Legislatura 17ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 592 del 15/03/2016

SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVII LEGISLATURA ------

592a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDÌ 15 MARZO 2016

_________________

Presidenza della vice presidente FEDELI,

indi del vice presidente CALDEROLI

N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Liberalpopolare-Autonomie: AL-A; Area Popolare (NCD-UDC): AP (NCD-UDC); Conservatori e Riformisti: CoR; Forza Italia-Il Popolo della Libertà XVII Legislatura: FI-PdL XVII; Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l'Italia, Moderati, Idea, Euro-Exit, M.P.L. - Movimento politico Libertas): GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL); Lega Nord e Autonomie: LN-Aut; Movimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE: Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE; Misto: Misto; Misto-Fare!: Misto-Fare!; Misto-Italia dei valori: Misto-Idv; Misto-Liguria Civica: Misto-LC; Misto-Movimento la Puglia in Più: Misto-MovPugliaPiù; Misto-Movimento X: Misto-MovX; Misto-Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: Misto-SI-SEL.

_________________

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza della vice presidente FEDELI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,32).

Si dia lettura del processo verbale.

AMATI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 10 marzo.

Sul processo verbale

LANGELLA (AL-A). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LANGELLA (AL-A). Signora Presidente, chiedo la votazione del processo verbale, previa verifica del numero legale.

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

Ripresa della discussione sul processo verbale

PRESIDENTE. Metto ai voti il processo verbale.

È approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,36).

Discussione dei disegni di legge:

(1878) Deputato BENI ed altri. - Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione (Approvato dalla Camera dei deputati)

(1203) MANCONI ed altri. - Istituzione della Giornata nazionale per la memoria dei migranti vittime del mare (ore 16,36)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1878, già approvato dalla Camera dei deputati, e 1203.

La relazione è stata già stampata e distribuita. Chiedo al relatore se intende integrarla.

MAZZONI, relatore. Signora Presidente, l'elemento tragico da cui parte il disegno di legge in discussione è la tragedia avvenuta il 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa.

Il naufragio di una delle famigerate carrette del mare portò alla morte ben 368 persone, compresi anziani, donne e bambini. All'indomani di quella tragedia si costituì il Comitato 3 ottobre, una ONLUS che ha lavorato perché quella triste data, attraverso l'istituzione di una giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, potesse diventare non solo un momento di ricordo e commemorazione delle vittime, ma innanzitutto l'occasione per rafforzare, attraverso il principio di solidarietà, quell'identità europea che è parsa del tutto smarrita negli eventi degli ultimi anni, mesi e settimane.

In questo momento mi preme ringraziare il Comitato 3 ottobre, che ha voluto fortemente il ricordo di questa data tragica e tutti i cittadini di Lampedusa, con in testa il sindaco Nicolini, che si sono tanto prodigati per soccorrere le vittime dei tanti naufragi che si sono susseguiti negli ultimi anni nel Mediterraneo.

Il 3 ottobre è, quindi, una data simbolica importantissima, ma le morti legate ai trasferimenti di migliaia di persone in Europa sono state numerose anche prima e dopo quel 3 ottobre 2013. (Brusio).

PRESIDENTE. Colleghi, non è possibile proseguire con questo brusio, anche perché stiamo parlando di temi particolarmente significativi.

Prego, senatore Mazzoni.

MAZZONI, relatore. Grazie, signora Presidente.

Dicevo che il 3 ottobre è da considerare una data simbolica molto importante, ma mi preme anche ricordare che le morti legate ai trasferimenti di migliaia di persone in Europa sono state numerose anche prima e dopo quel 3 ottobre 2013, che resta comunque una data chiave nella storia dell'Europa e dell'immigrazione.

Dopo quella tragedia, che sembrò sconvolgere le coscienze di mezza Europa, il Governo Letta decise di avviare l'operazione Mare nostrum, che avrebbe poi chiuso il 1° novembre 2014. Tale operazione aveva due obiettivi fondamentali: garantire la ricerca e il salvataggio nelle acque internazionali dei migranti e assicurare alla giustizia trafficanti e scafisti. Si trattò di un impegno oneroso (nove milioni di euro al mese) e di un'esperienza finita nel mirino delle polemiche, perché accusata di aver moltiplicato il numero dei disperati salpati dai porti del Mediterraneo meridionale, attirati dalla certezza di essere soccorsi in mare. Tuttavia, non va dimenticato che l'operazione Mare nostrum ha salvato 150.000 persone e dopo la sua chiusura gli arrivi sulle nostre coste meridionali sono aumentati insieme alle richieste di asilo. Quindi, Mare nostrum non era la calamita dei disperati. Le calamite e le cause andavano ricercate altrove.

Ma ancora una volta, a imprimere una svolta al corso degli eventi, dopo le tante polemiche, è stata la cronaca: il 18 aprile 2015, nel naufragio di un barcone proveniente dalla Libia morirono oltre 700 persone, forse 900. Due giorni dopo, un vertice congiunto dei Ministri degli esteri e degli interni dell'Unione europea partorì un piano in dieci punti che prevedeva il rafforzamento delle operazioni nel Mediterraneo, lo sforzo sistematico per catturare e distruggere i barconi, il dispiegamento di squadre dell'European asylum support office (EASO) per sveltire le pratiche delle richieste di asilo, lo studio di opzioni per il ricollocamento obbligatorio, un programma per il reinsediamento dei profughi e un piano per il rimpatrio degli irregolari.

Credo sia opportuno ricordare a tutti noi che il diritto di asilo è tra i diritti fondamentali dell'uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione. L'articolo 10, terzo comma, prevede infatti che «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Questo disegno di legge, già approvato in prima lettura dalla Camera con un'ampia maggioranza, ha un grande valore simbolico, ma non solo: deve costituire anche uno sprone perché l'Unione europea ritrovi quell'elemento costitutivo della solidarietà che era nella mente dei Padri fondatori, ma che sta purtroppo venendo meno nella gestione dell'emergenza dei migranti, un fenomeno epocale che va governato uscendo dalla logica emergenziale e, soprattutto, non lasciando soli i Paesi di primo approdo come l'Italia e la Grecia.

Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), l'UNHCR e l'UNICEF, dal mese di settembre del 2015, 340 bambini, in media due al giorno, hanno perso la vita in mare nel tentativo di attraversare con le loro famiglie il Mediterraneo orientale. Credo non sia necessario ricorrere all'immagine del piccolo Aylan, privo di vita sulla spiaggia turca di Bodrum, e del fratellino Galip che, essendo sfuggito alla regia dei media, ha avuto meno spazio nella pietà collettiva, per sottolineare l'esigenza di un cambio di passo dell'Europa.

Sempre secondo l'OIM sono 444 i morti nel Mediterraneo in questi primi mesi del 2016. Secondo un advisor dell'associazione UN Women for peace, che è intervenuta martedì 8 marzo a Istanbul a una conferenza sui diritti delle donne, dall'inizio dell'attuale crisi le persone che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere il nostro continente sarebbero circa 4.000, un numero spaventoso al quale non si può rispondere con l'indifferenza e con l'innalzamento dei muri.

Certo, non aiutano l'Europa i vertici come quello del 15 febbraio scorso del Gruppo di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria), allargato a Bulgaria e Macedonia e non aiuta la continua minaccia di sospensione del Trattato di Schengen.

Nel corso delle celebrazioni del primo anniversario della tragedia di Lampedusa, nel 2014, il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, aveva detto: «Ci siamo riuniti qui a Lampedusa perché siamo consapevoli che nelle nostre politiche di asilo e di migrazione c'è qualcosa che non va. Ma vogliamo correggerle. Credo che non vi sia luogo migliore di Lampedusa per segnare una svolta in queste politiche». In effetti, poi, nel maggio successivo è stata approvata l'Agenda europea sulle migrazioni, che è però rimasta in larga parte inapplicata a causa del risorgere degli egoismi nazionalistici e della crisi generale dell'Unione europea. Prova ne è il difficile vertice con la Turchia di lunedì scorso.

Qualche settimana fa, una delegazione della Commissione per i diritti umani del Senato si è recata a Lampedusa, dove ha potuto riscontrare l'impegno degli operatori ma anche le oggettive difficoltà nella realizzazione degli hotspot.

Auspico che dal dibattito su questo disegno di legge, anche se so che non è semplice, restino fuori le legittime polemiche su come gestire l'immigrazione, perché ha buone ragioni sia chi dice che c'è bisogno dei migranti per contrastare l'invecchiamento della popolazione in Europa e per poter contare su forza lavoro aggiuntiva e su nuovi consumatori, sia chi sostiene che la ragion di Stato impone di non sovrapporre le ragioni di ordine umanitario e le ragioni dell'accoglienza a quelle di chi è convinto che è sbagliato confondere la missione della Chiesa con i compiti degli Stati, fare confusione fra il messaggio evangelico e la politica, fra l'universalismo della Chiesa, che parla a tutti gli uomini, e l'inevitabile particolarismo degli Stati, che rispondono ad un insieme definito di cittadini.

Questo disegno di legge non intende dare risposta, né potrebbe farlo, ai tanti e complessi problemi posti dall'arrivo di migliaia di rifugiati, ma più semplicemente e magari efficacemente vuole operare sul piano culturale della coscienza collettiva, nel ricordo di chi fuggiva dalle guerre e dal dolore, di chi sognava un futuro migliore per i propri figli ed è morto durante uno dei tanti viaggi della speranza, nella consapevolezza che una nazione civile deve avere fra le sue ragioni fondanti anche la tutela dei diritti umani. Questo è il senso e la ragione profonda che ispira il disegno di legge n. 1878 «Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione», che spero venga approvato dal Senato con la maggioranza più ampia possibile. Presentato alla Camera il 13 novembre 2013, ad un mese dalla tragedia di Lampedusa, primo firmatario l'onorevole Beni e firmatari, tra gli altri, i deputati Chaouki, Realacci, Iacono e Roberta Agostini, è stato approvato - come ho già ricordato - con una maggioranza molto ampia dall'Assemblea di palazzo Montecitorio lo scorso 15 aprile e trasmesso al Senato il 17 aprile 2015, il giorno prima dell'altra grande tragedia nel Mediterraneo al largo di Lampedusa.

Mi permetta, signora Presidente, alcune considerazioni aggiuntive. Le vicende che nel Mediterraneo e lungo le rotte via terra verso l'Europa hanno provocato la morte di migliaia di persone, in fuga da guerre, persecuzioni e miseria, sembravano finalmente aver indotto i Paesi europei a un atteggiamento di maggiore apertura verso il fenomeno migratorio. L'Europa tutta, infatti, è chiamata ad assumersi le proprie responsabilità e a intervenire con azioni più incisive, garantendo ai Paesi maggiormente coinvolti dai flussi migratori il supporto necessario per creare canali umanitari di ingresso e per contrastare il traffico di esseri umani.

C'erano state, nei mesi estivi dello scorso anno, addirittura manifestazioni di solidarietà nei confronti dei rifugiati, in particolare da parte dei cittadini austriaci e tedeschi, che sembravano rappresentare un segno tangibile della nuova sensibilità civile che si stava formando su questi temi, che potrebbe davvero rappresentare un ritorno ai fondamenti identitari dell'Unione europea.

Le speranze e le tragedie di quanti, spinti dalla disperazione e dalla miseria, fuggono dai propri Paesi alla ricerca di un'esistenza dignitosa ci parlano anche della nostra storia, degli emigranti italiani che subirono il peso dell'indifferenza e il disprezzo del razzismo. Fare memoria del passato serve per imparare a guardare al futuro con senso critico e a porre rimedio agli errori commessi.

Credo che l'Italia il suo compito lo stia svolgendo, l'abbia svolto e lo svolgerà. Non così l'Europa: si sono innalzati muri, prosperano i populismi nazionalistici, prospera la xenofobia, come abbiamo visto nelle elezioni di ieri in Germania. Credo che l'Europa debba ritrovare una spinta solidaristica, innanzitutto rivedendo il regolamento di Dublino, che impone ai soli Paesi di primo approdo l'onere dell'accoglienza dei profughi. Abbiamo assistito, da parte della Commissione europea, a delle vere e proprie contraddizioni: prima si lasciano soli l'Italia e la Grecia e poi le si sanzionano con procedure di infrazione, perché non siamo riusciti a prendere le impronte a tutti i profughi in arrivo e perché non si sono aperti sollecitamente gli hotspot.

Ebbene, questo disegno di legge non vuole solo contribuire a tributare il doveroso ricordo alle vittime dell'immigrazione e della fuga dalla guerra e dalla miseria, ma vuole anche essere una risposta all'indifferenza europea, una risposta che ci riporti ad un sussulto di civiltà, perché con il ritorno ai nazionalismi non si costruisce l'Europa del futuro. (Applausi dai Gruppi AL-A e PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritta a parlare la senatrice Albano. Ne ha facoltà.

ALBANO (PD). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, è con infinito onore e profondo senso di responsabilità che siamo finalmente riuniti oggi, per approvare un provvedimento da molti mesi in attesa di approvazione da parte di questa Assemblea. Il 3 ottobre 2013 ricevemmo tutti uno schiaffo, dato dalle immagini dei corpi alla deriva di 366 vittime, uomini e donne, morti a pochi metri dalle coste di Lampedusa, migranti che avevano quasi raggiunto la tanto agognata libertà, per la quale avevano investito buona parte dei loro risparmi, messi nelle mani di trafficanti senza scrupoli.

Quella tragedia, seppur annunciata perché preceduta e purtroppo seguita da altre vicende di morte e disperazione, ha risvegliato in molte coscienze un senso di responsabilità e vicinanza nei confronti delle tante migliaia di persone, che da anni affrontano la breve traversata che separa le nostre coste dall'Africa, e ha spinto il Parlamento e il Governo a tradurre quello schiaffo in una risposta politica, con la decisione di istituire una giornata della memoria delle vittime dell'immigrazione. Questa giornata deve servire da monito, come stabilito nel testo di legge che siamo chiamati ad approvare, con il fine di promuovere la memoria dei naufragi nei quali hanno perso la vita i migranti, nel tentativo di raggiungere le coste italiane. Una giornata nella quale verranno organizzati incontri e iniziative, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di sensibilizzare i cittadini in ordine alla dignità dei migranti, all'importanza della loro integrazione e al diritto di asilo.

Come ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, «L'umanità che mostreremo nell'accogliere i profughi disperati, l'intelligenza con cui affronteremo i fenomeni migratori, la fermezza con cui combatteremo i trafficanti di essere umani saranno il modo con il quale mostreremo al mondo la qualità della vita democratica». Ed è proprio per dimostrare la nostra profonda umanità, la nostra più viva solidarietà, ma anche per dimostrare e per ricordare sia a noi stessi che ai nostri vicini europei che noi Italiani, che in passato siamo stati un popolo di emigranti, non abbiamo dimenticato le nostre origini e oggi vogliamo tendere una mano nei confronti di chi fugge da violenze, guerre e povertà alla ricerca di un futuro migliore per sé e per i propri figli, che dobbiamo farlo. Ricordare uomini, donne, bambini, di cui non sappiamo il nome e di cui non conosciamo il passato, non solo ci rende persone migliori, ma ci serve per comprendere che chiudere le porte e voltarsi dall'altra parte non è servito, non serve e non servirà a niente, che solo costruendo un Paese accogliente e multiculturale sconfiggeremo l'odio, il razzismo e la xenofobia che purtroppo, storicamente, accompagna i periodi caratterizzati da forti cicli migratori.

Mi auguro che questa giornata possa venir celebrata in un clima di coesione e solidarietà, che non sia solo una passerella autocelebrativa istituzionale, condita dalla solita retorica e demagogia, perché dobbiamo dare ai cittadini, all'Italia e all'Europa risposte concrete, reali e rapide, che sappiano dare una risposta alla richiesta di accoglienza, di solidarietà umana, senza alcuna strumentalizzazione.

Il mar Mediterraneo, che è stato per secoli culla di civiltà, oggi è diventato la frontiera che separa i ricchi dai poveri, i fortunati dagli sfortunati, chi ha un futuro da chi non ce l'ha. Non voglio e non posso accettare questa suddivisione. Come scrisse più di cinquant'anni fa don Lorenzo Milani, «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io (...) reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri». Bene, io non voglio trovarmi dal lato dei privilegiati, né da quello degli oppressori. Voglio e desidero, per i miei figli e i miei nipoti, un futuro dove la solidarietà, i diritti umani e i valori dell'accoglienza e dell'integrazione siano alla base della convivenza civile. Per questo sono favorevole all'istituzione di questa giornata della memoria, al fine di trasmettere, soprattutto alle più giovani generazioni, i valori dell'integrazione e della fratellanza tra i popoli.

Di certo l'Italia, da subito, ha dato dimostrazione di avere a cuore il problema e di volersi impegnare per risolverlo. Lo dimostra il lancio dell'operazione Mare nostrum, voluta dal Governo Letta nelle settimane successive il naufragio, con lo scopo di pattugliare il canale di Sicilia, unendo un obiettivo militare ad uno scopo umanitario ancora più nobile, cioè quello di voler prestare soccorso ai clandestini evitando il ripetersi di altri tragici incidenti.

Che questa giornata sia allora un'occasione anche per ascoltare le testimonianze dei tanti e coraggiosi operatori della Marina militare, della Guardia costiera e delle altre Forze dell'ordine, impegnati da anni nel salvataggio di vite umane, lavorando di notte, al freddo e al vento, instancabilmente, con il solo nobile scopo di aiutare quante più persone possibile, a prescindere dal colore della pelle, dell'origine e della condizione sociale. Ho ancora i brividi nel ricordare le parole e le lacrime di tanti ufficiali intervistati da stampa e televisione in quei tragici giorni, quando tra le lacrime ricordavano gli sforzi fatti, i cadaveri ripescati, i bambini senza più genitori e i genitori senza più figli. A tutti loro deve andare il saluto e il più profondo ringraziamento, mio e mi auguro di tutta l'Assemblea, per quanto fatto in questi anni.

Ci troviamo di fronte una sfida che durerà e che peserà su un'intera generazione. Non ci sono mai state tante persone in fuga da persecuzioni politiche e guerre come oggi e a queste si aggiungono i milioni di migranti economici che premono dall'Africa nera e subsahariana. Molti di loro cercano protezione qui in Europa e solo se riusciremo ad entrare nell'ordine delle idee che questa situazione non cambierà nei prossimi anni, potremo offrire una risposta convincente e risolutiva. Finora, infatti, le risposte messe in campo dall'Europa sono state parziali e - lasciatemelo dire - troppo timorose e condizionate dalle situazioni interne ai singoli Stati.

Tuttavia, se l'Europa non riesce ad essere all'altezza delle aspettative che tutto il mondo nutre nei suoi confronti, mi chiedo quale diventi lo scopo stesso di stare tutti insieme, se non si è in grado di dare una risposta forte e univoca a un problema globale. Per questo motivo, spero che il Governo voglia perseguire in Europa una politica comune per la gestione non solo dei richiedenti asilo, ma anche dei profughi e degli immigrati economici, basata sul principio di solidarietà e sul nostro valore dell'umanità che noi tutti condividiamo.

Non è questa la sede per affrontare il tema dei cambiamenti e delle modifiche che andrebbero introdotte nelle regole europee, tuttavia mi piace pensare che nell'Unione europea che lasceremo ai nostri figli e ai nostri nipoti i migranti saranno accolti ovunque con eguale dignità umana, attraverso l'introduzione di standard minimi validi in tutti i Paesi membri. Mi auguro che i migranti possano essere equamente suddivisi tra tutti i Paesi con un sistema intelligente di quote, che tenga conto delle esigenze del mercato del lavoro di un'Unione formata da 500 milioni di persone e che quindi può e deve riuscire a gestire un fenomeno migratorio che, pur arrivando al milione di unità all'anno, rappresenterebbe comunque una percentuale vicina allo zero per cento della popolazione totale.

Invece, una situazione come quella odierna, in cui il peso della crisi è scaricato tutto sui Paesi di frontiera e su quei pochi, generosi Paesi che, su base volontaria, decidono di offrire accoglienza ai profughi, è destinata a fallire poiché non introduce criteri comprensibili da tutti i cittadini, correndo il rischio di creare tensioni e recriminazioni di vario genere.

Chiaramente, nel medio-lungo periodo dobbiamo andare oltre la gestione dell'emergenza, intervenendo sulle cause dell'immigrazione, magari attraverso l'introduzione di accordi di partenariato con i Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo da cui transitano i migranti, rafforzando anche ulteriormente il pattugliamento delle coste, il più vicino possibile ai porti dei Paesi nordafricani dai quali salpano i barconi, ma sempre agendo come Unione europea e non come Italia, Grecia o Spagna.

Per riuscire a creare una politica di accoglienza a tutto campo dobbiamo incoraggiare delle iniziative politiche che combattano le ragioni alla base dell'emigrazione dai Paesi del Medio Oriente e dell'Africa. La stabilizzazione della situazione di Stati che si stanno sfaldando, la limitazione di violenza e guerre civili devono procedere di pari passo con precisi sforzi che supportino lo sviluppo economico e la creazione di reali prospettive economiche e sociali, in special modo per i tanti giovani cittadini di quelle nazioni, se non vogliamo che a decine di milioni, nei prossimi anni, premano alle nostre frontiere. Tutti gli sforzi delle comunità di Stati, innanzitutto dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, devono avere questo scopo.

Spero quindi che l'Europa, chiamata ad assumersi le proprie responsabilità, decida di non lasciare soli i Paesi di frontiera come l'Italia e la Grecia, e possa garantire ai Paesi più coinvolti dai fenomeni migratori, principalmente per motivi geografici, tutto il supporto necessario al fine di gestire con maggiore efficacia i numerosi sbarchi, modificando anzitutto la norma sul diritto di asilo contenuta nel Regolamento di Dublino del 2008, con l'introduzione di quote proporzionali che superino il vincolo del primo Paese di ingresso nell'Unione, oggi troppo penalizzante per i Paesi mediterranei.

I cittadini europei si sono già dimostrati sensibili a queste tematiche, con manifestazioni di solidarietà, segnali concreti di una nuova sensibilità civile che si sta formando su questi temi e che dovrà rappresentare uno dei fondamenti dell'Unione europea del futuro. Purtroppo però, a queste spontanee aperture si sono contrapposte manifestazioni di chiusura e di odio, muri che si alzano e frontiere che si chiudono. Spetta allora ai Governi - e mi auguro che il Governo italiano possa farsene portavoce - creare un'Europa più solidale nei confronti dei migranti, che possa dare risposte concrete, reali e rapide alla richiesta di accoglienza e di solidarietà umana che giunge dai suoi confini.

Voglio concludere, signora Presidente, ribadendo il mio sostegno all'introduzione di questa giornata della memoria, ricordando una frase pronunciata da un giovane rifugiato che disse: «Non sono pericoloso, sono in pericolo». Ebbene non possiamo e non dobbiamo girarci dall'altra parte quando riceviamo queste richieste di aiuto, dobbiamo invece offrire il nostro sostegno e la nostra solidarietà, tenendo a mente le parole di Papa Francesco quando denuncia la globalizzazione dell'indifferenza quale male della nostra epoca e della nostra società, perché questo è ciò che vorremmo ricevere, se un giorno ci trovassimo noi nella stessa situazione. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Padua. Ne ha facoltà.

PADUA (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, il progetto di legge di cui stiamo discutendo riconosce il 3 ottobre quale Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, con lo scopo di sensibilizzare e formare l'opinione pubblica e le giovani generazioni alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e al valore della vita.

Quella data - il 3 ottobre - è impressa nei nostri cuori, quelle immagini ci sembrarono insopportabili e speravamo di non doverle più vedere ma così non è stato e, forse, ci siamo anche un po' rassegnati a tutto questo e solo di tanto in tanto l'immagine di un piccolo tra le braccia di un soccorritore che arriva - ahimè - troppo tardi ci costringe a riflettere.

È di qualche giorno fa la nascita di un piccolo venuto alla luce in mezzo al fango: tutti abbiamo davanti agli occhi quell'immagine. Ho pensato, nei giorni scorsi, che, almeno, Gesù bambino, quando è nato, aveva il bue e l'asinello a riscaldarlo, mentre quel bambino non aveva neanche questo.

Integrazione, accoglienza e inclusività: sono questi i pilastri concettuali su cui si fondano gli eventi che saranno organizzati nel giorno della memoria. Non dunque, colleghi, mero ricordo di una tragedia che inevitabilmente ha scosso le anime di tutti i cittadini e le cittadine, che hanno vissuto con ansia e apprensione quelle drammatiche ore in cui le notizie riportavano un numero di morti sempre crescente.

Vorrei rimarcare il significato più profondo che rappresenta l'istituzione di una Giornata in memoria delle vittime dell'immigrazione: promuovere l'educazione dei nostri ragazzi nelle scuole e dei cittadini e delle cittadine nei luoghi in cui vivono. È questo un investimento culturale per il futuro del nostro Paese, che potrà, spero, contagiare gli altri Paesi europei che, purtroppo, come vediamo adesso un po' troppo spesso, piuttosto che innalzare e costruire ponti, innalzano veri e propri muri, fatti di mattoni: una chiusura, simboleggiata da questi mattoni che mettono l'uno sull'altro. Ma torniamo a noi.

Ogni singolo membro della società civile è portatore di valori e consuetudini che si riflettono sulla collettività e ogni azione positiva rivolta all'inclusione deve essere scientemente accolta. Questo è un modo concreto di supportare quegli intenti di cui l'Italia si sta facendo portavoce presso le istituzioni sovranazionali e aiuta a compiere quel passettino in avanti, cui ha fatto riferimento il nostro Premier all'ultimo Consiglio europeo, che guarda alla sostanziale rivisitazione delle politiche comunitarie in tema di accoglienza e solidarietà.

Ridare alle istituzioni europee quel senso di umanità, quel cuore sempre più spesso sostituito dal calcolo dei vincoli finanziari, è una priorità per non alimentare ulteriormente le ragioni di chi disconosce i benefici di una comunità che necessita urgentemente di una reale ed inderogabile integrazione culturale. Ogni azione, compresa l'istituzione di una Giornata di ricordo per le vittime di Lampedusa nel 2013, deve servire a far riflettere sui numeri dietro cui si celano le storie personali e familiari di uomini, donne e bambini.

Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni sono quasi 450 i migranti morti nel Mediterraneo nei primi due mesi del 2016 (sono 410 per l'Alto commissariato dell'ONU). Nel 2015 sono stati oltre 3.500, di cui 800 bambini: cifre da rabbrividire. Ma le cifre non ci raccontano i volti, gli sguardi, gli occhi di quelle persone che cercano una vita più dignitosa.

Morti nel Mediterraneo: un mare che è stato culla di scambi culturali nei secoli scorsi e che, nella visione profetica di La Pira, doveva rappresentare un ponte, quel "lago di Tiberiade". E invece questo mare si è tinto di rosso, delle tante vite perse di uomini e donne che cercavano solo una vita più dignitosa.

Ma voglio rinforzare il concetto di poc'anzi: non possiamo permettere, come Paese, che l'Europa scarichi sulla buona volontà e sul senso di accoglienza di piccole comunità come Lampedusa, Augusta, Pozzallo - per ricordare soltanto le più note - l'onere di una responsabilità politica molto grande. In quelle comunità non si parla né di numeri, né di paura, perché non c'è tempo. Esse sono il simbolo di una generosità e di una solidarietà che davvero fanno da ponte fra culture diverse, offrendo, a chi li cerca disperatamente, aiuto e sostegno.

L'idea di dare il premio Nobel per la pace a Lampedusa è un'iniziativa assolutamente lodevole, perché protesa all'idea di un'Europa il cui cuore pulsante batta in mezzo alle persone. Tale idea rappresenta una spinta concreta a favore della nostra posizione in sede europea, per una rivisitazione del Regolamento di Dublino, per l'introduzione di una gestione comune dell'asilo, per convincere dei benefici e non delle minacce e delle paure della libera circolazione. Rappresenta, cioè, una modalità per far crescere nella consapevolezza della necessità di accoglienza quelle comunità le cui risposte sono racchiuse nell'arroccamento e nella chiusura.

Non lasciamo che prevalgano l'austerità severa e le finalità utilitaristiche nella visione di un'Europa che rischia fortemente di piegarsi su se stessa, di spegnersi, e che lascia nei sentimenti degli italiani quei numeri inquietanti per cui solo il 13 per cento della società sarebbe favorevole alla libera circolazione nell'area Schengen.

L'ammonimento lanciato da Marco Impagliazzo nei giorni scorsi in un editoriale su «Avvenire» la settimana scorsa, per evitare che una nuova cortina di ferro cali sull'Europa, ci deve far riflettere a lungo su come la storia possa, mutate le circostanze, obnubilare le menti e far perdere di vista quei poli culturali cui abbiamo deciso di aderire con convinzione e che sono alla base del nostro sistema democratico, fondato su temi quali l'inclusività, la solidarietà, la speranza, l'accoglienza, l'uguaglianza, il diritto alla vita e alla salute. Governare i flussi migratori secondo un'ottica che privilegi queste tematiche è una sfida, certamente complessa, che riguarderà anche i prossimi anni, alla quale ad ogni modo bisognerà rispondere. Spero in questo senso che si acceleri la creazione di condizioni migliori per dare inizio ad un reale processo di inclusione culturale e umanitaria, scevro da derive o tentazioni populiste.

I recenti numeri del fenomeno migratorio ci riportano, dati alla mano, alla realtà di dover affrontare un fatto imponente: per Frontex sono stati 170.000 gli arrivi di migranti in Italia nel 2015; per l'ONU 9.000 solo in questi primi due mesi del 2016. La proposta delle istituzioni europee di creare una guardia costiera e di frontiera europea, che è all'attenzione del Parlamento, e la scelta della Commissione per un percorso di ripristino di Schengen indicano la direzione di attuazione dei pilastri dell'Agenda europea sulla migrazione del 2015, soprattutto sull'idea della gestione comune di flussi di migranti.

Se tutto questo può essere utile per evitare al massimo il possibile ripetersi di episodi come quello di Lampedusa del 2013, ben intervenga l'Europa in aiuto degli Stati nazionali e di quelle popolazioni che, per ragioni geografiche, si trovano in prima linea. Tali possibili argini, però, non si sleghino da esigenze umanitarie, restando soltanto soluzioni di facciata. Senza la convinzione che lo sviluppo del sistema di accoglienza deve essere integrato e la gestione delle responsabilità condivisa, difficilmente si potranno trovare soluzioni soddisfacenti per la gestione dei flussi migratori. In quest'ottica va certamente accolta con favore la risoluzione, approvata nei giorni scorsi dal Parlamento europeo, che sostiene che la violenza di genere dovrebbe essere un valido motivo per richiedere l'asilo nell'Unione: proteggere i bambini e le donne vittime di violenza o di tratta di esseri umani, è uno dei compiti più importanti che un sistema comune deve assicurare.

Papa Francesco, il 17 gennaio scorso, giorno del Giubileo dei migranti, ha ricordato come ognuno porti con sé «una storia, una cultura, dei valori preziosi; e, spesso purtroppo anche esperienze di miseria, di oppressione, di paura». Il Santo Padre ci ricorda come attualmente, più che in tempi passati, «il Vangelo della misericordia scuote le coscienze, impedisce che ci si abitui alla sofferenza dell'altro e indica vie di risposta» che possono declinarsi «nelle opere di misericordia spirituale e culturale». Ha aggiunto che è importante, quindi, «guardare ai migranti non soltanto in base alla loro condizione di regolarità o irregolarità ma, soprattutto, come persone che, tutelate nella loro dignità, possono contribuire al benessere e al progresso di tutti», proprio per non ridurre le migrazioni a fenomeni meramente economici, normativi, politici. «Questi aspetti sono complementari alla difesa e alla promozione della persona umana, alla cultura dell'incontro dei popoli e dell'unità».

Solidarietà e comprensione siano, allora, i valori cardine su cui ripartire per affrontare l'intera questione dell'accoglienza, istituzioni e società civile. Ancora il Papa, nell'Angelus del 6 marzo scorso, ha ricordato la valenza dei corridoi umanitari come un «segno concreto per la pace e la vita». Oltre le visioni utopistiche, in quanto al di là delle soluzioni prospettate è difficile che si riduca la portata dei flussi migratori sui Paesi di frontiera membri dell'Unione, si può ripartire da progetti concreti che evitino al massimo che tragedie come quelle del 3 ottobre 2013 possano accadere di nuovo. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Liuzzi. Ne ha facoltà.

LIUZZI (CoR). Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il disegno di legge oggi in discussione vuole riconoscere il 3 ottobre come Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, con l'obiettivo dichiarato di conservare e di rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso l'Italia, scegliendo la data del naufragio a Lampedusa, in cui morirono, purtroppo, 366 migranti.

Lungi da noi l'intento di sminuire la portata di questa iniziativa, ma la franchezza che deve caratterizzare il nostro agire e parlare in Parlamento non può sottacere il sospetto che detta ricorrenza possa apparire una strumentalizzazione dell'immensa tragedia di Lampedusa al fine di mettere in campo l'ennesima operazione di facciata.

Non punto il dito contro nessuno. L'atteggiamento celebrativo spesso nasconde pratiche farisaiche, un agire consapevolmente ipocrita da parte del ceto politico di fronte a responsabilità collettive, ma di non minore peso sul piano del comportamento individuale e dei gruppi politici di appartenenza.

Occorrerebbe, invece, impegnarsi in una negoziazione seria, a livello europeo, per mettere finalmente in atto una efficace politica di accoglienza e redistribuzione, in grado di superare le diffidenze delle comunità nazionali e locali, scongiurare queste immani tragedie e contrastare efficacemente la clandestinità, l'illegalità e i trafficanti di esseri umani.

L'istituzione della Giornata della memoria delle vittime dell'immigrazione, a nostro avviso, se non accompagnata da un concreto cambio di passo nelle azioni di contrasto alle organizzazioni criminali dedite al traffico di profughi, può rappresentare solo una pelosa elargizione di compassione che nasconde l'incapacità del Governo di incidere sulle cause del fenomeno migratorio; e tanto meno responsabilizza l'Europa nelle fasi iniziali dei processi migratori, adottando misure che sarebbero necessarie, quali l'accoglienza pro quota dei migranti da parte degli Stati membri.

Il cambio di passo prevede l'assunzione di responsabilità dell'Europa a 28, affinché i popoli europei riconoscano, solidalmente consapevoli, che ci si salva insieme e che insieme ci si occupa di un fenomeno dai tratti biblici epocali. L'esodo può essere frenato alla radice, a monte: nei luoghi in cui origina il disagio, opponendo politiche che prevedano investimenti comunitari in risorse umane, professionali, tecnologiche, finanziarie, per garantire migliori condizioni di vita, prospettive di sviluppo, creazione di nuovi mercati e nuove professionalità, in grado di contribuire al progresso di quei popoli, di quegli Stati, oggi drammaticamente sotto la soglia della povertà.

Certamente non possiamo non condividere il concetto di memoria quando è la memoria nazionale della nostra storia, dei nostri martiri, del ricordo di un passato che serve per imparare a guardare al futuro con senso critico, sensibilizzare, e porre rimedio agli errori commessi.

In questo caso specifico, però, la memoria sembra non avere nulla a che fare con questo tipo di suggestione; piuttosto, sembrerebbe avere il sapore dell'ennesimo specchietto per le allodole predisposto dalle forze politiche presenti in Parlamento, troppo spesso diligenti ad organizzare cerimonie e iniziative con buoni propositi che nascondono un'oscura opera di proselitismo e di pura propaganda politica.

Senza contare che forse troppo spesso ci appelliamo alla sensibilità degli italiani, dimenticandoci, più o meno intenzionalmente, di sollecitare la sensibilità per gli oscuri eroi della nostra recente storia e per gli eroi di oggi, che ogni giorno sono vittime dell'incuria di uno Stato e di una politica sempre meno attenta e sensibile alle tragedie dei propri cittadini.

Tutti coloro, insomma, che non sono commemorati in alcun modo, proprio come le nostre vittime dell''immigrazione, coloro che negli anni Sessanta, numerosi, dal Sud e dalle Isole emigrarono verso il Settentrione. Oppure quella decina di milioni di emigrati italiani che, dagli inizi del Novecento, sono espatriati, soprattutto dal nostro Mezzogiorno o dalle sacche indigenti del Nord e del Centro, verso gli Stati Uniti e, nel secondo dopoguerra, verso la Germania e gli Stati ricchi di materie prime come Francia, Benelux e Svizzera. Anche qui, migliaia di morti, condizioni di lavoro inumane, baratto di Stato tra forza lavoro per le attività estrattive e carbone per alimentare l'industria pesante, drammi famigliari, distacco penoso, depauperamento drammatico del tessuto sociale, affettivo, economico e produttivo dei nostri Paesi e delle nostre campagne.

Nel mentre ci accingiamo ad istituire la Giornata nazionale per la memoria dei migranti vittime del mare, pensiamo a questi nostri connazionali. Sollecitiamo altresì diligentemente, dai banchi dei due rami del Parlamento, l'istituzione presso l'ONU di identica iniziativa politica, con il pensiero rivolto all'immane dolore dell'umanità che perde migliaia di piccoli, adolescenti, bambine e bambini, inghiottiti dal mar Mediterraneo nelle difficili traversate. È divenuta virale la foto di un piccolo naufrago che giace su una remota spiaggia in Turchia: il corpicino di Aylan, raccolto da mani pietose e il pianto disperato dei suoi genitori, affranti dal cinico destino del ventunesimo secolo, dettato dall'insipienza delle Nazioni.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Fasiolo. Ne ha facoltà.

