Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 004 del 26/10/2022

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente LA RUSSA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 13,11).

Si dia lettura del processo verbale.

IANNONE segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri (ore 13,12)

Approvazione della mozione di fiducia

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri».

Ricordo che nella seduta di ieri il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Meloni, ha consegnato il testo delle dichiarazioni programmatiche già rese alla Camera dei deputati.

Dichiaro aperta la discussione.

Poiché i Gruppi hanno frammentato molto i tempi a loro disposizione, anche con interventi di soli tre minuti, vi prego di attenervi scrupolosamente ai tempi, che dovrò anch'io far rispettare in maniera adeguata.

È iscritto a parlare il senatore Salvitti. Ne ha facoltà.

SALVITTI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, signor presidente Meloni.... Mamma mia, è un'emozione particolare.

PRESIDENTE. Non si preoccupi, senatore Salvitti, sappiamo che è il suo primo intervento. Benvenuto! (Applausi). Le ricordo, però, che il tempo scorre lo stesso.

SALVITTI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, è un'emozione particolare per la nostra storia. Non nascondo, quindi, che è difficile celare l'emozione in un contesto come questo, in un'Aula come questa, considerata la cattedrale laica del nostro Stato, e in un momento storico come questo, denso di difficoltà sociali e di carattere internazionale. L'emozione nasce però anche dal percorso che si è fatto per arrivare fin qui, partendo da cantine umide, da sottoscala di provincia, attraversando luoghi e territori, ovunque, sempre parlando di politica, al di là dei luoghi nei quali ci si trovava e tenendo bene in mente e nel cuore quali fossero i capisaldi delle nostre azioni, sempre.

Facciamo parte di una generazione che ha avuto l'onore di ricevere i rimproveri di Giovannino Battisti e, al contempo, le carezze sulla nuca dello stesso Giovannino. Una generazione alla quale è stato insegnato il valore assoluto delle istituzioni, alla quale è stato inculcato che l'Italia viene prima di tutto, sempre, finanche prima di se stessi, e a cui è stato impresso, come valore fondante, il sostegno dell'altro. Quella generazione che studiava, approfondiva, scriveva, litigava al proprio interno e, quando lasciava la penna su quel piano, la lasciava sporca di colla, perché quello che si pensa va poi diffuso. Quella generazione di sognatori che ha sempre ragionato, discusso e lavorato come se fosse sul ponte di comando, sempre ragionando come se il giorno successivo dovesse mettere in pratica ciò che aveva studiato.

Ora ci siamo su quel ponte di comando. Ora possiamo mettere in pratica e rendere reali i nostri sogni, le nostre soluzioni e le nostre convinzioni, per far ripartire la nostra Nazione. Ora abbiamo l'opportunità e l'enorme responsabilità di mettere i piedi nel fango, chinarci e sporcarci le mani, per far sventolare la nostra bandiera sempre più in alto, libera da ogni cosa. Lo faremo, sempre anteponendo gli interessi della comunità a quelli di parte, con la responsabilità e la volontà di dare risposte ai nostri concittadini. Lo faremo attraverso il sostegno alle imprese, che creano occupazione, attraverso il sostegno ai lavoratori di qualsiasi genere, siano essi dipendenti o dipendenti di loro stessi, come gli artigiani, incidendo sul potere d'acquisto dei loro salari, attraverso il sostegno alla famiglia e alla natalità, e attraverso l'attenzione particolare che si deve riservare alle eccellenze presenti nel nostro Paese, che vanno assolutamente valorizzate. È vero, lo faremo anche attraverso l'uso di vocaboli che possono sembrare desueti, ma che hanno un loro significato profondo: l'utilizzo di quei termini deve creare un solco, nel quale deve viaggiare il nostro Governo.

Signor Presidente del Consiglio, lei ha detto che non ci ispiriamo a nessuno, ma abbiamo l'ambizione di poter essere un esempio per le generazioni future e, con tale responsabilità, ci accingiamo a varare la nave di questo Governo, che condurrà l'Italia verso porti sicuri: la rotta l'ha indicata, lei sarà al timone e noi saremo i marinai che la sosterranno in questa impresa. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Monti. Ne ha facoltà.

MONTI (Misto). Signor Presidente, signora Presidente del Consiglio, mi rallegro con lei per la nitida affermazione che ha saputo conquistarsi, prima nella competizione elettorale, poi nell'articolata - diciamo - cooperazione entro la maggioranza per la formazione del Governo. Questo mio apprezzamento non è di parte. Una leadership forte e riconosciuta del Presidente del Consiglio è essenziale perché venga rispettato l'articolo 95 della Costituzione. Cito: «Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri».

Il presidenzialismo si comincia ad attuarlo dove già la Costituzione lo richiede, in capo al Presidente del Consiglio. I Vice Presidenti del Consiglio, i leader dei partiti della maggioranza hanno dei ruoli fondamentali; di certo possono, anzi, devono contribuire alla formazione della politica generale del Governo, ma solo il Presidente la dirige, ne è responsabile e ne mantiene l'unità di indirizzo.

Nel testo che lei, signora Presidente, ha presentato ieri alla Camera, ho constatato - prima con sorpresa e poi con compiacimento - più valori che riferimenti a politiche specifiche, soprattutto economiche. In realtà di politiche, soprattutto economiche, lei parla moltissimo, ma in modo implicito, perché, se la vostra azione di Governo si imposterà sui valori che vengono indicati, avrete voi stessi molti vincoli, e non i vincoli europei, quelli che lei giustamente dice saranno osservati, ma che ci si sforzerà di cambiare in meglio, ma i vincoli della vostra coscienza, della coerenza e mi sembra che la coerenza sia un valore che lei dinamicamente e icasticamente rappresenti.

Perché dico questo? Due valori che hanno fatto discutere e quasi scandalo, nei quali ammetto di riconoscermi pienamente, sono il merito e la famiglia. Mi sono occupato per qualche decennio di un'istituzione di istruzione ed educazione e non è come lei ha detto ieri in sede di replica affermando: «Si è detto che nell'istruzione il merito sarebbe nemico dell'uguaglianza. Non sono d'accordo, è su questo che cerchiamo di invertire la rotta», ma non sto a citarla troppo salvo ricordare una cosa che lei ha aggiunto: «L'uguaglianza va garantita nel punto di partenza e questo naturalmente lo deve garantire la scuola pubblica». Tuttavia, signor Presidente, lei sa benissimo che nella nostra società l'uguaglianza sta peggiorando continuamente e non si sta conseguendo - e non basta la scuola pubblica per conseguirlo - quel tanto di uguaglianza che vi permetterà di affermare il merito, cosa di cui il nostro Paese ha disperatamente bisogno.

Ahimè, il tema della disuguaglianza - piaccia o no - evoca anche il tema della fiscalità, della progressività, dei condoni, delle tregue fiscali, una coerenza non europea, ma che è nelle vostre menti e che sarà nelle menti di noi parlamentari e di noi osservatori eventualmente. Anche la concorrenza è essenziale per dare spazio al merito. Ho osservato la concorrenza in tutta Europa per un mestiere che ho fatto anni fa: è una curiosa situazione che, mentre in generale nei Paesi europei le sinistre sono piuttosto frenatrici sul fronte della concorrenza e le destre sono più liberali e spingono, da noi le destre sono tutrici di singole corporazioni, tutte meritevoli di attenzione, ma che nell'insieme frenano il merito e la crescita.

Sulla famiglia sarò più breve. Lo scopo è avere più giovani italiani: ma lo facciamo per il bene loro e dell'Italia o per egoismo? Credo che tra i valori della famiglia ci sia anche il ... (Il microfono si disattiva automaticamente). Ho terminato, signor Presidente, i valori comportano molta attenzione.

Non credo sia un comportamento responsabile - e qui associo tutta la classe politica - volere più italiani per il futuro, ma contemporaneamente essere molto disattenti rispetto alle tonnellate di debito pubblico di cui carichiamo le loro gracili spalle, nonché all'ambiente e al cambiamento climatico, che non tuteliamo come i giovani avrebbero il diritto che noi facessimo.

In conclusione, signor Presidente, condivido molte linee programmatiche del suo programma di Governo. Alcune di queste linee sono molto diverse, a volte antitetiche, rispetto a quelle che alcuni di voi professavano in passato, spesso demonizzando chi aveva idee più simili a quelle che voi avete oggi. Io di queste evoluzioni mi rallegro, ma avrò bisogno di venire convinto dai fatti. Per questo oggi sulla fiducia al Governo Meloni mi asterrò e valuterò in seguito i singoli provvedimenti, nella speranza di trovare più convergenze che divergenze. Grazie e auguri. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Musolino. Ne ha facoltà.

MUSOLINO (Aut (SVP-Patt, Cb, SCN)). Signor Presidente, onorevoli senatori, signor Presidente del Consiglio, intervengo a nome del movimento Sud Chiama Nord. Abbiamo ascoltato ieri, Presidente, il suo discorso di insediamento contenente le linee programmatiche e con attenzione abbiamo accolto il suo preciso riferimento ai temi delle autonomie e della questione meridionale, non a caso svolti uno di seguito all'altro, perché una vera attuazione dell'autonomia non può non passare attraverso l'analisi dei problemi del Meridione.

Sulla questione meridionale, Presidente, lei ha articolato cinque macroaree di intervento: il divario infrastrutturale, definito inaccettabile; l'eliminazione delle disparità con il Nord; la necessità di creare e garantire l'occupazione; la sicurezza sociale e il miglioramento della qualità della vita. Tuttavia, Presidente, pur condividendo questa enunciazione, nel suo discorso non sono riuscita a cogliere quell'elemento di concretezza che ci avrebbe consentito anche di comprendere come affrontare la questione meridionale, partendo proprio dall'istituzione del Ministero per le politiche del mare e il sud, le cui deleghe - mi sia consentito osservarlo - sembrano essere state ripartite su altri Dicasteri, che ci auguriamo sappiano trovare il modo per collaborare insieme e soprattutto per superare quelle posizioni che già nel passato spesso hanno contribuito a defraudare il Sud delle sue risorse, dirottandole verso il Nord, verso opere e infrastrutture che venivano considerate più strategiche, condannando il Meridione a un arretramento progressivo e irreversibile.

Presidente, questo Governo non può e non deve perdere l'occasione di affrontare alcuni temi irrisolti che hanno contribuito a causare e alimentare la stagnazione economica del Meridione. Faccio riferimento, in primo luogo, a quella sovrapposizione di competenze e a quella frammentazione tra i vari poteri degli enti territoriali e locali che soprattutto in Sicilia paralizzano la pubblica amministrazione, rendono incerta la durata dei procedimenti amministrativi, scoraggiano l'iniziativa privata ed allontanano il cittadino dalle istituzioni. Su questo tema è necessaria una revisione organica dei poteri e una pubblica amministrazione che valorizzi le autonomie territoriali.

Presidente, c'è poi un tema che ha urgenza di essere affrontato ed è chiaramente la mancata attuazione della continuità territoriale da e con la Sicilia, che costituisce una vera e propria lesione dei diritti costituzionali dei siciliani e penalizza le scelte economiche e le strategie commerciali di scala per tutto il Meridione. La continuità territoriale non può essere affrontata solo con la promessa della realizzazione del Ponte sullo Stretto; ben venga l'opera, ma non basta. Richiediamo un'immediata revisione delle condizioni della concessione sessantennale della rete ferroviaria RFI per quanto riguarda l'Alta velocità nel Sud Italia, che si ferma a Salerno e in Sicilia non è mai arrivata. Parallelamente, Presidente, noi chiediamo un intervento governativo con i vettori aerei per affrancare i siciliani e tutti i meridionali dal giogo delle tariffe aeree maggiorate in occasione delle festività, a causa delle quali i meridionali e i siciliani in particolar modo si trovano spesso costretti a dover scegliere se spendere metà del proprio stipendio per tornare a casa a Natale e festeggiarlo con i propri cari, oppure stare lì dove si sono dovuti trasferire per lavoro e trascorrere un Natale in solitudine per non rinunciare a quei 500, anche 700 euro per tornare in Sicilia. Senza contare che la grande distribuzione delle merci si trova costretta a sopportare costi maggiorati per il trasporto da e verso il Meridione, con inevitabili ricadute che hanno portato alla penalizzazione commerciale del Sud Italia e della Sicilia, escludendoli dalle grandi reti ferroviarie internazionali e dalle rotte navali che ormai scelgono di bypassare sempre più spesso la Sicilia.

Non da ultimo, ma di fondamentale importanza - e la ringrazio per il suo preciso riferimento - penso alla lotta alla mafia, che non deve costituire più l'alibi per giustificare la mancata realizzazione delle grandi opere al Sud; un alibi rispetto al quale chiedo a questo Governo un impegno concreto per confutarlo, con destinazione di risorse economiche per il Sud Italia e il rafforzamento degli strumenti di prevenzione e repressione di ogni attività illecita.

Presidente Meloni, lei ha detto: non siamo qui per fare le cose facili. Mi permetto di aggiungere che noi siamo qui per fare le cose giuste, e il Meridione attende da tanti, troppi anni che si facciano le cose giuste.

Per questi motivi, signor Presidente, il voto di oggi di Sud Chiama Nord è un voto di astensione, perché vogliamo conoscere le azioni concrete che il Governo intenderà adottare per risolvere la questione meridionale e sulle quali ci troverà in una posizione di leale collaborazione, senza pregiudizi politici di parte né velleitari campanilismi. Ma al contempo, non possiamo accontentarci della teoria che guarda ai problemi del Sud, quindi rivendichiamo da subito misure rapide, concrete ed efficaci. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Gelmini. Ne ha facoltà.

GELMINI (Az-IV-RE). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, colleghi, abbiamo ascoltato con grande attenzione l'intervento del presidente Meloni, lungo e articolato, e la sua replica. Vogliamo sgombrare subito il campo, come Azione e Italia Viva, da una preoccupazione che ella ha espresso rispetto alla possibilità di trovarsi di fronte un'opposizione ideologica, dettata dal pregiudizio. Voglio dire da subito che non sarà questa l'opposizione del terzo polo: noi vogliamo essere e interpretare il ruolo di opposizione in modo costruttivo, saldo e fermo, ma la nostra sarà un'opposizione repubblicana. C'è chi preferisce i litigi sui nomi, sugli articoli e sul genere degli articoli, ma non è il nostro caso (Applausi). Noi preferiamo l'opposizione sui fatti e oggi è un fatto non solo che lei sia donna, ma che soprattutto che sia la prima donna a ricoprire quel ruolo dopo che, per sessantasette volte, su quello scranno si sono avvicendati degli uomini. Sarebbe sciocco non riconoscerlo e a noi non solo fa piacere riconoscerlo, ma le facciamo i migliori auguri di buon lavoro (Applausi) e le congratulazioni per questo risultato che è indubbiamente storico.

Con la stessa franchezza però le diciamo che non faremo sconti. La nostra sarà un'opposizione nel merito, sui provvedimenti, sui contenuti, sulla tenuta dei conti, sulle riforme; e sarà anche un'opposizione diversa da quella che lei ha interpretato rispetto al Governo Draghi come leader di Fratelli d'Italia. (Applausi).

Sarebbe anche abbastanza facile ricordare alcune sue affermazioni, ad esempio quando imputò a quel Governo di non avere abbastanza donne e soprattutto di avere un'età media troppo elevata. Le do una notizia: il suo Governo, ancorché abbia un elemento di pregio, una Presidente del Consiglio donna, ha meno donne del Governo Draghi e soprattutto l'età media è la più alta di tutti i Governi della Seconda Repubblica.

Tuttavia, poiché faccio mie le parole di Liliana Segre che ci ha invitato a metterci gli uni nei panni degli altri, sottolineo che quello che ci preoccupa di più non è quanto ha detto da leader dell'opposizione. L'intervento che lei ha fatto purtroppo non dirada la nebbia su alcuni nodi cruciali. Parto dalla questione più importante, ossia la collocazione internazionale.

Bene il richiamo all'atlantismo e la nettezza nell'individuare nella Federazione Russa la responsabile di un attacco scellerato all'Ucraina. Sicuramente questa è la posizione di Azione e di Italia Viva, ma a noi piacerebbe che fosse la posizione di tutte le opposizioni, perché solo nel nostro Paese si rischia di cambiare la collocazione internazionale al cambiare di un Governo. Noi pensiamo che quello debba essere un elemento distintivo del Paese, indipendentemente dai Governi (Applausi). Ma non è così. Ci auguriamo, però, viste le affermazioni dei suoi alleati, che lei, da Presidente del Consiglio, riesca a mantenere questa posizione all'interno della sua maggioranza e che, all'interno del Governo, sia netto il sì alle sanzioni economiche alla Russia. Ci auguriamo, inoltre, laddove, nella peggiore delle ipotesi, la guerra dovesse continuare anche dopo dicembre, che non si abbiano esitazioni ad inviare armi alla resistenza ucraina. (Applausi). Questo, infatti, è un banco di prova al quale è chiamato il suo Governo e, come ha sottolineato il Presidente del Gruppo Azione-Italia Viva alla Camera, questo è un prerequisito del dialogo, come lo è anche l'europeismo. Su questo noi le diamo atto di un vistoso cambio di tono.

Bene l'incontro con Macron: speriamo che dia frutti, ma non possiamo dimenticare il suo legame con Orban, le dichiarazioni rispetto a Vox e anche la vicinanza ai partiti estremisti nell'Unione europea. È vero che non ci devono essere, dentro l'Unione europea, soci di serie A e di serie B, ma le ricordo che l'Italia è un Paese fondatore dell'Europa, ne è la seconda manifattura, ed ha degli interessi precisi per quanto riguarda le esportazioni. Allora, noi pensiamo sia molto più utile, per difendere l'interesse nazionale, dialogare e, se serve, discutere e confrontarsi, anche animatamente, con i Paesi fondatori, piuttosto che allinearsi all'asse di Visegrád. Credo sarebbe un errore madornale e ci auguriamo che lei questo errore non lo commetta.

Vengo alla tenuta dei conti. Lei ha assicurato che rispetterà le regole europee di finanza pubblica e che offrirà un contributo per cambiare quelle che non funzionano. La prendiamo in parola, ma lo dica anche ai suoi alleati, perché durante la campagna elettorale abbiamo sentito parlare ripetutamente di scostamenti di bilancio, ad ogni piè sospinto. A forza di scostamenti, il rischio è di scassare i conti dello Stato, indipendentemente dai trattati europei. Quindi oggi lei, all'interno del Governo, dovrà dimostrare nei fatti di avere a cuore la tenuta dei conti di questo Paese.

Il punto sul quale ha meno convinto è il tema dell'energia. L'energia è stato il tema più trattato durante la campagna elettorale. Noi, francamente, non abbiamo capito la novità. Non abbiamo capito quale sarà il provvedimento innovativo strutturale che distinguerà il Governo Meloni rispetto al Governo precedente: a partire dal fatto che lei ha scelto l'ex ministro Cingolani come persona che può continuare quel tipo di lavoro. Ebbene, visto che lei ha fatto capire di voler prorogare gli aiuti che il Governo precedente aveva già stanziato, noi vorremmo capire in cosa consista la discontinuità. C'è stato un voto anticipato, la campagna elettorale sotto gli ombrelloni, il 25 di settembre si è votato e si è votato all'insegna della discontinuità. Ci lasci dire che, in questo momento, la discontinuità che noi intravediamo è più quella fra i toni, le dichiarazioni, gli impegni della campagna elettorale che quella che lei lascia intendere di voler fare. (Applausi). Non è una vera e propria discontinuità rispetto al Governo Draghi e questa per noi potrebbe essere persino una buona notizia.

Tornando ai fatti, perché i fatti sono importanti e non le opinioni, voglio ricordare che il Governo precedente ha garantito al Paese nel 2021 una crescita del 6,7 per cento del PIL; nel 2022, la crescita dovrebbe attestarsi intorno al 3,3 per cento. Questi sono i parametri e i termini di confronto con cui lei ha a che fare.

Vengo al tema del PNRR. Durante la campagna elettorale abbiamo sentito evocare più volte la riscrittura del PNRR, lo stravolgimento del PNRR. Nell'intervento di ieri alla Camera, lei ha parlato di aggiustamenti necessari per ottimizzare la spesa alla luce dei rincari. Era esattamente quello che il Governo precedente stava facendo. Quello che però è importante è che lei, da leader dell'opposizione, ha deciso di non votare il PNRR, forse perché l'ha inteso come parte dell'agenda Draghi. Per noi quel Piano, che l'Europa mette a disposizione del nostro Paese, è l'agenda Italia, indipendentemente dai Governi; è un insieme di impegni sugli investimenti, sugli adempimenti da svolgere e sulle riforme. Ci auguriamo che il suo Governo sia molto preciso nel mantenere gli impegni e le scadenze e nell'affrontare il capitolo più difficile, che è quello delle riforme.

Vengo alla questione degli annunci della campagna elettorale. Cosa ne è della flat tax? Davvero la flat tax torna a essere la tassa piatta per le partite IVA fino a 100.000 euro di fatturato anziché fino a 65.000? È solo questa la flat tax o c'è altro? E la riforma dell'Irpef è l'evocazione del quoziente familiare o è una vera e propria riforma? Sulle pensioni prendiamo atto, con un po' di sollievo, che avete comprato tempo. Avete promesso di abolire il reddito di cittadinanza: davvero lo abolirete? Vogliamo capire poi cosa succederà sull'autonomia e sulla riforma di Roma Capitale: si riparte dal via con le intese dirette o si procede con la legge quadro? Anche questo è importante.

Noi non abbiamo paura delle parole e non abbiamo paura delle riforme. Andremo a vedere le carte. Quello che ci è parso è che il suo manifesto - concludo, Presidente - sia un manifesto programmatico per i cinque anni. Forse l'Italia non chiedeva un manifesto programmatico, ma delle risposte concrete. Prendiamo atto che queste risposte concrete ancora non ci sono; le valuteremo quando ci saranno, senza pregiudizio, senza spirito di rivalsa, ma con obiettività. Per il momento, molti auguri di buon lavoro a lei, Presidente, al suo Governo e a tutti noi. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Paroli. Ne ha facoltà.

PAROLI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, colleghi, Presidente del Consiglio, innanzitutto un augurio di buon lavoro a lei, a tutti i Ministri e a tutto il suo Governo. Forza Italia ha nel suo DNA la lealtà, la dedizione, il lavoro. Ma Forza Italia ha anche una propria anima e dei valori fondanti; ed è con tutto ciò, con tutto questo che sarà al fianco del Presidente del Consiglio e a fianco del Governo, per dare quelle risposte che i cittadini attendono in verità da tempo.

Non sarà facile, lo sappiamo tutti; credo lo sappia lei, Presidente del Consiglio, lo sanno i suoi Ministri e lo sappiamo noi. Non sarà facile, anche perché la situazione italiana non è isolata e non è un problema solo nostro, ma è internazionale e coinvolge elementi con i quali non abbiamo dimestichezza nel passato recente. Credo anche - permettetemi questo passaggio, colleghi - che sarebbe un errore far diventare un ricordo il lavoro che quasi all'unanimità abbiamo fatto in questa Aula alla fine della scorsa legislatura. Credo che sarebbe sbagliato; credo che si debba pensare innanzitutto al destino e al bene del nostro Paese. Sì, ci saranno temi divisivi, probabilmente anche non pochi, ma credo davvero che il bene del Paese possa stare a cuore a tutti e possa vedere tutti collaborare, in alcune situazioni in particolare, perché i provvedimenti siano davvero i migliori.

Ieri lei, Presidente, ha fatto un intervento di metodo e di idealità, che condividiamo e che io personalmente condivido molto. Esso da subito però deve diventare concretezza. Non possiamo aspettare: deve diventare concretezza nelle sfide che ci attendono, innanzitutto perché sono molte le cose da cambiare. La sfida della lotta alla povertà ormai ha coinvolto anche la classe media; si scrive lotta alla povertà, ma si legge promozione della dignità e tutela della persona, perché è un tutt'uno. Nel nostro Paese credo che non possano avere spazio nessun comportamento e nessun atto amministrativo o legislativo che non vadano in questa direzione di tutela. Su questo, dobbiamo dirlo, il reddito di cittadinanza (credo condividiamo tutto) è servito? Sì, ma certamente non ha funzionato e non è lo strumento giusto, non solo per i costi e per gli investimenti che pretende di mettere in campo, ma per le conseguenze, per ciò che ha fruttificato, per il lavoro che non ha creato, per le risposte che non ha dato.

Oggi abbiamo un altro tema che coinvolge la povertà: mi riferisco all'edilizia economico popolare. Al momento abbiamo un deficit di alloggi di 200.000: tali sono le liste d'attesa nel nostro Paese, e molti degli alloggi esistenti sono obsoleti. A fronte di questo, alcuni Comuni chiedono l'IMU sugli alloggi popolari come fossero seconde case. Ebbene, credo che anche su questo un intervento strutturale sarà necessario.

Per quanto concerne la sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza, non so quale tipo di modifiche e adeguamenti sarà utile apportare; so che il PNRR chiede tempi celeri e certi, e temo che non siamo pronti. Non siamo pronti perché anche l'ultima riforma dei contratti pubblici del codice degli appalti è ancora troppo timida, insufficiente; non c'è sufficiente spazio perché i tempi possano essere anticipati. Lo dico anche al ministro Salvini che si occuperà del tema.

Noi investiamo e spendiamo in infrastrutture, quando siamo bravi (come Paese Italia) 4-5 miliardi l'anno; saremo quindi capaci, come chiesto nel PNRR, di moltiplicare per 4 o per 5 queste cifre? Siamo pronti? Ripeto: temo di no, abbiamo poco tempo, ma possiamo essere pronti anche in poco tempo, se lo si vuole. E allora non abbiamo tempo da perdere; certamente c'è da fare.

Prima è stato evocato il Ponte sullo Stretto, un'opera - nonostante io sia lombardo - che mi è molto cara, per questioni di dignità del nostro Paese. Oggi, nel 2022, ancora arriviamo a Villa San Giovanni, smontiamo i treni, li mettiamo su una nave, arriviamo a Messina, li rimontiamo e li facciamo ripartire. Ciò avviene nel 2022 in Italia, quando a Osaka è stato costruito, sul progetto del nostro collega Renzo Piano, un aeroporto su un'isola artificiale, che più che un'isola è una Nazione, somiglia molto alla Sicilia. Ebbene, è stato costruito un ponte più lungo di quello siciliano, con problematiche anche sismiche credo pari alle nostre, con due campate per il passaggio di treni, auto e pedoni, e noi non siamo ancora in grado oggi di dare questa risposta. Ecco - lo dico al ministro Salvini, a lei, Presidente del Consiglio, e a tutto il Governo - credo che per tutto il Sud far diventare la Sicilia attrattiva costituirà un elemento davvero fondamentale.

Ancora attenzione al nuovo Patto di stabilità perché ci coinvolgerebbe in modo molto negativo. Il nostro debito è quello che è e non si può modificare; dobbiamo intervenire aumentando il Prodotto interno lordo e investire sullo sviluppo. Per questo, bene la flat tax, bene gli interventi strutturali sull'energia e bene la pace fiscale, perché non è possibile che lo Stato, a fronte di un debito, esiga in pochi anni la somma raddoppiata o triplicata a titolo di interessi e sanzioni, condannando il debitore all'insolvenza. Nel privato si chiamerebbe usura.

In conclusione, abbiamo un enorme lavoro da fare e Forza Italia non farà mai mancare il proprio contributo; non farà passi indietro, nel solo interesse dell'Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Patuanelli. Ne ha facoltà.

PATUANELLI (M5S). Signor Presidente, il risultato delle elezioni appena svoltesi consegna al centrodestra, caro Presidente del Consiglio, una maggioranza parlamentare; consegna, però, a questa parte dell'Emiciclo un ruolo altrettanto gravoso e di responsabilità: quello di fare opposizione nell'interesse esclusivo della Nazione, esattamente come voi avete giurato nel momento dell'insediamento. Mi consenta quindi di fare un augurio di buon lavoro a voi. In particolare, anche se non vedo i ministri Urso e Lollobrigida, vorrei dire che quando si porteranno a fianco delle imprese e delle aziende agricole italiane e degli agricoltori italiani, troveranno me e la mia forza politica al loro fianco nel tutelare gli interessi dei tanti sani imprenditori di questo Paese. (Applausi).

Signor Presidente, ho ascoltato e poi riletto il suo intervento alla Camera di ieri; vi ho trovato abile retorica, e non è un insulto, perché la retorica è un'arte, una virtù. Vi ho trovato, però, anche molte parole dette senza dire e ho trovato molte contraddizioni, sia nel testo che rispetto ad alcune posizioni che la sua forza politica, lei e il Centrodestra nel suo complesso avete manifestato nel proporsi al Paese e che le hanno consentito di vincere le elezioni. Ho trovato poi anche delle mancanze e vorrei citarne alcune.

Tra le contraddizioni, quella che ritengo più preoccupante riguarda il concetto di sovranismo e di solidarietà all'interno dell'Europa. La nostra Costituzione afferma che la sovranità appartiene al popolo; il concetto di sovranismo e di populismo sono interni alla Costituzione, non c'è nulla di male nel posizionarsi in quell'area, però non si può contemporaneamente stare con Orban e poi chiedere la solidarietà europea quando si tratta di mettere il price cap all'energia e lamentarsi se quella solidarietà non c'è. Io mi chiedo come riuscirete ad affrontare questa prima contraddizione a livello europeo.

È già stato detto più volte che la forza politica cui appartiene non ha votato il Piano nazionale di ripresa e resilienza, quel grande progetto per il Paese che oggi nelle sue linee programmatiche viene definito come tale. Sarà necessario modificarlo: io ritengo che sia indispensabile adeguare quantomeno la questione dei prezzi e dei costi delle materie prime e dell'energia con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché è evidente che oggi le gare vanno deserte perché i prezzi sono troppo alti; pertanto sarà necessario fare un adeguamento, ma considero molto difficile uno stravolgimento, però anche questa è una contraddizione.

Per quanto riguarda l'opposizione, presidente Meloni, lei ha richiamato l'esigenza di un dialogo costruttivo all'interno delle Aule parlamentari. Ci sarà perché forse non c'è più lei, né la sua forza politica. Lei ha dato del criminale al Presidente del Consiglio che stava gestendo la pandemia, perché questo ha fatto, questo è stato il suo modo di fare opposizione. (Applausi). Lei ha parlato di metadone di Stato rispetto al reddito di cittadinanza, su cui apro una piccola parentesi, perché si è già detto e scritto molto. Cambiategli nome, appropriatevene, perché l'unico problema del reddito di cittadinanza, al di là delle Regioni che non hanno avuto la capacità di investire le risorse che sono a loro disposizione per potenziare i centri per l'impiego, è il fatto che l'ha fatto il MoVimento 5 Stelle. (Applausi). Questo è l'unico problema di quello strumento, perché siamo tutti d'accordo che serve uno strumento di accompagnamento al reddito per chi non può lavorare e per chi perde il lavoro e servono politiche del lavoro che consentano a domanda e offerta di mettersi assieme. Questo è il reddito di cittadinanza: appropriatevene, miglioriamolo assieme, ma finiamola con il criminalizzare la povertà. La povertà non è un crimine e non è una colpa. La colpa è dello Stato quando non sta vicino a chi cade in regime di povertà. (Applausi).

Vi è poi una contraddizione sul fisco, perché non si può dire contemporaneamente che farete una strenua battaglia all'evasione fiscale, cominciando però con un condono fiscale mascherato da pace fiscale. (Applausi). Non si può presentare una norma di legge che alza il tetto all'uso dei contanti, come oggi ha dichiarato il ministro Salvini, e contemporaneamente dire che farete la lotta all'evasione fiscale: le due cose non stanno assieme.

Ci sono temi assenti sulla politica industriale: quale sarà il ruolo dello Stato nella politica industriale di questo Paese, cosa vorrete fare, ad esempio, con il superbonus e con il piano transizione 4.0, elementi che la mia forza politica ha fortemente voluto e potenziato? Vorrete difenderli e potenziarli o vorrete andare in un'altra direzione? Li considerate alla stregua di quei bonus nocivi che non si devono più fare?

Io ritengo che invece siano strumenti utili all'impresa per dare certezze agli imprenditori, per stimolare quella smobilitazione del capitale privato che viene richiamato nelle sue linee programmatiche e che è fondamentale. Infatti, se abbiamo un alto debito pubblico, soltanto stimolando gli investimenti privati e un partenariato pubblico-privato forte potremo superare questa fase congiunturale economica così difficile. Su questo, però, non è stato scritto nulla, come sul tema del lavoro.

Dire che bisogna creare lavoro è giustissimo e sacrosanto, nessuna forza politica può pensare il contrario, ma qual è il lavoro che vogliamo creare? È quello precario da 3 euro all'ora o è quello che, invece, dà a chi lavora la certezza di poter fare un mutuo e crearsi una famiglia e che assicura uno stipendio dignitoso rispetto alla propria attività professionale e lavorativa? Chiedo: siamo tutti consapevoli che non si può più lavorare a 3,50 euro all'ora, vogliamo lavorare con un salario minimo o vogliamo continuare con i lavoratori poveri? (Applausi).

Signor Presidente, credo in conclusione che a seconda di come si scioglieranno queste contraddizioni e a seconda di come verranno inseriti i temi che mancano in queste linee programmatiche, il nostro modo di fare opposizione cambierà; faremo muro e ci scontreremo quando si vorrà cancellare il reddito di cittadinanza o il superbonus o quando non si vorrà dare dignità al lavoro precario e al salario minimo; saremo sempre collaborativi e faremo le nostre proposte quando invece si eserciterà il diritto e il dovere di governare proprio ai sensi di quelle parole che avete citato giurando, cioè nell'interesse esclusivo della Nazione. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bergesio. Ne ha facoltà.

BERGESIO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, è il momento della fiducia a lei e a questo Governo e soprattutto della rinnovata fiducia per il futuro del nostro Paese, la terra che amiamo, dove stiamo crescendo i nostri figli e nella quale speriamo che essi possano rimanere. La terra che deve essere seminata con i valori della libertà, della democrazia e dell'identità, innaffiata nel rispetto del lavoro, del merito e delle diversità, che rendono unica e bella la nostra Italia, curata nel riconoscimento del suo nucleo fondamentale, la famiglia, e della sua struttura produttiva, l'impresa. La nostra terra deve essere valorizzata nel mondo per la sua bellezza, il suo ingegno e le sue eccellenze. Essa deve essere in grado di far crescere tutti; non lasciamo indietro nessuno.

Tutti noi viviamo questo periodo di estrema difficoltà, vittime prima della congiuntura economica, della pandemia a seguire, e poi oggi di questa guerra che alimenta sempre più preoccupazioni ed incertezze per il futuro. Siamo però anche certi che una buona semina porterà sempre ad un buon raccolto. Come sosteneva De Gasperi, infatti, politica vuol dire realizzare. Proprio De Gasperi nel 1948 diceva che la civiltà occidentale va difesa ad ogni costo e noi, Presidente, siamo con lei nella difesa dei valori e dei diritti a prescindere da tutto e da tutti. (Applausi). A tale proposito, simbolica è la scelta della nuova denominazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in Ministero dell'agricoltura e della sovranità alimentare; un concetto importante ed essenziale che si fonda sull'autodeterminazione dei popoli nella scelta delle proprie politiche agricole, in armonia con il tessuto economico, ecologico e sociale, che valorizza la biodiversità e la sostenibilità a garanzia della qualità delle produzioni locali, in risposta a forme di omologazione alimentare che noi non accetteremo mai. (Applausi). Un patrimonio, quello agroalimentare, che supera un quarto del prodotto interno lordo italiano e che non possiamo disperdere. Nei prossimi mesi è necessario lavorare per ottimizzare le risorse contenute nel PNRR e tutelare l'agroalimentare italiano, contrastando il ricorso a forme di etichettatura come il nutri-score, il consumo di cibi sintetici ultra processati nonché accordi internazionali sbagliati che vanno rivisti, che penalizzano fortemente il made in Italy. Noi siamo a favore della promozione della nostra dieta mediterranea sempre. (Applausi).

Occorre inoltre affrontare l'emergenza idrica attraverso un approccio pragmatico e coordinato che permetta una programmazione di opere e interventi capaci di mettere in sicurezza l'approvvigionamento idrico del nostro Paese, tenendo sempre presente che i danni provenienti dalla siccità vanno ristorati nel più breve tempo possibile. Abbiamo passato un 2022 complicatissimo; bisogna implementare le azioni intraprese a sostegno dei nostri agricoltori, dall'ingresso dei giovani e delle donne in agricoltura, attraverso il rifinanziamento di iniziative a favore del ricambio generazionale e dell'ampiamento aziendale, ma anche le garanzie sui mutui e sui prestiti delle imprese agricole e della pesca. Dobbiamo tutelare le filiere principali del primo settore italiano: cereali, zootecnia, ortofrutta, olio e vino. Non è possibile, Presidente, che interi comparti siano costretti a vendere i prodotti della terra, ortofrutta in primis, sotto il costo di produzione. È una vera vergogna nel 2022.

Signor Presidente, membri del Governo, c'è un tema che mi sta molto a cuore, quello delle vittime degli incidenti stradali, 3.000 all'anno nel nostro Paese.

Signor Presidente, la sua partecipazione, insieme ad alcuni Ministri, al funerale del giovane Francesco, appena dopo aver giurato al Quirinale, ha rappresentato un segnale importante che denota una presa di coscienza su una piaga così delicata, che proprio nella mia terra - la Provincia di Cuneo - fa registrare il triste primato di morti in rapporto al numero di abitanti. Alla famiglia di Francesco e a tutte le famiglie delle vittime degli incidenti stradali va la vicinanza dell'intera Assemblea oggi. (Applausi).

Ho avuto l'onore di partecipare a una petizione presentata online dal quotidiano «La Stampa» per sensibilizzare tutti sulla prevenzione e sulla sicurezza stradale, compresi i ragazzi della scuola... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Senatore Bergesio, la invito a concludere.

