasi possibilità di crescita e di sviluppo veramente emancipante. In questa prospettiva abbiamo proposto di innalzare i quorum per l'elezione delle cariche di garanzia, ossia quelle cariche che devono essere sottratte alla maggioranza che volta per volta si afferma; maggioranza che è legittimamente chiamata ad esercitare un'azione di Governo, ma non a orientare e a determinare tutti gli altri poteri dello Stato.

Qual è stata la vostra risposta? Il silenzio. Non abbiamo sentito una sola parola sul perché non sarebbe ragionevole innalzare i quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica; i quorum per eleggere i Presidenti di Camera e Senato; i quorum per approvare i Regolamenti delle Camere. Non abbiamo sentito una sola parola sul perché non sarebbe opportuno introdurre nel nostro sistema la sfiducia costruttiva; sul perché non sarebbe opportuno intervenire sulla forma di governo parlamentare dopo la riduzione dei componenti delle due Camere, prevedendo un incremento delle ipotesi in cui il Parlamento si riunisce in seduta comune. Vi abbiamo proposto di porre rimedio all'abuso della decretazione d'urgenza, che non solo mortifica il Parlamento e sposta gli equilibri di potere, ma alla fine peggiora anche la qualità della legislazione, quindi si ripercuote sulla tutela dei diritti dei cittadini e sulla stessa certezza del diritto che il nostro sistema economico e produttivo tante volte ci ha ricordato essere nel nostro Paese troppo carente. La risposta? Il silenzio e, semmai, il perpetuare l'abuso della decretazione d'urgenza, che ha raggiunto limiti mai conosciuti.

Di fronte a tutto questo, almeno in Aula spiegateci perché non ritenete che sia necessario porre argine all'abuso della decretazione d'urgenza, che peraltro noi, in maniera seria e credibile, facendoci carico dell'interesse del Paese, abbiamo proposto di risolvere non soltanto introducendo delle chiare limitazioni alle ipotesi in cui può essere utilizzato il decreto-legge, ma anche prevedendo anche l'introduzione del sistema del cosiddetto voto a data certa, che consente, preservando le prerogative del Parlamento e senza introdurre delle norme immediatamente applicabili che poi nel corso del tempo vengono continuamente riviste, di garantire tempi certi alle proposte di legge che il Governo considera qualificanti il proprio indirizzo politico. Abbiamo cioè dato delle soluzioni serie, credibili, praticabili ed efficaci alle principali difficoltà della nostra forma di governo.

La risposta è stata il silenzio; è stata l'arroganza di chi ha continuato a ripetere che, avendo vinto le elezioni, fa ciò che vuole; l'arroganza di chi dice "o la va o la spacca"; l'arroganza di chi dice "chi se ne". Ecco, questa è la risposta che abbiamo ricevuto. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.4, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.5.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signor Presidente, questo nostro emendamento entra nel novero di quelli che sono stati appena discussi e votati, ed ha a che fare con la questione molto importante degli organi di garanzia o delle garanzie delle minoranze più in generale. Si tratta di un tema molto importante.

Nei confronti del disegno di legge in esame - come ho detto più volte dall'inizio, come ho avuto occasione di dire anche alla ministra Casellati e come dichiarato oggi alla stampa - noi non abbiamo una chiusura aprioristica. Noi non abbiamo una chiusura aprioristica sul modello che è stato adottato, quello del sindaco d'Italia, di cui spesso abbiamo parlato e di cui non abbiamo mai parlato male. Abbiamo spesso detto che il sindaco è forse l'istituzione che in Italia è più riconoscibile e che ha anche funzionato meglio nei vari livelli di governo. Ma questa istituzione non può essere traslata sul piano nazionale in modo pedissequo, senza tener conto delle specificità che distinguono un Comune dal Parlamento nazionale, come molti hanno detto e, penso ad alcuni interventi del collega Parrini.

Allora, nel momento in cui decidiamo, sulla falsariga delle elezioni del sindaco, di legare in un rapporto di simul stabunt, simul cadent anche il Parlamento e, quindi, c'è un'elezione unica di Presidente del Consiglio e Parlamento - al contrario di quello che accade, per esempio, negli Stati Uniti, dove le elezioni del Parlamento sono addirittura sganciate dalle elezioni di mid-term, o com'è successo anche in Francia, dove si sono verificati casi di coabitazione - noi dobbiamo assicurarci che il legame così intimo tra l'Esecutivo e il legislativo non si traduca, per poter avere una maggiore governabilità, in un sacrificio dei diritti costituzionali e della forza democratica della nostra Costituzione. L'idea di andare, per esempio, a eleggere le Presidenze delle Camere con dei quorum più elevati; l'idea, di cui parleremo probabilmente nel prossimo articolo (c'è un emendamento a mia prima firma) di allargare il collegio che elegge il Presidente della Repubblica; l'idea di aumentare anche il quorum per le prime votazioni per l'elezione del Presidente Repubblica, servono esattamente a fare in modo che quegli organi di garanzia che stanno dentro il nuovo meccanismo costituzionale siano particolarmente forti, perché la struttura scelta dal Governo e dalla ministra Casellati effettivamente lo richiede in modo particolare.

Tra tutte queste cose, sarà indispensabile lavorare a uno statuto delle opposizioni. Ricordo anche che l'avevamo introdotto nella riforma costituzionale del 2016 e bisognerà assolutamente che nel nuovo Parlamento, semmai questa riforma vedrà la luce, le opposizioni abbiano un ruolo preciso, abbiano dei tempi precisi, abbiano diritti di parola e siano precisamente determinati. Bisognerà che i Regolamenti di Camera e Senato riflettano questo ruolo e la sua importanza. Insomma, dovremo vedere una maggioranza che non abbia l'atteggiamento un po' disinvolto di cui ha dato prova oggi in questa Camera (a volte anche più che disinvolto), ma sarà necessario che la maggioranza conosca quali sono i suoi limiti e metta in condizione l'opposizione di esercitare quel sacrosanto diritto di controllo che è l'anima delle democrazie liberali.

Per questo invitiamo anche il Governo e il relatore a cambiare il loro parere. Invitiamo naturalmente le altre opposizioni a unirsi al voto di questo emendamento, perché riteniamo che sia una sorta di corollario, una sorta di conseguenza indispensabile del modello prescelto del premierato, che naturalmente a una forte stabilità non può non accompagnare una molto incisiva protezione tanto degli organi di garanzia che delle opposizioni. (Applausi).

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, molto brevemente, anche per l'inevitabile necessità di risparmiare il tempo e dedicare agli articoli successivi, che saranno molto importanti, altri minuti, vorrei dire una cosa molto rapida su questo emendamento e fare una dichiarazione di voto favorevole, anche in relazione a quello che diceva, prima del collega Scalfarotto, il senatore Giorgis.

Io invito i colleghi della maggioranza a riflettere su questo punto, perché il tema dei quorum ha un'evidente ragione di fondamento, non foss'altro che per il fatto, sul quale forse bisognerebbe riflettere di più, che quando i Padri costituenti immaginarono alcune soglie di quorum avevano a che fare - o comunque prevedevano - un sistema proporzionale nel quale ad una testa corrispondeva un voto.

La rappresentanza, cioè, era perfettamente in linea con i numeri espressi dal consenso del Paese. I partiti politici pesavano x e si eleggeva una somma di deputati e senatori assolutamente rispondente al peso che avevano nella società. Le ragioni per cui i quorum furono immaginati in quel modo erano esattamente perché si aveva a che fare con quel sistema elettorale. Naturalmente, con un sistema elettorale che, ormai già da molti anni a questa parte, ha invece introdotto profondi elementi di distorsione maggioritaria e con una legge come quella che state proponendo voi, in cui non si capisce nemmeno l'entità del premio di maggioranza - probabilmente non farete il ballottaggio, non lo sappiamo, ma in ogni caso immaginate un premio di maggioranza significativo, perché avete scritto nella proposta di modifica costituzionale che bisognerà comunque garantire una maggioranza al Premier che sarà eletto - perlomeno sarebbe più serio e più equo alzare i quorum in qualche maniera per farli diventare davvero corrispondenti al peso reale delle forze politiche nel Paese. In caso contrario, davvero diventerà qualcosa al cui confronto la legge truffa presentata una sessantina d'anni fa sarà un fulgido esempio di democrazia. Attenzione, perché, con questo meccanismo che si sta immaginando, non solo una minoranza del Paese può determinare la maggioranza assoluta dei seggi, ma utilizzando gli stessi quorum previsti con il sistema proporzionale - una testa, un voto - totalmente diverso da questo, tutto lo squilibrio si riproduce all'infinito. Su un punto come questo, quindi, ci sarebbe veramente stato bisogno di un lavoro molto serio e mi sembra francamente incredibile che non si voglia approfondire questo elemento, dal mio punto di vista così ovvio.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.5, presentato dai senatori Musolino e Borghi Enrico.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.2.

MAIORINO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAIORINO (M5S). Signor Presidente, molto brevemente, vorrei leggere il testo di questo emendamento proposto dal mio Gruppo, perché so bene che spesso si arriva in Aula senza neanche aver letto gli emendamenti, che sono molti, e poi si procede a votare: «1. All'articolo 64 della Costituzione dopo il primo comma è aggiunto il seguente: "Il regolamento di ciascuna Camera garantisce i diritti delle opposizioni in ogni fase dell'attività parlamentare; disciplina la designazione da parte delle stesse dei presidenti delle Commissioni aventi funzioni di controllo o di garanzia. Prevede l'iscrizione all'ordine del giorno di proposte e iniziative indicate dalle opposizioni con riserva di tempi e previsione del voto finale."».

Cosa fa, in sostanza, questo emendamento? Scrive nero su bianco quelle che spesso sono già delle prassi, e non solo. Scrive nero su bianco quanto alla Camera è già una realtà, perché alla Camera già è previsto che un certo numero di disegni di legge sia garantito ai Gruppi di opposizione. Mi chiedo davvero il motivo di un parere negativo di fronte a un emendamento che non fa nulla di nuovo se non scrivere nero su bianco, e quindi togliere dall'arbitrio eventuale del momento, certe buone prassi atte a tutelare le opposizioni. E ciò mi sembra un esercizio di democrazia davvero quanto più alto ci possa essere, tanto più che in Commissione affari costituzionali era accaduta una cosa piuttosto singolare. Lo dico con simpatia, ma si era pensato, inizialmente attraverso un emendamento, poi trasformato in ordine del giorno, che ora non so che fine abbia fatto, che tutela delle opposizioni significasse che le opposizioni dovevano dotarsi di un capo.

È chiaro che la maggioranza è innamorata del concetto di capo, che già qualcuno prima di me ha definito come concetto tribale - e io sposo completamente l'idea - che, più che andare verso il futuro, ci riporta davvero verso un'organizzazione molto terra terra delle società, appunto quelle primitive con un capo. Ciò era tutto tranne che tutelare le opposizioni e uso non a caso il plurale, perché in un Paese democratico può succedere che le opposizioni siano più di una.

Con l'emendamento in esame si chiede, quindi, di consentire la partecipazione democratica, e garantita dal punto di vista regolamentare, dei Gruppi di opposizione. Mi chiedo per quali ragioni la maggioranza si oppone ad un emendamento tanto ragionevole e tanto di buonsenso, visto che ci si vanta che questa modifica costituzionale andrebbe a rafforzare la nostra democrazia, dicendo una cosa ovviamente e palesemente falsa. La democrazia non è il comando di chi vince, ma è la capacità di far partecipare in maniera più ampia possibile tutta la popolazione, rappresentata da tutti i Gruppi. Questa è la democrazia, ma evidentemente voi non lo avete capito o lo avete completamente dimenticato.

Chiedo quindi di ripensare il parere su questo emendamento in senso favorevole. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.2, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.3, presentato dal senatore Calenda e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.6.

ALFIERI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFIERI (PD-IDP). Signora Presidente, come accennava prima il collega Giorgis nel suo intervento, questo è uno degli emendamenti in cui proviamo a presentare le nostre proposte più qualificanti, visto che in tutto il dibattito la maggioranza ci ha sempre rinfacciato il fatto che noi non abbiamo presentato idee, proposte e non ci siamo posti in un'ottica di confronto. Non è mai stato così dall'inizio. Abbiamo sempre detto a viso aperto, in maniera trasparente, fin dal primo incontro con la Presidente del Consiglio e poi negli incontri con la ministra Alberti Casellati, che per noi il punto non valicabile, la linea rossa, era ed è l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, ma che sul resto saremmo stati disponibili a discutere. Abbiamo presentato una serie di proposte che ricalcano, che stanno nel solco del modello tedesco, che - lo ricordo - ha garantito la stabilità, l'efficacia dell'azione di quel Governo in maniera duratura, senza eguali nella storia dei Governi europei, con solo nove cancellieri dalla fine del secondo Dopoguerra.

Noi abbiamo presentato queste proposte in un'ottica coordinata alla Presidente del Consiglio e dopo più di un anno devo dire che non abbiamo avuto risposta su neanche una di quelle proposte. Questo vale per il tema della sfiducia costruttiva, che per noi è dirimente, perché dà l'idea di come si salvaguardano una forma di governo parlamentare, i poteri e le facoltà del Presidente della Repubblica e la possibilità del Parlamento di offrire un'alternativa e, quindi, di conservare e tutelare quella forma di governo parlamentare che ha garantito la resilienza anche nelle fasi più complicate e difficili della vita repubblicana, anche da ultimo nel passaggio della gestione del Covid e l'inizio di una guerra nel cuore dell'Europa.

Tra i diversi elementi qualificanti, abbiamo affrontato anche il tema che abbiamo ripreso prima. Lo ha fatto il collega senatore Parrini, quando è intervenuto sull'emendamento a prima firma del collega senatore Borghi, relativo al superamento del bicameralismo perfetto. Nelle nostre proposte, sempre nel solco del modello tedesco, prendiamo atto dell'evoluzione istituzionale all'interno del nostro Paese, del taglio dei parlamentari e del fatto che oggi, con 600 parlamentari (400 deputati e 200 senatori), c'è oggettivamente la possibilità di lavorare anche con il Parlamento in seduta comune, che sarebbe un modo per semplificare e velocizzare alcune discussioni e dibattiti, ma anche per valorizzare il Parlamento in seduta comune e superare alcuni dei limiti del bicameralismo perfetto.

In alcuni casi lo è in modo abbastanza eclatante, con la doppia discussione a cui viene sottoposto il Presidente del Consiglio pro tempore; questo vale per la fiducia, ma vale anche quando diamo gli indirizzi in vista dei Consigli europei. Sarebbe opportuno avere le due Camere a seduta congiunta anche su un'altra di serie di interventi legati a disposizioni che già sono previste dalla Costituzione.

E questo - lasciatemelo dire - è per dimostrare che la volontà del Partito Democratico è riformista, per provare a costruire delle proposte e ad aprire un confronto. Dispiace che la maggioranza rimanga arroccata sull'elezione del Presidente del Consiglio e non apra a una discussione su temi qualificanti. Ho accennato alla sfiducia costruttiva e ho parlato delle decisioni del Parlamento in seduta comune; ma vale anche sul tema dell'abuso della decretazione d'urgenza e dei voti con provvedimenti a data certa (su cui interverranno fra poco i colleghi Parrini e Giorgis). Pensiamo che questa sia una delle emergenze che deve affrontare il Governo per tutelare la dignità e il ruolo del Parlamento, che mi sembra abbia messo in secondo posto.

Noi convintamente presentiamo e votiamo questo emendamento, per ridare dignità e indicare una proposta al Paese, quella del Partito Democratico. Quindi facciamo opposizione dura, ma, allo stesso tempo, accanto all'opposizione dura, presentiamo sempre le nostre proposte qualificanti. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.6, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.7.

MAIORINO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAIORINO (M5S). Signora Presidente, anche in questo caso - se mi consente - darei lettura dell'emendamento, perché a volte è bello sapere cosa si sta votando. Quindi, leggo a vantaggio della maggioranza questo emendamento. Può essere una scoperta, tante volte. Questo emendamento recita: «All'articolo 71 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Ciascuna Camera, secondo i rispettivi regolamenti, deve iniziare l'esame dei disegni di legge di iniziativa popolare entro e non oltre un mese dalla presentazione e concluderlo entro tre mesi"».

Ora, voi in Costituzione state mettendo l'elezione di una sola persona ogni cinque anni e il premio di maggioranza, cioè la pietra tombale sul futuro del Paese; un peso enorme, pesantissimo, sbattuto in Costituzione del premio di maggioranza. E spacciate questo per un maggior potere concesso al corpo elettorale: una menzogna di proporzioni stratosferiche. Essere chiamati una volta ogni cinque anni a dire il nome della persona che poi dovrà diventare capo del Governo non è democrazia. Non è democrazia soprattutto se un gruppo minoritario, quello appunto che eventualmente dovesse vincere le elezioni all'interno di chi è andato a votare, che segnatamente non è la maggioranza del Paese e non è la maggioranza degli aventi diritto forse è la metà si becca il premio di maggioranza e comanda grazie al voto di una parte di quella metà che va a votare. E voi questo lo spacciate per un rafforzamento della democrazia. Evidentemente, la parola democrazia vi è completamente oscura, perché la democrazia è consentire di dare il proprio contributo, di partecipare attivamente, di esserci e di dire la propria. E quale strumento migliore per dire la propria, per i cittadini, che il poter presentare delle leggi di iniziativa popolare?