FASIOLO (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, negli interventi svolti finora ho sentito veramente tanto sentimento, commozione profonda e tante competenze e proposte.

Vorrei aggiungere qualche mia osservazione, richiamandomi all'alto valore di questo disegno di legge, che istituisce la Giornata nazionale della memoria delle vittime dell'immigrazione, che deve far ricordare e riflettere. È assolutamente doveroso, e non è che il minimo, ricordare i 366 - tale numero è emerso in tutti gli interventi - morti in mare nella prima grande strage di Lampedusa e i 20 dispersi. Ricordiamo che oggi le persone morte sono oltre 20.000.

Nella tragedia del 3 ottobre 2013 morirono tanti minori. Allora ve ne fu uno solo non accompagnato. Quanti sono e saranno i minori non accompagnati che moriranno in questi naufragi! È il minimo ricordarli in questa sede, così come è fondamentale rammentare che mediamente ogni giorno viene inghiottita nel mare una carretta o un gommone, con tante preziose vite umane. Nel terzo millennio!

Vorrei citare un dato che è fondamentale tenere a mente: siamo più di 500 milioni noi, gli abitanti della Unione europea, che non appare una comunità accogliente e che si sta pesantemente dividendo su valori che pensavamo fossero le pietre angolari e costitutive del sogno europeo. Noi vogliamo ancora tenere forte e fermo questo sogno. Vorrei proseguire con una frase del presidente Donald Tusk, il quale mi ha francamente molto colpita e anche sorpresa quando ha annunciato che abbiamo chiuso la rotta balcanica. In ciò che ha detto vi era un po' di enfasi retorica che ho colto e vissuto con grande tristezza, in quanto si tratta di una rotta di affamati e di gente in fuga dalle guerre, dalle carestie e dalle miserie.

Ma dove è quell'impulso ideale che, dopo la Seconda guerra mondiale, ha consentito ai Padri fondatori di riconoscersi per origini comuni cittadini di un unico continente geografico e culturale? Sembra quasi incredibile il punto di arrivo. Oggi vediamo avanzare spinte nuove, ma con una velocità e con un modo quasi uniformemente accelerato: mi riferisco a spinte nazionalistiche, rigurgiti xenofobi e pulsioni incivili alimentate da demagogia e da basso populismo raccatta voti. Purtroppo, assistiamo a una risposta fatta di manganellate, di gas lacrimogeni, di getti d'acqua nei confronti di uomini, donne, bambini, anziani. Verso persone che vanno alla ricerca di un varco verso la speranza. Certi video hanno lasciato in questi giorni la società civile sconcertata. Perché l'Europa con le sue istituzioni democratiche mette all'angolo principi solidaristici? Perché non procede con una politica seria di relocation, richiamata più volte dal relatore? Perché non agisce in sinergia? Perché non ridiscute il Regolamento di Dublino III? Perché non si va alla ricerca di soluzioni urgenti e dignitose per i rifugiati? Perché dobbiamo soccombere a una paura indotta? Sarebbero i migranti a dover avere paura; non noi. Noi dobbiamo assicurare e garantire la sicurezza, il che è altro. Perché questi atteggiamenti difensivi e di chiusura? Questi non devono prevalere. L'Italia ha fatto e sta ancora facendo la sua parte in prima linea per un'efficace politica di accoglienza per identificare i migranti e gestirne il flusso, per accelerare le procedure per il ricollocamento, a prescindere da restrizioni, senza discriminazione, sulla base della nazionalità.

L'Italia si impegna in una politica non adeguatamente riconosciuta dall'Europa. Abbiamo ben diritto, qualche volta, a battere il pugno sul tavolo. Dobbiamo velocizzare la procedura dell'asilo, fare in modo che le buone pratiche del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) si diffondano e che il trasferimento dai centri di accoglienza avvenga rapidamente. Italia e Grecia hanno accettato di crearehotspot, dove identificare migranti. Questi non devono però trasformarsi in una struttura afflittiva, quasi semicarceraria, dove queste persone siano costrette a rimanere per tempi lunghi. La sosta negli hotspot deve essere veramente breve dopo l'identificazione.

Ebbene, Italia e Grecia da sole non possono risolvere problemi che appartengono a tutti i 28 Paesi membri dell'Unione; appartengono alla civiltà della nostra Europa.

Ecco, dunque, l'importanza di testimoniare con questo provvedimento la nostra attenzione quotidiana nei confronti di popolazioni in sofferenza che vedono nell'Europa il sogno di un futuro possibile e non la dannazione. Per tutti coloro che nei viaggi della speranza hanno perso la vita in mare (20.000 persone solo negli ultimi anni), la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione è un evento e una celebrazione dovuta e commossa. È una giornata che, come quella della memoria e quella del ricordo - con un altro disegno di legge sarà istituita anche quella per le vittime della mafia - deve coinvolgere tutto il mondo adulto, ma soprattutto il mondo dei giovani e della scuola - anche altri l'hanno detto - in una riflessione profonda e per una risposta - bene ha detto il relatore Mazzoni - all'indifferenza. Affinché tutti gli studenti, dal mondo dell'infanzia a quello dell'adolescenza, comprendano il valore dell'uomo e riflettano, non solo per un giorno, su: chi è quella donna «clandestina»?. La parola è usata spesso in modo dispregiativo. Chi è quel migrante? Chi è il volto che sta dietro a una parola? Affinché quindi tutti gli studenti pensino e si immedesimino nel dramma e nella sofferenza che si nasconde dietro alla parola.

La fuga dalla guerra e dalla morte per cercare la vita non è solo il frutto di un desidero legittimo, ma è espressione di un diritto inviolabile. Ma questa sfera dei diritti sembra davvero sfuggire a più di qualcuno. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Micheloni. Ne ha facoltà.

MICHELONI (PD). Signora Presidente, voglio subito ringraziare i presentatori e i promotori di questo disegno di legge, perché penso che sia un dovere morale e politico per l'Italia affrontare in questo modo questo tema. Vorrei invitarvi, colleghe e colleghi, signora Presidente, a guardare un po' indietro, per capire perché lo ritengo un dovere morale e politico. Voglio invitarvi a guardare alla nostra storia e non voglio utilizzare parole mie, ma mi permetterò di leggere alcuni scritti.

Voglio leggervi alcuni pezzi di un articolo pubblicato su «la Repubblica» il 28 agosto 2009 dalla giornalista Giulia Vola, che durante un suo viaggio nel mondo ha incontrato dei nostri emigrati: «Buenos Aires. "Buttarono nell'Oceano donne, un bambino e molti vecchi, in tutto quasi venti persone. Così raccontava mio padre". Maria Dominga Ferrero vive in provincia di Cordoba, in Argentina, nella casa che suo padre comprò quando, nel 1888, arrivò alla "Merica"» - si chiamava "Merica" allora, nel linguaggio dei nostri migranti - «a bordo del Matteo Bruzzo. (...) Maria parla un po' in piemontese e un po' in castigliano, mentre gira la minestra di verdure che bolle sul fuoco. "La solfa era la stessa. La differenza era che se sopportavi il male potevi fare suerte, fortuna. Non come capita agli immigrati che oggi vanno in Italia"». Lo dice la figlia di un nostro primo emigrante.

L'articolo prosegue: «Felicia Cardano è molto anziana, ma ricorda bene i racconti di famiglia: "Mio padre arrivò a Buenos Aires nel 1889 a bordo del Frisca. Durante il viaggio morirono il suo migliore amico e altre trenta persone. Lo misero all'Hotel della Rotonda, un enorme baraccone di legno, dove si stava stipati come sardine insieme ai pidocchi e alla puzza. Si poteva rimanere al massimo cinque giorni, il tempo di trovare un lavoro in città o nei campi"». Questi scenari e queste storie, raccolti da questa giornalista, sono confermati da tanti altri scritti.

«Scenari confermati da Luigi Barzini che così scriveva sul «Corriere della Sera» nel 1902: "L'Hotel degli emigranti (lo chiamano Hotel!) ha una forma strana, sembra un gasometro munito di finestre (...). L'acre odore dell'acido fenico non riesce a vincere il tanfo nauseante che viene dal pavimento viscido e sporco».

Scrive ancora questa giornalista: «Loro, i profughi di oggi, scappano dalle guerre moderne, dalla miseria dell'Africa, dell'Asia e dell'Est europeo. Noi, vittime di allora, fuggivamo dalla Grande Guerra. Racconta Margherita Lombardi, nipote di Clelia scappata da Alessandria: "Mia zia perse un figlio in battaglia nel 1916 e un altro nel viaggio sull'Oceano. Si salvò solo lei"». Come dicevano con terrore le madri: «"Meglio un figlio lontano ma vivo che vicino ma sotto terra, disse mia nonna a mio padre Fernando"».

Altre testimonianze: «"Ci imbarcammo sulla Filippa senza documenti e senza un soldo il giorno dopo che Miguel tornò dal campo di concentramento in Germania"».

Altra testimonianza: «"Mio padre scappò da Fossano e dalla guerra che gli aveva ucciso un fratello - racconta Antonio Caballero - , aveva 17 anni e fin dal primo giorno cominciò a dimenticare l'Italia. Non ho mai parlato con i miei parenti rimasti a casa. Non ho mai imparato l'italiano perché nessuno me l'ha mai insegnato. Nessuno di noi ha fatto fortuna, semplicemente siamo sopravvissuti"».

I poeti popolari del Meridione italiano hanno parlato di questa storia e Vigo, nel 1970, chiamò il momento della partenza dell'emigrante «spartenza», ovvero separazione, per indicare un distacco violento e doloroso. Durante il viaggio, però, gli emigranti spesso non avevano tanto tempo per la meraviglia, la noia o la nostalgia: c'erano il mal di mare, l'indifferenza e gli abusi dell'equipaggio, la paura dei naufragi e delle malattie contagiose e la possibilità di essere sbarcati in un Paese diverso da quello previsto. Gli italiani erano privi di un'efficace protezione da parte della legge e le speculazioni delle compagnie di navigazione potevano trasformare il viaggio transoceanico in un'esperienza altamente rischiosa. II trasporto di emigranti fu un grosso affare per la marina mercantile italiana.

Un'altra testimonianza: nel 1894, Edmondo De Amicis viaggiò da Genova all'Argentina, a bordo del piroscafo Nord America, insieme a 1.600 emigranti italiani. Pubblicato nel 1889, il romanzo «Sull'oceano», che racconta i ventidue giorni di quel viaggio, ottenne uno straordinario successo e divenne un modello obbligato per coloro che si accingevano a scrivere della traversata transoceanica. Sia nelle situazioni che nella scelta lessicale, lo scrittore ligure utilizza l'immagine classica dell'inferno dantesco per descrivere la condizione di estrema sofferenza dei passeggeri di terza classe. Questo modello letterario è stato spesso adottato dagli stessi emigranti, in riferimento alla propria esperienza: «Se Dante avesse conosciuto ciò che erano le terze classi dei transatlantici nel 1885, per certo ne avrebbe descritta una e l'avrebbe allogata nell'inferno e vi avrebbe inchiodato i peccatori de' più neri peccati».

Il viaggio verso il nuovo mondo durava dalle due alle quattro settimane, in base alle condizioni del mare e al carico. Durante questo periodo, l'affollamento e la sporcizia dei dormitori diventavano tali da spingere l'igienista Vittorio Cantù a scrivere che «l'impressione di disgustosa ripugnanza che si riceve scendendo in una stiva dove hanno dormito gli emigranti è tale che, provata una volta sola, non si dimentica più». Ho preso un'altra piccola testimonianza da un libro, ben conosciuto, di Gian Antonio Stella: «Me la strapparono dalle braccia, la fasciarono stretta stretta da capo a piedi e le legarono una grossa pietra al collo; di notte, alle due di notte, con quelle onde così nere, la calarono giù in mare. Io urlavo, urlavo non volevo staccarmi da lei, volevo annegare con la mia piccola (...). Non volevo lasciarla sola, povera bambina, invece mi tennero indietro mentre la buttavano giù. Quel tonfo in acqua, non posso dimenticarlo».

Tutte quelle che ho riportato in questo mio intervento, non sono parole mie: Presidente, pensavo che non utilizzando parole mie, avrei annoiato di meno l'Assemblea, ma vedo che non è così.

Per quanto tremende potessero essere le condizioni di viaggio, molto spesso, però, la principale preoccupazione dei passeggeri era che la nave sarebbe affondata. Gli emigranti italiani furono coinvolti in decine di naufragi, come quelli del piroscafo Utopia, che nel 1891 provocò 576 morti, dell'Ortigia, che causò 249 morti, del Sudamerica, che nel 1880 causò 80 morti, del Bourgogne, che nel 1898 provocò 549 morti. E ancora, vi furono il naufragio della nave Sirio nel 1906, in cui ufficialmente vi furono 292 morti (anche se le tombe stranamente sono più di 500) e quello della nave Principessa Mafalda nel 1927, in cui perirono 385 persone.

Come ho detto in apertura, sono queste le cose che mi fanno dire che per noi, per l'Italia, per il popolo e per il Parlamento italiano è un dovere morale quello che stiamo facendo oggi.

Tuttavia non desidero parlare solo del passato e adesso dovrete sopportare le mie parole, signora Presidente.

La situazione odierna è così diversa? Il mondo è così cambiato? La situazione delle persone, dei bambini, delle donne e degli uomini che hanno fatto questa triste storia dell'Italia è diversa da quella dei bambini, delle donne e degli uomini di oggi? Gli immigrati sono troppi, saremo invasi. Queste erano parole che in Svizzera dicevano di noi negli anni Sessanta e Settanta, perché eravamo quasi un milione in quel Paese (Applausi dal Gruppo PD)e in quegli anni la nostra invasione della Svizzera fece nascere i primi movimenti politici xenofobi. Chi ha i capelli bianchi come me ricorderà un nome difficilmente pronunciabile in italiano: Schwarzenbach. Egli era un deputato, un uomo politico che fece votare il popolo svizzero sulle prime iniziative non antistraniere, ma antitaliane e, anche se avevo solo diciassette anni, la mia attività sociale e politica è iniziata proprio nel combattere quelle prime iniziative. Eppure oggi in quel Paese, che era a rischio di invasione di italiani, la nostra seconda generazione fa parte integrante della classe dirigente: oggi i nostri figli sono deputati cantonali o federali, sono giudici e dirigenti nel campo dell'economia, ma negli anni Settanta si diceva che noi volevamo distruggere la Svizzera.

Io credo che non ci sia molta differenza tra mio padre, che lasciò l'Abruzzo facendo i debiti per pagare il biglietto del treno (perché non aveva neanche quelle risorse) e andò in Svizzera per far stare meglio mia madre, me, mia sorella e il resto della famiglia, e i migranti che arrivano oggi. Come ha ricordato prima la figlia di un discendente di nostri emigrati a Buenos Aires, forse la differenza tra suo padre, arrivato in quel Paese in quelle condizioni, e i migranti che oggi arrivano in Italia è che forse in Argentina potevano fare fortuna, mentre da noi hanno solo grandi problemi.

Oggi nella politica europea è di gran moda un'assimilazione tra due parole, che alcuni vorrebbero riunire in una sola: immigrazione uguale delinquenza. Inoltre si dice che le prigioni europee sono piene di stranieri. Negli anni Settanta, con una manipolazione nella lettura che si può fare dei dati statistici, si sosteneva che le prigioni svizzere erano piene di italiani. (Applausi della senatrice Lo Moro). Ebbene, è la stessa cosa che diciamo noi oggi dell'immigrazione, ma adesso con un'aggravante: immigrazione uguale delinquenza più terroristi.

Vorrei quindi chiedervi, colleghi, di riflettere partendo dai fatti drammatici di Parigi, perché i terroristi che hanno colpito quella città erano tutti emigranti stranieri: di fatto erano francesi e belgi, ovvero cittadini europei nati in Europa; erano figli di emigrati.

Come è possibile allora una cosa del genere? Perché vogliamo rimuovere questa realtà senza riflettere? Perché questo ci metterebbe di fronte al fallimento generale di varie politiche nazionali rispetto alla parola «integrazione». (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Orellana).

Il problema delle migrazioni, dei fenomeni relativi ai migranti, è che questi sono uno specchio in cui si riflette la società che riceve e non è bello ciò che si riflette in quello specchio. E allora, visto che l'immagine che quello specchio ci rimanda della nostra società non è bella, la colpa non è più della società stessa, ma del migrante che ci obbliga a guardarci dentro quello specchio.

La parola «integrazione» meriterebbe un dibattito in quest'Aula e nel mondo politico italiano, per quello che ci riguarda, e lo meriterebbe anche sul piano europeo, come ricordava prima il collega Liuzzi. Sappiate che non c'è nessun buonismo nelle mie parole perché sarebbe troppo comodo e troppo facile e io credo che il vero nemico dell'integrazione, il vero nemico della possibilità di affrontare con serietà questi temi sia proprio il buonismo. Nella parola «integrazione» il buonismo non esiste. «Integrazione» è una parola complicata, è una parola nella quale si può mettere tutto e il contrario di tutto, ma dovremmo metterci d'accordo, un giorno, su cosa dovrebbe contenere. Dobbiamo guardare il resto del mondo e il resto dell'Europa per quello che hanno fatto, per le cose buone e le cose cattive che abbiamo fatto in Europa.

Ad esempio la Francia, per anni, ha sostenuto che l'integrazione non era una strada percorribile, ma che la strada giusta era l'assimilation, che vuol dire che se io arrivo in Francia devo assimilarmi ai francesi. Gli inglesi hanno sostenuto un'altra teoria, non so neanche bene come definirla: la multietnicità, salvo accorgersi che nelle periferie inglesi scoppiano degli scontri perché quando una comunità vive richiusa su se stesse non è integrata.

La parola «integrazione» non si può lasciare ai sociologi e agli specialisti. La parola «integrazione» riguarda la società, l'insieme delle politiche, anche l'urbanesimo. La politica di urbanesimo di una città può essere un elemento di isolamento e dunque di problemi. Integrazione vuol dire politiche per la scuola e politiche per il lavoro.

Perché non aprire questa riflessione e questo dibattito in Italia e in Europa? Perché in Europa non c'è un commissario alle migrazioni e alle integrazioni? (Applausi della senatrice Puppato).

Perché non abbiamo mai sollevato questo tema? Perché l'Italia non avanza proposte che rispettino la nostra storia che è ricca di esperienze di emigrazione? Io credo che questo dovremmo fare e se lo facciamo con serietà allora alla parola «integrazione» si può tentare di dare un senso.

Chiedo al Presidente di avere pazienza ancora per due minuti, se è possibile, per raccontare una piccola esperienza che abbiamo fatto in un piccolo Paese non europeo, la Svizzera, dove sono invecchiato. Qualche anno fa, nel 2002, le associazioni degli stranieri residenti in Svizzera si sono riunite pensando di fare una cosa semplice: parlare tra di loro (provenivamo da 56 nazionalità diverse in quel momento) e scrivere quella che abbiamo definito la Carta dell'integrazione senza parlare con gli amici svizzeri. Ci chiedemmo se eravamo in grado, noi stranieri, di metterci d'accordo su alcuni valori con i quali, poi, avremmo potuto presentarci alla società svizzera dicendo che su tali valori eravamo pronti ad integrarci. Abbiamo impiegato un anno e mezzo a scrivere quattro foglietti, signora Presidente, perché il problema è proprio quello: integrazione vuol dire che io, straniero, non arrivo in un deserto da conquistare, ma in una società che ha i suoi valori e per vivere con essi so che dovrò rinunciare ad alcuni dei miei, così come quella società dovrà essere capace di accogliere anche il nuovo di cui io sono portatore.

Dunque, nessun buonismo; un rapporto chiaro e trasparente, alla pari, tra cittadini che hanno un destino comune: costruire una società migliore di quella in cui viviamo oggi.

La parola «integrazione» ci richiama alle nostre politiche, alla Realpolitik.

Io, che non sono della famiglia politica della cancelliera tedesca Merkel, non posso tuttavia non esprimere grande rispetto per la sua reazione al voto di domenica in Germania. Nonostante gli esiti del voto, la signora Merkel continua a ribadire che la politica giusta sull'immigrazione è quella che propone lei. Ne pagherà i costi, ma la porterà avanti. Dunque, ci richiama anche a questo, ad una vera politica di cooperazione allo sviluppo. E la politica di cooperazione allo sviluppo non può essere determinata dagli interessi delle nostre organizzazioni o aziende, che per decenni ha sempre ragionato nell'ottica di investire un euro purché ne tornino due nelle sue casse. Non è questa la vera politica di cooperazione allo sviluppo.

Questa discussione ci deve servire ad aprire un dibattito più ampio. Credo che perlomeno il nostro dovere morale oggi lo abbiamo assolto con il disegno di legge al nostro esame. (Applausi dai Gruppi PD e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE e del senatore Uras).

Saluto ad una rappresentanza di studenti

PRESIDENTE. Rivolgo il saluto dell'Assemblea agli studenti e alle studentesse dell'Istituto di istruzione superiore «Bertarelli-Ferraris» di Milano, che assistono ai nostri lavori. Benvenuti al Senato! (Applausi).

Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1878 e 1203 (ore 17,53)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Tosato. Ne ha facoltà.

TOSATO (LN-Aut). Signora Presidente, ciò che avvenne il 3 ottobre 2013 a largo di Lampedusa fu indubbiamente una gravissima tragedia: morirono 366 persone tra uomini, donne e bambini. Questo è certo.

Tuttavia, il disegno di legge in esame inciderà in qualche modo per limitare le vicende drammatiche, i naufragi che avvengono ancora in questi giorni? È evidente a tutti che il provvedimento non inciderà minimamente rispetto a questi fatti tragici. Quindi, la domanda a cui dobbiamo rispondere è a cosa esso serve. Se non ha alcun effetto tangibile, immediato per evitare siffatte tragedie, qual è il motivo per il quale il Senato e la Camera devono essere oggi impegnati e nel futuro per approvarlo? Quale obiettivo si pone?

Innanzi tutto, si tratta di organizzare, il 3 ottobre di ogni anno, cerimonie finalizzate a sensibilizzare l'opinione pubblica alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e del valore della vita di ciascun individuo, all'integrazione e all'accoglienza. Ha poi l'altro obiettivo di promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado - sempre nella data del 3 ottobre - incontri finalizzati a sensibilizzare e a formare i giovani sui temi dell'immigrazione e dell'accoglienza.

È evidente che quella giornata sarà inevitabilmente dedicata alla propaganda sulle politiche dell'immigrazione della sinistra, del Partito Democratico e di questo Governo. Non avrà alcun effetto concreto nel salvare vite umane, ma avrà esclusivamente l'obiettivo di educare i giovani ad una visione del tema dell'immigrazione così come impostata da una parte politica.

Noi riteniamo evidentemente che l'ipocrisia che sta alla base del provvedimento sia assolutamente inaccettabile, che serva esclusivamente ad una parte politica per affermare le proprie visioni rispetto ad un tema così grave che riguarda la nostra società, il nostro Paese, l'Europa intera negli ultimi anni.

Dovremmo poi chiederci: ma la politica che è stata attuata da questo Governo, quella dell'accoglienza e dei viaggi della speranza (delle false speranze), è stata efficace per evitare le morti e gli effetti devastanti che hanno colpito molte persone? O invece è stata proprio questa politica ad indurre centinaia di migliaia di persone ad attraversare il mare e ad aver determinato la morte di tutti i migranti?

A tale quesito non si risponderà in quella giornata, perché in essa ci sarà una visione unica ed esclusiva, la vostra, quella della vostra maggioranza, quella secondo la quale l'unico motivo per cui sono avvenute le morti è perché la nostra società non è abbastanza sensibile al tema dell'accoglienza e dell'integrazione. Ma non è così. È assolutamente falso.

Noi siamo contrari che nelle scuole si voglia affermare il pensiero unico portato avanti dalla vostra visione della società, condito da ipocrisia, falsità e falso buonismo, che non rappresenta ciò che dovrebbe essere fatto dal nostro Paese per evitare effetti così tragici.

Negare la drammaticità della presenza di vittime e morti alla propaganda e al sostegno di una specifica politica sull'immigrazione è un atto assolutamente fuorviante e meschino. Sfruttare i buoni sentimenti dell'opinione pubblica per fare propaganda è insopportabile e rappresenta - ad avviso mio e della Lega Nord - una forma di cinismo che forse è peggiore di quella degli indifferenti rispetto a simili tragedie umane.

Questo provvedimento non è utile a nessuno: non è utile ai migranti, al nostro Paese e ai nostri cittadini. È utile, forse, esclusivamente a una parte politica che avrà la possibilità, in una giornata dell'anno, di affermare nelle scuole e nelle cerimonie che vorrà realizzare su tutto il territorio nazionale la propria esclusiva visione sul tema dell'immigrazione. Quella sarà la giornata della propaganda del Partito Democratico.

Per questi motivi la Lega Nord non vuole accodarsi ai dibattiti che si sono svolti e mescolare temi molto diversi, quale la migrazione degli italiani da molte Regioni nei decenni successivi all'Unità d'Italia e dopo la Prima guerra mondiale con le migrazioni di oggi: sono due fenomeni totalmente diversi, che non vanno assolutamente assimilati e non possono essere paragonati. Attraverso essi si sta cercando solo di creare nello stato d'animo delle persone che hanno vissuto quei fenomeni o ne hanno ricordo la percezione che dobbiamo essere solidali e favorevoli alla forma di accoglienza che voi promuovete, essendo stati anche noi in passato dei migranti che hanno cercato fortuna in altre zone del mondo. Ripeto che si tratta di due temi totalmente diversi, che vanno tenuti saldamente distinti.

La Lega Nord non condivide questo dibattito; non condivide il fatto che si tenga impegnato il Parlamento su siffatti temi; non capisce perché la Giornata delle vittime dell'immigrazione abbia più dignità della Giornata delle vittime della crisi economica (che sono purtroppo tante) o del terrorismo. È evidente quindi che alla base di questo provvedimento c'è solo ed esclusivamente una cinica propaganda. Anche se fossimo l'unica forza politica contraria al provvedimento, noi vogliamo affermare la nostra contrarietà e diciamo no alle meschinità e all'ipocrisia che stiamo ascoltando in questo inutile dibattito parlamentare. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Romano. Ne ha facoltà.

ROMANO (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signora Presidente, desidero intervenire offrendo ai colleghi senatori, alla Presidenza e ai rappresentanti del Governo, una riflessione diversa, una riflessione, cioè, che non cada in quel facile piano scivoloso, in quello slippery slope, alla luce del quale, evidentemente, una qualsiasi tematica che venga trattata, per quanto nobile sia e per quanto ispirata da più alti valori, possa decadere, possa miseramente scivolare, in una dimensione squisitamente politica, se non di ordine partitico, forse di ordine correntizio.

Per questo motivo, io ritengo che l'intuizione di poter istituire una Giornata nazionale in memoria delle vittime della immigrazione sia una idea del tutto felice e condivisibile, per una serie di motivi che adesso sottoporrò, signora Presidente e colleghi senatori, alla vostra attenzione.

Istituire una Giornata nazionale per la memoria significa, evidentemente, evitare che si possa cadere in quell'oblio che è una caratteristica propria delle dimensioni umane e che, evidentemente, dà luogo anche a una sorta di psicologica rimozione di tutto quello che negativamente e drammaticamente possa aver caratterizzato nemmeno il passato, ma un passato presente e, ancor di più, un presente futuro.

Tutto questo significa una nuova rideclinazione, e l'istituzione di una Giornata in memoria delle vittime dell'immigrazione ha un significato simbolico. Vorrei ancora una volta richiamare l'etimologia della parola simbolo che - come ci hanno insegnato i greci - significa unione (da symbàllein, unire). E questo deve essere proprio il significato di detta giornata: una giornata che unisca e non divida, che unisca non in un'ottica di ordine squisitamente politico - può essere anche questo un valore transeunte - ma essenzialmente in ragione di una condivisione di valori. Possiamo metterla, quindi, su valori antropologicamente definiti.

Ha un suo simbolismo anche, non a caso, signora Presidente, che la data venga ad essere definita nel 3 di ottobre, in ricordo di centinaia di migranti morti a largo di Lampedusa.

Voler ricordare quelle centinaia significa non nascondere le migliaia e migliaia di morti verificatesi nel Mediterraneo, e non solo, perché lungo la rotta balcanica altre migliaia di persone, migranti o profughi che siano, fuggono dalla povertà e dalla guerra, per ragioni politiche o altre, e cercano di raggiungere delle terre che possano assicurare loro libertà, una civiltà, una democrazia, una sufficiente possibilità di vivere.

Ed è abbastanza significativo non solo descrivere, ma vivere quelle immagini che vengono non solo dalla zona dei Balcani. Se andassimo a tuffarci anche in altri mari e in alcune zone del nostro grande Mediterraneo, troveremmo ad impattare su quelle che sono state conseguenze di un percorso alla ricerca di una felicità e di una metà che, come una sorta di novella traversata del deserto, porta a cercare quei valori e quella patria che, altrimenti, verrebbero ad essere negati.

Questo è il vero significato, nobile e alto, nell'istituire una giornata della memoria, che non significa farla rientrare nel novero di tante ricorrenze che, forse, riportate nel calendario rischiano di cadere nel dimenticatoio di un utilitarismo sociale. Così non è e così non deve essere per un motivo e un dato squisitamente oggettivi, che vorrei sottoporre alla vostra attenzione.

Noi stiamo assistendo a un fenomeno storico, a una migrazione ineluttabile che segnerà il passaggio, la diversità e il cambiamento del nostro vivere sociale. E se poi questo cambiamento deve caratterizzarsi per centinaia e migliaia di morti, la nostra civiltà, la nostra democrazia e la nostra etica sociale ci impongono, non solo di ricordarle ma, evidentemente, di mettere in essere tutte quelle azioni che diano la possibilità che questo non accada mai più.

Qualcuno - è vero - in quest'Aula mi potrebbe dire che si tratta di un'utopia, di un sogno, di una facile speranza. Ma io credo che molte volte la nostra storia si è caratterizzata per quelle utopie, quei sogni e quelle che erano reputate facili speranze che, pur con difficoltà, si sono realizzate. Credo che questo percorso, che è stato prima definito di integrazione e interazione, sarà ineluttabile.

Volersi rifiutare, voler costruire barriere di filo spinato e voler innalzare dei muri servono solo temporaneamente a non trovare una soluzione e, essenzialmente, a inasprire ulteriormente le situazioni di intolleranza a livello internazionale. Inevitabilmente, però, verranno superati e travalicati tutti i muri che si sono costruiti nella storia. Infatti, prima o dopo tutti i muri sono crollati e sono rimasti i ponti, che rappresentano - anche questi simbolicamente - quella interconnessione civiltà e quella interrelazione fondativa dell'esistenza umana.

Tengo particolarmente a sottolineare e a porre alla vostra attenzione il fatto che l'uomo è costitutivamente relazionale: è nella relazione dell'altro, nell'incontro con un io o con un tu che si realizza quella prima persona plurale che rappresenta la civiltà, la società, il vero umanesimo e il noi. È quindi nella dimensione di quella separatezza e divisione dove l'io non si confronta, ma si scontra con il tu, che inevitabilmente si cancella la costitutiva relazionalità dell'essere umano, cioè quello di essere in relazione per un altro.

Voglio specificare meglio che è in termini non solamente di interrelazione, ma anche di reciprocità e di relazione che io posso essere con un altro, che può essere un mio amico, un collega o anche uno straniero, che possiamo definire come tale. Nella dimensione di una relazione si è essere con un altro, mentre nella dimensione della interrelazione nobile (vale a dire quella della reciprocità) esiste non più la declinazione di essere con un altro, ma l'altra declinazione della vita, cioè di essere per un altro. E nella dimensione di essere per un altro, io non sarò più - come direbbe Leibniz - una monade, vale a dire senza porte e finestre. Qualora dovesse essere così, io sarò un soggetto irrelato, e cioè che, in quanto tale, sarà padrone incontrastato, dominus assoluto, imperatore intangibile e inavvicinabile, ma inevitabilmente sarò solo.

Nella dimensione della solitudine, nell'assenza della reciprocità e non della interrelazione, nell'assenza di essere per l'altro, non c'è civiltà, non c'è rapporto sociale, non c'è alterità, non c'è comunione sociale, non c'è comunità. E la comunità non si può costituire tra persone che si sentono uguali tra loro: la comunità si costruisce, si fonda e si elabora in ragione di quella diversità o, più correttamente, di quella alterità che rappresenta la dimensione di essere altro e oltre.

Nella dimensione di essere altro e oltre - permettetemi di sottoporre alla vostra attenzione la seguente considerazione - non c'è più l'ordine orizzontale, ma c'è la verticalità, che non è da interpretare - come qualcuno vorrebbe - in una lettura di ordine religioso o fideistico. Non è così e non può essere solo così, in quanto la dimensione laica caratterizza la nostra società. La dimensione della verticalità significa riconoscere il tu nel noi: questa è la comunità, la civiltà, la democrazia.

Allora, come possiamo noi dire che l'altro, in quanto straniero, non ci appartiene? Se volessimo fare un'elementare ricerca etimologica della parola «accoglienza» in greco, vedremmo che essa si richiama alla parola «dèchomai», la quale a sua volta si richiama a «filòxenos», vale a dire essere amico dello straniero. Quindi, sarà forse anche straniero, perché appartiene a un'altra terra e a un altro Stato, ma nella dimensione squisitamente antropologica - l'unica che supera e va oltre qualsiasi legislazione - l'altro non potrà essere straniero.

Allora - come diceva un filosofo nell'ambito della filosofia del diritto - noi viviamo in una società dove ci consideriamo tutti stranieri morali. Nella dimensione dell'estraneità morale vige una sola legge: chi è più forte rispetto all'altro. Nella dimensione, invece, della costruzione e del superamento dello straniero morale in amico morale, io e te cammineremo insieme. Allora, non saremo più delle monadi o degli imperatori inavvicinabili e intangibili. Nella costruzione del rapporto dell'altro e dell'accoglienza dell'altro senza distinzione di pelle, sesso e razza si costruisce la nostra civiltà. Ci sarà una stanza che avrà tante porte. Facciamo l'opposto di quello che diceva Leibniz: io non sarò più una monade, un imperatore incontrastato; non avrò bisogno né di mura, né di fila spinato; io avrò bisogno dell'altro, perché è proprio nell'altro che costruisco la mia identità. E l'altro - ripeto - non può essere chi è uguale a me. Sarebbe molto facile, ovvio e prevedibile poter condividere un'esperienza con chi ha presupposti pressoché sovrapponibili ai miei. Con l'altro che mi pone interrogativi e presenta una storia diversa posso costruire la dimensione del noi.

Altre parole chiave mi sembra di aver letto nel disegno di legge in esame. E lo dico con una sorta di eufemismo di ordine retorico, perché sono scritte in maniera molto chiara. Mi riferisco all'espressione «solidarietà civile»: la solidarietà tra soggetti si basa sulla reciprocità. Non si può essere solidali con se stessi, perché peccheremo di quella egoità e di quell'egoismo di cui la politica si caratterizza molte volte. La politica però - come diceva un mio maestro di filosofia politica - è etica della convivenza, del convivere, vale a dire etica dello stare con l'altro e del costruire insieme il percorso del rispetto della dignità umana. E su questo vorrei fare una sottolineatura.

Per quanto riguarda il tema della dignità umana, molte volte ci siamo ritrovati a declinare l'espressione «dignità umana» come se appartenesse solo a determinate etnie o popolazioni. La dignità si distingue in due categorie: intrinseca ed estrinseca o attribuita. La dignità attribuita è fallace. Ognuno può, in alcuni momenti della vita, secondo una sorta di esigenza storica ed etica di opportunità e utilitarismo, riconoscere o disconoscere ad un altro essere umano la sua dignità. Ma è altra quella che caratterizza ogni essere umano e viene definita dignità intrinseca. Quest'ultima è patrimonio di ognuno e di tutti. Essendo, quindi, una dignità intrinseca, non può non essere riconosciuta; non può non essere fatta valere, non attribuita o evidenziata, ma riconosciuta a tutti i soggetti che pur presentano caratteristiche esterne diverse e che vengono da realtà sociali dovere. La dignità non è un qualcosa che io, Stato più forte, posso o meno riconoscere a un essere umano che viene dalla Siria o dall'Africa subsahariana. Egli è già di per sé portatore di dignità intrinseca, perché la dignità è scritta nella vera e propria tipologia dell'essere umano.

C'è un'altra parola chiave che viene riportata all'interno del testo e su cui viene fatto un gioco di consonanti. Parlo di integrazione e interazione. Io starei molto attento, per quanto riguarda la parola «integrazione» perché, senza che sia preparata e abbia un fondamento preliminare, che è quello dell'interazione, verrebbe ad essere interpretata come una posizione ex cattedra di chi vuole che gli altri si integrano in ragione di un riconoscimento di distacco come se fossero quegli stranieri cui si concede la possibilità di potersi integrare.