BERGESIO (LSP-PSd'Az). Prima di concludere vorrei ringraziare il vice ministro Matteo Salvini per averci guidato, come Gruppo, a questa giornata epocale. Grazie di cuore, Matteo. Insieme ai Ministri della Lega sarai la certezza di buon governo, esprimendo al meglio quegli ideali di chi non guarda al potere, ma si dedica quotidianamente al bene dei cittadini e del Paese. Il nostro impegno, da qui in avanti, per il Governo dell'Italia, sarà di lavorare con passione, nell'interesse del Paese. Scriveva Martin Luther King: «Cercate ardentemente di scoprire a cosa siete chiamati e poi mettetevi a farlo appassionatamente».

Per questi motivi, esprimiamo, con responsabilità, sostegno e totale fiducia al Governo, augurando a lei, presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ai Vice Ministri e a tutti i Ministri un proficuo buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Boccia. Ne ha facoltà.

BOCCIA (PD-IDP). Signor Presidente del Consiglio, questo inizio di legislatura (con la fiducia che lei si appresta a ricevere in Senato e che ha ottenuto ieri alla Camera e contro la quale noi voteremo per le ragioni che sentirà da tutti gli esponenti del Gruppo Partito Democratico) apre certamente una nuova stagione politica nel nostro Paese, con la destra al Governo, che segna la successione politica, al suo interno, a Silvio Berlusconi, probabilmente all'insaputa dello stesso.

È plastica la proposta che lei ieri, alla Camera dei deputati, ha fatto al Paese: è la proposta di un Paese che, guidato da destra nell'accezione più profonda richiamata dal senatore Monti nel suo intervento, va in una direzione molto chiara. Poi vedremo, alla fine di questo mio breve intervento, se la rotta sarà o meno quella della Vespucci. Lei ha però alzato l'asticella e ci ha consentito di rispondere, punto per punto, a temi che meritano il massimo approfondimento.

Partiamo dalle politiche economiche. Lei, signor Presidente, eredita un Paese sofferente, ma coeso; un Paese diviso, ma sano. Lei ieri ha parlato molto di crescita (ed è un auspicio) e di imprese (ed è una speranza), mentre non ha parlato quasi mai di lavoro. Ha incentrato il tema del lavoro su un aspetto che per noi è fondamentale e centrale. Non siamo assolutamente contenti del fatto che ci sia il tasso di occupazione tra i migliori della storia (siamo al 60 per cento, senatore Monti), in quanto è dovuto al declino anagrafico della popolazione italiana. Siamo al 7-8 per cento di disoccupazione, che sulla carta può essere una percentuale comprensibile e sostenibile, ma lo siamo dentro una dinamica che necessita di un confronto serio sulla centralità del lavoro.La vostra risposta a tutto questo è stata, oltre al rinvio delle principali proposte di politica economica, la flat tax, che ha definito incrementale. Dovremmo spiegare gli italiani che stiamo parlando della forfettizzazione del concetto di impresa, non solo dei costi, che determinerà con questa passione smodata verso l'aumento del cash, un aumento del nero. Chiunque si occupi di conti pubblici e privati sa che portando a 100.000 euro il forfettario - perché di questo stiamo parlando, ovvero di una tassa piatta surrogata - in realtà stiamo consigliando di lavorare meno e guadagnare di più, stiamo consigliando ad un segmento di dichiarare il meno possibile, di restare sotto i 100.000 euro. Presidente Meloni, le sottolineiamo che tutte le imprese che fatturano fino a 65.000 euro sono imprese che dovevano emergere dal nero e che sono emerse. Se noi portiamo a 100.000 euro il forfettario, tali imprese manterranno una caratteristica: non avranno dipendenti o ne avranno pochi e sarà sempre più conveniente restare sotto i 100.000 euro di fatturato perché si guadagna di più, certamente rispetto ai lavoratori dipendenti che hanno lo stesso reddito, ma con quella impostazione, che di fatto forfettizza i costi, non si crea impresa. È un'idea di Paese che non ci piace, che contesteremo e che contrasteremo, e che si accompagna alle semplificazioni che avete narrato, che vorrei riassumere telegraficamente in tre punti, presidente La Russa.

Il primo è sui giacimenti di gas: Presidente, ci sono 1.298 pozzi produttivi, di cui 750 non eroganti e 514 eroganti; prima di fare altre trivellazioni cerchiamo di capire perché quelli che erogano non erogano abbastanza e come lo fanno.

Il secondo punto riguarda l'autonomia, presidente Meloni. Come ha detto la senatrice Gelmini prima, o si sta di qua o si sta di là, non si può stare con la specialità e con la differenziazione nello stesso tempo. Le Regioni a Statuto speciale sono speciali per ragioni costituzionali, l'autonomia differenziata si farà se prima adeguiamo, presidente La Russa, i livelli essenziali delle prestazioni, il trasporto pubblico locale, l'assistenza, la scuola, la sanità. Non consentiremo che si torni a discutere di regionalizzazione della scuola, idea tanto cara al presidente Fontana.

Il terzo punto riguarda il Covid: facciamola, presidente Meloni, questa Commissione bicamerale d'inchiesta, perché è utile aprire la discussione in maniera seria su cosa è accaduto nel Paese, sui territori e al centro, perché è necessario capire come ha funzionato la prevenzione sanitaria sui territori di molte Regioni. Io ho ancora negli occhi... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Le ho già dato oltre un minuto in più, ma concluda pure, poi commenterò.

BOCCIA (PD-IDP). Sono curioso di sentire il suo commento sul minuto in più.

Quelle notti drammatiche, presidente Meloni, furono caratterizzate dalla consapevolezza che senza lo Stato, senza le Forze armate, senza le Forze dell'ordine, senza gli operatori sanitari che tornavano a lavorare anche se in pensione, che salivano sugli aerei militari e andavano nelle Regioni del Nord collassate, non ce l'avremmo fatta. Ebbene, se stiamo discutendo di quello che non dovremo più fare perché lo abbiamo imparato siamo tutti d'accordo, se l'obiettivo della bicamerale è entrare nel merito di responsabilità politiche e penali, siamo pronti ad un confronto molto serio da Nord a Sud, partendo dalle responsabilità delle Regioni.

Grazie, Presidente, buon lavoro. Noi voteremo contro la fiducia e le auguriamo di cuore di mantenere dritta la barra alla quale lei ieri ha fatto riferimento, quella della responsabilità comune del nostro Paese in Europa. (Applausi).

PRESIDENTE. Avevo promesso che avrei commentato e lo faccio. Il commento non è rivolto a lei, senatore Boccia, ma ai Capigruppo: frammentare troppo i tempi che avete a disposizione - ad esempio offrendo un intervento di soli cinque minuti al senatore Boccia, che avrebbe meritato più tempo, vista l'ottima qualità - non è un buon servizio all'Assemblea. Vi prego dunque di tenere presente che frammentare troppo non aiuta il normale svolgimento dei lavori.

È iscritto a parlare il senatore Iannone. Ne ha facoltà.

IANNONE (FdI). Signor Presidente, per chi come noi ha il privilegio di conoscere il presidente Meloni da anni, la sua relazione non ha certamente stupito per completezza. Soprattutto, raccogliere l'opinione di tante persone, che hanno guardato con onestà intellettuale all'intervento del Presidente del Consiglio, e l'hanno definita una relazione interclassista e sociale - come mi piace dire - è un motivo di grande soddisfazione. Essa risponde, evidentemente, alle esigenze più vere, nell'affrontare le emergenze e nel desiderio di futuro della nostra comunità nazionale.

Abbiamo ascoltato cose importanti e molto chiare. Sulla questione meridionale, il presidente Meloni ci ha detto che è questione nazionale e, soprattutto, ci ha spiegato come affrontarla e come riallineare il divario nella nostra Nazione, mettendo da parte la filosofia dell'assistenzialismo e sposando gli interventi concreti. Ne cito uno su tutti, quello che fa la differenza: l'infrastrutturazione.

Vengo da una Regione, la Campania, che ha imprese di logistica che sono all'avanguardia nazionale, ma che da troppo tempo aspettano gli interventi pubblici, anche da parte della Regione, il cui governatore pensa a fare siparietti e ad offendere gli avversari, anziché dedicarsi a ciò che dovrebbe fare, visto che tutti gli indicatori sociali relegano la sua Regione all'ultimo posto. Siamo però convinti che, con questa filosofia di intervento del Governo, ci sarà per tutti l'occasione del meritato riscatto, per tutti i cittadini che vogliono fare, come ha detto il presidente Meloni, e che non devono trovare uno Stato nemico che li disturba.

Un altro tema che reputo cruciale è il passaggio in cui il Presidente del Consiglio ha richiamato il ruolo dell'istruzione, della scuola e dell'università e il fatto che uguaglianza e il merito sono fratelli. Credo infatti che oggi non si possa avere una visione diversa, se si vuole prendere atto delle gravissime difficoltà che vive questo mondo, che dovrebbe essere la fucina della futura classe dirigente della Nazione. Ce lo aspettiamo e siamo sicuri che con questo Governo sarà possibile intervenire per risolvere quello che non è mai stato risolto, perché qui qualcuno sembra piovere da Marte. Penso alla lotta al precariato, alle questioni riguardanti tutte le componenti della scuola, non ultime quelle del personale ATA, e all'edilizia scolastica, per dire ai nostri giovani che lo Stato esiste e li fa stare in spazi adeguati e decorosi. Penso anche al richiamo al valore dello sport e, a tal proposito, ci convince moltissimo la scelta del ministro Abodi. Siamo consapevoli che esso rappresenti un settore fondamentale per la socialità italiana. (Applausi).

Speriamo che su impulso del Governo e del Parlamento si possa immediatamente portare a termine una riforma per il riconoscimento in Costituzione del valore dello sport e dell'attività sportiva, declinati in ogni loro forma. Ci siamo andati vicini nella scorsa legislatura. Abbiamo già ripresentato il progetto di legge e speriamo che possa essere una delle prime iniziative calendarizzate, visto che era stata sostenuta da tutte le forze politiche dell'emiciclo.

Non c'è legalità senza sviluppo. Il presidente Meloni ci ha detto che sarà lotta senza quartiere alla criminalità organizzata, ma noi dobbiamo fare un lavoro puntualissimo anche in termini di garanzia della sicurezza per i cittadini e, come faccio sempre e continuerò a fare, voglio ringraziare tutte le nostre donne e i nostri uomini in divisa (Applausi), che rappresentano il racconto migliore della nostra Nazione e il presidio dello Stato, a garanzia soprattutto dei cittadini più deboli.

Quanto poi alle riforme, di cui il nostro Paese ha una necessità incombente, al presidenzialismo, che è la madre di tutte le riforme, perché ci sia uno Stato adeguato alla modernità, aggiungo la riforma organica del rapporto tra gli enti locali, perché negli ultimi anni si è andati indietro e non avanti, anche con la stessa riforma Delrio, che ha distrutto l'ente di governo in area vasta (Applausi), lasciando un fantasma, le Province, che ormai sono soltanto un pezzo di archeologia istituzionale.

Con lei, presidente Meloni, siamo convinti di poter scrivere una nuova storia per la nostra Patria attraverso il ritorno della politica. Lei è il presidente dei record e sono certo che, con un Governo di legislatura, diventerà il Presidente dell'impresa di risollevare l'Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rojc. Ne ha facoltà.

ROJC (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, Presidente Meloni, ho letto con attenzione il suo discorso e ne ho condiviso la parte in cui definisce l'Europa "casa comune" di tutti i popoli europei e parla di unione nelle diversità di Nazioni dalla storia millenaria, capaci di unirsi, portando ciascuna la propria identità come valore aggiunto, una sottolineatura che dovrà essere accompagnata da atti conseguenti.

L'Italia tutela la lingua e la cultura delle minoranze con la legge n. 482 del 1999, in attuazione dell'articolo 6 della nostra Costituzione, che fonda e interpreta l'irrinunciabile valore della democrazia. Dunque, in armonia con i principi europei e con lo stesso spirito da lei rilevato, presidente Meloni, chiedo che venga finalmente ratificata la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie del 1992, firmata dall'Italia nel 2000 per dare giusta dignità a tutte le minoranze.

Dall'Europa dobbiamo sollecitare risposte congrue anche in ambito infrastrutturale e logistico: penso all'iter avviato nella precedente legislatura per l'attuazione della normativa sul regime extradoganale del porto franco di Trieste, prevista dai trattati internazionali dal dopoguerra. Spero che da questo Governo i porti saranno considerati per la loro primaria funzione di volani economici.

Lei, presidente Meloni, ha ricordato l'ansia per la verità storica. Vengo da una terra martoriata: oggi ricorrono sessantotto anni da quando Trieste è divenuta italiana. Mi onoro di rappresentare anche la comunità slovena che vi insiste da 15 secoli e mi faccio portavoce di quella italiana in Slovenia e Croazia.

Sono figlia di genitori underdog per eccellenza, quelli umiliati e offesi appartenuti a una comunità ferita da violenze e soprusi durante tutto il ventennio fascista. Mio padre, marinaio di leva naufrago a Capo Matapan, è stato deportato dai nazifascisti solo perché sloveno. Noi non potevamo parlare e nemmeno pregare nella nostra lingua. Potrà dunque comprendere quanto rispetto ci sia in me per libertà e democrazia.

La minoranza slovena è tutelata dalla legge n. 38 del 2001 e le chiedo rispetto e applicazione delle norme che ci tutelano. La campagna elettorale è finita, ora lei guida il Governo per tutti i cittadini italiani, anche quelli di diversa identità. Il confine orientale è oggi sempre più oasi di collaborazione, amicizia, pace e fratellanza, come lo è l'Adriatico.

«Combatteremo qualsiasi forma di razzismo, antisemitismo, violenza politica, discriminazione»: sono parole sue, Presidente, che mi aspetto siano fatte proprie e applicate da ogni membro del suo Governo e da tutti i parlamentari che lo sostengono. Se dobro e buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Butti. Ne ha facoltà.

BUTTI (FdI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signore e signori del Governo, se a dicembre del 2012 mi avessero detto che di lì a poco, una decina d'anni, sarei intervenuto nel dibattito sulla relazione del presidente del consiglio Giorgia Meloni e che la parola mi sarebbe stata concessa dal presidente Ignazio La Russa probabilmente non ci avrei creduto. (Applausi).

Questo è un sogno che si concretizza per me, per i colleghi e gli amici di Fratelli d'Italia, ma certamente per il popolo italiano.

Questa situazione non è casuale, è frutto di un percorso cercato indubbiamente con coraggio, certamente con caparbietà, dal presidente Meloni, ma anche dalla sua classe dirigente, alla faccia di quei sapientoni che fino a qualche giorno fa ne negavano anche l'esistenza.

Signor Presidente, lei non ha sbagliato una mossa, guidando prima un'opposizione costruttiva e direi anche edificante in Parlamento e poi conducendo il centrodestra alla vittoria, ma poi anche per lo stile, il riserbo e l'equilibrio adottati nel passaggio propedeutico di una fase che sua figlia Ginevra, i miei figli e i nostri figli studieranno a breve sui libri di scuola, perché lei, presidente Meloni, sta facendo la storia di questo Paese. (Applausi).

Ha coniugato ascolto e pazienza all'assunzione di decisioni autorevoli e l'Italia, cari colleghi dell'opposizione, era abituata a ben altro. Era abituata a risse, a teatrini; certo, qualche provocazione indubbiamente maldestra c'è stata, ma è stata anche immediatamente ignorata. L'Italia era abituata allo sguardo feroce di Letta che la campanella a Renzi l'avrebbe suonata volentieri, ma sulla testa. Quelli, sì, erano colleghi del PD "occhi di tigre". Invece lei ha gestito la fase con il controllo e con la sicurezza cordiale dello statista e la gente lo ha già percepito.

Lei ha cambiato il modello, ha cambiato il paradigma; guardi, non è una mia impressione, ma tutto intorno a lei in questi giorni era improvvisamente diventato vecchio e anacronistico. Lei aveva compiuto sostanzialmente una rivoluzione.

E allora che questa genuina freschezza sia contagiosa e sia foriera di buone novità, certamente per il Paese, ma anche per la politica, che oggi risulta imbarbarita. Detrattori e avversari hanno ben compreso che lei non è un premier né condizionabile, né tantomeno improvvisato, ma ha una sua storia.

A proposito di improvvisazione, l'Italia l'è grata anche per una serie di altri motivi, ma l'è grata anche perché i filmati del suo intervento e della replica alla Camera hanno già sostituito nell'immaginario collettivo quell'immagine un po' incerta, a tratti anche patetica, sicuramente fragile, offerta da uno dei suoi predecessori, quando a microfoni accesi, rivolgendosi a un Ministro a lui vicino, chiedeva in diretta cosa dovesse o non dovesse dire, cosa potesse o non potesse dire. Vede, questa è una cosa che ci sta; ci sta un po' meno che il mentore dello sventurato improvvisato premier fosse Luigi Di Maio: lei capisce in che mani eravamo capitati. (Applausi). È stato un po' come autodistruggere una già precaria reputazione.

Lei ha presentato al Parlamento un'onesta e drammatica situazione economica del Paese; oltretutto, la situazione è sensibilmente peggiorata negli ultimi dieci giorni. È paradossale che i responsabili di un decennio politico disastroso le chiedano ora soluzioni immediate a problemi che loro stessi hanno creato e che poi non sono riusciti a gestire, e non hanno capito che lei non ha citato santi e pontefici affinché la attrezzassero a fare miracoli; lei l'ha fatto per questioni culturali e valoriali, che noi sicuramente condividiamo.

Qualcuno, anche quest'oggi in Aula, non ha ben capito che un conto è una misura di sostegno alla disoccupazione, magari per creare occupazione, oltre alla Naspi, alle politiche attive e passive del lavoro, e un altro è intervenire sul disagio sociale, cosa che faremo con il Governo di centrodestra. Un conto è l'assistenza sociale e un conto è il lavoro. Con il reddito di cittadinanza, collega Patuanelli, non avete centrato alcun obiettivo, non avete creato lavoro e soprattutto non avete battuto la povertà come pomposamente dicevate da quel famoso balcone. (Applausi).

Ha fatto bene, presidente Meloni, a richiamare i valori e la cultura dell'Occidente, la lealtà atlantica, Roma, la Grecia, perché noi siamo parte dell'Occidente e abbiamo contribuito nel corso dei secoli a forgiarne cultura e valori. Siamo Occidente anche perché condividiamo radici mediterranee: questo Mediterraneo, così strategico nei secoli e anche nel presente, con i suoi ventisette Paesi affacciati, con le tre più importanti religioni monoteiste al mondo, da sempre è al centro degli equilibri del mondo. Ebbene, qui l'Italia deve tornare a giocare quel ruolo che la storia le ha sempre riconosciuto: un ruolo politico, economico, commerciale e, se necessario, anche militare, che si è affievolito in questi anni.

Ha fatto bene a ribadire che il PNRR non può che essere migliorato e che bisogna evidentemente aggiornarlo. Mi riferisco alla senatrice Gelmini: nessuno lo vuole smantellare; intendiamo semplicemente rifocalizzare gli obiettivi in un contesto economico, sociale e geopolitico che è assai diverso da quello che l'ha generato. Collega Gelmini, non c'era in corso un conflitto, non c'era una crisi energetica, causata anche da chi ci ha resi dipendenti dagli approvvigionamenti del gas russo. Ricordo che con Letta, Renzi e Gentiloni la dipendenza dal gas russo era al 20 per cento e si era poi conclusa la trilogia al 42 per cento.

È evidente che vanno rivisti anche i criteri, ad esempio quelli per i bandi della rigenerazione urbana: possibile che, su duecentodue Comuni, duecentouno siano del Centro-Sud e uno solo del Centro-Nord? È una cosa che non sta né in cielo né in terra. I settecento Comuni lombardi sono stati tutti esclusi e mi rifiuto di pensare che lo siano stati per la qualità dei progetti.

Mi avvio alla conclusione.

Presidente Meloni, lei ha voluto svolgere due passaggi secondo me molto significativi sull'innovazione tecnologica e sulla transizione digitale. Le voglio dire, anzitutto, che il fatto stesso che lei oggi sia Premier è già stato premiato dai mercati, e questo non è poco. Le voglio anche dire che l'Italia digitale non sta bene, come lei ben sa, visto che è stato l'unico leader di partito ad assumere decisioni importanti in questo delicato settore. Il Paese non è cablato, il cloud dà in pasto i nostri dati ai player americani come Microsoft, Google e altri, come ad esempio Oracle, e soprattutto, il 5G è in ritardo, ma il digitale in Italia sarebbe ancora peggio, se non ci fosse stata, sotto la sua regia, una serie di proposte fondamentali per il rilancio del Paese.

Concludo davvero. Questo era forse il peggior momento per vincere, ma, se non avessimo vinto, il Paese l'avrebbero messo su un piano inclinato senza più fermate e come destinazione ci sarebbe stato il baratro. Il destino, la sua, la nostra forza, presidente Meloni, hanno voluto così. Buon lavoro, presidente Meloni, a lei e al suo Governo. (Applausi).

PRESIDENTE. Se l'Assemblea è d'accordo, dispongo una breve sospensione della seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 14,30, è ripresa alle ore 14,45).

È iscritto a parlare il senatore Giorgis. Ne ha facoltà.

GIORGIS (PD-IDP). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, Presidente del Consiglio, non voteremo la fiducia al suo Governo e non lo faremo, com'è stato detto anche negli interventi che mi hanno preceduto, per una ragione molto semplice. Pensiamo infatti che ciò che abbiamo ascoltato, il programma che lei, Presidente, ci sta proponendo, non siano in grado di migliorare le condizioni di vita dei nostri concittadini, a partire da chi ha più sofferto e sta soffrendo gli effetti della crisi. Anzi, temiamo che il programma del suo Governo esponga il nostro Paese al rischio di una recessione sia sul piano economico sia sul piano sociale e istituzionale, del pluralismo e dei diritti.

Secondo l'ultimo rapporto Caritas, le famiglie in povertà assoluta sono circa 1,96 milioni, pari a circa 5,5 milioni di persone, e, secondo gli ultimi dati Istat, più di un quarto della popolazione è a rischio di esclusione sociale. È una situazione preoccupante, che conferma quanto sia necessario rafforzare e migliorare le politiche di contrasto alla povertà, perché è giusto e perché - come ci ha ricordato anche il presidente Mattarella - le profonde disuguaglianze che attraversano il nostro Paese non sono il prezzo che bisogna pagare allo sviluppo e alla crescita, ma, al contrario, sono un ostacolo e un freno alla crescita e allo sviluppo medesimi.

Di fronte a questa situazione, abolire il reddito di cittadinanza, tagliare le tasse ai più ricchi attraverso l'introduzione di una imprecisata tassazione piatta e ipotizzare un'ulteriore differenziazione tra le Regioni, anziché cercare di dare anzitutto piena attuazione all'articolo 117, lettera m), della Costituzione e assicurare a tutti i cittadini, su tutto il territorio nazionale, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, è profondamente ingiusto e dannoso per tutti, alla fine, anche per i più ricchi, perché nessuno si salva da solo e solo un Paese più unito, più giusto e più moderno può crescere e garantire benessere e prosperità. Insieme alle disuguaglianze, alla paura e all'insicurezza economica, è cresciuto nel Paese un sentimento di sfiducia nelle istituzioni democratiche: l'astensionismo nelle ultime elezioni ha coinvolto più del 35 per cento degli elettori. Ciò, come sappiamo, rischia di indebolire ulteriormente le nostre istituzioni politiche, la loro capacità di governo e, in particolare, la loro capacità di promuovere uno sviluppo emancipante e inclusivo.

Contrastare una simile deriva e ridurre la distanza tra i cittadini e le istituzioni rappresentative del pluralismo sono oggi tra le principali necessità del nostro Paese; non è solo una questione di democrazia, ma uno dei presupposti per affrontare con successo la crisi economica e sociale.

Nessuna regolazione efficace dell'economia, nessuna innovazione strutturale e nessuna giustizia sociale sono infatti possibili, se non vi sono istituzioni politiche indipendenti e dotate di una forte legittimazione democratica.

Per conseguire questo obiettivo e dare forza alle istituzioni politiche occorre però rifuggire da una duplice tentazione: da un lato, quella di pensare che per conquistare il consenso sia necessario far leva sui sentimenti più irrazionali, sulle paure, sulle insicurezze e sugli egoismi individuali e collettivi; dall'altro, quella di ritenere che si debba o si possa fare a meno dei corpi intermedi e della partecipazione organizzata.

La democrazia può svolgere una straordinaria funzione emancipante per l'intera collettività, se non si riduce alla scelta del capo, se non mortifica o nega il pluralismo e se è vivificata da un costante, diffuso e organizzato confronto critico e riflessivo. A questo proposito, per quanto riguarda la forma di governo, devo dirle che non ci convince affatto l'ipotesi di eleggere direttamente il Presidente della Repubblica.

In un contesto nel quale i partiti e i corpi intermedi vivono una stagione di crisi, l'elezione diretta di un Capo dello Stato governante, più che sostenere un processo di rilegittimazione dei partiti e, al tempo stesso, rafforzare l'autonomia della sfera democratica, rischia di irrigidire la dinamica politica e di incentivare pratiche populiste e demagogiche, che nell'immediato possono dare l'impressione di sopperire alle difficoltà della partecipazione e alla frammentazione, ma alla fine si dimostrano incapaci di conferire alle istituzioni quella forza, quella flessibilità e quella legittimazione di cui necessitano per orientare le dinamiche economiche all'interesse generale e alle ragioni della democrazia emancipante e dell'uguaglianza.

Più impegnativo, ma preferibile, perché alla fine più efficace, è rimanere nel solco della Costituzione e della maggior parte delle democrazie occidentali e, in tale prospettiva, rafforzare il ruolo e la capacità decisionale e di indirizzo del Parlamento, innanzitutto riformando l'attuale bicameralismo paritario e razionalizzando il rapporto tra Parlamento e Governo anche attraverso l'introduzione della sfiducia costruttiva, al contempo dando una piena e organica attuazione all'articolo 49 della Costituzione, attraverso una compiuta disciplina dei partiti, la predisposizione di un'efficace legislazione di contorno e nuove regole sul finanziamento dell'attività politica capaci di garantire trasparenza, sobrietà e autonomia dal potere economico e da quello culturale dei mezzi di comunicazione. (Applausi). Naturalmente, occorrerà approvare una nuova legge elettorale che valorizzi il potere di scelta dei candidati da parte degli elettori, faciliti la partecipazione al voto e, pur garantendo un'adeguata rappresentanza parlamentare del pluralismo sociale e politico, elimini la frammentazione.

Signor Presidente, ho concluso il mio intervento, ma ci tengo a dichiarare che si tratta di riforme impegnative, ma necessarie; riforme che siamo pronti a discutere in un confronto aperto e costruttivo, se le forze politiche che sostengono il suo Governo vorranno chiudere insieme a noi con la stagione del populismo costituzionale e con le suggestioni di una pericolosa e, alla fine, irrealizzabile democrazia immediata, riscoprendo il valore dei soggetti che organizzano e rendono così possibile l'effettiva partecipazione critica e plurale di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Giacobbe. Ne ha facoltà.

GIACOBBE (PD-IDP). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, non voterò la fiducia al Governo, però ho apprezzato il suo brevissimo accenno alle comunità italiane nel mondo e all'importanza dell'insegnamento della lingua italiana. Questa sua affermazione, tuttavia, ha anche bisogno di essere riempita di contenuti: 80 milioni di italiani nel mondo sono i veri ambasciatori del made in Italy e i migliori partner per la promozione del sistema Italia. Tra le tante cose, hanno facilitato alle nostre aziende l'accesso ad importanti mercati; con duro lavoro e sacrificio, oggi sono integrati nelle società in cui vivono e spesso ricoprono importanti cariche e ruoli decisionali.

È necessario quindi investire sulle nostre comunità, coinvolgendole nei vari livelli dello sviluppo economico, anche attraverso progetti di partenariato che utilizzino la rete di professionalità, competenze e conoscenze costruite nei nuovi Paesi di residenza. Mi riferisco anche ai tanti giovani emigrati che, per scelta o costrizione, oggi esprimono all'estero il loro potenziale eccellente; fra questi, penso ai tantissimi ricercatori nel mondo, autori di progetti che purtroppo di italiano portano solo i loro nomi e che potrebbero ritornare, per aiutare il nostro Paese ad eccellere sempre di più nell'innovazione tecnologica e scientifica. Per fare ciò, signora Presidente del Consiglio, occorre creare condizioni di lavoro competitive rispetto al mercato internazionale.

Quando parliamo di made in Italy, non dobbiamo dimenticare il turismo di ritorno, il 15 per cento del totale delle presenze annue in Italia. È ora che ci siano investimenti decisi e concreti anche in questo settore: i nostri figli e nipoti vogliono riscoprire le loro origini, la cultura e la lingua dei loro genitori e dei loro nonni. Sono tutti fattori che rappresentano l'essenza del made in Italy e meritano investimenti diretti per diffondere lo studio dell'italiano all'estero, per sostenere le organizzazioni comunitarie e istituzioni attive in ogni angolo del pianeta per promuovere la nostra cultura e per incentivare e facilitare gli scambi culturali, professionali e sociali.

Il made in Italy è anche rappresentato dagli uffici, come quelli consolari, che hanno bisogno di sostegno e di essere rafforzati per assicurare diritti di cittadinanza che la nostra Costituzione garantisce, senza discriminazione alcuna, a tutti gli italiani in Italia e all'estero.

In conclusione, signora Presidente, il made in Italy non è solo un prodotto da vendere, ma un complesso sistema socioculturale attraverso il quale rilanciare il nostro Paese e la sua economia, un sistema fatto di donne e di uomini che vivono anche al di fuori dell'Italia e che non vanno abbandonati, ma sostenuti nell'interesse degli italiani e dell'Italia tutta.

Su questi temi, signora Presidente del Consiglio, noi dall'opposizione incalzeremo il suo Governo per portare il nostro contributo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Licheri Ettore Antonio. Ne ha facoltà.

LICHERI Ettore Antonio (M5S). Benvenuta in Senato, presidente Meloni. Se si facesse una sintesi di tutto ciò che avete combinato in questi ultimi giorni (audio rubati, foglietti e appunti esposti nei banchi, ricatti respinti e rimandati al mittente), è comprensibile come il messaggio ultimo del suo intervento sia stato "non abbiate paura di questo Governo". Altro che squadra unita e coesa; dopo ciò che si è visto in queste settimane, lei ha fatto molto bene a rassicurare tutti. Ha fatto bene, perché nelle parole dell'opposizione non troverà mai astio o rancore, però avvertirà sempre una forte preoccupazione, dettata da molte cose, una delle quali è che nel suo discorso non ha trovato spazio la parola pace. (Applausi). Sembra inimmaginabile, senatrici e senatori, ma nell'intero intervento del Presidente del Consiglio incaricato non c'è cenno a una pacifica risoluzione del conflitto, nessun auspicio per un cessate il fuoco, nessun impegno a rafforzare la politica e la diplomazia. Nel suo discorso non c'è traccia di niente di tutto questo, niente di niente; sembra incredibile, ma vi sfidiamo a verificarlo.

E allora, presidente Meloni, noi la portiamo a conoscenza del fatto che in questo momento è in atto un conflitto che sta infiammando la sua, la nostra Europa. La portiamo a conoscenza del fatto che si stanno moltiplicando le voci che si alzano e che scendono in piazza per chiedere la fine della guerra, per chiedere alla politica un cambio di passo, un impegno concreto per un negoziato di pace.

Ebbene, presidente Meloni, lei con il suo silenzio ha voltato le spalle a questa parte del Paese (Applausi), e pensiamo anche di intuirne le ragioni: per fugare i legittimi dubbi sulle posizioni ambigue della sua compagine governativa rispetto a Putin e per far dimenticare l'imbarazzante applauso del partito del suo Ministro degli esteri alle teorie filorusse, lei ha scelto di strafare. Sa come? Nominando Guido Crosetto ministro della difesa: colui che fino a ieri è stato il più grande lobbista del complesso industriale e militare italiano, in qualità di presidente della Federazione aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), oggi è passato dall'altra parte, diventando colui che a quelle stesse industrie appalterà contratti di forniture militari per le nostre Forze armate. Questa non è roba da governo di destra o di sinistra, ma da repubblica delle banane! (Applausi). Questo è un fulgido esempio di quel fenomeno di malcostume che si chiama le porte girevoli. (Commenti).

PRESIDENTE. Lasciate intervenire il senatore Licheri, per favore.

LICHERI Ettore Antonio (M5S). E allora, concordiamo con lei sulla condanna dell'aggressione russa e sul pieno rispetto degli accordi Nato. Ma se - come lei dice - non si sta in Europa e nella NATO da cittadini di serie B, porti immediatamente nelle sedi europee la gravissima urgenza di ricorrere alla politica e alla diplomazia e non già alle armi e alle minacce come strumento di risoluzione del conflitto. Lo faccia nel rispetto del sogno di Alcide De Gasperi e di Altiero Spinelli di un'Europa nata sulle macerie di una guerra, ma cresciuta come baluardo di pace. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marti. Ne ha facoltà.

MARTI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, presidente Meloni, onorevoli Ministri, colleghi senatori, oggi siamo chiamati a votare la fiducia al Governo, ma, a differenza del passato, il nostro voto servirà quest'oggi a ribadire quella fiducia che gli italiani hanno già tributato al nostro progetto politico di Governo lo scorso 25 settembre.

Dopo undici anni, finalmente, non si rende necessario un Governo di sintesi o di compromesso tra le parti per raggiungere una maggioranza in Parlamento. Non c'è bisogno di cercare una figura esterna al Parlamento per guidare l'Esecutivo, in quanto abbiamo un Presidente e un Governo eletti dagli italiani e che rappresentano un programma e una visione condivisa. Questa sarebbe una cosa normale, ma da troppo tempo in quest'Aula non lo era più. Oggi ritorna protagonista la politica, quella vera, che trae il proprio mandato dai cittadini, ai cui sogni e bisogni dobbiamo fedelmente rispondere.

Il discorso fatto dal presidente Meloni segna in maniera straordinaria quel legame democratico con il popolo, che oggi ritorna davvero sovrano in quest'Aula. Grazie, dunque, presidente Meloni, per la chiarezza valoriale e per le idee con cui ha trattato nel suo intervento i temi più importanti dell'agenda di Governo su cui saremo chiamati a intervenire presto e bene. Il suo discorso è pregno dei valori e degli ideali propri della nostra area politica: il rispetto della libertà, della famiglia, del lavoro e della italianità. A questi valori abbiamo oggi l'onore e l'onere di attingere per indirizzare la guida e lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Lo faremo senza compromessi e regressioni, perché l'Italia ha bisogno di stabilità nella durata dei Governi, ma soprattutto di coerenza ideale nella definizione delle decisioni politiche, che non possono essere annacquate da un finto spirito unitario che negli ultimi anni ha sempre celato l'imposizione ideologica della sinistra. So che questo non piacerà a questa opposizione, ma forse le servirà molto perché imparerà che in democrazia bisogna vincere le elezioni per governare il Paese. (Applausi). Questa è la bellezza della democrazia.

Onorevole Presidente del Consiglio, da uomo del Sud le sono particolarmente grato per aver voluto parlare del Meridione come un'opportunità e non più come una questione. Settant'anni di questione meridionale, infatti, non hanno lasciato traccia nelle infrastrutture, nelle scuole e negli ospedali di questa parte del Paese, dove finanziamenti nazionali ed europei sono stati spesi male - o molto spesso non spesi affatto - fortificando solo la cultura del chiedere e non quella del fare. La gente, per forza di cose, tra lo sviluppo e l'assistenzialismo, ha spesso scelto il secondo solo perché non aveva più forza per credere ancora nel primo dopo tanti ritardi e fallimenti. Il Sud è davvero un'opportunità di crescita per l'intero Paese. Ma, per raggiungere questo sviluppo tanto urgente e necessario, dobbiamo saper aprire i cantieri e, nello stesso tempo, combattere la povertà perché le grandi infrastrutture, finalmente, creeranno le condizioni per attrarre investimenti italiani ed esteri. Ma la povertà, purtroppo, non può attendere spesso la fine del mese.

La lotta alla povertà e il rilancio infrastrutturale del Mezzogiorno hanno un minimo comun denominatore che è il lavoro, che deve essere il nostro primo impegno, in quanto è dignità e crescita sociale. Il reddito di cittadinanza, purtroppo, ha in molti casi fatto regredire socialmente e culturalmente molti territori del Mezzogiorno, creando una frattura tra domanda e offerta di lavoro, che invece questo Governo deve ricostruire, dando giusta dignità anche salariale al lavoro. Solo così sconfiggeremo la deriva culturale del non lavoro alimentata dall'assistenzialismo e creeremo le condizioni per lo sviluppo industriale, manifatturiero, agricolo e turistico del Sud.

Oggi dunque, Presidente, è un grande giorno per l'Italia. Sappiamo che le sfide che ci attendono non sono e non saranno facili, ma noi non ci tireremo indietro. Noi senatori della Lega, insieme alla nostra squadra di Governo e al nostro vice premier Matteo Salvini, faremo tutto quanto nelle nostre possibilità per rispettare il mandato assegnatoci dagli elettori e per scrivere insieme a lei e agli altri alleati una nuova grande pagina di storia del Paese più bello del mondo, la nostra Italia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zaffini. Ne ha facoltà.

ZAFFINI (FdI). Signor Presidente, l'emozione di questo momento la lascio il più possibile chiusa nel mio cuore e, ragionando invece con la testa, con la logica e con il cervello, mi rivolgo al Ministro della salute: reputo che, se la politica e lo Stato si devono occupare del benessere dei cittadini, la prima cosa a cui devono prestare attenzione è evidentemente la loro salute e Dio solo sa quanto sia importante ridare centralità a questo Ministero, dopo tutto quello che è accaduto nei due anni di emergenza legata al Covid. Signor Ministro, abbiamo bisogno di riforme di sistema: a quarantadue anni dal disegno dell'architettura del nostro Sistema sanitario nazionale, oggi c'è bisogno di riforme di sistema che rimettano al centro il cittadino; che rimettano al centro la necessità di distribuire i livelli essenziali di assistenza (LEA) in tutto il territorio nazionale; che rimettano in fila un sistema efficace ed efficiente di riassorbimento delle prestazioni sospese e delle liste d'attesa. Sono queste le tre grandi emergenze alle quali si dovrà mettere mano immediatamente dai primi giorni di lavoro.