Non si tratta di fare una sorta di "clic" e dire: allora voglio questo o voglio quello, ma è proprio l'articolazione di norme, di indirizzi, di desideri, di necessità, che poi vengono presentati al Parlamento.

Noi riteniamo che questo sia un emendamento necessario, che magari darebbe un minimo di valore a questa riforma, invece completamente negativa, che voi vi siete intestarditi a voler far ingoiare al Parlamento. Tale emendamento, infatti, rappresenta davvero la possibilità, per i cittadini e le cittadine italiane, di partecipare alla vita politica e istituzionale.

E questo viene messo in Costituzione, quindi dettagliando meglio il dovere degli eletti. Visto che ci tenete tanto a questo termine e avete eliminato, usando le parole vostre, i senatori a vita perché non eletti, allora gli eletti dal popolo hanno il dovere anche di esaminare e di prendere in considerazione le leggi che il popolo manda loro, attraverso lo strumento delle leggi di iniziativa popolare.

Anche qui, dunque, pur sapendo che mi rivolgo ad orecchie completamente chiuse, perché siete già asserviti al Premier, anche se ancora non è il Premier eletto, chiedo di provare a pensare a cosa state facendo; a pensare che avete la possibilità di cambiare le cose e di aprire davvero ai cittadini e di farli partecipare. E questo, se è maggior potere ai cittadini che volete dare. Ma, siccome è maggior potere a voi stessi e a una sola persona, io temo già di sapere quale sarà la vostra risposta. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.7, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.8.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signor Presidente, noi, con questo emendamento, vorremmo provare a regolamentare qualcosa che già esiste in natura, ma allo stato di blob: una roba che si aggira, come il famoso spettro, per l'Europa, anzi per l'Italia, ma della quale noi non abbiamo alcun controllo. Sto parlando del nostro vero sistema costituzionale vivente, che è quello del monocameralismo alternato.

Noi abbiamo una Costituzione scritta che prevede che dovrebbero esserci due Camere che approvano i disegni di legge, li esaminano, li discutano, li votano. Poi, la legge, quando votata in testo conforme, viene promulgata. Noi sappiamo, però, che non è più così.

Non è più così e viviamo, invece, in un sistema nel quale anche atti legislativi di fondamentale importanza, come la legge di bilancio, vengono approvati da una sola Camera e ratificati dall'altra. Tant'è che noi stessi ci chiediamo: ma quest'anno la legge di bilancio chi la approva? Noi sappiamo, infatti, che, quando tocca alla Camera, dobbiamo dare i nostri emendamenti ai colleghi della Camera, sperando che li firmino e li presentino. Quindi, un anno tocca a loro e un anno tocca a noi. Anche per organizzare la pausa natalizia, uno così sa se tocca a lor o se tocca a noi.

Visto che le cose stanno così e che il Governo, incredibilmente, con un Ministro ex Presidente del Senato non ha ritenuto, nel fare la riforma costituzionale, di mettere mano a questo spettro, a questo monocameralismo alternato, noi abbiamo pensato di presentare un emendamento che dia una veste costituzionale, seria, vera al monocameralismo alternato.

Cosa prevediamo, quindi? I disegni di legge governativi vengono presentati o in una Camera o nell'altra, in modo alternato. La Camera prescelta discute, vota e approva il disegno di legge; lo trasmette senza ritardo all'altra Camera e l'altra Camera decide se vale la pena di fare questo esame. Un terzo dei componenti dell'altra Camera dice che sì, vuole esaminare e quindi, se lo decide, può fare delle modifiche che comportano che il disegno di legge ritorna alla prima Camera per l'approvazione definitiva oppure può anche decidere che non vale la pena, che la legge va bene così. Quindi, invece di fare un simulacro di discussione per cui si convoca la Commissione che di fatto deve soltanto ratificare un testo, magari importante come la legge di bilancio, si fa prima a dire che ci fidiamo di quello che hanno fatto i colleghi del Senato o della Camera, ma diamo una sistemata organica dal punto di vista normativo a un fenomeno che è parte della Costituzione vivente, ma non è scritto in Costituzione.

Tutto questo serve a riallineare la realtà della nostra vita parlamentare e istituzionale a ciò che è e non a un testo che ormai è il simulacro di se stesso, che descrive un procedimento ampiamente e - secondo me - fraudolentemente aggirato. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.8, presentato dai senatori Musolino e Enrico Borghi.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.9.

PARRINI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PARRINI (PD-IDP). Signor Presidente, abbiamo dovuto prendere atto che il rifiuto direi sprezzante con cui la maggioranza e il Governo hanno reagito ai nostri emendamenti sui contrappesi è una delle prove più forti della chiusura arrogante al dialogo che ha caratterizzato tutto il loro atteggiamento nel corso della discussione su questa riforma costituzionale.

Siamo rimasti sconcertati dai no, perché a noi sembra che queste proposte abbiano un solido fondamento. Io invito tutti a porre mente ad alcuni dati e fare una riflessione. Il Governo Meloni, ad oggi, è in carica da cinquecentoottantré giorni. In diciannove mesi ha fatto 59 decreti-legge. Ciò vuol dire più di tre decreti-legge in media al mese. E ha fatto tutto questo con una maggioranza che, in entrambi i rami del Parlamento, sfiora il 60 per cento dei seggi. Questo ci dimostra che c'è qualcosa di profondamente malato nel rapporto tra Governo e Parlamento. E questa malattia ha bisogno di una cura indipendentemente dal rafforzamento del Presidente del Consiglio all'interno della forma di governo. Direi però che una cura diventa indispensabile se si propone al Parlamento e al Paese una riforma della forma di governo basata sull'elezione diretta del Presidente del Consiglio, che viene proposta nella forma più sbilanciata che si possa immaginare.

Noi dobbiamo dare atto alla ministra Casellati di aver chiarito nelle ultime quarantotto ore molto bene...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, abbiamo un po' superato il livello di guardia del brusio.

PARRINI (PD-IDP). ...di aver chiarito molto bene che cosa si ha in mente. Il progetto del Governo più o meno è il seguente: eleggere il Presidente del Consiglio a minoranza - le dichiarazioni della Ministra sul fatto che intende mettere una soglia del 40 per cento per l'elezione del Premier sono infatti la vera notizia bomba di queste ore - dare tutto il potere e trasformare in un asso istituzionale piglia tutto una persona che avrà contro sei elettori su dieci. Questo significa fare la soglia del 40 per cento per l'elezione del Premier, spacciandola come una cosa coerente con sentenze della Corte costituzionale che riguardano tutt'altra cosa. Anche un bambino dell'asilo, se non è in malafede, capisce che la sentenza del 2017 della Corte costituzionale ha legittimato la soglia del 40 per cento per eleggere con premio di maggioranza un organo collegiale rappresentativo, non per eleggere direttamente un organo monocratico esecutivo. Che si faccia finta che tra queste due cose non c'è differenza e che la sentenza della Corte del 2017 possa coprire quello che sarebbe un arbitrio e un'abnormità giuridica e politica non fa onore a questo Governo e a questa maggioranza.

Al Presidente del Consiglio, eletto da una minoranza dagli elettori, si vuol consegnare il potere di scegliersi tutti i parlamentari della maggioranza, perché le liste bloccate non le toglieranno; di sciogliere il Parlamento quando lo vorrà e di ipotecare gli organismi di garanzia, come la Corte costituzionale e il Consiglio superiore della magistratura, perché con il premio di maggioranza quest'ultima arriverà molto vicina a livelli che le consentiranno di scegliere unilateralmente i componenti di questi organi di garanzia.

A fronte di tutto ciò, noi abbiamo detto che non condividiamo l'elezione diretta e che non riteniamo di poterla accettare nemmeno con correttivi, ma vi facciamo proposte che vi aiutino a renderla meno dannosa e meno istituzionalmente distruttiva: concedete ai parlamentari di minoranza il diritto di ricorrere direttamente alla Corte costituzionale, come avviene in Paesi civili come Francia, Germania e Spagna; alziamo il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica a tre quinti dei componenti, in modo che uno dei bottini del Presidente del Consiglio, eletto a minoranza con sei italiani contrari su dieci, non sia la Presidenza della Repubblica, se questa elezione cade durante il suo mandato; eleggiamo i Presidenti delle Camere con un quorum più alto di quello attualmente previsto; alziamo il quorum per modificare i Regolamenti parlamentari; mettiamo un limite alla decretazione d'urgenza e prevediamo in cambio il voto a data certa su provvedimenti del Governo, modificando l'articolo 77 della Costituzione.

A tutte queste proposte, costruttive e di buonsenso, è stato opposto un no: è un no grave, perché rivela la natura del disegno illiberale che la maggioranza sta portando avanti, profondamente scardinatore degli equilibri costituzionali; un no molto arrogante, perché privo di qualsiasi motivazione: nessun esponente del Governo e della maggioranza ha avuto la voglia, la buona creanza o il gusto di prendere la parola in Commissione o in Aula per spiegare come mai con un sistema fortemente maggioritario non si debba alzare il quorum per eleggere il Presidente della Repubblica e i Presidenti delle Camere, non si debba alzare il quorum per modificare i Regolamenti parlamentari, non si debba dare ai parlamentari di minoranza il diritto di accesso diretto alla Corte costituzionale e non si debba fare in modo che l'abuso della decretazione d'urgenza (59 decreti-legge in diciannove mesi) possa essere fatto rientrare.

Tutta questa arroganza diventerà un boomerang per la maggioranza. Il problema non è o la va o la spacca, o entra il chiodo o si spacca la tavoletta, come con il suo consueto stile molto istituzionale e molto da statista ci ha detto la Presidente del Consiglio. Il problema è quando questo boomerang tornerà indietro (Applausi) e farà del male a chi ha dimostrato di essere così tanto arrogante con una materia come la Costituzione, che non richiede arroganza, ma spirito inclusivo. (Applausi). Anche oggi abbiamo visto che non c'è uno spirito costituente, ma uno spirito contundente, che è un'altra cosa. Non siete adatti a mettere le mani su questa Costituzione e vi state dimostrando non all'altezza di farlo. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.9, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.10, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.11.

MAIORINO (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAIORINO (M5S). Signora Presidente, in questo emendamento si richiede un vaglio della Corte costituzionale prima della messa a terra della legge elettorale.

Questo è un Paese strano. Agli italiani - e certamente se lo ricordano molto bene - è già capitato, in più occasioni, di partecipare a quello che dovrebbe essere il rito più alto dell'esercizio della democrazia. (Brusio). Io sento un forte brusio, Presidente.

PRESIDENTE. Ha ragione, senatrice Maiorino. A intervalli irregolari provo a intervenire. Sicuramente c'è un po' di stanchezza dell'Assemblea, però chiedo ai colleghi di contenere il brusio, perché è faticoso per chi ascolta, ma anche per chi deve intervenire.

MAIORINO (M5S). Dicevo che agli italiani e alle italiane, purtroppo, è già successo e anche in tempi recenti, in più occasioni, di recarsi alle urne per esercitare quello che è il più alto rito, la più alta liturgia della democrazia, cioè esprimere il proprio voto liberamente, per poi scoprire che le regole del gioco, sulla base delle quali avevano espresso il proprio voto, erano incostituzionali. Questo è successo anche non in buonafede da parte del legislatore che quelle leggi elettorali aveva confezionato, ma anche con una sorta di mens rea, perché - non ci sia ingiuria nelle parole - è notorio che il Porcellum non l'abbiamo battezzato noi così, ma è stato battezzato tale proprio dal suo ideatore (Porcellum, infatti, perché era una porcata e la Corte costituzionale tale l'ha giudicata). È successo però anche con l'Italicum: gli italiani sono andati al voto per poi scoprire che quella legge e le regole con cui erano andati a votare erano incostituzionali.

Capisco perché il parere è negativo su questo emendamento, perché avete pronta nel cilindro la legge elettorale, in base alla quale una minoranza del Paese si papperà tutto l'insieme e tutto il potere, ma questo emendamento è davvero a tutela dei cittadini e delle cittadine per non invalidare il sacro diritto di voto e chiede che l'intervento della Corte costituzionale non avvenga ex post, cioè una volta che il danno è fatto e il Parlamento è composto, il presidente massimo, il lider máximo è stato designato ed eletto, ma prima; cioè, quando voi tirate fuori questa legge elettorale, la Corte costituzionale gli dà un occhio e vi dice se è costituzionale, quindi la potete mettere in gioco e potete darla ai cittadini, perché sulla base di quella si vadano a esprimere alle urne, oppure è meglio che la riscriviate, perché è incostituzionale. Questo è uno strumento di tutela della partecipazione popolare e di rispetto della dignità dei nostri cittadini e delle nostre cittadine.

Vi chiedo quindi, anche senza crederci, di approvare questo emendamento e di fare in modo che la Corte costituzionale intervenga prima che il danno - che voi farete - sia fatto. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.11, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.12, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.13.

CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, stiamo parlando anche qui di uno degli strumenti di democrazia partecipativa, quindi stiamo dicendo: date spazio ai cittadini.

A me sembra che siano soltanto delle parole al vento, che sia un'illusione, perché voi non solo non volete dare spazio ai cittadini, ma non lo date neppure ai loro rappresentanti: voi non date spazio neppure ai parlamentari. Già di fatto, prima ancora di questa riforma, c'è un'invasione di campo nel potere legislativo: si fanno soltanto decreti-legge e se c'è qualche disegno di legge è di origine governativa, quindi come ci possiamo mai illudere che voi possiate andare nella direzione di una democrazia partecipativa? Voi state facendo esattamente il contrario di tutto quello che in Europa si sta facendo. L'Europa ha capito che la democrazia si compie se si garantisce la democrazia rappresentativa, che questa riforma del premierato mette in discussione, e se si garantisce allo stesso tempo il potenziamento degli strumenti di democrazia partecipativa. L'Europa sta dicendo che bisogna potenziare questi strumenti: ha istituito una commissione per le petizioni e ha invitato gli Stati membri a potenziare questo strumento; tanti Paesi europei si stanno muovendo e addirittura la Spagna ha approvato una legge esplicitamente dedicata alle petizioni dei cittadini, alle petizioni popolari. E voi che cosa fate? Non solo non valorizzate la democrazia partecipativa, ma state umiliando il Parlamento e state consolidando e stabilizzando l'usurpazione del potere legislativo ad opera di un Esecutivo ipertrofico. (Applausi).

Verifica del numero legale

BOCCIA (PD-IDP). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

Ripresa della discussione dei disegni di legge costituzionale
nn. 935 e 830

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.13, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.14.

GIORGIS (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Presidente, questo emendamento, per chi lo ha letto, tratta specificamente il problema dell'abuso della decretazione d'urgenza.

È una proposta, quella che abbiamo avanzato, di modifica dell'articolo 77 della Costituzione. Che ci sia da tempo nel nostro Paese un abuso della decretazione d'urgenza è noto, che però negli ultimi anni questo fenomeno si sia fatto ancora più grave e ancora più preoccupante è davanti a tutti noi. Da eccezione, da fonte chiamata a disciplinare solo casi straordinari di necessità e urgenza, il decreto-legge, come ben sappiamo, onorevoli colleghi, è diventato regola, modalità ordinaria di produzione del diritto. Noi, del resto, in questa legislatura abbiamo sostanzialmente solo convertito in legge decreti-legge.

A oggi tali decreti-legge sono 56 e sono per lo più inequivocabilmente privi di quel requisito della straordinarietà che dovrebbe invece giustificarne l'adozione. La domanda che, secondo me, un legislatore costituzionale serio dovrebbe porsi è se questo abuso, questo scostamento dal dover essere costituzionale, produce qualche beneficio, perché si potrebbe anche sostenere che questa violazione…(Brusìo).

PRESIDENTE. Colleghi, proviamo a resistere. Prego, senatore Giorgis.

GIORGIS (PD-IDP). Signora Presidente, la ringrazio. I tempi sono stati anche contingentati, quindi lo sforzo della maggioranza di simulare una qualche attenzione, una qualche partecipazione, un qualche coinvolgimento in quest'Aula non è forse così terribile: parliamo di un contingentamento di trenta ore. Se poi la maggioranza non interviene, queste ore sono sei e mezzo o sette, quindi sette ore per riscrivere il nostro modello di democrazia non sono molte, non mi sembrano molte. (Applausi).

Mi stavo chiedendo se questo scostamento dal dover essere costituzionale, se questo abuso conclamato della decretazione d'urgenza e se questo ricorso al decreto-legge per disciplinare casi che non sono affatto straordinari e sui quali anche la necessità e l'urgenza sono quantomeno dubbie arrecano qualche beneficio al nostro Paese. La risposta che tutti gli osservatori più attenti danno è quella che, ad esempio, si è ascoltata nel corso di questi ultimi sei mesi, svolgendo quell'indagine conoscitiva da parte dei due Comitati per la legislazione della Camera e del Senato. È una risposta netta, chiarissima: l'abuso della decretazione d'urgenza compromette fondamentali esigenze di certezza del diritto e di qualità della legislazione. Da quanto tempo questa maggioranza non approva una legge organica, una legge di riforma, una legge di intervento che si proietti nel tempo al di là della contingente necessità di rispondere a una presunta urgenza, che è per lo più di carattere comunicativo?