Ci si può, però, integrare attraverso una norma di legge; ci si può integrare attraverso un decreto, un dispositivo, un provvedimento; ma ciò è parziale, perché contingente all'aspetto legislativo. La vera integrazione ha bisogno di un valore etico di fondo, quella che viene chiamata interazione, perché solo e soltanto attraverso la interazione noi possiamo - è un passaggio a me caro - integrarci reciprocamente. La integrazione non è un plus da parte di qualcuno nei confronti di chi, altro, rappresenti un minus. Rappresenta in realtà, nella complementarietà propria che caratterizza la natura umana, la dimensione della reciprocità che, attraverso la interazione, fa sì che due realtà, due minus nella complementarietà, possano andare a costituire quell'unità che è propria dell'essere umano.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 18,16)

(Segue ROMANO). Ecco il motivo per il quale ritengo che la dimensione dell'interazione sia elemento fondativo, elemento sociale, che deve essere accompagnato, deve essere sostenuto, deve essere supportato da tutta una serie di iniziative, le quali non significano certamente - e questa è un'altra cosa che dobbiamo porre all'attenzione del dibattito pubblico - essere buonisti e accettare tutto e di tutto. Significano saper riconoscere tutti coloro che hanno realmente un bisogno di aiuto. E il bisogno di aiuto nasce da sofferenze e disagi.

Non è facile per il vero - e vorrei ricordarlo a quest'Aula, che su alcuni temi a volte, per ragioni partitiche o correntizie, è un po' distratta - incontrare un quindicenne che ha subito tante e tante violenze - come io l'ho incontrato - nel percorso dall'Africa subsahariana all'Italia, al punto tale da avere lesioni che gli impediscono l'uso della vista. Non è facile diventare ciechi a quindici anni per aver subito delle violenze. Non raccontiamo poi le violenze che hanno subito le donne o il modo in cui quelle persone vengono raccolte, prima di dar luogo ai famosi viaggi, che non sono nemmeno della speranza, ma viaggi della disperazione con cui vanno incontro alla morte. Vengono rinchiuse negli hangar e affastellate l'una all'altra, senza avere nemmeno la possibilità di uno spazio vitale e di potersi sedere. Se mi dite che, nei confronti di queste persone, di questa umanità, non deve esserci la parola «accoglienza» e non deve esserci il ricordo, delle due l'una: o noi siamo fuori tempo o qualcun altro è fuori tempo in maniera molto, ma molto grave.

Credo questo sia uno degli altri aspetti che rappresenta il fondamento di quello che viene definito e io voglio definire - a me sembra in maniera forte - l'indifferentismo morale. Non è buonismo questo. L'indifferentismo morale significa essenzialmente ritenere che tutto poi passi, che tutto non abbia un valore. Il problema e la criticità di determinate tematiche appartengono solo all'altro, a quel vicino di casa, forse, che avrà un colore di pelle completamente diverso dal nostro, o a quella comunità che li accoglie a centinaia, per poter dare loro la possibilità di vivere.

Ma tutto questo cosa può significare? Significa che, laddove c'è l'indifferentismo morale, lì evidentemente c'è il relativismo e, nella dimensione del relativismo, non c'è spazio nemmeno più per la dignità di ogni singola persona. Se c'è relativismo, inevitabilmente prevarrà il più forte sul più debole. E quindi noi ci troveremo che alcuni Stati e Governi riterranno di poter non dare una risposta a questo bisogno di aiuto e di non aprire le porte, che non significa evidentemente ancora una volta far entrare tutto e di tutto, ma significa dare il giusto sostegno.

Ricordiamo l'ultima esperienza, quella dei corridoi umanitari, che hanno un fondamento di grandissima importanza: attraverso essi si dà la possibilità di arrivare in Europa, in quegli Stati dove ci si può assicurare una capacità di sopravvivenza, con la sicurezza e l'assistenza a livello non solo istituzionale, ma anche e soprattutto delle associazioni che, in termini di volontariato, hanno dato la dimostrazione di essere molto operative e di fornire delle risposte estremamente concrete.

È evidente che tutto questo deve rispondere a una memoria, da ricordare ogni anno il 3 ottobre, ma forse deve essere rinverdita giorno per giorno. E io credo profondamente a quello che dico, per un motivo molto semplice: in questo momento, nel quale tutti stiamo trattando in maniera forse non estremamente attenta su questo tema, in qualche area del mondo, non lontana da noi, migliaia di persone cercano una terra dove poter approdare.

Abbiamo dei bambini. Non ricordiamo, se non nell'emotivismo che ha caratterizzato i media in quei momenti, quel bambino che si chiamava Aylan, di circa quattro anni, trovato sulle sponde della Turchia. Ma ci sono migliaia e migliaia di Aylan, che non sono nemmeno approdati, da morti - lo devo dire - sulle sponde della Turchia. Vale a dire che centinaia e centinaia sono immersi e il loro ricordo e la loro memoria, non dico fanno giustizia, ma rendono onore a poveri innocenti che cercano, insieme ai genitori, una patria, una terra in cui poter approdare. Credo che questo sia il senso e il simbolo di un provvedimento come quello in esame.

Il mio intervento è iniziato ricordando la parola «synbàllein», che significa unire: che il giorno della memoria non sia il semplice ricordo, ma un momento di unione e cooperazione, in cui l'accoglienza e la reciprocità, insieme alla solidarietà, si coniugano in termini di responsabilità. La responsabilità si può declinare in due modi: o come rem ponderare, che significa soppesare la decisione che si va ad assumere, oppure - secondo un'altra definizione a me molto più cara - come respondere, vale a dire dare una risposta a chi ti interroga. È evidente che, se qualcuno ti interroga, significa che ha bisogno di un aiuto e di quello sono responsabile. Costui non è uno straniero, ma antropologicamente è come me e con l'assunzione di responsabilità reciproca, in una sorta di donazione reciproca, si riesce a costruire un percorso.

Ancora una volta qualcuno potrà pensare che anche il tema della responsabilità abbisogna di un'organizzazione a livello dello Stato e del Governo. E sono d'accordo, perché accogliere non è l'unica terapia, per usare un linguaggio biomedico. Bisogna agire a più livelli, rendendo possibile una pacificazione in quei territori in cui la guerra insistente, la povertà sfrenata e il terrorismo sono la causa principale della fuga di tanti innocenti (è così che li dobbiamo definire). Forse è vero: tra tanti innocenti ci sarà qualcuno che vuole venire in Europa per altre delinquenziali azioni. In quel caso c'è bisogno di un' azione di intelligence, di un'azione di controllo, ma non si possono alzare muri e fili spinati in maniera generalizzata, perché nessuno possa entrare.

Compiere un'azione della memoria significa assumersi la responsabilità non solo di commemorare, ma anche di dare una risposta compiuta, multifattoriale e interdisciplinare, che non può essere solo nell'accoglienza, ma nemmeno nella guerra che viene portata, nemmeno nei soli corridoi umanitari e nemmeno nel dare risposte a quei territori. Significa tutti questi fattori insieme, per portare il risultato auspicato. Ed è vero che sbaglieremmo se pensassimo di poter raggiungere un risultato definitivo solo attraverso l'accoglienza indiscriminata. Come sbaglierebbero quelli che pensano che portando guerra si potrebbe dar luogo ad una pacificazione impropria.

Non è così. Solo la comunità internazionale - e non più a carico dell'Italia - può farsi carico di dare una risposta, perché altrimenti delle due l'una, e lo voglio dire in maniera molto chiara e ferma: o l'Unione europea ha dei fondamenti di civiltà che sono stati definiti nella cultura giudaico-cristiana, oppure si è diventati così laicamente utilitaristici che, visto che ci riempiamo di una ricchezza solamente nostra, di una pseudo-ricchezza, non è data la possibilità di dividerla con altri. E anche su questo voglio fare una riflessione. Si pensa sempre che i migranti che arrivano in Italia possano portare solamente povertà. Se andiamo a esaminare gli ultimi dati non solo demografici, ma anche quelli derivanti da un'accorta valutazione dell'economia, leggeremo come essi diano luogo alla possibilità di un arricchimento. Non voglio fare polemica, ma alcune Regioni d'Italia, come la Lombardia e il Veneto, hanno buona possibilità di progresso economico proprio in ragione della presenza dei migranti. (Commenti dal Gruppo LN-Aut). Lo so che a qualcuno un tale dato può sembrare un po' tosto, ma la realtà è questa.

Vorrei dunque concludere, signor Presidente, ricordando una preghiera laica, il cui autore è Erri De Luca, che rideclina di nuovo il Padre nostro, rimodulandolo in un testo dal titolo «Mare nostro». Erri De Luca così dice: «Mare nostro che non sei nei cieli e abbracci i confini dell'isola e del mondo, sia benedetto il tuo sale, sia benedetto il tuo fondale. Accogli le gremite imbarcazioni senza una strada sopra le tue onde, i pescatori usciti nella notte, le loro reti tra le tue creature, che tornano al mattino con la pesca dei naufraghi salvati. Mare nostro che non sei nei cieli, all'alba sei colore del frumento, al tramonto dell'uva di vendemmia, ti abbiamo seminato di annegati più di qualunque età delle tempeste. Mare nostro che non sei nei cieli, tu sei più giusto della terraferma, pure quando sollevi onde a muraglia poi le abbassi a tappeto. Custodisci le vite, le visite cadute come foglie sul viale, fai da autunno per loro, da carezza, da abbraccio e bacio in fronte di madre e padre prima di partire. (Applausi dai Gruppi Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE e PD e dei senatori Campanella e Di Biagio).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice De Pin. Ne ha facoltà.

DE PIN (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Signor Presidente, non so se la mia sarà una voce fuori dal coro, ma vorrei andare a monte e dire che c'è una cosa che a noi occidentali riesce proprio bene ormai da svariati secoli: ci arroghiamo il diritto di sapere cosa sia meglio per gli altri popoli del mondo. Generalmente si tratta di popoli che hanno un territorio ricco di risorse minerarie ed energetiche, posizionato in luoghi strategici per interessi economici di vario genere. Così partono le nostre missioni internazionali di pace, volte ad esportare la nostra poco disinteressata democrazia, creando odio e contrasti interni (l'altra faccia delle guerre civili), adducendo come scopo ultimo un mondo migliore per tutti. Grazie a questo metodo di azione nel 2015 sono morte nel Mediterraneo oltre 2.000 persone. Si tratta di gente costretta a fuggire dalla propria terra martoriata dalla guerra, rincorrendo la speranza di un futuro migliore per cercare un riparo. È così che donne, bambini e ragazzi rimangono vittime di annegamenti, protagonisti di una tratta di vite umane ridotte a mera merce di scambio.

Per quanto tutto questo mi addolora, mi preme ancora di più sottolineare che non mi va di trincerarmi dietro un colpevole silenzio commemorativo della politica italiana, quella stessa politica complice della creazione di questa situazione. Più che di una giornata commemorativa c'è bisogno di agire, di dire le cose come stanno, fare nome e cognome dei colpevoli ed evitare il finto buonismo e il tentativo di generare una guerra tra poveri, tra cittadini e migranti.

La responsabilità non può essere di chi fugge, ma di chi costringe a fuggire, ovvero di chi genera guerre devastanti nel nome degli interessi economici e delle speculazioni finanziarie, mascherandole come azioni di pace o di difesa dei nostri territori. Questo è ciò che è accaduto in Libia e sta accadendo anche in Siria.

Le soluzioni che i tecnocrati di Bruxelles ci prospettano e che oggi sembrano andare per la maggiore sono la chiusura delle frontiere interne e lo scaricabarile verso quegli Stati più esposti, già martoriati a livello economico dalle politiche europee di austerità. Si vorrebbero abbandonare al proprio destino Stati come la Grecia e l'Italia e poi si fanno accordi con il signor Erdogan che viola in continuazione i diritti umani più basilari e minaccia di inondare i Paesi europei se non riceverà ciò che chiede: sostanzialmente distruggere indisturbato il popolo curdo.

È così che si mettono in piedi missioni internazionali contro la Libia e poi si stringono accordi ed intese con l'Arabia Saudita che, nel 2015, ha fatto record di esecuzioni capitali tramite lapidazioni, impiccagioni e simili, per giunta in pubblico.

D'altronde l'imperialismo che provoca l'immigrazione non può che trarre un profitto elevato dall'ingresso di nuove masse sfruttabili, per un gioco al ribasso basato sulla messa in competizione dei lavoratori migranti con i lavoratori italiani che genera una diminuzione di salari e diritti.

Si investono molteplici risorse per gli armamenti, levando fondi utili per sanità, scuola e servizi sociali, per azioni militari imposte dalla NATO, e quindi dagli Stati Uniti, verso quegli Stati da cui provengono i rifugiati per la gestione poi dei quali occorreranno altri fondi e quindi altro denaro.

Lottare allora contro lo sfruttamento dell'immigrazione, ricordare le vittime di questo esodo, significa lottare contro quel sistema che dalla distruzione e ricostruzione di interi territori ci ricava bene e molto; significa lottare contro un sistema di accoglienza che non si occupa dell'effettiva protezione dei minori stranieri non accompagnati e che spariscono dai centri senza lasciare traccia per poi andare ad ingrossare le fila degli sfruttati da parte dei detentori del monopolio della delinquenza di strada. Per non parlare del meccanismo degli appalti dei servizi di accoglienza: Mafia Capitale insegna quanto ci si possa arricchire sulla pelle dei rifugiati a discapito poi dei poveri cittadini, che a malapena conservano qualche diritto sociale per loro stessi.

Se non si è in grado di tutelare il diritto alla salute dei cittadini di questo Stato (e i dati odierni lo dimostrano) figuriamoci quello di coloro che sbarcano sulle nostre coste.

Per questo dico che servono meno silenzi colpevoli in segno di rispetto e conseguenti giornate commemorative e più riflessioni sul fatto che i popoli devono conquistare il diritto ad una piena autodeterminazione e al controllo delle proprie risorse senza ingerenze esterne, che rischiano soltanto di creare mostri come l'ISIS. (Applausi del senatore Pepe).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Campanella. Ne ha facoltà.

CAMPANELLA (Misto-SI-SEL). Signor Presidente, il disegno di legge che stiamo discutendo oggi mette l'accento su un tema importantissimo e, contrariamente ad uno dei colleghi che mi ha preceduto, ritengo sia assolutamente utile per creare consapevolezza di ciò che effettivamente è la migrazione e delle motivazioni che la determinano, generate dalle stesse forze responsabili del disagio nei Paesi cosiddetti occidentali.

Ormai da decenni è in corso una vera e propria riscossa dei grandi poteri economici e finanziari e delle grandi corporation finalizzata a massimizzare i profitti passando sopra ai diritti umani, i diritti umani nei Paesi del cosiddetto terzo mondo e i diritti umani dei Paesi occidentali. La matrice è la stessa. La cosa che fa specie è che per motivi di convenienza politica alcune forze politiche si ingegnino per inventare una guerra tra poveri sottolineando tutte le criticità, che sono determinate non dai migranti in quanto tali ma dalla mancanza di governo del fenomeno.

Vedete, io vengo dalla Sicilia, un posto da cui si è emigrato per decenni e da cui ancora oggi si emigra. Conosco le cause per cui si può emigrare da uno dei Paesi del Sahel: in Sicilia, come nei Paesi subsahariani, arrivano fondi, ma sono estremamente ben indirizzati: vanno verso persone e classi particolari, verso coloro che governano; sostanzialmente verso i potenti, spesso - quasi sempre - preda della corruzione, senza arrivare alle popolazioni di quei Paesi. Si viene così a generare una situazione per cui i fondi che arrivano nei Paesi del Sahel, che arrivano nei Paesi dell'Africa subsahariana, tornano in Occidente, nelle banche svizzere o nelle banche dei paradisi fiscali, senza lasciare nulla, se non le armi, nei Paesi da cui sono passati. Cosa c'è di strano, allora, se chi sogna una vita felice decide di andare via da questi posti?

Come vi dicevo, ho visto svuotarsi buona parte della mia città, delle borgate: sono andati via i ragazzi, quelli più in gamba, i più dinamici, quelli che avrebbero dovuto e dovrebbero essere la via per il riscatto della mia terra. Queste stesse considerazioni le ho sentite fare ad un amico senegalese, il quale mi diceva che la cosa peggiore è che i ragazzi crescono con il miraggio di un posto dove si possa vivere sereni e rinunciano a combattere per il miglioramento della loro terra. Rinunciano perché ogni speranza viene inaridita; perché lì si rischia la vita: la si rischia per le rapine, per le guerre, per il terrorismo islamico. Mi diceva che molti tra i pescatori che non riescono più a lavorare nel delta del Niger si sono convertiti al lavoro di scafisti.

Questo è quello che genera il ruolo smodato della concorrenza nel nostro mondo. Queste persone arrivano in Italia e vengono tenute sugli scogli o ammassate in campi (che dovrebbero essere di accoglienza ma somigliano ad altro), e poi vengono accolti nelle nostre città senza poter lavorare o fare alcun tipo di attività. Parliamo di ragazzi che hanno un'età di venti o venticinque anni. Noi fabbrichiamo disagio (tra l'altro spendendo fondi, perché non lo facciamo per risparmiare) perché rinunciamo a definire una cultura dell'accoglienza.

Ho parlato qualche giorno fa con il sindaco di Palermo, che ha utilizzato una frase che mi è parsa estremamente interessante: «Per me l'accoglienza è la prima forma di sicurezza. I migranti con la mia amministrazione ci parlano, si mettono in relazione: se a Palermo arriva qualche personaggio strano, io sono tra i primi a saperlo». Questo significa far sentire quelli che prima di essere migranti sono persone parte di qualcosa, e farli sentire accolti significa generare le condizioni per una società che non solo è migliore di quella che è adesso, ma che tende a migliorare.

La storia sa essere maestra di vita per chi vuole studiarla, ma purtroppo questo concetto oggi non è molto usato. Un altro periodo noto a tutti in cui il territorio dell'attuale Europa fu invaso da persone in cerca di sopravvivenza è stato la fine dell'impero romano. Alla fine dell'impero romano le aree che resistettero meglio, quelle che poi furono capaci di assumere l'egemonia in seno al mondo occidentale, le aree coperte dall'impero franco, furono quelle che prima e che meglio delle altre seppero integrare i nuovi arrivati e collaborare con loro piuttosto che chiudersi a riccio costituendo due società differenti.

Il segreto è questo: integrare queste persone, mettere in relazione la nostra cultura con la loro per cercare una sintesi superiore, anche perché in questa terra in realtà di verità nette indiscutibili non ne hanno loro e non ne abbiamo noi. Questo tipo di consapevolezza laica ci può consentire di vivere meglio questo ventunesimo secolo, cominciato così male.

Credo che questa legge possa fare molto in questa direzione; possa spingerci a vivere con questi nuovi concittadini - spero - e possa allontanare l'ideologia delle ruspe che ci deve essere sempre più estranea, se vogliamo sopravvivere. (Applausi dai Gruppi Misto-SI-SEL e PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Torrisi. Ne ha facoltà.

TORRISI (AP (NCD-UDC)). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge in discussione, composta da tre articoli, prevede l'istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, individuandola nel giorno 3 ottobre. Con tale istituzione si intende conservare e rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria.

La scelta del 3 ottobre come data commemorativa è indubbiamente un atto doveroso in ricordo del triste naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, quando morirono 366 migranti. Va specificato che tale Giornata non determina gli effetti civili di cui alla legge n. 260 del 1949. Tale ricorrenza, invece, all'articolo 2 prevede lo svolgimento di cerimonie, iniziative, incontri, volti a sensibilizzare l'opinione pubblica alla solidarietà, al rispetto della dignità umana, all'integrazione e all'accoglienza.

Più in particolare, a seguito di un emendamento, è stato previsto che l'organizzazione di specifiche iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado sia promossa dalle istituzioni della Repubblica e non, come originariamente stabilito, esclusivamente dal Ministro per l'integrazione e dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; mentre l'articolo 3 stabilisce che dall'attuazione della proposta in esame non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Sicuramente il passaggio in Parlamento di questa proposta ci consente di toccare in maniera partecipata un tema tanto grave quanto attuale per l'Italia e l'Europa. Difatti, la suddetta data ricorda il più tragico tra i naufragi di migranti nel Canale di Sicilia, ma non l'unico: un dramma che ancora oggi si ripete.

Si calcola che in questi anni oltre 20.000 persone hanno perso la vita in questo punto del Mediterraneo, un tratto di mare che sembra essere diventato un cimitero. Sappiamo bene come il Mediterraneo - il Mare nostrum, come lo chiamavano i romani, espressione che ha dato il nome alla importante e preziosa operazione nel Mediterraneo da parte del nostro Paese - sia da sempre culla di civiltà, sede di commerci e scambi culturali, di incontri e di scontri, di conquiste e liberazioni. Ma nel nostro tempo, oltre ad essere anche una straordinaria meta turistica, si caratterizza sempre più per gli attraversamenti di migranti - legali o illegali che siano - spesso dal tragico epilogo.

Affinché sia meno lunga la scia di sangue che ha macchiato, e continua a macchiare le acque del nostro mare, hanno contribuito e contribuiscono in maniera straordinaria la Marina militare, la Guardia costiera, la Guardia di finanza, i Carabinieri, la Polizia e quanti, a partire dall'operazione Mare nostrum e dai comuni cittadini - in primis gli abitanti di Lampedusa - tanto hanno sofferto e si sono offerti per salvare molte vite umane.

Lasciateci dire che con l'operazione Mare nostrum abbiamo dimostrato la civiltà dell'Italia; la fierezza di un Paese che allo stesso tempo sa tendere la mano e far fronte al dramma umano di migliaia di persone che cercano le nostre sponde come meta di speranza.

L'Italia non è sicuramente il Paese della cuccagna, ma rappresenta l'alternativa concreta alla guerra, alla morte, alla persecuzione. Con l'operazione Mare nostrum abbiamo interrotto un immobilismo durato troppi anni; e durante una crisi economica mondiale abbiamo detto no al cinismo di quanti professavano la difesa della Patria attraverso i respingimenti di carrette del mare cariche di gente che pagava, perfino, per attraversare lo stretto braccio del canale di Sicilia. Ma questa non è la nostra identità, né la nostra storia, e i respingimenti non sono contemplati nei valori della nostra Carta costituzionale.

Signor Presidente, colleghi, riteniamo pertanto che l'Italia abbia fatto e stia facendo tanto - operando spesso da sola, in condizioni difficili e non sempre con mezzi economici adeguati - per accogliere umanamente e civilmente le masse di profughi che viaggiano verso le nostre coste.

Lo dobbiamo affermare con un certo orgoglio, una realtà confermata dallo stesso presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, il quale nei giorni scorsi, in visita nel nostro Paese, ha dichiarato che nella politica dell'accoglienza dei migranti l'Italia rappresenta un modello per tutta l'Europa. Ma purtroppo è pur vero che la stessa Europa, responsabile di Triton, per quanto riguarda il pattugliamento del Mediterraneo non sia stata sempre puntuale nel comprendere la drammaticità di un esodo condizionato spesso da criminali senza scrupoli.

Quello di cui abbiamo bisogno è un atteggiamento più attivo, maggior impegno, maggior coinvolgimento, iniziative per scoraggiare. Nessuno Stato membro in Europa può considerarsi un semplice spettatore; allo stesso tempo, non vi è alcun Paese che sia in grado, da solo, di vincere tutte queste sfide. Occorre un cambiamento radicale rispetto a ciò che l'Unione ha fatto finora, o si è rifiutata di fare. Il peccato che molti hanno commesso è stato, ancora una volta, l'indifferenza. Molti Paesi, lontani dalle coste del Mare nostrum, hanno creduto di potere essere al sicuro ignorando cosa stava succedendo solo a poche miglia di distanza dalle frontiere dell'Europa meridionale.

Dobbiamo ammettere che la nostra è un'Europa che fatica ancora a trovare un senso unitario nell'affrontare le politiche riguardo all'immigrazione ma, soprattutto, anche quel volto di solidarietà, di umanità e di accoglienza di cui si necessita, soprattutto in queste ore drammatiche in cui migliaia di persone continuano a fuggire dal crimine e dal terrorismo dell'ISIS, fino ad arrivare alla persecuzione delle minoranze cristiane in Nigeria, in Kenya e a quello che accade nel Corno d'Africa, fino alla vicina Libia e al caos che tutti noi conosciamo.

Pertanto, riteniamo che il disegno di legge in esame intenda offrire al nostro quadro legislativo uno strumento di memoria e di coscienza: ricordare uomini, donne e bambini di cui non sappiamo neppure il nome e non conosciamo il passato, ma di cui sappiamo che quel loro viaggio doveva consegnarli ad un futuro migliore.

Fare memoria del passato è indispensabile per imparare a guardare al futuro con senso critico e porre rimedio agli errori commessi. Potrebbe sembrare pura retorica, demagogia o altro, ma l'istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione intende invece contribuire, attraverso il ricordo di una strage di migranti, alla diffusione di un più forte senso di solidarietà civile da parte di tutti, del rispetto della dignità umana, della consapevolezza del valore della vita di ogni essere umano e del valore dell'accoglienza affinché tragedie come queste non si ripetano.

Vorremmo qui ricordare azioni e parole di Papa Francesco, un figlio delle migrazioni del secolo scorso, che racconta la storia di tanti italiani partiti per sfuggire alla guerra e alla povertà. Quasi a voler ribadire questa storia di flussi, in occasione del primo viaggio del suo pontificato - era il luglio 2013 - il Papa volle recarsi proprio lì, a Lampedusa, un'isola nel mezzo del Mediterraneo, che negli ultimi anni è diventata il simbolo dell'accoglienza. Questa nostra frontiera dell'Europa è un crocevia di speranza, ma anche di morte, con le difficoltà di essere una terra troppo piccola per ospitare le aspettative di coloro che arrivano dal continente africano. A Lampedusa Papa Francesco, come è nel suo stile, usò parole di misericordia, ma anche di monito, esortando a dire di no alla globalizzazione dell'indifferenza.

Pensiamo che, uniti al messaggio straordinariamente forte che il Pontefice seppe dare da quell'isola, anche noi abbiamo il compito e il dovere di dire no all'indifferenza che ancora oggi viene da parte della nostra politica e perfino dall'Europa.

Ed è per dire di no all'indifferenza e sì alla coscienza e alla responsabilità dell'accoglienza - mi avvio a concludere - che ci auguriamo che si possa giungere rapidamente all'approvazione del disegno di legge in esame. Occorre, quindi, che la nostra comunità si doti di strumenti di consapevolezza in grado di rafforzare i suddetti valori di solidarietà. L'auspicio è anche quello che il 3 ottobre non sia solo la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, ma segni anche un nuovo inizio e una nuova visione nella storia dell'Europa.

Con la speranza che ciò si concretizzi, preannuncio il voto favorevole del Gruppo Area Popolare (NCD-UDC) al disegno di legge, poiché esso è indubbiamente foriero e promotore dei valori di solidarietà, impegno e memoria, i quali rappresenteranno sempre dei robusti baluardi contro l'indifferenza, la disumanità e la smemoratezza storica, che sono - purtroppo - atteggiamenti sempre più radicati in questa difficile fase storica che attraversa non solo l'Italia e l'Europa, ma l'intera umanità. (Applausi dal Gruppo AP (NCD-UDC). Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Misto). Signor Presidente, il disegno di legge in esame è molto sintetico, composto di tre articoli.

L'articolo 1 istituisce per il giorno del 3 ottobre la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione e definisce chi sono gli immigrati, cioè coloro che sfuggono alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria.

L'articolo 2 del provvedimento ha invece la funzione di definire qual è la dinamica attraverso cui si raggiunge l'obiettivo del ricordo. Si tratta di organizzare momenti nei quali l'opinione pubblica viene sensibilizzata alla solidarietà civile, al rispetto della dignità umana, al valore della vita, all'integrazione e all'accoglienza. L'articolo stabilisce altresì che questo deve essere fatto promuovendo iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado, affinché tale sensibilizzazione parta soprattutto dai nostri bambini e giovani.

Ci sarà pure un motivo se noi siamo chiamati a decidere sull'istituzione di un momento di questa natura, che ha lo scopo di favorire l'organizzazione di iniziative rivolte ai nostri giovani per la sensibilizzazione sul piano culturale dei temi del rispetto della dignità umana e del valore della vita. La ragione è che purtroppo viviamo in un mondo e in un Paese in cui il rispetto per la dignità umana e per il valore della vita non è diffuso come dovrebbe essere perché non ce l'hanno neppure tutti i nostri giovani in quanto noi non svolgiamo la funzione di guida affinché questi valori vengano affermati nella nostra società.

Il ricordo dei migranti badate non ha bisogno necessariamente di una giornata particolare nell'anno. Il ricordo ci viene quotidianamente quando apriamo i fogli di un giornale, quando guardiamo un telegiornale, quando ci affacciamo fuori dalla porta di casa. Infatti, questa vicenda è infatti attualissima, è storicamente attuale; forse qualche volta un po' distante da casa nostra, ma riguarda questo mondo da sempre, anche nell'epoca moderna, industriale e postindustriale. Basterebbe pensare che i migranti italiani negli ultimi centoquaranta anni sono stati trenta milioni, cioè circa la metà della nostra popolazione attuale. Gran parte dei discendenti di nostri italiani vivono in Paesi che sono stati destinatari di flussi migratori partiti dalle nostre regioni, città e paesi attraversando gli stessi pericoli che incontrano adesso quelli che giungono in Europa e sopportando, in molte circostanze, la stessa modalità di accoglienza che costoro trovano in questo nostro continente; mi riferisco a muri, filo spinato, impossibilità di accedere, rimpatri forzati e così via. Questo lo dico perché intervenire sul piano culturale, cioè sull'educazione attraverso le scuole, è essenziale. Non è vero che questa è una legge di propaganda; è una legge che interviene sul vivo delle ragioni per cui coloro che sono vittime dei processi migratori e dei flussi forzati fuggono da condizioni di vita insopportabili e affinché questi abbiano la considerazione di coloro che possono aiutare, accogliere, rifocillare e dare garanzie di una vita dignitosa e libera dalla paura.

Presidente, penso sia proprio questa la funzione di questo provvedimento normativo ed è per questa ragione che dà fastidio. La ragione per la quale questo provvedimento può dare fastidio ad alcuni ambienti e culture politiche presenti in Europa e in Italia sta proprio nel fatto che interviene sui processi educativi; interviene sulla costruzione di un'idea e di una cultura di accoglienza rispettosa della dignità e della vita delle persone. L'educazione che, invece, viene fornita e gli esempi che ci vengono dalle autorità pubbliche sono esattamente nel segno contrario e fanno dell'Europa e anche dell'Italia, in alcune circostanze, realtà e società difficili da difendere e sopportare.

Dobbiamo avere un'altra memoria, perché l'Europa c'è già passata nella cultura delle leggi razziali, nella cultura dello sterminio sulla base dell'appartenenza ad una religione, dell'appartenenza ad una cultura politica, dell'appartenenza ad un orientamento sessuale. C'è già passata l'Europa ed è stata una tragedia per tutto il mondo; c'è già passata attraverso il filo spinato, l'Europa, c'è già passata attraverso il rifiuto dell'altro, c'è già passata attraverso la persecuzione in ragione delle opinioni politiche, delle idee e delle culture di appartenenza. C'è già passata; ed è stata una tragedia così grande per il resto del mondo, oltre che per l'Europa, che ci sono voluti decenni per cercare di risollevarci e per cercare di recuperare noi, in questo Paese e in Europa, la dignità come uomini.

Io spero che qua non voteremo tutti la stessa cosa. Spero proprio che non la voteremo tutti questa legge, perché, se non la voteremo tutti, questo non sarà un esercizio ipocrita, ma sarà un esercizio di scelta politica, di appartenenza alla democrazia e ai valori della democrazia, dell'accoglienza, del rispetto verso le persone, della tutela dei diritti di appartenere a confessioni religiose, a etnie, a convinzioni politiche, ad orientamenti sessuali diversi. Se votassimo tutti insieme questo provvedimento, ciò vorrebbe dire che non ce ne era bisogno, cioè che era inutile, perché tutti siamo convinti del rispetto dell'altro e del fatto che l'altro che soffre e che fa una rappresentazione disperata della sua sofferenza trova in noi, tutti noi, quelle disponibilità che sono necessarie a chi soffre.

Invece no, signor Presidente. Ci sono alcuni che dicono: «La sofferenza mi dà fastidio; vai a soffrire da un'altra parte, io non ti voglio vedere. Il dolore per me è raccapriccio, non voglio avere di fronte a me il dolore che tu rappresenti; risolviti i tuoi problemi da dove arrivi e, anche se non sei capace di risolverti quei problemi, la tua sofferenza tienitela a casa tua».

Poi ci sono invece gli altri, quelli che hanno convinzioni diverse, democratiche, progressiste, aperte, che vivono nella relazione, che vorrebbero l'Italia e l'Europa terra di amicizia e di pace per i popoli; quelli che non vogliono i fili spinati, che sanno stare nella civiltà della globalizzazione, dove le relazioni sono imponenti ed importanti, ormai non più circoscrivibili dentro un ambito e uno spazio definito, e sfondano ogni tipo di frontiera, attraverso le tecnologie, cui la relazione fa puntualmente ricorso. Per cui si conosce questo mondo e chi soffre sa che in altre parti del mondo si può evitare la sofferenza, che magari ci sono condizioni di vita diverse e che esistono luoghi in cui può tranquillamente sviluppare la propria personalità, come essere umano e come individuo, che ha l'aspirazione ad una vita normale, per se stesso e per coloro che ama.

Penso dunque che siamo distinti, anche in questo Parlamento, rispetto alla nostra visione della cultura da mettere in campo, in relazione a questo e ad altri problemi. È uscito fuori prepotentemente, non solo in questi giorni con le elezioni che si sono recentemente tenute ma da tempo, un processo per cui si vanno rafforzando i movimenti xenofobi, con vene profondamente razziste, antidemocratiche e irrazionali, anche sotto il profilo della relazione positiva sul piano economico e sociale. Esse ci sono, crescono e fanno leva su paure che andrebbero invece eliminate, addirittura proposte per una riflessione di accantonamento e di superamento, nel rapporto tra individuo, società e comunità. Poi ci sono coloro che contrastano queste visioni. La tristezza politica, anche di questo Paese, è che coloro che pensano in termini democratici e progressisti - cioè coloro che pensano ad un futuro che non riporti l'Europa esattamente da dove viene, ovvero dalla parentesi devastante del nazionalsocialismo e del fascismo - si dividono attorno alle inezie, a questioni particolari, specifiche e contingenti e non sanno ritrovare l'unità, che invece serve per far fronte a quelle spinte reazionarie, che arrivano ad essere sempre più consistenti, non solo nel nostro Paese, ma nell'intera Europa.

Penso che proprio da questo provvedimento bisogna cominciare a capire se può esistere, in Europa e in Italia, una nuova dimensione culturale e politica, che metta insieme tutti coloro che pensano che la dignità umana e il valore della vita stanno sopra ogni cosa. (Applausi dai Gruppi Misto-SI-SEL e PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Alì. Ne ha facoltà.

D'ALI' (FI-PdL XVII). Signor Presidente, cercherò di attenermi al testo del disegno di legge e al suo scopo, cercando di sfuggire alle tentazioni di discorsi importanti dal punto di vista valoriale e filosofico. Cercando di rimanere in questo ambito, dirò che stiamo per istituire una giornata della memoria, che è indirizzata, per quello che ci dice l'articolo 2, principalmente all'istruzione dei nostri giovani e quindi a sollecitare nelle scuole d'Italia un momento di riflessione e di attenzione ai fenomeni dell'immigrazione. Noi non possiamo non essere d'accordo su questo, ma a patto che ciò non riguardi solamente l'immigrazione di questi giorni ma tutta l'immigrazione e l'emigrazione che ha contraddistinto la storia del nostro Paese e in particolare della terra dalla quale provengo. Infatti, in quest'Aula parlamentare siamo troppo abituati, ormai, a legiferare sulla base di emozioni transitorie e immediate.

Se nelle scuole della nazione siciliana si insegnasse la storia della Sicilia come storia del popolo siciliano, ogni capitolo conterrebbe una storia di immigrazione o di emigrazione, ma si sa che la storia la scrivono i vincitori e per questo nelle nostre scuole non abbiamo un'adeguata istruzione della storia della nostra Sicilia. Ritengo pertanto che questa Giornata in memoria delle vittime dell'immigrazione possa avere significato solo se, come si afferma anche nella relazione introduttiva al disegno di legge, si ricordi anche la nostra emigrazione che è immigrazione di italiani in altri Stati. Non è solo un fatto di reciprocità, ma proprio di educazione che noi dobbiamo dare ai nostri giovani.

Molti studiosi hanno recentemente esplorato il fenomeno migratorio italiano, meridionale e siciliano in particolare, da e per le coste dell'Africa. La nostra emigrazione in Tunisia è stata svincolata da ogni sospetto di volontà di colonizzazione, perché quel Paese non è mai stato italiano ed ha visto migliaia e migliaia di cittadini (contadini, operai, commercianti, piccoli artigiani e anche imprenditori) recarsi in quella terra per portarvi la loro ansia di sviluppo, di crescita e di integrazione con gli abitanti di quella terra. Mi chiedo quindi perché, se non ci sono motivi - quelli sì - demagogici e parziali, si limiti questa Giornata alla memoria delle vittime dell'immigrazione, soprattutto nel momento in cui essa andrà a incidere sull'educazione dei nostri giovani, dato che si istituisce non un giorno di festa nazionale ma un giorno indirizzato principalmente all'azione nelle nostre scuole. Mi chiedo perché ignorare tutto quello che rappresenta il dramma, oltre che le positività dell'immigrazione - perché noi tendiamo sempre a sottolineare i drammi, ma dovremmo sottolinearne anche alcune positività - e non inserire nel ricordo anche la storia della nostra emigrazione, che, come ha ricordato il senatore Micheloni, è fatta anche di eventi drammatici, che non sono solamente quelli che già ricordiamo, come il disastro di Marcinelle o altri, cui abbiamo già dedicato una giornata di ricordo. Mi riferisco all'emigrazione che partiva con i piroscafi, senza sapere quale potesse essere la vera destinazione di chi disperatamente cercava di attraversare l'oceano, o all'emigrazione che sostava a Ellis Island. Peraltro, abbiamo visto anche recentemente una riscoperta dei valori e delle drammaticità attraverso importanti produzioni cinematografiche sulla storia dei nostri concittadini che emigrarono in passato.