Ora però, Ministro, ci sono tre grandi priorità. La prima è una Commissione d'inchiesta sul Covid. (Applausi). Come ha detto perfettamente il presidente Giorgia Meloni, occorrerà fare chiarezza su quanto avvenuto durante la gestione della crisi pandemica. Lo si deve a chi ha perso la vita, a chi non si è risparmiato nelle corsie degli ospedali, mentre altri facevano affari milionari con la compravendita di mascherine e respiratori. E mi rivolgo al collega Licheri che parla di lobbisti. Servirà istituire non una bicamerale, ma una monocamerale d'inchiesta, qui in Senato, perché noi per tutta la scorsa legislatura ci siamo adoperati in Commissione sanità e in Aula per convincere i colleghi della necessità di fare chiarezza anche di fronte ai cittadini che ci guardano, anche per raccontare con serietà che cosa è accaduto durante l'emergenza e alla fine - speriamo - dell'emergenza, chiudiamo questa bruttissima pagina di storia italiana garantendo informazione sana e corretta. E lo dico perché - mi riferisco a un altro passaggio dell'intervento del presidente Meloni - l'informazione corretta, la prevenzione e la responsabilizzazione sono più efficaci della coercizione in tutti gli ambiti e l'ascolto dei medici sul campo è più prezioso delle linee guida scritte da qualche burocrate o dalla coercizione di fatto, posta anche surrettiziamente, dell'obbligo vaccinale attraverso il green pass.

Bisognerà, Ministro, mettere mano alle professioni sanitarie. Abbiamo un grandissimo disagio in tutto il mondo delle professioni sanitarie. Per fare questo, Fratelli d'Italia ha elaborato degli spunti programmatici per intervenire, ad esempio, sul numero chiuso, una vicenda che dovrà essere affrontata, ovviamente, in collaborazione con il Ministero dell'università. Ci sono molte idee in proposito: basta guardare anche a quello che accade all'estero, perché a volte si possono anche semplicemente assumere le buone prassi e le buone esperienze degli altri e cercare di risolvere il problema. L'imbuto formativo è stato aggredito nella scorsa legislatura - questo va detto - ma non è stato risolto il problema degli specializzandi.Serve ridare centralità ai medici di medicina generale: questi convitati di pietra della sanità nazionale, anche nella fase dell'emergenza, devono ritrovare centralità e lo possono fare - anche in questo caso - attraverso una serie di riforme di sistema che attengono alla loro professione. Soprattutto si devono ritrovare al centro della programmazione, anche nell'attuazione del PNRR, perché è proprio nelle professioni sanitarie che la riforma del PNRR, nella missione 6, troverà il suo punto debole. È lì che la riforma può veramente fallire ed è lì che la messa a terra di tutto quello che è previsto nel PNRR può trovare le maggiori difficoltà.

Signor Ministro, serve ripartire con la campagna vaccinale, perché il Covid non è affatto sparito, non è lo stesso e oggi è aggredibile diversamente, anche con le terapie domiciliari. Oggi abbiamo fortunatamente la possibilità di curare il Covid, ma serve ripartire con la campagna vaccinale. Per fare questo, dobbiamo mettere a disposizione i nuovi vaccini. Capiamo bene che, avendo acquistato circa 10 dosi di vaccino a testa, forse a qualcuno viene in animo - come si dice - di smaltire le scorte. Vorremmo però capire come si possa pretendere di continuare a convincere gli italiani del fatto che bisogna vaccinarsi per un virus che, di fatto, oggi non esiste più. Quindi servono i nuovi vaccini e occorre trasferire alle Regioni questi strumenti, affinché possano agire rapidamente nei confronti di questa necessità.

Onorevoli colleghi, avrei ancora molto da dire, ma lasciatemi una battuta: sembra veramente una malasorte quella che colpisce oggi i colleghi del MoVimento 5 Stelle e del PD. Oggi hanno le idee chiare su tutto quello che c'è da fare, ma si trovano all'opposizione. (Applausi). Questa cosa è veramente carina! (Commenti).

PRESIDENTE. Colleghi, lasciatelo intervenire: non sta offendendo nessuno.

ZAFFINI (FdI). Sarà probabilmente ciclico, ma mi viene spontaneo chiedere perché non avete fatto tutte le belle cose che oggi avete in testa. Comunque, state tranquilli: ci sarà qualcuno che capisce cosa fare veramente e lo farà.

Onorevoli colleghi, da qui in avanti incombe su tutti una maggiore responsabilità, per essere all'altezza delle sfide, che sono veramente difficili; per essere all'altezza di questo momento storico e, soprattutto, per quanto ci riguarda - mi rivolgo soprattutto ai miei colleghi di partito, del Gruppo Fratelli d'Italia - per essere all'altezza del nostro premier Giorgia Meloni. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rando. Ne ha facoltà.

RANDO (PD-IDP). Signor Presidente, signora Presidente del Consiglio, ho ascoltato con interesse il suo passaggio sulla legalità, ma non ho ascoltato cosa intende fare e qual è la visione del Governo per la lotta contro le mafie, né ho sentito una parola su cosa intende fare il suo Governo contro la corruzione. Corruzione e mafie sono facce della stessa medaglia, da Nord a Sud, e oggi la corruzione è lo strumento privilegiato delle mafie. Criminalità politica ed economica vanno a braccetto. La corruzione, anche quella mafiosa, si presenta con la faccia pulita di politici, imprenditori, funzionari pubblici e liberi professionisti, gli stessi che offendono e danneggiano la buona politica, i bravi imprenditori, i funzionari pubblici e i liberi professionisti per bene. La corruzione uccide non il corpo, ma la libertà, la dignità, la democrazia, la stessa qualità di essere comunità. (Applausi). Perciò la corruzione va combattuta con misure non meno incisive e inflessibili di quelle previste nella lotta alle mafie.

Nel suo discorso non ho sentito nulla. Serve dunque una visione politica che senta la lotta alle mafie e alla corruzione come una priorità, in quanto esse rubano il bene comune. La lotta alle mafie e alla corruzione si fa con buone leggi, che però non basteranno se non accompagnate da investimenti culturali e sociali e dalla gestione etica del bene comune. Penso alla cura per i bisogni delle persone, riducendo e anzi eliminando le distanze sociali, perché non può esserci legalità senza uguaglianza.

Non possiamo lottare contro le mafie senza politiche sociali, senza diffusione dei diritti e dei posti di lavoro, senza opportunità per le persone più deboli, per i migranti, per i poveri. Oggi le mafie sono forti, più forti di prima e continuano a mietere vittime, perché non si uccide una persona solo con le armi, ma le persone vengono uccise quotidianamente anche dall'usura, dalla droga, dalle ecomafie. Di questo però non si parla; non ho sentito nulla nel suo programma, presidente Meloni.

Alla lotta alle mafie e alla corruzione non può essere dedicato un piccolo paragrafo all'interno di un discorso. La lotta alle mafie e alla corruzione passa inevitabilmente attraverso la lotta alle povertà, alle disuguaglianze e attraverso interventi concreti nel sociale e una vera sanità pubblica.

Servono percorsi educativi per estirpare le radici culturali del crimine. Servono politiche sociali, che garantiscano i diritti e un'occupazione dignitosa e serve, soprattutto, una maggiore etica nei comportamenti individuali e collettivi, perché le mafie si nutrono di illegalità diffusa, delle piccole e grandi corruzioni, della tendenza a privilegiare l'interesse privato a danno dell'interesse pubblico.

L'etica nell'impegno quotidiano deve rappresentare la bussola che ci indica la via con responsabilità, per coniugare i valori con i nostri comportamenti. Legalità è la nostra Costituzione, il nostro più formidabile testo antimafia. Nel suo discorso non c'è stato però nulla di tutto questo, presidente Meloni.

Ogni anno il 21 marzo, in occasione della Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, vengono letti dall'associazione Libera, nelle stanze e nelle piazze di tutta Italia e in tutti i luoghi di lavoro, i nomi e i cognomi delle oltre mille vittime innocenti delle mafie, a ricordarci che sono persone uccise per la democrazia, per la libertà, per la giustizia e noi dobbiamo sentire tutta la nostra responsabilità nei loro confronti e dei loro familiari.

Intorno ai concetti di verità e giustizia, così determinanti nelle vite di tante persone, riteniamo che si debba configurare un vero e proprio diritto alla verità, perché la verità è fondamentale per la dignità della persona umana. L'assenza della verità sui fatti di mafia, sulle stragi e i depistaggi è un danno per tutti noi, un danno per la nostra democrazia.

Nel suo programma, presidente Meloni, non ho poi letto nulla su come intende affrontare la questione dei minori. Manca un piano organico sui minori. Come ci dicono gli educatori, è un paradosso che spesso la prima figura dinanzi alla quale si trova un minore del Sud o del Nord non è quella del maestro, ma è quella del giudice minorile o del rappresentante delle Forze dell'ordine. (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. La invito a concludere, senatrice. Le concedo ancora qualche secondo.

RANDO (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente.

In quello che sta avvenendo abbiamo il dovere di restituire ai bambini la strada, intesa come luogo di crescita, vita e relazioni.

Presidente Meloni, ieri alla Camera dei deputati ha detto che non avrà mai il timore delle parole franche e dirette, delle critiche molto decise. Allora, in modo franco e diretto le dico che sulla lotta alle mafie e alla corruzione mancano una visione complessiva del fenomeno e la capacità o volontà di riconoscere nella mafia e nella corruzione i parassiti della democrazia, del progresso civile, sociale ed economico. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Borghese. Ne ha facoltà.

Segnalo ancora una volta l'eccessiva frammentazione da parte dei Gruppi dei tempi a disposizione per gli interventi.

BORGHESE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente del Consiglio, desidero innanzitutto farle gli auguri di buon lavoro a nome del Gruppo MAIE e della comunità degli italiani all'estero che, grazie al Ministro per gli italiani nel mondo, Mirko Tremaglia, sono protagonisti nella politica italiana. (Applausi).

Il Movimento associativo italiani all'estero - come lei sa - è l'unico movimento politico presente in questo Parlamento dal 2008, fondato dal presidente Merlo nel seno dell'associazionismo italiano cattolico: una comunità italiana di più di 6 milioni di cittadini italiani e di milioni di discendenti. Questa comunità rappresenta una vera opportunità per il nostro Paese, un grande potenziale in termini culturali e sociali, ma soprattutto economici. Pensiamo, ad esempio, alla promozione naturale del made in Italy da parte dei connazionali che consumano e fanno conoscere i nostri prodotti nel mondo, oppure al turismo di ritorno, che pure può essere un motore per l'economia dei territori lontani dai flussi migratori.

Nel ribadire, signor Presidente, il pieno sostegno del MAIE al suo Governo e alle sue politiche, siamo convinti che lei porterà avanti una vera politica per gli italiani all'estero, anche con i temi per i quali il nostro movimento da anni si batte in Parlamento, vale a dire la promozione della lingua e della cultura italiana, del made in Italy, del commercio estero, delle nostre camere di commercio, nonché il sostegno delle scuole italiane e, soprattutto, l'aumento delle risorse per migliorare la rete consolare.

Presidente Meloni, come unico senatore eletto all'estero in un movimento autonomo, il MAIE, annuncio che voteremo la fiducia al suo Governo.

La ringrazio e le auguro buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio per l'estrema sintesi. Se mi consente, mi unisco al ricordo dell'onorevole Mirko Tremaglia, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente e che fu l'autore della legge che consente il voto degli italiani all'estero. (Applausi).

È iscritta a parlare la senatrice Cucchi. Ne ha facoltà.

CUCCHI (Misto-AVS). Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi chiamo Ilaria Cucchi e tutti voi sapete chi sono, conoscete la mia storia. Mio fratello Stefano è stato ucciso a suon di botte, morendo poi, dopo soli sei giorni, nelle mani dello Stato e passando nel frattempo attraverso la custodia indifferente e cinica di oltre 140 pubblici ufficiali. È una verità scomoda che mi ha fatto conoscere un lato oscuro dello Stato che mai avrei pensato potesse esistere. La giustizia, dopo oltre 160 udienze e ben quindici gradi di giudizio, ha accertato la verità, quella che era chiara, evidente e sotto gli occhi di tutti, ma è costata un caro prezzo alla sottoscritta e a tutta la sua famiglia, riconoscendo esplicitamente come fondamentale, appunto, il contributo mio e della mia famiglia.

Presidente Meloni, in questo percorso ho dovuto affrontare l'ostilità e le offese di alcuni esponenti della sua maggioranza, qualcuno che oggi ha addirittura responsabilità di Governo, ma non nutro nei suoi confronti alcun sentimento di pregiudizio, nessuno.

La mia battaglia per mio fratello mi ha portata per tutti i tredici anni di lotta a conoscere il mondo degli ultimi e dei derelitti. Ho frequentato e visitato tantissime realtà, comunità e associazioni che si occupano di coloro che, di fatto, sono privati dei diritti fondamentali dell'uomo. Ho fatto politica anch'io, ma sulla strada, non su queste poltrone dove oggi ho l'onore di trovarmi. Sono qui perché ho ricevuto la fiducia di tante persone e quella fiducia voglio ripagarla. Voglio portare qui, tra voi, la voce di chi ha creduto in me, oltre ad avermi sostenuta in tutti questi anni. Ho fatto politica sulla strada da sempre - da tredici anni non per mia volontà - e dalla strada e dalle associazioni spontanee del volontariato si può davvero imparare tanto, Presidente - così come mi è successo - tutto ciò che serve e deve servire per garantire ai nostri figli un mondo migliore, una speranza per una società più giusta e più a misura d'uomo.

I nostri ragazzi sono quegli stessi studenti che ieri all'università «La Sapienza» sono stati affrontati come terroristi per il semplice fatto che essi - poveri - credevano di avere ancora il diritto di protestare, di far sentire la loro voce, in modo del tutto pacifico oltretutto. Inaccettabili, invece, sono i modi violenti e disumani con i quali sono stati trattati; immagini brutali che non avremmo mai voluto vedere e davvero intollerabili, che hanno avuto come teatro un luogo per me sacro: l'università. (Applausi). Presidente, è davvero questo il modello di Paese che volete offrire ai nostri figli? Provo tanto dolore, ma devo dire anche tanta speranza.

Presidente, riconosco in lei la prima donna presidente del Consiglio, madre e - sì - anche italiana. Io le chiedo di andare a visitare, appena avrà modo, il mondo che ho avuto la fortuna di conoscere: quello del volontariato. La prego di farlo, Presidente, e sono convinta che cambierà idea su tante realtà e sulle grandi possibilità di riscatto che hanno gli ultimi, cittadini comuni, di organizzarsi spontaneamente e pacificamente tra loro per offrire ad essi stessi e ad altri una vita più sostenibile.

Ultimo, ma non ultimo ovviamente, è il tema del mondo delle carceri, dove lo Stato è fin troppo spesso "assente" ed uso un eufemismo. Sono luoghi di vita e di lavoro, piegati dalla sofferenza per le condizioni disumane in cui sono costretti a sopravvivere agenti e detenuti abbandonati da uno Stato che preferisce di fatto metterli in guerra gli uni contro gli altri, piuttosto che operare riforme serie per una giusta e doverosa riqualificazione dei diritti e delle vite di tutti coloro che sono costretti a starci insieme.

Sarebbe fin troppo semplice intervenire per lo Stato che, viceversa, pare preferire il concetto dei carceri come discarica sociale, piuttosto che come luogo di rieducazione e offerta di nuove possibilità. Così si innescano vere e proprie situazioni esplosive, alle quali lo Stato risponde solo ed esclusivamente con l'unico mezzo che pare conoscere: la repressione. I settantuno suicidi dall'inizio dell'anno sono una tragedia, segno di un modello penitenziario in crisi. Parlando di carcere non si può non partire dall'articolo 27 della Costituzione, scritto da chi aveva subito la prigionia durante il fascismo. Quell'articolo non va cambiato, signor Presidente, ma va pienamente applicato. Il sistema penitenziario italiano ha bisogno non di più carceri, signor Presidente, ma di carcere migliori e di meno detenuti. Ben venga ogni riforma del codice penale che depenalizzi e riduca il carcere ad estrema ratio. Presidente Meloni, questo sistema non lo ha certo creato lei, ma nel suo programma non vedo una sola parola tesa in tal senso. Anche per questo non voterò la fiducia, ma vi invito a tenere in considerazione le mie parole.

Concludo, signor Presidente. Voglio entrare in quest'Aula con le parole di una donna a cui dobbiamo molto e che onora il Senato, le parole della senatrice Liliana Segre: «L'indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l'apatia morale di che si volta dall'altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo». Devo ringraziarla, senatrice Segre, perché in questo passo c'è la forza di un messaggio che può cambiare il mondo e che a me ha cambiato la vita: non voltarsi mai dall'altra parte; affrontare le ingiustizie anche a rischio di pagare un prezzo carissimo - come è accaduto a me - come quello della propria vita e serenità; scegliere il giusto e il bene comune, come ha fatto lei e come abbiamo il compito, colleghi, di fare oggi tutti noi.

Buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Spagnolli. Ne ha facoltà.

SPAGNOLLI (Aut (SVP-Patt, Cb, SCN)). Signor Presidente, una cinquantina d'anni fa, un mio prozio, Giovanni Spagnolli, sedeva al suo posto e, quindi, avverto una grande responsabilità oggi nel parlare in quest'Aula.

Signora Presidente del Consiglio, signori Ministri, la montagna italiana occupa una parte molto rilevante del territorio del Paese ed è strategica per il futuro di tutti noi. I nostri antenati hanno colonizzato la montagna, l'hanno resa vivibile, hanno coltivato i campi, le foreste e le risorse naturali in genere. Senza i capillari interventi umani svoltisi nel corso dei secoli, la montagna non sarebbe quella che è: riserva di biodiversità, produttrice di alimenti sani, palestra di cultura e luogo di incontro, di ricreazione e di tempo libero. La montagna è destinata a degradarsi nel normale evolversi dei tempi geologici, ma oggi questo fenomeno è bruscamente accelerato dai cambiamenti climatici e minaccia le nostre strade, le nostre infrastrutture, le nostre aree produttive, i nostri paesi, le nostre città. La montagna va quindi presidiata con insediamenti umani stabili, in grado di automantenersi a un dignitoso livello di vita, che si facciano carico della sua coltivazione e della sua manutenzione. I tempi della natura sono infatti molto più lenti dei tempi dell'uomo, che deve intervenire costantemente perseguendo l'equilibrio sostenibile tra natura stessa e le proprie attività.

In un regime di libera concorrenza la montagna è svantaggiata rispetto alla pianura e va quindi sostenuta, oltre che dando maggiore autonomia ai suoi enti gestori, anche con misure correttive nei diversi ambiti dell'economia che ne favoriscano la competitività e la rendano laboratorio di crescita sostenibile a vantaggio di tutti coloro che oggi vivono in Italia.

Presidente Meloni, il suo Governo ha un Dicastero dedicato al mare, ma ha dimenticato la montagna. Ho apprezzato il suo passaggio di ieri sull'autonomia speciale. Tuttavia, lo sviluppo dei nostri territori passa anche da una politica di sistema sulla montagna, clamorosamente assente nel suo intervento e nel vostro programma elettorale. Il mio, pertanto, non può che essere un voto contrario. Buon lavoro, presidente Meloni, a lei e al suo Governo. (Applausi).

PRESIDENTE. Collega Spagnolli, le voglio ricordare che il suo parente, credo scomparso, che è stato Presidente del Senato, è nato esattamente il 26 ottobre, per cui oggi era il suo anniversario. (Applausi).

È iscritto a parlare il senatore Occhiuto. Ne ha facoltà.

OCCHIUTO (FI-BP-PPE). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, onorevoli colleghi, nella puntuale ed appassionata relazione, lei presidente Meloni, ha toccato tutte le tematiche contenute nel programma del centrodestra, che noi di Forza Italia abbiamo contribuito a scrivere e che abbiamo condiviso. Lo ha fatto usando termini che spesso sono lontani dal linguaggio della politica. Ha parlato di bellezza, di paesaggio, di ecologia, di sostenibilità, di pace.

In realtà, collega Licheri, questi sono tutti termini di pace, non riferiti alla guerra, perché la guerra è un fatto straordinario. Mi sembra che siano state usate su questo punto, che non poteva essere contenuto nel programma, parole molto chiare, sia da parte del Presidente del Consiglio sia da parte del Ministro degli esteri.

Presidente del Consiglio, lei ha ripreso alcuni concetti molto importanti, attribuendo loro un significato che oggi appare innovativo: ambiente come difesa della natura con l'uomo dentro. Lei ha coniugato il concetto di sostenibilità, signor Presidente, nella sua accezione più ampia, richiamando di fatto l'esatta enunciazione data nel 1992 a Rio de Janeiro: ogni politica, per poter essere definita sostenibile, deve rispettare tre requisiti: tutelare l'ambiente, produrre sviluppo economico ed essere socialmente equa.

Quindi, non solo primato della tecnica e della tecnologia, che mette in secondo piano l'uomo dentro, come lei l'ha giustamente definito: in altre parole, ciò vuol dire che non è sufficiente rifare la facciata di un edificio, se poi lo stesso è inserito in un quartiere inquinato, degradato, insicuro. Non basta applicare i pannelli fotovoltaici su una fabbrica, se poi non si rispettano i diritti e la dignità delle persone che vi trovano impiego.

C'è l'esigenza di nuove forme di progettualità, orientate alla sostenibilità in maniera più complessiva. Occorre utilizzare al meglio le fonti rinnovabili; migliorare i modelli di produzione e consumo; modificare gli stili di vita abbandonando le cattive abitudini consolidate; eliminare gli agenti inquinanti; valorizzare il ciclo dei rifiuti; fermare la desertificazione e lo spopolamento dei borghi; salvaguardare i paesaggi; prevenire il dissesto idrogeologico.

Sono tematiche ambientali che devono orientare il cambiamento dei processi produttivi, educativi e formativi, caro ministro Bernini. Vi è la necessità impellente di snellimento delle procedure autorizzative. A monte, non è possibile che, per realizzare un impianto fotovoltaico, si impieghi più tempo che per costruire un edificio in cemento armato. Dobbiamo ridurre le autorizzazioni preventive e affidare ai professionisti la responsabilità di una corretta progettazione e anche la direzione dei lavori: si tratta di installazioni rimovibili e non di strutture che modificano irreversibilmente il territorio. Questo è il tema in termini più generali e credo che il nostro ministro Pichetto Fratin se ne occuperà molto bene.

Ma, se parliamo di ambiente, non possiamo non parlare di città, il luogo principale dove trovare al suo interno l'uomo. Noi oggi viviamo nelle città, che sono l'invenzione più straordinaria degli uomini. Gli uomini hanno creato le città perché hanno l'esigenza di stare insieme e di vivere nella socialità. Le città, però, sono anche il luogo più inquinato e più inquinante.

Quindi, non possiamo non parlare di città. Lei, giustamente, ha inserito nel suo programma il tema del mare, che è davvero bello, ma lo è anche il tema delle città. Noi abbiamo la fortuna di avere tante piccole e medie città in Italia, che hanno una storia e una tradizione. Lei ha parlato di cultura, d'identità, di bellezza, di una nave bellissima, la più bella del panorama internazionale.

Nelle città bisogna introdurre le buone pratiche. Bisogna inserire politiche di rigenerazione urbana. Io ho ricostituito, insieme al collega Pella alla Camera e alla collega Sbrollini, un intergruppo parlamentare che si occupa di sport, benessere e salute. È oggi presente il ministro Andrea Abodi: sono temi importanti per il futuro del nostro Paese.

Le città e i luoghi deputati alla salute e al benessere dei cittadini possono far risparmiare anche in termini di sanità, possono dare una lezione diversa anche al nostro Paese, diventando più competitivi e quindi anche più ricchi di opportunità, per i giovani e per il lavoro che possono trovare. È chiaro che bisogna agire su un concetto di rigenerazione urbana molto importante, con la ripresa di tutte le aree dismesse, dei quartieri degradati e popolari. Ho fatto il sindaco per dieci anni in una città del Sud e ho un ricordo bellissimo: un quartiere emarginato e degradato, dove un tempo vivevano i rom in baraccopoli poi smantellate, è stato riqualificato. Un ragazzo mi ha scritto ringraziandomi di aver cambiato la sua vita, perché da piccolo si vergognava di portare gli amici in quella realtà e oggi invece ne va orgoglioso, perché è diventata straordinaria attraverso opere di qualità. E lo stesso è avvenuto in altri Paesi, gentile Presidente; lo hanno fatto in Francia e in altri Paesi d'Europa, con eco-quartieri e addirittura eco-città.

Se parliamo di diritti dei cittadini e di bellezza, non possiamo tralasciare i diritti fondamentali, come il diritto di avere un luogo non inquinato. Il paradosso è di abitare in città inquinate e poi vivere in case invece più confortevoli. Non possiamo non parlare di Mezzogiorno; sono qui presenti i ministri Fitto e Musumeci. Il ministro Fitto conosce benissimo sia le dinamiche europee che quelle amministrative. Ho visto che le imprese del Mezzogiorno sono molto esposte alla crisi dell'aumento dei costi dell'energia e delle materie prime, perché sono di piccola dimensione; inoltre i costi di trasporto sono molto alti. Abbiamo cause di divario enormi e dobbiamo ridurre i divari nell'offerta pubblica dei diritti di cittadinanza e di produttività e lavoro.

Concludo, presidente La Russa. A proposito dei divari, prendendo un treno che va da Roma in Calabria, mi accorgo non solo che le carrozze non sono le stesse dei treni che vanno nel Nord Italia, ma soprattutto che, una volta arrivati a Salerno, non esiste più l'infrastruttura dell'Alta velocità e si rilevano problemi per loro che ne usufruiscono. Bisogna pertanto ridurre queste differenze. Avrà un grande lavoro da fare, signor Presidente del Consiglio, e così anche il Governo. Non basteranno solo le parole. Vi auguro che la bellezza del fare possa accompagnare sempre il vostro cammino in questo percorso di cambiamento. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Maiorino. Ne ha facoltà.

MAIORINO (M5S). Egregio signor Presidente del Consiglio, ho poco tempo a disposizione e mi scuserà se andrò dritta al punto. Vede, signor Presidente, lei ci chiede - e potrebbe sembrare corretto - di aspettare a giudicarvi, di darvi il tempo di lavorare e di giudicare poi dai fatti. Sarebbe appunto corretto, se non fosse che quello che lei ci chiede in realtà, signor Presidente, è sostanzialmente un atto di fede. È come credere che la semplice nomina di alcune persone a Ministri possa cambiare ipso facto quelle persone, la loro storia e il loro percorso politico e personale, come cambiare l'acqua in vino. Questo è molto difficile da credere, signor Presidente, perché noi vi conosciamo tutti, molto bene, uno ad uno. Come è stato sottolineato poc'anzi prima di me - non ho verificato, ma è molto plausibile - questo potrebbe essere il Governo con l'età media più alta della Seconda Repubblica. E non sorprende, perché siete tutti in politica da venti o trent'anni e la maggior parte di voi ha fatto parte dell'ultimo Governo di centrodestra - a me viene da definire il famigerato ultimo Governo di centrodestra - che ha quasi portato l'Italia al default, perché l'Italia ha dovuto essere sostanzialmente commissariata. Questa è stata la vostra ultima brillante impresa di Governo. (Applausi).

Ma c'è di più. Voi siete quelli della legge Fornero; siete quelli del pareggio di bilancio; siete quelli dell'incostituzionalissimo lodo Alfano e quelli di Ruby "rubacuori" votata come nipote di Mubarak. (Applausi). Siete gli stessi, e oggi volete mettere mano alla Costituzione italiana: permettete che qualcuno possa tremare di fronte a questa prospettiva.

Siete gli stessi del dito medio alzato verso i cittadini a favore di telecamere; siete gli stessi del congresso di Verona, dove chi oggi ricopre la terza carica dello Stato - sempre grazie a voi - ha definito le coppie dello stesso sesso "schifezze". Lei stessa, signor Presidente del Consiglio, in quel di Andalusia, parlando con il partito di estrema destra spagnolo Vox, ha parlato di lobby del gender. Bene, voglio informarla, signor Presidente del Consiglio, che le persone lgbt in Italia, nella Nazione che lei si accinge a guidare, sono il 15 per cento dei suoi connazionali e delle sue connazionali. Voglio sperare che lei e il suo Governo mostriate maggior rispetto per queste persone.

Voi siete anche gli stessi che hanno usato gli idranti sui senzatetto e hanno emanato divieti per i sacerdoti di portare il latte caldo ai senzatetto.

È stato già detto che siete quelli che, per ben cinque volte, non hanno votato il Next generation EU e il PNRR che oggi, invece, vi trovate - immeritatamente, a mio giudizio - a gestire. Potrei andare avanti ancora per molto.

Siete anche quelli dei saluti romani, non solo praticati ma anche teorizzati come preferibili alla stretta di mano. Potrei andare avanti a lungo, perché ce ne sarebbe una sfilza.

PRESIDENTE. Ha ancora un minuto, senatrice.

MAIORINO (M5S). Per ora mi fermo qui e concludo.

Signor Presidente del Consiglio, lei avrà notato che io rispetto il suo desiderio di utilizzare il maschile per sé; figuriamoci se proprio io non rispettassi un simile desiderio, ovvero quello di utilizzare il genere al quale più si sente di appartenere. Le chiedo, però, signor Presidente del Consiglio: cosa è più ideologico, pretendere, chiedere di utilizzare il femminile per le donne e il maschile per gli uomini o imporre di utilizzare il maschile per le donne? (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Borghi Claudio. Ne ha facoltà.

BORGHI Claudio (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, Presidente Meloni, signore e signori Ministri, come rappresentante dei cittadini, ma soprattutto come italiano con la passione della politica, per me oggi è un momento molto importante. È stato sicuramente uno dei momenti più importanti ed entusiasmanti della mia vita di appassionato della politica. Ricordo solo altri due momenti in cui ho sentito così forte il senso del cambiamento: il primo, quando il presidente Berlusconi, nel 1994, ottenne la sua prima storica vittoria; è stato forse il primo momento di vera passione politica che riesco a ricordare; il secondo, quando cadde l'infausto Governo Prodi, nel 2008, quello che così tanto mercificò quest'Assemblea tanto da umiliare i senatori a vita, costringendoli a sostenere una maggioranza che non esisteva più.

Adesso sento in me - ma sento anche nella gente - un po' lo spirito del cambiamento che c'era in quelle situazioni, e dobbiamo essere all'altezza di questi grandi momenti.

Ovviamente lei ha più esperienza di me dal punto di vista politico, ma posso permettermi di metterla in guardia da due nemici, Presidente: il "non si può fare" e il "fare troppo".

Il non si può fare si divide a sua volta in due categorie, purtroppo, e me ne sono accorto in questa terribile ultima legislatura.

Le due categorie sono quella per cui si dice che non ci sono i soldi e il fatto che qualcuno, la Ragioneria generale dello Stato o l'Unione europea, non vuole. Pertanto non si può fare perché non ci sono i soldi o perché la Ragioneria o l'Unione europea non vogliono.

La questione dei soldi richiede grande coraggio e io so che lei, signor Presidente del Consiglio, è la persona giusta per averlo, perché bisogna dire a tutti che i soldi non mancano mai. I soldi ci possono essere per qualsiasi cosa, ma le scelte hanno delle conseguenze, quindi bisogna dire che una cosa non si fa perché c'è una volontà politica di non farla, perché le conseguenze di un atto che in apparenza può essere generoso e giusto possono essere molto dannose rispetto alla tenuta sociale o dello Stato. Penso, per esempio, al reddito di cittadinanza: è ovvio pensare che sia una bella iniziativa dare soldi alla gente, ai poveretti, però se occupiamo 10 miliardi per dieci anni (perché il reddito di cittadinanza occupa circa 100 miliardi nel bilancio dello Stato già spesato), ci sono conseguenze sulla possibilità di avere un sano mercato del lavoro e uno sviluppo economico normale ed equilibrato. Pertanto, quella che sembra una buona cosa, cioè il fatto di aver garantito del denaro a tutti, in realtà poi si rivela una sciagura.

Il fatto di dire che non ci sono soldi non è quella pantomima per cui uno dei suoi predecessori in un Governo a cui partecipavamo, tornando trionfante da un vertice europeo, aveva detto di essere riuscito ad avere un rapporto deficit-PIL del 2,04 per cento invece che del 2,4 per cento. Non ci si riferisce a quello quando si dice che non ci sono i soldi; quella è una scelta politica e se la scelta politica non è sua, è di qualcuno che sta al di fuori di quest'Aula.

In questo modo arriviamo al qualcuno non vuole. Nella scorsa legislatura sono stato Presidente della Commissione bilancio della Camera e la prima cosa con cui mi sono scontrato è stata una richiesta di uno dei suoi ministri, il senatore Matteo Salvini, per una misura di ottimo buon senso dal mio punto di vista, vale a dire la proposta di esentare le ambulanze dal pagamento dei pedaggi autostradali. Mi sembrava una disposizione ovvia; sulla legge di bilancio era stata inserita con l'appropriato appostamento economico, ma improvvisamente si scoprì che la Ragioneria cominciava a dire che non si poteva fare perché era difficile valutare quante ambulanze circolassero e poi magari ne circolavano di più. Queste sono le solite scuse che il Palazzo le metterà davanti per non fare quello che lei vorrà fare, quindi si prepari e ci passi sopra come uno schiacciasassi. (Applausi). Non è quello, infatti, che può fermare il suo Governo, ma ci proveranno, glielo dico.

Quello stesso Presidente che allargava le braccia dicendo che non si potevano valutare in questa maniera i pedaggi delle ambulanze poi - così arriviamo all'altro problema che bisogna evitare in ogni modo - non ha avuto nessun problema a chiudere tutto il Paese con un DPCM. Pertanto, si può valutare il costo al centesimo della citata misura sulle ambulanze, invece - guarda caso - non ci sono problemi per chiudere un Paese senza nemmeno passare dal vaglio del Parlamento. Questo deve insegnarci che in realtà i poteri ci sono, ma devono essere utilizzati nel rispetto della Costituzione. Bisogna sempre ricordarsi che i diritti delle persone sono fondamentali, e nella nostra azione come legislatori e nella vostra come Governo bisogna sempre ricordarsi che non c'è un diritto superiore agli altri, perché i diritti costituzionali sono tutti equivalenti come peso e devono essere soppesati l'uno con l'altro con estrema attenzione; vanno contati con estrema attenzione, quindi spero proprio di non rivedere più la negazione, per esempio, del diritto al lavoro, del diritto allo studio o similari sulla base di green pass o di altri strumenti assurdi di limitazione delle libertà personali.

Signor Presidente del Consiglio, posso farle il seguente augurio: ci renda degni dei nostri padri e dei nostri nonni, perché in questo momento abbiamo tanto bisogno di rialzarci in piedi e di recuperare la nostra dignità. Noi saremo al suo fianco, come saremo al fianco di tutto il Governo. La ringrazio e le auguro buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lorenzin. Ne ha facoltà.

LORENZIN (PD-IDP). Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, nel suo discorso alla Camera dei deputati lei ha fatto un intervento con un onesto richiamo alla realtà del momento storico in cui il suo Governo si insedia. Una fase di complessità inedita per la nostra generazione, una tempesta piena di insidie per la stabilità economica e sociale e la pace globale.

Siamo tutti consapevoli e sentiamo il peso di più di un decennio di crisi che hanno sconvolto le nostre certezze, abbattendosi sugli italiani, dalla crisi del debito ai cambiamenti climatici, fino alla pandemia, all'inflazione e al caro bollette, che stanno rendendo difficile la sopravvivenza di migliaia di famiglie, mettendo in crisi anche il presente della nostra impresa, in uno scenario ancora aperto della guerra in Ucraina. Sconvolgimenti che hanno cambiato le nostre vite e modificato il modo in cui leggono presente e futuro milioni di italiani, in primis i giovani.

L'agenda sociale in questo contesto è per noi una priorità; sono i più deboli e i più fragili a pagare il prezzo delle crisi proprio perché in tempo di crisi aumentano le disuguaglianze. Presidente, i più fragili tra i fragili sono i malati. La malattia ci rende tutti uguali, ma c'è chi è meno uguale degli altri: i poveri, i malati poveri, spesso anziani, bambini e donne e i dati ci dicono sempre più nel Sud Italia. Non mi appassiona la contabilità dei temi nei discorsi di insediamento. Avremo tempo per capire il suo indirizzo politico ed esercitare il nostro diritto di opposizione. Il suo però è stato un manifesto programmatico e mi preoccupa che non si sia affrontato per nulla uno dei nodi più importanti e complessi della nostra società e del futuro del welfare. Mi riferisco al futuro del nostro Servizio sanitario nazionale e della ricerca biomedica, la sua sostenibilità e le riforme strutturali necessarie su prevenzione e personale sanitario, rimaste incomplete a causa della fine anticipata della legislatura, così come i nodi aperti nel rapporto tra Stato e Regioni e l'erogazione e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli sociali delle prestazioni.

In questi tempi, dove ogni risorsa è preziosissima, non possiamo perdere le tranche del PNRR; lo dico alla luce del dibattito nella campagna elettorale proprio sui temi del PNRR che riguardavano e riguardano la sanità. In particolare, quale sarà il futuro delle case di comunità, la digitalizzazione del sistema sanitario e i nuovi macchinari per la diagnostica, senza le riforme di accompagnamento del PNRR? Tali riforme dobbiamo realizzarle in questo Parlamento o il PNRR non si farà. Se perdessimo questi 20 miliardi, con essi perderemmo l'occasione di ammodernamento del nostro Sistema sanitario nazionale universalistico e uguale per tutti.