Purtroppo, infatti, se andiamo a scorrere l'elenco dei contenuti di questi 56 decreti-legge, ci accorgiamo che vengono approvati all'indomani di una vicenda che ha sollevato qualche questione di carattere mediatico o emozionale e che la risposta contenuta nel decreto-legge è altrettanto emozionale, altrettanto parziale e altrettanto inefficace.

Poi sappiamo tutti che negli ultimi anni, in questa legislatura, il ricorso alla decretazione d'urgenza per introdurre nuove fattispecie penali o per inasprire sanzioni penali è diventata una prassi, mentre la dottrina condivisa e tutta la manualistica hanno sempre sottolineato come il ricorso alla decretazione d'urgenza per introdurre nuove fattispecie di reato o per disciplinare aspetti del diritto penale non dovrebbe mai verificarsi, solo in casi veramente straordinari. Invece è diventata la regola per affrontare il drammatico tema dell'immigrazione, per garantire sicurezza (o, meglio, naturalmente per far credere ai cittadini che si sia voluto garantire loro maggior sicurezza). (Applausi). I dati, infatti, dicono che i decreti-legge vengono corretti o integrati dal successivo decreto-legge e che gli effetti sono pari zero.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIORGIS (PD-IDP). Noi abbiamo proposto l'emendamento 1.0.13 che, facendo tesoro di un dibattito risalente nel tempo, circoscrive la possibilità di adottare decreti-legge solo ad alcune specifiche materie, nelle quali è più probabile che si verifichino davvero situazioni di straordinaria necessità e urgenza.

E poi - come ha detto prima il senatore Parrini e come abbiamo ricordato in Commissione - abbiamo proposto di introdurre uno strumento, una fonte o, meglio, un procedimento di produzione del diritto innovativo e in grado di garantire certezza nei tempi di discussione e approvazione.

Ci saremmo attesi che una proposta di questo tipo, avente questi contenuti, venisse condivisa, perché io non ho sentito davvero una sola ragione per non dare seguito a quella che - lo ripeto - è una riflessione consolidata e risalente nel tempo.

Probabilmente, non si vogliono affrontare i problemi del nostro ordinamento costituzionale, ma si vuole soltanto, con un po' di propaganda o, peggio, con un po' di arroganza, concentrare ogni potere proprio in quella figura che è portata ad abusare della decretazione d'urgenza. L'effetto della riforma, concentrando il potere nel Presidente del Consiglio e nel Governo, avrà come probabile effetto quello di incentivare ulteriormente l'abuso della decretazione d'urgenza. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.14, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.17.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Signora Presidente, questo emendamento si inserisce nel solco delle proposte che abbiamo avanzato per dare omogeneità ed equilibrio a questa proposta legislativa, in considerazione del fatto che oggettivamente - o, quantomeno, questo è nelle esplicite volontà dei proponenti - l'obiettivo dell'introduzione dell'elezione diretta del Primo Ministro va nella direzione di rafforzare l'istituto del Presidente del Consiglio e, più in generale, del Governo.

Una delle misure che appaiono indispensabili per bilanciare o controbilanciare, salvaguardando la natura parlamentare della nostra Repubblica, risulta quindi essere la modifica dell'articolo 77 della Costituzione, relativo al potere di decretazione d'urgenza. Noi abbiamo proposto una modifica che va nella direzione che le disposizioni di un decreto-legge non convertito non possano essere approvate con una legge di conversione di un altro decreto (malvezzo che purtroppo abbiamo già visto essere messo in pratica da molti Governi) e che leghi l'elemento dell'indifferibilità, dell'urgenza e dell'esigenza di un'immediata realizzazione all'effettività che tutto questo porta con sé nell'esigenza dell'emanazione del decreto.

Quest'ultimo, per quel che ci riguarda, deve avere come oggetto una sola materia, mentre troppe volte abbiamo discusso i cosiddetti decreti omnibus, nei quali ogni volta si aggancia ogni argomento, il più disparato e il più contraddittorio possibile, con il risultato di produrre una legislazione del tutto incoerente o, peggio ancora, contraddittoria.

È opportuno quindi specificare, dal punto di vista del vincolo costituzionale, che il decreto deve avere un contenuto specifico e omogeneo, che la legge di conversione non può ampliare. Per questo, dal nostro punto di vista, è opportuno specificare che sia il decreto-legge, sia la sua legge di conversione non contengano deleghe legislative, non possano rinnovare le disposizioni di decreti-legge non convertiti, non possano provvedere alle materie indicate dall'articolo 72 della Costituzione, non possano ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento e non possano contenere disposizioni in materia penale.

Questo tema, come abbiamo visto, è stato esercitato, con una sorta di populismo panpenalista, all'inizio di questa legislatura sulla nota vicenda dei rave, che poi, come si è visto, non ha prodotto assolutamente nulla da questo punto di vista, se non una grande confusione mediatica. Peraltro, questo aspetto si rende indispensabile in considerazione dell'elemento di equilibrio cui facevo riferimento in precedenza.

Infatti, una legislazione sotto forma di decreto-legge di fatto rende il Parlamento totalmente subalterno rispetto alle decisioni del Governo e ingolfa, nella sua organizzazione, l'agenda del Parlamento, che, come tale, non può né programmare l'attività ordinaria parlamentare della maggioranza, né tantomeno dare voce e corpo, dal punto di vista anche dell'equilibrio della maggioranza e dell'opposizione, a quei disegni di legge che dovrebbero essere destinati e dedicati esclusivamente alla minoranza.

Signor Presidente, va dunque in questa direzione il nostro invito. Se Governo e relatore non modificheranno il loro parere, confermeranno una volta di più che l'obiettivo non è una riforma organica, ma riforma nella quale, in realtà, non credono neppure loro.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.17, presentato dai senatori Borghi Enrico e Musolino.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.15.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signor Presidente, intervengo per illustrare questo emendamento che, come gli altri che l'hanno preceduto, interviene in materia di decretazione d'urgenza.

Signor Presidente, non ho nulla da aggiungere a quanto è stato detto prima dal collega Giorgis e dal collega Enrico Borghi sul perché sia fondamentale limitare la decretazione ai casi di necessità e urgenza previsti dalla Costituzione. Mi consenta, però, di fare una riflessione politica su questo punto.

Proprio nell'abuso della decretazione d'urgenza, che è stata una responsabilità di tutti i Governi, non solo di questo, ma anche di quello precedente, risiede il motivo per il quale il Parlamento non fa più il suo mestiere. Il clima di quest'Aula non è più consono a quello che dovrebbe essere un momento di profonda meditazione, che riguarda le modifiche della nostra Costituzione.

Il Parlamento non fa più il Parlamento e si trasforma in un organo che ratifica il volere del Governo: è la motivazione per la quale, come prima si diceva, il Governo non è ospite di quest'Aula parlamentare, ma quasi sembriamo noi gli ospiti di quest'Aula parlamentare.

Se il Parlamento non fa il Parlamento e i parlamentari non possono espletare l'iniziativa legislativa, allora è difficile che essi possano rappresentare gli interessi dei cittadini e concentrarsi sull'attività legislativa. Il Parlamento non fa il Parlamento e si limita a dover convertire i decreti-legge. Qui devo correggere i miei colleghi, perché, se ho calcolato bene, siamo a sessanta decreti, considerato anche l'ultimo, che ancora non abbiamo visto in quest'Aula.

Il Parlamento non fa il Parlamento: questo è il motivo per il quale oggi ci troviamo qui a non tutelare le nostre prerogative, perché abbiamo dimenticato la missione per la quale siamo stati eletti dai cittadini, cioè quella di essere i legislatori, non i ratificatori di cose fatte dal Governo.

Questo emendamento, nel nostro caso, propone di fare quello che tanta dottrina e anche la Consulta costituzionale ci chiedono: per esempio, di escludere la decretazione d'urgenza dalla materia penale.

Ci si chiede altresì di limitare i casi nei quali la decretazione d'urgenza può essere utilizzata alle materie come la difesa, la sicurezza dello Stato, il contrasto e la gestione degli effetti delle calamità naturali e delle emergenze sanitarie, la stabilità finanziaria, il bilancio pubblico, la salvaguardia di interessi strategici per l'economia nazionale e la disciplina dell'organizzazione del procedimento elettorale.

Questo provvedimento si propone di limitare la decretazione d'urgenza vietando cose che abbiamo già visto in questa legislatura e che purtroppo abbiamo visto anche in legislature precedenti, come i decreti omnibus, quelli per i quali si mette tutto e il contrario di tutto, limitando ancora una volta la funzione legislativa che dovrebbe avere il Parlamento.

Presidente, l'emendamento 1.0.15 cerca quindi di far capire che la più grande riforma che i parlamentari vorrebbero rispetto al tema della Costituzione, più che modificarla, è attuarla, attuarne lo spirito e il motivo per il quale siamo eletti.

Io credo, Presidente, che da quando il Parlamento ha abdicato alla sua funzione legislativa, delegandola di fatto al Governo, si è alterato l'equilibrio dei poteri e fino a quando il Parlamento e i parlamentari non saranno orgogliosamente qui a rivendicare quel ruolo, purtroppo tutto ciò non farà altro che portare all'abuso della decretazione d'urgenza di Governo in Governo, svilendo il nostro ruolo e quello di questo Parlamento. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.15, presentato dal senatore Calenda e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.16.

CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, direi che la modifica dell'articolo 77 dovrebbe essere la conditio sine qua non per qualunque riforma del premierato che possa essere giuridicamente accettabile.

Qui c'è un problema legato all'invasione di campo da parte dell'Esecutivo, che ha sostanzialmente usurpato il potere legislativo. Il problema democratico non è quindi quello di dover rafforzare l'Esecutivo, che è già fin troppo ipertrofico. Il problema democratico è ristabilirne i confini. Basterebbe anche solo una parte delle modifiche che propone l'emendamento 1.0.16. Sarebbe quantomeno auspicabile pensare che ci debba essere almeno un'omogeneità nei provvedimenti, che siano realmente legati all'urgenza e che non ci sia questa sorta di forzatura che crea una vis attractiva con tutto. Se non fate questo, colleghi, vi rendete conto che cosa significa dare in mano a una sola persona un potere del genere? Questo nuovo Premier non soltanto potrà sciogliere il Parlamento e non potrà essere facilmente sfiduciato, ma sarà un Premier a cui date in mano l'usurpazione del potere legislativo! Sarà un Premier che eserciterà al posto del Parlamento il potere di fare le leggi! (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.16, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.18.

MALPEZZI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALPEZZI (PD-IDP). Signor Presidente, come ha spiegato benissimo prima il collega Parrini, quelli al nostro esame sono i cosiddetti emendamenti dei contrappesi.

Mi sarei aspettata un atteggiamento diverso da quest'Assemblea. Infatti, nelle ore passate, siamo stati criticati chiaramente in sottofondo - dal momento che hanno preso la parola uno o due dei colleghi - perché stavamo facendo la maratona, dicevano, sui senatori a vita. Ci sono stati anche toni molto alti.

A me dispiace doverlo dire. La ministra Casellati ha anche dichiarato che l'atteggiamento delle opposizioni è uno schiaffo alla Carta. La Ministra ha detto: «L'atteggiamento delle opposizioni è un vero schiaffo alla Costituzione. Hanno presentato 2.600 emendamenti in Commissione e 3.250 in Aula». E ancora: «Stiamo ancora discutendo l'articolo sull'abolizione dei senatori a vita» - questo succedeva il 27 maggio - «perché hanno presentato emendamenti che assomigliano a una schedina del Totocalcio più che a delle serie obiezioni costituzionali. A parole vogliono il dialogo, ma poi agiscono così».

Fermo restando che forse dalla ministra Casellati, ossia da chi sta guidando questa riforma (che è la madre di tutte le riforme), ci aspetteremmo un altro atteggiamento - ma va bene e abbiamo capito che non lo possiamo avere - stavamo discutendo sui senatori a vita considerando che - come abbiamo provato a spiegare in tutte quelle ore - per noi quegli emendamenti dovevano servire a sollevare il tema, a porre la riflessione su alcuni aspetti per arrivare a quello che è stato il dibattito oggi giustamente lanciato dalla senatrice Cattaneo. Era un'opportunità che noi volevamo dare alla maggioranza per poter riflettere. Adesso però siamo arrivati agli emendamenti che portano la proposta delle opposizioni, e in questo caso del Partito Democratico. Quindi, sono proposte non da schedina del Totocalcio - spero che la Ministra voglia definire queste proposte in un altro modo, signora Presidente - ma proposte rispetto alle quali noi non abbiamo avuto alcuna risposta.

Questo emendamento è semplicissimo perché modifica l'articolo 80 della Costituzione dicendo: «Il Parlamento in seduta comune autorizza con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di legge». Questa è la prima parte, mentre la seconda apporta le modifiche conseguenti. Rispetto a questo, signora Presidente, lei ha sentito qualche dichiarazione? Ha sentito qualche spiegazione rispetto al diniego totale e costante? Ha sentito qualche posizione dei colleghi della maggioranza, che, a parte produrre il rumore di sottofondo, sembrano colpiti da un mutismo selettivo, visto che intervengono solo per attaccare l'opposizione? (Applausi). Prima ho assistito persino allo spettacolo veramente interessante di un collega della maggioranza che faceva le linguacce perché c'era il numero legale. Siamo arrivati ad affrontare un dibattito sulla riforma costituzionale - noi che stiamo dando lo schiaffo alla Costituzione, noi che stiamo facendo la schedina del Totocalcio - con chi dall'altra parte, di fronte alla legittima richiesta delle opposizioni di verificare se c'è il numero legale (visto che qualche volta ci hanno dimostrato di non riuscire a mantenerlo), poiché è in Aula a fare quello che dovrebbe essere il proprio lavoro, sbeffeggia l'opposizione con tanto di linguacce.

Signora Presidente, nel mio regno di illusioni, nel fantastico mondo delle illusioni in cui dovrebbe esserci ancora un dibattito tra maggioranza e opposizione, vorrei tanto che, oltre al sottofondo di commento - non voglio pensare che i colleghi stiano parlando di che cosa mangeranno a cena, ma voglio pensare che siano toccati non dico dalle mie posizioni, ma dal fatto che in quest'Aula sono risuonate parole molto alte da parte dei membri della 1a Commissione e da parte del responsabile delle riforme - vengano fatti ad alta voce anche dei commenti rispetto alle nostre posizioni, prendendo la parola e confrontandosi. Noi, infatti, non abbiamo ancora capito il perché no. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.18, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.19.

LORENZIN (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LORENZIN (PD-IDP). Signora Presidente, onorevoli senatrici e senatori, ho l'occasione di parlare nuovamente in quest'Aula dopo qualche giorno di dibattito.

Sono intervenuta in discussione generale e poi sui primi emendamenti sulla "eliminazione" - a quanto pare - dei senatori a vita e, rispetto ai miei interventi iniziali, speravo che qualcosa sarebbe successo. Nel dibattito abbiamo avuto proposte importanti, come quella condivisa, almeno culturalmente, che poteva essere un grande punto di mediazione tra maggioranza e opposizione, di lasciare l'istituto dei senatori a vita, ma escluderli dal voto di fiducia. Questi sono quelli che si chiamano i punti di caduta, che non sono una fuga dalla posizione erculea della maggioranza verso la debolezza delle minoranze, ma sono il modo in cui si costruiscono insieme, in modo condiviso, le riforme. Questo è il modo in cui si dovrebbero costruire, soprattutto quelle costituzionali, soprattutto se le riforme costituzionali che vengono presentate dal Governo sul tavolo del Parlamento sono fatte per essere approvate e per dare vita a una nuova fase della nostra Costituzione e delle nostre istituzioni, e non una bandierina elettorale. E la prima che dovrebbe sostenere le riforme che porta avanti è la Premier che ha voluto questa riforma, anziché tirarsi indietro un giorno prima e l'altro dopo, mettendo le mani avanti per il referendum. Non è serio e non è serio neanche il lavoro che stiamo facendo noi in quest'Aula.

Tra l'altro, mi sarei aspettata, visto che non è la prima volta che questo Parlamento affronta un momento di riforma dell'assetto costituzionale del nostro Paese - lo abbiamo fatto più volte e non ha mai avuto un grande successo - che rispetto alle volte precedenti, questa poteva essere l'occasione buona di fare una riforma costituente, cioè di mettere in campo un'Assemblea per fare la riforma della Costituzione, con tutte le parti rappresentate, e prendersi la fatica di un processo che vedeva coinvolto il Paese, vedeva coinvolti gli esperti e le forze politiche; una fatica che ancora una volta non si è voluta affrontare per prendere una scorciatoia, che è quella delle bandierine elettorali per le europee, per le prossime elezioni politiche e via dicendo.