Di fronte all'idea di fossilizzare l'attenzione su un episodio drammatico, del quale naturalmente viene esaltata la data stabilendo che quello sarà il giorno della memoria, mi chiedo per quale ragione non si inserisca anche l'emigrazione di cui ho parlato, così come noi chiediamo con gli emendamenti che abbiamo presentato e in base all'accoglimento o meno dei quali valuteremo l'atteggiamento da tenere in sede di votazione finale. Perché non andare nelle nostre scuole a parlare anche della nostra emigrazione, che ha toni altrettanto drammatici quanto quelli che oggi contraddistinguono la migrazione dall'Africa verso la Sicilia e verso l'Europa?

Che poi non si tratta di un fatto soltanto mediterraneo. Ho ascoltato importanti citazioni su Mare nostrum, ma perché limitare il discorso al Mediterraneo? L'emigrazione e l'immigrazione sono fatti epocali e storici che hanno contraddistinto gran parte dell'evoluzione sociale delle nostre popolazioni e, ripeto, in particolare della Sicilia, dalla quale provengo, per cui, molto spesso, noi, con un sorriso non dico sarcastico ma certamente di circostanza, ascoltiamo determinati discorsi che parlano di mura, che parlano di ostacoli, che parlano di dinieghi. Noi abbiamo una storia millenaria che ci ha assolutamente abituati all'integrazione e, anzi, in questa fase della nostra storia di nazione siciliana, soffriamo della marginalità che il contesto italiano e il contesto europeo ci assegnano come terra di frontiera, mentre noi siamo terra di centralità mediterranea.

In base a questo, ripeto, chiediamo che il testo venga integrato da due semplicissimi emendamenti che sarebbero fondamentali e che mirano a far sì che nelle nostre scuole si parli non solo di immigrazione ma anche di emigrazione, in omaggio alla storia del nostro Paese, perché solamente questo omaggio potrà far comprendere meglio ai nostri giovani e alla nostra società i valori che, attraverso la giornata della memoria, si vogliono affermare. Non credo di dire cose che esulano dal contesto nel quale stiamo discutendo. Ripeto: volendo attenermi, senza andare oltre, al testo del disegno di legge, dico che noi abbiamo il dovere di insegnare nelle nostre scuole i valori dell'immigrazione e dell'emigrazione che, insegnati assieme, portano ad una comprensione vera del significato dell'integrazione e quindi della pacifica convivenza.

Nel chiedere al relatore e al Governo di esaminare con attenzione l'opportunità di integrare il testo con i nostri emendamenti, ripeto che il nostro Gruppo valuterà l'atteggiamento da assumere in dichiarazione di voto finale in base all'esito della discussione. E non mi si venga a dire che, siccome la Camera l'ha approvato, non si può emendare: qui non si parla di urgenze. Tra l'altro, la Giornata della memoria è fissata il 3 ottobre, quindi c'è tutto il tempo, eventualmente, per un altro passaggio alla Camera, se si vuole iniziare da quest'anno a celebrare questa giornata. Non facciamo i soliti discorsi per i quali quest'Assemblea non è mai nelle condizioni di poter esprimere le proprie valutazioni e di poter esprimere un proprio voto diverso rispetto a ciò che accade o è accaduto nell'altro ramo del Parlamento, anche se siamo in terza lettura. Si tratta di un disegno di legge assolutamente non impegnativo delle finanze pubbliche, né urgente per il nostro Paese, quindi credo che dovremmo affrontarlo con la massima serenità ed è per questo che chiedo vengano approvate le nostre proposte di integrazione. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Manconi. Ne ha facoltà.

MANCONI (PD). Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, credo che quella di oggi sia stata una discussione importante. Non affronterò le complesse questioni che il tema dalle migrazioni comporta, ma mi limiterò, invece, a prendere in esame ed affrontare la questione che oggi viene portata alla nostra valutazione attraverso questo disegno di legge, sul quale devo immediatamente dire alcune cose, per come esso è nato e per il suo percorso di questi anni.

La sollecitazione ad elaborare un disegno di legge che istituisse la Giornata nazionale della memoria per le vittime dell'immigrazione viene dal sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, e dal Comitato 3 ottobre, costituitosi appena alcuni giorni dopo il naufragio di quella data, che annoverava e tuttora annovera tra i suoi membri, tra gli altri, familiari e amici delle vittime di quel terribile naufragio.

Voglio entrare immediatamente nel merito di quella che risulta come la principale, ma forse la sola obiezione a questo disegno di legge: la principale, ma forse la sola perplessità che esso ha suscitato che possa trattarsi di un mero atto simbolico. Dico subito che un atto simbolico non è necessariamente superfluo. Un atto simbolico non è automaticamente inutile e tantomeno è destinato fatalmente a risultare dannoso. Nient'affatto. In questo caso, un atto simbolico può avere un suo significato molto denso e il motivo è semplice: gli atti simbolici, o meglio i simboli, i messaggi, le immagini, operano in un campo, abitano uno spazio, che è quello dove si formano le idee, dove si realizzano le opinioni, dove si costruisce il senso comune e dove si forma la mentalità condivisa. Dunque, lì i simboli e gli atti simbolici possono acquisire una forza, una potenza che si traduce poi nel condizionare gli atti concreti delle persone, nel determinare gli orientamenti collettivi, nell'influenzare i comportamenti, i gesti dei singoli, dei gruppi e delle comunità.

C'è, può esserci negli atti simbolici una forza e una materialità capaci davvero di indirizzare gli orientamenti collettivi. Dunque, un atto simbolico può avere questa potenza e ritengo che questo atto simbolico oggi sia ancora più necessario proprio perché, in materia di immigrazione e di asilo, assistiamo quotidianamente al ripetersi, all'intensificarsi sì di atti simbolici, ma di atti simbolici di ostilità, che producono diffidenza, che scavano fossati, che incentivano il conflitto etnico. Ebbene, da qui nasce la necessità di realizzare altri, diversi, positivi atti simbolici.

Ecco, il contenuto profondo di questa iniziativa ‑ devo dire ‑ non ha alcuna intenzione polemica; non ha una volontà di contrapposizione, non vuole in alcun modo accentuare un dato che è obiettivo, ovvero quello della diffidenza da parte di alcuni strati della popolazione italiana, in particolare strati tra i più vulnerabili, più esposti, più deboli, nei confronti degli stranieri. Ha esattamente l'intento opposto: ha l'intento, cioè, di favorire l'incontro, di incentivare la relazione, il riconoscimento, la reciprocità, la riconciliazione.

Tutto questo non è certo facile; non lo è in tutti i Paesi europei e in tanti sistemi democratici, ed è ancora meno facile, per certi versi, nel nostro Paese per una ragione che è già stata qui richiamata, con intenti e accenti diversi, e persino con finalità diverse - ma che comunque penso siano tutti da valorizzare - nell'intervento del senatore Micheloni, così come nell'intervento del senatore D'Alì, che pure sembrava andare in opposta direzione. Qual è il dato che io ritengo necessario evidenziare per spiegare la peculiarità di un atteggiamento della nostra società nazionale nei confronti dell'immigrazione? Penso che nella nostra società sia stata operata una grande rimozione, ed è esattamente la rimozione di quegli oltre 30 milioni di italiani che, come ricordavano i senatori Micheloni e Uras, dall'Unità d'Italia ad oggi sono partiti dal nostro Paese per cercare altrove, in altri Paesi e in altri continenti, un'opportunità di lavoro che era poi un'opportunità di vita e di futuro.

Bene, questa realtà è stata come rimossa, ed è una realtà fatta di dolore, sacrificio, ma anche di conoscenza, di esperienza e di intelligenza. È stata certamente un'impresa travagliata, quella di quei milioni di italiani che hanno attraversato il mondo, ma è stato anche motivo di orgoglio, perché quei milioni di italiani hanno trovato la capacità non solo di integrarsi, ma anche di contribuire alla ricchezza nazionale dei Paesi che li hanno ospitati. Di questa straordinaria vicenda umana, che ha riguardato i nostri avi e nonni, in Italia si è quasi dispersa la memoria. Di questa straordinaria vicenda umana non si è fatta storia, non si è fatta narrazione, non si è fatta - passatemi il termine - epopea. E devo usare intenzionalmente questo termine perché l'immigrazione poteva essere uno di quei miti fondativi della nostra identità nazionale che ha un'importanza notevole nel rafforzare il legame sociale, nel costruire identità e appartenenza. Ma questo non è stato fatto e quella vicenda umana è caduta nell'oblio. Della nave Sirio, di cui parlava il senatore Micheloni, che nel 1906 è affondata davanti alle coste spagnole con quasi 300 italiani finiti in fondo al mare e, più di recente, della tragedia di Marcinelle, citata dal senatore D'Alì, che ha visto centinaia di italiani morire in fondo alla miniera belga, non c'è memoria. Ma non c'è nemmeno memoria culturale, non c'è storia musicale, letteratura, né cinematografia di quelle vicende, perché di esse si è fatta, appunto, un'operazione di rimozione. E penso che proprio questa operazione di rimozione sia tra le cause principali dell'incapacità nostra - parlo proprio di noi tutti - di riconoscere nelle ansie, nelle speranze e nella sofferenza degli stranieri che arrivano in Italia l'ansia, le speranze e la sofferenza dei nostri avi e dei nostri nonni. E dietro c'è qualcosa che davvero va analizzato, ed è il fatto che un popolo come il nostro, che ha raggiunto nei decenni una qualche sicurezza economica, oggi messa a repentaglio dalla crisi ed erosa da tanti fenomeni e dalla crescita della povertà, ha avuto bisogno di dimenticare quel proprio passato migratorio perché richiama una povertà che si vuole lasciare alle spalle e di cui, in qualche misura, ci si vergogna.

Ecco, il senso di una giornata della memoria sta esattamente qui: nella capacità di creare una reciproca possibilità di riconoscimento tra tragedie che appartengono al passato, ma di cui dobbiamo conservare la memoria, e tragedie che sono dentro il nostro presente e che certamente sono destinate a durare nel tempo. E allora, davvero, non c'è nessuna retorica della solidarietà, non c'è nessuna enfasi del multiculturalismo in questo. C'è la necessità di costituire un tessuto culturale fondato sulla reciprocità, come secondo Levinas, di cui ha parlato il senatore Romano, e dunque capace di far riconoscere l'altrui sofferenza non come un fatto pietistico, non come un atto compassionevole, ma come la sola base vera e reale di un agire politico. Non riesco infatti ad immaginare dove altro una politica all'altezza dei tempi possa trovare il suo fondamento, se non nella sofferenza degli esseri umani, nel loro bisogno di giustizia. Dove altro possiamo andare a cercare il fondamento del nostro agire politico?

Certamente, l'Italia e l'Europa hanno bisogno di politiche intelligenti e razionali, che partano in primo luogo da un discorso che abbia a propria base demografia ed economia, ma tutto ciò non può fare a meno della consapevolezza di ciò che siamo stati e che altri popoli oggi sono.

La giornata della memoria può contribuire ad aiutarci in questa attività, certamente faticosa, perché la convivenza non è un pranzo di gala. La convivenza è qualcosa che può rilevarsi dolorosa, che può attivare conflitti e tensioni, ma è la sola alternativa al conflitto etnico. E allora, questa convivenza, che è il risultato di molta fatica e, temo, di molti dolori, è pero la sola via intelligente e razionale e, dunque, politica che, per me, può permetterci di affrontare fenomeni di tale portata storica e geografica con la giusta strumentazione.

A tutto ciò, ovviamente, la giornata della memoria porta un contributo modesto, ma è appunto ciò che può aiutarci a far sì che quelli che chiamiamo troppo spesso, retoricamente, i nostri giovani, e che poi sono i nostri figli, non dimentichino di quanto dolore sia fatta la storia del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Mazzoni).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

Per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sull'ANAS SpA

RUVOLO (AL-A). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RUVOLO (AL-A). Signor Presidente, intervengo solo per segnalarle che 75 senatori hanno sottoscritto la richiesta volta ad ottenere l'istituzione di una Commissione di inchiesta sui lavori e le attività dell'ANAS SpA. Ancora oggi, nonostante la firma di 75 senatori, l'iter del provvedimento è fermo e non ne capisco le ragioni. Ripeto: proprio non le capisco.

Dopo i ripetuti scandali, tra cui quello della cosiddetta dama nera, cosa bisogna fare per sensibilizzare quest'Assemblea e il Presidente del Senato e avviare la procedura di esame? Devono ancora crollare ponti? Ne sono già crollati tanti: penso al ponte Verdura sulla statale 115 Trapani-Siracusa, crollato nel 2013, al ponte Petrulla e al viadotto Himera sulla A19 Palermo-Catania. Ne sono crollati diversi, ponti e campate, e una risposta concreta a queste sollecitazioni ancora non c'è.

Ricordate il ponte di Scorciavacche, inaugurato il 23 dicembre e crollato il 30 dicembre 2014? A tutti è tolta la memoria. Hanno però dato il premio di produzione e gli incentivi per far costruire questo ponte in tempi brevi e dopo una settimana dall'inaugurazione è crollato. È uno scandalo, è una vergogna! (Applausi del senatore Consiglio). E nessuno prende atto di quello che sta avvenendo in questo Paese.

Signor Presidente, sono state date consulenze per 19 milioni di euro agli ex direttori generali e agli ex presidenti per collaudare la grande opera del MOSE. In quest'Aula le ho già denunciate queste cose: è davvero scandaloso e ancora gli organismi preposti non si attivano. Cosa deve avvenire più di questo? Di cosa ci dobbiamo meravigliare? È tutto fermo e bloccato, ma perché? Non lo capisco e questo mi turba molto.

Sono molto preoccupato anche per la nuova gestione, perché ancora non si capisce cosa sta programmando e avviando. Dal passato cosa esce? So solo che sono entrati in campi sempre i soliti noti, i riciclati. Se dovete fare pulizia negli organi indicati, perché non cominciate a bastonare quelli che sono stati dentro questo sistema? Invece, forse vengono apprezzati. Se si viene riciclati nella politica è male, ma se si viene riciclati nell'alta burocrazia è un fatto normale.

Presidente, sono davvero preoccupato e la prego di riferire al Governo e, soprattutto, al presidente Grasso che non se ne può più. Si attivino le procedure normali per rispettare la volontà di 75 senatori.

PRESIDENTE. Farò la mia parte e le consiglio di chiedere al suo Capogruppo che la medesima richiesta venga formulata nella Conferenza dei Capigruppo.

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

LO GIUDICE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LO GIUDICE (PD). Signor Presidente, ho chiesto di intervenire a fronte della denuncia resa pubblica nella giornata di oggi dalla Garante dei diritti delle persone detenute del comune di Bologna, che ha riportato il caso, in verità non unico nel nostro Paese, dato che riguarda decine di situazioni, di una donna rinchiusa nella casa circondariale della Dozza con due bambini, rispettivamente di cinque e di diciotto mesi.

Si tratta dell'annoso problema, che il nostro Paese non riesce a risolvere, della presenza all'interno delle carceri italiane di bambini, che stanno in carcere insieme alle loro mamme. Tale circostanza risponde all'intento positivo di non separare il bambino dalla madre, intento che, nonostante questo Parlamento abbia approvato, già oramai cinque anni fa, un provvedimento finalizzato ad evitare che questi bambini stessero in carcere, continua a tenere bambini di pochi mesi e di pochi anni all'interno di strutture detentive insieme alla madre.

La legge n. 62 del 2011 prevedeva l'attivazione di strutture e istituti a custodia attenuata per le madri detenute e l'attivazione di una rete di case famiglia nel territorio nazionale. Ebbene, non solo non sono stati attivati nuovi istituti a custodia attenuata (in questo momento ne abbiamo due in Italia, uno a Milano e uno Venezia), ma neanche è stata messa in opera la rete delle case famiglia protette. Questa rete, la cui attivazione è stata affidata, dal punto di vista economico e dello sforzo finanziario, agli enti locali, fa una gran fatica ad essere attivata, perché un conto è una normale casa famiglia, altra cosa è una casa famiglia protetta che ospita madri detenute che devono scontare una pena (o che sono in attesa di giudizio, come nel caso di Bologna) con i loro bambini. Una casa famiglia protetta ha un costo molto elevato, motivo per cui, di fatto, gli enti locali fanno una gran fatica ad attivare queste strutture.

Oggi la Garante dei diritti dei detenuti del comune di Bologna ha sottolineato anche che è in ristrutturazione un'ala della sezione femminile del carcere di Bologna, che dovrebbe essere adibita a nido. Ora, se ci sono le risorse per trasformare una parte di carcere in nido, utilizziamole per attivare delle case famiglia e si utilizzino le risorse previste dalla legge entrata in vigore nel 2014 per attivare gli Istituti a custodia attenuata madri (ICAM) per contribuire alla strutturazione di una rete di case famiglia protette!

Ho predisposto un'interrogazione, che sottoporrò all'attenzione dei colleghi, perché possa avere presto una risposta da parte del Ministero della giustizia, ma anche del Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport, visto che gli enti locali sono coinvolti nel ruolo di promotori e attivatori delle case famiglia. Mi auguro che riusciremo presto a mettere in campo degli interventi perché nessun bambino si trovi a dover vivere quella vita che, per esempio, sta vivendo il bambino di diciotto mesi, che, secondo il racconto della Garante dei diritti dei detenuti, ha già sviluppato una serie di comportamenti stressati, tipici di un bambino che non riesce a vivere liberamente, una grande aggressività e iperattività.

Nessun bambino deve rimanere all'interno delle strutture carcerarie nel nostro Paese e questo è un obiettivo che dobbiamo perseguire attraverso atti concreti e la destinazione delle risorse economiche necessarie.

Poiché oggi un grande blackout ha colpito tutti i nostri uffici, non sono riuscito a distribuire il testo dell'atto di sindacato ispettivo ai colleghi, ma invito a sottoscrivere domani questa interrogazione, che non è certo la prima ad essere presentata in questa legislatura e con cui si sollecita il Governo ad andare in questa direzione. (Applausi dal Gruppo PD).

PEZZOPANE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PEZZOPANE (PD). Signor Presidente, voglio raccontare brevemente una storia di ordinaria follia, in cui la burocrazia vince su ogni ragionevolezza. Si tratta di uno strano caso che sta avvenendo in Abruzzo.

È lo strano caso di Nelda Zazzara, una dipendente di scuola pubblica che ha versato per trentanove anni i contributi. Da circa un anno è molto malata e ha fatto, nel tempo giusto, la prima domanda di pensione per lavoratori "salvaguardati" (il 3 marzo 2014). La domanda viene accolta, ma la graduatoria scade. Le viene accolta la seconda domanda di salvaguardia il 4 dicembre 2014 (legge n. 147 del 2014), ma non accade nulla. In base all'articolo 13 della legge n. 274 del 1991 ottiene il riconoscimento di inabilità totale e permanente, definita il 16 settembre 2015, ma il Provveditorato agli studi si oppone e chiede, attraverso l'articolo 2 della legge n. 335 del 1995, l'accertamento dell'idoneità fisica, che si definisce con esito di non idoneità per sei mesi, fino al 15 giugno 2016.

In questo momento vengono parlate due lingue totalmente diverse; utilizzate due leggi diverse; ed è impossibile o, almeno, ogni tentativo è stato vano, far dialogare gli uffici. Per cui, da una parte c'è il riconoscimento dell'inabilità totale e permanente, con la legge n. 274 del 1991, e dall'altra la non idoneità, peraltro temporanea, con la legge n. 335 del 1995. Sembra avvenire un ravvedimento quando l'INPS, a novembre 2015, comunica l'accoglimento della domanda di pensione a decorrere dal 1° gennaio 2016. Ma successivamente, con lettera del 19 febbraio 2016, l'INPS revoca l'accoglimento della domanda di pensione e avvia le procedure per il reinserimento lavorativo di Nelda, che nel frattempo, per ottemperare alle condizioni INPS, si era dimessa dal lavoro.

Tutto ciò premesso, la signora Nelda, nonostante il riconoscimento di inabilità totale e permanente e circa trentanove anni di contributi, non riesce ad andare in pensione, ma non può nemmeno rientrare al lavoro, perché le hanno chiesto di dimettersi.

Il caso è assurdo e rasenta la follia interpretativa e burocratica. Con un'interrogazione chiedo al ministro Poletti di intervenire sugli uffici competenti e sull'INPS, perché si ridia, con equilibrio e senso di giustizia, senso a questa vicenda, richiamando gli uffici che hanno sbagliato, sicuramente la ragioneria del Provveditorato, o quali altri organi si siano erroneamente espressi, e trovando la soluzione più rapida, giusta e anche meno onerosa per lo Stato. (Applausi della senatrice Albano).

Mozioni, interpellanze e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, interpellanze e interrogazioni pervenute alla Presidenza saranno pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per le sedute di mercoledì 16 marzo 2016

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi domani, mercoledì 16 marzo, in due sedute pubbliche, la prima alle ore 9,30 e la seconda alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 19,48).

Allegato B

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Anitori, Broglia, Bubbico, Cassano, Cattaneo, Chiavaroli, Chiti, Ciampi, De Cristofaro, Della Vedova, D'Onghia, Donno, Endrizzi, Fedeli (dalle ore 18.30), Gentile, Gualdani, Lezzi, Lucherini, Marino Mauro Maria, Martini, Migliavacca, Minniti, Mirabelli, Monti, Morra, Napolitano, Nencini, Olivero, Piano, Pignedoli, Pizzetti, Rubbia, Sangalli, Serra, Sposetti, Stucchi, Turano, Vicari, Zavoli e Zin.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Bertorotta, Lanzillotta e Maturani, per attività di rappresentanza del Senato; Palermo, per attività della 1ª Commissione permanente; Casini, per attività della 3a Commissione permanente; Cotti, Divina e Mauro Mario Walter, per attività della 4ª Commissione permanente; Giacobbe, per attività della 10ª Commissione permanente; Casson, Crimi, Esposito Giuseppe e Marton, per attività del Comitato Parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Bottici, De Poli e Malan, per partecipare a una visita istituzionale; Bertuzzi, Corsini e Giro, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

Commissioni permanenti, trasmissione di documenti

In data 15 marzo 2016, è stata trasmessa alla Presidenza una risoluzione della 8a Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni), approvata nella seduta antimeridiana del 9 marzo 2016 - ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (COM (2015) 31 definitivo) (Doc. XVIII, n. 110).

Ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, il predetto documento è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati.

In data 14 marzo 2016, è stata trasmessa alla Presidenza una risoluzione della 1a Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione), approvata nella seduta del 9 marzo 2016 - ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 per quanto riguarda il rafforzamento delle verifiche nelle banche dati pertinenti alle frontiere esterne (COM (2015) 670 definitivo) (Doc. XVIII, n. 111).

Ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, il predetto documento è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati.

In data 14 marzo 2016, è stata trasmessa alla Presidenza una risoluzione della 1a Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione), approvata nella seduta del 9 marzo 2016 - ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla guardia costiera e di frontiera europea e che abroga il regolamento (CE) n. 2007/2004, il regolamento (CE) n. 863/2007 e la decisione 2005/267/CE del Consiglio (COM (2015) 671 definitivo) (Doc. XVIII, n. 112).

Ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, il predetto documento è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati.

In data 15 marzo 2016, è stata trasmessa alla Presidenza una risoluzione della 8a Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni), approvata nella seduta del 10 marzo 2016 - ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'uso della banda di frequenza 470-790 MHZ nell'Unione (COM (2015) 43 definitivo) (Doc. XVIII, n. 113).

Ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, il predetto documento è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati.

Commissioni permanenti, richieste di osservazioni su atti

Con riferimento allo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo (n. 279), la 14a Commissione permanente potrà formulare le proprie osservazioni alla 13a Commissione entro il 21 marzo 2016.

Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, trasmissione di documenti

Il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ha inviato la relazione intermedia - approvata dalla Commissione stessa nella seduta del 16 febbraio 2016 - sull'attività della Commissione (Doc. XXII-bis, n. 3).

Il predetto documento è stato stampato e distribuito.

Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati

Ministro giustizia

(Governo Renzi-I)

Delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile (2284)

(presentato in data 11/3/2016).

C.2953 approvato dalla Camera dei Deputati (assorbe C.2921).

Governo, trasmissione di atti e documenti

In data 11 marzo 2016 il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza Unificata in ordine al disegno di legge recante " Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura" (2217).

Il documento è stato inviato alla 9a Commissione permanente.

In data 11 marzo 2016 il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza Unificata in ordine al disegno di legge recante "Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato" (2233), collegato alla legge di stabilità 2016.

Il documento è stato inviato alla 11a Commissione permanente.

Nello scorso mese di febbraio 2016 sono pervenute copie di decreti ministeriali, inseriti nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'interno, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, dell'economia e delle finanze, per l'esercizio finanziario 2015, concernenti le variazioni compensative tra capitoli delle medesime unità previsionali di base e in termini di competenza e cassa.

Tali comunicazioni sono state trasmesse alle competenti Commissioni permanenti.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 9 marzo 2016, ha inviato - ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni - le comunicazioni concernenti il conferimento o la revoca di incarichi di livello dirigenziale generale:

al dottor Antonio Colaianni, il conferimento di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dell'interno;

al dottor Giuseppe Tripoli, la revoca di incarico di funzione dirigenziale di livello generale, nell'ambito del Ministero dello sviluppo economico.

Tali comunicazioni sono depositate presso il Servizio dell'Assemblea, a disposizione degli onorevoli senatori.

Il Ministro della salute, con lettera in data 11 marzo 2016, ha inviato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 30 marzo 2001, n. 125, la relazione sugli interventi realizzati ai sensi della predetta legge in materia di alcol e di problemi alcol correlati, riferita all'anno 2015.

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 12a Commissione permanente (Doc. CXXV, n. 3).

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 10 marzo 2016, ha inviato, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, della legge 30 marzo 2001, n. 152, la relazione sulla costituzione e sul riconoscimento degli istituti di patronato e di assistenza sociale, nonché sulle strutture, sulle attività e sull'andamento economico degli istituti stessi, relativa all'anno 2014.

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 5a e alla 11a Commissione permanente (Doc. CXCIII, n. 3).

Governo, trasmissione di atti concernenti procedure d'infrazione

Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 10 marzo 2016, ha inviato, in ottemperanza dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione sulla procedura d'infrazione n. 2016/0105, avviata - ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - concernente la direttiva 2013/50/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2013 recante modifica della direttiva 2004/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, la direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al prospetto da pubblicare per l'oferta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, e la direttiva 2007/14/CE della Commissione, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2004/109/CE.

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a e alla 14a Commissione permanente (Procedura d'infrazione n. 143/1).

Garante del contribuente, trasmissione di atti

Il Garante del contribuente del Piemonte, con lettera in data 26 febbraio 2016, ha inviato, ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la relazione sull'attività svolta dal medesimo Garante nell'anno 2015.

Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente (Atto n. 726).

Corte costituzionale, trasmissione di sentenze

La Corte costituzionale, con lettera in data 10 marzo 2016, ha inviato, a norma dell'articolo 30, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia della sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 23 febbraio 2016, con la quale la Corte stessa ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, lettera b), numero 2), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, limitatamente alle parole "e dalle province autonome". Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 139, comma 1, del Regolamento, alla 1a e alla 13a Commissione permanente (Doc. VII, n. 174).

Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti

Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettere in data 10 e 11 marzo 2016, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha inviato le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:

di Italia Lavoro S.p.A., per l'esercizio 2014. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 11a Commissione permanente (Doc. XV, n. 361);

dell'Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, per l'esercizio 2013. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 13a Commissione permanente (Doc. XV, n. 362);

dell'Autorità Portuale di Savona, per l'esercizio 2014. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Doc. XV, n. 363);

dell'Istituto per la Vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), per gli esercizi dal 2013 al 2014. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 10a Commissione permanente (Doc. XV, n. 364).

Parlamento europeo, trasmissione di documenti

Il Vice Segretario generale del Parlamento europeo, con lettera in data 7 marzo 2016, ha inviato il testo di quindici risoluzioni approvate dal Parlamento stesso nel corso della tornata dal 1° al 4 febbraio 2016:

una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (testo codificato) (Doc. XII, n. 887). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 1a, alla 3a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione concernente il progetto di decisione del Consiglio relativo all'accettazione degli emendamenti del protocollo del 1998 della convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza riguardante i metalli pesanti (Doc. XII, n. 888). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa all'accettazione degli emendamenti del protocollo del 1998 della convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza riguardante gli inquinanti organici persistenti (Doc. XII, n. 889). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'istituzione di una piattaforma europea per il rafforzamento della cooperazione volta a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso (Doc. XII, n. 890). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 11a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sulla revisione intermedia della strategia dell'UE sulla biodiversità (Doc. XII, n. 891). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 9a, alla 13a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante attuazione delle clausole di salvaguardia e del meccanismo antielusione che prevede la sospensione temporanea delle preferenze tariffarie contenute nell'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Moldova, dall'altra (Doc. XII, n. 892). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 6a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante attuazione del meccanismo antielusione che prevede la sospensione temporanea delle preferenze tariffarie contenute nell'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Georgia, dall'altra (Doc. XII, n. 893). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 6a, alla 10a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sul progetto di decisione di esecuzione della Commissione che autorizza l'immissione in commercio di prodotti contenenti, costituiti od ottenuti a partire da soia geneticamente modificata FG72 (MST-FG072-2) a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (Doc. XII, n. 894). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 9a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sul progetto di decisione di esecuzione della Commissione che autorizza l'immissione in commercio di prodotti contenenti, costituiti od ottenuti a partire da soia geneticamente modificata MON 87708 x MON 89788 (MON-87708-9 x MON-89788-1) a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (Doc. XII, n. 895). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 9a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sul progetto di decisione di esecuzione della Commissione che autorizza l'immissione in commercio di prodotti contenenti, costituiti od ottenuti a partire da soia geneticamente modificata MON 87705 x MON 89788 (MON-87705-6 x MON-89788-1) a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (Doc. XII, n. 896). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 9a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione recante le raccomandazioni del Parlamento europeo alla Commissione sui negoziati relativi all'accordo sugli scambi di servizi (TiSA) (Doc. XII, n. 897). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 6a, alla 8a, alla 10a, alla 11a, e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Crimea, in particolare dei tatari di Crimea (Doc. XII, n. 898). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a e alla 14a Commissione permanente, nonché alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani;

una risoluzione sul Bahrein: il caso di Mohammed Ramadan (Doc. XII, n. 899). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a e alla 14a Commissione permanente, nonché alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani;

una risoluzione sul ruolo delle autorità locali e regionali nell'ambito dei Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) (Doc. XII, n. 900). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a, alla 5a e alla 14a Commissione permanente;

una risoluzione sullo sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte del cosiddetto "ISIS/Daesh" (Doc. XII, n. 901). Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a e alla 14a Commissione permanente, nonché alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.

Mozioni, apposizione di nuove firme

La senatrice Cirinnà ha aggiunto la propria firma alla mozione 1-00533 della senatrice Fedeli ed altri.

Interrogazioni, apposizione di nuove firme

La senatrice Catalfo ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 3-02668 della senatrice Taverna ed altri.

Il senatore Stefano Esposito ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-05388 della senatrice Albano ed altri.

La senatrice Fucksia ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-05428 della senatrice Simeoni ed altri.

La senatrice Catalfo ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-05434 del senatore Gaetti ed altri.

Mozioni

PANIZZA, ZELLER, LANIECE, BERGER, FRAVEZZI, ROMANO, ORELLANA, ASTORRE, CONTE, DALLA ZUANNA, DI GIACOMO, FUCKSIA, LAI, MASTRANGELI, MOLINARI, PEZZOPANE, PUPPATO, RUTA, SCALIA - Il Senato,

premesso che:

in Italia, i comuni montani sono 3.538 (il carattere di montanità del comune è stato definito dalla legge 25 luglio 1952, n. 991, ed è fermo a tale data), il 43,7 per cento dei comuni italiani, localizzati, principalmente, lungo l'arco alpino ed appenninico. Tra le restanti 4.554 realtà comunali sono comprese anche 655 classificate come parzialmente montane. Tutti i comuni di Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige/Südtirol sono montani, così come l'81,6 per cento dei territori locali del Molise, l'80,9 per cento della Basilicata, il 75 per cento dell'Umbria e il 71,1 per cento della Liguria. Percentuali superiori alla media nazionale si registrano anche per le realtà amministrative di Lazio, Calabria e Sardegna;

è, all'opposto, la Puglia la regione in cui si trova la percentuale minore di comuni montani sul totale regionale (10,1 per cento), per lo più nel Gargano. Poco più di un quinto delle amministrazioni municipali venete sono classificate come montane, così come poco più di un quarto di quelle siciliane (26,2 per cento) e il 29,3 per cento di quelle emiliano-romagnole;

la montagna rappresenta intrinsecamente una condizione di disagio per la vita dei suoi abitanti che talora si traduce in abbandono del territorio a causa di mancanza di opportunità lavorative ed imprenditoriali. Ai vantaggi di una vita salubre, si contrappongono svantaggi soprattutto strutturali per le difficoltà oggettive del vivere in montagna (pendenze dei suoli, difficoltà climatiche, instabilità idrogeologica e rischio frane, mobilità difficile e insufficiente, costi maggiori per la manutenzione, eccetera). Nelle politiche europee, infatti, la montagna è considerata area marginale e svantaggiata;

in questa situazione si ha maggiore difficoltà, soprattutto per i più giovani, a trovare lavoro rispetto alle opportunità che offre la città, tanto più nel periodo di crisi attuale, e comunque a trovare un lavoro corrispondente al titolo di studio conseguito;

tuttavia, in diverse porzioni delle Alpi e degli Appennini si rileva anche un nuovo atteggiamento da parte dei giovani, e non solo, che decidono di aprire imprese, esercizi pubblici e commerciali, avviare start up, newco e partite IVA, in particolare nei settori del turismo, della green economy, dei servizi innovativi, credendo nel rilancio del territorio montano, luogo della "libertà" e della ricerca. Le loro storie, riprese molto spesso sui media, sono di stimolo affinché si moltiplichino le scelte di chi "ritorna" e di chi vuole fare innovazione;

considerato che:

in molti dei comuni montani non vi sono, per esempio, bar o negozi (si veda il Piemonte, dove ben 81 comuni non dispongono di un esercizio commerciale), i quali potrebbero rappresentare, insieme ad altre piccole attività imprenditoriali, uno sbocco lavorativo per i giovani che desiderano rimanere nel comune montano natìo. La desertificazione commerciale è in crescita e salvare i negozi "sotto casa" e le attività imprenditoriali nei piccoli comuni e nei centri delle aree montane è una necessità sociale, culturale, economica, politico-istituzionale;

in particolare, è determinante difendere e valorizzare le attività commerciali, schiacciate negli ultimi 2 decenni dai supermercati e dai centri commerciali che comunque oggi rappresentano un modello inadeguato sotto il profilo economico e sociale. Nei comuni montani, il negozio e i bar rappresentano un ancoraggio della comunità, un luogo di aggregazione prima ancora che di acquisto, punto multifunzionale dove acquistare generi di prima necessità e non, punto di riferimento dove matura la comunità;

per favorire, dunque, la permanenza dei giovani e dei meno giovani in questi luoghi o aree svantaggiate servono scelte politiche chiare, che mirano a semplificare gli adempimenti e le procedure e puntano all'individuazione di misure fiscali agevolate per esercizi commerciali e imprese presenti nelle aree montane e interne del Paese, così da compensare il naturale svantaggio geografico e territoriale, colmando un gap che rischia di avere conseguenze dirette molto negative, con un nuovo abbandono dei territori e un aumento della povertà;

occorre prevedere delle "zone franche" per tutte quelle aree che vivono situazioni di disagio sociale ed occupazionale, che richiedono un particolare bisogno di strategie per lo sviluppo e l'occupazione. Aree prestabilite dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese al fine di implementare lo sviluppo economico e sociale di quelle zone montane caratterizzate dal disagio sociale, economico e occupazionale e con potenzialità di sviluppo inespresse;

tenuto conto che:

la presente mozione muove da un ordine del giorno dell'UNCEM (Unione nazionale Comuni Comunità enti montani) piemontese per la richiesta di defiscalizzazione delle zone ad alta marginalità socio-economica e delle aree interne e montane, ai fini del sostegno delle imprese ed al contenimento della desertificazione commerciale;

come ricorda il rapporto "La Montagna perduta", curato dalla Trentino School of management e dal Centro Europa ricerche, mentre la popolazione italiana dal 1951 a oggi è cresciuta di circa 12 milioni di persone, la montagna ne ha perse circa 900.000, tanto da porre, come dicono i curatori della ricerca, una vera e propria "questione montana" di cui troppo poco si è parlato in questi anni e che oggi merita di essere messa tra le priorità del dibattito pubblico;

nel dibattito sul disegno di legge di stabilità per il 2016, il Governo ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno (G/2111/83/5) che si faceva interprete di diverse proposte dell'Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna a seguito dell'approvazione e degli impegni presi con la Carta di Milano, con il quale si impegnava il Governo ad avviare una specifica iniziativa di carattere normativo volta a prevedere misure finalizzate a contrastare l'abbandono delle zone di montagna e a favorire la crescita e lo sviluppo economico dei territori montani,

impegna il Governo:

1) a presentare, come promesso, un vero e proprio disegno di legge collegato sulla montagna in grado di sviluppare una politica mirata per questi territori e che individui sgravi fiscali e minor carico burocratico per chi avvia un'attività nelle terre alte, per chi vuole potenziare una piccola impresa, per chi apre una partita IVA, per chi possiede un esercizio pubblico in un comune montano;

2) a prevedere opportune "zone a fiscalità di vantaggio" all'interno dei provvedimenti adottati con la Strategia nazionale aree interne;

3) ad incentivare i centri multifunzionali, bar, negozi che vendono prodotti e, allo stesso tempo, svolgono dei servizi, d'intesa anche con le realtà locali presenti nei piccoli comuni, quali ad esempio le pro loco, i gruppi ANA, i circoli dei pensionati e degli anziani, le associazioni culturali e di promozione sociale, le cooperative sociali, di credito e di servizio, i gruppi giovanili e parrocchiali;

4) ad operare per il superamento del digital divide, con l'obiettivo di favorire le possibilità offerte del telelavoro, in particolare per le donne;

5) a favorire l'e-commerce con corsi di formazione specifici, in accordo con le associazioni di categoria, rivolti ai piccoli commercianti e produttori agricoli delle aree montane, evidenziando l'importanza della vendita on line dei loro prodotti, nuovo canale per aumentare il fatturato;

6) a sostenere e favorire tutte le azioni possibili di marketing territoriale individuate dalle Unioni montane di Comuni, luogo politico nel quale maturano le scelte di promozione del territorio, in accordo con i soggetti privati, le imprese e le loro rappresentanze;

7) a favorire, infine, nuovi progetti di sostegno agli esercizi commerciali di prossimità dei piccoli comuni.