Credo che in quest'Assemblea, nonostante le differenze di idee e visione, nessuno possa dimenticare la lezione che questi anni la pandemia ci ha consegnato: investire in salute vuol dire investire in sicurezza nazionale e tenuta sociale ed economica. La salute non deve essere la cenerentola del Governo e lo dico con esperienza, soprattutto perché alla luce della crisi economica che stiamo vivendo adesso, alle scelte che il Governo dovrà fare in questo Parlamento, dove saremo chiamati a scegliere in una guerra tra poveri, non possiamo permetterci di ridurre il Fondo sanitario nazionale. (Applausi). Non possiamo permettercelo perché è una questione innanzitutto di giustizia e di futuro; futuro dei giovani, futuro per il lavoro, per l'economia del nostro Paese.

Dobbiamo anche affrontare quelli che sono nodi irrisolti, rimasti sotto il tappeto, che sono i nodi del rapporto tra Stato e Regioni, tra Sud e Nord; questioni che ancora non sono state affrontate in modo risolutivo in più di venti anni di riforme. Se non lo facciamo, a farne le spese saranno solo i pazienti, i più fragili, i più deboli, i pazienti malati di malattie rare. Abbiamo liste d'attesa infinite e tutti ci chiedono assistenza. Non riusciremo a fare la riforma del personale sanitario, che è una priorità in questo Paese, perché migliaia di persone ogni anno se ne vanno.

L'ultima parola me la faccia dire sulla scienza. Ho finito il mio tempo, Presidente, ma una cosa la voglio dire: ho assistito in questi anni, in quest'Aula, ad un conflitto che deve finire tra scienza e politica. (Applausi). Deve finire. Il conflitto è finito nelle piazze, il conflitto ha portato scienziati e ricercatori e ricercatrici italiani a essere sotto scorta in questo Paese. Ha prevalso l'irrazionalità, perché non c'è fiducia.

Nel metodo scientifico non c'è un dogma, non c'è un'ideologia, c'è semplicemente il fatto di affidarci al metro utilizzato da Galileo (più made in Italy di lui non c'è nessuno).

É dal 1600 che fondiamo il nostro sviluppo su questo. Se ci affidiamo all'evidenza e rieduchiamo noi stessi e i cittadini alla cultura scientifica, possiamo garantire un futuro di benessere sulle filiere delle scienze della vita, uno switch per il Paese e un cambiamento di trasformazione industriale nel mondo del lavoro e nella ricerca. Potremo così sfidare ed essere competitivi - e continuare a esserlo - nel mondo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Balboni. Ne ha facoltà.

BALBONI (FdI). Signor Presidente, presidente Meloni, ieri ci ha consegnato un discorso di altissimo profilo politico e - mi consenta - anche umano. Il discorso ha stupito molti nell'opposizione, mentre non ha stupito noi che la conosciamo da molto tempo (ammirati, sì, stupiti - conoscendola - no). L'opposizione è rimasta disorientata dal suo discorso: vittima della sua stessa propaganda, evidentemente si aspettava di trovarsi di fronte un'altra persona rispetto al grande leader che lei ha dimostrato, non da oggi, di essere. Ha avuto una reazione disorientata e a volte scomposta.

Anche in quest'Assemblea abbiamo sentito delle accuse e delle considerazioni che non meritano risposta. Alla senatrice Maiorino, che ha rimproverato ad alcuni esponenti della maggioranza e del Governo fatti risalenti a cinque, dieci e quindici anni fa (accuse vere o presunte che siano e che, in realtà, sono presunte perché manifestamente false o comunque pretestuose), non replicheremo ricordando le disavventure che hanno contraddistinto i Governi del MoVimento 5 Stelle nella passata legislatura. (Applausi). Vogliamo iniziare volando un po' più alto; non vogliamo metterci sullo stesso piano delle opposizioni, che - ripeto - sconcertate dall'altissimo livello del discorso di Giorgia Meloni, hanno risposto e reagito in modo sconcertato e a volte contraddittorio.

Ne dico una per tutte. L'onorevole Letta ha rimproverato al presidente Meloni una frattura con l'eredità del Governo Draghi, mentre l'onorevole Conte, lo stesso giorno e nella stessa Aula, ha rimproverato alla stessa di voler proseguire o addirittura realizzare l'agenda Draghi. Sono due opposizioni che dicono esattamente l'opposto. Mettetevi d'accordo, cari colleghi. Certo, se non l'avete fatto prima è difficile farlo ora. (Applausi).

Ed è inutile, onorevole Conte, recriminare sulla legge elettorale che - mi consenta di ricordarlo - avete votato tutti, tranne Fratelli d'Italia. (Applausi). Siete andati divisi alle elezioni per massimizzare il vostro risultato di lista perché sapevate benissimo che se foste andati insieme i vostri stessi elettori vi avrebbero girato le spalle. Avete preferito massimizzare il vostro risultato di lista rispetto alla possibilità di presentare una proposta di governo alternativa a quella del centrodestra.

Infatti, la vostra unica proposta era impedire al presidente Meloni di disporre di un'ampia maggioranza in questo Parlamento. Avete fallito miseramente e adesso non sapete più cosa fare; vi aggrappate a dei pretesti e pretendete dal presidente Meloni che, in un giorno, dia risposte ai gravissimi problemi cui voi, in cinque anni, non avete saputo darne alcuna. (Applausi). Vi aggrappate a pretesti ridicoli.

Criticate la parola "merito", dimenticando che l'alternativa è il privilegio: vi piace di più il privilegio del merito, evidentemente. Criticate la parola "natalità", ironizzando addirittura sui figli alla patria, dimenticando che l'alternativa è l'inverno demografico e che il sistema economico e previdenziale non può reggere con questo tasso di denatalità. Ironizzate persino sulla sovranità alimentare, dimenticando che nella Francia di Macron c'è un Ministero che si chiama nello stesso modo e dimenticando che questo termine nasce dal movimento contadino e dimenticando che l'alternativa alla sovranità alimentare è la dipendenza, la sudditanza verso l'estero, la guerra del grano. Tutto questo non vi ha insegnato nulla? (Applausi). Lo stesso potrebbe valere ovviamente in materia di sovranità energetica, perché ha fatto bene il presidente Meloni a ricordare che evidentemente qualcosa in questa Europa non deve aver funzionato se ci siamo trovati spiazzati di fronte all'emergenza energetica. Non c'è sovranità, cari colleghi, senza sovranità alimentare e senza sovranità energetica.

Avete ironizzato persino sul made in Italy, dimenticando che la contraffazione del prodotto italiano - e il made in Italy è il marchio più conosciuto in assoluto nel mondo - costa all'Italia 100 miliardi all'anno. C'è molto da fare, ministro Urso, ma lei è capace e saprà come affrontare anche questo tema.

Vi siete scandalizzati perché parliamo di Nazione anziché di Paese, dimenticando che il Paese è un'espressione geografica e che la Nazione è la presa di coscienza di sé di un popolo e la consapevolezza di avere un destino in comune (Applausi) e mai come oggi - ha fatto bene a ricordarlo il presidente Meloni - c'è bisogno di coesione nazionale. La coesione è un valore sempre e ancor più dovrebbe esserlo in momenti di crisi come questo.

L'onorevole Letta si è persino spinto a dire un no pregiudiziale alla Repubblica presidenziale sul modello francese, rinnegando precedenti posizioni della sua stessa parte politica. Per forza, colleghi del PD: portando a compimento la democrazia dell'alternanza, che è l'unica forma di democrazia compiuta, non potrete più rimanere al Governo dieci anni su undici avendo perso le elezioni, si capisce. Ma vi ha risposto bene oggi Sabino Cassese su «La Stampa»: la stabilità delle istituzioni è un valore e voi dovreste capirlo. Letta ha detto di augurarsi che questa legislatura finisca il prima possibile e che lavorerà per questo. È uno strano concetto della sovranità popolare, ma siamo sereni: finora Letta ha sbagliato tutto, ma proprio tutto, e quindi siamo certi che questa legislatura non solo durerà cinque anni, ma che vi sarà il tempo per realizzare quella rivoluzione conservatrice che il presidente Giorgia Meloni ha così mirabilmente prefigurato nella sua relazione. Grazie presidente Meloni, noi saremo sempre al suo fianco. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Biancofiore. Ne ha facoltà.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, colleghi senatori, caro Presidente del Consiglio, lo ammetto: è dal giorno in cui il presidente Mattarella le ha conferito l'incarico che mi commuovo a ripetizione e mi scuso se accadrà anche oggi, perché le nostre vite hanno delle coincidenze straordinarie, private e politiche, dalla partenza agli approdi in queste Aule - naturalmente lei molto più in alto di me - che da tempi non sospetti mi rendono umanamente complice del suo vissuto, oltre che della sua idea d'Italia. Provo pertanto tanta gioia e sincera emozione nel vederla oggi alla guida del mio Paese. Capisco infatti profondamente quanto sia stato difficile risalire la scala dal gradino più basso, col fardello di crateri della memoria, che però hanno plasmato quella lava ardente e irrefrenabile che le ha consentito di conquistare ogni primato politico, e a maggior ragione quanto lo è stato essendo donna, ricca solo di intelligenza e serietà, del proprio coraggio, di caparbietà e coerenza, senza padrini e cooptazioni, e più recentemente, proprio in coincidenza della sua massima ascesa, madre di una piccola bimba.

«Underdog» ha detto: letteralmente al di sotto di un cane, dicono gli inglesi. Su questo avrei molto da dissentire, visto che i cani e gli animali in generale sono spesso migliori e più dignitosi delle persone. "Nata perdente" è la traduzione più fedele e allo stesso tempo la più dilaniante. È vero, presidente Meloni, come me è nata senza carte vincenti: dico sempre che i miei genitori mi hanno lasciato solo la testa. Ma lei si rende conto fino in fondo di quanta importanza abbia il suo esempio per migliaia di donne e uomini italiani, di giovani che si credono senza speranze? Lei oggi personifica l'italian dream, lei è la self made woman che sfata il mito negativo per cui in Italia si va avanti solo se raccomandati (Applausi), che dimostra che con il lavoro, lo studio e il sacrificio si possono raggiungere traguardi alti e insperati, a portata di tutti, come prevede la nostra Costituzione. Lei è l'essenza stessa del merito, Presidente. La sua è la più bella lezione di emancipazione sociale ed è questo che la renda amatissima nel Paese, rimanendo sempre Giorgia, la ragazzina partita dalla Garbatella, che conosce il dolore, ha saputo rialzarsi e per questo capisce i problemi degli italiani.

Il suo discorso, che ho condiviso punto per punto, mi ha ricordato infatti queste parole: «A quelli che, mentre parlo, aspettano col fiato sospeso l'espressione preferita dalla stampa, la marcia indietro, voglio dire una sola cosa. Fatela voi la marcia indietro, se volete. La signora non ha intenzione di fare marcia indietro». Queste sono parole di Margaret Thatcher, Presidente, e io le auguro non di essere banalmente la Thatcher italiana, perché lo è di fatto e la storia la sta scrivendo, ma di fare dell'Italia quello che ha fatto della sua vita. Lei oggi è l'Italia, che non a caso è nome proprio femminile, quell'Italia data sempre per sfavorita all'estero e che, come ce l'ha fatta lei, può farcela, grazie a lei. (Applausi). Lei può far sì, come fece la Thatcher con gli inglesi, che gli italiani tornino ad essere orgogliosi di essere italiani, a non sentirsi più di serie B.

Vede Presidente, quando un italiano sale su un tram e non ha il biglietto e si vede giustamente multare e poi vede che il bigliettaio, sullo stesso tram, rinuncia a chiedere il biglietto a un balordo o a un extracomunitario clandestino, si sente di avere già perso e con lui perde l'Italia. (Commenti. Richiami del Presidente). Quando un poliziotto, come è capitato a tutti noi, ti dice sconsolato che spesso è inutile, anche se per senso di dovere lo fa, inseguire e arrestare un ladro, uno spacciatore, un assassino o un mafioso, perché tanto il giorno dopo viene rimesso in libertà, ancora una volta ha perso il cittadino e ha perso lo Stato. Lei, noi, tutta la nostra maggioranza, a quell'italiano, ai poliziotti, ai medici, agli insegnanti che sono l'architrave portante di un Paese, dobbiamo restituire un'idea di Stato madre, che c'è, a protezione dei cittadini perbene, dei lavoratori onesti, non dei furbi e dei delinquenti.

Oriana Fallaci, che lei ha ricordato insieme a tante donne che hanno fissato appunto i pioli delle scale, ne "La rabbia e l'orgoglio" scudisciava governanti e popoli a tenere a mente e nel cuore quello che io e lei condividiamo da sempre: cos'è l'Italia e cosa ha rappresentato per la storia del mondo. Noi siamo l'antica Roma, con la sua grandezza, la sua esperienza giuridica, il suo concetto di legge, il suo diritto romano. Noi siamo l'Italia della letteratura, della scultura, dell'architettura, dei suoi palazzi, dei suoi anfiteatri, dei suoi acquedotti, dei suoi ponti e delle sue strade. Noi siamo l'Italia di Dante e di Leonardo, ma siamo anche l'Italia della scienza, quella che ha inventato, paradossalmente, l'elettricità e scoperto il gas metano - lo sottolineo - con Alessandro Volta. Noi siamo tutto questo, ma non abbiamo spirito patriottico, a differenza degli americani, un popolo che conosco bene, avendo avuto l'onore di essere stata scelta dal Dipartimento di Stato americano per il prestigioso percorso di introduzione nella cultura e nelle istituzioni americane.

Quanto all'Europa, signor Presidente, lei ha chiarito bene che voler modificare le cose che, ictu oculi, non funzionano non significa essere contro il sogno dell'Unione europea, ma significa lottare per realizzarlo. L'Italia non è solo Stato fondante dell'Europa, ma, anche attraverso la straordinaria intuizione di Alcide De Gasperi - padre anche della nostra autonomia del Trentino-Alto Adige, che dovrebbe essere la proposta di soluzione di pace dell'Italia nella guerra tra Ucraina e Russia per le repubbliche contese di Donetsk e Lugansk - ne è l'ispiratrice, con il manifesto di Ventotene. Lei ha citato il motto di Tucidide, "Uniti nelle diversità", che era il preambolo di quella Costituzione europea firmata Roma nel 2004 e che fu affossata da alcuni Stati europei.

Presidente Meloni, vorrei che l'Italia da lei guidata, oltre alla riforma costituzionale italiana in senso presidenziale, si facesse promotrice del rilancio del progetto di Costituzione europea, di quegli Stati uniti d'Europa in grado di vivificare i valori di libertà, democrazia, promozione della pace e della stabilità.

Pace e stabilità. Presidente Meloni, lei ha chiarito, spero definitivamente per i detrattori, il posizionamento dell'Italia, mai dalla parte dell'invasore e fortemente convinta e collocata nei valori euroatlantici che - è bene ricordare a qualcuno che a stento li conosce - sono garantire la libertà e la sicurezza dei Paesi membri attraverso mezzi politici e, se serve, purtroppo anche militari.

L'Italia ha aderito alla NATO il 4 maggio del 1949. Alcide De Gasperi fu chiamato a scegliere tra il blocco statunitense e quello comunista - sottolineo comunista - e non esitò a schierarsi con una Nazione che, al di là dell'Oceano, ha visto tanti suoi giovani morire per donarci la libertà e ricostruire il Paese con il Piano Marshall.

Libertà. A questa sua citazione mi sono illuminata d'immenso, come direbbe il poeta, essendo io una liberal-nazionale ed esponente dell'Istituto "Milton Friedman", che il nostro compianto collega Antonio Martino accettò su mia proposta di presiedere. Per il culto della libertà mi sono immolata, dimettendomi persino da un Governo, quello di Enrico Letta, quello, collega Lorenzin, che ha tagliato i fondi del Servizio sanitario nazionale, quello che ha tagliato i punti nascita e quello che non ha predisposto un piano pandemico nazionale (Applausi), che ha aumentato l'IVA al 22 per cento e che si è fatto complice del liberticidio del diritto italiano, macchiandosi dell'ingiusta decadenza del presidente Berlusconi.

Oggi è lei, presidente Meloni, l'erede della tradizione liberale per volontà del popolo italiano, essendo riuscita a trasformare Fratelli d'Italia in quello che dalle mie parti si chiamerebbe Sammelpartei, partito di raccolta delle migliori tradizioni democratiche occidentali. Lei ha portato la destra alla guida del Paese perché il suo albero affonda le radici in valori storici profondi, riuscendo a ramificarsi con esponenti dagli ideali democratico-cristiani, conservatori, socialisti, riformisti, moderati, liberali e liberisti. Manca nella nostra maggioranza la parola "liberale" e spero, pertanto, che il Gruppo al quale appartengo possa ridenominarsi in futuro Liberaldemocratici per l'Italia ed essere l'anello di congiunzione di una coalizione che ha valori talmente condivisi nel cuore degli italiani che è soggetta all'assunto latino «Simul stabunt, simul cadent», vale a dire «Insieme si sta, insieme si cade».

Mi avvio a concludere.

Presidente Meloni, lei è fedele al programma di centrodestra; lei ha spiegato i motivi della necessità di modificare i beneficiari del reddito di cittadinanza. È stata eletta con un intento preciso, quello di cambiare l'Italia, passando da una società dipendente in termini di energia a una società autosufficiente, con tutte le risorse che il nostro Paese possiede in proprio e che lei ha elencato; cambiare l'Italia, passando da una Nazione «Dammi qualcosa» a una Nazione «Fallo da te», in un'Italia «Alzati e fallo», anziché in un'Italia «Siediti e aspetta», che voleva i nostri giovani una pletora di inetti e di alienati e il nostro Paese destinato al controllo degli altri e al relativismo culturale e valoriale.

Ci sarebbero tante cose da dire ed io sono notoriamente prolissa, ma voglio aggiungere solo una cosa. Non abbiamo soldi, è vero; ciascuno vorrebbero fare il buon samaritano, come è stato fatto nei precedenti Governi, ma nessuno ricorda che il buon samaritano era ricco. Noi da buoni italiani la ricchezza dovremmo produrla e inventarla, puntando sulla nostra creatività, sulle nuove economie, come quella del mare, da lei citata, e delle rinnovabili che, secondo i massimi esperti, ci possono rendere autosufficienti entro cinque anni, valorizzando l'Italia come museo dei musei, per il quale bisogna pagare un biglietto...

PRESIDENTE. Senatrice Biancofiore, il suo intervento è molto bello, ma è trascorso il tempo a sua disposizione.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, in verità il collega Borgese ha rinunciato a un minuto, quindi, se posso, vorrei prenderlo.

PRESIDENTE. Lei ha già preso un minuto e mezzo; in ogni caso, concluda pure il suo intervento.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). C'è l'economia legata agli animali domestici che, a milioni, addolciscono le nostre case; anticipando coloro tra i quali questo mio riferimento provocherà ilarità, rispondo che è previsto per il 2023 in questo settore un fatturato mondiale di oltre 370 miliardi di euro e l'Italia è di solito indietro.

La vicinanza al mondo germanista, e vado veramente a concludere, signor Presidente, ci fa giungere notizie non disponibili per altri. In Germania si dice che, se Helmut Kohl non fosse stato un politico, non avrebbe unito le due Germanie, perché un tecnico...

PRESIDENTE. Non mi pare che stia per concludere, senatrice.

Provi a passare all'ultima parte del testo.

BIANCOFIORE (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Presidente Meloni, sono onorata di esserle accanto in questa legislatura, perché oggi più che mai significa servire l'Italia e anche un po' proteggerla. (Applausi). Con la mia mole e quella del ministro Crosetto "sta in una botte di ferro".

Noi tutti siamo dalla sua parte e la coalizione unita sarà la sua ancora. Non dimentichi mai che, dopo la burrasca, esce sempre il sole. (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio, senatrice Biancofiore. Come vedete non sto tagliando nessun intervento, ma vi prego di collaborare un po' di più.

È iscritta a parlare la senatrice Floridia Aurora. Ne ha facoltà.

FLORIDIA Aurora (Misto-AVS). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, un bel respiro dopo questo discorso.

Ieri, Presidente, ho ascoltato attentamente il suo discorso programmatico e per un momento ho cercato di proiettarmi nell'Italia del futuro che lei ci ha dipinto. Ho fatto poi un breve viaggio a ritroso e sono automaticamente arrivata alla Regione italiana in cui sono stata votata: Il Veneto. È la Regione che da ventisette anni viene governata dal centrodestra, da dodici dalla Lega e prima per quindici anni da Forza Italia: un periodo abbastanza lungo per fare i bilanci concreti sulle politiche praticate per anni da questi partiti, che si ritrovano oggi insieme a voi di Fratelli d'Italia a governare il Paese nei prossimi cinque anni.

Cito qui a titolo d'esempio alcuni temi. Inquinamento: il Veneto oggi è forse la Regione più inquinata d'Italia o una delle più inquinate, causando alla popolazione gravi danni alla salute e, di riflesso, problemi enormi al sistema sanitario e assistenziale.

Infrastrutture: il Veneto sta letteralmente soffocando nel traffico su gomma; interi territori, anche a forte trazione turistica, non hanno ancora una pianificazione adeguata per affrontare questa forte criticità. Non si ravvisa un'effettiva volontà di implementare una moderna e funzionante mobilità sostenibile per gli spostamenti quotidiani, che vada oltre il suo utilizzo nel tempo libero.

Acqua: scandalo delle acque inquinate da PFAS, con molteplici effetti negativi sulla salute; danni causati all'agricoltura dalla forte siccità, con perdite idriche all'ordine del giorno; collettore obsoleto che sta inquinando il più grande lago d'Italia, il lago di Garda, per il quale in Veneto non si riescono a trovare i fondi necessari.

Settore alimentare: si pretende di parlare di eccellenze alimentari - lo ha accennato anche lei ieri - salvo poi approvare la discarica "car fluff" ad alto rischio di contaminazione, che sorgerà sopra una falda acquifera che alimenta un territorio a fortissima vocazione agricola, che produce il famoso riso Vialone nano.

Concludo con la sanità veneta, il cui modello è acclamato a livello nazionale. Certo, è eccellente nella cura e negli interventi immediati, eppure fortemente carente nell'assistenza di rete. Interi territori sono scoperti dai servizi essenziali e dai medici di base; case di riposo rischiano di implodere; prevenzione primaria e secondaria quasi scomparsa; assistenza di malati, anziani e persone con disabilità a carico di famiglie; pronto soccorso e reparti al collasso con crisi della sanità privata all'orizzonte. Questo è il frutto di scelte miopi perpetrate per decenni.

Ieri, Presidente, ha parlato di pregiudizi ideologici dell'opposizione, quasi si sentisse perseguitata. Capirà bene adesso che gli esempi concreti che ho portato non rappresentano pregiudizi, ma fatti veri e tangibili, preoccupazioni che hanno un impatto concreto sulla vita quotidiana della popolazione e che si traducono adesso nelle nostre riserve nei confronti di questo nuovo Governo, formato proprio da queste forze politiche.

Il disagio che ho provato ascoltando il suo intervento è stato causato dall'assenza di una visione strategica sul tema transizione ecologica ed energetica per L'Italia intera. Certo, lei ha richiamato più volte la crisi energetica che stiamo vivendo: è una crisi che da un lato è frutto del drammatico conflitto in Ucraina, ma dall'altro è frutto di precise scelte attuate per decenni, che non hanno consentito al nostro Paese di investire sulla grande opportunità costituita dalle fonti di energia rinnovabili. Giustamente ha detto che l'Italia deve dipendere meno da altri Paesi, ma non è questo il punto. È il cambiamento climatico che ci impone di essere indipendenti dalle fonti fossili e ancora oggi lei parla di sfruttare appieno i giacimenti di gas del Mediterraneo, gas che - come dicono tutti i dati - non è infinito e soprattutto rappresenta una fonte di energia altamente climalterante. Oggi più che mai è necessaria la capacità di realizzare un reale cambio di paradigma, che ci consenta di sostenere una piena transizione ecologica ed energetica connettendola alle grandi questioni sociali contemporanee.

La ringrazio invece per aver finalmente acceso i fari sull'istruzione e la scuola, colonna portante del Paese, vittima seriale di tagli su tagli. Sono sobbalzata dalla sedia quando ha parlato di scuola e merito. Usiamo allora il verbo invece che il sostantivo: la scuola e la ricerca meritano di essere finanziate dignitosamente con una chiara progettualità a lungo termine. I finanziamenti vanno allineati alla media europea. La scuola merita zero precariato, garanzia di un lavoro stabile e ben remunerato, condizioni di lavoro dignitose; la scuola merita di essere un vettore di mobilità e coesione sociale. Alunni e studenti meritano pari opportunità, a prescindere dal loro background sociale, dalla loro provenienza, lingua, genere, eventuali disabilità, interessi, talenti e tipologia di apprendimento; meritano di sviluppare le proprie aspirazioni nel rispetto di ogni individuo. Inclusione e non esclusione; alunni e studenti meritano di essere coinvolti attivamente nelle scelte che li riguardano. Infine, le famiglie meritano di essere aiutate: vanno abbassati i costi dello studio a loro carico.

Il nostro, signora Presidente, sarà un no e vigileremo sul vostro lavoro. Buon lavoro a lei, signora Presidente, e a tutto il Governo. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Patton. Ne ha facoltà.

PATTON (Aut (SVP-Patt, Cb, SCN)). Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli Ministri, onorevoli colleghe e colleghi, il mio voto alla richiesta di fiducia per questo Governo sarà un voto negativo. Il motivo di questa posizione sta nella distanza tra concezioni politiche non solo diverse ma irriducibili, e nella reciproca estraneità dei nostri valori di riferimento. Mi riconosco in una visione dell'interesse collettivo che metta al centro l'autonomia dei territori, i diritti, le garanzie sociali, l'equità e l'uguaglianza. Non riesco a riconoscermi in un orientamento così apertamente liberista, con forti venature di nazionalismo e non rare incertezze sulla nostra appartenenza europea, che invece non ammette sbandamenti, scelte regressive o tentazioni autarchiche.

Vorrei però anche precisare che, in una fase così difficile per la vita del Paese, la mia sarà un'opposizione severa e critica, ma mai dogmatica e preconcetta, perché credo che in certi momenti e su determinate scelte sia necessario trovare e prima di tutto ricercare il punto di convergenza più avanzato possibile. Per la coalizione che mi ha eletto, che rappresento e per la mia storia personale sono e saranno decisivi alcuni nodi: la valorizzazione delle autonomie, senza dimenticanze o amnesie; il riconoscimento e la tutela delle specificità delle terre di montagna; il lavoro e la difesa del potere di acquisto di salari e pensioni; il sostegno alle imprese, alla ricerca e alla innovazione.

In conclusione, voglio ricordare che mi identifico pienamente nella riflessione espressa dalla senatrice Liliana Segre nel discorso di apertura della XIX legislatura: «Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa Assemblea la politica urlata che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica alta e nobile che, senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all'ascolto».

Sulla guerra chiedo che anche il Governo italiano lavori per trovare soluzioni di pace e alla presidente, onorevole Giorgia Meloni, e alla sua squadra di Governo auguro buon lavoro, auspicando che si badi soprattutto a costruire il futuro. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Paita. Ne ha facoltà.

PAITA (Az-IV-RE). Signor Presidente, presidente Meloni, signori Ministri, onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati a votare la fiducia al Governo Meloni, la prima donna Presidente del Consiglio della storia italiana. Un Governo di centrodestra, legittimato dal voto degli italiani, che si insedia in una fase storica delicatissima e molto rischiosa per l'Europa e l'occidente. Un Governo politico alla cui guida c'è, dopo tanto tempo, il leader che si è affermato alle elezioni; ma soprattutto un Governo che nasce dopo la stagione di Mario Draghi.

Ed è proprio questo il punto di riflessione da cui voglio far partire il mio intervento: che cosa ci lascia Mario Draghi? In venti mesi, il presidente Draghi ha fatto un lavoro straordinario. Lo dico con tutto l'orgoglio di chi appartiene a una forza politica e ad un progetto riformista che ha fatto di tutto, in termini di coraggio, per portarlo alla guida del Paese. (Applausi).

Il presidente Draghi ha restituito all'Italia un ruolo di protagonismo in Europa. Ha esercitato una guida autorevole, determinando il segno di tutte le principali partite e riuscendo, in questo modo, a dare anche un nuovo senso all'unità europea. Dal PNRR, alla questione dell'Ucraina, al tema dell'energia su cui ha lavorato fino all'ultimo giorno.

Il primo punto su cui vogliamo essere chiarissimi è il fatto che noi ci collochiamo all'opposizione di questo Governo e che faremo un'opposizione non dettata dal pregiudizio, ma un'opposizione leale. Saremo sentinelle attente, vigili, intransigenti, soprattutto su un punto: l'ancoraggio dell'Italia all'europeismo e all'atlantismo, condizioni indispensabili per poter affrontare la fase storica così complessa che stiamo attraversando. (Applausi).

Che cosa significa essere europeisti e atlantisti? Oggi ancor di più significa schierarsi, senza ambiguità alcuna, nel fronte delle democrazie liberali contro le autocrazie e le ideologie che le animano. Le parole pronunciate dalla presidente Meloni alle Camere sono state nette. È vero, ne prendiamo atto. Parole cui auspichiamo seguiranno fatti altrettanto inequivocabili, che sgomberino il campo dalle tante ambiguità fin qui non risolte nella sua coalizione, anche nei giorni immediatamente precedenti alla formazione del Governo.

Attendiamo, dunque, i fatti e su quelli la giudicheremo, presidente Meloni, perché l'altra grande lezione che il presidente Draghi ci ha impartito è che in politica a contare sono proprio i fatti, non le dichiarazioni, non i comunicati, non gli slogan ad effetto.

Ma io torno a quella domanda, che è poi la bussola del nostro impegno: che cosa ci ha davvero lasciato il Governo Draghi? Un PNRR di circa 200 miliardi, dentro il quale c'è una risposta europea alla necessità di favorire crescita e sviluppo dopo l'enorme tragedia della pandemia. Risorse importanti, ma anche riforme, semplificazioni, processi di velocizzazione delle opere.

Il suo partito si è astenuto sul voto del PNRR nella precedente legislatura e questo voto sbagliato, sommato a continue dichiarazioni nel corso della campagna elettorale circa la necessità di profondi cambiamenti, ci ha preoccupato e continua a preoccuparci. Nel suo discorso ha derubricato le modifiche annunciate in campagna elettorale ad aggiustamenti necessari per ottimizzare la spesa, alla luce del rincaro dei prezzi e delle materie prime e della crisi energetica. Temi che ovviamente andranno affrontati, ma che sono ben altra cosa rispetto alle modifiche strutturali del PNRR. Le opere, le scuole, gli interventi in termini di digitalizzazione, su cui, presidente Meloni, lei non ha detto una parola, quelli per l'energia, che sono dentro questo Piano, devono essere attuati entro il 2026.

Il Governo Draghi lascia tutti gli obiettivi centrati e tutte le tranche di finanziamento raggiunte. Ora tocca al suo Governo. Quella data, il 2026, è molto vicina: non sono ammessi tentennamenti, cambiamenti di progetti o ritardi di sorta. (Applausi). A rischio non c'è solo una fondamentale occasione di crescita e modernizzazione del Paese. Se l'Italia fallisse, infatti, a naufragare sarebbe la stessa possibilità di rafforzare e consolidare un'idea di Europa che interviene in termini solidaristici nei confronti dei Paesi che la compongono.

Sarebbe una sconfitta storica, un danno enorme per l'Italia, per l'idea che sta alla base della nostra visione di un'Europa più giusta e più equa. Ritorno ancora a quella domanda: che cosa ci ha lasciato Draghi?

Anche sul fronte dell'energia, dal lontano marzo il nostro Paese ha chiesto un'inversione di rotta, con l'introduzione di una sorta di tetto al prezzo del gas, come tentativo per frenare le speculazioni. Altri Paesi hanno frenato, ma il Governo Draghi, e in prima linea il ministro Cingolani, hanno con coraggio, tenacia e determinazione, fino all'ultimo minuto utile, perseguito un obiettivo che finalmente, almeno in parte, è andato a segno: è stato accettato il concetto di price cap, sebbene dinamico; si è iniziato un percorso per l'individuazione di un indice e probabilmente di una piattaforma diversa al TTF di Amsterdam; è stato accettato il principio di disaccoppiamento tra il prezzo dell'energia elettrica e il prezzo del gas; è stata decisa l'istituzione di un fondo per affrontare la crisi del caro bollette. Obiettivi per nulla scontati. È del tutto evidente che su tutti e tre questi obiettivi sarà necessario seguire passo passo la fase attuativa, tenendo alta la guardia.

Ora però tocca al suo Governo e anche su questo non abbiamo sentito parole chiare. Da parte nostra, fin da subito, dichiariamo che saremo disponibili a fare tutto ciò che occorre per aiutare famiglie e imprese e per rafforzare l'autonomia energetica del nostro Paese, attraverso una spinta decisiva verso la realizzazione di infrastrutture che ci liberino dal ricatto russo, ma anche da una stagione che ha provocato tanti danni all'Italia, la stagione del "non nel mio giardino", la stagione della decrescita infelice, la stagione dei video, delle manifestazioni contro TAP, trivelle, rigassificatori, termovalorizzatori. (Applausi). Una fase nella quale spesso voi assecondavate quei "no", più che i "sì"; una stagione che invece noi abbiamo affrontato a viso aperto, con il coraggio di chi non ha mai ceduto al populismo e alla demagogia di coloro che non hanno visione e che in fondo lavoravano (quelli che erano per i "no") per renderci dipendenti dall'egemonia energetica di altri Paesi. È giunto il momento di dare prova di essere all'altezza della fase. Abbandonate le manifestazioni a Piombino e nel resto d'Italia e lavorate perché queste infrastrutture vengano realizzate in tempi rapidissimi. (Applausi). Se saprete essere all'altezza, noi per il bene del Paese saremo pronti a sostenere questi provvedimenti.

Esattamente con questo spirito c'è una differenza tra noi e le altre opposizioni. Abbiamo accolto positivamente la scelta del Governo Meloni di dare continuità alle politiche energetiche, attraverso l'individuazione della figura dell'ex ministro Cingolani. La continuità su temi decisivi è un sintomo di maturità del Paese, che non facciamo nessuna fatica a condividere. La demagogia delle altre opposizioni, che sparano contro un Ministro del Governo Draghi, di cui erano parte, è sintomo di debolezza e di miopia politica. (Applausi). Noi siamo e saremo un'altra cosa: atlantismo, europeismo, visione solidale della crescita dei Paesi dopo la pandemia, una nuova politica energetica, più giusta e più libera. Queste sono le coordinate che ci ha lasciato il Governo Draghi; sono queste coordinate che stanno alla base della nostra visione riformista e anche del nostro modo di concepire un ruolo dell'opposizione, intransigente ma mai preconcetta. Non ci indigniamo per l'utilizzo della parola "merito", non ci accapigliamo per l'uso dell'articolo determinativo davanti alla definizione di Presidente del Consiglio. Insomma a noi non interessano questi fatti; a noi interessano gli italiani, non la demagogia.

È proprio per questo che abbiamo scelto di definirci "terzo polo". Mi si consenta di dire una parola chiara su questo termine, anche in risposta ad alcune sciocche e facili ironie semplificatrici. Terzo polo non indica un ordine di arrivo, ma una ben precisa concezione della politica e del fare opposizione; terzo perché fieramente alternativo ai populisti di destra e di sinistra e ai sovranisti. (Applausi). Noi siamo la vera alternativa al suo Governo, presidente Meloni, e la combatteremo a viso aperto, con determinazione, ma anche con lealtà, perché a guidarci è la lealtà nei confronti del Paese.

Nel tracciare le coordinate della nostra opposizione matura, voglio ribadire che riteniamo grave quanto avvenuto per i ruoli di garanzia da parte delle altre opposizioni. Vedremo i prossimi passaggi, chiarendo da subito che riteniamo fondamentale la scelta di istituire una Commissione di inchiesta su quanto avvenuto in tema gli acquisti durante la pandemia gestita dal Governo Conte. Pretendiamo chiarezza e trasparenza.

Presidente, nell'avviarmi a concludere, le auguriamo di nuovo buon lavoro.

Per la prima volta nella storia della Repubblica una donna è Presidente del Consiglio: è un fatto straordinario, glielo dico da donna a donna.

Lei, domenica, al presidente Draghi, durante il passaggio di consegne, ha detto che stava vivendo un'emozione potente; mi creda, lo è stato anche per me, perché io sono politicamente distante mille miglia da lei e la combatterò con tenacia, ma su una cosa la sento vicina: la politica vissuta come scelta di vita, l'impegno, la lotta per ottenere i risultati con le proprie forze, una battaglia per avere diritto alle proprie ambizioni senza chiedere il permesso agli uomini. Anche questo, presidente Meloni, le richiede una sfida altissima e una grande responsabilità verso le donne di questo Paese.

Non nascondo che alcune scelte operate sui Ministeri ci lasciano perplessi, ci preoccupano; non nascondo che ieri, sul tema dei diritti alle donne, mi aspettavo di più dal suo intervento. Non nascondo che il primo atto che mi aspetto che voi facciate sono i decreti attuativi per il family act su cui ha lavorato l'ex ministro Bonetti. (Applausi).

La giudicheremo sui fatti, saremo vigili, terremo alta la guardia, e la incalzeremo, Presidente, perché avere una donna al vertice del potere non esaurisca la carica di possibilità per tutte le altre donne, per il loro diritto all'autodeterminazione e alla libertà nelle scelte di vita.

Con questi argomenti, le annunciamo il voto contrario alla fiducia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ronzulli. Ne ha facoltà.