Se noi guardiamo il dibattito che ci fu nell'Assemblea costituente, dov'erano sedute forze politiche profondamente e radicalmente diverse, che poi si trovarono nei decenni successivi sui banchi opposti di quest'Aula e di Montecitorio, troviamo una nobiltà nel confronto, anche nell'asprezza del dibattito, dove nessuno si è mai tirato indietro nelle Commissioni dallo spiegare le motivazioni delle proprie posizioni; cosa che in quest'Aula e di fronte a tutto il Paese non avviene, perché l'unica cosa che abbiamo sentito molto chiara sulla motivazione profonda per cui bisognava abolire i senatori a vita in Italia è perché una volta hanno dato la fiducia a Romano Prodi. (Applausi). Non mi sembra una ragione sufficiente per cambiare e trasformare un istituto della Carta costituzionale. È questo lo spirito di questo tempo? Ce lo dobbiamo domandare. Se lo spirito dei nostri tempi è questo, signori miei, stiamo veramente scavando un fossato tra noi e il diritto nel nostro Paese.

Secondo punto: nella scorsa legislatura, anzi due legislature fa, quando provammo a riformare la Costituzione, si fecero i Comitati dei saggi: un coinvolgimento del Paese, in un posizionamento terzo, per arrivare a un testo che fosse il più largamente condiviso. Ci siamo trovati invece una proposta costituzionale totalmente inedita dal dibattito politico italiano, un elemento di cui non abbiamo mai discusso.

Se voi chiedete agli italiani che cos'è il premierato, nessuno l'ha mai sentito, perché non esiste, è un unicum. Ancora non abbiamo capito perché è stata abbandonata l'ipotesi del cancellierato alla tedesca e questo articolo che stiamo discutendo oggi faceva parte della nostra costruzione parallela di ipotesi messe sul campo. Non abbiamo capito perché avete abbandonato il presidenzialismo, che a me non piace - badate bene - ma almeno ci sono dei precedenti su cui costruire un check and balance dei poteri tra istituzioni.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LORENZIN (PD-IDP). Oggi ci troviamo in un dibattito veramente molto sconfortante, perché non abbiamo ancora capito se, nel suo corso, ferme restando le posizioni della maggioranza, ci sarà spazio per un ragionamento; per abbandonare, per un momento, le bandiere e cercare di capire se ci sono dei punti in cui poter costruire quantomeno quel bilanciamento tra poteri: il rapporto con le Regioni, i bisogni che sono così forti nel nostro Paese, anche dal punto di vista istituzionale e che in questa proposta di legge sono totalmente disattesi. (Applausi).

MALAN (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FdI). Signor Presidente, vedo che continua a essere usato l'artificio retorico di dire che la maggioranza non prende la parola, che la maggioranza non spiega, a dispetto del fatto che la maggioranza abbia spiegato e il relatore abbia svolto una relazione all'inizio molto ampia, che probabilmente non è stata ascoltata. Capisco che è stato qualche giorno fa, ma il dibattito è unico, non dura solo mezza giornata e dunque le spiegazioni sono state date. Ci sono stati diversi interventi. Certo, con 3.000 emendamenti e con gli interventi sistematici su ciascuno, non c'è particolare motivazione nell'intervenire su ogni emendamento, tanto più se le argomentazioni che usiamo continuano ad essere ignorate. Si continua con la questione dell'unicum e adesso abbiamo sentito dire che nel 2016 invece sì che si è dialogato. Ma ricordo bene il Presidente del Consiglio dell'epoca che ha detto dieci, venti, trenta volte che non avrebbero indietreggiato neppure di un millimetro, ma poi chi l'ha fatto indietreggiare sono stati gli italiani con il referendum del 4 dicembre del 2016. (Applausi).

Tuttavia, visto che ci sono 3.000 emendamenti per sette articoli - su uno dei quali credo tra l'altro che dovrebbe esserci la concordia di tutti per allungare di alcune votazioni quelle con la maggioranza più qualificata per le elezioni del Presidente della Repubblica - se, anziché centinaia, gli emendamenti fossero una decina per ogni articolo, credo che potremmo prendere l'impegno di rispondere a tono su ciascuno di essi senza problemi, perché vuol dire che si va su problemi concreti. Se invece il punto è ripetere sempre gli stessi argomenti, è ovvio che noi lasciamo continuare - ed è giustissimo e sacrosanto che sia così - che l'opposizione usi questa tecnica. Ma non intendiamo argomentare su ogni articolo e su ogni talora strampalata argomentazione dei medesimi. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.19, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.20.

VALENTE (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTE (PD-IDP). Signor Presidente, per il suo tramite risponderei anche al presidente Malan e direi che lui ha la responsabilità, l'onere e l'onore di fare il Presidente del principale Gruppo di maggioranza relativa e dovrebbe lasciare all'opposizione il diritto di scegliere come fare opposizione in un dibattito che mi pare veda alcune rigidità. (Applausi). Pensi quindi a rispondere evidentemente di come fa la maggioranza, noi sceglieremo che tipo di opposizione fare. Almeno questo in democrazia dovrebbe essere ancora consentito.

Vengo però al merito e vorrei sfidarlo esattamente sul punto. Proprio l'emendamento 1.0.20 mi torna utile rispetto al ragionamento. Con esso proviamo a rilanciare il tema dell'equilibrio, delle garanzie, dei cosiddetti pesi e contrappesi. Forse il senatore Malan era distratto in quest'ultimo scorcio di dibattito, ma in realtà noi stiamo esattamente proponendo - come i miei colleghi intervenuti prima hanno sottolineato - emendamenti per noi qualificanti rispetto al dibattito: dopo averne ritirati diversi, ora ci stiamo soffermando su temi molto diversi negli ultimi emendamenti. Non stiamo più discutendo dei senatori a vita, dei quali abbiamo parlato nelle giornate precedenti; in questo specifico emendamento, per esempio, parliamo di alcune prerogative dell'opposizione.

Pertanto, al senatore Malan e a tutti i senatori della maggioranza, sempre suo tramite, signora Presidente, ricordo che in Commissione c'è stato un dibattito molto puntuale su questo e in quella sede il senatore Pera aveva avanzato una proposta che a noi è parsa sinceramente - e oggi ne siamo ancora più convinti - alquanto irrilevante rispetto alla questione che volevamo provare ad affrontare. In un quadro di dialettica parlamentare, di confronto di merito, garantire alle opposizioni prerogative, diritti e dignità non significa certo - come faceva quell'emendamento e lo abbiamo sottolineato al senatore Pera e nel dibattito in Commissione - eleggere un capo dell'opposizione e poi rinviare a un regolamento futuro le prerogative e la definizione di una sorta di statuto delle opposizioni. Abbiamo semplicemente provato a proporre - credo a giusta ragione - che, visto che stiamo affrontando la discussione, di inserirla esattamente qui, con un degno e dignitoso statuto delle opposizioni o elenchiamo le prerogative dell'opposizione. E alcune le specifichiamo con questo emendamento.

Ricorderei poi come è finito il dibattito in Commissione: non solo l'emendamento non è stato messo ai voti, ma è stato addirittura proposto di trasformarlo in ordine del giorno, dopo che noi abbiamo sottolineato a più riprese che il capo dell'opposizione è una figura che probabilmente veniva mutuata da altri modelli europei (pensiamo al regno Unito), ma che sinceramente noi vedevamo difficilmente importabile. Soprattutto, però, abbiamo osservato che lo statuto delle opposizioni non poteva essere rinviato a un regolamento che poi avremmo dovuto definire chissà quando. Abbiamo quindi provato a elencare alcune prerogative che secondo noi andavano, vanno e andrebbero riconosciute all'opposizione, se però noi riconosciamo nel dibattito, nel confronto tra posizioni diverse, qualcosa di utile alle scelte finali che siamo chiamati a compiere, cioè se ci riconosciamo dignità nel rispetto di posizioni diverse. Questo dovrebbe essere il Parlamento; questo dovrebbe essere il confronto, quello che esattamente non stiamo purtroppo vedendo in questi giorni e nelle ultime ore. (Applausi). Dico questo al senatore Malan che giustamente spiegava perché non intervengono.

Sul punto di merito, devo dire che io ho avuto l'onore e l'onere di presiedere una Commissione parlamentare d'inchiesta per tanti anni in questo Parlamento; trattando un tema molto delicato, ho provato a farlo, sempre nel rispetto di tutte le posizioni, arrivando sempre a votazioni unanimi. Per quanto riguarda i poteri di indagine, i poteri ispettivi e sicuramente tutte le inchieste, la nostra proposta è che, se un terzo delle due Camere avanza questa richiesta, le Commissioni parlamentari d'inchiesta vanno istituite e presiedute da esponenti dell'opposizione. È un modo per riconoscere una prerogativa, un contributo dalle forze di opposizione, che si guarda con rispetto, perché si pensa che solo attraverso questo tipo di contributo le soluzioni, o comunque anche i temi e gli argomenti che cercheremo di sviscerare nel corso del tempo, avranno sicuramente più dignità perché rappresentati da punti di vista diversi.

Tutto ciò al netto del fatto che noi - come abbiamo già detto - riteniamo irresponsabile e scellerata la scelta di contingentare i tempi su un dibattito come quello che stiamo facendo, su un provvedimento come quello che stiamo esaminando, almeno su un tema tanto delicato qual è quello di definire ruoli e funzioni delle forze di opposizione. Ricordo infatti che oggi si è maggioranza e domani si è opposizione e domani probabilmente chi è all'opposizione sarà in maggioranza.

E quindi è giusto scrivere delle regole che garantiscano il dibattito, il livello, il confronto. Noi vi chiediamo, a questo punto sì, di rispondere nel merito di questo emendamento, che credo non abbiamo sicuramente affrontato nel corso della discussione degli ultimi giorni. Qui forse un contributo prezioso da parte della maggioranza sarebbe sicuramente ben accetto. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.0.20, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signora Presidente, sempre con brevità, noi abbiamo presentato una serie di emendamenti all'articolo 2.

Innanzitutto un emendamento soppressivo, il 2.1000, che è il primo. Perché un emendamento soppressivo? Questo articolo riprende un emendamento che era stato presentato in Commissione («Modifica all'articolo 83 della Costituzione») e al terzo comma, secondo periodo, inserisce le parole «Dopo il sesto scrutinio», che sostituiscono le parole «Dopo il terzo scrutinio». Ora, apparentemente sembra che l'introduzione del riferimento al sesto scrutinio invece che al terzo in qualche modo possa rendere - dal punto di vista della maggioranza che lo propone - l'elezione del Capo dello Stato meno invasiva di come noi invece pensiamo sarà.

Ma, in realtà, a me pare di poter dire che si tratta di un rimedio che non risolve certamente il problema di fondo. Sarà semplicemente sufficiente attendere la settima votazione (e non più la quarta) per arrivare esattamente alla stessa conclusione, mentre invece rimarranno inalterate tutte le questioni enormemente problematiche di cui stiamo discutendo. Per cui il rimedio che viene proposto non è certamente sufficiente rispetto alla questione che invece è alla base del nostro contrasto a questa ipotesi di riforma costituzionale, e cioè il rischio che ne deriva con i meccanismi distorsivi che sono stati ricordati, con il premio di maggioranza, con la vaghezza attorno alla legge elettorale e per di più con le dichiarazioni fatte dalla Ministra qualche giorno fa.

Secondo me ha fatto bene il senatore Parrini, alcuni minuti fa nel suo intervento, a ricordare come ci potremmo davvero trovare in questo Paese in una condizione molto particolare: una condizione per cui sei cittadini su dieci sono contrari all'elezione di un Presidente del Consiglio e, ciononostante, quel Presidente del Consiglio, con il parere favorevole di quattro cittadini su dieci e il parere contrario di sei cittadini su dieci, si ritrova ad essere tale e soprattutto si ritrova ad avere una maggioranza parlamentare alle sue spalle che può, per l'appunto, imporre una serie di decisioni che riguardano aspetti delicatissimi dell'equilibrio dei poteri e della nostra vita costituzionale, così come l'abbiamo conosciuta. Mi riferisco all'elezione del Capo dello Stato - come abbiamo detto - e della Corte costituzionale, insomma tutti quei meccanismi che riguardano gli equilibri del potere, che sono stati ricordati secondo me molto correttamente, in quest'ultimo intervento che ha fatto, dalla senatrice Valente e che sono la ragione per cui le forze di opposizione, da molte settimane a questa parte, stanno battendo su questo aspetto, considerandolo un punto assolutamente decisivo e centrale di contrasto a questa riforma costituzionale e anche un punto di grande preoccupazione.

L'ho detto tante volte in quest'Aula e non voglio ripeterlo ora, perché non ho più il tempo sufficiente. In una fase come questa, già di per sé profondamente segnata da democrazie molto fragili, il rischio di accentramento di potere è - dal mio punto di vista - un rischio che non bisognerebbe correre. Per questa ragione abbiamo presentato anche dei modelli alternativi.

Ha fatto bene il senatore Alfieri a spiegarlo nel suo intervento, proprio a dimostrazione del fatto che da parte delle forze dell'opposizione non c'è semplicemente un'opposizione preconcetta. Abbiamo provato a immaginare degli strumenti che tenessero assieme il tema della stabilità e il tema della rappresentanza, in qualche modo ricalcando il modello tedesco, modello molto più rispettoso dei poteri del Capo dello Stato.

Lo dico qui perché penso che su questo punto bisogna fare chiarezza. Penso che sia propagandistico l'argomento secondo il quale anche nel modello tedesco sarebbero limitati i poteri del Capo dello Stato. Il modello tedesco, infatti, differentemente da quello che prevedete voi, immagina sì di guardare con più attenzione ai poteri del Presidente della Repubblica, ma a favore del sistema dei partiti, non certo a favore del Presidente del Consiglio. Evidentemente, questa differenza è assolutamente decisiva ed è assolutamente centrale. Dico tutto ciò per motivare i vari emendamenti all'articolo 2. (Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, per l'illustrazione io naturalmente seguo l'ordine degli emendamenti. Quindi, ora seguono gli emendamenti a prima firma del senatore Calenda.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signor Presidente, in realtà vi sarebbero gli emendamenti a prima firma del senatore Cataldi. Io intervengo sul 2.1005. Pertanto, se vuole seguire l'ordine, io intervengo successivamente.

PRESIDENTE. Senatore Lombardo, noi stiamo seguendo l'ordine, anche perché il senatore Cataldi interverrà sull'emendamento 2.1001 ed altri. Vi è un ordine stabilito e, ovviamente, nessuno verrà pretermesso.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signor Presidente, siamo qui, orgogliosi di poter intervenire, in questo caso sull'articolo 2, che riguarda la modifica dell'articolo 83 della Costituzione, terzo comma, secondo periodo. La spiegazione dell'emendamento 2.1005 è la seguente: visto che si vuole costituzionalizzare una legge elettorale con premio di maggioranza assoluta, l'emendamento prevede che il Presidente della Repubblica, né dopo il terzo scrutinio - come prevede ora la Carta costituzionale - né dopo il sesto - come prevede il disegno di legge sul premierato del Governo - possa essere eletto a maggioranza assoluta.

Qual è la ratio di questo emendamento? Per noi è fondamentale che il Presidente della Repubblica, che - lo ricordo - è la figura istituzionale nella quale tutti gli italiani hanno più fiducia, debba rimanere un Presidente di garanzia e, come tale, debba essere necessariamente eletto dai due terzi degli aventi diritto, come i giudici della Corte costituzionale.

Signor Presidente, se questa è la ratio della norma dal punto di vista giuridico, c'è poi una valutazione politica, che mi sento di fare anche alla luce della discussione che ho sentito fin qui. Il tema della soppressione dei senatori a vita nasceva quasi da un retro pensiero: vogliamo che siano eletti perché non vogliamo che siano nominati da un Presidente della Repubblica, perché così non li sentiamo come nostri.

Questo è il retro pensiero che io ho sentito in quest'Aula. La maggioranza chiede che non vengano nominati dal Presidente della Repubblica perché non li sentono propri. E questa idea dell'avere i nostri senatori a vita si potrebbe riverberare nell'idea di avere il nostro Presidente della Repubblica.

Se i Padri costituenti chiedevano, invece, un'elezione con maggioranza dei due terzi, è perché il Presidente della Repubblica non è di chi lo elegge, ma è di tutti. I senatori a vita non sono di una parte, ma devono essere di tutti. Io ve lo dico con la sicurezza del fatto che, se o quando sarà la maggioranza di centrodestra a eleggere un Presidente della Repubblica, quel Presidente della Repubblica sarà il mio Presidente della Repubblica, perché sarà di tutti.

Questo è lo spirito per il quale l'emendamento che noi proponiamo richiede che non sia una votazione a maggioranza di una figura di garanzia. Non deve essere rappresentativo di chi lo elegge, ma deve essere una figura di garanzia degli equilibri costituzionali tra i poteri e, come tale, deve essere di tutti. Questo è il motivo per cui noi presentiamo questo emendamento ed è il motivo, lo spirito con il quale chiediamo che non vengano toccate e vengono salvaguardate le prerogative della Presidenza della Repubblica.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, in questi emendamenti, da un lato, c'è il tentativo di dare un contributo costruttivo e migliorativo a quello che sta facendo questa maggioranza. Troverete però all'interno di questi emendamenti anche un soppressivo e vorrei spiegarvi le ragioni. L'articolo 2, come gli slogan di maggioranza che sono stati una presa in giro perché dicono solo una parte della verità, dando l'illusione che i cittadini possano scegliere di eleggere una figura del Premier che è quella che già conoscono, mentre in realtà è una figura completamente diversa e con poteri diversi, è una presa in giro degli elettori.