(1-00536)

BOCCHINO, PETRAGLIA, DE PETRIS, BAROZZINO, CAMPANELLA, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, MINEO - Il Senato,

premesso che:

il grado di civiltà e di democrazia di una nazione si misurano anche dal grado di diffusione, tra la popolazione, delle conoscenze scientifiche e culturali e dal grado di innovazione. Tale consapevolezza ha spinto i padri costituenti a stabilire, all'articolo 9 della Costituzione, che: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica". Nonostante questo, gli ultimi governi italiani, disattendendo il dettato costituzionale, hanno progressivamente ridotto ad università ed enti di ricerca il supporto finanziario pubblico necessario per la loro sopravvivenza;

per tale ragione, in questi giorni, è in atto una campagna di sensibilizzazione promossa dal mondo scientifico ed accademico sullo stato allarmante in cui versa la ricerca pubblica italiana che, nell'indifferenza generale, sopravvive da anni, nonostante la pressoché totale assenza di risorse e di programmazione, contrariamente a quanto, invece, avviene in altri Paesi europei, i cui governi investono percentuali significative del loro PIL e programmano in anticipo piani di spesa dettagliati. Con il loro accorato appello, che conta oltre 45.000 adesioni, gli scienziati italiani invitano l'Unione europea a fare pressione sul Governo italiano, affinché finanzi adeguatamente la ricerca, portando i relativi fondi ad un livello sensibilmente superiore a quello della pura sussistenza;

la ricerca in Italia è particolarmente svantaggiata rispetto agli altri Paesi europei: non c'è classifica, con i parametri più diversi, per verificarne il livello quantitativo e qualitativo, che non ci veda relegati agli ultimi posti. Secondo le ultime statistiche dell'OCSE, infatti, l'anno 2015 si è chiuso confermando, a livello internazionale, quel trend di flessione degli investimenti pubblici in università e ricerca che si protrae dal 2010, quadro nel quale il nostro Paese, inginocchiato da una crisi, frutto anche di mancate scelte di investimento nella conoscenza e nelle filiere alte del valore, si distingue per un colposo e costante disimpegno che conferma il sotto finanziamento cronico dell'intero settore e che, con una quota di finanziamenti erogati pari all'1,1 per cento del PIL, contro il 2 per cento destinato in media dagli altri Paesi europei, è capace di evocare lo spettro di una strisciante desertificazione culturale, scientifica e tecnologica;

invero, la globalizzazione dell'economia e l'impetuoso sviluppo di Paesi, come l'India e la Cina, uniti all'accelerazione tecnologica, hanno determinato negli altri la necessità di aumentare la competitività dei propri settori produttivi, ricorrendo a nuove ricerche e sperimentazioni, al fine, non solo, di migliorare le condizioni di vita dei singoli individui, ma anche di contribuire, in modo più incisivo, al proprio sviluppo economico: in tale accezione, la ricerca, sia pubblica che privata, rappresentando uno dei settori fondamentali e strategici per accrescere lo sviluppo culturale e la competitività economica e tecnologica di una nazione, è chiamata ad assurgere al ruolo anticiclico di driver della crescita di lungo periodo. Del resto, anche nell'ambito delle teorie dello sviluppo economico, uno degli assiomi maggiormente condivisi è quello del nesso che lega gli investimenti in ricerca e innovazione di un'economia alla loro capacità di accrescere il livello di benessere nel tempo, in particolare laddove il livello di sviluppo sia vicino alla frontiera tecnologica, rendendo quindi obsoleti investimenti basate su repliche di processi produttivi consolidati inventati altrove;

l'attività relativa alla ricerca ed all'innovazione è oggetto di attente e condivise politiche comunitarie mirate all'ottimizzazione dei risultati, per mezzo di un'azione sinergica e di obiettivi comuni che, per tale motivo, hanno trovato regolamentazione in numerosi accordi e programmi. La Commissione europea, infatti, nell'ambito della strategia "Europa 2020", volta a garantire e difendere la competitività globale del vecchio continente, ritenendo che, in un momento in cui i processi e le produzioni si differenziano in funzione dell'innovazione, anche l'Unione europea debba raccogliere queste sfide investendo in fattori di stimolo come il cosiddetto triangolo della conoscenza (istruzione/ricerca/innovazione), ha avviato il programma "Horizon 2020", con il quale finanziare, in un arco temporale che va dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2020, i progetti di ricerca ed innovazione di imprese, università, aziende attive nel settore tecnologico, istituti di ricerca e ricercatori dei Paesi membri;

per effetto della sua partecipazione all'Unione europea sono rilevanti gli impegni che derivano al nostro Paese. In particolare, il Consiglio europeo, già nel marzo del 2005, procedendo alla revisione intermedia della strategia di Lisbona, aveva sottolineato l'importanza di conseguire l'obiettivo generale di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico per arrivare, tendenzialmente, entro il 2010 e per ciascun Paese membro ad un livello pari al 3 per cento del proprio PIL. Obiettivo complementare dello stesso Trattato era anche quello di modificare il rapporto tra le fonti di finanziamento, facendo sostenere al settore privato almeno i due terzi della spesa per la Ricerca e Sviluppo da parte di imprese e settore privato no profit;

nonostante l'assunzione di una posizione avanzata su tale versante avrebbe consentito al nostro Paese di aumentare capacità produttiva e competitività nei processi di crescita economica, culturale e sociale, e di partecipare alla cooperazione internazionale in forma non subalterna, di contro, l'azione politica italiana si è limitata a definire le linee di sviluppo delle attività connesse alla ricerca, attraverso il riordino e la razionalizzazione degli interventi diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica, nonché di tutti gli organismi operanti nel settore, nel tentativo, fino ad oggi fallito, di realizzare una visione sistematica del settore e ricondurre a coerenza le funzioni assolte da soggetti diversi, pubblici o privati, coinvolti;

la ricerca in Italia è un settore da tempo sotto osservazione per altre ragioni: accanto alla suddetta scarsa attenzione da parte delle istituzioni ed alla carenza di risorse pubbliche e private, si deve lamentare anche la cattiva gestione delle stesse e l'incapacità di incrementare il capitale umano, che vi si dedica, tanto che si assiste al costante fenomeno di trasferimento in università ed imprese straniere di ricercatori italiani e scienziati (cosiddetta fuga di cervelli) che negli altri Paesi trovano condizioni migliori per esprimere i propri talenti. Altro fattore critico è quello dell'incertezza dei tempi di finanziamento o di rimborso delle risorse: nel nostro Paese, infatti, accanto a schizofreniche disposizioni incentivanti, come il riconoscimento di un credito d'imposta per investimenti in ricerca ed innovazione, convive una burocrazia, che inibisce l'operatività dei programmi comunitari e blocca l'avvio dei bandi pubblici: insomma un mix di concause, che determinano quello noto oramai come il "paradosso italiano", in virtù del quale si continua a contribuire ai fondi europei in misura nettamente maggiore rispetto all'entità dei finanziamenti che, con l'esiguo numero dei ricercatori italiani, si riesce ad attrarre;

inoltre, il sistema italiano della ricerca è affetto, da molti anni, anche da altre deficienze di carattere strutturale, quali: l'assenza di un programma nazionale della ricerca, le difficoltà di mantenimento gestionale del personale e delle strutture all'interno dell'università e degli enti di ricerca e la mancanza di controlli efficaci sul merito e sui risultati. Anche i finanziamenti, instabili e discontinui, inducendo la parcellizzazione delle risorse ed una insicurezza, che non agevola l'attività di studio e ricerca, impediscono anche una programmazione a medio periodo e formazione di personale altamente specializzato;

le poche risorse, oltre che insufficienti, sono anche mal gestite e disperse fra molti enti, senza che vi sia alcun collegamento e programmazione, spesso assegnate senza adeguati sistemi di referaggio. Nell'ambito del bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ad esempio, spesso esiste una sovrapposizione tra la spesa per la ricerca e la spesa universitaria e risulta, perciò, poco chiara la attribuzione alla didattica rispetto alla ricerca. Inoltre, fondi per la ricerca esistono tradizionalmente anche in altri Ministeri, quali Agricoltura, Salute, Difesa, Industria e Ambiente;

la scarsità di finanziamenti, la loro frammentazione, nonché altri problemi strutturali sono stati affrontati dalla risoluzione n. 36 (Doc. XXIV) della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) del Senato promossa nella XVII Legislatura, a seguito di una serie di audizioni che hanno coinvolto università, enti di ricerca, associazioni, sindacati. Tale risoluzione, a tutt'oggi disattesa, ha raccolto il suggerimento proposto da più parti di istituire l'Agenzia italiana per la ricerca scientifica (Airs) con l'obiettivo principale di raggruppare e gestire, in sinergia con l'Agenzia europea per la ricerca, tutte le risorse pubbliche disponibili per la ricerca, sulla falsariga di quanto avviene in altri Paesi del resto del mondo, e che dovrebbe permettere di stabilire un programma triennale scorrevole, tale da non determinare soluzioni di continuità nei finanziamenti;

anche il Governo Renzi, dimostrandosi in piena continuità con quelli precedenti, non riesce ad invertire quella rotta, che sta portando alla deriva il sistema di ricerca italiano, la cui fonte di finanziamento, accanto a quello erogato dalla Commissione europea, che finanzia soprattutto grandi progetti internazionali di collaborazione, è per il 44,8 per cento di origine privata, per il 41,9 per cento di origine pubblica, e per il 9,50 proveniente dall'estero, dati che dimostrano come la componente privata dell'investimento in ricerca sia cresciuta rispetto a quella pubblica, ma non abbastanza da colmare il grande divario rispetto agli altri Paesi europei. La spesa dei pochi fondi a disposizione si orienta, per lo 0,70 del PIL verso la ricerca industriale, per lo 0,18 verso la ricerca degli enti pubblici, e per lo 0,36 verso la ricerca universitaria, con una spesa complessivamente, in termini reali, che complessiva oscilla fra i 19 e i 20 miliardi di euro, dei quali 8 provenienti da intervento pubblico, a fronte dei 48 miliardi di euro investiti dalla Francia ed i 31 miliardi di euro dalla Gran Bretagna;

anche l'analisi del bilancio dello Stato testimonia come e quanto l'attuale Governo contragga da anni la spesa pubblica in ricerca, una tendenza che emerge chiaramente dal raffronto delle due missioni: la missione 17 (Ricerca e innovazione) che dal 2008 al 2014 è passata da 4 miliardi di euro a 2,8 miliardi di euro, e la missione 23 (Istruzione universitaria) che, nel medesimo arco temporale, è passata invece da 8,6 miliardi di euro a 7,8 miliardi di euro, con un calo totale del 20 per cento e pari a 2 miliardi di euro. Come anche dichiarato nel corso di un'audizione al Senato dalla Ragioneria dello Stato, tra le complessive 34 missioni, che costituiscono il bilancio statale, quelle maggiormente ridimensionate (nel suddetto periodo) sono state, nell'ordine, la missione Istruzione universitaria (con un calo del 19,9 per cento in media), la missione Fondi da ripartire (con un calo del 14,5 per cento in media) e la missione Ricerca e innovazione (con un calo del 12,17 per cento in media);

altro caso paradigmatico è quello dei finanziamenti per la ricerca di base, i cosiddetti PRIN (progetti di ricerca di interesse nazionale) rimasti inattivi dal 2012. Istituiti nel 1996 dal Governo Prodi, rappresentavano allora il principale supporto per la ricerca pubblica: da un budget di 137 milioni di euro, destinati nel 2003 alle 14 aeree di ricerca, si è passati, con una riduzione media del 30 per cento, "complice" la spending review, ad appena 92 milioni di euro, da destinare a tutte le aree di ricerca. I progetti FIRB (fondo per gli investimenti della ricerca di base), invece, partiti nel 2004 con 155 milioni di euro, sono andati estinguendosi progressivamente fino a cessare dal 2013 in poi;

per quanto riguarda i fondi europei, nonostante nel periodo 2007-2013 l'Italia abbia contribuito al settimo programma quadro, per un ammontare di 900 milioni di euro l'anno, ne sono rientrati, a causa del suddetto definanziamento, alla ricerca di base, solo due terzi, con una perdita secca per la scienza italiana di 300 milioni di euro;

la struttura dei finanziamenti pubblici alla ricerca, stanziati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, quale organo istituzionalmente deputato ad alimentarla, è riconducibile a 2 tipi di fondi, a seconda che siano attribuiti attraverso bandi competitivi o vengano versati direttamente alle università, sedi, peraltro, di almeno il 70 per cento della ricerca di base, per sostenere le loro due attività istituzionali, cioè la didattica e la ricerca. Questi sono il fondo ordinario all'università (FFO), che dovrebbe coprire la spesa per gli stipendi del personale docente e amministrativo, per la ricerca e per la manutenzione delle strutture, il fondo ordinario agli enti (FOE), i finanziamenti competitivi (PRIN) e (FIRB) a università ed enti e di finanziamenti alla ricerca industriale (FAR). L'analisi dei dati relativi restituisce tale realtà: a fronte di un costante declino dei fondi ordinari, si può osservare anche l'esiguità dei finanziamenti ai ricercatori su base competitiva, essenziali per selezionare nel Paese quei gruppi che, svolgendo ricerca ai livelli più alti, potranno confrontarsi a livello internazionale. Infatti, nel bando PRIN 2012, il finanziamento per il costo stipendiale dei ricercatori a tempo determinato oscillava dai 10.000 euro ai 261.000 euro per 3 anni di ricerca, con una media annua di poco più di 24.000 euro, importi, che, oltre a costituire le briciole del finanziamento complessivo, sono anche erratici, come dimostra il caso dei bandi PRIN, fermi dal 2012 al 2015, diversamente da quanto invece accade in altri Paesi europei in cui i bandi competitivi alimentano costantemente e adeguatamente la ricerca di qualità, ad esempio il Regno Unito che, con i suoi 7 "Research Council", finanzia i ricercatori con 3 miliardi di sterline all'anno, la Germania, che eroga molti dei finanziamenti competitivi attraverso organismi come la "German Research Foundation" (DFG), la più grande agenzia di finanziamento della ricerca d'Europa, che riceve fondi dai laender e dal Governo federale, o la Francia, ove nel 2005 è stata istituita l'Agenzia nazionale della ricerca (ANR), che distribuisce fondi per la ricerca e l'istruzione su base competitiva, tramite processi di peer-review svolti da esperti internazionali, con importi che variano da 400 a 900 milioni di euro l'anno;

anche la Spagna si accinge ad istituire un'Agenzia per la valutazione e il finanziamento della ricerca competitiva, mentre in Finlandia l'Academy of Finland, che raggruppa 4 Research Council, ciascuno attinente a un'area tematica, già finanzia la ricerca scientifica tramite peer-review (cioè il meccanismo della revisione tra pari) spesso affidate a esperti internazionali. Negli Stati Uniti la valutazione ed il finanziamento della ricerca competitiva sono affidati a 2 pilastri: il National Institute of Health (NIH) e la National Science Foundation (NSF);

di contro, nel nostro Paese non esiste un'Agenzia di questo genere, indipendente dal governo, che possa gestire un budget per finanziare la ricerca competitiva con valutazioni ex ante o appositi bandi sul modello dei fondi europei. La stessa ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) svolge funzioni e compiti, che poco hanno a che fare con un'agenzia di finanziamento, occupandosi essenzialmente di valutazioni ex post della qualità della ricerca degli enti e delle università, e sulla base delle sue valutazioni viene erogata la quota premiale del FFO e del FOE, quota che non è affatto aggiuntiva, ma, in realtà, sottratta dalle assegnazioni ordinarie, con pesanti effetti distorisivi, non ultimo dei quali l'allargamento del divario fra università del nord e del sud del Paese. L'ANVUR, inoltre, si occupa dell'abilitazione nazionale all'insegnamento e di altre funzioni, ma con budget e personale davvero limitati, rispetto alle corrispettive agenzie straniere e con controversi sistemi di referaggio;

sul fronte della mobilità dei ricercatori, la scarsa attrattività dell'Italia ha portato all'estero già molti di essi, circa 15.000 unità, creando nella ricerca un vero e proprio buco generazionale e facendo perdere al nostro Paese competitività rispetto agli altri Stati membri: un regalo di intelligenze non compensato da contestuali ingressi dall'estero. Secondo recenti rilevazioni, infatti, le uscite sono pari al 16,2 per cento, mentre gli ingressi dall'estero sono fermi al 3 per cento. Nel 2013 operava in Italia un numero di ricercatori pubblici e privati pari a 164.000 unità (4,9 ogni 1.000 occupati), mentre negli altri maggiori Paesi europei, la presenza di ricercatori è più numerosa e capillare: 357.000 in Francia (9,8 ricercatori per 1.000 occupati); 522.000 in Germania (8,5); 442.000 nel Regno Unito (8,7); 216.000 in Spagna (6,9);

il Presidente del Consiglio dei ministri ha ufficialmente presentato il progetto definitivo dello "Human Technopole", il cui il concessionario è l'Istituto italiano di tecnologia (IIT), ovvero una fondazione privata finanziata direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, associato in questo progetto ai 3 atenei milanesi ed a diversi istituti di ricerca di area confindustriale, progetto per il quale verranno stanziati 1,5 miliardi di euro in 10 anni, nonostante la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) abbia imposto ulteriori tagli mascherati al settore pubblico dell'università e della ricerca, facendo raggiungere il definanziamento del sistema universitario a quota 1,1 miliardi di euro;

il suddetto progetto è perciò un ennesimo esempio a parere dei proponenti di destrutturazione del sistema pubblico della ricerca: non a caso è prevista l'assunzione dei ricercatori e dei tecnici amministrativi per chiamata diretta. Infine, va ricordato che nel 2008 l'IIT ha ricevuto in dotazione il patrimonio finanziario della fondazione IRI, pari a circa 130 milioni di euro, cioè risorse pubbliche provenienti dalle spoglie della più grande holding industriale pubblica del Paese: un trattamento di favore per l'IIT, che dovrebbe far sollevare l'indignazione e la protesta di tutta la comunità scientifica contro un Governo, che, con una mano, toglie fondi e risorse alla ricerca ed all'alta formazione pubblica, scientifica e universitaria, mentre con l'altra sostiene operazioni, come lo "Human Technopole", assolutamente prive di trasparenza, sia sul piano dell'uso delle risorse, che su quello del reclutamento di tutto il personale;

lo stesso Presidente Renzi ha annunciato nei giorni scorsi lo stanziamento di 2,5 miliardi per la ricerca, pur sapendo che non si tratta di risorse aggiuntive, ma della quota di cofinanziamento spettante al nostro Paese per la sua appartenenza al programma europeo «Horizon 2020». Nello stesso contesto il premier ha confermato il varo di un programma nazionale per la ricerca 2015-2020 da 2,5 miliardi di euro, importo che non sarebbe però costituito da risorse fresche, ma che corrisponderebbe a fondi contabilizzati da oggi al 2017, tra stanziamenti già presenti nel bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per un importo pari a 1,9 miliardi di euro e una quota relativa alla programmazione nazionale del fondo per lo sviluppo e la coesione relativa al periodo 2014-2020, per un importo di 500 milioni di euro;

il suddetto piano del Governo, per rilanciare ricerca ed innovazione, manca all'appello dal 30 gennaio 2014, quando il Consiglio dei ministri esaminava, in via preliminare, il testo elaborato dal ministro pro tempore Maria Chiara Carrozza e mai varato;

nonostante il tentato e continuo depistaggio cognitivo da parte del premier resta un'amara realtà: il Governo ha stanziato per i prossimi 2 anni solo 100 milioni di euro, con i quali poter assumere solo 861 ricercatori all'anno, mentre ne servirebbero almeno 2.400 all'anno per i prossimi 8;

in un mondo dominato oramai dall'economia della conoscenza, la ricerca, insieme all'istruzione, è il pilastro su cui si costruisce il futuro e la prosperità di un Paese, pertanto un Paese che non investe in ricerca, sviluppo e cultura è condannato a non avere futuro,

impegna il Governo:

1) ad istituire, in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri, un'Agenzia italiana per la ricerca scientifica, al fine di superare l'attuale sistema burocratizzato e frammentato di assegnazione delle risorse, che rappresenti un organismo di stimolo, di rinnovamento e di qualificazione della ricerca scientifica italiana, con il compito di riassumere, in una sola sede, tutte le risorse destinate al settore;

2) a rilanciare, con la massima urgenza, il comparto delle ricerca italiana, attraverso l'immediato varo dell'annunciato Programma nazionale per la ricerca 2015-2020 e l'elevazione dell'attuale spesa, per investimenti in Ricerca e Sviluppo, ad un livello pari al 3 per cento del PIL, anche al fine di accrescere i livelli di produttività, di occupazione e di benessere sociale nel nostro Paese;

3) a distribuire le risorse pubbliche così incrementate, per tramite della Agenzia italiana per la ricerca scientifica, ad enti, università ed istituzioni pubbliche del Paese, sia come assegnazioni ordinarie che come fondi a progetto (PRIN, SIR, eccetera), avendo cura di riservare una percentuale minima da definire alla ricerca libera o di base o curiosity-driven;

4) ad abolire, dal 2017, ogni limitazione del turnover per tutte le figure del mondo universitario e della ricerca pubblica.

(1-00537)

Interpellanze

GIOVANARDI, QUAGLIARIELLO, Mario MAURO - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:

l'art. 73 della Costituzione prevede che le leggi siano promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione;

la promulgazione consiste nella firma della legge da parte del Presidente della Repubblica, che può, viceversa, sulla base di quanto disposto dall'art. 74, chiedere una nuova deliberazione sulla stessa alle Camere;

la procedura di promulgazione si completa con la controfirma del Presidente del Consiglio dei ministri, naturalmente successiva a quella del Presidente della Repubblica;

gli organi di stampa hanno dato ampio rilievo ad una cerimonia avvenuta a palazzo Chigi, nella quale il Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi ha firmato davanti ai familiari delle vittime degli incidenti stradali il disegno di legge sull'omicidio stradale, sul quale il Governo ha posto la fiducia al Senato, lasciando intendere che, dopo quella cerimonia, il testo fosse diventato legge dello Stato,

si chiede di conoscere:

se il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga che l'art. 73 della Costituzione sia ancora in vigore;

se non ritenga lesiva delle prerogative del Capo dello Stato la cerimonia della firma;

quali siano i motivi per i quali è stata pubblicata sul sito del Governo una foto che mostra l'ultima pagina del testo della legge con la data in bianco, la firma del Presidente della Repubblica assente e con la firma di Renzi e la dicitura a mano "visto il Guardasigilli".

(2-00367)

MONTEVECCHI, AIROLA, BERTOROTTA, BLUNDO, BOTTICI, BUCCARELLA, CAPPELLETTI, CASTALDI, CATALFO, CIAMPOLILLO, CIOFFI, COTTI, CRIMI, DONNO, ENDRIZZI, FATTORI, GAETTI, GIROTTO, LEZZI, LUCIDI, MANGILI, MARTELLI, MARTON, MORONESE, MORRA, NUGNES, PAGLINI, PETROCELLI, PUGLIA, SANTANGELO, SCIBONA, SERRA, TAVERNA - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che:

l'articolo 33 della Costituzione italiana recita: "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento (...) Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato";

la legge n. 508 del 1999, che ha riformato il sistema AFAM (alta formazione artistica, musicale e coreutica), all'art. 1 definisce quali siano le istituzioni che nel sistema AFAM sono interessate alla riforma e l'art. 2 della medesima norma, al comma 8, lettera e), disciplina la possibilità di prevedere, contestualmente alla riorganizzazione delle strutture e dei corsi esistenti, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta degli attuali istituti musicali pareggiati (IMP) e delle Accademie delle Belle Arti legalmente riconosciute, nonché l'istituzione di nuovi musei e il riordino dei musei esistenti, di collezioni e biblioteche, ivi comprese quelle musicali, degli archivi sonori, nonché delle strutture necessarie alla ricerca ed alle produzioni artistiche;

nel corso della XVI Legislatura, con l'Atto Camera n. 4822, recante "Valorizzazione del sistema dell'Alta Formazione e Specializzazione Artistica e Musicale" si intendeva valorizzare tutto il settore dell'AFAM. Tale proposta di legge, già votata in prima lettura dal Senato, è decaduta a seguito della fine della Legislatura;

considerato che:

dal 1999 ad oggi si attende un riordino del sistema dell'AFAM, relativamente a 2 macro profili: 1) dal punto di vista del diritto, costituzionalmente riconosciuto, è necessario dotarsi di ordinamenti autonomi, come previsto dall'art. 2, comma 4, della legge n. 508 del 1999, il quale prevede che le istituzioni di alta cultura (individuate al comma 1) siano sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale e svolgano correlate attività di produzione. Sono dotate di personalità giuridica, che a giudizio degli interroganti significa essere titolare di diritti e obblighi o più in generale di situazioni giuridiche soggettive, e godono di autonomia statutaria, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile, anche in deroga alle norme dell'ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, ma comunque nel rispetto dei relativi principi. Inoltre, il comma 5 specifica che le stesse "Istituiscono e attivano corsi di formazione (...) e rilasciano specifici diplomi accademici di primo e secondo livello, nonché di perfezionamento, di specializzazione e di formazione alla ricerca in campo artistico e musicale" che si definiscono equipollenti ai titoli di studio universitari al fine esclusivo dell'ammissione ai pubblici concorsi per l'accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego, per le quali ne è prescritto il possesso. Ne consegue che tutte le figure giuridiche per la formazione artistica e musicale sono confluite sotto un'unica definizione: Istituti superiori di studi musicali (ISSM) ex legge n. 508 del 1999, che comprendono gli ex conservatori e gli ex istituti musicali pareggiati (IMP); 2) riguardo l'altro profilo, si inserisce la problematica relativa ai contratti collettivi di lavoro applicati. Infatti, sebbene l'art. 2, comma 6, della legge n. 508 del 1999 preveda una equiparazione contrattuale per il personale docente e non del settore, di fatto, e sebbene il protocollo d'intesa del 30 settembre 2005 abbia imposto graduatorie uniche per il reclutamento del personale docente, per il personale in servizio presso gli istituti musicali pareggiati (IMP) non è mai stato disposto alcun finanziamento statale per coprire le spese derivanti dai rinnovi contrattuali stipulati negli anni 2002 e 2007, a differenza di tutto il personale dipendente delle altre istituzioni operanti nel settore;

considerato inoltre che:

sabato 13 febbraio 2016, è stata indetta una manifestazione nazionale dei conservatori statali e non statali per chiedere il riconoscimento del valore sociale e culturale dell'alta formazione musicale nel nostro Paese;

in una nota giunta alla 7a Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) del Senato, le Conferenze nazionali dei presidenti, dei direttori e dei presidenti delle consulte degli studenti dei conservatori statali e non statali, riunite congiuntamente a Roma nella sede del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 27 gennaio 2016, hanno espresso la più grande preoccupazione per la situazione del sistema dei conservatori statali e non statali italiani e, più in generale, per la formazione musicale nel nostro Paese;

a parere degli interpellanti, è necessario evidenziare che, da diversi anni, viene lamentato il blocco del processo di riforma del sistema AFAM, avviato dalla legge n. 508 del 1999, cui si accompagna una grave carenza di risorse pubbliche, nonché una problematicità costante nell'interlocuzione con il livello politico e istituzionale. Difatti, le citate Conferenze denunciano il persistere di un'assenza di progettualità politica e culturale, che riguarda il sistema formativo, nel contesto di una costante sottovalutazione di fatto del valore della musica nell'intero contesto culturale e sociale complessivo del Paese,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo intenda rendere noti i risultati del cosiddetto "cantiere AFAM", che era stato avviato nell'estate del 2014;

se non ritenga di dover adottare provvedimenti normativi volti alla realizzazione di una riforma complessiva del settore dell'Alta formazione artistica e musicale, anche al fine di sanare una volta per tutte la grave situazione generale in cui versa il comparto.

(2-00368p. a.)

Interrogazioni

LAI - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che:

ad Alghero (Sassari) è stata istituita da 10 anni una facoltà di architettura, ora Dipartimento di architettura dell'università degli studi di Sassari, che si è guadagnata una reputazione molto elevata in ambito accademico tanto da risultare in diverse graduatorie sul valore delle università (per esempio sul quotidiano "la Repubblica"), tra le prime 3 posizioni, avendo come riferimento gli ultimi anni didattici;

il titolo rilasciato dal Dipartimento di architettura di Sassari pare che non sia riconosciuto a livello europeo, perché la qualifica rilasciata non risulta conforme alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali;

a seguito di questo, i giovani architetti laureati presso l'università non sono in grado di svolgere la propria professione in ambito europeo;

non solo il Dipartimento dell'università di Sassari, ma anche altre facoltà di architettura in Italia non sarebbero conformi alla direttiva richiamata;

l'università degli studi di Sassari avrebbe fatto richiesta al Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca di riconoscimento attraverso una domanda inoltrata nel 2014 ai competenti uffici dell'Unione europea;

in base alle informazioni in possesso dell'interrogante, sarebbe stato già accreditato il percorso "3+2", mentre sarebbe ancora in corso di verifica il percorso quinquennale;

considerato che:

i laureati attraverso percorsi non riconosciuti dalla direttiva richiamata non possono spendere il loro titolo all'interno dell'Unione;

tale limite si verifica in particolare nel Regno Unito, dove l'ARB (Architects registration board) non permette l'accesso a coloro che hanno un titolo di studio non pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea;

già nel 2014 l'ARB aveva già creato problemi a diversi architetti italiani che richiedevano il riconoscimento del proprio titolo nel Regno Unito e tale facoltà veniva negata per il mero motivo della diversa denominazione, meramente stilistica, "università di" rispetto a "università degli studi di" contenuta nella domanda;

ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del trattato di funzionamento della UE, l'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi tra Stati membri è uno degli obiettivi dell'Unione. Per i cittadini degli Stati membri, essa comporta, tra l'altro, la facoltà di esercitare, come lavoratore autonomo o subordinato, una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito la relativa qualifica professionale,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

quale sia lo stato dell'accreditamento in Europa dei corsi di architettura dell'università di Sassari;

quali siano le altre facoltà di architettura i cui corsi di studio non siano conformi alla direttiva 2005/36/CE;

se ci siano altri corsi di studio italiani che rilascino qualifiche non conformi alle direttive UE in altre discipline.

(3-02672)

AUGELLO, QUAGLIARIELLO - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico - Premesso che:

Aviointeriors è un'azienda situata a Latina, a Tor tre ponti, che produce interni per aerei civili con un ottimo posizionamento nel mercato e con una forte vocazione all'export;

l'azienda fa capo dal 1986 alla famiglia Veneruso;

il gruppo aveva tra i suoi marchi Meccano e Permaflex, la prima nata sulle ceneri della dismissione dello stabilimento Goodyear di Cisterna di Latina, che occupava 560 persone;

nel 2005, il caso Goodyear venne affrontato dalla Regione Lazio con un accordo, che prevedeva il reimpiego dei lavoratori, un piano industriale per la riconversione del sito, definito con la famiglia Veneruso. Nasceva la Meccano aeronautica, che prende in carico 220 lavoratori e prendeva dalla Regione Lazio fondi per 20 milioni di euro;

dal 2007 gli operai di Meccano, Alven, Aviointeriors e Rail (tutti facenti capo a Veneruso) iniziavano a manifestare per il mancato rispetto degli impegni assunti;

Aviointeriors aveva creato società che distinguono la parte operativa da quella immobiliare, Nuova Avio (poi Agw) la prima e Avio investimenti la seconda, poi la Nova Rails Interiors (poi Alfer), la Rail investimenti;

nel 2009 Nuova Avio e Nuova Rail trasferivano le sedi nel Lussemburgo;

Meccano è fallita nel 2011; Alberto Veneruso ha firmato un accordo presso la Regione per reinserire nelle altre società i lavoratori rimasti. Gli 80 lavoratori di Meccano dovranno essere riassunti da Avionteriors contando sui fondi della Regione Lazio del piano "welfare to work";

nel 2015 Avionteriors ha licenziato altri 75 lavoratori;

considerato che:

a quanto si apprende, e stando a quanto affermato da fonti sindacali, i licenziamenti risulterebbero essere in controtendenza rispetto alle nuove commesse assunte dall'azienda, tra cui quella prevista per 4 Boeing 747-8 di un'importante compagnia aerea russa;

la progressiva deindustrializzazione del territorio e la conseguente perdita di occupazione sta alimentando il disagio sociale;

nell'estate 2014, dopo la denuncia dei lavoratori, che lamentavano ritardi negli stipendi e poi pagamenti solo parziali delle spettanze, oltre ad una riorganizzazione aziendale, che prevedeva tagli ed esuberi che mettevano a rischio 140 lavoratori, l'azienda aveva risposto annunciando uno stato di crisi e una temporanea mancanza di liquidità;

vi sarebbe stato anche un incontro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la presenza di rappresentanti dell'azienda, del sindacato e dei lavoratori, che ha portato all'impegno a verificare la specifica situazione;

nell'incontro è stata data disponibilità ad attivare un "progetto pilota" per interventi di sistema per la difesa del tessuto industriale pontino con sinergie tra Stato centrale, Regione e Provincia,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti rappresentati e quali valutazioni intendano esprimere al riguardo;

se siano state riscontrate anomalie nell'uso di fondi pubblici da parte delle aziende del gruppo Veneruso ed in primis di Aviointeriors;

se intendano verificare l'effettivo rispetto di quanto prospettato nei piani industriali presentati per la riconversione e il rilancio dell'azienda che opera a Tor tre ponti;

se esistano azioni possibili per avere dall'azienda un quadro preciso della situazione attuale: piano industriale, piano di investimenti, situazione occupazionale e prospettive a breve, medio e lungo termine del sito industriale;

se intendano sostenere il reintegro dei lavoratori licenziati da parte di Aviointeriors, al fine di contenere i disagi legati all'emorragia occupazionale nella provincia di Latina e del Lazio.

(3-02673)

GIROTTO, NUGNES, MORONESE, CASTALDI, DONNO, SERRA, BERTOROTTA, BUCCARELLA, CAPPELLETTI - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che:

gli esiti della ricerca condotta da Ispra (Istituto superiore per la. protezione e la ricerca ambientale), su committenza dell'ENI, per verificare la contaminazione ambientale in campioni di cozze raccolti intorno a 19 piattaforme offshore localizzate nel mare Adriatico e di proprietà dello stesso ENI, documentano la presenza nei mitili analizzati di metalli pesanti (mercurio, cadmio, piombo e arsenico), benzene e altri idrocarburi policiclici aromatici;

in base a quanto si evince dal sito di ENI, da più di 20 anni le cozze presenti sulle piattaforme vengono regolarmente raccolte da alcune cooperative romagnole di pescatori e successivamente commercializzate. Questi mitili coprirebbero il 5 per cento della produzione annuale della regione Emilia-Romagna. Solo nel 2014 sarebbero stati immessi sul mercato italiano 7.000 quintali di cozze "da piattaforma", considerate prodotto di punta e fiore all'occhiello dallo stesso Comune di Ravenna che ha organizzato, nel settembre 2014, un importante evento dal titolo "La cozza di Marina di Ravenna in festa", in cui, oltre a dibattiti per la valorizzazione e promozione dei mitili locali, sono state effettuate visite guidate alle piattaforme a bordo di imbarcazioni con la presenza di rappresentanti istituzionali e dirigenti dell'ENI;

all'allarmante quadro ambientale, descritto nel rapporto "Trivelle fuorilegge" elaborato da Greenpeace, si aggiunge quindi un ulteriore elemento di preoccupazione, evidenziato anche da Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna antinquinamento della stessa associazione, il quale afferma che "Molte delle sostanze rinvenute da Ispra nelle cozze raccolte presso le piattaforme di ENI sono note per essere cancerogene (...) sostanze come il cadmio e il benzene sono inserite nel gruppo 1 dello IARC (l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro delle Nazioni Unite), ovvero tra le sostanze il cui effetto cancerogeno sull'uomo è certo", come pubblicato su "la Repubblica" il 10 marzo 2016;

l'ENI dichiara che "a salvaguardia di quest'area marina (quella in cui sono raccolte le cozze) vengono effettuati monitoraggi periodici da parte delle Capitanerie di Porto, delle Arpa competenti, di Ispra e Cnr-Ismar",

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei gravi fatti descritti;

se non ritengano necessario, nell'ambito delle rispettive competenze, intraprendere ogni utile iniziativa, affinché i dati raccolti nei monitoraggi siano tempestivamente resi noti dalle autorità competenti, nonché per accertare che i controlli e le analisi di rischio per la commercializzazione delle cozze siano stati effettuati secondo quanto previsto dalla normativa vigente;

quali iniziative di competenza intendano intraprendere per tutelare la salute e la sicurezza alimentare dei consumatori italiani fugando ogni dubbio circa la grave contaminazione dei mitili in commercio.