RONZULLI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, Presidente del Consiglio, Ministri, colleghi senatori, oggi, con questo Governo politico, che è chiara espressione della volontà degli italiani, il popolo torna a essere sovrano. Nasce un Governo di centrodestra, un Governo che - è doveroso segnalarlo - è sorto in tempi record.

Questo è il primo impegno che il centrodestra ha mantenuto. Avevamo promesso agli italiani un Governo nel pieno delle sue funzioni e pronto a lavorare in tempi rapidi e così è stato.

È nato un Governo guidato dal primo Premier donna della storia repubblicana, motivo di orgoglio per tutti noi, per il Paese, convinti che saprà interpretare questo gravoso e altissimo incarico con la determinazione e la forza che la contraddistinguono. È motivo di orgoglio perché comprendo il difficile percorso a ostacoli che l'ha portata a guidare il Paese.

Mi conceda una piccola parentesi, è inutile negarlo: ci hanno voluto rappresentare divise, diverse, ma in realtà sappiamo bene quante cose ci legano e ci accomunano: da figlie, da madri, da donne, da parlamentari esponenti del centrodestra, abbiamo combattuto e continueremo a combattere insieme e orgogliosamente le battaglie per affermare i nostri diritti e i nostri ideali. (Applausi).

Presidente Meloni, lei ha chiesto il nostro sostegno e non sarà mai sola nel cammino che verrà intrapreso da questo Esecutivo e da questa maggioranza verso la rinascita e la ripartenza del Paese.

Forza Italia e il centrodestra la sosterranno lealmente in questo compito arduo e nobile, senza risparmiare alcuno sforzo, certi di trovare la stessa lealtà in lei e nel Governo che presiede. Lo impongono i tempi, lo impone la crescita economica, sociale e internazionale che l'Italia e l'Europa stanno attraversando e che richiede pragmatismo, concretezza e immediatezza nelle azioni. È l'urgenza dell'oggi che non ci consente come Parlamento di guardare al domani senza speranza, senza caricare sulle nostre spalle il peso di un presente da affrontare con alto senso di responsabilità, attraverso un lavoro tenace, generoso e rigoroso, anche attraverso il dialogo con le opposizioni, in un costante confronto che sia ordinato, utile, onesto e costruttivo, rispettoso delle emergenze che il Paese si trova ad affrontare, non pretestuoso, come ho sentito oggi in Aula da parte di qualche esponente dell'opposizione. Ricordo a me stessa che governate da dieci anni senza vincere le elezioni, eppure questo Paese non lo avete risollevato. Questo compito ora spetta a noi. (Applausi). Questo Governo ha davanti a sé sfide irrinunciabili, tra le quali la crisi energetica, devastante per portata e impatto economico, che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese e quindi il tessuto sociale e produttivo del Paese. Questo comporta la necessità di aiuti immediati e una politica energetica visionaria, lungimirante e strategica; la stessa visione che Forza Italia aveva promosso in tempi non sospetti già nel lontano 2008, denunciando un allarme energetico nazionale caduto nel vuoto, a cui sono seguite scelte politiche scellerate, basate non sull'interesse della Nazione, ma su una falsa ideologia spacciata per ambientalista, che ha impedito al Paese di avvicinarsi alla indipendenza reale e a diversificare gli approvvigionamenti energetici.

La crisi energetica, però, non è l'unica urgenza del Paese: ci sono, ad esempio, le risorse del PNRR che devono essere spese bene e per tempo, ultimando progetti e liberando energie che saranno il volano per gli investimenti e che ci raccontano il volto di un'Europa madre e non più matrigna, che deve riprendere la strada della solidarietà, quella percorsa durante la pandemia, e agire come una comunità di Stati pensati dai padri fondatori e non come satelliti egoisti e distanti. Non a caso parlo di sfide irrinunciabili.

L'Italia ha anche urgente bisogno di infrastrutture strategiche nazionali che per troppo tempo sono state vincolate e ostacolate dalla politica dei "no", da un'ideologia fine a sé stessa che ha bloccato il Paese e lo ha trascinato nella palude dell'immobilismo. Tali infrastrutture possono rilanciare parti dimenticate del Paese, che possono ricucire la distanza che separa il Nord dal Sud dell'Italia e ritornare a quello spirito risorgimentale di unità e di speranza che ha contraddistinto la fase storica che ha condotto all'unità d'Italia. Penso quindi a un Sud che deve rinascere sotto la buona stella del fare, del progettare e del pensare in grande.

Queste sfide, cari colleghi, ministri, presidente del Consiglio Meloni, richiederanno la competenza, il sacrificio e la dedizione di ognuno di noi. Forza Italia, anima del centrodestra e pilastro portante del Governo, darà il suo indispensabile contributo, rispettando e rispecchiando i valori che contraddistinguono la nostra coscienza politica, che vuol dire anche rispondere alla coscienza del Paese. Parlo dei valori europei e atlantici, valori per noi indiscutibili e che certamente delineeranno la politica estera di questo Esecutivo, che non guarderà alla Cina, come è stato fatto in passato, ma consoliderà la propria natura nel Patto atlantico.

La nostra indiscutibile esperienza internazionale sarà messa al servizio del Paese, così come l'appartenenza storica alla grande famiglia del Partito Popolare Europeo. Parlo di valori liberali che appartengono alla tradizione e alla storia di Forza Italia e del centrodestra, che promuovono la libera impresa, il libero mercato, la dignità economica, la dignità di cittadini e imprese che per troppo tempo sono stati schiacciati da un'oppressione fiscale asfissiante e non più sopportabile. Usciamo dalle secche dell'austerità, della burocrazia, delle privazioni e diamo un nuovo slancio agli investimenti, alla crescita, ai consumi, ridefinendo anche il rapporto tra cittadini e Stato.

Siamo chiamati a realizzare la riforma fiscale che abbiamo declinato nel nostro programma di Governo, riducendo le tasse e il cuneo fiscale. Lo dobbiamo ai lavoratori, alle partite IVA, ai commercianti, alle imprese che ci chiedono un segnale chiaro e noi glielo daremo.

Dobbiamo anche uscire dal deserto demografico che affligge il Paese. La famiglia è il pilastro inattaccabile della nostra società: se la famiglia va, va anche la Nazione e va il mondo intero in cui viviamo, come diceva San Giovanni Paolo II. Dobbiamo aiutare e sostenere i giovani che vogliono mettere su casa, aiutare le mamme nella conciliazione tra lavoro e famiglia, perché un Paese che non fa figli è un Paese che non ha futuro. Era il 2010 quando mi battevo nel Parlamento europeo per sostenere queste battaglie di civiltà e di diritti; siamo nel 2022 e poco o nulla è stato fatto.

Ancora oggi assistiamo ad un inaccettabile divario retributivo, a parità di mansioni tra uomo e donna, che è causa ed anche effetto della minore partecipazione femminile al mondo del lavoro. La disparità oggi significa disparità sul futuro; una disparità che nasce già tra i banchi di scuola, che ha conseguenze importanti sul futuro della società e delle donne, che sono ormai escluse dal cambiamento epocale della rivoluzione tecnologica che il mondo sta attraversando. Un pregiudizio e uno stereotipo che creano una sorta di barriera psicologica per le donne che sin da bambine sono portate a sentirsi inferiori rispetto ai maschi negli ambiti scientifici, per esempio nelle materie Stem. Attraverso tali valori che segnano il perimetro dell'identità politica di questo nuovo Esecutivo, stiamo tracciando il percorso che condurrà l'Italia a quella meta ideale che aspiriamo a raggiungere; un Paese più giusto, più umano, più sicuro e più democratico. Un Paese che aggancia la scuola all'università, con le prospettive di vita dei nostri giovani, rinnovando il merito, garanzia di uguaglianza, di libertà di scelta, di pari opportunità, che rappresenta l'essenza di una società giusta dove chiunque, nessuno escluso, possa meritare con l'impegno, il sacrificio e la dedizione, il futuro che immagina.

L'Italia deve diventare una Nazione forte, vincente ed esemplare; lo deve fare partendo dalla formazione dei nostri figli, dei nostri giovani. Per arrivare a questo per noi sarà imprescindibile garantire la vera libertà di scelta educativa che consentirà alle famiglie, senza distinzione di reddito, di poter scegliere il percorso di istruzione e di formazione per i propri figli. Per noi questa è una metafora della democrazia. Questa è l'idea di Stato verso la quale ognuno di noi deve tendere nell'esercizio del proprio incarico, che sia politico o istituzionale. Ebbene lo sforzo che dobbiamo compiere per raggiungere questa meta dovrà essere tenace, appassionato e coraggioso.

Ha ragione, presidente Meloni, ci vuole coraggio per prendere per mano il Paese in questo preciso momento storico e puntare a traguardi di libertà, di giustizia, di progresso e di fiducia quando tutto sembra remare contro. Questo coraggio lei lo ha dimostrato. Questo coraggio il Gruppo di Forza Italia ce l'ha, noi lo abbiamo. L'Italia da oggi torna a correre. L'Italia da oggi torna a dire "sì" con speranza, con ambizione e con la fiducia che qui, insieme a milioni di italiani, conferiamo a questo Governo. Buon lavoro. (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie per il rispetto dei tempi.

È iscritto a parlare il senatore Scarpinato. Ne ha facoltà.

SCARPINATO (M5S). Signor Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso lei e i suoi Ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione. Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell'impianto antifascista e democratico che ne costituisce l'asse portante. Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale lei, Presidente, ha testualmente dichiarato: «la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi antiebraiche». Concetto che ha ribadito anche nelle sue dichiarazioni programmatiche. Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico, consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma anche un'ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all'avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo, che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche, variamente denominate, che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e coagulato tutte le forze più reazionarie del Paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.

Si tratta di un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato co-protagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro Paese europeo e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti considerati carne da macello da sacrificare all'obiettivo politico di sabotare l'attuazione della Costituzione o - peggio - di stravolgerla, instaurando una Repubblica presidenziale sull'onda dell'emergenza.

Non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione la circostanza che lei e la sua parte politica, sino a epoca recentissima, abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione. Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1965 di Ordine Nuovo, che fu non solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti, con sentenze definitive, autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro Paese. Tra questi - per citare solo alcuni esempi - mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, tutti gravitanti nell'area di Ordine Nuovo.

A proposito di padri nobili e figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile 2022 il deputato di Fratelli d'Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella Sala Capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del SID negli anni Settanta e condannato con sentenza definitiva a diciotto mesi di reclusione per favoreggiamento nei confronti dei responsabili della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, che causò 17 morti e 88 feriti e diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione. Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti hanno garantito sino a oggi l'impunità di mandanti ed esecutori, segnando l'impotenza dello Stato a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.

Il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti un uomo dello Stato che ha sempre osservato l'appartenenza alla divisa. Dinanzi a simile affermazione viene da chiedersi, presidente Meloni, quale sia l'idea di Stato della sua parte politica. (Applausi). Lo Stato di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere l'ordine costituzionale, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l'impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?

Mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da lei assunte nel recente passato. Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge Mancino che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche. E, ancora, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che esso fu introdotto dal legislatore nel 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro Paese emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per le violenze poste in essere dalle Forze di polizia nella scuola «Diaz» in occasione del G8 svoltosi nel luglio 2001 a Genova. La sua parte politica definì tale nuovo reato «un'infamia».

Lei, presidente Meloni, dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro. Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal fascismo storico, né la cortese condiscendenza del neopresidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti col passato e inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale. (Applausi).

Una riconciliazione nazionale sarà possibile solo se e quando questo Paese avrà piena verità per tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l'occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana. Un Paese che rimuove il suo passato celandolo dietro la coltre della retorica, quella retorica di Stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un Paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposta al pericolo di rivivere il passato rimosso.

A questo riguardo, desta viva preoccupazione la volontà da lei ribadita di mettere mano alla Costituzione per instaurare una Repubblica presidenziale, che in un Paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un Paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condiviso, potrebbe rivelarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per far rivivere il vecchio sogno neofascista dell'uomo solo al comando nella moderna forma della cosiddetta democratura o della democrazia illiberale. (Applausi).

I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno rilevanza immediata. Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongono fine alla inarrestabile crescita delle diseguaglianze e dell'ingiustizia sociale che affligge il nostro Paese? La risposta a mio parere è negativa, perché questa crescita delle diseguaglianze e dell'ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma è il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall'establishment di potere di questo Paese, che ha surrettiziamente sostituito la tavola dei valori della Costituzione con la Bibbia neoliberale... (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SCARPINATO (M5S). Valori antiegualitari e antisolidaristici che sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale. Lei, signor Presidente, e la sua maggioranza politica, non siete l'alternativa all'establishment. Come attesta anche la composizione della sua squadra di Governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l'illusione del cambiamento.

Quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia mantenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire perplessità al riguardo, tenuto conto che il suo Governo si regge sui voti di una forza politica il cui leader ha mantenuto rapporti pluriennali con i mafiosi e che ha tra i suoi soci fondatori Marcello...(Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. La ringrazio. Le ho dato due minuti in più. Se vuole concluda, vedo che ci tengono molto che lei vada oltre i due minuti, prego. (Commenti).

SCARPINATO (M5S). Ha dato più di due minuti ad altri? Se lei non ci tiene io posso concludere qui, Presidente. Evidentemente non è gradito.

PRESIDENTE. Senatore, le assicuro che li ho dati anche a lei, poi verificherà. Prego, concluda.

SCARPINATO (M5S). Concludo, ma vale soprattutto per me a quanto pare.

Noi siamo le nostre scelte, onorevole Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare: certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte di questa Costituzione, non dalla parte dei martiri della Resistenza, non dalla parte di coloro che, per la difesa della legalità costituzionale, hanno sacrificato la propria vita. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bongiorno. Ne ha facoltà.

BONGIORNO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio, devo dire che per cinque anni della mia vita ho parlato sempre dopo il senatore Scarpinato e non immaginavo di dover di nuovo parlare dopo di lui, che saluto e che credo non abbia dimenticato il proprio passato e la propria abilità nelle requisitorie.

Signor Presidente del Consiglio, avevo preparato un intervento, ma alla fine l'ho cambiato, dopo aver sentito una serie di accuse fatte nei suoi confronti, devo dire - e mi dispiace - anche da parte di molte donne. Lei ha fatto un riferimento al peso che sente gravare sulle sue spalle, nella sua nuova veste di prima donna Capo del Governo in Italia e ha sottolineato che deve dimostrare molte cose. È vero, lei ha tantissimo da dimostrare, signor Presidente, ma vorrei dirle che è già tanto che una donna sia arrivata, senza scorciatoie, a questo inedito ruolo di Atlante. (Applausi).

Le dico questo perché fino al 1981 - una data che non è tanto lontana: sono quarantun anni fa - sapete la donna come era considerata? Come uno scooter. Infatti, la pena prevista per chi uccideva una donna per motivi passionali era da tre a sette anni, esattamente la stessa pena prevista in caso di incendio di uno scooter. Come potrà confermare l'ottimo Nordio, oggi non ci sono più quell'abominevole reato e quell'attenuante, ma la donna è ancora considerata come uno scooter. Tra poco meno di un mese, signor Presidente del Consiglio, sarà il 25 novembre: quel giorno conteremo tutte le donne che tuttora, in Italia, vengono massacrate, perché considerate alla stregua di uno scooter, ovvero di un oggetto che, se non va bene, si distrugge. (Applausi). Oggi - siamo nel 2022 - una donna che manifesta una volontà propria in contrasto con quella maschile, tuttora può essere messa a tacere, offesa, insultata, picchiata, sfregiata e uccisa. A volte, il suo corpo può essere oggetto di scempio, come se non bastasse la morte.

Perché richiamo la violenza sulle donne e metto questo concetto accanto al tema del Premier donna? Lo faccio per un motivo: spesso, alla base della violenza c'è la discriminazione, che è l'altra faccia della violenza nei confronti della donna. Alla stregua di un oggetto, che se non serve viene buttato via, una donna che dice di no non serve e viene massacrata. Lei ha citato le varie donne di valore che emergono, dicendo che sono utili per tutte le donne. Aggiungo che le donne di valore sono utili, sì, ad aprire altre strade, ma fanno molto di più per noi, perché abbattono i pregiudizi nei confronti delle donne. Dunque, se l'altra faccia della medaglia della violenza è la discriminazione, ogni donna di valore, con il proprio contributo, quando emerge, riesce anch'essa a combattere quella concezione della donna e quindi la violenza.

Lei ha molti Ministri accanto e penso in particolare al Ministro dell'istruzione. Quanto può fare un Ministro della scuola per la violenza sulle donne? Tantissimo. I ragazzini, fin da piccoli, non devono avere atteggiamenti da bullo nei confronti delle donne. C'è un video straordinario, intitolato "Fammi vedere come corri", in cui si vede che, se si chiede ai bambini di cinque anni di correre come una femmina, corrono normalmente, ma, se lo si chiede ai bambini di nove, lo fanno in modo scomposto, perché cominciano a pensare che la donna sia qualcosa di diverso.

Si può fare tanto nella scuola. Si può fare tanto contro la violenza alle donne nello sport, nell'università e nella giustizia. Molto potranno fare i suoi Ministri, ma le dico di più: il fatto oggettivo che lei, Giorgia Meloni, non sia seduta qui accanto a me e nemmeno a un'estremità dei banchi del Governo, ma sia seduta al centro vale più delle leggi, delle iniziative e delle sanzioni. (Applausi). Quella sua posizione centrale, infatti, è un chiaro messaggio: sa qual è? Le donne non sono più scooter cui poter da fuoco.

Purtroppo, il tempo è poco e devo essere velocissima, per cui passo a un altro punto, visto che abbiamo qui oggi Ministri che fanno riferimento a un tema particolarmente caro.

Credo che il Ministro più veloce di questo Governo, che si è assegnato la medaglia di Ministro più veloce della luce, sia Matteo Piantedosi, che ha già emanato una direttiva in relazione alla solita questione delle ONG che ormai tutti conosciamo. Mi ha colpito la risposta di un'ONG. Quando le è stato contestato che forse stava commettendo una violazione, l'ONG ha risposto: «Seguiamo la legge del mare, soccorriamo uomini e donne». Il soccorso è sacrosanto, purché sia tale. Se un viaggio - e guarda caso sta cominciando a venire fuori qui e lì - è puntualmente organizzato da trafficanti e se magari chi fa quel viaggio è costretto a pagare una somma di denaro pari a 2.000 euro, con indicazione del luogo e dell'orario in cui sarà prelevato in mezzo al mare e portato in Sicilia da una ONG, quello è un soccorso o un appuntamento finalizzato all'immigrazione clandestina? (Applausi).

Purtroppo, caro ministro Piantedosi, la materia è regolata da convenzioni internazionali totalmente anacronistiche e temo che proprio per questo a tali interrogativi troppo spesso sia chiamata a rispondere la magistratura. Per me la risposta non può essere data dalla magistratura: credo che serva davvero un nuovo patto tra gli Stati per impedire per impedire che il mare sia un nuovo far west.

Rivolgo infine un augurio di buon lavoro al mio presunto acerrimo nemico, secondo la stampa, onorevole Carlo Nordio, persona che io stimo e che essendo stato con me nel totoministri si pensa sia un mio acerrimo nemico. Buon lavoro, Ministro (Applausi), basta leggere i suoi libri per capire che siamo in ottime mani.

La giustizia è paralizzata. Ha già detto quali sono le sue priorità, caro acerrimo nemico. Sicuramente dobbiamo velocizzare i processi, senza ridurre le garanzie; al contempo, dobbiamo lavorare sul CSM. Vede, signor Ministro, dopo lo scandalo Palamara - e lì ho commesso un'ingenuità - da parte di tutti ci si chiedeva come fosse possibile che fosse accaduta una cosa del genere; si diceva: c'è una degenerazione del correntismo, che cosa si può fare? Io ho detto che sarebbe cambiato tutto, ma sa cos'è cambiato? Niente, assolutamente niente.

Avviandomi alla conclusione, devo dire che il nuovo sistema elettorale del CSM, che è stato scritto dal ministro Cartabia, purtroppo non ha colto nel segno e non è cambiato niente. Occorrono nuove riforme e, se sono costituzionali, si possono fare: non è vietato dalla legge, basta seguire una procedura. E le riforme le faremo - attenzione, anche quelle costituzionali - ma non contro la magistratura: le faremo con la magistratura, che per la maggior parte è composta da magistrati perbene, silenziosi e autonomi, ma da troppi anni vittime del sistema delle correnti. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Martella. Ne ha facoltà.

MARTELLA (PD-IDP). Signor Presidente, colleghi senatori, Presidente del Consiglio, al voto di fiducia di quest'Assemblea si presenta il primo Esecutivo della nostra Repubblica guidato da una donna: è una novità storica, è doveroso sottolinearlo e voglio farlo anch'io. Detto ciò, quanto a giudizi positivi, onestamente, mi fermerei qui.

Gli auguri di buon lavoro sicuramente fanno parte del galateo istituzionale, che va sempre mantenuto, ma permettetemi di dire che oltre non è il caso di andare.

Se mi è permesso, Presidente, le voglio anche dire di guardarsi dai troppi adulatori: sono un pericolo di cui sempre bisogna tener conto. Il punto infatti è capire qual è il lavoro che si vuole portare avanti, per rispondere a quali domande e a quali esigenze, tra le tante che sorgono in una società sempre più complessa come la nostra, se per difendere i bisogni e i diritti di molti o i privilegi di pochi. Certo, ci sono temi che riguardano l'interesse nazionale e su questi è e sarà decisivo ritrovarsi insieme, uniti, ma sul resto saremo costantemente impegnati ad animare un confronto tra idee e proposte diverse.

Signor Presidente del Consiglio, lei, anche per una comprensibile esigenza di legittimazione internazionale, ha fatto molte dichiarazioni rassicuranti sulla collocazione europea e atlantica dell'Italia, però i suoi principali alleati, tra improvvide esternazioni e posizioni che purtroppo sono ben note, fanno sorgere seri dubbi sulla capacità di mantenere la barra ferma rispetto alla guerra in Ucraina e ai rapporti con la Russia di Putin. Davvero mi dispiace ed è un peccato che lei non abbia voluto pronunciare una parola sulla pace, cioè sull'iniziativa diplomatica per raggiungere - come ha detto il presidente Mattarella - le condizioni di una pace giusta.

Lei, Presidente, ha anche detto di voler perseguire il confronto con le parti sociali, in particolare con chi rappresenta il mondo del lavoro. Anche qui ci accorgeremo presto se alle parole seguiranno i fatti, se varrà davvero il metodo del dialogo sociale. Lo vedremo presto, già con la legge di bilancio, e dovete fare presto. Mi spiace che molti colleghi non colgano questa fretta, perché ci sono misure urgenti da prendere per rispondere all'emergenza economica e sociale, tra questione energetica e caro bollette, aziende che rischiano di chiudere e milioni di posti di lavoro in pericolo e per fronteggiare una gigantesca fiammata inflazionistica che sta bruciando il potere di acquisto delle famiglie, in particolare delle fasce più deboli.

Ricordo, Presidente, che lei troverà risorse che derivano dalla capacità e dalla responsabilità di chi l'ha preceduta: le utilizzi bene, efficacemente. Vede, vincere e governare non sono la stessa cosa, specie se la vittoria è stata costruita cavalcando temi demagogici, alimentando populismo e ambiguità, tutti elementi che mal si conciliano con una seria azione di Governo e con l'ambizione di porsi alla guida di un grande Paese europeo. Sarete in grado di placare i venti antieuropeisti che soffiano forti al vostro interno e di indirizzare la nostra politica economica in sintonia con le strategie dell'Unione, abbandonando ogni suggestione sovranista? Sarete in grado di affrontare in modo efficace la transizione ecologica e la lotta ai cambiamenti climatici, di rimuovere tutto il non detto sulla giustizia e di affrontare la questione migratoria, liberandovi di ogni pulsione xenofoba? Sarete in grado di farlo? Lo vedremo. Permettetemi di mantenere il dubbio enorme che navigherete a vista, bloccati da antichi retaggi e da estenuanti contrattazioni interne. Guardate che questo non vuol essere un auspicio, perché ne riceverebbe un danno il nostro Paese. Temo che sarà una constatazione, triste e oggettiva.

Per quanto riguarda noi, ci concentreremo sull'opposizione, che non sarà mai pregiudiziale o ideologica, ma che proprio per questo, basandosi su fatti e misure concrete, sarà anche il modo migliore per rendere più forti e più chiare le nostre idee e le nostre proposte, quelle che si faranno in Parlamento come dentro ogni piega della società.

Lotta alle diseguaglianze, contrasto alla povertà, diritti sociali e civili, promozione di un lavoro dignitoso, salario minimo, sanità e scuola funzionanti saranno i nostri pilastri, assieme alla difesa dei principi della Costituzione, che sono stati riaffermati nel modo più alto e intenso grazie alle prime parole pronunciate in quest'Aula all'avvio della legislatura dalla senatrice a vita Liliana Segre. È stato un raggio di luce, caldo e luminoso, che seguiremo nel cammino che ci attende con coerenza e determinazione. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malan. Ne ha facoltà.

MALAN (FdI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, colleghi senatori, dopo undici anni c'è nuovamente un Governo frutto di una precisa indicazione degli elettori, basato su una coalizione che si è presentata come tale alle elezioni con un programma condiviso. È un fatto già di per sé positivo, un messaggio anche a chi ha ritenuto di non votare lo scorso 25 settembre, pensando che le elezioni non servano; il voto serve, con il voto si può cambiare. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è la prima donna a rivestire questa carica ed è uno dei tre più giovani Capi di Governo della Repubblica italiana.

Il Governo è stato formato in tempi strettissimi, la lista dei Ministri è stata approvata e resa nota poche ore dopo l'incarico, peraltro conferito dopo consultazioni molto brevi, grazie alla chiarezza del risultato elettorale.

È un Esecutivo di alto profilo, come annunciato dalla presidente Meloni, pronto a realizzare il programma presentato agli elettori e ad affrontare le sfide che attendono l'Italia sfide difficili, in un momento difficile: l'inflazione è ai massimi dal 1983; il prodotto interno lordo è ancora al di sotto di quello realizzato nel 2019, dopo che già in precedenza l'economia italiana era cresciuta meno di quella delle altre grandi Nazioni europee; il debito pubblico è arrivato a 2.757 miliardi, pari al 145 per cento del PIL, mentre ricordiamo che nel 2011 l'ultimo Governo di centrodestra fu costretto a lasciare, perché il debito era arrivato - pensate - a 1.911 miliardi, pari al 119 per cento del PIL (poi da 1.911 miliardi di euro si è arrivati a 2.757, passando dal 119 al 145 per cento).

C'è un deficit di cui si parla meno, ma che è il più importante di tutti, quello demografico: dei 192 Paesi registrati nelle statistiche mondiali, l'Italia è al centottantasettesimo posto per natalità, con 6,8 nati per ogni mille abitanti. Per dare un'idea, la media dell'area euro è di 8,9; la Germania ne ha 9,3, la Svizzera 9,9, Stati Uniti, Francia e Svezia undici. Se vogliamo dare un'occhiata ai Paesi da cui provengono più immigrati, vediamo che la Tunisia ne ha 17, Marocco e Bangladesh 18, Pakistan 27, Nigeria 37 (ossia oltre cinque volte più dell'Italia, che - lo ricordo - ne ha 6,8); qualcuno però dice che non è necessario un Ministero per la natalità e la famiglia, a cui la Costituzione assegna un ruolo primario nella nostra società.

L'elenco delle difficoltà che abbiamo di fronte potrebbe continuare a lungo: bassi salari in molti settori; infrastrutture ancora insufficienti; giustizia lenta e talora inaffidabile, talora sospettabile di parzialità politica per le posizioni prese da taluni che l'hanno amministrata, che si manifestano non solo per la loro simpatia, ma per la loro avversità che a volte si avvicina all'odio, e ne abbiamo sentito un saggio pochi interventi fa. (Applausi).

Abbiamo ancora una burocrazia che troppo spesso impedisce e comunque scoraggia chi desidera fare, non soltanto in ambito economico ma persino ad esempio nel volontariato. Qualcuno ha ironizzato sulla frase del Presidente del Consiglio: «Non disturbare chi vuole fare». Non solo è un'affermazione importante, ma è un'urgenza per l'Italia. Quante imprese e quanti posti di lavoro non nascono per via di questo disturbare e mettere ogni sorta di ostacoli a chi vuole fare?

Dal suo intervento programmatico, però, presidente Meloni, oltre che dalla sua storia personale, emergono la chiarezza di idee e la determinazione necessaria a trasformare queste idee in realtà, al servizio della Nazione e dei cittadini, insieme a tutta la compagine di Governo e ai partiti che lo sostengono. Sarà un lavoro difficile, ma che intanto è iniziato nel modo migliore: non facendo promesse mirabolanti in campagna elettorale e parlando, soprattutto nel suo discorso inaugurale, di principi e di valori.

C'è chi l'ha criticata, perché non è entrata nello specifico dei provvedimenti da prendere. Ricordo, a chi muove queste critiche, che per i dettagli ci sono le relazioni dei disegni di legge che il Governo presenterà e gli articolati, com'è sempre stato. Su quei provvedimenti il Senato, così come l'altro ramo del Parlamento, avrà modo di intervenire adeguatamente. Questo, però, non è sempre avvenuto nel passato.

Ricordo ancora una volta, a chi continua a menzionare il fatto che Fratelli d'Italia non ha votato il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che il voto di astensione è stato un gesto di responsabilità e serietà, considerando il fatto che le centinaia di pagine di quel documento, che impegnano centinaia di miliardi del contribuente, sono arrivate un'ora prima che il Parlamento dovesse pronunciarsi.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto ieri che non succederà più che le Camere debbano votare su testi che non possono conoscere. Questo è rispetto dei principi della Costituzione, questo è rispetto del Parlamento, nei fatti e non soltanto a parole, come abbiamo sentito tante volte.

In quel voto, Fratelli d'Italia ha tenuto fede all'atteggiamento costante negli anni di opposizione ai vari Governi che si sono succeduti: mettere davanti a tutto l'interesse dell'Italia e degli italiani, anche quando può non convenire alla propria parte e all'immediato consenso popolare.

Senatore Martella, parlare di demagogia e populismo è veramente fuori luogo; è esattamente la strada opposta a quella che abbiamo sempre seguito: dire ciò che serve e non ciò che conviene. (Applausi). Non abbiamo mai messo in campo, quando siamo stati all'opposizione, ostruzionismo o acritica contrarietà. Quando abbiamo condiviso qualche iniziativa, l'abbiamo votata, a volte risultando persino decisivi per l'esito del voto, nonostante i piccoli numeri che avevamo fino a due mesi fa.

Abbiamo proposto miglioramenti, a volte accolti, sia pure raramente. Ci aspetteremmo lo stesso atteggiamento da parte dell'opposizione di oggi, ma non per avere meno problemi in Aula. In questo caso, a fronte di ogni tipo di atteggiamento di particolare combattività e di ostruzionismo, siamo pienamente attrezzati ad affrontarli.

Noi, però, auspichiamo un atteggiamento costruttivo da parte dell'opposizione, per il bene delle istituzioni e nell'interesse dell'Italia, che è di avere le migliori leggi, anche con l'apporto delle forze che non votano la fiducia al Governo. I toni di questa discussione fanno ben sperare in tal senso, tranne qualche eccezione.

Tra i tanti punti toccati nel discorso del Presidente del Consiglio, mi permetto di sottolinearne tre. In primo luogo, a proposito delle concessioni di infrastrutture pubbliche come autostrade e aeroporti, ha affermato che quello degli oligarchi seduti sui pozzi di petrolio ad accumulare miliardi senza neanche assicurare investimenti non è un modello di libero mercato degno di una democrazia occidentale. Peraltro, è anche un modello che va contro i principi dell'Unione europea, dove la concorrenza è uno degli aspetti fondamentali.

Una seconda affermazione è stata l'intendimento manifestato di non replicare in nessun caso un atteggiamento e un modo di affrontare la pandemia (sperando che questo sia un evento che non si verifichi) secondo il modello che ha comportato una forte limitazione dei diritti, senza garantire meno decessi, ma, al contrario, avendone di più. I diritti fondamentali vanno garantiti sempre, questo dice la Costituzione: altrimenti, sono concessioni e non più diritti.

Noi sosterremo questo Governo nei lavori del Senato, in Aula e nelle Commissioni, in collaborazione con gli altri Gruppi di maggioranza, perché questo è il compito affidatoci dagli elettori, perché Governo e maggioranza parlamentare avranno il compito di realizzare il programma e perché riteniamo che questo sia l'interesse della Nazione.

Sosterremo questo Esecutivo per fiducia in tutta la compagine di Governo e lo sosterremo per fiducia in lei, presidente Meloni, nella sua determinazione, nella sua coerenza e nel suo senso dello Stato. Nel finale del suo discorso, ha citato la frase di Giovanni Paolo II, che a sua volta riecheggia l'apostolo Paolo: la libertà non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell'avere il diritto di fare ciò che si deve. Sappiamo che questa sarà la sua stella polare nell'altissima missione che l'attende. Per questo, saremo sempre al suo fianco. (Applausi).

PRESIDENTE. Prima di sospendere la seduta, anche per rispetto di coloro che hanno seguito dall'inizio tutti i lavori e la discussione generale, avverto che è stata presentata la mozione di fiducia al Governo a firma dei senatori Rauti, Romeo, Ronzulli e De Poli.

La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 17,25, è ripresa alle ore 17,41).

Avverto che è in corso la trasmissione diretta televisiva con la RAI.

Ha facoltà di intervenire in replica il presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Giorgia Meloni.

MELONI, presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, mi scuso con tutti per la voce ed eventualmente per la tosse.

Desidero ovviamente ringraziare tutti i senatori intervenuti in questo dibattito, che mi è sembrato franco, ma rispettoso e composto, e che, secondo me, ha fatto emergere prevalentemente due cose. La prima è lo stato reale nel quale versa l'Italia, perché sia dagli interventi degli esponenti della maggioranza, sia dagli interventi degli esponenti dell'opposizione sono stati citati i rapporti della Caritas, la povertà dilagante, i dati sulla disoccupazione, sulla precarietà, sulle condizioni difficili nelle quali versano i più fragili e sulle scarse risorse delle quali disporremo per dare risposte a tutti questi problemi. Da questo racconto emerge infatti una realtà che ci aiuta a fare una grande operazione di verità sull'Italia che ereditiamo anche da coloro che ne denunciano le condizioni. (Applausi). Forse è un racconto più sincero di quello che ci è stato fatto in altri tempi, quando si sbandierava e si brindava per l'abolizione della povertà in Italia. È un bene che gli italiani sappiano qual è la condizione che affrontiamo oggi e che ereditiamo.

Il secondo elemento dal quale desidero partire è che sono stata criticata da diversi interventi per aver cercato, nella relazione di ieri, di disegnare una visione, un manifesto programmatico. È stato detto da alcuni, contestando questa scelta, che gli italiani non si aspettavano questo da me, ma risposte concrete. Non sono d'accordo, ovvero sono d'accordo in parte, nel senso che ritengo che senza una visione e un manifesto programmatico e senza che vi siano a monte scelte chiare e un'idea di Italia da disegnare, anche le risposte concrete che si danno rischiano di non essere efficaci. Questo lo abbiamo visto negli anni scorsi. (Applausi). Lo abbiamo visto quando c'erano Governi che mettevano insieme partiti che avevano visioni distinte e contrapposte, ognuno dei quali rivendicava il suo pezzetto di obiettivo, ma quegli obiettivi non stavano insieme.

Abbiamo visto spendere centinaia di miliardi di euro, in buona parte scaricandone il debito sui nostri figli, che non hanno prodotto neanche lontanamente un miglioramento delle condizioni di questa Nazione. (Applausi). Il problema della politica è qui. La ragione per la quale io e Fratelli d'Italia abbiamo scelto di non fare mai parte di Governi sostenuti da maggioranze arcobaleno e distoniche era proprio questa. A maggior ragione, quando tu hai risorse limitate, devi scegliere; devi scegliere una strada, scegliere dove vuoi andare, scegliere dove vuoi portare la Nazione e poi ragioni sui provvedimenti concreti che ti consentono di arrivare a quella meta. Quindi io ho fatto la scelta di disegnare ieri l'Italia che vorremmo costruire, dove vorremmo andare, per poi far calare da quella visione i provvedimenti necessari ad ottenerla.

Ora, ovviamente, in sede di replica entrerò maggiormente nel merito di alcune questioni e darò alcune spiegazioni. Mi scuso se non riuscirò a rispondere a tutti; ad alcune questioni ho già risposto nella replica di ieri, su alcune non tornerò perché vale quello che ho detto ieri; su altre, sulle quali forse non sono stata abbastanza chiara o che necessitano di ulteriori chiarimenti, volentieri do alcune risposte, a partire dal tema dell'energia, che è una delle nostre grandi priorità. Ritenevo di averne parlato ieri forse anche troppo abbondantemente, ma giustamente mi si chiede di tornarci e ci torno volentieri.

Che cosa bisogna fare? Io credo che, per contrastare la situazione molto complessa nella quale ci troviamo, si debba lavorare su tre livelli diversi. C'è - livello primo - il tema del contrasto alla speculazione, che per noi è una priorità assoluta. Come ho detto in passato, noi sappiamo qual è la ragione principale per la quale oggi i costi dell'energia sono così alti. Prima di continuare a cercare nuove risorse (magari sempre a debito, magari scaricandone sempre il costo sui nostri figli), che stiamo tecnicamente regalando agli speculatori, credo che la priorità debba essere quella di fermarli. (Applausi). È quindi giusto e normale che si sia sostenuto il lavoro che il Governo precedente faceva in questo senso a livello europeo, perché le misure più efficaci da quel punto di vista - come sappiamo tutti e siamo tutti d'accordo su questo - si producono a livello europeo. Ci sono poi ovviamente cose che si possono fare anche a livello nazionale; ieri il nostro ministro Pichetto Fratin ha partecipato al Consiglio dei Ministri dell'energia a livello europeo. Si è fatto qualche ulteriore passo avanti. Ovviamente si ragiona con i limiti che sono dati anche dalla difesa dell'interesse nazionale delle varie Nazioni. Oggi si ragiona - come voi sapete - su un price cap dinamico. Vedremo i tempi. Noi stiamo e continueremo a incalzare l'Europa a dare soluzioni comuni. Penso però che, da una parte, ci sia il price cap e, dall'altra, il tema della separazione tra il costo del gas e quello delle altre fonti energetiche. L'Italia si è già mossa in questo senso in parte. Noi siamo pronti, se anche qui non sarà l'Europa a dare delle risposte, a lavorare a un disaccoppiamento crescente sulla base di quelle che saranno le determinazioni a livello europeo. L'Europa ha approvato un regolamento che, entro fine anno, dovrà essere adottato, fissando un tetto massimo alle rinnovabili. È un lavoro nel quale le determinazioni europee vanno messe in sinergia con le determinazioni nazionali. Ma tutto quello che si potrà fare, anche a livello nazionale, per fermare la speculazione, siamo pronti a farlo.