La maggioranza fa finta con questo articolo di valorizzare la figura del Presidente della Repubblica, fa finta di dargli importanza, come ha fatto finta di dare importanza al Presidente della Repubblica durante la campagna elettorale, quando si parlava di presidenzialismo, per poi scivolare invece nel premierato. Fate finta con questo articolo di valorizzare la figura del Presidente della Repubblica, quando sapete benissimo che, andando avanti nella lettura del provvedimento, il Presidente della Repubblica non potrà aprire bocca quando il Presidente del Consiglio, così come lo avete configurato, scioglierà il Parlamento; non potrà dire nulla: potrà soltanto convalidare una tale scelta mettendo una sorta di timbro notarile.

Rendetevi conto che è una riforma che va rifatta dall'impianto. Voi non volete intervenire sul reale problema democratico del Paese. Il problema democratico è l'usurpazione del potere legislativo e voi lo andate a peggiorare, andando a colpire le cariche istituzionali, come quella del Presidente della Repubblica, che fingete di voler valorizzare.

Fate questo per poi togliergli ogni potere e dare il potere a un Presidente del Consiglio che sarà un Presidente del Consiglio che fa le leggi, che può mandare a casa il Parlamento e non può essere sfiduciato. (Applausi).

MAIORINO (M5S). Signor Presidente - come ha già detto molto bene il collega Cataldi che mi ha preceduto - qui va dissipata una fandonia che davvero in maniera reiterata e - mi permetto di dire - con grande faccia tosta si continua a ripetere ai cittadini, attraverso anche un servizio di informazione che non si perita evidentemente di fare il proprio dovere, in taluni casi, come in una democrazia sana, si vorrebbe. Mi riferisco a quella secondo cui questa modifica costituzionale non tocca il Presidente della Repubblica, giocando con le parole. Di fatto non tocca gli articoli che riguardano il Presidente della Repubblica. Questo è vero, ma ciò non significa che la figura, i poteri e le facoltà del Presidente della Repubblica non vengano profondamente, anzi fatalmente lesi.

Fa bene ripetere che un Presidente della Repubblica che non ha più il potere di sciogliere le Camere o di indicare un'altra persona che possa esplorare la possibilità di raccogliere la maggioranza e quindi di formare un Governo è un Presidente della Repubblica neutralizzato, completamente estromesso dall'agone politico, che non ha alcun ruolo in caso di crisi. Il Presidente da Repubblica quindi diventa, da arbitro, semplicemente uno spettatore di una partita di cui non è più minimamente parte.

Per cercare di edulcorare questa cruda realtà si è passati a ciò, in maniera secondo me davvero anche mortificante, non solo per la figura del Presidente della Repubblica. Facciamo infatti una distinzione: qui non si sta parlando di una persona con nome e cognome, ma si sta parlando di un ruolo. In questo caso, però, gloriarsi addirittura del fatto che non sia più richiesta la controfirma anche di altri Ministri per concedere la grazia e voler far passare questo come un rafforzamento della figura del Presidente del Consiglio, a nostro avviso, è addirittura un insulto non solo al ruolo, ma anche alla persona che oggi ricopre quel ruolo, quindi è davvero vergognoso.

Va invece rafforzata la capacità del Parlamento di eleggere il Presidente della Repubblica nella maniera più condivisa possibile, perché è una figura di garanzia che in più occasioni è stata capace non solo di comporre delle crisi - perché il problema del Paese non è quello - ma di tenere insieme, simbolicamente, dal punto di vista del sentimento dell'appartenenza, tutti gli italiani e tutte le italiane, da Nord a Sud; è una cosa che voi invece state disfacendo (Applausi), attraverso la caparbia realizzazione dell'autonomia differenziata, ossia dell'anarchia differenziata, e andando a colpire al cuore l'unica figura di garanzia unitaria che questo Paese ha, che è il Presidente della Repubblica. Ripensateci e fermatevi. (Applausi).

RENZI (IV-C-RE). Signora Presidente, signora Ministra, onorevoli colleghi, illustro l'emendamento che il collega Ivan Scalfarotto ha presentato, ma per quello che è successo oggi in quest'Aula credo che le modalità di elezione del Presidente della Repubblica vengano dopo.

Intanto, chiedo l'assunzione di responsabilità e le scuse pubbliche che la Ministra e la Presidente del Consiglio debbono al collega Enrico Borghi per quello che è accaduto questo pomeriggio. (Applausi). Si può pensarla in modo diverso, ma insultare il Capogruppo del Gruppo che peraltro ha da subito dato la disponibilità a votare insieme le riforme della Costituzione, prima che di masochismo politico, è un atto di maleducazione istituzionale che noi non tolleriamo da questa Ministra già Presidente del Senato, da questa Capo del Governo e da questa maggioranza. Ci tengo a dirlo io, a fianco di Enrico Borghi e di tutti i colleghi. (Applausi).

C'è però un secondo punto che deve essere chiaro e sto sul tema dell'emendamento 2.1002. Vi rendete conto di che cosa state costringendo questo Senato a fare? Io sono per l'elezione diretta del Presidente del Consiglio e dico a tutte le opposizioni che gridano allo scandalo che il PDS nel 1993 aveva una proposta di legge analoga. Una volta che vi abbiamo dato la disponibilità a confrontarvi, avete fatto un testo pasticciato, con una Ministra che si comporta in modo maleducato e con un atteggiamento di arroganza che non vuole andare nel merito dei contenuti. (Applausi).

A fronte di questo, vi facciamo notare che questa riforma prima era la madre di tutte le riforme; sabato era la riforma del «o la va o la spacca»; domenica è diventata una riforma del «chi se ne frega». Dalla madre delle riforme è diventata la biscugina larga delle riforme.

Allora io vi dico: prendetelo sul serio questo testo, ormai dovete arrivare fino in fondo. Lo voterete in prima lettura, nessuno di voi scommette un centesimo sul fatto che si arriverà in fondo e per primo il senatore Pera, del cui sforzo di ascolto degli altri e di tentativo costante di trovare una soluzione sono testimone, perché lui, come me e come tanti altri, ma più autorevolmente di me, sa che le riforme istituzionali e costituzionali sono importanti. Questa riforma però - ve l'ha detta il vostro e nostro collega Pera, ve l'hanno detta le vostre menti più brillanti - non sta in piedi. (Applausi).

Allora, se non sta in piedi, prendete sul serio l'emendamento e gli emendamenti che stiamo portando all'articolo 2, quelli sull'elezione del Presidente della Repubblica, e le modifiche all'articolo 83 della Costituzione. Abbiate il coraggio, su questo, signora Presidente, allargando e concludendo l'oggetto della mia illustrazione dell'emendamento, care amiche e cari amici della maggioranza: se avete ancora un briciolo... (Brusìo. Richiami del Presidente).

PRESIDENTE. Non era per lei, senatore Renzi.

RENZI (IV-C-RE). Lo so, non c'è problema, perché quello che sto per dire è una cosa che riguarda questa maggioranza. Se avete ancora un briciolo di dignità politica, colleghi, siccome sapete che non oggi, ma tra qualche mese dovrete tornare indietro e bloccherete le riforme costituzionali, io vi sfido qui, voi e la sinistra: abbiate il coraggio di trasformare le modifiche dell'articolo 83 della Costituzione e di passare al semipresidenzialismo con l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. È un sistema che sia la sinistra che la destra hanno sempre detto essere all'altezza. Siccome l'elezione diretta del Presidente del Consiglio non funziona e siccome il vostro Ministro si è comportato in modo indecente, abbiate il coraggio di modificare la proposta.

Fermatevi, andate sul semipresidenzialismo alla francese, ammettendo di aver sbagliato tutto e pensando al futuro dell'Italia. O lo farete ora o lo farete fra un anno, ma questa riforma in porto non va. (Applausi).

ALFIERI (PD-IDP). Signor Presidente, intervengo per illustrare il nostro emendamento all'articolo 2 sulla delicata questione dell'elezione del Presidente della Repubblica e dei quorum di garanzia.

Avevamo posto il tema già prima negli emendamenti aggiuntivi, con le proposte qualificanti del Partito Democratico, quando l'abbiamo legato e non può essere altrimenti... (Brusio). Presidente.

PRESIDENTE. Che sta succedendo?

ALFIERI (PD-IDP). C'è un po' di agitazione. (Commenti).

PRESIDENTE. Allora, colleghi, vi dico che, contrariamente a quello che può sembrare, quello che arriva qui da lì si percepisce tutto: quindi, se pensate di dire cose magari più riservate, sappiate che qui le udiamo perfettamente.

ALFIERI (PD-IDP). Dicevo che il tema dei quorum di garanzia è ancor più delicato, se lo leghiamo all'evoluzione delle riforme costituzionali, in particolare al taglio dei parlamentari. Se mettiamo insieme il taglio dei parlamentari e le previsioni di questa riforma costituzionale, nel momento in cui costruisce un legame fra il premio di maggioranza e la previsione dell'elezione a strascico dei parlamentari rispetto alla Presidente o al Presidente del Consiglio che vincerebbe le elezioni, ci troveremmo un Parlamento con circa il 55 per cento dei seggi, a cui mancherebbe poco per poter condizionare l'elezione delle cariche istituzionali più importanti.

Allora, il ragionamento che avete fatto voi di inserire una modifica che sposta dal terzo al sesto scrutinio la possibilità di passare a maggioranza assoluta è una mezza presa in giro, lasciatemelo dire, perché sposta di qualche giorno l'elezione del Presidente del Repubblica con un quorum legato alla maggioranza assoluta.

Questo è il motivo per cui chiediamo - e lo facciamo per tutti gli incarichi istituzionali, a partire da quello più importante, il Capo dello Stato - la possibilità che si preveda un quorum dei tre quinti dopo il terzo scrutinio. Pensiamo che su questi temi, di cui abbiamo parlato nei pochi confronti che abbiamo avuto con la maggioranza e con la Presidente del Consiglio, ci fosse una disponibilità a ragionare sulle regole del gioco, almeno quelle più elementari, che prevedono un terreno comune di riconoscimento reciproco.

Ebbene, neanche su questo, quindi su aspetti che dovrebbero vederci tutti d'accordo, c'è stata la vostra disponibilità. Vi invitiamo, quindi, ancora una volta, a ragionare almeno su questa parte, che vede nei quorum di garanzia uno dei presìdi di quell'equilibrio dei poteri che è la base delle democrazie liberali. Mi sembra che neanche davanti a questi principi fondamentali vi stiate fermando. Spero che ci sia la possibilità, dopo le elezioni europee, di poter ragionare almeno su questi temi. Lo vediamo anche dagli atteggiamenti che state tenendo sul contingentamento dei tempi, nella volontà di andare avanti senza concordare un calendario, nella mancanza di volontà di provare a definire un terreno comune, pur nello scontro normale che c'è nella dialettica politica, nella volontà, al contrario, di voler portare a casa una prova di forza in vista delle europee. Noi non ve lo permetteremo. (Applausi).

PARRINI (PD-IDP). Signor Presidente, rivolgiamo alla maggioranza l'ennesimo invito a prendere in considerazione una nostra proposta, quella di elevazione del quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica, che sarebbe nell'interesse della maggioranza stessa, che vuol fare l'elezione diretta del Premier, accogliere e far propria. Questo perché - voglio dirlo ai rappresentanti dei tre partiti della maggioranza e alla ministra Casellati - se voi vi decideste ad accogliere questa proposta, che è del tutto ragionevole, visto il tipo di elezione del Premier che avete in mente e visto il premio di maggioranza che avete intenzione di attribuire, fareste una cosa giusta e soprattutto togliereste un'arma e un argomento alla polemica dell'opposizione contro questa riforma. Come fate ad essere così miopi da non accorgervi che vi conviene accettare questa proposta, che in essa non c'è niente di sbagliato?

Invece no: com'è avvenuto anche per tutte le altre nostre iniziative che andavano nel senso di aumentare i contrappesi per ridurre la dannosità dell'elezione diretta del Premier, voi ricorrete all'imbroglio e cioè, come per le altre cose, avete detto: sì, siamo d'accordo con lo Statuto dell'opposizione, ma ogni proposta che lo rende operativo non ci piace; vi proponiamo di mettere un riferimento in Costituzione al fatto che i Regolamenti parlamentari, dopo, a babbo morto, non si sa quando, realizzeranno gli istituti dello Statuto dell'opposizione che voi ci chiedete.

Così, di fronte a questa nostra proposta, siete ricorsi a quello che il senatore Alfieri, che è molto più moderato e benevolo di me, ha chiamato un mezzo imbroglio: per me è un imbroglio totale, perché tutti capiscono che aumentare il numero degli scrutini senza aumentare il quorum finale di elezione del Capo dello Stato non significa per niente creare le condizioni per una scelta più condivisa del Capo dello Stato e significa non voler per niente inserire nel sistema degli equilibri istituzionali e costituzionali un valido contrappeso.

Questo mio intervento è quindi un ultimo appello alla maggioranza, in sede di illustrazione di questo emendamento, a mostrare ragionevolezza.

Ritengo ci siano elementi di buonsenso anche nell'emendamento illustrato dal senatore Renzi, al quale però ancora una volta (l'ho fatto tante volte), con grande garbo e cortesia, devo ricordare, visto che nel PDS, a differenza sua, nel 1993 ci stavo, come anche nel 1994 e anche nel 1997, che né per le elezioni del 1994, né nella bozza Salvi del 1997, né in nessun momento della sua esistenza, il PDS ha proposto l'elezione diretta del Presidente del Consiglio. Questa è una fake news che converrebbe togliere dalla nostra discussione.

Quello che il Partito Democratico della Sinistra propose, devo dire lungo tutta la sua esistenza, fu una legge elettorale maggioritaria a doppio turno che permettesse agli elettori di indicare una maggioranza di Governo che aveva un suo leader, ma mai propose di mettere le mani nella Costituzione per riformarla nel senso di prevedere l'elezione diretta del Presidente del Consiglio, creando una serie di squilibri giganteschi. (Applausi).

Soprattutto, però, mi corre l'obbligo non solo di difendere la memoria del PDS, di cui ho fatto orgogliosamente parte, ma anche di difendere la memoria del PD del 2016, di cui era segretario il senatore Renzi, perché nella riforma del 2016, che portava come prima firma quella del presidente del Consiglio Matteo Renzi e che io ho sostenuto, c'era tutto tranne che l'elezione diretta del Presidente del Consiglio. (Applausi). Queste cose credo debbano essere dette semplicemente perché la verità non so se è rivoluzionaria, ma perlomeno è sempre utile. (Applausi).

DELRIO (PD-IDP). Signora Presidente, in questo emendamento all'attenzione dei colleghi noi sottolineiamo la necessità che aumenti il consenso, quindi la quantità dei votanti che eleggono il Presidente della Repubblica.

Torniamo su questa necessità perché, com'è noto, nel nostro sistema istituzionale il Presidente della Repubblica è il custode dell'unità nazionale. Anche rispetto ai senatori a vita ho avuto modo di sottolineare un aspetto molto importante: come si rappresenta l'unità nazionale da parte del Presidente della Repubblica? Purtroppo, senatore Balboni - glielo dico tramite lei, signora Presidente - non ho avuto l'occasione di dialogare su questo, ma dobbiamo riflettere più profondamente e trovare le radici culturali del ruolo del Presidente della Repubblica, non solamente descriverne le funzioni in maniera quasi notarile. Il Presidente della Repubblica è custode dell'unità nazionale: non abbiamo avuto modo di discuterne a fondo, ma ho già avuto modo di sottolineare che togliere prerogative, come per esempio la nomina dei senatori a vita, rappresenta un fatto culturalmente grave, perché attraverso la nomina dei senatori a vita, come attraverso la nomina dei giudici della Corte costituzionale, il Presidente della Repubblica si pone l'obiettivo di rappresentare nella Camera elettiva del Senato proprio la molteplicità del Paese, la sua variegata articolazione e la sua diversità e questa diversità è una ricchezza. Penso al messaggio culturale e sostanziale che il Presidente della Repubblica dà attraverso i suoi messaggi e la sua presenza, per esempio oggi dicendo che la Repubblica è a Brescia (Applausi), in occasione dell'anniversario della strage avvenuta in quella città. In queste occasioni il Presidente Repubblica rappresenta un idem sentire di tutta la Nazione e questo spirito unitario che non va perso, come invece purtroppo succede (ahimè, abbiamo visto che è successo) negli Stati Uniti, dove il Presidente è parte del conflitto.

Per essere garante e rappresentante dell'unità nazionale, sempre di più, specialmente in presenza di un Presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini, è quindi necessario che ci siano una più ampia partecipazione dei deputati e dei senatori alla sua elezione e una più ampia convergenza.