(3-02675)

ENDRIZZI, CRIMI, MORRA, BUCCARELLA, CIOFFI, SANTANGELO, PUGLIA, COTTI, AIROLA, BLUNDO, SERRA, DONNO, MORONESE, PAGLINI, MONTEVECCHI, BERTOROTTA - Ai Ministri dell'interno, dell'economia e delle finanze e della salute - Premesso che:

sono numerosi, sul territorio italiano, le Regioni e gli enti locali che, accanto alle misure contenute nei piani sanitari, hanno approvato specifici provvedimenti volti a prevenire la diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco, anche se lecito, ed a tutelare le persone soggette ai rischi che ne derivano. Tra i vari ambiti disciplinati da tali provvedimenti, particolare importanza ha quello relativo alla "prevenzione logistica", in base alla quale tra i locali ove sono installati gli apparecchi da gioco e determinati luoghi "sensibili" deve intercorrere una distanza minima, ritenuta ragionevolmente idonea ad arginare i richiami e le suggestioni di facile ed immediato arricchimento;

tali luoghi vengono di norma individuati in quei luoghi di aggregazione e/o permanenza di fasce vulnerabili della popolazione, quali, a puro titolo esemplificativo, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali e semi residenziali operanti in ambito socio-assistenziale, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori;

al contempo, in molti casi è previsto anche il divieto di porre in essere attività pubblicitaria relativa all'apertura o all'esercizio di sale da gioco o all'installazione di apparecchi per il gioco lecito presso esercizi commerciali o pubblici, ma non altrettanto è previsto per il gioco d'azzardo tout court;

quale conseguenza di questa situazione, può accadere che in luoghi "sensibili" possa essere affisso un manifesto pubblicitario relativo a slot machine o ad altre forme di azzardo. Il sito internet "vita", tramite articolo a firma del giornalista Marco Dotti del 14 marzo 2016, evidenzia come, sia nelle grandi città che nelle province, si stia assistendo a una promozione pubblicitaria dell'azzardo legale sempre più massiccia e aggressiva che ha luogo, tra l'altro, all'interno di parchi giochi, sulle facciate di palazzi pubblici e privati o addirittura sulle bustine dello zucchero utilizzate nei bar;

simili pratiche appaiono, a giudizio degli interroganti, elusive degli obiettivi di tutela della salute pubblica e dell'ordine pubblico che giustifica, ove sussistenti, le citate norme restrittive,

si chiede di sapere:

se Ministri in indirizzo non ritengano urgente, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, far sì che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, ora Agenzia delle dogane e dei monopoli, si uniformi, con proprie direttive, a quanto eventualmente disposto dalle singole Regioni e dai Comuni in tema di regolamentazione delle distanze che devono intercorrere tra i locali in cui sono installati gli apparecchi da gioco ed i luoghi "sensibili";

quali iniziative di competenza intendano intraprendere al fine di vietare la promozione pubblicitaria dell'azzardo in prossimità di luoghi "sensibili", anche quando ciò avvenga in maniera surrettizia con le modalità descritte.

(3-02676)

MANDELLI, D'AMBROSIO LETTIERI, VICECONTE, PICCINELLI, FUCKSIA - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che:

con precedente atto di sindacato ispettivo 3-01469 pubblicato il 26 novembre 2014, si rappresentava la situazione di disparità determinatasi tra gli specializzandi medici e gli specializzandi non medici, a seguito del mancato riconoscimento nei confronti di questi ultimi del diritto ad ottenere un trattamento economico-normativo del tutto analogo a quello dovuto ai laureati in medicina ammessi ad una scuola di specializzazione;

con riferimento alle notizie di stampa circa l'intento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di prendere in considerazione, nell'ambito del riordino delle scuole di specializzazione, l'esclusione degli specializzandi non medici dal riassetto previsto dal decreto ministeriale del 1° agosto 2015, si evidenziava come un simile intervento, invece che risolvere il problema, lo avrebbe eliminato alla radice, senza porre rimedio alla suddetta grave discriminazione;

nell'interrogazione si invitavano quindi i Ministri in indirizzo a voler adottare specifiche azioni volte all'equiparazione dello status contrattuale ed economico dello specializzando "non medico" a quello dello specializzando medico, anche in considerazione degli obblighi imposti dalla sentenza n. 6037 del 2013 del Consiglio di Stato;

considerato che:

con decreto interministeriale 4 febbraio 2015 n. 68 recante "Riordino scuole di specializzazione di area sanitaria" sono state individuate e riorganizzate le scuole di specializzazione di area sanitaria, tra cui è annoverata anche quella della tipologia Farmacia ospedaliera;

con decreto ministeriale recante "Determinazione del numero globale di medici specialisti da formare per il triennio accademico 2014/2017 ed assegnazione dei contratti di formazione specialistica dei medici per l'anno accademico 2014/2015" sono stati finanziati, per l'anno accademico in corso, esclusivamente i contratti di specializzazione per i medici,

si chiede di sapere:

per quale ragione i contratti di formazione non siano stati estesi anche ai farmacisti, lasciando disatteso quanto previsto dal decreto n. 68 del 2015;

quali azioni i Ministri in indirizzo intendano adottare al fine di evitare un'ulteriore ingiustificata discriminazione nei confronti dei farmacisti, anche in considerazione del ruolo fondamentale che tale professione assume nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.

(3-02677)

BENCINI, Maurizio ROMANI, MASTRANGELI - Al Ministro della salute -

(3-02679)

(Già 4-05037)

D'AMBROSIO LETTIERI - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

sul tema della parità di uomini e donne nell'accesso alle giunte comunali, la normativa vigente prevede, all'articolo 6, comma 3, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, che "Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti";

lo stesso testo unico dispone all'articolo 46, comma 2, che il sindaco e il presidente della provincia nominino i componenti della giunta, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi. Si soggiunge che la legge n. 56 del 2014 ha previsto, al comma 137 dell'articolo 1, che nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, come il comune di Acquaviva delle Fonti (Bari), nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento;

il Ministero dell'interno, con circolare del 24 aprile 2014, ha fornito indicazioni applicative in ordine alla disposizione richiamata, sottolineando, altresì, la necessità che il sindaco, prima di nominare la giunta, in attuazione del principio di parità di genere, svolga un'attività istruttoria preordinata ad acquisire la disponibilità di persone appartenenti ad entrambi i generi. Nella circolare viene evidenziata, inoltre, l'esigenza che nell'atto di nomina della giunta, in cui risulti assente o in misura inferiore un genere, il sindaco renda adeguata motivazione circa le ragioni della mancata applicazione del principio di pari opportunità;

considerato che:

la Giunta comunale di Acquaviva delle Fonti è composta e formata dal sindaco e da 5 assessori, di cui una sola donna;

risulta pertanto evidente una violazione di quanto stabilito dagli artt. 3, 49, 51 e 97 della Costituzione e dagli artt. 6, comma 3, e 46, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000 e di tutte quelle norme contenute nello stesso codice delle pari opportunità (decreto legislativo n. 198 del 2006), che prevedono la tutela e la presenza delle donne anche nelle amministrazioni per il rispetto della parità di genere;

considerato, inoltre, che il Consiglio di Stato, V sezione, nella sentenza n. 3938 del 24 luglio 2015, ha chiarito che «l'interpretazione della disposizione statutaria nel senso che occorre assicurare la presenza "di norma" di entrambi i sessi, non può che essere riferita ad un tendenziale equilibrio dei generi nella composizione della Giunta, nel senso che, di norma, la presenza in giunta di uomini e donne deve essere effettivamente equilibrata. Pertanto, il sindaco deve dare conto, per motivi obiettivi, di essere stato impossibilitato a garantire l'effettiva parità dei generi ossia la presenza di un numero di donne tendenzialmente pari a quello degli uomini nella giunta, pena la violazione della citata norma statutaria, attuativa di una garanzia costituzionale, garantita anche a livello internazionale»;

preso atto che:

all'interrogante risulta che la Prefettura di Bari ha provveduto a richiamare l'attenzione del sindaco sulle disposizioni relative alla rappresentanza di genere, evidenziando, sulla base delle direttive impartite con la citata circolare del Ministero dell'interno e qualora non fosse stato possibile nominare assessori di sesso femminile al di fuori del consiglio, che di tale circostanza avrebbe dovuto darsi conto, anche in sintesi, nel decreto sindacale di nomina della Giunta in una composizione diversa da quella prevista dal citato articolo 1, comma 137, della legge n. 56 del 2014;

in risposta a tale sollecitazione, il sindaco di Acquaviva delle Fonti si è limitato a evidenziare che la complessità del quadro politico dell'ente e la necessità di garantire la governabilità non hanno reso possibile ottemperare alla normativa di cui si tratta nella misura percentuale prevista;

preso atto, infine, che l'atteggiamento e le scelte del sindaco appaiono all'interrogante in palese violazione delle normative vigenti riguardo alle pari opportunità tra uomo e donna, nonché in netto contrasto alle più recenti pronunce giurisprudenziali in tal senso,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

quali iniziative voglia intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per porre rimedio all'ingiustificata e perdurante non osservanza da parte del sindaco di Acquaviva delle Fonti delle norme che disciplinano la nomina degli assessori comunali;

se non ritenga opportuno e necessario avviare con atti di indirizzo, anche attraverso il Dipartimento degli affari interni e territoriali, una raccolta dati sulla composizione delle giunte di tutti i Comuni italiani, al fine di monitorare, controllare ed eventualmente sanzionare quei sindaci che non rispettino l'attuazione dell'articolo 1, comma 137, della legge n. 56 del 2014.

(3-02680)

D'AMBROSIO LETTIERI - Ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dello sviluppo economico, dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

Venezia Terminal Passeggeri SpA è una società a prevalente capitale pubblico costituita nel 1997, ai sensi della legge n. 84 del 1994, per la gestione e lo sviluppo del traffico passeggeri nel porto di Venezia, costituito da navi da crociera, navi traghetto e aliscafi;

a seguito dell'emanazione dell'ordinanza n. 153 del 2013 della Capitaneria di porto di Venezia, su direttiva del dispaccio n. 0039200 del 20 novembre 2013 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il traffico crociere nel porto di Venezia è notevolmente diminuito, per l'adempimento volontario delle compagnie di crociera alla volontà governativa;

il Tar del Veneto ha, in seguito, annullato l'ordinanza con cui la Capitaneria di porto di Venezia aveva disposto la limitazione del transito nel canale della Giudecca e nel canale di San Marco delle grandi navi da crociera: il divieto prevedeva per il 2014 una riduzione alle navi passeggeri di stazza lorda superiore a 40.000 GT, e per il 2015 di navi passeggeri di stazza lorda superiore a 96.000 GT;

si è registrato un calo del traffico crociere dal record storico di 1.815.823 del 2013, con una previsione a 1.599.000 per il 2015;

la compagnia armatoriale MSC Crociere ha comunque previsto una drastica riduzione del proprio traffico passeggeri nel porto di Venezia nel 2016;

considerato che:

Francesco Galietti, national director di CLIA Italy, ha dichiarato che "il Governo dovrebbe affrontare tempestivamente le sfide necessarie per garantire la sopravvivenza della crocieristica nell'Adriatico e quella più urgente è la ricerca di una rotta di accesso per le navi a Venezia". Di concerto con lui, lo hanno chiesto il settore crocieristico e le comunità adriatiche di Puglia, Marche ed Emilia-Romagna, in un appello lanciato al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

nell'ultimo quindicennio, il mare Adriatico ha rivestito un ruolo chiave nella geografia crocieristica del Mediterraneo, registrando una crescente importanza, a beneficio delle comunità locali;

l'impatto economico diretto della crocieristica sulle città portuali adriatiche è stimabile in circa 450 milioni di euro all'anno, in termini di spese dei passeggeri, degli equipaggi e delle navi. Tuttavia, negli ultimi 2 anni, per CLIA il traffico totale nell'Adriatico ha visto un calo di 560.000 movimenti passeggeri nei porti crocieristici con una perdita, in termini economici, di circa 113 milioni di euro;

considerato, infine, che:

da tempo il settore crocieristico chiede al Governo di affrontare la questione per trovare una rotta di accesso alternativa per le navi da crociera a Venezia;

inerzia e incertezza stanno mettendo a serio rischio la crocieristica a Venezia e, di conseguenza, nell'intero mare Adriatico;

preso atto che il ritorno delle grandi navi crociera a Venezia potrebbe scongiurare per Bari, come per altri comuni interessati (Ancona e Ravenna), il rischio, già evidente, di perdere una fonte importante di reddito per le comunità locali,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo, per quanto di loro competenza, siano a conoscenza della situazione descritta, e quali misure intendano adottare per rispondere al problema e quali interventi stiano mettendo in campo;

se non ritengano opportuno aprire un tavolo di confronto con le istituzioni locali, al fine di trovare soluzioni infrastrutturali alternative, considerando l'imminente avvento della stagione turistica estiva.

(3-02681)

Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento

LUCHERINI, LUMIA, PAGLIARI, FABBRI - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

il recente, efferato e brutale, omicidio consumatosi a Roma a marzo 2016, oltre ad una profonda indignazione, suscita diversi interrogativi sull'infiltrazione della malavita negli ambienti notturni che, tra le sue attività, annovera principalmente lo spaccio di sostanze stupefacenti, sempre più spesso causa di morte per gli assuntori, ovvero fattore scatenante di allucinazioni ed evidenti disturbi dissociativi;

l'omicidio del giovane Luca Varani, avvenuto alcuni giorni orsono, e sul quale la magistratura sta indagando, assume una drammaticità inaudita, che, tuttavia, non può esimere le autorità locali e nazionali dall'esercitare controlli più puntuali, e non meramente episodici, volti a reprimere fenomeni criminosi ed a ripristinare la legalità in quegli ambienti di intrattenimento notturno che, invece di rappresentare conciliàboli di orrore, dovrebbero favorire socialità e aggregazione;

sono molto frequenti i club privati ed i locali notturni, spesso fuori dal perimetro della legalità, in cui lo spaccio di sostanze psicotrope e il consumo di rapporti sessuali senza le dovute precauzioni si trasformano in veri e propri luoghi di perdizione e trasgressione, quando non addirittura di morte, come nel caso di specie;

da quanto si apprende da fonti stampa nella capitale si sta diffondendo, sulla scia dell'esperienza nel Regno Unito, la pratica dei party "Chem Sex"; pratica che prevede l'assunzione di un gran quantitativo di droghe, come il mefedrone, i cristalli di metanfetamine e l'acido gamma-idrossibutirrico, meglio noto con l'acronoimo GHB, capaci di consentire attività sessuali per ore, anche giorni, senza mai fermarsi e con più partner diversi. Droghe che in moltissimi casi vengono vendute ai giovani, proprio all'interno di tali club privati;

secondo autorevoli esperti, il rischio ricollegabile all'assunzione di queste droghe è altissimo: oltre al pericolo derivante dalla trasmissione sessuale delle malattie, come l'Hiv, il corpo può subire danni permanenti, specialmente al cervello, in seguito dell'assunzione delle predette sostanze,

si chiede di sapere:

se e quali provvedimenti di competenza il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di rafforzare le misure di controllo e di repressione dei fenomeni criminosi quali lo spaccio e il traffico di droghe in locali e club privati;

se e quali misure intenda adottare al fine di esercitare controlli informatici più insistenti e sofisticati per evitare l'acquisto su piattaforme telematiche di sostanze stupefacenti e psicotrope;

se non intenda promuovere una campagna istituzionale, volta a sensibilizzare l'attenzione verso i gravissimi ed irreversibili rischi di salute ricollegabili all'assunzione di tali droghe.

(3-02671)

ASTORRE, CIRINNA', LUCHERINI, PARENTE - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

la strada regionale 2bis, via Cassia Veientana (ex strada stradale 2 bis), conosciuta anche come Cassia bis, è quotidianamente percorsa da migliaia di persone che transitano tra Roma e Viterbo, ma anche da numerosi residenti dei popolosi quartieri del XV Municipio, come La Storta e Giustiniana, che la utilizzano in alternativa alla Cassia;

la strada è, inoltre, l'asse portante del territorio gestito dal parco di Veio e incrocia numerosi diverticoli della via Francigena. Inoltre, costituisce l'ingresso a Roma per i flussi turistici provenienti da nord;

preso atto che:

la Cassia bis ha raggiunto livelli di degrado insostenibili: il manto stradale disastrato, l'illuminazione spenta, la segnaletica orizzontale e verticale carente e la vegetazione infestante la rendono estremamente pericolosa;

inoltre le piazzole di sosta, i sottopassi e gli svincoli sono diventati luoghi di discarica di ogni genere di rifiuti;

considerato che:

nella gestione della strada sono coinvolti a vario titolo, per diverse competenze, Astral, Comuni e municipi, Città metropolitana, ente parco di Veio, Polizia stradale e altri, e questo rende ancora più difficile portare avanti interventi migliorativi

i sindaci di Campagnano di Roma e di Formello, il presidente del XV municipio di Roma capitale e il commissario dell'ente regionale parco di Veio hanno scritto una lettera al presidente della Regione Lazio sollecitando un tavolo di coordinamento per affrontare la situazione;

ritenuto che è divenuto necessario affrontare le problematiche inerenti alla Cassia bis in modo complessivo e congiunto, coinvolgendo tutti gli attori interessati,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga di convocare un tavolo di concertazione con tutti gli enti interessati per affrontare in maniera complessiva e coordinata la situazione della Cassia bis divenuta ormai emergenziale.

(3-02674)

BENCINI, Maurizio ROMANI, VACCIANO, BIGNAMI - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della salute e del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

Caffaro Industrie SpA è presente nel settore della chimica fine e di base dalla fine del XIX secolo; la produzione spazia dalle cloroparaffine ai chetoni, dagli esteri speciali ai policarbonati dioli. Il gruppo chimico italiano comprende diverse altre società impegnate nella produzione e distribuzione di prodotti chimici. Tra loro, come noto, la Caffaro Chimica Srl faceva parte del gruppo SNIA; ed invero, Caffaro era il ramo principale "chimico" di SNIA con 2 stabilimenti, a Brescia ed a Torviscosa (Udine);

la SNIA SpA, in amministrazione straordinaria, è un'importante azienda chimica italiana con sede a Milano; venne fondata a Torino nel 1917 con il nome di Società di navigazione italo americana (SNIA). La società, nonostante la sua funzione iniziale fosse quella di controllare infatti i trasporti marittimi tra Italia e Stati Uniti, era attiva nelle fibre tessili, nella chimica specialistica, nei materiali compositi e nel biomedicale; il 16 aprile 2010 il tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza di SNIA SpA, dando luogo all'avvio della procedura di amministrazione straordinaria. Le cause che hanno provocato la crisi societaria del 2008 sono probabilmente un insieme di diversi fattori, tra cui le perdite continue di Caffaro ed il sequestro dell'impianto di Torviscosa da parte della Procura di Udine l'11 settembre 2008. Quest'ultimo evento ha determinato il blocco della produzione e conseguentemente delle vendite che hanno avuto ripercussioni su tutto il gruppo SNIA, in quanto diverse linee produttive di altri stabilimenti dipendevano dalle materie prime prodotte a Torviscosa;

dopo il fallimento della società SNIA e della Caffaro Chimica, gli impianti ed il marchio sono stati rilevati da una cordata di imprenditori, con l'intenzione di rilanciare produzione e marchio. Al contempo, le grandi problematiche ambientali, causate dalla Caffaro, hanno aperto la strada ai vari progetti di bonifica dell'area interessata. Allo stato attuale, infatti, sembrerebbero proseguire le attività di rimozione delle peci benzoiche presenti nell'area di discarica dello stabilimento Caffaro. Ed invero, le peci benzoiche sono materiali derivanti dalla lavorazioni della ex Caffaro (circa 10.000 metri cubi di materiali pericolosi stoccati all'interno del sito chimico a circa 1,5 metri di profondità);

nello specifico, nel 2009, la "vecchia" Caffaro di via Milano falliva, mentre, 2 anni dopo, nel 2011, il liquidatore giudiziale affittava lo stabilimento alla Caffaro Brescia Srl di Chimica Fedeli, legata al gruppo di Antonio Todisco. Di conseguenza, la gestione della barriera idraulica dello stabilimento Caffaro veniva affidata alla proprietà, la quale, per circa 1,2 milioni di euro all'anno (in massima parte per i costi energetici dell'emungimento), come da accordi presi, ha l'obbligo di pompare e filtrare oltre un miliardo di litri di acqua dalla falda più profonda, per impedire che questa vada a contatto con quella più superficiale, totalmente inquinata dai veleni introdotti dalla Caffaro nel corso degli anni. Per il suo ciclo produttivo, in particolare, la nuova Caffaro emunge milioni di litri d'acqua all'anno: una barriera idraulica prescritta dal Ministero dell'ambiente per tenere bassa la falda ed evitare il contatto con gli inquinanti concentrati sotto lo stabilimento;

considerato che, come noto, dalla stampa si apprende come la Caffaro, a Brescia, abbia comunicato ai sindacati la chiusura a marzo 2016 e non, invece, come era previsto originariamente, nel 2017. In particolare, il 4 marzo l'amministratore della società, Antonio Todisco, ha inviato le lettere di disdetta del contratto stipulato nel 2011. La nota aziendale fa riferimento, nello specifico, al contratto di affitto, che vede legata l'impresa alla città fino al marzo 2017. La società intende portare la produzione a Torviscosa, ove vi è un altro stabilimento della Caffaro Industrie. Tali decisioni sono foriere di timori per i 55 dipendenti che vi lavorano, senza dimenticare il problema dell'inquinamento sotterraneo e, dunque, una "pratica ambientale" in sospeso. Ed invero, il problema di sicurezza della falda acquifera, è legato allo storico inquinamento di policlorobifenile (Pcb) prodotto dalla vecchia proprietà. La Caffaro Brescia Srl ha annunciato l'intenzione di cessare l'attività produttiva, con la conseguente necessità che un altro soggetto subentri nella gestione, tecnica ed economica, della barriera idraulica;

considerato inoltre che, a parere degli interroganti:

l'interesse strategico per il Friuli-Venezia Giulia della zona industriale di Torviscosa, e quindi del suo risanamento ambientale e della sua appetibilità per gli insediamenti produttivi, è gravemente compromesso dalla cattiva gestione dell'azienda Caffaro ed anche dall'inefficienza dell'amministrazione straordinaria. Con buone probabilità, in un anno non si concluderà il trasloco e la chiusura completa; tuttavia, sul fronte dell'inquinamento occorre trovare una soluzione finale. Ed invero, il commissario straordinario nominato nel giungo 2015, dottor Roberto Moreno, sta pensando alle soluzioni da ricercare entro il 2016. Tra queste, il lancio di un bando europeo per trovare aziende disposte a farsi carico della situazione della Caffaro presentando studi di fattibilità per bonificare la prima falda, togliendo gli inquinanti dall'acqua;

si riscontra una sostanziale inerzia da parte dei soggetti istituzionali preposti a fornire una risposta complessiva a favore della ripresa produttiva e occupazionale, così come non risulta ancora essere stata quantificata l'entità del danno ambientale determinato negli anni dalla SNIA SpA e dalla Caffaro Srl;

come noto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nella seduta pomeridiana del 3 marzo 2016 in Senato (si veda il Resoconto stenografico della seduta n. 586), circa le operazioni di bonifica riguardanti i siti di interesse nazionale (SIN) e sulle risorse stanziate a favore del SIN Brescia-Caffaro, pari a 6.752.727 euro, si esprimeva in tal senso: "le predette risorse sono già state tutte trasferite alla Regione Lombardia e disciplinate nell'ambito dell'Accordo di programma per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e successiva bonifica nel sito di interesse nazionale Brescia-Caffaro, sottoscritto in data 29 settembre 2009. È stata quindi trasferita a favore della Regione Lombardia un'ulteriore somma di 1.106.064 euro. Successivamente all'individuazione dei soggetti attuatori degli interventi previsti nel sopracitato Accordo di programma, il mio Ministero ha sottoscritto quattro accordi convenzionali, rispettivamente con la Sogesid SpA, l'ASL di Brescia, l'Istituto superiore di sanità e l'ARPA Lombardia. (...) Per quanto riguarda i 50 milioni di euro, ho già ribadito più volte che tali risorse sono state chieste sulla programmazione delle risorse europee 2014-2020 e confido che possano arrivare in tempi brevi";

a parere degli interroganti, al di là dei citati 50 milioni di euro, tra l'altro non ancora pervenuti, ci si chiede come sia possibile che lo Stato e le Regioni, in primis, non pongano in essere tutte quelle attività preventive, al fine di evitare massacri ambientali, causati dalle aziende private per negligenza e per puro fine di lucro. Alla base, invero, vi è sempre una responsabilità da parte di chi gestisce il territorio: le Regioni, i Comuni e coloro che sono deputati al controllo sulle aziende produttrici di prodotti chimici, ma che, evidentemente, si accordano con la proprietà in senso del tutto lontano dal rispetto della legalità, dell'ambiente, delle persone e della qualità della vita in generale;

ed ancora, non appare logico che dopo la chiusura dell'azienda annunciata, e prevista a breve, sia il Ministero dell'ambiente a pompare l'acqua per evitare che la falda entri in contatto con il terreno sito sotto la Caffaro; ed invero, non si può continuare in tal modo, in quanto serve adottare una soluzione definitiva e che, soprattutto, non consenta di passare il testimone, ogni qual volta vi siano operazioni societarie, a qualche "soggetto societario" diverso,

si chiede di sapere:

quali immediate azioni intendano avviare i Ministri in indirizzo per garantire la messa in sicurezza del sito industriale con la definitiva bonifica, stanziando le risorse promesse;

quale sia l'effettiva entità del danno ambientale determinato negli anni dalla SNIA SpA e dalla Caffaro Srl e quali, e di chi, le responsabilità nella causazione del danno e nella successiva gestione;

quali le soluzioni complessive a favore della ripresa produttiva e occupazionale.

(3-02678)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

CARDIELLO - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:

la Giunta regionale della Campania ha approvato il piano operativo complementare (POC) per i beni e le attività culturali, stanziando 4.000.000 di euro per la fondazione Ravello;

il segretario generale della fondazione, dottor Renato Quaglia, percepisce 114.000 euro all'anno, di cui 85.000 per compenso e 29.000 euro di rimborso spese, gravando sull'ente per il 3 per cento del fondo destinato dalla Regione;

il signor Alessio Vlad, direttore artistico, guadagna 51.500 euro, con 3.000 euro di rimborso spese, mentre l'altro direttore artistico, Laura Valente, percepisce 50.000 euro all'anno con rimborso spese pari a 10.000 euro;

il direttore di villa Rufolo, dottor Secondo Amalfitano, percepisce la somma di 52.800 euro per compenso annuo;

la somma totale dei 4 dirigenti ammonta a circa 265.000 euro, pari al 5 per cento dei fondi stanziati;

presso la fondazione Ravello lavorano 7 dipendenti di cui 2 amministrativi ed altri 5 con contratto scaduto;

il segretario generale è stato nominato dal nuovo consiglio di amministrazione, a seguito di procedura selettiva pubblica e sulla scorta del solo curriculum;

ritenuto che il nostro Paese attraversa un momento di grave crisi economica, motivo per cui sarebbe auspicabile una drastica diminuzione dei compensi citati,

si chiede di sapere quali utili interventi il Ministro in indirizzo intenda adottare per consentire un congruo risparmio di fondi pubblici, in modo da destinare tali risorse ad altre attività culturali.

(4-05447)

Paolo ROMANI, BERNINI, D'ALI', PELINO, FLORIS, MALAN, SCIASCIA, CARRARO, GIBIINO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

in data 9 marzo 2016, la 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, dopo aver esaminato lo schema di decreto legislativo recante l'attuazione della direttiva 2014/17/UE sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali nonché modifiche e integrazioni del titolo VI-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sulla disciplina degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi e del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141 (Atto del Governo n. 256), ha approvato un parere favorevole con talune condizioni;

la direttiva ha quale scopo l'armonizzazione del quadro giuridico dell'Unione europea, nel settore dei contratti di credito, superando le differenze dei mercati nazionali e regionali dei beni immobili, nonché quello di garantire che i consumatori interessati a tali contratti possano confidare nel fatto che gli enti con in quali interagiscono si comportino in maniera professionale e responsabile;

in particolare, il previsto nuovo articolo 120-quinquiesdecies del testo unico bancario di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dà attuazione all'articolo 28 della direttiva 2014/17/UE, il quale, al comma 4, dispone che "gli Stati membri non impediscano alle parti di un contratto di credito di convenire espressamente che la restituzione o il trasferimento della garanzia reale o dei proventi della vendita della garanzia reale è sufficiente a rimborsare il credito";

diversamente, l'articolo 120-quinquiesdecies dello schema di decreto, al comma 3, prevede che "in caso di inadempimento del consumatore, le parti del contratto di credito possono convenire l'estinzione del debito mediante la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo immobile";

la fattispecie delineata sembrerebbe non far riferimento al patto commissorio, di cui all'articolo 2744 del codice civile (che sancisce la nullità del cosiddetto patto commissorio, ovvero del patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto commissorio è nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno), ma al cosiddetto patto marciano, che è ritenuto legittimo da recenti sentenze della Corte di cassazione considerato che, in quest'ultimo, il trasferimento della proprietà dell'immobile dato in garanzia si verifica ad un prezzo equo, sulla base di una stima posteriore all'inadempimento effettuata da un soggetto indipendente e con eventuale versamento di conguaglio a favore del debitore;

la nullità del patto commissorio appare fondata essenzialmente su ragioni di natura patrimoniale, concernenti la sproporzione tra il valore del bene dato in garanzia e l'entità del credito garantito;

tale rischio di sproporzione, tuttavia, non sembra potersi escludere tout court mediante le disposizioni contenute nel comma 3, dove non vi è nessun accenno alla proporzionalità tra il valore della cosa data in garanzia e il debito residuo del debitore, potendosi, pertanto, configurare l'ipotesi in cui il creditore acquisisca la proprietà di un bene di ingente valore a fronte di un inadempimento o di un debito residuo di modesta entità, ovvero nel caso in cui il creditore abbia già provveduto a restituire una percentuale significativa del debito originariamente contratto;

nel nuovo articolo 120-quinquiesdecies, inoltre, non viene fatta menzione di quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 28 della direttiva 2014/17/UE, il quale stabilisce che "Gli Stati membri adottano misure per incoraggiare i creditori ad esercitare un ragionevole grado di tolleranza prima di dare avvio a procedure di escussione della garanzia";

considerato che:

nel corso dell'esame in 6ª Commissione, su tali difformità, che a ben vedere sono di carattere oltre che formale, anche sostanziale, con aggravamento di quanto dispone la direttiva europea, sono stati richiesti chiarimenti al Governo, che ha declinato un approfondimento non entrando nel merito;

altra grave criticità avrebbe potuto essere superata da una proposta modificativa presentata dal Gruppo parlamentare di Forza Italia, volta a prevedere l'aggiunta, al criterio dell'individuazione del ritardato pagamento equivalente a 18 rate mensili, di un secondo criterio ossia quello della percentuale del 30 per cento di mutuo, accolto dal relatore, senza indicare l'ammontare della percentuale di riferimento proposta (30 per cento), con l'effetto, quindi, di rendere in pratica inoperanti le nuove indicazioni;

tenuto conto che:

il parere votato e approvato in Commissione modifica, altresì, la previsione temporale entro cui può avvenire il trasferimento del bene immobile tra il creditore e la banca erogatrice del mutuo. Il testo iniziale del Governo, infatti, con riferimento a quanto già previsto dall'articolo 40, comma 2, del testo unico bancario, prevedeva che, ferma restando la risoluzione del contratto in caso di ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno 7 volte, il finanziatore adotta procedure per gestire i rapporti con i consumatori in difficoltà nei pagamenti. Il parere approvato, invece, nelle condizioni poste al Governo, indica la necessità di "specificare, nell'atto di normativa secondaria attuativo dello stesso comma 3, la nozione e l'entità quantitativa e temporale dell'inadempimento (comunque per il mancato pagamento per l'equivalente di 18 rate mensili o, eventualmente, espresso in percentuale del mutuo), al ricorrere del quale si prevede la restituzione o il trasferimento del bene oggetto di garanzia reale ovvero dei proventi della vendita del medesimo bene, chiarendo nel decreto legislativo che non costituisce a tali fini inadempimento il ritardo nel pagamento di cui l'articolo 40, comma 2, del TUB";

a giudizio degli interroganti, tale disposizione rappresenta un passo in avanti, ma non è sufficiente, poiché sarebbe stato più incisivo prevedere una soglia non solo riferita al numero di rate, ma anche al valore del mutuo erogato, per evitare che, a fronte di un immobile di valore pregiato e/o di un mutuo di lungo periodo, l'importo delle rate non pagate fosse risibile rispetto a quanto già saldato e al valore dell'immobile;

vi sarebbe un ulteriore oggettivo pericolo, ovvero il sistema bancario che, soprattutto nel prosieguo della congiuntura economica in corso, potrebbe entrare in possesso di un numero considerevole di immobili, in tempi relativamente brevi;

la disposizione contenuta nel previsto art. 120-quinquiesdecies, comma 3, deve necessariamente essere esaminata in correlazione con l'avvenuto ingresso delle banche nel settore dell'intermediazione immobiliare;

a tal proposito, senza nessuna regola in merito, gli istituti bancari, con cessioni massicce e dirette sul mercato degli immobili, ottenuti dai clienti morosi, potrebbero provocare fluttuazioni improprie del valore degli immobili nel mercato, creando numerosi danni a chi su quella stessa piazza opera nel rispetto delle leggi vigenti;

giova evidenziare che la 2ª Commissione permanente (Giustizia) del Senato, nelle osservazioni approvate in data 9 marzo, si è così espressa: «non si comprende a cosa faccia riferimento il testo del citato comma 3 dell'articolo 120-quinquiesdecies parlando di "restituzione", mentre la diversa ipotesi contraddistinta dal riferimento ai "proventi della vendita" andrebbe disciplinata ad hoc, almeno per gli aspetti essenziali, lasciandosi altrimenti spazi all'autonomia negoziale eccessivi in materia avuto riguardo all'esigenza di assicurare imparzialità, rispetto della par conditio creditorum etc. (andrebbe chiarito, ad esempio, a chi è affidata la vendita, le sue modalità etc.)»;

infine, attraverso la formalità del puro recepimento di una direttiva europea, il Governo ha ritenuto di poter evitare un esame serio ed approfondito, sia in commissione che in Aula,

si chiede di sapere:

quali orientamenti il Ministro in indirizzo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto in premessa e, conseguentemente, quali iniziative voglia intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per tutelare i consumatori, in modo particolare quelli detenenti il mutuo sulla prima abitazione che, in questo periodo di perdurante congiuntura economica negativa, sono maggiormente vessati;

se non ritenga doveroso, dal momento che la terzietà tipica del mediatore di cui all'articolo 1754 del codice civile è già compromessa dall'assenza di limiti alle quote di partecipazione che le banche possono detenere nelle società di intermediazione immobiliare, intervenire con urgenza tramite un provvedimento legislativo correttivo, affinché non si venga a creare un circuito tale per cui le banche, oltre ad impossessarsi dell'immobile oggetto di garanzia, traggano un ulteriore profitto dalla provvigione ad esclusivo loro vantaggio, con conseguente aggravamento della posizione di "contraente debole" già rivestita dal consumatore rispetto alla banca;

se non ritenga che tale circuito possa incidere sui prezzi di mercato degli immobili, non solo per il sistema che si viene a creare con l'interdipendenza "mutui - patto marciano - agenzie immobiliari di proprietà delle banche", ma anche per la consistenza del patrimonio immobiliare che le banche possono raggiungere;

per quali ragioni non sia stata recepita la proposta, formulata in Commissione dal Gruppo parlamentare Forza Italia, in base alla quale le rate non pagate, per procedere al trasferimento del bene immobile, debbano rappresentare almeno il 30 per cento del valore del mutuo.