Il secondo livello è l'emergenza. In attesa che questi provvedimenti vengano adottati e impattino davvero sul costo dell'energia - in parte impattano perché se ne parla e, come ho detto ieri nella relazione, il fatto solo di aver discusso a livello europeo di un price cap ha fatto diminuire il costo dell'energia - sappiamo che, se poi non si procederà con velocità a rendere concrete quelle determinazioni, la speculazione ripartirà. Bisogna essere celeri, ma tutto quello che c'è da fare lo faremo. Intanto c'è un'emergenza immediata che ci impegna.

Penso che anche in questo ambito occorra lavorare con molta puntualità e interventi ben calibrati per aiutare nell'immediato le imprese e le famiglie, ovviamente recuperando le risorse nelle pieghe del bilancio, ma principalmente dagli extraprofitti (con una norma che io credo vada riscritta) e dall'extragettito che lo Stato ricava dall'aumento dei costi dell'energia. Queste sono tutte misure immediate.

Dopodiché, noi abbiamo bisogno - e questa è la parte più complessa - di soluzioni strutturali. Per questo vi offro qualche elemento. Penso che si debba operare per sbloccare procedure ferme da lustri che, se non fossero state bloccate da una burocrazia cieca e da una visione ideologica francamente incomprensibile, oggi non costringerebbero a realizzare rigassificatori con procedure di urgenza e gravosi impatti sui territori. Penso al rigassificatore di Gioia Tauro per il quale - come ha ricordato il presidente della Regione Calabria Occhiuto - basta un DPCM che lo dichiari opera strategica per ripartire, realizzando un impianto in grado di processare da 12 a 16 miliardi di metri cubi di GNL l'anno e iniziare a costruire nel nostro Sud quell'hub energetico nazionale ed europeo con cui ci siamo presentati di fronte agli italiani. E su questo tornerò. Anche questo serve a guadagnare tempo.

Occorrono poi misure che nel medio termine liberino l'Italia da una dipendenza energetica inaccettabile. Penso alla ripresa delle estrazioni di gas nazionale. Non è possibile che l'Italia, ancora oggi, fondi larga parte delle proprie politiche energetiche sulle intuizioni di quel grande italiano che ho citato ieri e che è Enrico Mattei. Penso che le risorse nazionali vadano ottimizzate, come tra l'altro chiede l'Europa. Anche questo è un tema che va considerato, visto che lo abbiamo sempre fatto molto presente. Penso che debba essere nostro obiettivo anche attuare la Gas Release, come ci chiedono da oltre un anno le nostre aziende che, anche qui a causa di un certo ideologismo, non ha trovato attuazione. Ci siamo così trovati costretti a pagare a costi decuplicati quello stesso gas che avremmo potuto pagare a un decimo del prezzo e che altre Nazioni estraggono. Infatti, non è che il gas inquina meno quando viene estratto da altre Nazioni: noi lo paghiamo di più, ma inquina lo stesso. Bisogna quindi interrogarsi anche su questo.

Si deve poi tenere conto degli obiettivi europei di potenziamento delle fonti rinnovabili e di promozione delle politiche di fast tracking per rimuovere i vincoli di installazione e realizzazione di impianti rinnovabili. Sappiamo che qui va affrontata una grande questione burocratica. Si possono creare canali preferenziali per coloro che magari aderiscono a cessioni a costi concordati dell'energia prodotta, oppure abbattere i tempi per l'accesso ai permessi, che chiaramente costituiscono un grande ostacolo alla realizzazione degli impianti.

Deve essere chiaro che la sostenibilità ambientale - l'ho detto ieri, ma lo ripeto perché è stato chiesto nuovamente - debba andare di pari passo con la sostenibilità sociale ed economica. Non possiamo pensare - faccio riferimento ad alcune norme che in passato abbiamo contestato - di demolire filiere di eccellenza produttiva nazionale per assecondare obiettivi che erano stati stabiliti prima della guerra e in un contesto completamente diverso da quello con il quale ci interfacciamo oggi. Deve essere chiaro che non ci renderemo mai disponibili a passare dalla dipendenza dal gas russo a quella dalle materie prime cinesi. (Applausi). Anche questa non mi sembra una strategia intelligentissima.

Quindi in Italia bisogna investire sulle produzioni delle componentistiche essenziali per la realizzazione degli impianti rinnovabili, perché anche in questo caso si è parlato prima dell'obiettivo prima che di come realizzarlo.

Credo che dette priorità saranno tra le prime che porteremo avanti in materia di scelte strategiche, perché su questi temi l'Italia non può aspettare. Credo sia una cosa buona, quando si arriva al Governo di una Nazione, sostenere le stesse cose che si sostenevano il giorno prima e queste cose io le ho sempre sostenute.

Sono ovviamente favorevolissima al fatto che l'Europa lavori con intelligenza per arrivare a una diminuzione dello 0,8 per cento delle emissioni, ma non sono così d'accordo che lo faccia - come ho detto - legandosi mani e piedi ad alcune tra le Nazioni più inquinanti al mondo. E credo che tutti sappiamo come viene prodotto l'elettrico oggi. (Applausi). Credo quindi che l'Europa e l'Italia debbano affrontare anche questa materia, ovvero come lavorare davvero perché delle emissioni che sono globali globalmente diminuiscano.

Quello della sanità pubblica è un tema sul quale effettivamente mi sono poco soffermata e volentieri do qualche elemento in più. Penso che la sfida sia ovviamente superare l'emergenza e ripristinare le prestazioni ordinarie. Abbiamo accumulato un grande gap sulle prestazioni ordinarie e credo che dobbiamo imparare dalla crisi pandemica cosa non ha funzionato nel migliore dei modi per correggerla secondo alcune linee d'azione. Credo che una di quelle linee d'azione debba essere la prossimità; riportare la sanità verso i territori; valorizzare il ruolo dei medici di medicina generale e coinvolgere il sistema delle farmacie nell'erogazione di alcune prestazioni, perché sono fra i primi presidi sul territorio.

C'è il tema dell'incentivo alla telemedicina e alle cure domiciliari, dei presidi territoriali nelle aree interne, sui cui tante battaglie abbiamo condotto negli ultimi anni, alle quali oggi ovviamente va data continuità. Penso che, per quello che riguarda la telemedicina, gli ospedali debbano entrare a pieno titolo nell'era digitale. La digitalizzazione della sanità rende ovviamente più agevole e più accessibile lo scambio di informazioni e massimizza i benefici per gli utenti. Bisogna migliorare la comunicazione tra ospedale e territorio; ragioniamo su un unico software sanitario come il fascicolo sanitario elettronico. C'è poi, ovviamente, il tema della qualità, perché il diritto alla salute - come sappiamo - è riconosciuto nella Costituzione e non è accettabile il dilagare del turismo sanitario che abbiamo conosciuto in questi anni nella nostra Nazione. E, quindi, c'è anche l'obiettivo di ridurre le disuguaglianze tra le Regioni nella erogazione delle prestazioni sanitarie e dei livelli essenziali di assistenza (LEA).

Voglio anche dire che sono d'accordo con quello che dice la collega Lorenzin sul tema del rispetto delle evidenze scientifiche, sul tema del riconoscimento del valore della scienza, che infatti abbiamo sempre riconosciuto e per questo non la scambiamo mai con la religione. Quello che non abbiamo condiviso di quello che si è fatto in passato durante i vostri Governi è proprio che non ci fossero in alcuni casi evidenze scientifiche alla base dei provvedimenti che si prendevano. (Applausi). È esattamente questo che abbiamo contestato: che si scambiasse la scienza con la religione, perché sono due cose molto diverse. Qualcuno ancora oggi non riesce a spiegarmi quale fosse l'evidenza scientifica di impedire a ragazzi di dodici anni non vaccinati, con un vaccino sul quale la comunità internazionale scientifica non era tutta d'accordo, di fare sport quando quella stessa comunità scientifica internazionale era d'accordo sul fatto che a quei ragazzi facesse bene praticarlo. Si è impedito loro di praticare dello sport, che era una cosa che sicuramente gli avrebbe fatto bene, perché non facevano una cosa sulla quale non c'erano certezze. Noi abbiamo contestato quello e non lo faremo ancora, non riprenderemo quella linea. Quando si assumono delle decisioni, devono essere supportate da evidenze, e non da scelte politiche, perché la scienza non è una scelta politica o è un'altra cosa.

Venendo al tema del salario minimo, evocato anche ieri, cui non ho risposto nella mia replica, è ovvio, colleghi, che il contrasto al lavoro povero è per tutti noi una priorità. Il punto è comprendere capirsi su quale sia il modo migliore per combatterlo.

Penso ad esempio - l'ho detto tante volte e la penso ancora così - che il salario minimo legale rischi di non essere una soluzione al problema e rischi di essere piuttosto uno specchietto per le allodole, per affrontare questa materia. Sappiamo infatti bene tutti che, in Italia, la gran parte di coloro che hanno un contratto di lavoro dipendente è coperta da un contratto collettivo nazionale e i contratti collettivi nazionali prevedono già dei salari minimi. Come sapete, l'Unione europea su questo ha emanato una direttiva, in cui dice che c'è pari dignità tra salario minimo legale e contratti collettivi e dice di più. Dice che le Nazioni che hanno un'elevata applicazione del contratto collettivo nazionale hanno una percentuale inferiore di lavoratori a basso salario e salari minimi più elevati. Quindi la sfida - secondo me - è estendere i contratti e la contrattazione collettiva, per combattere i problemi che ci sono stati. (Applausi).

Dopodiché ci si deve chiedere perché in Italia i salari sono così bassi. Sono così bassi, signori, perché la tassazione sul lavoro è al 46,5 per cento. (Applausi). Quindi, se non partiamo dal taglio del cuneo fiscale, i salari saranno bassi comunque. (Applausi). So che su questo siete d'accordo, onorevoli colleghi, ma rimane il fatto che non l'avete fatto. Quando il Governo precedente ha avuto 8 miliardi di euro da spendere per l'anticipazione della riforma fiscale e Fratelli d'Italia chiese, dall'opposizione, che quegli 8 miliardi di euro fossero concentrati sul taglio del cuneo fiscale, è stata fatta una scelta diversa: è stata fatta una scelta che ha impattato meno.

Qual è dunque l'impegno che ci siamo presi? L'ho detto ieri: è arrivare progressivamente a un taglio del cuneo fiscale di almeno 5 punti, due terzi lato lavoratore, un terzo lato azienda, per i redditi più bassi, fino a 35.000 euro. Chiaramente è una misura che ha un costo rilevante e lo sappiamo tutti, ma ci prendiamo questo impegno, che ovviamente è di medio termine. Credo però che questo sia l'unico modo efficace per affrontare davvero la materia. Dopodiché, sicuramente si può e si deve favorire il lavoro: anche di questo ho parlato nella mia relazione. Anche qui, siamo abituati a un tempo economico nel quale all'aumento della produzione corrispondeva automaticamente anche un aumento dell'occupazione, ma oggi non è più così. Oggi, con la delocalizzazione, la meccanizzazione dei processi e la globalizzazione, non sempre quando aumenta la produzione aumenta l'occupazione. Ed è questa una delle ragioni per le quali la ricchezza si sta concentrando verso l'alto. Ci sono aziende che hanno fatturati superiori al prodotto interno di intere Nazioni, che hanno, in rapporto a quei fatturati enormi, una quantità di dipendenti assolutamente limitata. Credo quindi che, in questo tempo, occorra immaginare una tassazione che favorisca un rapporto equilibrato tra ciò che si fattura e i dipendenti che si hanno. È quello che abbiamo sintetizzato con "più assumi, meno paghi", e cioè con una tassazione - altro obiettivo chiaramente di medio termine - che tenga conto del rapporto tra i dipendenti che si hanno e il fatturato. Più è alta l'incidenza di manodopera rispetto al fatturato e meno tasse si devono allo Stato. Assumere deve convenire. Si può iniziare anche con una super deduzione del costo del lavoro: avevamo immaginato il 120 per cento per la maggiore occupazione rispetto al massimo livello del triennio precedente, che arriva al 150 per cento se si assumono dei lavoratori fragili. Questo può essere un tema sul quale forse si trovano anche delle convergenze.

Quanto alla tassa piatta, va fatta anche in questo caso un po' di chiarezza, perché credo di non essermi spiegata bene. Confesso di non aver compreso la critica del senatore Boccia sul regime forfettario. Non comprendo, cioè, la ragione per la quale, se si evoca un rischio di elusione con un tetto a 100.000 euro, quel rischio di elusione non dovrebbe essere a maggior ragione rischioso col tetto a 65.000 euro. Quindi siamo forse d'accordo: perfetto!

Le proposte che io ho fatto, però, sono due. Una è quella sul regime forfettario; l'altra è quella sulla cosiddetta flat tax incrementale, e cioè una tassa piatta del 15 per cento - per iniziare - su quanto dichiarato in più rispetto al triennio dell'anno precedente. Dico questo anche per rispondere al senatore Monti, il quale ha affermato che la tassa piatta non ha molto a che fare con il merito: io credo che invece sia proprio un modo per premiare il merito. Chi in un momento di difficoltà si rimbocca le maniche, produce di più e fa di più è giusto che venga premiato: è un segnale di merito. (Applausi).

Dopodiché, devo dire anche a voi - l'ho detto anche ieri alla Camera dei deputati, ma alcuni di voi potrebbero non aver sentito la mia replica ed è normale - che sul tema della progressività delle tasse prevista in Costituzione bisogna stare attenti. Oggi abbiamo infatti l'Ires con un'aliquota fissa del 24 per cento sul reddito delle persone fisiche; sulle rendite finanziarie è applicata un'aliquota fissa al 26 per cento. Ma soprattutto - perdonatemi colleghi - il Partito Democratico introdusse un'imposta fissa di 100.000 euro in sostituzione dell'Irpef sui redditi prodotti all'estero per quindici anni per gli ipermilionari stranieri che trasferivano la residenza in Italia. La tassa piatta va bene per gli ipermilionari e non per le partite IVA? (Applausi). Ditemi voi.

Quanto al PNRR, proviamo a dare un paio di elementi di chiarezza anche su questo. Ho sentito dire: «Tornate indietro perché avete detto che avreste stravolto il PNRR e adesso non volete più farlo». Se potete indicarmi quando avrei dichiarato che volevo stravolgere il Piano nazionale di ripresa e resilienza, vi sarei grata.

Noi abbiamo detto una cosa molto chiara: non abbiamo mai detto che il PNRR andasse riscritto e stravolto. Abbiamo detto, sulla base dell'articolo 21 del Next generation EU, che consente agli Stati di fare degli aggiustamenti sulla base di scenari che dovessero cambiare, di valutare quegli scenari. E quali sono questi scenari? Facile. Punto primo: il PNRR attuale è stato scritto in un tempo nel quale non c'era ancora la guerra in Ucraina; i prezzi delle materie prime non erano come li conosciamo oggi; la questione energetica non era come la stiamo affrontando oggi. È quindi lecito o meno ragionare per capire se tutti gli interventi immaginati nel PNRR sono i più efficaci in questo tempo?

Un secondo punto è ancora più evidente. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza su 232 miliardi totali 120 miliardi sono ovviamente in opere pubbliche. L'ANCE denuncia che c'è stato un aumento dei costi delle materie prime del 35 per cento. Voi pensate che, senza affrontare questo tema, riusciremo a fare arrivare a terra quelle risorse? Temo di no. Temo che, se lo facessimo, le gare andrebbero deserte e queste risorse non arriverebbero mai a terra. (Applausi). Si può parlare in modo pragmatico di queste materie e non in modo ideologico, come mi pare si continui a fare? (Applausi). Io voglio capire come quelle risorse arriveranno a terra, come diventeranno ricchezza. Sono soldi perdipiù a debito e noi abbiamo una responsabilità su quelle risorse.

Aggiungo una cosa. Dite che va tutto benissimo sul PNRR, che è tutto perfetto, bellissimo. Il cronoprogramma delle spese del PNRR prevedeva ad aprile 2020 che, al 31 dicembre di quest'anno, avremmo speso 42 miliardi. Nel DEF dello scorso aprile il dato è stato aggiornato a 33,7 miliardi. La Nota di aggiornamento del DEF dice che nel 2022 spenderemo 21 miliardi, meno della metà del cronoprogramma. È andato tutto bene? Forse non è andato tutto così bene e quindi ovviamente una delle altre grandi responsabilità di cui ci dovremo caricare sarà quella di cercare di velocizzare anche l'attuazione del PNRR.

Sulla questione meridionale è stato detto che non ne abbiamo parlato. Io per la verità ho cercato di dare anche qui un'idea di visione: ho parlato di un Sud positivo, visto come una risorsa e non come un problema, come terra di investimenti e di crescita e non come terra di mero assistenzialismo. Non tornerò sul tema del reddito di cittadinanza, perché ho già risposto anche ieri e tante altre volte.

Abbiamo parlato di come impedire che i giovani scappino e che una ricchezza che al Sud viene prodotta si trasferisca poi in altri territori, in altre Regioni. Lo abbiamo fatto, anche qui, parlando prevalentemente di strategia. Io ho un'idea di quali debbano essere gli elementi sui quali investire maggiormente per lo sviluppo del Mezzogiorno. Abbiamo parlato del marchio, abbiamo parlato del mare - lo abbiamo anche "fisicizzato" con un Ministero - e abbiamo parlato di energia.

Come ho detto anche ieri nella relazione, penso che, nella tragedia della situazione energetica nella quale ci troviamo, si nasconda anche una piccola grande occasione, che riguarda soprattutto il Mezzogiorno d'Italia: i gasdotti del Mediterraneo orientale arrivano nel nostro Mezzogiorno, dove tutto ci manca fuorché vento, mare e sole per produrre le rinnovabili. Con un po' di intelligenza, investendo su questo con risorse spese bene - torno al tema del PNRR - potremmo fare del Sud Italia l'hub di approvvigionamento energetico d'Europa. (Applausi). Questa è una risposta che credo essere molto concreta e sulla quale ovviamente vogliamo lavorare.

Dopodiché, bisognerà sbloccare il meccanismo perverso che fino a oggi ci ha impedito di spendere efficacemente i fondi di coesione: credo che l'obiettivo debba essere quello della promozione di una due diligence su tutte le risorse nazionali e comunitarie per verificare il concreto stato di attuazione delle attività, anche ai fini dell'utilizzo delle nuove risorse. Credo che si debbano rendere strutturali strumenti come Decontribuzione Sud e gli altri meccanismi di incentivo che contribuiscono a generare gli investimenti.

Dicevamo poi dei giovani e di come fare a garantirli sia con un'operazione di rinnovamento nella pubblica amministrazione, sia attraverso gli incentivi all'assunzione di cui vi parlavo anche prima: questo per favorire che i giovani che al Sud si formano possano, quando non vogliono andarsene, rimanere e crescere nelle Regioni dalle quali provengono.

Sto andando abbastanza random, passando da un tema all'altro, ma cerco di dare un po' di risposte. Quanto al tema del tetto al contante, in questi anni abbiamo assistito, dal mio punto di vista, a una discussione molto ideologica, collegando sempre il tema dell'utilizzo del denaro contante al fenomeno dell'evasione fiscale. Lo dirò con chiarezza: non c'è correlazione tra intensità del limite del contante e diffusione dell'economia sommersa. (Applausi). «Ci sono Paesi in cui il limite non c'è e l'evasione fiscale è bassissima». Non siete d'accordo? No. Sono parole di Pier Carlo Padoan, ministro dell'economia del Governo Renzi e del Governo Gentiloni, Governi PD. (Applausi). Sono parole di Pier Carlo Padoan, sostenuto dal Partito Democratico, e io sono d'accordo con il ministro del PD, Pier Carlo Padoan. (Applausi).

Anche perché, signori, vi dico altre due cose. Dico due cose, una di concorrenza e una tecnica: strumenti di questo genere, in un mercato come quello europeo, funzionano se sono uguali per tutti. La nostra economia europea di riferimento, la Germania, non ha un tetto al contante. L'Austria, che confina con noi, non ha un tetto al contante. In questo schema noi rischiamo di non favorire la nostra competitività.

Dopodiché, c'è un tema tecnico, che è il seguente: l'unica moneta a corso legale in Italia e in Europa sono le banconote cartacee emesse dalla Banca centrale europea; la moneta elettronica non è moneta a corso legale, ma è una forma di moneta privata. Anche queste non sono parole mie e le potete trovare sul sito della Banca d'Italia. Non è un caso che proprio la Banca centrale europea abbia richiamato più volte i Governi di sinistra sul tema del limite all'utilizzo del denaro contante, che secondo la Banca centrale europea penalizza proprio i più poveri. Per questo confermo che metteremo mano al tetto al contante. (Applausi).

Il collega Bergesio ha fatto un riferimento a una questione che mi ha molto colpito nei giorni scorsi, quella degli incidenti stradali, una materia che ho molto presente e che è stata anche posta negli ultimi giorni. Credo che da questo punto di vista l'obiettivo non sia quello di appesantire ulteriormente il quadro normativo. Penso che occorra piuttosto dare attuazione alle disposizioni vigenti con un sistema di controlli più efficace. Credo che valga la pena anche ragionare sul tema della prevenzione, da questo punto di vista, a tal riguardo ci sentiamo impegnati.

Vorrei dare una risposta alla senatrice Cucchi, che ringrazio, su due cose sulle quali non sono d'accordo. Ovviamente non credo che io debba dire che conosco l'associazionismo, dato che vengo anche da una parte dell'associazionismo e ho conosciuto parecchi ultimi nella mia vita. Su questo sono ovviamente impegnata. Così come non devo ricordare - immagino che lei lo abbia visto o letto - che ho citato ieri nella mia relazione il tema dei settantuno suicidi in carcere che ci sono stati dall'inizio di quest'anno, anche se poi io e lei non siamo d'accordo su come questo si debba combattere. Non sono convinta che la soluzione al sovraffollamento carcerario, come è stato fatto negli ultimi anni, debba essere quella di depenalizzare. Credo nel valore e nel principio della responsabilità. Lei ha detto una cosa molto bella, in riferimento all'intervento della senatrice Segre, ossia che dobbiamo saper scegliere il giusto. Ma come si fa ad aiutare chi sceglie il giusto se invece chi sceglie ciò che è sbagliato non paga mai per aver scelto ciò che è sbagliato? (Applausi). Penso che la responsabilità stia in questo e sono convinta che la certezza del diritto dipende anche dalla certezza della pena, senza nulla togliere al tema della rieducazione del condannato. Penso altresì che per questo servono sicuramente condizioni di vita molto più dignitose nelle nostre carceri e che queste si producano soprattutto ampliando gli spazi e creando condizioni di vita decisamente migliori, che oggi non ci sono, e su questo siamo impegnati.

C'è una seconda cosa che le devo dire e sulla quale non mi sono trovata d'accordo. Senatrice Cucchi, io vengo dalla militanza giovanile e ho organizzato tantissime manifestazioni in vita mia. Ma in tutta la mia vita non ho mai organizzato una manifestazione per impedire a qualcun altro di dire quello che voleva dire. (Applausi). Mai, non l'ho mai fatto. Io ho organizzato manifestazioni per dire quello che io volevo dire, mai per impedire a qualcun altro di dire, perché è suo diritto farlo in democrazia. Quelli non erano manifestanti pacifici: erano manifestanti che facevano un picchetto per impedire che ragazzi che non la pensano come loro potessero dire la loro. Su questo ci dobbiamo capire, senatrice Cucchi, perché la democrazia è nel rispetto delle idee altrui. (Applausi). Altrimenti che cosa facciamo? Consentiamo che persone che non la pensano come noi ci impediscano di dire la nostra. Se qualcuno della mia parte politica andasse a tentare di bloccare una manifestazione di un'altra parte politica, sarei la prima a condannarlo, tant'è che non l'abbiamo mai fatto. (Applausi). Non l'ho mai fatto in vita.

Pertanto, penso che su questo ci si debba comprendere. Noi abbiamo fatto tutta una campagna elettorale con banchetti che venivano devastati, con contestazioni nelle manifestazioni, per non dire di quello che accadeva nelle sedi. E nessuno ha detto una parola. (Applausi). Poi si viene a parlare a noi di democrazia. Ma la democrazia non è per qualcuno più valida che per altri.

Ecco, io chiedo solo, a tutti i ragazzi che vorranno manifestare, di farlo nel rispetto delle idee altrui. E io sarò sempre dalla loro parte, perché io vengo da quella storia. Ma il fatto che tu abbia qualcosa da dire non impedisce a chi la pensa in maniera diversa dalla tua di poterlo dire. È il fondamento della democrazia. (Applausi).

Senatore Scarpinato, per il tramite del presidente La Russa, vorrei dire che dovrebbe colpirmi che da una persona che ha avuto la responsabilità di giudicare gli imputati nelle aule di tribunale emerga oggi un approccio così smaccatamente ideologico.

Purtroppo, mi stupisce fino a un certo punto, perché l'effetto transfert, che lei ha fatto, tra neofascismo, stragi e sostenitori del presidenzialismo è emblematico dei teoremi con cui parte della magistratura ha costruito processi fallimentari, a cominciare dal depistaggio nel primo giudizio per la strage di via D'Amelio. E questo è tutto quello che ho da dirle. (Applausi).

Ho replicato ieri e dirò ora cose simili, anche qui perché, magari, non avete sentito la replica, sul tema della lotta alla mafia, sulla quale sono tornati alcuni colleghi. Torno a ribadire - come ho detto ieri in Aula - che io credo che oggi la priorità della lotta alla criminalità organizzata sia soprattutto nella capacità di colpire i proventi dell'attività illecita, rendendo le risorse che vengono sottratte ai clan disponibili per scopi sociali e istituzionali.

Oggi larga parte di quei beni sono inutilizzati e, secondo me, renderli disponibili alla comunità sarebbe un segnale estremamente potente - come alcune volte si è riusciti a inviare - di uno Stato che ha la meglio sulla criminalità organizzata.

Dopodiché - come dicevo anche ieri in Aula - immagino che saremo d'accordo sul cercare strade comuni per difendere uno degli istituti più efficaci nella lotta alla mafia, che nacque proprio negli anni delle stragi di mafia, cioè il carcere ostativo, un istituto che rischiamo di perdere e che credo insieme si debba cercare di difendere. (Applausi).

Sono d'accordo con i colleghi del MoVimento 5 Stelle nel dire che l'antimafia non si fa con la retorica. Sono d'accordo, colleghi. Penso, però, che non si faccia l'antimafia neanche con i provvedimenti con i quali, per esempio, avete consentito di uscire dalle galere decine di mafiosi sottoposti al regime di 41-bis con la scusa del rischio di contagio. (Applausi).

Vado alla conclusione con l'ultimo tema, che è il tema della pace. Mi è stato detto in diversi interventi di non aver citato la parola pace. Non so se qualcuno ritenga che questo significhi che la guerra mi diverte, che mi piace, che la voglio valorizzare. No: ovviamente penso, spero, lavoro e lavoreremo, per quello che possiamo fare, per giungere a una pace giusta. Dobbiamo, però, capirci su come si arriva a una pace e a una pace giusta.

Differentemente da quello che pensano molti, la pace non si fa sventolando le bandiere arcobaleno nelle manifestazioni. (Applausi). Così è difficile ottenere la pace. Quella in Ucraina è una guerra di aggressione, che noi non possiamo accettare. (Applausi). Non la posso accettare io, che - figuriamoci - ho sempre difeso il principio della legittima difesa. (Commenti). Non ho capito, mi dispiace, mi perdoni.

PRESIDENTE. Senatrice, la prego di non intervenire.

MELONI, presidente del Consiglio dei ministri. Dicevo che non lo può accettare chi, come me, crede nella legittima difesa quando il ladro ti entra dentro casa; figurati quando una nazione straniera invade la tua. E io non credo che convenga un mondo come quello che si vuole imporre con quella guerra di aggressione, nel quale chi ha maggiore forza militare invade il suo vicino; pallottoliere alla mano, temo che potrebbe non convenirci. Il punto è: cosa è andato storto nelle intenzioni della Russia? Il fatto che gli ucraini si sono difesi, che il sentimento e la convinzione che muovevano un popolo a difendere la sua terra, la sua patria, la sua integrità territoriale e la sua sovranità sono stati più forti del resto. E perché questo è importante? Perché, vedete, l'unica possibilità, da che mondo è mondo, di favorire un negoziato nei conflitti è che ci sia un equilibrio tra le forze in campo. Se uno dei due vince e l'altro perde, non c'è bisogno di alcun negoziato, a meno che non mi si voglia dire che la pace si ottiene con la resa dell'Ucraina; e questo non me lo potete chiedere. (Applausi). La pace si ottiene sostenendo l'Ucraina per consentire all'Ucraina di difendersi; è l'unica possibilità che abbiamo che le parti in campo possano decidere di negoziare. (Applausi). È la storia della geopolitica.

Dopodiché aggiungo un altro elemento, che ho detto altre volte in quest'Aula, rispetto al tema delle sanzioni e delle armi. Voi sapete che ho grande stima della Nazione che mi trovo oggi a guidare. Però, voi pensate che la posizione italiana decida il conflitto in Ucraina? In sostanza, se l'Italia domani decidesse di girarsi dall'altra parte - cosa che io non intendo fare - e di barattare o di pensare di poter barattare - come dicevo ieri - la sua tranquillità con la libertà dell'Ucraina, voi pensate che cambierebbe qualcosa? Cosa pensate che farebbe il resto dell'Occidente? Farebbe esattamente quanto sta facendo oggi. La sola Gran Bretagna manda in Ucraina più armi di quante ne mandi tutta l'Unione europea. Quello che cambierebbe non è l'esito della guerra in Ucraina; quello che cambierebbe è il nostro approccio, anzi l'approccio che gli altri hanno verso di noi e il nostro destino. (Applausi). Quello che cambierebbe è la nostra credibilità, la nostra capacità di difendere il nostro interesse nazionale su un piano di sicurezza, su un piano di credibilità, su un piano di difesa dell'interesse nazionale e su un piano commerciale. Vi ricordo, anche qui, che il nostro volume di esportazioni con la Russia è più o meno dell'1,5 per cento e il nostro volume di esportazioni con l'Occidente è più o meno dell'80 per cento. (Applausi). Con la posizione che noi abbiamo sull'Ucraina non decidiamo solamente il destino dell'Ucraina, ma decidiamo anche il destino dell'Italia. Io personalmente, Fratelli d'Italia e questa maggioranza, quando agiamo, lo facciamo sempre sulla base dell'interesse nazionale.

E ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che fanno polemica sulla vicenda del Ministro della difesa, fa abbastanza sorridere, colleghi, che lo facciate voi e che lo faccia Giuseppe Conte. Mi chiedo perché il presidente Conte, quando era Presidente del Consiglio, non abbia allora venduto le aziende della difesa italiane che producono armi; non mi risulta che lo abbia fatto. (Applausi).

Ho cercato di dare delle risposte. L'unica che devo dare - e concludo - è questa. È stato detto: "Noi faremo un'opposizione che non sia irresponsabile, come lo siete stati voi quando siete stati all'opposizione". Noi abbiamo sicuramente sempre fatto un'opposizione molto franca, non le abbiamo mandate a dire (come si direbbe), né io mi aspetto che l'opposizione oggi lo faccia con me. Sono una persona che sa stare nell'agone della politica. Credo che il dibattito, anche serrato, sia il sale della politica, del confronto democratico. Però una cosa è certa. Mi pare che diverse volte si sia potuto contare sul sostegno di quello che era - in questo caso parlo per Fratelli d'Italia - il partito di opposizione.

Ricordo quando un esponente del MoVimento 5 Stelle di rilievo mi chiamò e mi chiese cosa ci aspettavamo in cambio del fatto che votavamo dall'opposizione - e il nostro voto era determinante - il disegno di legge sul taglio dei parlamentari. Io risposi: niente. La votavamo perché la condividevamo. (Applausi). È accaduto per quella norma, così come, per esempio, per l'assegno unico. È accaduto quando eravamo d'accordo, perché, nel merito delle questioni, quando pensavamo che un provvedimento potesse essere utile ed efficace per l'Italia, lo abbiamo sempre votato e sostenuto.

Ebbene, all'opposizione posso chiedere solo questo coraggio e questa lealtà, non di risparmiare le critiche, ovviamente; non me lo aspetto e sarebbe sbagliato, perché credo nel valore dell'opposizione. Quello che chiedo, però, è che si possa parlare nel merito, che non si facciano dibattiti ideologici, che possiamo affrontare le grandi questioni di questo tempo con serietà e con profondità, perché questo è un tempo nel quale il posizionamento pregiudiziale rischia di farci perdere qualche occasione, ragion per cui mi auguro semplicemente che, nel corso del lavoro di questo Governo, vogliate valutare davvero i provvedimenti nel merito e votarli o meno solo sulla base di una valutazione sulla loro utilità per questa Nazione. (Applausi).

PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Consiglio dei ministri.

Passiamo alla votazione della mozione di fiducia.

DE POLI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE POLI (Cd'I-NM (UDC-CI-NcI-IaC)-MAIE). Signor Presidente, gentile presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Giorgia Meloni, cari colleghi, con l'emozione di chi oggi partecipa e contribuisce a scrivere una nuova pagina della nostra storia parlamentare, a nome del Gruppo Civici d'Italia-Noi Moderati-MAIE, esprimo sincero apprezzamento per le sue dichiarazioni programmatiche e per la replica che ha appena fatto.

Oggi si scrive una pagina importante per l'Italia. Voteremo la fiducia al Governo e a lei, Presidente, prima donna nella storia d'Italia a rivestire il ruolo di Capo dell'Esecutivo. Un Governo con una maggioranza politica voluta dai cittadini.

Il Paese sta vivendo una situazione difficilissima; non possiamo assolutamente perdere tempo: dobbiamo affrontare e risolvere i grandi problemi della nostra Nazione. Partirò dalla politica estera.

Lei, Presidente, ha sempre chiaramente dimostrato di assumere una posizione atlantista ed europeista. È doveroso tenere fuori dalle strumentalizzazioni la politica estera.

L'Italia sta vivendo una delle crisi internazionali più gravi del dopo-dopoguerra; è necessario abbassare i toni e ricondurre il dibattito alla normale dialettica politica. Le scritte minacciose contro il presidente del Senato Ignazio La Russa, comparse qualche tempo fa a Roma, e quelle di poche ore fa in Val di Susa contro il vice premier Matteo Salvini sono messaggi inaccettabili, di un clima che va certamente scongiurato; c'è bisogno di responsabilità. (Applausi).

Domani, in Senato, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella - al quale rivolgo il mio deferente saluto - ricorderemo i cent'anni della legge sul patrimonio artistico all'insegna di Benedetto Croce. A lui dobbiamo una lezione di coraggio contro le dittature, per la libertà, per la democrazia e per l'idea che la forma è sostanza. Sì, perché il linguaggio che usiamo, dentro e fuori da quest'Aula, dev'essere sempre sostanza, e dunque improntato al reciproco rispetto.

Crediamo fortemente nel profilo europeista di questo Governo e nello spirito di solidarietà che ci hanno lasciato i padri dell'Europa, come Schuman, Adenauer e Alcide De Gasperi. La pandemia e la guerra in Ucraina ci insegnano che nessuno si salva da solo.

Ha fatto bene la Comunità internazionale a reagire in modo compatto; bene ha fatto l'Occidente a sostenere il popolo ucraino invaso dalla Russia. Noi tutti vogliamo la pace (una vera pace) e la diplomazia deve tornare protagonista. Il ruolo dell'Europa è decisivo, anche e soprattutto nel contesto attuale della crisi energetica: ora è necessario dare avvio al mercato unico dell'energia in Europa. L'aumento dei costi dell'energia e dei carburanti è diventato insostenibile e dobbiamo contrastare le speculazioni. L'Italia ci guarda con gli occhi delle famiglie, delle imprese, dei lavoratori, degli indigenti e dei poveri. A tutti, senza distinzione di appartenenza, dobbiamo dare ascolto.

Nelle crisi, come è accaduto con il Covid, a soffrire maggiormente sono i più fragili, lo abbiamo imparato durante l'emergenza pandemica. Vorrei ricordare in questa sede l'impegno di medici, infermieri, personale sanitario, Forze armate e forze dell'ordine e dello straordinario mondo del volontariato, che desidero ringraziare anche a nome di tutti voi. In quel frangente abbiamo capito l'importanza della sanità, della sanità pubblica, della salute e dell'integrazione sociosanitaria territoriale con la presa in carico delle persone rispetto ai propri percorsi di vita.