Questa nostra proposta, come la questione dei senatori a vita, non va derubricata semplicemente in termini utilitaristici o ragionieristici, ma va interpretata alla luce di questo ruolo fondamentale di garante e rappresentante dell'unità nazionale. Deve quindi avere un ampio mandato dagli eletti dal popolo di custode del buon uso del sistema rappresentativo costituzionale, da cui deriva la sua capacità di essere arbitro durante le crisi di Governo provocate dai partiti, non dal Presidente della Repubblica, come avete fatto intendere. Non c'è stato mai alcun tentativo di colpo di Stato da parte del Presidente della Repubblica, che ha salvato le istituzioni, non le ha danneggiate o violentate, come spesso si è visto notare da certi giornali, specialmente della destra. E il Presidente del Repubblica è anche un equilibratore delle articolazioni del potere e un punto di equilibrio dentro i vari poteri della Repubblica e dello Stato.

Certamente un ampio consenso e una un'ampia convergenza sono però sempre più necessari per la sua elezione, tanto più quando quello del Presidente della Repubblica viene ridotto a un ruolo di chi deve prendere semplicemente atto delle decisioni del Presidente del Consiglio o del sistema dei partiti. A quel punto, è a rischio quel bene comune, costruito faticosamente attraverso l'opera educativa nelle scuole e quella di sensibilizzazione dei nostri sindaci e delle nostre comunità, e quel bene preziosissimo che costituiscono il ruolo del Presidente della Repubblica come garante, custode e rappresentante dell'unità nazionale.

Questo ruolo, specialmente a coloro che amano la Patria, come tutti noi, e che pensano che la Patria sia un valore importantissimo, dovrebbe stare particolarmente a cuore. Non abbiamo capito perché questi emendamenti di assoluto buonsenso, che mirano a rafforzare tale ruolo, vengano derubricati invece a pure proposte ostruzionistiche. (Applausi).

GIORGIS (PD-IDP). Signor Presidente, l'oggetto di questo emendamento, che è già stato illustrato nei precedenti interventi, potremmo dire che è un oggetto di principio. Non è soltanto una regola, un quorum. L'oggetto di questi emendamenti è un principio e tale principio è il compromesso, cioè il valore che si ritiene di attribuire a figure che siano terze rispetto alla dinamica maggioranza-opposizione, a figure che siano espressione di un compromesso che le sottrae alla disponibilità della maggioranza di turno. Questo è l'oggetto degli emendamenti che abbiamo proposto.

Purtroppo, presidente Malan, su questo tema di merito non avete speso una parola, mentre si tratta di una questione di fondo, che ci dice il modello di democrazia che volete realizzare. La vostra insofferenza verso il pluralismo, la vostra insofferenza verso la mediazione, la vostra insofferenza verso il Parlamento e la vostra insofferenza verso tutto ciò che è compromesso sono evidentissime, sia nella verticalizzazione, nell'elezione diretta del Presidente del Consiglio, sia nella mortificazione del Parlamento e nella sua sottoposizione al Presidente del Consiglio, sia anche nella vostra sfiducia, se non avversione, alla magistratura come potere chiamato a mitigare e a limitare le prerogative della maggioranza.

È un'insofferenza antica, non è la prima volta che nella storia compare, verso il limite, il limite al potere, che è insofferenza verso la separazione del potere e i diritti delle minoranze. Questa insofferenza oggi la manifestate attraverso una riforma che concentra il potere in una sola figura, mortifica il Parlamento e immagina che l'unificazione del Paese passi attraverso un'investitura diretta, anziché un processo di continue e faticose mediazioni e sintesi dal basso. Naturalmente, passa attraverso la consegna alla maggioranza, che in Parlamento dipende dall'elezione del Presidente del Consiglio, della possibilità di eleggere il Presidente della Repubblica. Questi emendamenti cercano di sottrarre alla maggioranza di turno la disponibilità del Presidente della Repubblica e quindi dei cinque giudici della Corte costituzionale.

Nel suo straordinario intervento, la senatrice Segre ha anche paventato un rischio che non era stato da nessuno di noi messo a fuoco. Quando le due elezioni si incrociano, quando l'elezione del Presidente del Consiglio e quella del Parlamento consegnano al Parlamento anche il potere di eleggere il Presidente della Repubblica, la tentazione è di costruire un ticket e di eleggere, in qualche modo, attraverso questo ticket, il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica, in un patto perverso, che rende il Presidente della Repubblica non più soggetto neutralizzato e reso indipendente dalla maggioranza di turno, ma, al contrario, consegnato già nel momento delle elezioni. Questo è veramente un tema di principio, che meriterebbe qualche risposta. (Vivaci commenti).

PRESIDENTE. Colleghi, ricordo che non è consentito sedersi ai banchi del Governo. (Commenti). Ritengo che il messaggio sia arrivato.

Senatore Giorgis, prosegua pure. Non le sottraggo il tempo.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Presidente, purtroppo la questione è semplice, nella sua importanza e nel suo carattere fondamentale; insisto che meriterebbe davvero qualche considerazione, questa sì, di carattere politico e ordinamentale.

Onorevoli colleghi, non avete speso una sola parola per spiegare le ragioni dei vostri dubbi e delle vostre critiche alle nostre proposte. Noi ci siamo impegnati. Abbiamo cercato di indagare e di mettere a fuoco tutti gli effetti della vostra proposta, ma non abbiamo sentito da voi una parola sul perché non sarebbe, invece, preferibile introdurre la sfiducia costruttiva e sottrarre il Presidente della Repubblica al rischio che venga irretito dalle dinamiche di maggioranza; sul perché non sarebbe prioritario contrastare questo progressivo abuso della decretazione d'urgenza; sul perché non sarebbe ragionevole mettere ordine nel sistema delle fonti.

Una parola: diteci perché, a vostro giudizio, queste proposte non sarebbero convincenti. Da questo punto di vista, presidente Malan, non avete davvero speso, né in Commissione né in Aula, alcuna parola.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BALBONI, relatore. Signor Presidente, se me lo consente, prima di esprimere i pareri, vorrei esprimere le motivazioni, per rispondere a molti colleghi che le hanno sollecitate.

PRESIDENTE. Certamente, presidente Balboni, anche perché sono state richieste.

BALBONI, relatore. Partirei dal ricordare, attraverso di lei, Presidente, ai colleghi che l'articolo 2 è il risultato di un emendamento proposto dal Gruppo Italia Viva, come sanno bene i colleghi della 1a Commissione, che il relatore e il Governo hanno accolto e che un'ampia maggioranza ha votato, soltanto con qualche astenuto, se non ricordo male.

Quindi, cari colleghi, se, come hanno detto alcuni, è una presa in giro di un gruppo dell'opposizione. Prendiamo atto che i colleghi di Italia Viva hanno preso in giro il Parlamento proponendo questo emendamento, a giudizio del Gruppo PD e del Gruppo MoVimento 5 Stelle. Alcuni colleghi dell'opposizione dicono "voi fate una Costituzione che prevedrà una legge in base alla quale ci potrebbe essere un Presidente del Consiglio, prima, e un Presidente della Repubblica, dopo, votato soltanto da quattro italiani su dieci". Sono allora andato a vedere i risultati elettorali nelle Regioni dal 2023 a oggi. La Sardegna, ad esempio, vi dovrebbe insegnare qualcosa, perché la sinistra con le liste era sotto di sette punti, mentre con l'elezione diretta ha vinto la Regione e mi sembra che sia stato un risultato che ha entusiasmato tutto il campo largo, anche se per un tempo molto breve, molto effimero. In Sardegna, il Governatore ha vinto con il 45,4 per cento; in Abruzzo, il Governatore ha vinto con il 53,5; in Basilicata, con il 56,6; nel Lazio, con il 53,9; in Lombardia, con il 54,7; in Friuli-Venezia Giulia, con il 64,2; in Molise, con il 62,2; in Trentino-Alto Adige, con il 51,8. In tutte le elezioni regionali che si sono tenute nell'ultimo anno, da quando in sostanza c'è il Governo Meloni, in nessuno di questi casi, tranne che per la Sardegna, con un limitato premio, ci sarebbe stato bisogno di utilizzare il premio di maggioranza. Questo vuol dire che allora non è del tutto infondata l'osservazione che questo relatore continua a rivolgere ai colleghi dell'opposizione, secondo la quale questa legge avrà certamente l'effetto di rafforzare fortemente il bipolarismo, perché laddove una legge simile già esiste, i risultati sono quelli che vi ho letto.

Credo che questa sia una risposta a chi dice che ci sarà l'elezione a strascico e quant'altro. Il premio di maggioranza, se ci sarà, sarà assolutamente limitato e ragionevole.

Dice poi un altro collega che noi abbiamo il nostro modello alternativo, quello tedesco. E io continuo a rispondere; non è vero che non rispondo, è che purtroppo, Presidente, non mi ascoltano. Io continuo a rispondere perché il modello tedesco si impernia su un istituto che si chiama sfiducia costruttiva. Cos'è la sfiducia costruttiva? Il Parlamento federale sfiducia il Cancelliere e nella mozione scrive il nome e il cognome di chi gli deve succedere. Qual è l'autonomia del Presidente federale tedesco nel nominare il sostituto che gli viene indicato dal Parlamento? (Applausi). Non c'è alcuna autonomia, non c'è alcuna discrezionalità.

Se il Presidente della Repubblica tedesca nominasse un'altra persona, lo arresterebbero per attentato alla Costituzione; deve necessariamente nominare il Cancelliere che gli viene indicato dal Bundestag, il Parlamento tedesco. Quindi, voi, che difendete l'autonomia del Presidente della Repubblica italiana, invocate un modello nel quale non c'è alcuna autonomia.

Dice il collega Giorgis: non ci avete risposto. Non è vero, senatore Giorgis. Signor Presidente, faccio presente tramite lei al senatore Giorgis che io ho sempre risposto. I colleghi della 1a Commissione ricorderanno che, ad esempio, quando abbiamo parlato di alcune proposte dell'opposizione sul Parlamento in seduta comune, io ho detto che erano proposte suggestive. Anche rispetto ad alcune delle proposte che avete illustrato poco fa contenute in emendamenti aggiuntivi all'articolo 1, ho spiegato perché abbiamo un parere contrario: la scelta politica del Governo e della maggioranza è di fare una riforma selettiva, limitata, di non ampliare eccessivamente il numero degli articoli della Costituzione su cui vogliamo intervenire. Se ci fosse stato un clima diverso, magari si sarebbe anche potuto fare. Ma c'è un clima di scontro che l'opposizione ha voluto instaurare fin dal primo minuto (Applausi), quando è venuta in Commissione a dire: se non togliete di mezzo l'elezione diretta non siamo disponibili a collaborare e faremo di tutto per impedirvi di andare in porto. Allora io continuo a dire: scusate colleghi, se la vostra condizione è che noi togliamo di mezzo l'elezione diretta, tanto vale che prendiamo questo disegno di legge e lo cestiniamo. Vi segnalo e vi significo per l'ennesima volta che questo disegno di legge si intitola «Elezione diretta del Presidente del Consiglio». Come fate a pretendere che noi togliamo di mezzo l'elezione diretta? Allora vuol dire che pretendete che rinunciamo a portare avanti questa riforma. E, cioè, ancora una volta siamo nella strana situazione per la quale la minoranza non solo - giustamente - chiede di poter svolgere il suo ruolo di critica e di opposizione, ma addirittura vuole imporre alla maggioranza le sue scelte. La maggioranza deve fare la maggioranza e l'opposizione faccia l'opposizione (Applausi): questa si chiama democrazia.

Se ho ancora un minuto, signor Presidente, vorrei cogliere l'occasione per rispondere alla senatrice Unterberger. Vorrei dire che le minoranze linguistiche sono talmente poco rispettate da questa maggioranza e da questo Governo che abbiamo accolto un emendamento del senatore Durnwalder per garantire in Costituzione la rappresentanza democratica delle minoranze in Parlamento. (Applausi). Pensi un po' quanto poco rispettiamo le minoranze, senatrice Unterberger.

Vorrei dire anche al senatore Boccia che sono d'accordo che i senatori devono essere rispettati. Sono d'accordo che devono essere rispettati i senatori a vita e non mi pare di aver mai mancato di riguardo ai senatori a vita. Senatore Boccia, non pensa però che, se devono essere rispettati i senatori a vita, devono essere rispettati anche i senatori eletti? O quelli eletti non devono essere rispettati? (Applausi. Commenti). Allora perché in quest'Aula devo sentirmi dire dalla senatrice Maiorino che sono asservito? Non sono asservito a nessuno. Nella mia vita non sono mai stato asservito a nessuno, ma sono sempre stato un uomo libero (Applausi) e ho sempre pagato a duro prezzo la mia scelta di stare a destra, quando voi volevate negarmi anche il diritto di esistere, oltre che politicamente, persino fisicamente. Sono un uomo libero, cara senatrice Maiorino. Perché mi devo sentire dire che sono uno sciocco? Perché mi devo sentir dire dalla senatrice Unterberger che sono disgustoso? Perché mi devo sentir dire dal senatore Giorgis che il nostro è un patto perverso? Perché mi devo sentir dire dal senatore Parrini che il nostro è un imbroglio, una menzogna?

Questo è il livello a cui, cari colleghi, siete scesi in questo confronto e questa è la ragione per cui esprimo convintamente il voto contrario a tutti gli emendamenti all'articolo 2. (Applausi).

PRESIDENTE. Senatore Balboni, devo interpretare che il suo era parere contrario. Solo per capire meglio perché ha detto voto.

Senatore De Carlo, lei è sempre di grandissimo aiuto a questa Presidenza.

ALBERTI CASELLATI, ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PATUANELLI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATUANELLI (M5S). Signora Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Ho ascoltato con attenzione le parole del relatore Balboni in una fase in cui doveva esprimere il parere del relatore sugli emendamenti e ha fatto invece un intervento, del tutto politico, di replica a quanto era stato già deciso e discusso da quest'Aula con gli emendamenti precedenti.

Chiedo quindi di riaprire la discussione generale, di convocare una Conferenza dei Capigruppo per gestire una nuova ripartenza della discussione generale. (Applausi).

PRESIDENTE. Naturalmente, il relatore, senatore Balboni... (Commenti). Senatore De Carlo, confidi che questa Presidenza ce la può fare da sola.

Dicevo, il relatore Balboni, ovviamente nel motivare il suo parere contrario, può scegliere gli argomenti che possono essere valutati dall'opposizione come congrui o non congrui. (Commenti). Naturalmente l'opposizione ha tutto il diritto di esprimere le sue valutazioni, senatore Boccia.

BOCCIA (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOCCIA (PD-IDP). Intervengo sempre sull'ordine dei lavori, signora Presidente.

Il relatore, presidente Balboni, ha fatto un comizio, non ha espresso i pareri. Siamo tutti abituati in quest'Aula ad ascoltare le valutazioni dei relatori. In questo caso il presidente Balboni ha dimenticato che ci stiamo occupando della Costituzione. (Commenti). Lei l'ha dimenticato, presidente Balboni; io l'ho ascoltata. Ora, se mi fa la cortesia di ascoltarmi, le dico che ha dimenticato che stiamo parlando della Costituzione, perché tratta la Costituzione come se fosse un disegno di legge qualsiasi ed è la Carta costituzionale (Applausi).

Capisco, signora Presidente, che la Carta fondamentale, scritta da tutte e tutti coloro che avevano partecipato alla liberazione della Repubblica dal nazifascismo, non è stata scritta da una minoranza in quel momento storico. Ma non vorrei che chi si ispira quella minoranza, siccome non la sente propria, tratti la Costituzione come se fosse un disegno di legge settantotto anni dopo (Applausi), perché non è così.

Al presidente Balboni, signora Presidente, ricordo per l'ennesima volta che nessuno ha messo in contrapposizione i senatori e le senatrici elette con i senatori e le senatrici a vita. Rifaccio ancora una preghiera al senatore Balboni e alla Ministra, che sono sicuro che accoglierà: aver denigrato i senatori a vita, così com'è stato fatto sin qui, non fa onore a nessuno, nemmeno ai tentativi - noi li contrastiamo - della maggioranza di modificare la Costituzione. (Brusio). Potete intervenire.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. Fate concludere il senatore Boccia.

BOCCIA (PD-IDP). Signor Presidente, noi riteniamo che il presidente Balboni - così come ha già detto il presidente Patuanelli - abbia riaperto il dibattito.

Le chiediamo la convocazione della Conferenza dei Capigruppo dei Capigruppo anche perché - come la Presidenza sa bene - siamo in presenza del vecchio calendario che ha già subito una serie di modifiche annunciate sia dal presidente La Russa che dai Presidenti dei Gruppi di maggioranza. E vorremmo capire, signora Presidente, quali sono le intenzioni reali della maggioranza. Con le priorità che ha il Paese, che sono sotto gli occhi di tutti noi, teniamo il Senato qui bloccato a parlare di questioni che sono oggettivamente folli e fuori contesto.

In ogni caso, signora Presidente, le chiedo di riferire al presidente La Russa che il Gruppo Partito Democratico chiede l'immediata convocazione della Conferenza dei Presidenti. (Applausi).

PRESIDENTE. Presidente Boccia, lo stavamo già facendo.

ZAFFINI (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZAFFINI (FdI). Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, per significare la grande buona volontà di tutta la maggioranza di affrontare questi tre giorni con grande disponibilità. Ringrazio peraltro il collega Balboni per aver risposto alle ripetute sollecitazioni a entrare nel merito, a rispondere e a interloquire. Ora, però, arriviamo al paradosso della bollinatura degli interventi della maggioranza da parte dell'opposizione. (Applausi).