(4-05448)

PAGLIARI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

a causa dell'entrata in vigore delle nuove tariffe di cui al decreto 5 ottobre 2015 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, recante «Incremento delle tariffe per le operazioni in materia di motorizzazione», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 novembre 2015, si è registrato un grave disagio nel settore delle revisioni periodiche delle patenti e delle autovetture;

gli incrementi tariffari sembravano interessare soltanto i punti 1) e 2) della tabella 3 della legge 10 dicembre 1986, n. 870, ossia gli esami per conducenti di veicoli a motore e i duplicati e le certificazioni inerenti ai veicoli, ai componenti e alle unità tecniche degli stessi, interpretazione, peraltro, ufficialmente avallata dalla stessa Direzione generale della motorizzazione e conseguentemente comunicata ai centri di revisione;

in data 10 dicembre 2015, un giorno prima dell'entrata in vigore del decreto, venivano diffuse le tabelle con le nuove tariffe per le varie tipologie di operazioni, da cui si evince, invece, che l'aumento di 1,20 euro, a valere sul conto corrente 9001 in favore dello Stato, riguarda anche le revisioni effettuate presso le officine private autorizzate, ai sensi dell'articolo 80 del codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Tale novità non trovava alcun riscontro nel decreto ministeriale;

a causa dell'impossibilità da parte delle imprese di adeguare tempestivamente l'aggiornamento previsto, si sono verificate continue interruzioni nei collegamenti telematici, con la conseguente impossibilità di effettuare il servizio di revisione; situazione riversatasi immediatamente sulle imprese e, quindi, sugli automobilisti, provocando notevoli disagi;

a questo si aggiunga il maggior costo (1,78 euro a prenotazione) a carico delle imprese per i diritti postali, relativi alle prenotazioni dei pagamenti on line, che, in taluni casi, raggiungono cifre significative;

oltre ai disagi, che si auspica che possano essere risolti in tempi brevissimi, è necessario affrontare il problema, non più differibile, delle tariffe previste per le revisioni effettuate ex articolo 80 del codice della strada, ferme all'anno 2007, nonostante, al momento della definizione delle tariffe spettanti alle imprese, il Ministero si fosse impegnato a rivedere annualmente gli importi, sulla base dell'adeguamenti ISTAT;

negli ultimi anni le imprese sono state chiamate ad affrontare importanti investimenti, necessari per adeguare, o modificare, le attrezzature alle procedure previste dal nuovo protocollo di comunicazione MCTCNet2;

difatti, in recepimento della direttiva 45/2014/UE entro il 31 ottobre 2015, le officine e i centri, autorizzati dal Ministero ad effettuare le revisioni periodiche dei veicoli, hanno dovuto adeguare i loro impianti nel rispetto di un nuovo protocollo di comunicazione denominato MCTCNet2. A questo si si è aggiunto l'obbligo di dotarsi di un nuovo software anticontraffazione PCP (PC prenotazione) e PCS (PC stazione, quello collegato alle apparecchiature), con il conseguente aggiornamento delle relative attrezzature (come, ad esempio, il banco prova freni, il fonometro, l'analizzatore di gas di scarico, la prova fari, eccetera). Il tutto con evidenti maggiori costi a carico delle officine e dei centri stessi;

non è dato sapere come mai un investimento sostenuto dalla pubblica amministrazione debba essere ripagato attraverso un aumento tariffario, mentre quello richiesto alle imprese debba essere autofinanziato, erodendo i loro margini di guadagno,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga urgente individuare tempestivamente una soluzione tariffaria organica che consenta alle imprese la sostenibilità economica delle loro attività, al fine di continuare a garantire agli automobilisti un servizio di fondamentale importanza per la sicurezza stradale qual è quello della revisione periodica degli autoveicoli.

(4-05449)

ALBANO, TOMASELLI, Stefano ESPOSITO, LAI, PUPPATO, SOLLO, PIGNEDOLI, FORNARO - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

la Piaggio Aerospace, fondata nel 1884 a Sestri Ponente (quartiere di Genova), è passata dalla produzione di materiale ferroviario degli albori, alla costruzione e progettazione di aerei di ultima generazione, rappresentando oggi una delle più importanti realtà italiane nel settore delle costruzioni aeronautiche e un tassello fondamentale del tessuto produttivo ligure e nazionale. Il gruppo è attivo nella progettazione, nella costruzione e nel supporto di velivoli per aviazione d'affari e da pattugliamento, di sistemi a pilotaggio remoto e di motori aeronautici ad alta tecnologia, operante sia in ambito civile sia in ambito di difesa e sicurezza;

nel 1998 sono cambiati gli asset del gruppo, passando dalla famiglia Piaggio ad un gruppo di imprenditori e, successivamente, acquistano capitale azionario la Mubadala Development, società di investimenti di Abu Dhabi (2006), e la Tata limited, società britannica del Tata group (2009);

nel 2013 la Mubadala Development company ha partecipato ad un aumento di capitale, incrementando il patrimonio netto a sostegno di un piano industriale incentrato sullo sviluppo delle attività core esistenti e sull'introduzione di nuovi programmi, arrivando a detenere il 100 percento del capitale sociale di Piaggio Aerospace;

considerato che:

il 15 aprile 2015 le rappresentanze sindacali unitarie degli stabilimenti di Villanova d'Albenga e Sestri Ponente, unitamente alle segreterie provinciali, sono state ricevute dal prefetto di Genova per avere risposte in riferimento alle preoccupazioni derivanti da un articolo di stampa che riportava notizie sul piano industriale della società che gettavano ombre sull'accordo, siglato al Ministero dello sviluppo economico, relativamente al sito di Sestri Ponente. Il prefetto ha fornito rassicurazioni evidenziando che durante un incontro tra l'amministratore delegato della Piaggio, il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro della difesa in data 14 aprile 2015 erano state fornite garanzie da Piaggio Aerospace sulla validità e sulla prosecuzione degli impegni siglati al Ministero;

il 29 settembre 2015, presso lo stabilimento di Villanova d'Albenga, veniva fornito ai sindacati un documento ufficiale da Piaggio Aerospace in cui si garantiva: che ricavi e utile erano in netto miglioramento; che il raggiungimento degli obiettivi del 2015 era fortemente legato alla capacità di mantenere i livelli di produzione degli ultimi 3 mesi, con particolare riferimento alla business unit velivoli e motori; che le criticità industriali legate all'incremento produttivo avrebbero potuto comportare lo slittamento di 35 milioni di euro di ricavi al 2016; che, anche nello scenario peggiore, il 2015 si sarebbe dovuto chiudere con un livello di ricavi superiore al piano industriale;

successivamente a quell'incontro, i sindacati hanno più volte segnalato, a differenza di quanto documentato dall'azienda, difficoltà di cassa e mancata riorganizzazione delle attività velivolistiche, non riuscendo quindi a fornire risposte convincenti ai lavoratori attualmente in cassa integrazione come eccedenze strutturali Piaggio o in attesa di chiamata da LaerH;

il 12 febbraio 2016, come si legge nel verbale della riunione dedicata alla vicenda svoltasi presso il Ministero, l'ingegner Logli, in rappresentanza di Piaggio Aerospace, ha dichiarato che "esiste un problema di liquidità della Società che avrà il suo apice nel mese di marzo (...) sono in corso delle verifiche interne per risolvere tale problematica e l'azienda, che attualmente non ha la visibilità per dare indicazioni sulle situazioni che saranno adottate per ovviare ai suddetti problemi, sarà in grado di dare degli aggiornamenti a partire dai primi di marzo";

il 23 febbraio l'assessore per lo sviluppo economico della Regione Liguria, Edoardo Rixi, ha affermato a mezzo stampa che Piaggio Aerospace si trova in una "grave situazione perché a marzo l'azienda non avrà i soldi per pagare gli stipendi". Tale situazione crea inoltre preoccupazione anche nei confronti del possibile acquirente dell'azienda, Fincantieri, che ha più volte ribadito però di essere interessata solo all'acquisto del progetto "drone" e non alle altre parti dell'azienda;

l'indomani, il 24 febbraio, Piaggio Aerospace, nel corso di un incontro urgente con le rappresentanze sindacali unitarie presso l'Unione industriali di Savona, ha chiesto di ampliare l'uso della cassa integrazione, nonostante la contrarietà delle parti sociali in quanto tale decisione si pone in contrasto con i carichi di lavoro per l'anno 2016, prospettati verbalmente in precedenza dall'azienda;

considerata inoltre l'importanza strategica delle attività svolte da Piaggio Aerospace per cui la Presidenza del Consiglio dei ministri ha già in passato (29 aprile 2014) esercitato i poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale (ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56), e in considerazione delle risorse fin qui messe in campo dallo Stato sia in termini di contributi alle aziende aeronautiche (legge 24 dicembre 1985, n. 808) sia in termini di ammortizzatori sociali,

si chiede di sapere quali azioni i Ministri in indirizzo intendano adottare per garantire che l'azienda mantenga gli impegni presi con le istituzioni e le organizzazioni sindacali.

(4-05450)

MUNERATO - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

è notizia pubblicata su "il Giornale" del 13 marzo 2016 quella delle vacanze pagate all'estero per i figli dei dipendenti pubblici, da parte dell'Inps;

si tratterebbe dell'ex privilegio Inpdap denominato "Valore vacanze", riconosciuto dall'istituto di previdenza pubblica ai figli dei propri iscritti;

sebbene l'Inpdap nel 2012 sia confluito nell'Inps, portando con sé una perdita di oltre 10 miliardi di euro, sembrerebbe che le vecchie vacanze per i figli degli statali siano state confermate anche dalla gestione Inps, che nulla di simile ha mai proposto per i figli dei dipendenti privati;

secondo la ricostruzione a mezzo stampa, l'Inps ha modificato il nome in "Estate inpSieme" ed avrebbe perlomeno attribuito un minimo di meritocrazia nei metodi di compilazione della graduatoria;

i nuovi criteri, infatti, escludono la partecipazione degli studenti bocciati o con debiti, tanto che, a parere dell'interrogante in maniera spudorata, centinaia di statali hanno presentato una class action contro di essi, in quanto considerati discriminatori;

secondo l'articolo di stampa, il privilegio spesato dall'Inps nel 2016 riguarderà 35.000 ragazzi: per 22.520 studenti si apriranno le porte di corsi estivi di lingua all'estero e per gli altri 730 ragazzi vacanze in Italia; l'offerta è rivolta a studenti della scuola secondaria superiore, per soggiorni da effettuare tra giugno e agosto in Gran Bretagna, Irlanda, Francia, Germania e Spagna; l'Inps rimborserebbe aereo, transfer dall'aeroporto, corso, college, vitto e assicurazione per un massimo di 2.400 euro per soggiorni di 15 giorni e di 4.000 euro per quelli di 4 settimane,

si chiede di sapere:

se corrisponda al vero la notizia riportata dalla stampa;

in caso di risposta affermativa, se il Ministro in indirizzo non ritenga discriminatorio, considerato l'accorpamento dell'Inpdap all'Inps, che tale beneficio sia riservato ai soli figli, benché meritevoli, di dipendenti pubblici e non anche a quelli dei dipendenti privati o dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata, anch'essi contribuenti (ed in positivo per 7 miliardi di euro) al bilancio dell'ente;

se, alla luce dell'enorme buco di bilancio dell'Istituto previdenziale, che sfiora i 13 miliardi di euro, non ritenga doveroso, per quanto di competenza, sospendere tale privilegio, atteso che non può essere esteso a tutte le altre categorie di lavoratori per ragioni di bilancio.

(4-05451)

MUNERATO - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che per quanto risulta all'interrogante:

prima ancora dell'approvazione della settima salvaguardia esodati, operata con la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015), il Ministro in indirizzo aveva annunciato la volontà del Governo "di costruire una soluzione strutturale (…) Le misure adottate finora, che sono state importanti, hanno salvaguardato dei gruppi con qualcuno che è rimasto fuori. Per non fare sistematicamente "una nuova ingiustizia" bisogna trovare una regola generale e delle risorse";

tale dichiarazioni sono state smentite dai fatti, visto che con la legge di stabilità per il 2016 il Governo, su 49.500 esodati ancora da salvaguardare, ne ha tutelati soltanto 26.300, lasciando per strada altre 23.200 persone e distraendo su altri interventi le risorse esistenti;

tra le tante soluzioni prospettate all'epoca delle dichiarazioni, anche lo strumento cosiddetto APA, ovvero assegno pensionistico anticipato;

si tratta di un anticipo di 3/4 anni rispetto alla pensione di vecchiaia al quale, secondo le indiscrezioni a mezzo stampa, avrebbero dovuto lavorare i tecnici del Ministero del lavoro e dell'Inps;

un'ipotesi, questa, a soluzione, non soltanto del problema degli esodati, ma anche di quelle migliaia di persone in età avanzata, che hanno perso l'occupazione e terminato il periodo di godimento degli ammortizzatori sociali;

l'APA, infatti, rappresenterebbe un assegno temporaneo, che potrebbe essere percepito in via sperimentale fino a fine 2017 dai lavoratori dipendenti del settore privato fino al perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia, con i nuovi requisiti. Prestito pari a 1,7 volte l'importo dell'assegno sociale, che però, poi, andrebbe restituito successivamente dal pensionato con delle trattenute di 50-70 euro al mese sull'assegno previdenziale. L'assegno verrebbe concesso in presenza di determinati requisiti (stato di disoccupazione; non titolarità di trattamenti pensionistici o di prestazioni di invalidità o di altre indennità; presenza di almeno 36 anni di contributi e 63 anni e tre mesi di età, oppure almeno 37 anni di contributi con 62 anni e tre mesi di età anagrafica; importo della pensione non inferiore a due volte il trattamento minimo);

se tale ipotesi avesse trovato attuazione, nel breve periodo, rispetto agli annunci trionfali, avrebbe significato per migliaia di disoccupati percepire, nel 2014, circa 760 euro mensili per 13 mensilità,

si chiede di sapere se quanto trionfalmente annunciato a mezzo stampa e riportato in premessa sia ancora allo studio del Governo ed entro che termini si intenda attuarlo, considerato che interventi di scivoli pensionistici o di revisione dei rigidi requisiti introdotti dalla riforma Fornero (di cui al decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011) non sono più rinviabili.

(4-05452)

MUNERATO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

l'audizione dell'amministratore delegato di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini, in 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) al Senato il 9 febbraio 2016, ha evidenziato a parere della scrivente un vero e proprio scandalo delle "cartelle pazze";

secondo l'amministratore delegato, solo il 5 per cento dei 1.058 miliardi di euro di crediti esigibili sono "effettivamente lavorabili", anche perché una quota rilevante, pari al 20,5 per cento, ovvero quasi 217 miliardi su 1.058 miliardi di euro, sarebbero inesigibili, soltanto perché non dovuti, nel senso che i destinatari delle cartelle non dovevano pagarli;

ciò significherebbe che una richiesta su 5 non era dovuta, denunciando un'altissima percentuale di errore da parte di Equitalia;

ancor più grave è che tali errori vadano a totale scapito dei contribuenti, i quali devono a loro spese (raccomandate, carte bollate e quant'altro) far valere le proprie ragioni; senza una contestazione da parte del contribuente, Equitalia, infatti, non fa marcia indietro,

si chiede di sapere se e quali provvedimenti di propria competenza il Ministro in indirizzo intenda celermente adottare per porre risolutivamente fine al meccanismo delle cosiddette "cartelle pazze", affinché il contribuente, già abbondantemente vessato dall'elevata tassazione vigente, non diventi vittima anche degli errori di Equitalia.

(4-05453)

MUNERATO - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze - Premesso che:

secondo quanto pubblicato sul quotidiano "Libero" del 1° marzo 2016, il Governo starebbe studiando un nuovo assalto alle pensioni;

come ricostruito nell'articolo di stampa, l'idea del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Tommaso Nannicini, sarebbe quella di ridurre di circa 6 punti la quota di contributi da versare all'Inps per aziende e lavoratori, per fare avere circa 43 euro in più in busta paga a questi ultimi, al fine di rilanciare i consumi;

tale idea a parere dell'interrogante ovviamente finirà con il colpire l'importo dei trattamenti pensionistici, già oggi alquanto magri per molti pensionati, al punto da costringerli ad emigrare in altri Paesi per vivere degnamente;

l'innalzamento della tassazione sui fondi pensioni operata con la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), peraltro, non incentiva il lavoratore a costruirsi una previdenza integrativa,

si chiede di sapere se corrisponda al vero quanto riportato in premessa e, in caso di risposta affermativa, in che termini il Governo intenda tutelare i futuri pensionandi dal rischio povertà, stante il fatto che gli interventi finora adottati (tra deindicizzazioni, tagli dell'importo e aumento aliquote sulla previdenza integrativa) sono andati sempre a discapito dei trattamenti pensionistici.

(4-05454)

MUNERATO - Ai Ministri per gli affari regionali e le autonomie e delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

con atto di sindacato ispettivo 4-00548, la firmataria del presente atto evidenziava l'importanza che riveste la strada statale 434 Transpolesana, che collega Verona a Rovigo, classificata come strada extraurbana principale, una lunghezza di oltre 80 chilometri ed un tracciato a 2 corsie per senso di marcia;

nonostante l'importante nodo di collegamento che la Transpolesana rappresenta (partendo da Verona, si allaccia alla tangenziale sud, tra le uscite dell'autostrada A4 di Verona sud e Verona est, attraversa la bassa veronese, entra in provincia di Rovigo nel comune di Giacciano con Baruchella, attraversa Badia Polesine, Lendinara, San Bellino, Villamarzana, dove è costruito lo svincolo dell'autostrada A13, e termina in una rotatoria in località Borsea del comune di Rovigo), negli ultimi anni lo stato di manutenzione, in particolare nel tratto in provincia di Rovigo, si è molto compromesso in termini di degrado del manto stradale, tanto che si è reso necessario, in svariati punti, abbassare il limite di velocità da 110 a 70 chilometri orari;

il Ministro delle infrastrutture e trasporti pro tempore, in sede di risposta all'atto di sindacato ispettivo citato, riconosceva come "la strada statale 434 Transpolesana è stata interessata da repentini e gravi fenomeni di dissesto nella pavimentazione stradale, causati dalle particolari condizioni climatiche che si sono verificate lo scorso inverno, nonché dall'incremento del flusso veicolare verso la rete stradale non a pagamento per la sfavorevole congiuntura economica che ha investito il nostro Paese", indicando gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria in capo all'ANAS, in corso di attuazione e garantendo che i limiti di velocità imposti con l'ordinanza sarebbero stati rimossi non appena ristabilite le condizioni di sicurezza;

secondo l'interrogante, invero, l'ANAS è intervenuto finora con discontinui rattoppi dell'asfalto, lasciando il tratto stradale complessivamente dissestato, e ciò è dovuto principalmente alla difficile situazione economica dell'ANAS;

la realizzazione dell'autostrada Nogara-Mare, che collegherà Nogarole Rocca ad Adria, con i necessari lavori di ammodernamento dell'infrastruttura esistente, potrebbe rappresentare una svolta per l'ammodernamento della Transpolesana;

l'arteria in oggetto, infatti, che trasformerebbe in autostrada la superstrada Transpolesana, proseguendo su un nuovo sedime fino in località Curicchi, presso Adria, consentirebbe il collegamento con l'ospedale di Trecenta, grazie ad un raccordo, oltre all'interconnessione con la Valdastico a Badia e con la A13 Bologna-Padova a Villamarzana, nonché di arrivare fino nei pressi del delta del Po con conseguente vantaggio per i settori della pesca e del turismo;

il Polesine ha necessità che tale opera infrastrutturale sia compiuta nel più celere tempo possibile,

si chiede di sapere se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda intraprendere per accelerare l'iter di realizzazione dell'autostrada Nogara-Mare ed il conseguente ammodernamento della Transpolesana, trasformata in autostrada.

(4-05455)

MUNERATO - Ai Ministri dell'interno e della giustizia - Premesso che:

la vicenda del ghanese espulso dal centro di accoglienza in provincia di Vicenza e riammesso dal Tar sta più che indignando i cittadini di Valli del Pasubio, paese con 3.000 abitanti, che da giugno ospita un centinaio di profughi nella sede della ex scuola elementare;

il ghanese Apam Kofi si era dimostrato violento con quelli che lo ospitavano e regolarmente li massacrava di botte; a settembre 2015, dopo che aveva aggredito un operatore della cooperativa che gestiva la struttura, la prefettura di Vicenza pensò fosse meglio allontanare l'immigrato dal centro ed espellerlo dall'Italia;

il profugo ha contestato la revoca delle misure di accoglienza e, con l'aiuto del circolo vicentino di Rifondazione Comunista (come riportato da "il Giornale" del 9 marzo 2016), ha fatto ricorso al Tar, che gli ha dato ragione, ha predisposto la sua reintegra nel programma di protezione internazionale e, ancor più paradossale, ha condannato lo Stato italiano a pagargli le spese processuali,

si chiede di sapere:

se corrisponda al vero che il ghanese abbia portato avanti il ricorso con l'aiuto del circolo vicentino di Rifondazione Comunista;

se qualora il ghanese dovesse macchiarsi di reati o atti di violenza, essendo già stato ritenuto dalla prefettura di Vicenza soggetto pericoloso, non sia opportuno rinvenire in capo al circolo una responsabilità con relativo obbligo di risarcimento danni;

se, più in generale, qualora un immigrato dichiarato pericoloso ed espulso venga reintegrato per volere della magistratura, a seguito di ricorso, non si ritenga opportuno individuare nel magistrato la figura di garante dell'immigrato, tale per cui ne possa rispondere civilmente e penalmente per gli atti ed i crimini da esso compiuti.

(4-05456)

LUCHERINI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

la legge 9 dicembre 1998, n. 431 recante "Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo" prevede, all'articolo 8, l'applicazione di agevolazioni fiscali a favore dei proprietari, che stipulano o rinnovano contratti di locazione, secondo la modalità del canone concordato nei comuni di cui al decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, recante misure urgenti per fronteggiare l'eccezionale carenza di disponibilità abitative, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61;

la medesima legge del 1998, sempre all'articolo 8, stabilisce, altresì, che il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei competenti ministri, provvede ogni 24 mesi all'aggiornamento dell'elenco dei comuni, anche mediante interventi di ampliamento e revisione dei criteri previsti dal decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 899;

il CIPE, in due successive delibere 4 e 84 del 2002, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale numeri, rispettivamente, 199 e 280 del 2002, ha provveduto ad una revisione dell'elenco dei Comuni ad alta tensione abitativa, demandando alle regioni e alle province autonome l'individuazione, d'intesa con l'Anci, di detti comuni, entro una soglia predeterminata di popolazione;

la delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 13 novembre 2003, n. 87/03 nell'allegato B, con riferimento alla regione Lazio, attribuisce alla stessa un peso totale spettante pari a 4.532.590 milioni di residenti. Tale soglia è stata raggiunta a seguito dell'esercizio della facoltà riconosciuta alle regioni, in base alla citata delibera CIPE del 29 settembre 2002, n. 84, di incrementare del 20 per cento la soglia relativa alla "popolazione interessata". Tale incremento, per quanto riguarda la regione Lazio, ha significato un incremento di 755.432 abitanti;

considerato che nella regione Lazio, in data 15 ottobre 2001, si è costituito il comune di Fonte Nuova, nella provincia di Roma, ai sensi della legge regionale del 5 ottobre 1999, n. 25, con una popolazione, al tempo della costituzione, pari a 24.741 abitanti. Stando ai dati Istat, riferiti al 1° gennaio 2015, il suddetto comune oggi conta 32.149 abitanti;

rilevato che:

con deliberazione della Giunta regionale del Lazio del 28 marzo 2003, n. 274, è stato aggiornato l'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa, e nell'annesso allegato A è riportato, insieme ad altri, il comune di Fonte Nuova;

nella delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica del 13 novembre 2003, n. 87/03, allegato A (successiva alla suddetta deliberazione di Giunta regionale) nell'elenco riguardante i comuni ad alta tensione abitativa, non è menzionato il comune di Fonte Nuova;

preso atto che:

la Conferenza delle Regioni e delle province autonome, nella riunione dell'11 febbraio 2016, ha approvato un documento che contiene una proposta di revisione delle soglie per l'individuazione dei Comuni ad alta tensione abitativa (ATA). L'obsolescenza dell'elenco dei Comuni definiti ad alta tensione abitativa approvato dal CIPE con deliberazione n. 87/2003, ha indotto alla costituzione di un Tavolo tecnico, finalizzato a procedere ad una revisione e aggiornamento del suddetto elenco. La necessità di revisione era stata più volte richiamata dalle regioni al tavolo interregionale e negli incontri con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tale operazione si è ripresentata con maggiore evidenza in relazione all'istituzione del fondo morosità incolpevole, le cui risorse sono riservate ai soli Comuni ATA (decreto interministeriale 14 maggio 2014, recante "Attuazione dell'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, Morosità incolpevole", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 161 del 14 luglio 2014);

l'adempimento previsto dalla citata legge n. 431 del 1998, al primo punto, relativo all'aggiornamento biennale dell'elenco dei Comuni ad alta tensione abitativa, non è stato assunto, rimanendo sostanzialmente fermo al 2003;

in sede di conferenza delle Regioni e delle Province, nella riunione del 16 febbraio 2016, è stata individuata una nuova metodologia per la modifica dell'elenco attualmente vigente, approvato dal CIPE, con la deliberazione 13 novembre 2003, n. 87. In sostanza, le alternative valutate dal Tavolo tecnico preposto riguardano l'elaborazione di un'integrazione della metodologia adottata nel 2002 con nuovi indicatori di disagio abitativo idonei a cogliere le trasformazioni socio-demografiche ed economiche, per aggiornare la soglia della popolazione interessata,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

se possa fornire delucidazioni circa le ragioni che hanno determinato l'esclusione, tramite la delibera n. 87 del 2003 del CIPE, del comune di Fonte Nuova dall'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa, dopo che con deliberazione di Giunta, adottata precedentemente alla suddetta delibera CIPE, la regione Lazio aveva inserito detto comune tra quelli ad alta tensione abitativa;

se e quali misure, di sua competenza, intenda promuovere per definire, con i soggetti istituzionali interessati ai sensi della normativa vigente, i criteri e i parametri per la revisione della soglia di popolazione interessata per regione e l'individuazione delle modalità per l'aggiornamento periodico, al fine di consentire al CIPE di approvare le nuove soglie, e alle regioni di individuare i Comuni interessati dalle nuove soglie.

(4-05457)

CARDIELLO - Ai Ministri dell'interno, per gli affari regionali e le autonomie e del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:

il Ministero dell'interno, tramite l'Autorità di gestione (ADG), con il primo riparto di risorse del piano di azione coesione agli ambiti territoriali per i servizi di cura (PAC Cura), ha dato avvio all'attuazione del primo e principale obiettivo del piano per gli anziani non autosufficienti nelle 4 Regioni interessate (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia);

il piano di zona di Eboli è risultato, tra l'altro, tra i primi approvati relativamente al servizio di assistenza domiciliare sociale ed integrata anziani, così come da decreto n. 054/PAC dell'11 aprile 2014;

il Comune di Eboli, Settore piano di zona, con determinazione n. 193 R.G. del 5 febbraio 2014, avviava le procedure per l'aggiudicazione dell'appalto del servizio di assistenza domiciliare sociale ed integrata degli anziani;

nel bando di gara-capitolato speciale, tra i requisiti di capacità tecnica e professionale, sono stati inseriti i seguenti: la realizzazione, nel triennio 2011-2012-2013, di servizi simili a quello bandito, pubblici o privati (srvizi domiciliari per anziani) presentando l'elenco degli stessi, il loro oggetto, gli importi, la durata e i destinatari, pubblici o privati);

con determinazione n. 268 del 18 febbraio 2014 veniva rettificato il bando di gara pubblicato e specificato "di proseguire, nelle more dell'espletamento della procedura di gara e fino alla nuova aggiudicazione, il rapporto contrattuale con la cooperativa sociale CSM Service, aggiudicatario del contratto iniziale, agli stessi patti e condizioni, per l'importo complessivo presunto di € 70.750,08";

con determinazione n. 1135 del 10 luglio 2014, a firma congiunta del dirigente e del coordinatore del piano di zona S5, veniva aggiudicato definitivamente il servizio di assistenza domiciliare sociale ed integrata degli anziani alla cooperativa sociale CSM Service, corrente ad Eboli, piazza Regione Campania n. 11, per la durata di 12 mesi per un importo pari a 1.182.939,24 euro;

con delibera del commissario prefettizio dottoressa Vincenza Filippi, adottata ex art. 42 del decreto legislativo n. 267 del 2000, n. 8 /C del 25 novembre 2014, veniva stipulata una convenzione con il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Campania ed il Molise e la Prefettura di Salerno;

in particolare, all'art. 3, rubricato "Ambito di operatività della stazione unica appaltante", viene specificato che "L'ambito di operatività della stazione unica appaltante è relativa ai lavori pubblici di importo pari o superiore ad € 200.000,00 ed a forniture e servizi di importo pari o superiore ad € 130.000,00 al netto d'IVA";

con determinazione n. 990 del 6 luglio 2015, a firma congiunta del dirigente e del coordinatore del piano di zona S3, veniva affidato il servizio di assistenza domiciliare agli anziani sociale per il periodo 11 luglio-7 agosto 2015, per l'importo di 35.527,32 euro, Iva esente, e quello di assistenza domiciliare agli anziani integrata per il periodo 11 luglio-25 settembre 2015, per l'importo di 56.737,44 euro, Iva esente, alla cooperativa sociale CSM;

con determinazione n. 1192 del 7 agosto 2015, a firma congiunta del dirigente e del responsabile dell'ufficio di piano, venivano prorogati alla cooperativa, il servizio di assistenza domiciliare anziani sociale per il periodo 8 agosto-31 dicembre 2015, per l'importo di 169.261,47 euro, e quello di assistenza domiciliare anziani integrata, in scadenza alla data del 25 settembre, fino al 31 dicembre 2015, per l'importo di 186.111,52 euro, e quindi per l'importo complessivo di 355.372,99 euro. Il tutto è avvenuto senza l'espletamento di una gara ad evidenza pubblica e senza il coinvolgimento della stazione unica appaltante, come da convenzione sottoscritta. Con questa seconda proroga non è stato rispettato il PAC anziani del Ministero dell'interno, comportando, invece, una quadruplicazione temporale dell'originario periodo di aggiudicazione;

in data 16 settembre 2015, un consigliere comunale di Eboli avrebbe inviato apposita segnalazione all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), avente ad oggetto la proroga (prot. ANAC n. 117029 del 16 settembre 2015 assegnato all'Ufficio Vigilanza Servizi ANAC);

con determina n. 107 del 16 febbraio 2016, a firma del responsabile del piano di zona, sono stati adottati due distinti ma contestuali provvedimenti. In primis è stato prorogato il servizio di assistenza domiciliare agli anziani integrata da realizzarsi nei comuni dell'ambito S3 ex S5 in favore della cooperativa sociale CSM, già aggiudicataria del servizio per un importo pari a 156.000 euro, senza alcuna procedura ad evidenza pubblica. Si ricorda che già in data 6 luglio e 7 agosto 2015, così come documentato, sarebbe stata effettuata una prima proroga del valore di 56.737 euro e una seconda proroga del valore di 355.372 euro senza alcuna procedura ad evidenza pubblica, dunque un totale di 3 proroghe per un valore di circa 560.000 euro. Inoltre, è stato anche pubblicato il bando di gara concernente lo stesso servizio, per la durata di mesi 18 e per un valore pari a 1.458.000 euro: nel merito si riscontrano le anomalie inerenti al mancato coinvolgimento della stazione unica appaltante (nella convezione stipulata e in vigore fino al 2018, tutte le gare ad evidenza pubblica con un valore superiore a 200.000 euro devono essere gestite da questa struttura specialistica) e il superamento della soglia comunitaria pari a 750.000 euro;

rilevato che il PAC anziani del piano di zona di Eboli, relativo al secondo riparto assegnato dal Ministero dell'interno, è stato approvato già nel mese di luglio 2015 e nello stesso si è programmata la modalità di erogazione del servizio di assistenza domiciliare anziani sociale ed integrata tramite l'utilizzo dei buoni sociali (voucher) così come stabilito nel vigente regolamento del piano di zona;

constatato che non si è dato attuazione al PAC anziani del secondo riparto, ma si è proceduto per il servizio di assistenza domiciliare gli anziani ad un affidamento a parere dell'interrogante illegittimo alla cooperativa sociale CSM Service così come avvenuto con determinazione R.G. n. 1192 del 7 agosto 2015 del piano di zona avente ad oggetto "Servizio di assistenza domiciliare anziani sociale ed integrata affidamento art. 57/ decreto 163706- comma 5-lett.B", sembrerebbe senza alcuna motivazione valida;

constatato, altresì, che l'affidamento risulterebbe illegittimo, in quanto già si affidava alla cooperativa sociale CSM Service, con determinazione n. 990 R.G. del 6 luglio 2015, ai sensi dell'art. 57, comma 5, lettera b), del decreto legislativo n. 163 del 2006, alla cooperativa sociale aggiudicataria del contratto iniziale il servizio di assistenza domiciliare anziani sociale per il periodo 11 luglio-7 agosto 2015, per l'importo di 35.527,32 euro, Iva esente, e quello di assistenza domiciliare anziani integrata per il periodo 11 luglio-25 settembre 2015, per l'importo di 56.737,44 euro, e che non ricorre nessuna motivazione per adottare soluzioni di continuità nell'erogazione di prestazioni essenziali a fasce della popolazione particolarmente deboli, in quanto bastava semplicemente dare attuazione al PAC anziani con l'utilizzo dei voucher per garantire il servizio di assistenza domiciliare agli anziani, così come approvato dal Ministero dell'interno nell'ambito della programmazione del PAC del II riparto, da attivarsi immediatamente dopo l'utilizzo delle economie di gara affidate con la determinazione n. 990 del 6 luglio 2015 citata e cioè a partire dal mese di agosto per il servizio sociale e dal mese di settembre per il servizio integrato (ADI),

si chiede di conoscere:

quali utili interventi i Ministri in indirizzo intendano adottare per accertare se le proroghe citate e il bando pubblicato, aventi ad oggetto lo stesso servizio, siano legittime o meno;

quale sia il motivo per il quale non si è dato attuazione al PAC anziani del II riparto, così come approvato dal Ministero dell'interno relativamente al servizio di assistenza domiciliare sociale ed integrata agli anziani secondo la modalità di erogazione dei buoni sociali (voucher);

quale sia il motivo per il quale si è ricorso alla procedura di affidamento, così come avvenuto con la citata determinazione R.G. n. 1192 del 7 agosto 2015 del piano di zona, anziché espletare regolare gara ad evidenza pubblica;

se vi siano state violazioni dei principi di imparzialità, trasparenza, concorrenza ed inoltre con quali criteri la ditta aggiudicatrice abbia proceduto ad assumere il personale impiegato per i servizi.