L'inflazione sta volando ai livelli del 1983. Vanno dunque scongiurati, costi quel che costi, i rischi per la tenuta sociale. Siamo per il sostegno a chi è più in difficoltà, per questo accogliamo positivamente l'impegno del Governo a difendere il potere d'acquisto delle famiglie ad esempio anche allargando la platea dei beni con aliquota IVA ridotta al 5 per cento. Allo stesso modo ci ha fatto estremamente piacere l'attenzione posta sul PNRR, che è sì un'occasione straordinaria da cogliere, ma tenendo conto del nuovo quadro, alla luce dei rincari delle materie prime, della crisi energetica e del rischio del blocco cantieri. A questo Governo, pertanto, chiediamo sin d'ora di percorrere tutte le strade necessarie affinché i cantieri ripartano, le imprese lavorino, le risorse del PNRR vengano messe a terra; dalle infrastrutture grandi e soprattutto piccole (opere essenziali per il territorio), alla sicurezza idrogeologica, la parola d'ordine è investire, ma gli investimenti si fanno se c'è un Governo solido e stabile come quello che abbiamo adesso.

Non ci è sfuggito, presidente del Consiglio Meloni, il suo attento riferimento alle popolazioni dei Comuni delle Marche drammaticamente colpite dall'alluvione nella notte tra il 15 e 16 settembre. Colgo l'occasione per rinnovare il nostro cordoglio ai familiari delle vittime e la vicinanza e solidarietà a famiglie e imprese di quei territori, che aspettano risposte concrete. (Applausi). Abbiamo apprezzato molto il suo impegno. Le istituzioni hanno il dovere di fare la propria parte, assicurando fondi e risorse economiche per la ripartenza.

In tema di politica economica accogliamo positivamente l'impegno assunto dal Governo ad archiviare una volta per tutte la politica assistenzialista. Oggi più che mai c'è bisogno di lavoro; senza lavoro non c'è dignità e per noi il lavoro passa dal sostegno alle imprese e da stipendi adeguati ai lavoratori, anche promuovendo un confronto con le parti sociali e favorendo la cultura d'impresa nelle giovani generazioni.

Consentitemi di porre doverosamente l'accento sulla questione tragica delle morti bianche. Lo sconcertante episodio che ha visto il giovane Giuliano De Seta perdere la vita sul posto di lavoro non deve assolutamente più ripetersi. La sicurezza sul lavoro è una battaglia che non ha colori politici, ma è di tutti noi. (Applausi).

Un altro capitolo che non possiamo trascurare è quello sulle nuove povertà che purtroppo stanno emergendo. Gli strumenti di contrasto a questo drammatico fenomeno sociale sono legittimi, ma solo se concepiti come un aiuto a chi non può lavorare e a chi si trova in una situazione di fragilità, come pensionati, invalidi, persone con disabilità. Al contrario, il reddito di cittadinanza è stato una vera sconfitta e dunque deve essere riformato.

Abbiamo accolto positivamente l'impegno a ridurre la pressione fiscale partendo dal taglio delle tasse sul lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale.

Con questo impegno possiamo dire oggi che l'Italia volta pagina grazie a questo Governo e a questa maggioranza. (Applausi). Salutiamo altresì con grande favore l'impegno a sostenere la natalità e a tutelare le famiglie con una riforma dell'Irpef che preveda una progressiva introduzione del quoziente familiare, alleggerendo il carico fiscale ai nuclei con più figli; senza famiglia non c'è futuro per la nostra bellissima Italia. (Applausi).

Viviamo in un momento di transizione e di grandi cambiamenti; per affrontare le nuove sfide abbiamo la necessità di "surfare" l'onda dell'innovazione tecnologica, promuovendo una cultura digitale e inquadrando il tema della sostenibilità a 360 gradi. Non può esserci infatti sostenibilità ambientale se non c'è anche una sostenibilità economica e sociale.

Non può sfuggire all'attenzione di ciascuno di noi il tema delle riforme, da quelle costituzionali a quelle sulla giustizia, passando per la sburocratizzazione della pubblica amministrazione.

Presidenza del vice presidente GASPARRI (ore 18,40)

(Segue DE POLI). Abbiamo apprezzato profondamente il passaggio del suo discorso sull'autonomia delle Regioni. Bisogna dare risposte e dare seguito in tempi certi al processo virtuoso dell'autonomia differenziata che diverse Regioni hanno chiesto, tra cui il Veneto; è un tema per noi molto importante. (Applausi).

Lavoreremo fin d'ora senza mai dimenticare il ruolo centrale del Parlamento. Abbiamo tutti, maggioranza e opposizione, una grande responsabilità: perseguire il bene comune. Dalla crisi si può uscire più forti di prima. Lei, Presidente, alla Camera ha usato l'immagine della nave; l'Italia è la nave dove ci troviamo tutti insieme, nessuno può scendere per fuggire dalle proprie responsabilità.

Il nostro Paese è mare ed è patrimonio; parola splendida che ricorda la patria e la trasforma in bene inclusivo, non proprietà di qualcuno, ma ricchezza per tutti. Noi sappiamo scegliere; con questa fiducia prendiamo un impegno con la storia, saremo con lei per disegnare una nuova rotta di speranza e di fiducia per il futuro dell'Italia e degli italiani. Per questo motivo noi voteremo convintamente la fiducia al suo Governo. Buon lavoro, Presidente. (Applausi).

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, la componente Verdi-Sinistra del Gruppo misto voterà contro la fiducia al Governo Meloni. Onorevole Presidente del Consiglio, le sue dichiarazioni programmatiche e l'idea di Paese che lei ci ha voluto rappresentare sono molto distanti, come può immaginare, da quello che pensiamo. Ciononostante ne riconosciamo certamente la chiarezza ed anche di aver dato al suo intervento un taglio politico. È proprio sulla politica che ci vogliamo misurare, consapevoli anche noi che i tanti, troppi governi tecnici di larghe intese, che abbiamo visto negli anni, siano un'anomalia tutta italiana, che non ha giovato al confronto dialettico e nemmeno alla partecipazione democratica e alla vita della Repubblica. Lei ha vinto le elezioni anche in virtù di una pessima legge elettorale, che noi non votammo, che le ha dato la maggioranza dei seggi senza avere la maggioranza dei voti. È legittimo ovviamente che ieri ed oggi abbia voluto presentare al Paese quello che più che un programma politico è un manifesto ideologico ed identitario, come lo ha definito lei, che parla certamente ad un pezzo di società, escludendone però un altro, quello che ha maggiormente subito gli effetti della drammatica crisi sociale che da molti anni attraversa il Paese.

Onorevole presidente Meloni, questo davvero mi ha sorpreso, perché mi aspettavo di dover fare opposizione ad una destra, diciamo così, sociale e anche se stasera ha un po' cercato di correggere il tiro, ho visto invece nei suoi interventi i tratti tipici di una destra profondamente liberista. Mi ha sorpreso per esempio che lei non abbia dato l'adeguata centralità alla principale questione aperta del tempo nostro, quella salariale. Come si fa a non vederla? È un Paese, il nostro, nel quale per decenni i salari sono rimasti al palo, mentre cresceva la diseguaglianza sociale ed anche l'inflazione.

Lo so che stasera ha cercato di correggere il tiro, ma la mancata centralità nel suo ragionamento di ieri davvero la dice lunga su quello che sarà questa destra di Governo.

È un Paese che ha fatto della precarietà la cifra di molte vite anzitutto delle generazioni più giovani e che oggi, a questa condizione già estremamente difficile, aggiunge, come ci siamo detti tante volte in questi mesi, il dramma vissuto da milioni di persone costrette a scegliere se mettere il piatto a tavola oppure pagare le bollette.

A proposito di bollette, lei oggi ha citato gli extraprofitti dicendo che va cambiata la norma. Benissimo, ma deve dirci anche quanto li vuole tassare. La nostra proposta la conosce: gli extraprofitti vengano tassati al 100 per cento e si ponga fine all'ingiustizia speculativa più grande di questi mesi. Noi certamente non ci offenderemo se questa proposta che facciamo da mesi dovesse trovare una larga convergenza in Parlamento.

Ancora, mi ha colpito che non abbia sufficientemente parlato di quei lavoratori, anche quegli operai, che in parte l'hanno votata, preferendo invece allinearsi alla tradizione di quello stesso centrodestra italiano che, non a caso, un po' di anni fa la promosse Ministro e dicendo agli imprenditori, in un passaggio molto evidente del suo intervento, di sentirsi liberi di fare senza disturbo. Ha inoltre annunciato un vostro classico evergreen, cioè il condono, in perfetta continuità con tre decenni di liberismo, ossia da quando la politica si è genuflessa al potere economico e finanziario e all'interesse dei grandi gruppi imprenditoriali e ha rinunciato a organizzare la preminenza dell'interesse pubblico.

Quello che voglio dirle stasera è che l'Italia è il grande ammalato e la malattia si chiama diseguaglianza. Questa malattia è frutto non del caso, ma di lunghi anni di scelte sbagliate che hanno reso più forti coloro che già erano più ricchi e impoverito tutti gli altri. La diseguaglianza, però, ha i suoi meccanismi di riproduzione in quanto non nasce dal caso. I meccanismi di riproduzione sono sempre uguali: le disparità salariali, i servizi pubblici insufficienti, i costi delle bollette e persino il modello di scuola di cui ci state parlando. Tutto concorre a riproporre una Nazione giungla, per usare la sua locuzione, in cui vige la legge del più forte e dove milioni di persone lavorano e pagano le tasse, mentre una élite di privilegiati continua ad arricchirsi sui sacrifici fatti dagli altri. Non nominare quei meccanismi di riproduzione cancella dal dibattito pubblico la vita della maggior parte dei cittadini, ma purtroppo non è nulla di nuovo, così come non lo è il cattivismo dei gruppi dirigenti italiani nei confronti dei più poveri.

Non è un caso se, nel suo discorso di ieri, l'unico cenno alla questione sociale lo abbia fatto con parole sbagliate sul reddito di cittadinanza, proponendo il solito schema della destra che sentiamo da trent'anni, ossia la guerra tra gli ultimi e i penultimi. Lei ha detto che chi è in condizione di lavorare deve farlo e apparentemente ha ragione. Va però aggiunto un piccolo particolare che è un punto ineludibile: chi lavora deve essere pagato con dignità. Le è venuto in mente, per esempio, che in questi anni il reddito di cittadinanza abbia avuto la funzione fondamentale di spingere verso l'alto la dinamica salariale, sottraendo al lavoro povero le persone? Io temo di no. Lei non ha mostrato sensibilità alcuna nel riconoscere le ragioni di persone che non vogliono più andare a lavorare per tre o quattro euro l'ora.

A proposito di diseguaglianza, le annuncio la nostra totale opposizione a ogni progetto di autonomia differenziata. Non accetteremo mai che, per tenere unita la sua maggioranza, si svenda l'unità del Paese. Ancora una volta, lei prospetta una Nazione giungla, in cui i diritti diventano privilegi su base geografica.

A questa sua idea di Nazione noi opponiamo quella di una comunità in cui non sia determinante, per esempio, il luogo o il contesto nel quale si nasce ed è per questo che abbiamo considerato inaccettabile la tesi della cosiddetta scuola del merito, perché se non sono garantite uguali condizioni di partenza il merito diventa una totale ipocrisia. Il vero problema della scuola italiana è che, nonostante il lavoro straordinario di moltissimi insegnanti, rischia di diventare ogni giorno più classista. Lo sa cosa vuol dire il fatto che oggi gli studenti dei licei ormai provengono da contesti sociali e da famiglie nelle quali i genitori sono essi stessi quasi sempre diplomati al liceo? Significa, presidente Meloni, che si è completamente bloccato l'ascensore sociale. Questo è il punto vero su cui dovremmo discutere oggi. (Applausi). Lei dovrebbe sapere quanto costa l'istruzione in Italia, ma glielo ricordo io: costa 130.000 euro dall'asilo all'università. Un'istruzione che noi invece vorremmo pubblica e gratuita e di questo hanno bisogno i nostri studenti, di essere formati come cittadini prima ancora che come lavoratori, di sviluppare un pensiero critico, libero, anche di poter contestare e non hanno certo bisogno di manganellate. Mi consenta di ricordarle che in quest'Aula ovviamente si può dire tutto, men che le cose non vere: vada a vedere su Google quante volte i suoi giovani hanno contestato le iniziative della sinistra negli anni passati. Vada a chiedere al suo collega Delmastro per quale motivo era lecito interrompere le lezioni dello storico Giovanni De Luna e spieghi agli studenti di ieri per quale ragione non potevano invece, nella loro università, srotolare pacificamente uno striscione. Lo vada a spiegare a loro.

Come vede, il punto non è tanto non disturbare chi vuole fare, ma mettere in discussione un modello di sviluppo e di società che non regge più, un modello onnivoro, che ha considerato esseri umani e ambiente elementi funzionali al profitto, se lo ricordi. Anche qui, non esistono ambientalisti ideologici, niente di tutto ciò, c'è solo chi sente l'urgenza di salvare il pianeta e poi ci sono quelli che noi chiamiamo i "climafreghisti", i negazionisti, quelli che in tutti questi anni hanno sempre fatto finta di niente.

Presidente, ho lasciato per ultimo, ma certo non in ordine di importanza, un tema sul quale chiedo trenta secondi di tempo. Ho trovato davvero molto indicativo - lei lo ha detto anche stasera ma lo devo ridire - il mancato riferimento alla pace. In questi mesi, in queste Aule, quasi in solitudine noi abbiamo continuato a segnalare che sotto i piedi dell'Europa si apriva il baratro della guerra nucleare. Il ritorno della politica della forza e delle armi rischia di dissolvere l'Unione europea, che per noi invece rimane la promessa di pace che vollero i suoi Padri costituenti. È urgente che sia l'Europa ad assumere maggiore ruolo politico, non semplicemente l'Italia. Glielo dico stasera, lo dico in questo Parlamento, ma lo diremo anche in piazza il prossimo 5 novembre, speriamo in tantissimi, per far cambiare idea al nostro Governo. (Applausi).

UNTERBERGER (Aut (SVP-Patt, Cb, SCN)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UNTERBERGER (Aut (SVP-Patt, Cb, SCN)). Signor Presidente, colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, presidente Meloni, le parlo da sudtirolese, donna progressista e femminista e quindi da una posizione agli antipodi della sua. Devo attestarle che il suo discorso non mi è dispiaciuto. Certo, è un discorso da destra conservatrice, ma accettabile nei toni e nella forma, pertanto spero che la Meloni dei congressi di Vox appartenga al passato.

Nonostante questo, mi permetto di farle presente alcune contraddizioni del suo intervento. Ieri per ben quindici volte ha fatto riferimento alla nozione di libertà: siate liberi, ha consigliato ai giovani, perché è nel libero arbitrio che sta la grandezza dell'essere umano. Verissimo, ma per compiere scelte libere ci vuole una politica che rispetti le scelte individuali, si tratti di interrompere una gravidanza o di porre fine alla propria vita, una politica che creda in tutte le famiglie e non solo in quelle formate da un uomo e da una donna. (Applausi).

Libertà vuol dire poter essere diversi e accettati per quello che si è. Se lei continua a parlare di Nazione italiana, facendo quindi riferimento a un vincolo di sangue e di cultura, esclude tutti quelli che vivono nel Paese senza quel tipo di legame. Noi sudtirolesi siamo cittadini italiani, appartenenti alla cultura tedesca, e vogliamo essere rispettati e accettati nella nostra diversità.

Ha fatto bene ad omaggiare le tante donne che per lei sono state un esempio. Avrei aggiunto che, se lei oggi è Presidente del Consiglio, lo deve soprattutto alle lotte delle femministe, per il riconoscimento anche dei più elementari diritti; femministe che sono state combattute e ridicolizzate, esattamente come lei ieri ha ridicolizzato l'impegno per una lingua che non conosca il femminile solo per le posizioni di basso profilo. Crede davvero che la lingua non determini la realtà e che non sia in grado di rafforzare o di modificare gli stereotipi? Non ho mai capito l'avversione di voi donne di destra, nel mostrare il vostro essere donna anche nella lingua. Pensate davvero che il femminile sia di serie B, come ho sentito dire da una collega di destra? Nella mia cultura sarebbe impensabile una donna che si definisce al maschile. Avete mai sentito parlare del cancelliere Merkel? Non se ne dispiaccia, ma mi prenderò la libertà di chiamarla «la Presidente» (Applausi). È vero: lei ha rotto il tetto di cristallo, ma temo che questo sia avvenuto anche perché non ha mai messo in discussione le regole del sistema maschile e, se vedo il numero così basso di Ministre, questo dubbio diviene una certezza. Sono sicura anch'io che con lei i diritti delle donne non abbiano nulla da temere, ma questo non basta: da una donna premier mi aspetterei il massimo impegno per le altre donne.

Bene il suo chiaro messaggio contro il fascismo e i regimi totalitari. In passato purtroppo non era così: è da poco che avete votato con Orban contro il resto dell'Europa. Dovrà poi informare della nuova linea i suoi compagni di partito, soprattutto quelli del Sudtirolo, i quali hanno la brutta abitudine di celebrare i monumenti fascisti e di provocare con frasi del tipo: andatevene in Austria o appendete la bandiera italiana su ogni maso. Sono comportamenti non facili da digerire per una popolazione che ha sofferto tanto durante il ventennio.

Abbiamo una lunga storia di scontro col suo partito, con Alleanza nazionale, per non dire del Movimento sociale. Voi siete nazionalisti, noi siamo una minoranza linguistica che può esistere solo grazie all'autonomia. Per questi motivi, l'orientamento della SVP era di votare contro la fiducia al suo Governo. Ieri invece, nel suo intervento, ha lanciato un segnale che non possiamo ignorare. Ha detto di voler ripristinare lo statuto di autonomia come era nel 1992, quando cioè l'Austria rilasciò la quietanza liberatoria e permise la chiusura della vertenza internazionale pendente all'ONU. Con questo lei ha finalmente riconosciuto una serie di cose che la destra nazionalista aveva sempre negato in passato: che la nostra autonomia non è solo una questione interna all'Italia, ma che c'è un accordo internazionale da rispettare, che di questo accordo l'altra parte è l'Austria e che il Governo austriaco esercita funzioni di vigilanza e di raccordo con l'Italia in merito alla tutela dell'autonomia e della minoranza di lingua tedesca. È stata una decisione sofferta, ma il nostro partito ha scelto di astenersi, per rispondere con un segnale forte a un segnale altrettanto forte. Questo non vale per tutti i componenti del nostro Gruppo, che da sempre unisce forze e sensibilità diverse attorno alla tutela delle autonomie locali. Alcuni si asterranno, altri voteranno contro la fiducia, ma tutti ci auguriamo che lei smentisca i pronostici, anche rispetto alle autonomie speciali e alle minoranze linguistiche. Buon lavoro, signora Presidente.

Presidenza del presidente LA RUSSA (ore 19)

RENZI (Az-IV-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZI (Az-IV-RE). Signor Presidente del Senato, signora Presidente del Consiglio dei ministri, membri del Governo, onorevoli colleghi, il Gruppo di Azione-Italia Viva-RenewEurope voterà no alla fiducia al Governo.

Le ragioni programmatiche sono state esposte molto chiaramente dalle colleghe che mi hanno preceduto e dai colleghi ieri alla Camera.

Io mi limiterò a una considerazione politica, perché sbaglieremmo, cari colleghi delle due opposizioni, a non considerare il valore politico di ciò che accade oggi: un Governo di destra, legittimato dal successo elettorale, con la prima donna alla guida e con una generazione di politici che scommette sulla politica, diversa dalla nostra, ma sempre politica. Il discorso di ieri della presidente Giorgia Meloni è stato un discorso molto politico; aspettiamo lì, dove la sfidiamo.

Siamo una generazione di nati negli anni Settanta. La presidente Meloni è più giovane di tutti noi, ma siamo l'ultima generazione che ha fatto politica divisa tra le sezioni e i social; abbiamo fatto in tempo a ricordarci ancora l'odore della colla dei manifesti l'ultimo venerdì della campagna elettorale, però contemporaneamente siamo quelli che vanno su TikTok, sui social, siamo dunque una generazione strana, divisa fra l'analogico e il digitale e questa nostra generazione ci ha visto combattere in politica su fronti totalmente diversi.

Oggi voi avete vinto e avete il dovere di governare, ma dovete partire dal presupposto che la crisi della democrazia è esattamente l'opposto di quanto alla nostra generazione avevano raccontato. Quante volte ci avevano detto che era finita la storia e non era finito un bel niente? Quante volte ci avevano detto che avremmo dovuto esportare la democrazia? Un grande Presidente degli Stati Uniti - il presidente Berlusconi lo ha conosciuto meglio di tutti - il presidente Bush, raccontava di esportare la democrazia. Quel disegno, che era ambizioso, non ha funzionato in tanti Paesi del mondo. Oggi il paradosso è che la Segretaria di Stato, cioè la ministra degli esteri del presidente Bush, Condoleezza Rice, dieci giorni fa a Stanford in un dibattito ha spiegato come in tutti i Paesi democratici si stia andando verso l'invidia dell'autoritarismo, cioè si stia guardando ai Paesi non democratici come modelli.

Il Giappone del dopo Abe è in crisi; la Germania del Governo di super coalizione è in crisi; il Regno Unito ci ha fatto tante volte le lezioni e ha avuto un Governo che è durato 45 giorni (sono stati sereni, serenissimi direi); gli Stati Uniti d'America hanno una democrazia, che è il pilastro e il punto di riferimento per tutti noi, che oggi vede le difficoltà dei democratici e dei repubblicani, del Presidente e dei suoi oppositori.

Pertanto, cara Presidente del Consiglio, facendo opposizione - e di questo parlerò - noi cerchiamo di dare una mano alla nostra democrazia, esattamente come devono fare le persone che riconoscono e legittimano con il proprio comportamento coloro i quali escono vincenti dalle elezioni. Certo, poi, si può stare a discutere.

Ieri, ad esempio, lei ha fatto un'apertura importante sulle riforme costituzionali: se la Presidente del Consiglio, se i Vice Presidenti, se il Governo, se la maggioranza parlamentare vorrà davvero sfidarci in positivo, ad esempio, sull'elezione diretta del Presidente del Consiglio, su quello che noi nel nostro programma elettorale abbiamo chiamato il sindaco d'Italia, noi ci saremo. Lei, Presidente, ieri ha detto che eventualmente andrete avanti da soli; per esperienza personale non glielo suggerirei, ma questo è un altro argomento. Il punto fondamentale è che comunque, se c'è un'apertura sulle riforme costituzionali, un no a prescindere per me è sbagliato.

Vedete, dalle opposizioni ci sono giudizi diversi. Io sono accusato di essere sempre quello che per un Ministero chissà che cosa fa e abbiamo visto per un Ministero in più al Governo Conte-ter che cosa avremmo dovuto fare; poi è arrivato Draghi, altro che Conte-ter. Il punto fondamentale è che noi rivendichiamo la nostra diversità rispetto a voi. In quei banchi c'è chi ha fatto "quota 100"; in questi banchi chi ha fatto "Industria 4.0".

Nessuno toccherà i diritti in questo Paese, smettiamola di credere a queste cose, ma in quei banchi c'è chi ha votato - quasi tutti - contro la legge sulle unioni civili; non solo in quei banchi lì, ma anche in altri. Noi avevamo la mano che tremava quando abbiamo firmato quella legge, perché due persone che si amano e possono dirsi di sì davanti a un pubblico ufficiale e alla comunità sono un valore.

Voi siete cresciuti e state nei partiti sovranisti in Europa. Io credo negli Stati Uniti d'Europa; voi guardate a Budapest un po' troppo spesso, noi guardiamo a Ventotene. Forse un po' troppo spesso anche noi? Non credo. Abbiamo tanti argomenti di divisione. Mi piacerebbe discutere culturalmente con voi, ad esempio sull'immigrazione.

La Presidente del Consiglio tra qualche giorno sarà a Bari al G20 a rappresentare tutti, anche noi, perché è la Presidente di tutti, e in quell'incontro, forse per la prima volta - dipenderà dall'agenda della Presidente - incontrerà il nuovo Primo Ministro del Regno Unito. Ma che storia meravigliosa è quella di un immigrato di seconda generazione che partendo da zero diventa Presidente del Consiglio, o meglio, Primo Ministro in quel Paese? Qual è il punto allora sull'immigrazione? Non giocare la carta della paura, ma giocare la carta della cultura. Su questo punto vorrei sfidarvi. Vi sfideremo in quest'Aula, cara Presidente: non vi lasciamo la parola identità. Non vi lasciamo le parole «identità culturale»; voi tante volte fate riferimento a questa parola. Noi la declineremo sotto il profilo della cultura politica e non soltanto. Del resto, mi permetta una battuta: lei ha portato in Parlamento chi diceva che con la cultura non si mangia. Noi porteremo in Parlamento le istanze di chi invece con la cultura cerca di creare posti di lavoro, ma anche di nutrire l'anima, che è una cosa ancora più importante. Ebbene, le faremo opposizione a viso aperto, ma con la politica, non con il vocabolario.

Ci sono due opposizioni quest'anno, è un problema; lo dico soprattutto agli amici del PD, perché vengo da quell'esperienza. Le prime discussioni proprio non riesco a capirle: com'è possibile che il primo tema di discussione contro il governo Meloni - ce ne sono tanti e ne troveremo molti di più nei prossimi mesi - sia attaccarla per il merito, per il nome «merito» dato a un Ministero. Lo dico alla Presidente del Gruppo del PD, che collaborava con me al Governo quando eravamo al Governo: lei era la prima pasdaran a dire che nella cosiddetta «buona scuola» bisognava inserire il tema del merito. Noi eravamo quelli che dicevano ai ragazzi che ci vuole il merito nella scuola, perché senza il merito nella scuola un ragazzo che oggi è a casa a studiare cosa pensa se vede che in Parlamento il merito non conta? Che prenda sei o nove all'interrogazione di latino è lo stesso? (Commenti). Rivendicare: vi vedo reagire soltanto a me e non a lei, esattamente come in campagna elettorale. Vi faccio i complimenti: i risultati sono stati straordinari. (Applausi). A proposito della capacità di comprendere i fenomeni politici e culturali.

Aggiungo: com'è possibile (Commenti)... Parlo con il Presidente, lei dovrebbe stare zitto quando parlano gli altri e imparare almeno l'educazione, non dico la politica che è un'impresa complicata. (Applausi). Il punto fondamentale è che quando voi vi lamentate della sovranità, confondete sovranità con sovranismo. Io sono contro il sovranismo, ma non gliela lascio al ministro Lollobrigida l'idea che sia stato lui a inventare la sovranità alimentare. Non perché l'abbiano fatto i francesi, ma perché l'ha fatto Slow Food in questo Paese, l'ha fatta il chilometro zero. Ma vogliamo regalare anche Carlin Petrini alla destra, o almeno siamo in condizione di poter dire che su questi temi misureremo i risultati?

Ancora, l'ultima e poi vengo a lei, Presidente: «il» o «la» x, y. Per me la Presidente - io la chiamo «la Presidente» - si può chiamare anche con l'asterisco se vuole - non credo - ma il punto fondamentale è che tutto si può dire alla presidente Meloni, tutto, ma non andiamo ad attaccarla proprio sul suo essere donna. Scusate, la trentunesima Presidente del Consiglio, dopo trenta maschietti, è una donna. Ha vinto la sua battaglia dentro il suo partito, ha vinto la sua battaglia dentro la sua coalizione, ha vinto la battaglia alle elezioni. Io la contesto, voto contro la fiducia, ma tra tutti gli argomenti che possiamo trovare andiamo ad attaccare il fatto della rappresentanza femminile? Questo, ragazzi, non è ridicolo, è masochismo. (Applausi). Presidente Meloni, lei si è messa d'accordo con loro, perché altrimenti non si spiega. (Applausi).

Vengo alla conclusione. Presidente Meloni, ne ho anche per lei, con rispetto parlando. Quando lei interviene e dice che estrarre gas è giusto, le dico che sono d'accordo con lei. Lo ricordi alla collega dell'opposizione Meloni, che sei anni fa mi diceva che ero schiavo delle lobby del gas.

Presidente Meloni, quando lei dice che non bisogna andare all'attacco quando siamo all'estero, ha ragione: io la prima intervista l'ho fatta alla CNN per dire che la narrazione sul fascismo era una cosa assurda. Lo ricordi a chi è al suo fianco, il Vice Presidente del Consiglio, che durante il referendum costituzionale andava in piazze straniere a scrivere: Renzi a casa. Bastava restare in Italia e il risultato sarebbe stato lo stesso.

Presidente Meloni, lo dica a quelli del suo partito: noi siamo all'opposizione sua e del suo Governo, non della sua famiglia. Il Ministro della difesa, che è un galantuomo... (Il microfono si disattiva automaticamente). Il Ministro della difesa, qualche settimana fa, prima di diventare Ministro, ha fatto una bellissima intervista e ha detto una cosa fantastica cioè che sarà bello vedere Ginevra, la figlia della Presidente del Consiglio, camminare al terzo piano di Palazzo Chigi. Io ho delle foto dei miei figli in quei giorni e so che cosa si prova nell'essere genitore con il rischio di sentire su di sé la responsabilità di rovinare la vita ai figli. In questo caso c'è una mamma Presidente del Consiglio e bisognerebbe fare un accordo tutti, anche voi della stampa, per difendere la libertà educativa e la funzione educativa della Presidente del Consiglio (Applausi), del suo compagno e di Ginevra. E diciamo allo staff della Presidente di lasciarle del tempo per poter giocare sul divano e per poter scherzare con sua figlia. Però c'è un punto. Presidente Meloni, lo dica a quelli del suo partito: non si attaccano gli avversari sulla famiglia, intanto perché fa male (e quando fa male se ne paga il conto), e poi perché non è un problema giudiziario. Lei ha scelto il migliore per fare il Ministro della giustizia, le faccio i complimenti e rivolgo gli auguri di buon lavoro al ministro Nordio. Ma il problema non è giudiziario, perché prima o poi la verità viene fuori, il tempo è galantuomo. È un problema umano: recuperiamo civiltà.

Ho finito. Le auguro di riuscire ad essere in condizioni di vincere la sfida del Governo, sapendo che noi saremo da un'altra parte. Lei ha citato tante donne e io le cito Anna Maria Luisa, l'ultima elettrice palatina dei Medici, che lasciò tutto a Firenze; le cito Artemisia, che ruppe il tetto di cristallo nella pittura; le cito Alda Merini e le do un suggerimento. Quando sono uscito da Palazzo Chigi la frase che mi ha fatto stare meglio era proprio di Alda Merini e diceva che la miglior vendetta è la felicità: «non c'è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice». Si ricordi di essere felice ogni tanto. Sappia che ci avrà sempre contro, ma sempre lealmente pronti a dare una mano nell'interesse del Paese, non votando a favore, ma portando al centro del nostro interesse il dibattito collettivo e il bene comune.

Buon lavoro, signora Presidente.

BERLUSCONI (FI-BP-PPE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Le do molto volentieri la parola e le dico bentornato. Ne ha facoltà, presidente Berlusconi.

BERLUSCONI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, oggi non farò sfoggio della mia eloquenza, perché ho tante, tante cose da dire e quindi mi sono scritto diligentemente tutto. Signor Presidente del Senato, onorevoli senatori, signor Presidente del Consiglio, sono felice di essere qui e devo dirvi che sono felice anche perché tre ore fa ho avuto il mio diciassettesimo nipotino. (Applausi). Evviva. Comunque è per me un motivo di soddisfazione riprendere la parola in Senato dopo nove anni e farlo proprio quando il popolo italiano ha scelto, ancora una volta, di affidare il Governo del Paese alla coalizione di centrodestra. (Applausi). È una coalizione a cui ho dato vita ventotto anni fa e che, da allora ad oggi, ha scritto pagine fondamentali nella storia della Repubblica; ha realizzato una democrazia compiuta, una democrazia di tipo europeo basata sull'alternanza fra due parti legittimate dal voto degli italiani. Se oggi per la prima volta al Governo del Paese, per decisione degli elettori, c'è un'esponente che viene dalla storia della destra italiana, questo si è reso possibile perché ventotto anni fa è nata una coalizione plurale, nella quale la destra e il centro insieme hanno saputo esprimere un progetto democratico di governo per il nostro Paese.

È nata ventotto anni fa una coalizione che non si è mai divisa, che ha saputo governare insieme e ha saputo anche stare insieme all'opposizione. Una coalizione che ha governato e che governa nella maggioranza delle Regioni italiane; una coalizione che è stata sempre artefice di grandi scelte di democrazia e di libertà.

Non è questo il momento, onorevoli senatori, per ricordare tutti i successi ottenuti dai Governi di centrodestra, ma una sola cosa voglio rivendicare con orgoglio: i nostri Governi hanno sempre avuto come stella polare del loro agire la stella polare della libertà. (Applausi).

Non abbiamo mai approvato una norma, una legge, un provvedimento, che potessero ridurre gli spazi di libertà dei cittadini. Non abbiamo mai compiuto una scelta di politica internazionale che non fosse dalla parte dell'Occidente, dalla parte della libertà. Io sono assolutamente sicuro che il nuovo Governo seguirà questa stessa strada, con questi stessi principi. Quindi, noi oggi voteremo convintamente la fiducia. Voteremo convintamente la fiducia e, da domani, lavoreremo con lealtà, con passione, con spirito costruttivo per realizzare il nostro programma.

Ieri e oggi abbiamo ascoltato dal presidente Meloni parole definitive e totalmente condivisibili sui diritti, sulle libertà, sulla necessità di abbassare le tasse, sulla necessità di promuovere una pace fiscale; un impegno ad affrontare subito le grandi emergenze, a partire dalla necessità di diminuire i costi dell'energia per le famiglie e per le imprese; un impegno a riprendere una politica energetica non più condizionata dal partito del no e dall'ambientalismo ideologico della sinistra.

Siamo ben consapevoli delle difficoltà che abbiamo dinnanzi; così come siamo consapevoli delle attese degli italiani e delle responsabilità che noi abbiamo nei loro confronti. Le imprese e le famiglie sono in difficoltà e chiedono aiuto. Non possiamo lasciarle senza risposta. Ma abbiamo soprattutto il dovere di andare avanti, perché siamo di fronte a nuove emergenze, che sono motivo di grave allarme sociale.

Del resto, è ben chiara in noi la consapevolezza dei problemi strutturali del nostro Paese. La consapevolezza della lentezza della burocrazia e della inefficienza del sistema giudiziario; la consapevolezza del carico fiscale insostenibile dalle famiglie e dalle imprese. Certamente, una delle priorità, da approvare nel più breve tempo possibile, è la riforma della tassazione per un fisco più equo e più leggero, pur nella necessità di non disattendere i vincoli di bilancio che l'Europa e i mercati ci impongono.

Anche la riforma della giustizia è una priorità irrinunciabile, non solo per una questione di durata ragionevole dei processi. Vi ricordo che i processi per una sentenza di primo grado da noi durano millecentoventi giorni. In Europa, a parte l'Olanda, dove durano novantotto giorni, durano al massimo un anno. Ecco, questo è importante: dobbiamo rientrare dentro questo anno. Per questo, non si devono fissare le udienze, come oggi avviene, dopo tre mesi o dopo quattro mesi. Bisogna fissarle la settimana dopo o, al massimo, dopo due settimane.

Dobbiamo farlo per una questione di civiltà e libertà. Dobbiamo fare una riforma davvero garantista, non contro la magistratura, ma per il diritto, per l'equità, per la libertà.

Nelle nostre decisioni dobbiamo poi mettere al centro di tutto la persona, portatrice per sua natura di diritti che non sono concessi dallo Stato, ma che lo Stato ha il dovere di garantire e di tutelare. Siamo quindi per la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale, siamo per il sostegno alla natalità, siamo per la difesa e la valorizzazione della famiglia e della sua funzione sociale, che è irrinunciabile. (Applausi). Sono tutti temi sui quali il nostro Governo, ne sono certo, saprà intervenire opportunamente con coraggio e con senso di responsabilità.

Onorevoli senatori, il nuovo Governo si insedia in un momento particolarmente difficile non solo per l'Italia, ma per il mondo intero. Il momento - dico io - più difficile e più pericoloso dalla fine della Guerra fredda a oggi. Di fronte all'attuale situazione internazionale non possiamo che ribadire e consolidare le linee portanti della nostra politica estera, cioè la nostra solidarietà con l'Occidente, quella solidarietà che ha sempre caratterizzato i nostri Governi e che deve essere patrimonio comune della Nazione, soprattutto di fronte alle minacce internazionali, vecchie e nuove. Io - lo sapete - sono sempre stato un uomo di pace; i miei Governi hanno sempre operato per la pace e sempre in pieno accordo con i responsabili di governo dell'Europa, della NATO e degli Stati Uniti (come ho avuto modo di ricordare solennemente davanti al Congresso americano).

Nel 2002, a seguito di un lungo e appassionato lavoro diplomatico, ero riuscito a convincere il presidente Bush, il presidente Putin e i Capi dei Paesi della NATO a sottoscrivere il Trattato di Pratica di Mare, l'accordo che poneva fine, dopo oltre cinquant'anni, alla Guerra fredda, un accordo che fu considerato da tutti come un vero e proprio miracolo. Il mio progetto, condiviso da molti, era allora quello di recuperare la Russia all'Europa. Questo progettavamo, per poter affrontare insieme, con un Occidente rafforzato dall'apporto della Russia, la grande sfida sistemica del XXI secolo, quella dell'incombente espansionismo cinese. Purtroppo l'invasione dell'Ucraina ha vanificato questo nostro disegno, perché siamo tornati a prima del 2002, con la Russia isolata dall'Europa e con l'Europa e l'Occidente uniti contro la Russia. In questa situazione noi naturalmente non possiamo che essere con l'Occidente, nella difesa dei diritti di un Paese libero e democratico come l'Ucraina. Per tutto questo noi dobbiamo lavorare per la pace; lo faremo in pieno accordo con i nostri alleati occidentali e nel rispetto della volontà del popolo ucraino. Su questo la nostra posizione è ferma e convinta; è assolutamente chiara e non può essere messa in dubbio da nessuno, per nessun motivo. (Applausi).

Signora Presidente del Consiglio, Forza Italia lavorerà al suo fianco con impegno e con lealtà, per realizzare il programma sul quale abbiamo avuto la fiducia degli italiani.

Lo faremo da liberali, da cristiani, da garantisti; lo faremo da europeisti e da atlantici.