Credo che la buona volontà abbia dei limiti e che anche rispetto a questo bisogna che ci fermiamo un attimo a riflettere. Collega Boccia, la riforma che noi stiamo portando avanti, accettando il dibattito nei tempi e entro le norme previste dal Regolamento, è stata oggetto del programma di Fratelli d'Italia e del dibattito in campagna elettorale e ha subito delle modifiche nel corso della discussione, per renderla il più possibile condivisibile a livello parlamentare. Non è stata una riforma che si è voluta calare dall'alto mettendoci il proprio corpo, il proprio destino politico e le proprie promesse, poi ampiamente non mantenute, peraltro, perché qualcuno doveva smettere di far politica se avesse perso quel famoso referendum, e poi abbiamo visto che non è accaduto. Accade invece che si arriva in Aula, si dà il proprio contributo al sipario o al palcoscenico che dir si voglia e poi si fugge via senza ascoltare le repliche e senza partecipare al dibattito. (Applausi).

Tornando all'argomento, Presidente, credo ci sia sempre un limite dettato dal buonsenso e dalla capacità di interlocuzione. Anche il dibattito che sto qui ad ascoltare con la maggiore attenzione possibile fornisce non argomenti nuovi, ma sempre i medesimi argomenti, quasi che ci fosse stata una sorta di staffetta rispetto a quella mezza paginetta delle cose da dire, che poi sono circolate. Ringrazio il collega Balboni perché ha dato un contributo al dibattito in modo serio, proprio in considerazione dell'importanza di quello che sta accadendo nell'Aula del Senato in questi due giorni. Ritengo che la richiesta dell'opposizione non sia per nulla sostanziata da alcun dato di fatto e, quindi, invito a procedere nei tempi e nei modi previsti, chiedendo venia rispetto al fatto che non ci facciamo bollinare gli interventi dalla minoranza. (Applausi).

MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, vedo che si fa un po' di fatica a vedermi, eppure sono robusto.

PRESIDENTE. Avevo già addirittura appuntato il suo nome.

MAGNI (Misto-AVS). La ringrazio.

Vorrei sottolineare, a proposito della polemica sugli emendamenti, che abbiamo dichiarato all'inizio che abbiamo presentato 1.000 emendamenti, di cui una larga parte era di carattere ostruzionistico, e quindi non tutte le volte dobbiamo ripeterlo.

Non è mia intenzione censurare nessuno, e quindi è giusto che ognuno risponda come ritiene più opportuno. Però, oggettivamente, non si risponde nel merito, e questo è il dato fondamentale. In sostanza, si fanno le pulci sul fatto che Tizio ha detto qualcosa a Caio o a Sempronio. Ma il dato vero è che di fatto state modificando una Costituzione che - come diceva il senatore Boccia - è nata dal consenso e ha avuto l'unanimità di persone che la pensavano diversamente e che hanno trovato una sintesi, perché la Costituzione è uno strumento che stabilisce delle regole che tutti siamo chiamati a rispettare.

Invece ci si vuole imporre a colpi di maggioranza e non mi riferisco al fatto di cambiare il titolo - signora Presidente, tramite lei lo dico al presidente Balboni - perché so benissimo che si parla di premierato. Tuttavia, avendo partecipato anche ai lavori in Commissione qualche volta, il dato è la disponibilità al confronto, a cercare di cogliere quello che gli altri dicono. Questo non è mai avvenuto, non è mai stato preso in considerazione. Non mi si dica che è democratico stabilire che il Presidente della Repubblica si elegge a maggioranza dalla sesta votazione anziché dopo la terza, quando non sappiamo con quale legge elettorale si voterà, perché si fa riferimento alla Germania, ma in quel Paese vige un sistema elettorale proporzionale secco, che non c'è in questo Paese neanche adesso.

Io insisto nel dire - come ho fatto dall'inizio della discussione - che il problema è che non viene svuotato e indebolito solo il Presidente della Repubblica, ma viene ad esserlo anche l'Assemblea elettiva per il modo in cui viene eletta. Il potere è sostanzialmente in mano a una sola persona che ha un effetto di trascinamento. Questo è il dato che viene contestato e su cui bisogna misurarsi. Prima di tutto bisogna dire ai cittadini che si vuol fare questa cosa e noi non siamo affatto d'accordo.

In conclusione, concordo con la richiesta, avanzata prima dal presidente Patuanelli e sostenuta anche dal presidente Boccia, di convocare una Conferenza dei Capigruppo, per un motivo che credo valga per tutti. Il senatore Zaffini diceva che non ci si ascolta e che quindi questa è una litania. È ovvio. La vostra risposta è che praticamente non tenete conto neanche delle virgole, e chiaramente noi giocheremo fino in fondo questa partita; la giocheremo nel Paese, perché sappiamo tutti che andremo a finire nel confronto referendario, che non sarà facile per nessuno, neanche per voi. Qualcuno è già scivolato su questo terreno, e può darsi che capiterà anche a voi, anzi io mi auguro che scivolerete su questo terreno.

Il problema è che c'è una disponibilità al confronto, anche duro, ma in questo caso non ci potete recriminare che presentiamo degli emendamenti o facciamo interventi ripetitivi, perché anche questa è un'offesa. Io non dico al senatore Balboni che non ha risposto o ha parlato d'altro. Il problema è che, se mi si dice che noi continuiamo con la stessa litania, non dovete deciderlo voi, perché ci pensa già l'amministratore di condominio a fare questo.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Signora Presidente, io mi associo alla richiesta del collega Boccia di convocare una Conferenza dei Capigruppo perché mi sembra che il dibattito stia degenerando. Secondo il senatore Balboni…(Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, diciamo che i toni sono forti, e calcisticamente c'è la regola del vantaggio.

UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, Cb)). Secondo la logica del senatore Balboni, perché ci è stato accolto un emendamento, io mi dovrei far dire dai Gruppi del suo partito di parlare quando ho imparato bene l'italiano. Mi dispiace, ma temo che il mio accento tedesco mi rimarrà per una vita; non riuscirò a togliermelo. (Applausi).

Pertanto, dovrete accettare che parlo l'italiano come lo parlo. Mi aspettavo delle scuse e non un altro attacco, sinceramente. (Applausi).

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (IV-C-RE). Per associarmi alle richieste dei colleghi.

PRESIDENTE. Allora, è stata interpellata la Presidenza, che mi incarica di riferire all'Assemblea che non ritiene che ci siano gli elementi soggettivi e oggettivi per richiedere la convocazione della Conferenza dei Capigruppo, perché eravamo in sede di espressione dei pareri.

Ora procederei oltre e quindi possiamo esaminare gli emendamenti all'articolo 2.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1000, identico all'emendamento 2.1001.

BOCCIA (PD-IDP). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 2.1000, presentato dal senatore De Cristofaro e da altri senatori, identico all'emendamento 2.1001, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1002.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signora Presidente, ero già intervenuto in precedenza, sottolineando l'importanza, tra le altre cose, di rafforzare il collegio elettorale per l'elezione del Presidente della Repubblica. Ora questo emendamento - chiedo un momento di attenzione al relatore, senatore Balboni, se è possibile - l'ho presentato anche a nome di una serie di associazioni di costituzionalisti e di studiosi (si chiamano ioCambio, Libertà Eguale, Fondazione Magna Carta, Riformismo e libertà). È un emendamento che appunto prevede la possibilità di allargare a un numero di delegati delle autonomie locali e agli europarlamentari il collegio di elezione del Presidente della Repubblica.

Io e le associazioni di studiosi che hanno presentato questo emendamento siamo tutti persone - come abbiamo già detto - non ideologicamente contrari a questa riforma, ma pensiamo che ci siano degli elementi sui quali bisogna operare chirurgicamente. Io, signora Presidente, ritengo che la cosa più utile sia ritirare questo emendamento, in modo tale che possa proseguire la riflessione sulla questione. Senatore Balboni, lo dico a lei per il tramite della Presidente. Preferisco non sottoporre questo emendamento al voto. È un emendamento che, tra l'altro, si richiama anche a quanto proposto dal testo Salvi, che addirittura richiedeva di aumentare il collegio tra rappresentanti delle autonomie e rappresentanti regionali, parificandolo al numero dei parlamentari; quindi c'era un aumento notevole dei partecipanti all'elezione del Presidente Repubblica.

Lo ritiro, perché questo vuole essere un invito da parte non soltanto mia, ma anche degli studiosi e delle associazioni che hanno su esso lavorato, affinché la riflessione possa continuare e l'emendamento possa essere preso in considerazione per la lettura del testo alla Camera.

CATALDI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, l'emendamento 2.1002 è stato appena ritirato, ma c'è il successivo, 2.1004, del MoVimento 5 Stelle, su cui vorrei intervenire in dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Senatore Cataldi, l'emendamento successivo non è del MoVimento 5 Stelle, bensì è l'emendamento 2.1003, a prima firma del senatore Alfieri.

Le ricordo che gli emendamenti 2.1000 e 2.1001 sono stati posti ai voti in una unica votazione.

Metto ai voti l'emendamento 2.1003, presentato dal senatore Alfieri e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1004.

CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, tutto il Movimento insiste sugli emendamenti soppressivi. Appoggiamo tutti gli emendamenti soppressivi a questa riforma, perché non si tiene in piedi. Prima il presidente Balboni diceva che in Commissione c'è stato un clima di scontro, semplicemente per il fatto che si sta portando avanti l'elezione diretta.

Presidente Balboni, mi perdoni, ma non è questo il motivo dello scontro. Se voi aveste fatto solo l'elezione diretta del Premier, come avete detto pubblicamente, attraverso i vostri slogan, magari su questo ci saremmo potuti confrontare. Il problema è che questa riforma non è solo l'elezione diretta del Premier: questa riforma si presenta sotto la veste dell'elezione diretta del Premier, ma nasconde invece delle profonde modifiche all'impianto della nostra Costituzione.

Questa riforma va cancellata. Colleghi, questa è una riforma antidemocratica, perché sposta il dialogo democratico, che deve avvenire nell'Aula del Parlamento, all'interno di un Governo dove non c'è un dialogo democratico, ma c'è un dialogo monocorde, oltretutto di una maggioranza fittizia, perché avete inserito in Costituzione una distorsione democratica, che è quella del premio di maggioranza.

Quindi, state scrivendo in Costituzione che governerà una minoranza rappresentata dai partiti che hanno preso più voti, non rappresentanti della maggioranza dei cittadini. Questa riforma va cancellata, perché rompe gli equilibri costituzionali, rompe quegli equilibri che volevano garantire la libertà dei cittadini e un sistema democratico, evitando la concentrazione dei poteri.

Invece, voi che fate? Date pieni poteri a una persona sola. Date un potere di ricatto del Parlamento a una sola persona. State compromettendo lo Stato di diritto e io continuo a non sentire parole su questo argomento da parte del Governo. State compromettendo lo Stato di diritto, a patto che voi siate davvero interessati allo Stato di diritto. Comincia a venirmi questo dubbio, infatti, se non prendete la parola su tale punto.

Allora, se questa riforma non la bocciate voi, se non la boccerà questa maggioranza, saranno quegli italiani che ancora oggi sono innamorati della democrazia a bocciarla e a relegarla nel nulla. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1004, presentato dalla senatrice Maiorino e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1005.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LOMBARDO (Misto-Az-RE). Signor Presidente, in realtà, nell'intervento precedente su questo emendamento ho illustrato già la ratio del perché esso chiede un'elezione con un quorum più ampio: proprio per evitare che possano essere considerati di parte il Presidente della Repubblica.

Però, dopo aver sentito la replica del presidente Balboni, sono rimasto male rispetto al fatto che, tra le tante argomentazioni, egli non abbia ripreso proprio questa.

Avevo detto una cosa che speravo che il presidente Balboni potesse smentire, e che ripeto, Presidente, così le do l'opportunità di poterla riprendere nel prossimo intervento. Avevo detto che c'era quasi un retropensiero che emergeva dalla maggioranza in merito al fatto di non sentire i senatori a vita eletti dal Presidente della Repubblica come vostri. Se lo ricorda, Presidente, l'accenno? (Commenti). Senatore Zaffini, ho detto retropensiero. Sì, confermo. Ascolto perfettamente tutto quello che si può dire in quest'Aula, per il tramite della Presidenza, ovviamente. Quindi sto sentendo ciò che il senatore Zaffini sta dicendo e posso interloquire, se vuole, con il suo tramite, Presidente. Quel retropensiero potrebbe investire anche il ruolo del Presidente della Repubblica, come se eleggerlo significasse sentirlo proprio, anziché come una figura di garanzia degli equilibri costituzionali. Mi sarei augurato un intervento del presidente Balboni per dire no, è sbagliato, senatore Lombardo, non è di chi lo elegge, è di tutti. Invece, proprio qui non l'ho sentito ed è un peccato non averlo sentito, perché io invece ho detto nel mio intervento che, laddove la maggioranza dovesse eleggere un Presidente della Repubblica, io non lo sentirei come di altri, ma lo sentirei come mio, perché lo sentirei come quello di tutti.

Ecco il senso dell'importanza di questo emendamento; ecco perché non toccare la modifica del quorum nella terza e nella sesta chiama. Non è un problema di quando lo eleggiamo: è un problema di eleggerlo in un modo che possa essere il più condiviso possibile. (Applausi).

È questo il tema. È tutt'altro che un tema di numeri: è un tema politico e valoriale. Su questo, Presidente, per il suo tramite, spero che il Governo si possa esprimere. Io ascolterò quale sarà il parere che il Governo e il relatore vorranno esprimere su tale emendamento.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.1005, presentato dal senatore Calenda e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.1006, presentato dal senatore Parrini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.1007, presentato dal senatore Delrio e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.1008, presentato dal senatore Giorgis e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.1009, presentato dal senatore Cataldi e da altri senatori, fino alle parole «con la seguente:».

Non è approvata.

Risultano pertanto preclusi la restante parte e l'emendamento 2.1010.

Metto ai voti l'emendamento 2.1011, presentato dalla senatrice Valente e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.1012, presentato dal senatore Meloni e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1013, sostanzialmente identico all'emendamento 2.1014.

GIORGIS (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Presidente, forse sono stato distratto o siamo stati distratti tutti, ma non ho capito per quale motivo innalzare il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica, quindi scongiurare il rischio che dall'elezione del Presidente del Consiglio derivi la possibilità che la maggioranza collegata al Presidente del Consiglio elegga il Presidente della Repubblica, sia da respingere. Devo dire la verità, non ho capito. Ho capito una cosa: nel programma di Governo del centrodestra avevate promesso l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Nel programma che avete depositato c'era la proposta presidenzialistica, non la proposta che avete definito premierato, ma che non si capisce poi bene che cosa sia, visto che il nuovo premierato in realtà è una formula che dovrebbe descrivere una ben altra forma di governo. Comunque avevate proposto l'elezione diretta del Presidente della Repubblica: voi siete per la Repubblica presidenziale e questo l'ho capito.

Non ho capito invece una cosa, dopo ore e ore di dibattito, e non avete argomenti per spiegarne le ragioni, una volta scelto di non percorrere la strada del presidenzialismo e una volta detto - l'avete detto e ripetuto - che a vostro giudizio il Presidente della Repubblica, che oggi è così configurato dalla nostra Costituzione, non subirà nessuna limitazione di potere (l'avete detto, l'ha detto il relatore e l'ha detto la Ministra). Se nel corso della legislatura vi siete convinti che il Presidente della Repubblica, così come lo conosciamo oggi, debba preservare intatte le proprie prerogative, per quale motivo non dovremmo metterlo al riparo dal rischio che la maggioranza di turno lo determini? Perché? Su questo, relatore Balboni, non avete speso parole. Mi dispiace che poi lei si appassioni e si accalori spiegando che ha più volte ripetuto che voi siete per l'elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio: questo - lo ripeto - è chiaro. In uno sforzo di argomentazione, dovete però rispondere perché... (Commenti). Abbiamo ottenuto la Conferenza dei Capigruppo? Si spaventa per la Capigruppo? (Commenti). Quindi la maggioranza non replica perché teme la Capigruppo? Non so, questo sì che è un alto livello di confronto costituzionale.

Io insisto e in questo insistere c'è un rispetto per quest'Assemblea, perché insistere significa rispetto per la funzione che siamo chiamati a svolgere, perché fino a quando non sentirò una ragione per non garantire al Presidente della Repubblica la sua autonomia dal potere politico che la maggioranza esprime, io insisterò. Insisterò - lo ripeto - perché alla fine credo che noi qui adempiamo fino in fondo al nostro dovere se pensiamo che sia possibile convincerci e che sia possibile mettere in chiaro delle contraddizioni. Quella che voi in qualche misura continuate a mettere sotto il tappeto è una grandissima contraddizione. Se volete garantire il ruolo e la funzione del Presidente della Repubblica, come oggi è disciplinato, allora non potete non farvi carico del problema di come preservarne l'autonomia e la terzietà. L'ossessione contro il compromesso e contro la mediazione non spingetela fino al punto di mettere in discussione figure preziose di equilibrio e di terzietà. Io la capisco, ma non la condivido, e la avverto la vostra ostilità per la fatica della mediazione, per il pluralismo e per la democrazia fatta di argomentazioni e di sintesi. C'è però un limite oltre il quale la democrazia come principio di maggioranza, se non è arrestata o contenuta, rischia alla fine di compromettere l'intera impalcatura democratica. (Applausi).