Nel 1994, in questa stessa Aula, chiedendo al Senato la fiducia per il primo Governo di centrodestra, conclusi il mio intervento parlando della possibilità di sognare ad occhi ben aperti un futuro migliore per il nostro Paese.

Parlai della possibilità di costruire un'Italia più giusta, più generosa e più sollecita verso chi ha bisogno e verso chi soffre. Parlai di un'Italia più moderna e più efficiente; di un'Italia più prospera e più serena, più ordinata e più sicura. Queste le mie parole di allora, queste le mie parole di oggi.

Al Presidente del Consiglio e al Governo i miei e i nostri più convinti e affettuosi auguri per tutti i prossimi cinque anni di lavoro. Vi ringrazio. (Vivi applausi. I membri del Governo si levano in piedi ad applaudire).

PRESIDENTE. Presidente Berlusconi, grazie per il suo appassionato intervento. Anche a lei, come al presidente Renzi, ho concesso più tempo di quello previsto; farò altrettanto con gli interventi che seguiranno.

FLORIDIA Barbara (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FLORIDIA Barbara (M5S). Signor Presidente, signora Presidente, signori Ministri, permettetemi innanzi tutto di augurare buon lavoro a voi, così come a tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione. Ci aspetta una nuova legislatura e dobbiamo affrontarla con onore e disciplina.

Colleghi, parlare in dichiarazione di voto, peraltro dopo Berlusconi, dopo aver ascoltato i contributi di molti colleghi, mi mette nella condizione di aver sentito tutti i temi sviscerati e anche approfonditi. Mi permetterò quindi di trasformare lo svantaggio del già detto nell'opportunità di scegliere: cosa dire e a cosa dare attenzione nel mio discorso.

Prima di entrare nel merito rispetto alla sua replica, Presidente, mi permetto una disquisizione linguistica che è già stata anticipata dalla collega.

Le parole sono un luogo, la grammatica è uno strumento, e a volte la scelta di un articolo - «la» o «il» Presidente - non è solo uno sfizio grammaticale: anticipa un pensiero.

Molte volte la grammatica, così come, appunto, le parole, anticipa e dà vita a pensieri che poi, solo dopo, diventano azioni e norme.

Adesso mi permetta di entrare nel merito della sua replica. Lei ha parlato dell'uso del contante, facendo il confronto dell'Italia con altri Paesi, ma non regge molto perché quei Paesi hanno altre strutture. Oppure, se lo vuole fare, Presidente, lo faccia anche per il reddito di cittadinanza e per il salario minimo, a questo punto. (Applausi).

Poi ha citato Padoan come prova del fatto che togliere il tetto al contante non alimenta il sommerso.

Ebbene, io le cito un'altra fonte che non appartiene ad alcun partito, Banca d'Italia: che dice che gli strumenti su cui si basa la lotta al riciclaggio sono molteplici e articolati; tra essi, il limite dell'uso del contante. E ancora: il limite dell'uso del contante introduce un elemento di difficoltà e di contrasto sociale alla criminalità e all'evasione (sempre Banca d'Italia). (Applausi).

Ha anche in parte ironizzato su mafia e misure del MoVimento 5 Stelle. Le cito una norma che non nasce per contrastare la mafia, ma che è servita a toglierle manovalanza: il reddito di cittadinanza. (Applausi).

Lei inoltre lega - e questo non mi dispiace affatto - il mio caro Sud alle fonti rinnovabili; è un'ottima idea, però lo spieghi al suo Ministro per le politiche del mare e il Sud, che ha puntato tutto sugli inceneritori. Forse è meglio che vi mettiate d'accordo, non soltanto per il PNRR. (Applausi).

È giusta la riflessione per cui quando il PNRR è nato non c'erano né la guerra, né la crisi energetica. Infatti, l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte i 200 miliardi è riuscito a farli avere all'Italia per affrontare quella pandemia; ora provi lei a trovare altre risorse per quest'altra pandemia energetica, oppure usiamo quelle che abbiamo trovato noi. Può anche essere un'idea, ma chiamiamo le cose con il loro nome. (Applausi). Mi permetta di dire, quanto ai ritardi nel PNRR, che ciò è possibile, ma è anche vero - e questo lei lo sa con evidenza - che due terzi del suo Governo facevano parte di quell'Esecutivo che praticamente adesso porta a questi ritardi, quindi è cosa nota.

Ha inoltre ragione nel sottolineare che manifestare è lecito, che è lecito manifestare qualunque idea e che è scorretto impedire agli altri di manifestare; soltanto che è ancora più scorretto ed è gravissimo dare manganellate agli studenti che non sono armati e che fanno una manifestazione non violenta. (Applausi).

Quanto alla sanità pubblica, ha ragione nel dire che la pandemia ha scoperto un nervo; sì, abbiamo ereditato un sistema sanitario in grande difficoltà, ma si ricordi che la sanità è gestita essenzialmente dalle Regioni; la invito quindi a confrontarsi con i suoi Presidenti di Regione, anche quando attacca le politiche attive del lavoro del reddito di cittadinanza non messe a terra. Sa che le politiche attive del lavoro sono in capo alle Regioni; la invito quindi ancora una volta a sentire i suoi 14 Presidenti di Regione. (Applausi).

È vero che, signor Presidente del Consiglio, lei non ha citato la pace, come abbiamo sottolineato tutti. Io però non credo che ci sia una pace giusta e una pace ingiusta, c'è la pace intanto, e la pace si trova e si cerca anche attraverso le parole, anche nel manifestare. La pace non è solo un intento o una speranza; la pace è un processo che si costruisce anche nominandola, proponendola, cercandola. La guerra la può cominciare uno solo e così è stato, come abbiamo visto. Abbiamo condannato l'azione offensiva della Russia; abbiamo sostenuto e sosteniamo la necessità di aiutare il popolo ucraino offeso e violato; tuttavia, se è una persona a causare la guerra per tutti, tutti devono imporre la pace a quella persona e bisogna cominciare. (Applausi). Provi a pronunciare la parola: «pace», è meglio della parola: «armi».

La democrazia passa attraverso le parole e gli atteggiamenti. Anche l'atteggiamento di beffa e il sorriso a volte instaurano una sorta di muro: lo abbiamo visto quando era all'opposizione; mi auguro però di vedere atteggiamenti diversi rispetto a quelli che abbiamo visto oggi al Governo, quando parlavano i colleghi di opposizione. Mi lasci quindi dire, senza sorrisi beffardi, che le sue linee programmatiche sono manchevoli anche della sostanza che riguarda la sostenibilità ambientale. Lei e tutti i componenti del Governo avete giurato sulla Costituzione, che oggi è ricca di due nuove parole che vanno sostenute: ambiente e futuro (Applausi); tali parole, però, sono mancate nel suo discorso programmatico. Non mi dica, inoltre, che la guerra dovrà farci retrocedere rispetto alla tutela ambientale, perché l'energia sostenibile è anche pace.

Oppure è forse trivellando il mare che difenderà le bellezze della nave più bella del mondo? Oppure è trivellando il mare che tutelerà l'ambiente? O, forse, pensa che trivellando il mare risolverà il problema energetico? Per quanto? Per un anno? E ne sarà valsa la pena? (Applausi). Non lo so, ha troppa esperienza politica per dire non sciocchezze, non è nei miei termini, ma cose che lei sa benissimo non possono essere sostenibili.

Concludo, Presidente, riprendendo una frase del suo discorso; il motto del Governo è non disturbare chi vuole fare. Bellissimo, però anche qui di nuovo la grammatica si inserisce. Chi vuole fare che cosa? Se cioè lei nel suo discorso avesse aggiunto un complemento oggetto, anche due, anche tre, avremmo potuto rispondere, d'accordo, non disturbiamo. Lei cosa vorrà fare? Vorrà aumentare il precariato? Distruggere il reddito di cittadinanza? In quel caso, mi scuserà, certo che disturberemo chi vorrà fare (Applausi) perché avremo scoperto che cosa vorrà fare.

Concludo, Presidente, sperando che «1984» di George Orwell non sia stato di ispirazione nella scelta dei Ministeri o dei Ministri. Io mi auguro che il ministero della pace, alias difesa, non sia il ministero della guerra; io mi auguro che il ministero dell'amore, alias famiglia, non sia il ministero che stravolga i diritti civili; io mi auguro che il ministero della verità, lo chiameremo editoria, non si occupi della menzogna. Ci sorprenda proprio perché è una donna. Per queste motivazioni confermo il voto contrario del MoVimento 5 Stelle alla fiducia. Grazie e buon lavoro. (Applausi).

ROMEO (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROMEO (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, egregio signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, senatori; signor Presidente, innanzitutto le faccio i complimenti per il discorso di ieri e anche per la replica di oggi. È stato davvero un bel discorso, oggettivamente va riconosciuto. (Applausi). Buon lavoro a lei e a tutta la squadra di Governo di centro-destra; non di destra, di centro-destra, teniamo a ribadirlo.

Sottolineiamo un aspetto fondamentale per noi, ossia il fatto che alla fine la scelta del Ministero dell'economia e finanze sia andata ad un politico. (Applausi). Questa è la vera notizia che possiamo dare; dopo anni e anni di tecnici di parte, banchieri e professori, finalmente la politica torna ad occuparsi di economia, visto e considerato che poi negli ultimi anni, come è stato anche sottolineato da lei, Presidente, l'Italia è stata il fanalino di coda a livello di crescita economica e di occupazione in tutta l'Unione europea. Questi tecnici quindi non hanno poi brillato così tanto come si pensava.

Certo, impresa titanica quella del ministro Giorgetti, non c'è alcun dubbio, però, visti anche i tempi che ci sono e che stiamo affrontando, potrebbe anche essere veramente l'occasione perché la politica possa indirizzarci verso una finanza più aderente alla realtà della gente, dei cittadini e dei bisogni delle nostre imprese.

Sottolineiamo altresì con favore il passaggio che ha fatto sulla questione legata ai meccanismi di flessibilità, in uscita sul tema delle pensioni, la flat tax per le partite IVA fino a 100.000 euro di fatturato, la tregua fiscale o pace fiscale, come la si vuole chiamare, la riduzione del cuneo fiscale. Certo, sono obiettivi che si possono intraprendere anche naturalmente valutando le questioni legate al bilancio, però intanto fanno parte del programma elettorale, lei li ha richiamati e sono i temi su cui la Lega e Salvini avevano particolarmente posto l'accento, quindi noi siamo molto soddisfatti che siano stati marcati come li ha marcati lei.

Certo, siamo anche consapevoli, come dicevamo, che l'obiettivo principale resta mettere in sicurezza il nostro Paese, soprattutto con riferimento a imprese e famiglie, che vanno aiutate vista la crisi energetica. È anche giusto richiamarsi all'Europa e confidare nel suo intervento. Ci auguriamo e speriamo che l'Europa, alla fine, abbia veramente deciso un tetto al prezzo del gas e non invece soltanto un livellamento dei picchi, come sostiene la Germania.

Ci dobbiamo anche porre un problema. Se l'Europa non dovesse offrirci delle risposte adeguate, cosa farà il Governo italiano? Su questo, presidente Meloni, si può benissimo rifare alle dichiarazioni dell'ex presidente Draghi che il 21 marzo 2021, proprio in quest'Aula, in tema di approvvigionamento dei bacini, disse che certamente va cercato - e, anzi, rafforzato - il coordinamento europeo, ma che se non dovessero arrivare delle risposte, soprattutto tenuto conto dei tempi così drammatici e della necessità di una risposta rapida, si può anche fare da soli. Ricordiamolo a chi parla impropriamente di agenda Draghi senza minimamente conoscerne il contenuto. (Applausi).

Servono liquidità, interventi e decisioni da economia di guerra, nonché una transizione energetica graduale e non una corsa esasperata all'ecologismo, che è stata la prima vera causa dell'aumento dei prezzi dell'energia in tutta Europa. (Applausi). La parola chiave è mix energetico e non solo energie rinnovabili o auto elettriche che finiscono per farci dipendere a livello energetico dalla Cina (ossia con un passaggio dalla Russia alla Cina). Allo stesso modo, è giusto sfruttare appieno i giacimenti di gas presenti nei nostri mari perché il livello energetico di un Paese è il primo indicatore della sua prosperità. Ci tenevamo a rimarcare ciò.

C'è poi un altro tema importante. Lei ha usato un'espressione che ci piace molto: ricucire il Nord al Sud. Il divario di cui si sente sempre parlare è - ahimè - figlio - e ci teniamo a sottolinearlo - di un sistema centralista del nostro Paese e non certo di un'autonomia o di un federalismo che non sono mai stati attuati. Forse qualcuno dovrebbe cominciare a pensare che la strada vera per ricucire sia proprio quell'autonomia e quel federalismo tanto vituperati in quest'Aula. (Applausi). Il nostro richiamo è ad evitare - lo diciamo a tutti i parlamentari - di cadere nella solita trappola che il sistema centrale attua, ossia mettere in contrapposizione il Nord con il Sud. Nel corso degli anni, a causa di questa contrapposizione, il Sud non è riuscito a crescere e il Nord non ha potuto migliorare la propria competitività. Usciamo da questo meccanismo.

È questo il motivo per cui ho ricordato che forse il bando per la rigenerazione urbana, così come concepito (ossia tutte le risorse da una parte e zero dall'altra), alimenta questa contrapposizione. Occorre più equilibrio: diamoci la mano e facciamo finalmente crescere questo Paese, coeso e unito, tutti insieme, valorizzando i singoli territori e le singole vocazioni. (Applausi).

Anzi, rilanciamo su questo tema. L'abbiamo detto e lo diciamo al ministro Calderoli: ci auguriamo che ci siano anche delle Regioni del Centro e del Sud a portare avanti la richiesta di autonomia, che nulla toglie ai territori, ma dà più potere e responsabilità. Questo è il risultato che vogliamo assolutamente ottenere.

Passo al tema delle politiche a sostegno della natalità e della famiglia come nucleo naturale e fondamentale della società, come statuito dall'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani (altro che la famiglia naturale non esiste: andate a leggere la Dichiarazione universale dei diritti umani). È giusto affrontare senza ideologie, ma con pragmatismo questo tema, che è delicato e importante, senza ledere alcun diritto, ma al tempo stesso evitando che la tutela dei diritti delle minoranze si trasformi in una dittatura di queste ultime. Non possiamo assolutamente accettare ciò. (Applausi).

Sulla questione del Covid, lei fa bene, Presidente, a sottolineare che occorre mantenere prudenza. Non possiamo escludere nuove ondate e lei ha anche parlato di eventuali nuove pandemie (che ci auguriamo non vi saranno). Chiediamo al nuovo Ministro della sanità di procedere con una sorta di pacificazione nazionale su questa tematica. Possiamo fermare, una buona volta per tutte, le multe che arrivano oggi a chi non si era vaccinato? (Applausi).

Possiamo evitare test a tappeto che mandano in tilt i nostri ospedali? Forse questo può essere il vero indirizzo che dobbiamo seguire, così come ad esempio ridare trasparenza nei dati, dare anche libertà di ricerca e utilizzare il buonsenso, soprattutto dando un segnale forte di discontinuità con le politiche dell'ex ministro Roberto Speranza. (Applausi). Questo è quello che noi vogliamo, magari ricordando che non c'è solo il Covid, ma ci sono anche tante altre situazioni come gli ospedali, i medici e lo screening oncologico, su cui siamo in ritardo di due anni, e magari ricordando anche i tanti medici che ai tempi furono celebrati come eroi, ma, quando era davvero il momento di dar loro una mano, si sono dimenticati tutti di quello che hanno fatto. (Applausi).

Infine, c'è la questione delicata della collocazione internazionale, che è stata oggetto di una discussione e soprattutto degli attacchi da parte dell'opposizione. Noi la tranquillizziamo: la posizione della Lega e di tutta la maggioranza è per l'Alleanza atlantica e per la collocazione europea, questo è fuori discussione e non è mai stato messo in discussione, al di là delle strumentalizzazioni politiche; anzi, siamo disponibili a tenere una bella sessione parlamentare su questo tema, così magari qualcuno di noi spiega anche cos'è veramente l'atlantismo a chi prima ci ha resi totalmente dipendenti per l'energia dalla Russia e poi oggi ci vorrebbe portare ad essere dipendenti dalla Cina. Forse agli americani qualcuno dovrebbe spiegare questa situazione.

Tolto questo, le chiediamo, Presidente, un atto di coraggio, sfruttando anche la popolarità e il momento in cui il popolo italiano è particolarmente vicino a lei e a questo Governo: il Governo italiano si faccia promotore, nel rispetto del Patto Atlantico e degli impegni presi, di una conferenza internazionale per la difesa e per la sicurezza dell'Europa, insieme a Francia e Germania, che sono tra i Paesi fondatori, che, di fronte ad un conflitto che prosegue, rischiano di perdere ulteriormente il loro peso, parlando e cercando anche di impostare un discorso di negoziati di pace. Certo, la pace non è semplice, non è una bandierina e non si ottiene facendo un convegno o semplicemente parlandone, ma adesso gli stessi Stati Uniti si stanno rendendo conto che quella può essere una strada che si può percorrere. È vero che è difficile, ma chi come me è cresciuto con la cultura del multilateralismo, pensando agli accordi di Helsinki del 1975, che cercarono di ridurre le tensioni tra il blocco sovietico e gli Stati Uniti, fa un po' fatica a sentir dire che decideranno gli ucraini. Certo, la volontà degli ucraini va rispettata, ma sarebbe meglio dire che deciderà la comunità internazionale nell'interesse dell'Ucraina. Noi pensiamo che questa strada debba essere percorsa e che ci siano le condizioni per poterla percorrere, proprio grazie a una storia e a una tradizione che lei in primis ama di questo Paese, che sul fronte della politica estera vede l'Italia in una posizione di diplomazia e di capacità di condizionare lo scenario geopolitico internazionale.

Per queste motivazioni, naturalmente augurandole buon lavoro e ricordando che la durata di un Governo è proporzionale anche alla capacità di tutti di fare squadra, esprimiamo il nostro voto favorevole. (Applausi).

MALPEZZI (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALPEZZI (PD-IDP). Signor Presidente, signora Presidente del Consiglio, lei ha definito il suo un intervento programmatico, ma noi lo abbiamo trovato un po' vago e contraddittorio per essere un intervento programmatico. Ha segnalato la necessità di sostenere posizioni compatibili con il contesto attuale, ma nel frattempo ha fatto anche un lungo elenco di spese, dalla flat tax (iniqua), ai condoni e - lo scopriamo oggi - al superamento del tetto del contante. Lo diceva prima la collega Floridia e io le lascio anche un piccolo suggerimento di lettura, perché un lavoro recentissimo della Banca d'Italia, del 2021, dice invece, al contrario di quanto ha detto lei, che esiste una correlazione empirica sul nesso di causalità tra utilizzo del contante e incidenza dell'economia sommersa. Ciò significa evasione: così lo traduciamo e lo diciamo in maniera molto semplice. (Applausi).

Signora Presidente, credo anche che il suo intervento, il suo discorso, sia stato necessariamente indefinito, perché lei ha cambiato idea, altro che dire: sono sempre stata coerente. Dietro la pomposa retorica sulla nuova Europa delle patrie, infatti, dove la pacchia è finita e in cui bisogna andare a testa alta e senza subalternità, c'è invece la piena consapevolezza della necessità che bisogna rispettare i vincoli di bilancio. Non mi pare un caso che lei abbia dovuto precisare che il suo Governo onorerà i Trattati alla base della convivenza comunitaria. A noi sembrava assolutamente scontato.

Quando parla di Europa, a volte temo che confonda l'autorevolezza con la subalternità. Sedersi ai tavoli e trattare non significa essere subalterni, ma prendere atto di essere in una comunità, quella europea, che richiede passaggi di mediazione e collaborazione, limando ciascuno le proprie posizioni, fino ad arrivare a faticosi compromessi. Se non ci fosse stato questo modo di agire, di uomini capaci di tessere, come Paolo Gentiloni o David Sassoli, oggi non avremmo il PNRR. (Applausi). Sono costretta a ricordarlo, per l'ennesima volta: se fosse stato per voi, non l'avremmo mai approvato. Nel suo discorso non l'ha neanche citato e oggi ha precisato che neanche in campagna elettorale ha mai detto e dichiarato di volerlo modificare, ma di volersi semplicemente attenere all'utilizzo dell'articolo 21 del regolamento. L'articolo 21 del regolamento del Next generation EU non è un mero aggiustamento: questo ce lo dobbiamo dire qua, in maniera chiara e trasparente. Intanto, parte da un presupposto, ovvero che il Paese non è riuscito a mantenere gli impegni. Occorrono poi dai tre ai sei mesi per poterlo mettere in atto e serve l'ok di tutti i 27 Paesi. Sa cosa significa, signora Presidente? Significa salutare i trasferimenti del 2026. Onestamente, penso che non ce lo possiamo permettere e quindi forse dovremmo andare avanti. (Applausi).

Signor Presidente, abbiamo però apprezzato le sue parole chiare sulla guerra della Russia all'Ucraina. Scoprirà presto che saremo noi gli interlocutori più affidabili e non certo i suoi alleati, quelli che ieri, ma anche oggi, non hanno applaudito con grande calore il passaggio che ha fatto su questo tema e che la scorsa settimana ci hanno anche proposto una lettura del conflitto tra le più antioccidentali mai sentite, accolta purtroppo anche da fragorosi applausi. Su questo siamo molto lineari: ci riconosciamo pienamente nelle parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella, per cui va compiuto ogni sforzo a difesa del popolo ucraino aggredito e per arrivare a una pace giusta, accettabile per gli ucraini e rispettosa della libertà e dell'indipendenza nazionale.

Lo dovrà dire ai suoi alleati. Accolgo con piacere l'invito del collega Romeo di fare qui una sessione su tutti i nostri temi rispetto al posizionamento; vado oltre e dico anche di fare una bella sessione parlamentare sui temi dell'Europa, perché anche ieri alla Camera alcuni esponenti della sua maggioranza hanno posto alcune distinzioni tra ciò che significa la nostra presenza in Europa e l'atlantismo, come se questo da solo fosse sufficiente a dare credibilità internazionale al suo Governo.

Noi dobbiamo invece essere forti, credibili e autorevoli nell'Unione europea e lei lo sa bene, presidente Meloni, perché la fascinazione anti-euro che ha avuto per un po' di anni è terminata durante la scorsa legislatura e i toni sovranisti sono finiti nel cassetto alla fine di questa campagna elettorale. Oggi scopriamo qui che anche chi non ha votato il trattato del Quirinale, quando è stato ratificato in quest'Aula o ha avuto mille difficoltà, ha deciso che questa cosa può essere cambiata e che possiamo dialogare con la Francia e con la Germania, che non siamo più soli. Noi accogliamo questo con favore, perché avevamo ragione e siamo contenti che abbiate cambiato idea. (Applausi).

Presidente Meloni, lei non deve temere che le parole dell'opposizione possano renderla meno credibile all'estero o infangare il nome del Paese. Lei dimostrerà di essere credibile, perché tocca a lei, e di essere all'altezza di questa sfida. Noi faremo opposizione, esercitando i nostri diritti. Vi aspettiamo alla prova di Governo e, glielo dico, inizierei dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, che ci auguriamo si occupi finalmente della materie di sua competenza, ricordandosi anche che esistono un diritto internazionale del mare e la dignità delle persone e che non accetteremo - lo dico con fermezza - la criminalizzazione di chi salva le vite umane. (Applausi).

Ho detto che il suo discorso è stato vago e indefinito. Vorrei dire che è stato anche il discorso delle assenze. È stata completamente assente la cultura, così come assente è stata la transizione digitale, di cui è sparito anche il Ministero; è stata assente la transizione ecologica, a dimostrazione che i conservatori, da Trump a Bolsonaro, sono forse i peggiori nemici dell'ambiente e della sostenibilità. La questione dell'ambiente non è un tema ideologico da ricchi, presidente Meloni, ma la chiave per garantire il futuro ai nostri figli. (Applausi).

Lei ha detto di essere un'underdog, ha parlato a chi non ce la fa, ma non ha spiegato in alcun modo come intenda aiutare chi non ce la fa, come intenda combattere le disuguaglianze; anzi, ha annunciato che alcuni sostegni come il reddito di cittadinanza saranno messi in discussione e non ha detto una parola contro la precarietà, che è il male di questo tempo.

È stato assente il tema del lavoro; non ha mai citato i lavoratori come tali. Nel suo intervento non c'è alcun riferimento a migliori condizioni di lavoro e ai diritti. Noi una proposta l'abbiamo, una mensilità in più per tutti i lavoratori, agendo sul cuneo fiscale. Lei non ha parlato neanche un attimo ai giovani precari, agli atipici, ai parasubordinati o ai nuovi lavoratori delle piattaforme, non ha parlato alla maggioranza dei lavoratori.

Oltre alle parole non dette ce ne sono state anche alcune usate male, a nostro avviso. Penso al merito, e mi rivolgo al senatore Renzi, che prima mi ha tirato in causa. Merito è una parola bellissima, presidente Renzi. Non ci vergogniamo della parola merito, ma vorremmo, presidente Meloni, che si partisse dall'assunto che per poter essere riconosciuti, come minimo, bisogna essere messi in grado di gareggiare alla pari. Questo significa che, prima di parlare di merito, vorrei che la scuola si occupasse di combattere tutte le disuguaglianze e di garantire che nessun destino sia già scritto. (Applausi). Il merito senza la lotta alle disuguaglianze diventa ulteriore discriminazione, avvantaggia chi le opportunità le ha. (Applausi).

Lei ha rotto il soffitto di cristallo, Presidente, gliene do atto, e le dico anche che vederla sfilare come prima donna davanti al picchetto d'onore di Palazzo Chigi, per chiunque abbia a cuore lo spazio pubblico delle donne di questo Paese, è stata un'immagine storica e potente. Il punto è la distanza culturale tra di noi.

Vorrei segnalarle che l'inverno demografico è un tema per noi principale, ma non abbiamo alcuna intenzione di declinarlo in modo ideologico attraverso la denominazione di un Ministero. Per lei le pari opportunità vanno con la natalità, come se vi fosse l'assegnazione di un destino preordinato che si accompagna alla maternità. Per noi parità significa dare lavoro alle donne e una retribuzione in linea con quella degli uomini ed è legittimo farsi una domanda davanti al voto contrario del suo partito sulla direttiva dell'Unione europea sulla parità salariale. Questi sono fatti. (Applausi).

La delega sulla natalità avrebbe dovuto assegnarla al Ministero dell'economia, perché abbiamo bisogno di creare condizioni affinché le donne possano lavorare. Presidente, la famiglia non è un'ideologia. Si ricordi dei bisogni e dei diritti di tutte le famiglie che vivono in Italia. (Applausi). Le riconosca tutte nelle loro differenze, lottando a fianco a noi contro tutte le discriminazioni. (Applausi).

PRESIDENTE. La prego di avviarsi alla conclusione.

MALPEZZI (PD-IDP). Un'ultima battuta, Presidente, e mi scuso: pochi giorni fa, in quest'Aula, il presidente La Russa, cogliendo l'invito della senatrice Segre, ha reso omaggio al 25 aprile, inserendolo tra le date fondative cruciali della nostra identità nazionale. Lei ieri alla Camera non ha citato la Resistenza e ha preferito citare il Risorgimento, pagina gloriosa di liberazione dalle occupazioni straniere e di unificazione, tanto che la Resistenza viene chiamata anche secondo Risorgimento, ma soprattutto la Resistenza antifascista è stata ed è tutt'ora la sorgente ideale valoriale della nostra Costituzione e della nostra Repubblica, quella Costituzione su cui lei sabato mattina ha giurato. È un peccato e un errore che lei non l'abbia citata e oggi in quest'Aula desidero ricordare e ringraziare le ragazze e i ragazzi, le donne e gli uomini della Resistenza che hanno costruito le basi di questa solida democrazia. (Applausi).

Presidente, noi non le daremo la fiducia, ma faccia un buon lavoro. (Applausi).

RAUTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Governo, colleghi, esprimo a nome di Fratelli d'Italia non solo i sentimenti di profonda emozione, ma anche l'orgoglio per la nascita del governo Meloni, insieme al senso di responsabilità per gli impegni assunti con il popolo italiano.

Chi è seduto accanto a me in questi banchi rappresenta, Presidente, una moltitudine di persone e di storie, decenni di battaglie, quando, come si diceva, la ragione aveva torto e quando la parte sbagliata era quella giusta. Lei, Presidente, e il suo Governo rappresentate una maggioranza nata finalmente nelle urne, scelta dal popolo e con un forte mandato, dopo anni di commissariamento e di Esecutivi creati nel laboratorio delle alchimie di Palazzo.

Sono certa, Presidente, che questo Governo vorrà difendere anche quegli italiani che non hanno votato per la coalizione di centrodestra. Sono convinta che questo Governo vorrà dare risposte anche a quel 36 per cento che ha deciso di non andare a votare per delusione, disincanto o sfiducia. Ne sono convinta, perché a questo Governo spetta anche il compito di ridurre la distanza tra popolo e politica, tra cittadini e istituzioni, tra società e Stato; spetta il compito di ricomporre quella trama smagliata per creare la coesione sociale che lei, Presidente, ha richiamato.

Voglio sottolineare anche io la svolta storica: il sessantottesimo Governo della Repubblica italiana ha un Presidente del Consiglio donna (Applausi); una donna che con la militanza quotidiana è passata da una sezione di partito a Palazzo Chigi; una donna che ha portato Fratelli d'Italia dall'1,96 per cento del 2013 al 26 per cento del 2022. (Applausi). Si può non essere dalla nostra parte, ma non si può negare l'evidenza di un fenomeno politico che dev'essere studiato e capito. Vi invito ad analizzare le ragioni sociali profonde di questo nostro successo e quelle della vostra sconfitta. Dovete chiedervi perché un operaio e le periferie oggi votano destra; poi ci giudicherete per i fatti e per gli atti di Governo. Avete perso non soltanto per le divisioni, per quel campo largo che è saltato, mentre c'era una legge elettorale che tra l'altro spingeva al bipolarismo. Avete perso, a nostro avviso, per una crisi di idee, di visione, di programma e per una propaganda sbagliata e faziosa che anche oggi in quest'Aula abbiamo dovuto riascoltare. (Applausi).

Credo che la sinistra - lo voglio dire con pacatezza - debba interrogarsi anche sul perché a livello internazionale sia stata sempre la destra ad esprimere, ad eccezione di Hillary Clinton, una leadership politica femminile, ed oggi in Italia la prima donna di destra Premier. Suggerisco qualche spunto di riflessione: colleghi, esistono una storia e una cultura femminili della destra italiana, un capitolo che solo il pregiudizio femminista e la persistenza di alcuni luoghi comuni sulla destra hanno avvolto in un cono d'ombra. Oggi questa storia vi si disvela. Capisco che per voi sia uno smacco epocale, ma a noi non sorprende che Giorgia Meloni diventi Presidente del Consiglio. Non è stata cooptata da un uomo, non ha giovato delle quote, non è stata favorita perché donna, non è stata ostacolata mai perché donna. (Applausi). Giorgia Meloni si è affermata perché è la più brava, e non brava come un uomo, ma brava come una donna, ed è stata la più brava di tutti. (Applausi). Da noi vale il merito, un valore che è un concetto chiave.

Proprio sul merito devo anch'io fare una considerazione, perché, subito dopo l'enunciazione dei titoli dei Ministeri, siamo passati alla demonizzazione lessicale. Critiche piovute per aver aggiunto al Ministero dell'istruzione anche la parola la parola "merito". Ho paura di chi ha paura delle parole e non analizza i concetti. L'articolo 34 della Costituzione fa riferimento ai capaci e ai meritevoli per gli studi e l'istruzione. Vi chiedo cosa vi scandalizza. Il merito è un riconoscimento del valore e del sacrificio e dev'esserlo ovunque: onore al merito come ascensore sociale; onore al merito come presupposto di democrazia, esattamente come l'uguaglianza. Critiche superficiali, allora, ma le vogliamo comunque ascoltare.

Critiche anche infondate per aver aggiunto nel Governo Meloni al Ministero dell'agricoltura il concetto della sovranità alimentare, come peraltro già accaduto in Francia senza scandalo. C'è chi ha gridato addirittura alla deriva autarchica, facendo finta di non capire - e quindi lo chiariamo - che si tratta invece della difesa delle nostre eccellenze e dei nostri prodotti di origine protetta (Applausi), i prodotti DOP, quelli che l'Europa ci chiede anche di etichettare. La sovranità alimentare la invocano tutti i movimenti agricoli e contadini a livello internazionale e la difendono anche i presidi slow food di Carlin Petrini, che credo sia al di sopra di ogni sospetto autarchico, mi pare di ricordare.

La critica più feroce - ed è stata richiamata anche nell'ultimo intervento - è stata all'aggiunta della parola "natalità" nel Governo Meloni, insieme alla famiglia e alle pari opportunità. Ho addirittura sentito dire dalla sinistra che il Governo Meloni vuole le donne a casa a fare figli: una follia.

Vi voglio spiegare, allora, che cosa significa per noi questo. Io penso - e voi, se volete essere intellettualmente onesti, come la politica richiede, non potete non capirlo - che le pari opportunità, integrate alle politiche per la natalità, siano la unica vera garanzia per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro. (Applausi).

Noi vogliamo smantellare le penalità e gli ostacoli al lavoro femminile e anche rispondere all'emergenza demografica. Servono sostegni pubblici alle libere - lo sottolineo - scelte di maternità e paternità. Il resto, colleghi, passatemi l'espressione, è "fuffa"! Da anni la Francia, per le politiche per la natalità, si impegna e impegna oltre il 2 per cento del PIL. È aumentato il numero dei figli ed è aumentato anche il numero di donne impiegate, che sono entrate nel mondo del lavoro.

Allora io vi chiedo: che cos'è questo? È oscurantismo? No, non è oscurantismo. È pragmatismo. Si chiama voglia di futuro e si chiama anche questione culturale, oltre che questione di PIL ed oltre che questione anche di sistema pensionistico che non regge.

Allora, dal nostro Pontefice, che richiama questo punto, fino alle statistiche dell'Istat, che ci dicono che non c'è futuro, se continuiamo con questo trend, finalmente l'Italia, con il Governo Meloni, si libera della tecnocrazia e forma un Governo politico. Le dichiarazioni del Presidente sono state un'articolazione del programma della coalizione di centrodestra e della prossima azione di Governo. C'è finalmente un'agenda Italia. C'è una agenda Meloni, con obiettivi di legislatura a medio e anche lungo termine, oltre quello di affrontare le emergenze.

Presidente Meloni, lei anche oggi ha ricordato quali sono le emergenze nella sua bellissima replica: in particolare, il carovita, il caro bollette, il caro energia, la necessità di porre non solo un freno, ma un tetto al prezzo del gas, per colpire la speculazione. Ha anche chiarito le posizioni sul PNRR, di cui dobbiamo recuperare i ritardi del Governo precedente per 54 decreti attuativi non ancora pubblicati. Quindi, non prendiamo su questo lezioni da nessuno!

Vado a concludere, presidente Meloni, dicendo che lei, già dai primi giorni, ha impresso una cifra diversa, anche nel cerimoniale e nel modo di porsi. Ha introdotto, insomma, un cambio di passo, una rivoluzione gentile nella forma. Io mi auguro e le auguro una rivoluzione conservatrice nella sostanza.

Mi ha emozionato, come credo abbia emozionato tutto l'immaginario femminile, il suo omaggio di ieri a 16 donne che hanno fatto la storia italiana: patriote d'Italia, a noi tanto care, donne reali, di carne e di sangue, che hanno lasciato qualcosa dopo di loro. Oggi, quella scala, signor Presidente, è più alta. È un simbolo per le nostre figlie e nipoti.

È vero, i cittadini le hanno affidato la Nazione nel pieno di una tempesta. Come però diceva Seneca: non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare; ma chi sa dove andare conduce la nave in porto. Lei condurrà la nave italiana in porto. La rotta è tracciata. Ha la nostra piena fiducia. Buon lavoro, signor Presidente. Buon lavoro al Governo Meloni. (Applausi).

PRESIDENTE. Ricordo che i Gruppi sono stati già invitati, ai sensi dell'articolo 31, comma 1, del Regolamento, a comunicare alla Presidenza le designazioni dei senatori nelle Commissioni permanenti.

Questo ha un riflesso anche nell'eventualità che la prossima settimana il Senato sia convocato o no. Anticipo che sarà comunque convocato a domicilio, ma lo diremo al termine della seduta.

Votazione nominale con appello

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 161, primo comma, del Regolamento, indìco la votazione nominale con appello sulla mozione di fiducia al Governo n. 3, presentata dai senatori Rauti, Romeo, Ronzulli e De Poli.

Ricordo che ciascun senatore chiamato dal senatore Segretario dovrà esprimere il proprio voto passando sotto il banco della Presidenza.

I senatori favorevoli alla mozione di fiducia risponderanno sì; i senatori contrari risponderanno no; i senatori che intendono astenersi risponderanno di conseguenza.

Estraggo ora a sorte il nome del senatore dal quale avrà inizio l'appello nominale.

(È estratto a sorte il nome del senatore Paroli).

Invito il senatore Segretario a procedere all'appello, iniziando dal senatore Paroli.

(Il senatore Segretario Iannone fa l'appello).

(Nel corso delle operazioni di voto assumono la Presidenza il vice presidente CASTELLONE - ore 20,18 -, indi il presidente LA RUSSA - ore 20,47 -).

Dichiaro chiusa la votazione.

Proclamo il risultato della votazione nominale con appello sulla mozione di fiducia n. 3, presentata dai senatori Rauti, Romeo, Ronzulli e De Poli.

Senatori presenti

200

Senatori votanti

199

Maggioranza

98

Favorevoli

115

Contrari

79

Astenuti

5

Il Senato approva. (Vivi, prolungati applausi. Molte congratulazioni al Presidente del Consiglio dei ministri).

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Il Senato è convocato a domicilio.

La seduta è tolta (ore 20,53).