Non c'è modo, Presidente, lo capisco: di fronte a questo tema del limite del compromesso e del modo in cui stabilire che cosa la maggioranza non può fare, quest'Assemblea è davvero sorda. Questa, guardate, è una grande responsabilità che vi assumete.

ROMEO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 21)

ROMEO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, vorrei semplicemente chiedere dieci minuti di sospensione per valutare insieme ai Capigruppo l'andamento della seduta.

PRESIDENTE. Se gli altri Capigruppo concordano, sospendiamo per dieci minuti.

La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 21, è ripresa alle ore 21,17).

Metto ai voti l'emendamento 2.1013, presentato dal senatore Giorgis e da altri senatori, sostanzialmente identico all'emendamento 2.1014, presentato dal senatore Boccia e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.

LISEI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LISEI (FdI). Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire anche prima, perché l'opposizione lamenta che non interveniamo e non spieghiamo. Quando il relatore interviene e spiega, nella migliore delle ipotesi non lo ascoltano; nella peggiore, non gli consentono di parlare e lo interrompono, quindi ogni tanto mi domando anche quale sia tutto questo rispetto nei confronti della maggioranza.

Vorrei dire a chi è intervenuto precedentemente (il collega Giorgis era presente durante i lavori della Commissione) che, a tutte le tematiche che sono state sollevate, sono state date le risposte e le motivazioni per le quali la maggioranza ha fatto certe scelte, sia in quella sede che in questa.

Lo dico soprattutto in riferimento alla proposta di alzare il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica, perché forse qualcuno fa finta di non ascoltare, o forse chi è sorda è la minoranza, o forse fa comodo continuare a ripetere fino all'ossessione che non vengono date risposte, quando invece vengono date. Fa comodo ignorare che questo problema è stato affrontato non soltanto in sede di 1a Commissione, ma anche in Assemblea costituente. Alzare il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica pone un problema tecnico. Ne abbiamo parlato diverse volte con i colleghi di Commissione, in particolare con il relatore Balboni, ma anche con il professore presidente Marcello Pera. Un problema tecnico che è stato affrontato in sede di Assemblea costituente è il potere di blocco: perché in Assemblea costituente non si sono fatte determinate scelte sul quorum? Perché una minoranza avrebbe avuto il potere di bloccare l'elezione del Presidente della Repubblica.

Si tratta della stessa fattispecie e della stessa ipotesi che si potrebbero verificare qualora il quorum dovesse essere quello proposto dalle minoranze, il che vorrebbe dire di fatto paralizzare il funzionamento delle nostre istituzioni. Questa è una delle ragioni per le quali i Padri costituenti, che tanto spesso vengono richiamati, hanno scelto un quorum a maggioranza dopo una determinata votazione; ed è anche una delle ragioni per le quali, in sede emendativa, abbiamo accolto una modifica rispetto alla votazione: proprio per andare incontro alla ricerca di una maggiore condivisione.

Ci spieghi l'opposizione o chi propone oggi di alzare il quorum come pensa di risolvere il problema tecnico che i Padri costituenti hanno risolto con un quorum semplice, perché questa è la motivazione principale per la quale, visto che parliamo di ragioni tecniche, non è possibile mettere in Costituzione un quorum di questo tipo.

Torno alle ragioni di partenza: se volete rispettare le posizioni della maggioranza, provate ad ascoltarle e a rispondere nel merito. Provate ad ascoltare il relatore e, visto che siamo in una democrazia, anche ad accettare che qualcuno possa avere un'idea differente dalla vostra, compresa la maggioranza, dato che continuate a parlare, urlare e sbraitare mentre interviene. (Applausi).

VALENTE (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTE (PD-IDP). Signor Presidente, ha ragione il senatore Lisei: in Commissione abbiamo discusso, e non poco, anche di questo emendamento e dell'articolo; lo abbiamo fatto in una logica di consapevolezza.

Rispondo proprio alle osservazioni che provava in qualche modo ad articolare il senatore Lisei: era stato pensato in un certo modo, ma quello su cui stiamo provando, evidentemente con scarso successo, a farvi ragionare, è che, quando si mette mano ad una parte della Costituzione, in particolare a una sua parte che determinava o provava a disegnare un equilibrio che, tutto sommato, in questi anni ci sembra abbia retto, è evidente che le altre parti vanno in qualche modo ricalibrate.

È la logica dei pesi e dei contrappesi; è la logica delle garanzie. Gli equilibri vanno ricostruiti. Voi, invece, provate a intervenire su alcune parti, lasciando, dal vostro punto di vista, immutate altre, che quindi creano un forte e drammatico squilibrio. Sostanzialmente, quindi, c'è una tenuta dell'assetto costituzionale che, con ogni evidenza, non tiene più.

Noi vi stiamo provando a dire che il Presidente della Repubblica è e resta (ed è saggio e bene che resti tale) un organo di garanzia terzo, anche perché voi continuate a dire, nel racconto generale, che i poteri e la figura del Presidente della Repubblica non li toccate, tanto è che non avete voluto, né avete avuto il coraggio di andare fino in fondo con la riforma del presidenzialismo. Avete provato a proporci un altro tipo di riforma che, come abbiamo già detto, è un inedito nel mondo e continuate a sostenere che, invece, il Presidente della Repubblica mantiene inalterati i suoi poteri.

Ebbene, oltre a cambiare le fonti di legittimazione, con ogni evidenza, e quindi l'equilibrio tra Parlamento, Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio, tentate così di cambiare anche la legittimazione del Presidente della Repubblica, che provate ad ascrivere a una maggioranza che definite direttamente nella tornata elettorale, a traino del Presidente del Consiglio, ed ascrivete tutto a chi, in quel momento, determinerà la maggioranza.

È quindi la maggioranza che elegge il Presidente. Noi proviamo a dirvi che, invece, andava costruito un equilibrio e che andava saggiamente ricercata una maggioranza molto più ampia, che garantisse quella figura di terzietà, di imparzialità e di garanzia che avrebbe dovuto continuare ad accompagnare la figura del Presidente della Repubblica.

Come diciamo e continuiamo a ripetere in questi anni, possiamo discutere della crisi del Parlamento, che secondo noi andava risolta rafforzandolo ma una cosa sicuramente ha funzionato bene e ce lo ricordano i cittadini: è la figura del Presidente della Repubblica. Per quella terzietà però continuiamo a sostenere che ci voleva e ci vuole una maggioranza ampia. Perché non avete fiducia nel costruirla?

La maggioranza continua a dire che sarebbe impossibile trovare un equilibrio. Questo requisito è ritenuto un ostacolo: la ricerca di maggioranze più ampie per eleggere il Presidente della Repubblica sarebbe un ostacolo, un impedimento, un vulnus o un blocco.

Al contrario, la ricerca di maggioranze ampie per eleggere il Presidente della Repubblica sarebbe una ricchezza per tutti, proprio per tentare di dare al Presidente della Repubblica quel ruolo, quel peso e quella funzione di terzietà e di garanzia, per di non poter mai ascrivere una figura del genere a una logica di maggioranza.

Con tutti i nostri emendamenti a questo articolo abbiamo provato esattamente a dirvi di ragionare su questo. Non è un impedimento, la democrazia non è qualcosa che viene venduta in maniera spicciola al mercato, ma è una cosa faticosa e crediamo che eleggere il Presidente della Repubblica con maggioranze molto, molto più ampie non sia una questione che garantisce solo l'opposizione; essa garantisce anche la tenuta parlamentare e delle Istituzioni democratiche, come in questi anni una ricerca di maggioranze più qualificate ha dimostrato.

Noi l'abbiamo fatto presentando emendamenti che vi chiedevano sostanzialmente un po' di più di quel 50 per cento. Abbiamo detto addirittura i tre quinti, che sono poco più del 50 per cento. Se voi mettete in una legge elettorale un premio di maggioranza che vi porterà almeno ad avere il 51 per cento, proverete in qualche modo almeno a trovare una convergenza un po' più ampia. Non andare avanti cioè a spada tratta, in maniera decisa e decisionista, ignorando la necessità, ma soprattutto l'utilità per il buon funzionamento del nostro assetto costituzionale di trovare qualche convergenza più ampia, almeno su una figura che - ricordiamolo - proprio in virtù del suo ruolo terzo e di garanzia, ha svolto un ruolo preziosissimo e unico in questi anni, dimostrandosi di essere un pilastro fondamentale, molto spesso in molti passaggi delicati della nostra tenuta istituzionale. (Applausi).

CATALDI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALDI (M5S). Signor Presidente, il voto contrario a questo articolo, come a tutti gli articoli di questa riforma da parte del MoVimento 5 Stelle, è essenzialmente un atto dovuto ai cittadini, perché non vogliamo essere complici di quella che continua a essere una presa in giro degli italiani! (Applausi). State vendendo aliud pro alio. State vendendo una riforma spacciandola per un'elezione diretta del Premier, quando in realtà state scrivendo e avete scritto una riforma antidemocratica. Dovete dirlo agli italiani, abbiate il coraggio di farlo! Non si tratta di eleggere il Premier che conosciamo come figura istituzionale che esiste in Italia da anni. Avete cambiato i poteri di questa figura, gli state consegnando un potere di ricatto nei confronti del Parlamento e gli date il potere di sciogliere le Camere senza che il Presidente della Repubblica possa muovere un ciglio.

Voglio però soffermarmi su una questione, appellandomi anche ai giuristi della maggioranza: se la comunità dei giuristi ha espresso così tante perplessità e così tanta contrarietà verso questa riforma, vi viene almeno il dubbio che anziché la madre di tutte le riforme, sotto il profilo giuridico, sia la madre di tutte le stupidaggini? (Applausi).

E allora la comunità dei giuristi, quella esterna, vi ha già detto di no. Io faccio appello ai giuristi che sono dentro questa maggioranza, perché so che c'è una loro sensibilità verso i valori democratici e lo Stato di diritto. Non posso pensare che siano complici di questa maggioranza che vuole cancellare lo Stato di diritto.

Allora mi appello a voi, ai giuristi di questa maggioranza: cancellate quello che a tutti gli effetti è un obbrobrio del diritto costituzionale! (Applausi).

MAGNI (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, noi esprimiamo un voto convintamente contrario a questo articolo, perché continuiamo a sottolineare che non si capisce per quale ragione l'arbitro della situazione, che doveva essere il Presidente della Repubblica, sia stato preso di mira da questa proposta di riforma costituzionale, in cui si svuota qualsiasi potere. Questo è il dato fondamentale.

Questo dovrebbe valere per chi oggi è maggioranza e per quelli che sono minoranza: le regole, le garanzie e la democrazia servono soprattutto se le minoranze possono agire e sentirsi pienamente coinvolte, avendo il diritto di muoversi e garantirsi. Invece qui c'è l'idea di fondo di poter governare e gestire in modo totalitario tutto, dal Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio e via dicendo, alle Assemblee elettive, per l'effetto di trascinamento.

Quindi è l'impianto, è la filosofia complessiva che oggettivamente è per noi inaccettabile. Siamo di fronte a un fatto: ogni cosa che viene modificata dà il senso di impedire alle minoranze - oggi siamo noi la minoranza, ma domani potremmo essere maggioranza - la libertà di muoversi politicamente: questo è il dato che sottolineiamo. Come diceva qualcuno prima di me, la costruzione della democrazia e della sintesi democratica è una cosa complessa. La mediazione - a mio avviso - è una cosa significativa e a me non ha mai fatto schifo trovare la mediazione, altrimenti non avrei mai fatto il lavoro che ho fatto. Se devo abbattere l'avversario, ovviamente è difficile trovare la mediazione.

Per questa ragione sottolineo che siamo totalmente contrari, perché in tutti i passaggi di questa riforma non solo si introduce la questione del premierato, delegittimando quindi le Assemblee elettive, ma nello stesso tempo si indebolisce la figura di quello che dovrebbe essere l'arbitro che garantisce l'agibilità democratica nel nostro Paese. Quando questo non è avvenuto, ne hanno subito le conseguenze tutti i cittadini e tutte le cittadine, e noi non lo vogliamo più.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCALFAROTTO (IV-C-RE). Signor Presidente, prendo la parola per annunciare il voto favorevole a questo articolo da parte del Gruppo Italia Viva-Il Centro-Renew Europe, e anche per ringraziare il mio Capogruppo, senatore Borghi, che credo abbia tirato fuori una proposta che aiuta a tenere insieme due necessità.

È chiaro che quello che le opposizioni hanno sostenuto in questa fase del dibattito è un tema molto importante, ossia fare in modo che la scelta del Presidente della Repubblica, soprattutto in questo nuovo disegno costituzionale, sia quanto più possibile condivisa; che il Presidente della Repubblica sia, in particolare nel nuovo schema, una figura di garanzia importante, riconosciuta da tutti e riconosciuta dal Paese per la sua autorevolezza; che quindi nella selezione del Presidente della Repubblica ci sia una convergenza massima. Questo articolo lo fa dando alle forze politiche sei scrutini per trovare un accordo. C'è il Paese che ci guarda e avremo sei riunioni delle Camere riunite per trovare un Presidente della Repubblica. Lo sappiamo tutti per esperienza: chi di noi ha avuto il privilegio di eleggere il Presidente della Repubblica sa quanto ci sia anche una pressione da parte dell'opinione pubblica perché il Parlamento faccia il suo dovere. Quando non siamo riusciti a farlo, abbiamo sentito la pressione dell'opinione pubblica. Quindi, giustamente dice l'emendamento, poi approvato in Commissione, del senatore Borghi che ci saranno sei momenti nei quali il Paese guarderà al Parlamento riunito che deve fare una scelta molto alta.

È giusto anche dire che c'è un momento nel quale poi si deve decidere a maggioranza assoluta: è vero che i nostri Costituenti così stabilirono. Poniamo il paradosso di una minoranza che dica: noi abbiamo già scelto il Presidente della Repubblica, ci vediamo al cinquantesimo scrutinio. Fintantoché la maggioranza non voterà quello che abbiamo detto noi, non raggiungerete mai quella maggioranza. Non possiamo pensare che un organo necessario della Repubblica resti bloccato per sempre. È giusto avere un tempo nel quale la Costituzione incoraggia, invita e spinge a un accordo, ma c'è anche un momento nel quale tra maggioranza e minoranza è giusto in democrazia che a scegliere sia la maggioranza.

Detto tutto questo, devo dire anche però che c'è un dato politico e dobbiamo riconoscerlo, colleghi. Capisco il senatore Zaffini - lo dico a lui tramite lei, signora Presidente - che si lamenta perché ci sono parlamentari che arrivano, dicono qualcosa e poi magari non proseguono. Però il dono di fare la differenza non è dato a tutti. C'è chi riesce a dare una zampata, a dare un segno della visione, anche in un breve intervento. Ci sono anche i parlamentari che passano qui decenni senza che nessuno se ne ricordi. Quindi, non è soltanto una questione di passaggio del tempo seduti sullo scranno.

Ebbene, credo che quel dato di fatto che è stato oggi sollevato dal senatore Renzi sia realistico, sia vero, e cioè qui c'è il tema di una riforma che sta perdendo la sua spinta propulsiva - come diceva qualcuno un tempo - e quindi probabilmente è arrivato anche il momento delle grandi scelte. Dobbiamo renderci conto che questo premierato non sta andando avanti, che viene abbandonato anche dalle forze politiche che l'hanno proposto, dalla stessa Presidente del Consiglio che ne ha preso le distanze.

Quindi, se discutiamo dell'elezione del Presidente della Repubblica, forse converrebbe guardarci negli occhi e dirci che forse sarebbe il caso di cominciare a lavorare su una possibile elezione diretta del popolo, come succede in grandi democrazie, come negli Stati Uniti e soprattutto nella vicina e cugina Francia. Ma, visto che siamo ancora in questa fase, per così dire fluida, accontentiamoci per il momento di votare per un articolo che ha senso e migliora il testo per come lo conosciamo oggi. (Applausi).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 2.

È approvato.

BOCCIA (PD-IDP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOCCIA (PD-IDP). Signora Presidente, come da intesa informale tra i Presidenti dei Gruppi, sarebbe il caso di interrompere qui i nostri lavori e riprendere domani mattina dall'articolo 3, seguendo il calendario concordato la settimana scorsa.

Penso sia opportuno ascoltare anche gli altri colleghi, Presidenti dei Gruppi, e ovviamente domani mattina riprenderemo dall'articolo 3 e dall'illustrazione degli emendamenti.

PRESIDENTE. Chiedo agli altri Capigruppo di esprimersi su questa richiesta.

Senatore Romeo?

ROMEO (LSP-PSd'Az). Se il senatore Malan è d'accordo, sono d'accordo anch'io. (Applausi).

MALAN (FdI). Apprezziamo le circostanze.

PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 29 maggio 2024

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 29 maggio, alle ore 10, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 21,40).