(4-05458)

CARDIELLO - Ai Ministri dell'interno, per gli affari regionali e le autonomie e dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che, per quanto risulta all'interrogante:

il Comune di Eboli (Salerno), Settore piano di zona, con determinazione n. 1348 R.G. del 25 agosto 2014, avviava le procedure per l'aggiudicazione dell'appalto del servizio di assistenza specialistica per alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di I grado, da realizzarsi nei Comuni dell'ambito S3 ex S5, per la durata di 4 mesi, per l'importo a base d'asta di 127.884,62 euro;

con determina n. 1874 del 17 novembre 2014 del Settore piano di zona è stato aggiudicato, in via definitiva, il servizio all'associazione temporanea di imprese composta dalla cooperativa sociale CSM Service e dalla cooperativa sociale Anche Noi, per la durata di 4 mesi, per l'importo di 123.408,65 euro, IVA esclusa;

con delibera del commissario prefettizio, adottata ex art. 42 del testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, n. 8/C del 25 novembre 2014, veniva stipulata convenzione con il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Campania ed il Molise e la Prefettura di Salerno. In particolare all'art. 3, "Ambito di operatività della stazione unica appaltante", viene specificato che "L'ambito di operatività della stazione unica appaltante è relativa ai lavori pubblici di importo pari o superiore ad € 200.000,00 ed a forniture e servizi di importo pari o superiore ad € 130.000,00 al netto d'IVA";

con determinazione n. 493 R.G. del 27 marzo 2015 si affidava in proroga il servizio all'associazione temporanea di imprese aggiudicataria del contratto iniziale per il periodo 18 marzo-30 giugno 2015, per l'importo di 118.000 euro, Iva inclusa, comprensivo di tutti gli oneri, spese e prestazioni occorrenti per garantire il servizio;

in data 8 agosto 2015 il consiglio di amministrazione della cooperativa sociale Anche Noi è stato modificato. In particolare, il ruolo di presidente, ricoperto sin dal 24 agosto 2011 da una persona molto vicina al sindaco di Eboli, è stato ceduto ad altra componente del consiglio di amministrazione con contestuale nomina a vice presidente. Stranamente il tutto è avvenuto 2 giorni prima della pubblicazione della determina di avvio delle procedure di appalto pubblico;

il Comune di Eboli, settore piano di zona, con determinazione n. 87 - R.G. n. 1202 del 10 agosto 2015, infatti, ha approvavo il bando di gara ed il capitolato speciale di appalto e ha avviato la procedura per l'aggiudicazione dell'appalto del servizio di assistenza specialistica per alunni con disabilità nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di I grado, da realizzarsi nei Comuni dell'ambito S3 ex S5, per la durata di 9 mesi (ottobre 2015-giugno 2016), per l'importo a base d'asta di 446.500 euro, oltre Iva al 4 per cento;

con determinazione n. 1376 del 15 settembre 2015 è stata nominata la commissione aggiudicatrice delle offerte;

il bando è stato aggiudicato in via definitiva all'associazione temporanea di imprese composta dalle cooperative sociali CSM Service, Anche Noi e Centro SIPSI, per la durata di 9 mesi, per l'importo di 430.872,50 euro, al netto del ribasso percentuale del 3,5 per cento, Iva esclusa;

in data 21 ottobre 2015 un consigliere comunale di Eboli ha inviato apposita segnalazione all'Autorità nazionale anticorruzione (prot. Anac n. 137955 del 21 ottobre 2015 assegnata agli uffici Trasparenza e vigilanza servizi /forniture);

ritenuto che, per quanto risulta all'interrogante:

è stata pubblicata sull'Albo pretorio comunale la determina n. 1202 del 10 agosto 2015 di approvazione del bando di gara, che cita "di stabilire che la pubblicazione dell'appalto sarà realizzata mediante affissione all'Albo Pretorio". Successivamente, l'ente non ha mai pubblicato all'albo pretorio il bando di gara, in violazione dell'art. 37 del decreto legislativo n. 33 del 2013, rubricato "Obblighi di pubblicazione concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture". È evidente che tale omissione ha comportato la limitazione dei concorrenti alla gara con pregiudizio nei confronti di altri possibili partecipanti. Tale grave anomalia è confermata, inoltre, nella determina di aggiudicazione definitiva dove non si rileva la data di pubblicazione del bando;

nei punti 5.3 e 5.4 del capitolato speciale d'appalto (capacità economica finanziaria e tecnica professionale) si richiede il triennio 2011-2013 in relazione ai principali servizi prestati. Inoltre, per quanto concerne i servizi simili, si richiama il decreto direttoriale n. 308 del 2013 anziché il recente decreto direttoriale n. 764 del 2014 in cui si riportano i macrolivelli dei servizi chiaramente collegati ai codici di nomenclatore regionale dei servizi afferenti. Non vi è motivazione secondo cui non è stato considerato l'elenco dei principali servizi prestati negli ultimi 3 anni cioè il triennio 2012-2014 ai sensi dell'art. 42, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni;

l'articolo 13 del capitolato prevede, per quanto concerne il personale impiegato per l'esecuzione dei servizi e gli interventi previsti: "Il Soggetto aggiudicatario è tenuto, nei confronti del personale impiegato per l'esecuzione dei servizi/interventi, ad applicare condizioni normative e retributive non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro applicabili, alla data del presente atto" e che " Il personale impiegato deve avere carattere di stabilità, salvo eventi imprevedibili o previsti dalla normativa vigente e/o da istituti contrattuali". Ad oggi, non risultato essere impiegati lavoratori con carattere di stabilità e agli stessi è stato richiesto di aprire apposita partita IVA, in aperta violazione delle norme di legge e contrattuali nazionali;

nel capitolato d'appalto viene richiesto: "che nei suoi confronti non è stata emessa sentenza di condanna passata in giudicato oppure di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del c.p.p., per reati che incidono sulla moralità professionale (art. 38, c.1, lett. c) del decreto legislativo n. 163/06)", eliminando il riferimento previsto dall'art. 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006 per i soggetti cessati dalla carica nell'anno precedente, senza alcuna motivazione a supporto,

si chiede di sapere:

quali utili interventi di competenza i Ministri in indirizzo intendano adottare al fin di accertare se la procedura adottata sino all'aggiudicazione definitiva sia stata legittima e lecita;

quali contratti siano stati sottoscritti dagli operatori selezionati dall'associazione temporanea di imprese vincitrice e se corrisponda al vero che sono state aperte partite IVA per i lavoratori, eludendo così le norme disciplinanti la contrattazione nazionale;

quale sia il motivo per cui non è stata coinvolta la stazione unica appaltante per l'espletamento della gara;

se intendano inviare ispettori ministeriali per controlli più approfonditi.

(4-05459)

ALBANO, Stefano ESPOSITO, DIRINDIN, PUPPATO, D'ADDA - Al Ministro dell'interno - Premesso che le funzioni specialistiche della Polizia postale rappresentano un unicum irrinunciabile tra le diverse forze di polizia esistenti, specialmente se si osserva l'incremento del ricorso alla comunicazione informatica da parte della criminalità, sia nazionale che internazionale, con particolare riferimento a quella di stampo terroristico;

considerato che:

la legge delega n. 124 del 2015, in tema di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, prescrive di evitare duplicazioni nelle funzioni e nei compiti tra le diverse forze di polizia;

le caratteristiche della Polizia postale e delle comunicazioni, come detto, rappresentano un unicum rispetto agli altri Corpi;

il piano di riordino delle forze di polizia non è ancora stato definito e presentato alle Camere, essendo al momento apparse solo alcune notizie di stampa, ed alcuni comunicati sul sito del Governo, in materia di assorbimento del Corpo forestale nell'Arma dei Carabinieri;

il decreto-legge n. 7 del 2015, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2015, prevede un utilizzo intensivo e di primo piano della Polizia postale;

rilevato che:

da circa 3 anni si assiste ad una riorganizzazione che di fatto svuota alcuni uffici territoriali tramite l'agevolazione di domande di trasferimento del personale in uscita, senza disporre il conseguente ingresso in sostituzione da parte di altre sedi o di nuovo personale, compromettendo nei fatti la funzionalità degli uffici periferici, con conseguente mancato rispetto dell'aliquota di normale reintegro del personale in quiescenza;

non è avvenuta l'assegnazione alle sezioni della Polizia postale del personale che ha superato il concorso da vice sovrintendente, trasferito d'ufficio nelle Questure dove è impiegato in ordinari compiti istituzionali non investigativi, come servizi di volante, vigilanza o altra natura di carattere generico;

Poste italiane SpA ha rinnovato la convenzione con il Dipartimento della pubblica sicurezza, e ne supporta pertanto i costi delle strutture, mezzi e materiali; costi pertanto non a carico del Ministero,

si chiede di sapere:

quando verrà presentato ufficialmente il piano di riorganizzazione della Polizia postale;

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno procedere ad un potenziamento di questo Corpo, le cui funzioni e competenze risultano indispensabili nell'efficace contrasto del crimine, in particolar modo per quello di stampo internazionale e terroristico;

se non ritenga necessario, al fine di mantenere la piena operatività del corpo, mantenere le sedi territoriali, al fine di svolgere al meglio un monitoraggio efficace.

(4-05460)

PAGLINI, SERRA, BOTTICI, BERTOROTTA, PUGLIA, SANTANGELO, MORONESE, DONNO, NUGNES - Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo - Premesso che:

in Toscana, nel comune di Marciana, nell'isola d'Elba, è stato riportato alla luce un antico ipogeo, scavato nella roccia, a pianta cruciforme, composto da un lungo corridoio di accesso, con due camere laterali al suo termine;

a parere di alcuni studiosi che hanno visitato il manufatto, la singolarità di questa struttura consiste nella sua forma architettonica ricavata nel granito, che è una delle rocce più dure da scavare;

soprattutto in tempi remoti riuscire a penetrare questo tipo di roccia richiedeva tempo e sforzi notevoli, sia per la qualità degli utensili usati sia per l'immane lavoro manuale che uno scavo di questo genere avrebbe comportato;

dall'analisi dei documenti e delle informazioni raccolte dagli interroganti, in merito all'ipogeo di Marciana, emergono diverse criticità sia per quanto riguarda la classificazione del sito, sia per quanto riguarda la sua tutela;

innanzitutto lo sterramento e la pulizia integrale dell'ipogeo è stata effettuata in modo non scientifico, al solo scopo di togliere detriti e sedimenti per ripristinare l'entrata del sito, quando sarebbe stato invece necessario operare con criteri stratigrafici con personale specializzato e qualificato (archeologi);

risulta infatti che dopo aver aperto l'accesso del corridoio, l'intervento sia consistito nello svuotare le aree interne, ed in particolare il corridoio e le due camere, asportando i circa 80 centimetri di terriccio e i materiali depositati sopra la pavimentazione nel corso dei secoli, senza il necessario vaglio ed analisi, nel momento del rinvenimento, di frammenti o reperti che potevano rivestire un interesse storico. Anche le pareti sono state ripulite impropriamente asportando, insieme con le muffe, la parte superficiale, dove emergevano incisioni;

la stessa Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, con sede a Firenze, interpellata sul caso, ha affermato: «lo svuotamento, che non è stato eseguito con criteri stratigrafici data la natura dei depositi di materiale di risulta, e di cui, pertanto non è stata informata questa Soprintendenza, ha però permesso di recuperare alcuni frammenti ceramici dal XVI al XIX sec. ora ricoverati presso il Museo Archeologico di Marciana» (pag. 1 del parere di competenza sull'immobile denominato "ipogeo di Marciana", MBAC-SBA-TOS ARC_PROT. 0016720 del 27 ottobre 2014);

questa ultima dichiarazione conferma da un lato il fatto che l'approccio al recupero di questo bene è stato effettuato in modo non scientifico, dall'altro la circostanza che siano stati recuperati frammenti ceramici rilevanti, tali da essere ricoverati presso il museo archeologico di Marciana, conferma che chi ha rinvenuto i reperti si è reso conto che lo scavo e lo sterramento dell'ipogeo stavano conducendo alla scoperta di frammenti aventi valore storico ed artistico ed invece di procedere, come sarebbe stato auspicabile, con personale qualificato, la decisione è stata quella di ultimare i lavori senza procedere ad uno scavo condotto con criteri scientifici. Alla luce di questa dichiarazione, dato che è acclarato che chi ha agito all'interno dell'ipogeo era personale non specializzato, non si può escludere che siano stati rinvenuti altri reperti di epoche più antiche, di cui i lavoratori che operavano nell'attività di sterramento non hanno riconosciuto il valore storico-artistico che uno specialista avrebbe potuto riconoscere;

a seguito di tali fatti, associazioni culturali e cittadini elbani facevano presente al Comune di Marciana che l'ipogeo doveva essere identificato come un luogo sepolcrale etrusco e gli contestavano di aver operato uno sterramento senza le relative cautele che sarebbe stato utile tenere per un sito che forse troppo frettolosamente era stato identificato come "zecca degli Appiani", come si legge su "Elba Reporter", quotidiano d'informazione on line dall'isola d'Elba, nell'articolo "Grido d'allarme per lo straordinario Ipogeo etrusco di Marciana" del 24 agosto 2014, e su "Il Tirreno", "Ipogeo etrusco o zecca, Marciana riscrive la storia - Recenti studi pongono dubbi sull'utilizzo della grotta come conio degli Appiani tanto che la minoranza chiede chiarezza sulla vera origine del monumento", dello stesso giorno;

la disputa si è protratta a mezzo stampa, in quanto il Comune di Marciana ha affermato più volte che l'ipogeo non era una tomba etrusca, ma una zecca risalente all'epoca dei principi Appiano (XV-XVII secolo), signori di Piombino e dell'Elba, e scavata con anni e anni di duro lavoro nel profondo di uno sperone roccioso di granodiorite (ItaliaNostra - Arcipelago Toscano, "A proposito della Zecca appiana/ipogeo etrusco a Marciana: perché toni tanto duri?", 31 dicembre 2014; Elba Notizie, "Chiamare zecca appianea lo spettacolare ipogeo etrusco di Marciana significa snaturarne l'identità storica", 9 settembre 2014; "Corriere Centro Italia - PaeseRoma", "All'Isola d'Elba il cerino acceso sull'ipogeo archeologico di Marciana Alta", 9 febbraio 2016);

il sindaco di Marciana, per risolvere ogni ulteriore discussione e ogni critica sul caso, riuniva il Consiglio comunale e deliberava all'unanimità che si trattava di una zecca della famiglia Appiano e non di altro, precisando fra l'altro che «da tempo immemore quell'immobile viene identificato nell'immaginario collettivo dei marcianesi come la zecca degli Appiani» come si legge su "Elba Reporter", "La zecca di Marciana e le riserve auree degli Appiano" del 20 settembre 2014;

successivamente il Comune faceva allestire l'ipogeo presentandolo ai turisti come la "zecca degli Appiani", installando fra l'altro nel corridoio centrale di accesso e nelle camere dei tubolari metallici che deturpano il monumento;

in data 16 ottobre 2014, la Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana di Firenze, interpellata dall'associazione Ilva-isola d'Elba, dopo aver inviato una delegazione per un sopralluogo presso il Comune di Marciana per esprimersi sulla natura dell'ipogeo, smentiva che quello fosse un sepolcro etrusco ipotizzando invece, che potrebbe essere una neviere o una cisterna (pag. 2 del citato parere);

in considerazione però, che le risposte della Soprintendenza, che ipotizzava che tale ipogeo fosse una neviera, oppure una cisterna, anziché dirimere gli equivoci ne ingeneravano di nuovi, geologi, architetti, archeologi, specialisti di discipline diverse hanno promosso nei giorni 16-17 ottobre 2015, a Marciana marina, un convegno nazionale avente per titolo "L'Elba e i suoi beni culturali: anatomia di un patrimonio da proteggere, conservare e valorizzare", concludendo alla luce dello studio condotto sulla struttura che è improbabile che l'ipogeo fosse una zecca, una cisterna o una neviera e che più verosimilmente potrebbe essere identificato come un luogo destinato ad una nobile sepoltura etrusca del VI secolo a.C., ipotesi quest'ultima che trova riscontri sia confrontando la planimetria e l'orientamento dell'ipogeo etrusco di Castellina in Chianti, sia con altre tombe a croce dell'antica Etruria tra cui strutture simili rinvenute nell'area di Colle val d'Elsa, nonché dalla circostanza non trascurabile che nel catasto leopoldino l'area accanto all'ipogeo era identificata con il toponimo "La Tomba";

l'ipotesi che tale struttura, poi riadattata nei secoli successivi ad altri usi, fosse originariamente un ipogeo etrusco potrebbe essere il motivo più plausibile per giustificare l'enorme lavoro di scavo nella roccia granitica, mentre non appare credibile la realizzazione dell'ipogeo come zecca, evidentemente bisognosa di spazi più idonei per le lavorazioni del metallo, oppure come una cisterna o neviera;

la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo, preso atto della delicatezza della questione, attraverso il proprio ufficio, contattava a dicembre 2015 la Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana e la Soprintendenza di Pisa e Livorno, affinché precisassero quale fosse la funzione e la classificazione ufficiale dell'ipogeo di Marciana. A seguito di alcuni solleciti, il 25 gennaio 2016, in risposta alla richiesta di comprendere quale fosse l'attribuzione dell'ipogeo di Marciana, riceveva risposta dalla Soprintendenza di Pisa e Livorno che informava che «come disposto dal Segretariato Regionale dei Beni Culturali della Toscana e d'intesa con l'Amministrazione comunale di Marciana, questo Ufficio ha già iniziato la raccolta della documentazione tecnica e amministrativa per l'attivazione del riconoscimento di interesse storico artistico dell'intero complesso del Palazzo Appiani di Marciana comprendente l'ipogeo in oggetto, che comunque ricade in zona sottoposta a tutela paesaggistica per effetti del decreto ministeriale in data 12 novembre 1952 pubblicato sulla G.U. n. 283 del 6 dicembre 1952», come si legge sulla risposta fornita dall'architetto Andrea Bertolini dell'ufficio Vincoli il 25 gennaio 2016; in quella stessa comunicazione la prima firmataria veniva inoltre messa a conoscenza che il giorno 4 febbraio 2016 sarebbe stato effettuato un ulteriore sopralluogo di approfondimento sul sito, da parte del personale della Soprintendenza di Pisa e Livorno;

nessuna ulteriore informazione è stata fornita sul caso in seguito al sopralluogo effettuato;

in data 11 marzo 2016, giungeva anche la risposta della Soprintendenza archeologica della Toscana, che precisava: «questa Soprintendenza comunica che l'immobile denominato "ipogeo di Marciana", ubicato a Marciana (Livorno), via degli Appiani, non è vincolato da questa Soprintendenza perché la definizione dell'eventuale interesse architettonico è di competenza della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio. Non risultano, infatti ad oggi, elementi validi per una dichiarazione di interesse archeologico della struttura ipogea» (prot. n. 3721);

nella stessa risposta veniva allegata la relazione del professor Luigi Donati, già ordinario di Etruscologia e archeologia italica presso l'università di Firenze, intitolata "Considerazioni sull'Ipogeo di Marciana Alta", redatta a seguito di un sopralluogo effettuato dallo studioso in data 7 dicembre 2015. Il professor Donati, pur riconoscendo che «la pianta dell'ipogeo somiglia in effetti nella configurazione cruciforme a quella di certe tombe etrusche. In particolare, il corridoio in discesa richiama il dromos e i due ambienti di fondo richiamano le celle sepolcrali etrusche», evidenziava anche alcune aporie tali da non permettergli di identificare con certezza la funzione dell'ipogeo. Nelle considerazioni finali di suddetta relazione evidenziava inoltre: «Forse, da un'accurata esplorazione degli ambienti che esistono sul lato sinistro del complesso (che non ho potuto visitare) potrebbe venire qualche ulteriore informazione. In conclusione, di fronte a casi complessi come questo, occorre avere la modestia e la prudenza di riconoscere che non tutto è per noi spiegabile, nella speranza che qualche confronto o qualche novità fortunata portino altri elementi chiarificatori»;

gli interroganti, al fine di identificare e classificare correttamente il sito, auspicano dunque che venga quanto prima nominata una commissione di specialisti italiani e stranieri, la quale esamini l'ipogeo con verifiche complete sull'intera struttura, conducendo congrue ispezioni archeologiche, anche prevedendo, se necessario, scavi stratigrafici in prossimità del sito. Un'azione di questo tipo potrebbe risolvere in modo definitivo le polemiche e i dubbi che sono stati sollevati nel corso di questi anni sulla classificazione di questo bene architettonico,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere, affinché si giunga ad una corretta e chiara classificazione dell'ipogeo di Marciana.

(4-05461)

GIARRUSSO, BERTOROTTA, DONNO, MORONESE, CAPPELLETTI, SANTANGELO, LUCIDI, SERRA, TAVERNA - Ai Ministri dell'interno, per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:

la discarica di proprietà della ditta "Proto-Pappalardo", sita in contrada Tiritì del comune di Motta Sant'Anastasia (Catania), risulterebbe, stando alle relazioni depositate presso la Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, "provvisoriamente" autorizzata con un provvedimento recante data 16 settembre 1983, di cui, tuttavia, si sconosce l'autorità che l'abbia emessa. Autorizzazione successivamente revocata con decreto assessoriale n. 251/86; su istanza della ditta, veniva concessa un'ulteriore autorizzazione in via transitoria della durata di un anno e, seppure pare che non sussista alcuna documentazione relativa al suo rinnovo, l'autorizzazione verrà nuovamente revocata "a tempo indeterminato" con decreto assessoriale n. 1531/92, a seguito di sequestro dell'impianto. In concomitanza con il dissequestro della discarica, la ditta Pappalardo Nunzia provvedeva a richiedere la riattivazione dell'impianto, concessa con decreto assessoriale n. 385/97, valida fino alla data del 31 dicembre 1999;

durante il periodo di inattività della discarica Tiritì (1992-1997), il Comune di Motta Sant'Anastasia attivava, in regime di contingibilità ed urgenza ex art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, una discarica comunale ubicata in contrada Valanghe d'inverno e contigua alla contrada Tiritì, che, tuttavia, lo stesso Comune attraverso una nota alla Regione indicava come sito "potenzialmente contaminato", il cui utilizzo è stato interrotto allorquando è stata concessa la riattivazione dell'impianto in contrada Tiritì;

a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza rifiuti in Sicilia, proclamata con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 2983 del 1999, il prefetto di Catania autorizzava, in regime provvisorio fino alla data del 30 giugno 2000, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani presso la discarica di contrada Tiritì. Pur non esistendo ulteriori autorizzazioni all'utilizzo della discarica da parte del prefetto nel periodo compreso tra il 30 giugno 2000 ed il 30 marzo 2006, sembrerebbe, invece, che l'impianto continuasse ad operare regolarmente;

con nota del prefetto di Catania prot. n. 1387/3831-01/20.1/Gab del 14 luglio 2005, al fine di assicurare il contenimento del numero degli impianti di smaltimento presenti sul territorio provinciale, veniva approvato un piano di adeguamento della discarica di contrada Tiritì, la quale, stante il richiamo in nota del decreto-legge n. 15 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 62 del 2003, sembrerebbe non essere stata individuata dal prefetto quale impianto di cui avvalersi durante il periodo di emergenza. Ed invero, il primo atto di rinnovo dell'autorizzazione recava la data del 14 marzo 2006, nonostante non siano stati rinvenuti presso la Prefettura di Catania pregressi provvedimenti di autorizzazione all'esercizio della discarica nel periodo di regime commissariale, e nonostante l'esercizio della discarica fosse stato autorizzato fino al 1999;

in data 24 aprile 2006 Nadia Pappalardo donava la ditta ai figli, che contestualmente la trasformavano in società a responsabilità limitata denominata Oikos Srl. Pochi mesi dopo, e più specificatamente nel giugno 2006, sarà presentata dalla Oikos istanza per l'ottenimento dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) ai sensi del decreto legislativo n. 59 del 2005 per la discarica sita in contrada Tiritì, rilasciata con determinazione del responsabile del servizio n. 562 del 27 giugno 2007 e valida sino alla data del 27 giugno 2012, senza, tuttavia, presentare analoga istanza per il giudizio di compatibilità ambientale (valutazione di impatto ambientale, VIA) ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996;

in merito alla concessione dell'AIA, l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente convocava per la data del 29 marzo 2007 un incontro formativo in occasione del quale la Oikos avrebbe presentato un'integrazione alla documentazione progettuale relativa all'aumento della capacità produttiva, nonché un progetto preliminare di impianto per il trattamento dei rifiuti solidi urbani e della produzione di energia da fonte rinnovabile. Documenti che tuttavia non risulteranno inseriti fra i documenti progettuali approvati in AIA;

l'Agenzia regionale acque e rifiuti, ravvisando l'inosservanza di quanto disciplinato dal decreto legislativo n. 36 del 2003 relativamente agli artt. 5 e 7, con riguardo al conferimento dell'AIA, invitava "l'Autorità competente ad inserire nelle prescrizioni di tutte le autorizzazioni da rilasciare la redazione di un apposito progetto per l'implementazione del trattamento finalizzato al rispetto degli obiettivi, obbligando il soggetto gestore ad indicare le modalità con cui adempirà agli obblighi previsti dal Programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili in discarica dal 1° gennaio 2009, mentre per quelle rilasciate di emettere un apposito provvedimento, se necessario, per imporre tali prescrizioni". Conseguentemente, la ditta Oikos comunicava di aver ottenuto l'AIA per l'impianto di "pretrattamento e selezione dei rifiuti non pericolosi", con decreto n. 661 del 10 luglio 2008, dichiarando altresì la propria disponibilità alla "realizzazione di un impianto di trito vagliatura mobile a servizio della discarica in oggetto e localizzato all'interno del perimetro dell'impianto di discarica, da esercire nelle more dell'avvio dell'impianto autorizzato";

successivamente la ditta Oikos ha ottenuto anche le autorizzazioni AIA, con delibera di Giunta n. 83 del 9 marzo 2010, inerente a una discarica e bioreattore "in fase di realizzazione e prossima alla messa in funzione", nonché dell'AIA con determinazione di responsabile del servizio n. 221 del 23 marzo 2009 relativa all'ampliamento della discarica esistente in contrada Valanghe d'inverno, e ha dato comunicazione di avere attivato a decorrere dalla data del 10 aprile 2010 l'impianto di trattamento di cui alla determinazione del responsabile del servizio n. 661/08;

in virtù delle gravi difformità segnalate dalla Provincia regionale di Catania negli anni 2010-2011, l'Assessorato convocava plurimi tavoli tecnici aventi ad oggetto le autorizzazioni precedentemente rilasciate: n. 562/07 discarica contrada Tiritì, n. 661/08 impianto pretrattamento e selezione, n. 221/09 discarica contrada Valanghe d'inverno e n. 83/10 discarica e bioreattore, convenendo che siano "immediatamente posti in essere da parte della OIKOS tutte le attività necessarie per la definitiva messa in sicurezza e successiva chiusura definitiva della discarica";

in data 5 aprile 2013 la Guardia di finanza di Catania eseguiva un decreto di sequestro preventivo d'urgenza nella discarica in contrada Tiritì, emesso dalla Procura distrettuale per violazione ai reati ambientali di cui agli artt. 29-decies e 137 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché 110 e 674 del codice penale. Le indagini hanno altresì consentito di rilevare che la società Oikos non aveva ottemperato alle prescrizioni previste per l'utilizzo dell'impianto di discarica così come indicate nell'AIA rilasciata dalla Regione. Inoltre, sarebbero stati individuati scarichi di percolato con sversamento nel suolo e nel sottosuolo lungo la valle denominata Sieli, nonché nei torrenti Cubba e Rosa;

la non conformità nelle attività di gestione e utilizzo degli impianti avrebbero trovato riscontro anche nell'inchiesta, intrapresa nel 2011, denominata "Terra Mia": la Procura di Palermo, in collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia di Agrigento, avrebbe avuto modo di accertare un sodalizio criminale tra l'ex funzionario dell'ufficio dell'Assessorato regionale territorio e ambiente, Gianfranco Cannova, ed i proprietari dei maggiori impianti di smaltimento dei rifiuti siciliani, tra cui figurerebbe anche Domenico Proto, presidente del consiglio di amministrazione di Oikos SpA e già tratto agli arresti domiciliari in via cautelare. Per tutti gli imputati l'accusa sarebbe di corruzione; in particolare, Cannova, in cambio di denaro, regali ed altre utilità avrebbe rilasciato le opportune autorizzazioni alle attività dei diversi impianti, nonché consentito il loro rinnovo, anche in assenza dei relativi controlli;

stando alle intercettazioni, sarebbe proprio con Domenico Proto che Cannova avrebbe intrattenuto i rapporti più stretti; ed invero quest'ultimo, oltre ad avvisare il presidente della Oikos in occasione dei controlli effettuati dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale, lo avrebbe indirizzato nelle procedure da seguire durante i "fermo impianti", avallato tutte le richieste AIA pervenute dalla Oikos SpA, nonché ostacolato ditte concorrenti negando loro le istanze di autorizzazione. Per contro, Proto sarebbe stato estremamente munifico nei confronti del funzionario sia elargendo denaro liquido sia provvedendo ad una serie di spese di Cannova, quale, ad esempio diversi soggiorni alberghieri;

quasi contestualmente all'arresto del presidente di Oikos, in data 8 agosto 2014, il prefetto di Catania emetteva con provvedimento n. 36608 un'informativa antimafia interdittiva nei confronti di Oikos a seguito di una richiesta di rilascio di informazioni in tal senso da parte del Comune di Catania, cui seguiva, di concerto con l'Autorità nazionale anticorruzione, il commissariamento dell'impianto ai sensi dell'art. 32 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, in considerazione della stringente necessità di garantire la continuità di un servizio pubblico essenziale ed indifferibile quale è il servizio di igiene urbana ed ambientale e di smaltimento dei rifiuti;

pertanto, a partire dagli ultimi mesi del 2014, gli impianti sarebbero oggetto di commissariamento, in attesa che, tramite "specifico cronoprogramma", si giunga alla chiusura della discarica, così come disposto dalla Regione Siciliana;

considerato che, a quanto risulta agli interroganti:

la discarica di Tiritì avrebbe operato in una situazione di non conformità legislativa per tutto il periodo compreso tra il 1999 e il 2006, in assenza di esplicita autorizzazione all'esercizio ex art. 28 del decreto legislativo n. 22 del 1997, nonché in difetto di autorizzazione alla realizzazione dell'impianto, non riscontrabile nemmeno nei provvedimenti precedenti al 1999;

con riguardo al decreto AIA n. 562/2007, esso appare difforme alle disposizioni disciplinate dal decreto legislativo n. 59 del 2005 in merito, tra le tante, alla mancata applicazione della normativa in materia di valutazione dell'impatto ambientale. Invero, il Dipartimento regionale ambiente avrebbe rilasciato il decreto AIA senza che il progetto fosse propedeuticamente sottoposto alla VIA ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, ritenendo l'impianto "esistente" e pertanto rinnovando un provvedimento la cui validità era decaduta nel 1999, nonché in assenza del nulla osta all'impianto ex art. 5 della legge regionale n. 181 del 1981, qualora esistente;

il progetto risulterebbe inoltre non conforme al decreto legislativo n. 36 del 2003 relativamente alla mancanza dell'obbligo di indicazione: della tipologia dei rifiuti non ammessi in discarica (art. 6); del trattamento dei rifiuti (art. 7); della capacità totale della discarica espressa in termini di volume utile (art. 8); del piano di gestione operativa e post operativa, del piano di sorveglianza e controllo e del piano di ripristino ambientale (art. 8). Si ravviserebbero, inoltre, mancanze in merito all'obbligo del rispetto del programma di rifiuti biodegradabili da collocare in discarica (art. 5), come anche della coerenza del progetto con le previsioni ed i contenuti del piano regionale di gestione dei rifiuti (art. 9) e dell'indicazione nel provvedimento della delimitazione dell'area interessata dalla discarica, la categoria del provvedimento, dell'esplicita approvazione dei piani di cui all'art. 8, delle prescrizioni per le operazioni di collocamento in discarica e per le procedure di sorveglianza e controllo, incluse le determinazioni analitiche sui rifiuti conferiti, della durata della gestione post operativa, dell'obbligo per il gestore di presentare almeno una volta all'anno una relazione, nonché delle procedure di ammissione dei rifiuti in discarica;

l'AIA concessa nel 2007 avrebbe terminato la propria validità in data 27 giugno 2012, successivamente a quella data non esisterebbero istanze di rinnovo presentate da Oikos, nonostante la discarica risulti, almeno fino al 2014, in operatività gestionale;

per quanto attiene alla discarica Valanghe d'inverno, il rapporto istruttorio VIA n. 60/09, parte integrante dell'AIA n. 221/2009, si sarebbe espresso circa le "opere per la riconversione ed adeguamento della discarica per i rifiuti inerti di contrada Valanghe d'Inverno in discarica per rifiuti non pericolosi", laddove l'AIA n. 221/2009 sarebbe stata, invece, rilasciata per l'"ampliamento discarica per rifiuti non pericolosi";

allo stesso modo del decreto AIA n. 562/2007, anche quest'ultimo, relativo al sito Valanghe d'inverno, sarebbe stato approvato in difformità ai decreti legislativi n. 59 del 2006 e n. 36 del 2003. In proposito, si rende opportuno sottolineare come la discarica Valanghe d'inverno sia accessibile unicamente tramite l'impianto di contrada Tiritì, di cui non risulterebbe agli atti della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti alcun documento attestante l'acquisto, o comunque l'entrata in possesso del sito da parte della ditta riconducibile alla famiglia Proto-Pappalardo;

ancora, anche in riferimento al decreto AIA n. 661/2008, per la realizzazione e gestione dell'impianto di pretrattamento e selezione a servizio delle discariche rilasciato dal Dipartimento regionale ambiente in favore della ditta Oikos SpA, anch'esso risulterebbe essere stato emesso in difformità del decreto legislativo n. 59 del 2005; inoltre, l'attività dell'impianto sembrerebbe sia stata iniziata prima del provvedimento di accettazione delle fideiussioni, e pertanto in difformità al decreto AIA n. 661/08;

anche in merito al decreto AIA n. 83/2010 per la realizzazione e gestione dell'impianto in discarica e bioreattore, occorre precisare che sarebbe stato rilasciato senza tenere conto di quanto riportato nel parere VIA che assimilerebbe l'impianto ad uno di trattamento meccanico biologico (TBM), le cui BAT (best available techniques) di riferimento non sarebbero state rispettate;

considerato inoltre che, per quanto risulta:

si tratta di un trentennio di attività pressoché ininterrotto da parte di impianti che non avrebbero, nei fatti, mai ottemperato alle prescrizioni di legge e di cui, da tempo, la Regione Siciliana avrebbe chiesto la chiusura, che, nonostante il commissariamento in corso tarderebbe ad arrivare, stante il ricorso a sistematiche deroghe della stessa Regione, che ne imponeva, invece, la chiusura tramite uno "specifico cronoprogramma";

invero, come si legge nella delibera del prefetto di Catania, provvedimento n. 0042093 del 19 settembre 2014, "il Comune di Catania con note n. 245839 e 254301 rispettivamente del 28 luglio e 4 agosto uu.ss., ha chiesto all'A.N.A.C. ed a questa Prefettura l'applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio (…) rappresentando, altresì, l'impossibilità di procedere alla risoluzione del contratto d'appalto del servizio di igiene urbana ed ambientale in essere con le citate società, al fine di evitare il pericolo di insorgenza di problematiche igienico-sanitarie nonché di ordine pubblico, oltre che un negativo impatto in termini di mantenimento dei livelli occupazionali, ciò anche tenendo conto dei tempi stimati dal competente ufficio del citato Comune (da 8 a 12 mesi) relativamente alla conclusione di una nuova gara d'appalto per l'espletamento del servizio in questione";

considerato infine che, per quanto risulta agli interroganti:

la nomina dei commissari prefettizi ed in particolare dei relativi emolumenti è stata già oggetto di altre interrogazioni parlamentari, in ordine all'esborso ragguardevole di denaro pubblico, che continuerà ad essere erogato poiché, nonostante l'ultimo decreto di nomina prefettizia, recante la data del 19 dicembre 2014, sottolineasse l'aspetto straordinario e temporaneo della gestione dell'impianto, finalizzato alla conclusione di una nuova gara d'appalto, sembrerebbe che sia stato presentato un nuovo progetto alla Regione che prevede ulteriori abbancamenti almeno fino all'autunno 2016, in spregio al mandato prefettizio espressamente ricevuto. In particolare gli emolumenti riconosciuti mensilmente dalla Prefettura ai commissari e al legale ammontano rispettivamente a: 8.500 euro a C. G., 35.000 euro a R. T., 35.000 euro a M. C., 25.000 euro a S. S., 9.000 euro all'avvocato G. F.. A queste somme si aggiungono i rimborsi per le spese di viaggi e di segreteria nonché i compensi dei collaboratori dei commissari;

sul sito web della Prefettura, alla sezione "Amministrazione Trasparente-Provvedimenti Misure straordinarie di sostegno e monitoraggio", non sono pubblicati i compensi relativi ai provvedimenti di gestione finanziaria in quanto la pagina è sempre in fase di aggiornamento;

la Regione Siciliana, con il provvedimento n. 1153 del 22 luglio 2014, decretava l'illegittimità dell'impianto di smaltimento e contestualmente ne ordinava la chiusura; tuttavia, da oltre un anno pare che non intenda approvare il progetto originario, emettendo, al contrario, ordinanze mensili con le quali autorizza il continuo abbancamento dei rifiuti in discarica in piena inosservanza del piano regionale dei rifiuti, approvato nel 2012. Inoltre, dette ordinanze sembrerebbero essere adottate in carenza dei presupposti richiesti dalla legge, ex art. 191 del codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, ravvisandosi, in aggiunta, l'insussistenza dell'urgenza del provvedimento in relazione alla continuazione della gestione dell'impianto, dovendo quest'ultimo, nei fatti, essere ormai chiuso da tempo,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;

quali provvedimenti di competenza intendano adottare per garantire, in tempi brevi, la chiusura degli impianti;

se non intendano intraprendere azioni ispettive al fine di verificare la correttezza delle procedure adottate nell'emanazione di ordinanze che sanciscono la continuazione dell'esercizio della discarica;

se non intendano valutare l'invio di ispettori ministeriali affinché siano verificati i motivi per i quali la Regione non abbia provveduto a firmare il piano di chiusura debitamente presentato nonché appurare le responsabilità al riguardo, stante la continuazione ad oltranza nell'esercizio dell'impianto;

se non ritengano di attivarsi, nei limiti delle proprie attribuzioni, al fine di verificare le ragioni per cui, dopo oltre un anno dalla nomina dei commissari, non si sia provveduto ad espletare la gara d'appalto tale da consentire la chiusura dell'impianto;

quali iniziative intendano assumere affinché sia data piena attuazione al piano regionale dei rifiuti in Sicilia;

se intendano avviare le opportune procedure ispettive al fine di verificare l'ottimale gestione dell'impianto da parte dei commissari di nomina prefettizia;

se siano a conoscenza degli importi degli emolumenti descritti, riconosciuti mensilmente dalla Prefettura ai commissari e al legale;

se corrisponda al vero, alla luce del rispetto della normativa in materia di trasparenza, che sul sito web della Prefettura non siano pubblicati i compensi relativi ai provvedimenti di gestione finanziaria in quanto la pagina è sempre in fase di aggiornamento.

(4-05462)

PAGLINI, BOTTICI, MORONESE, SANTANGELO, CAPPELLETTI, PUGLIA, BERTOROTTA, SERRA, NUGNES - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

Prato, un tempo fiorente centro industriale e leader nel settore tessile, sta vivendo una situazione di profonda crisi e degrado;

il centro storico di Prato e l'area intorno alla stazione di porta al Serraglio si sono palesemente trasformati in un luogo dove da ogni parte della Toscana giungono persone per fare rifornimento di sostanze psicotrope da parte di spacciatori che non hanno timore a svolgere la propria attività illecita in aree pubbliche, minacciando chiunque cerchi di ostacolare la loro attività;

i cittadini residenti e i negozianti che operano in queste aree sono rassegnati e costretti a vivere nell'insicurezza e nel degrado, senza che le forze dell'ordine siano riuscite finora a risolvere questa gravissima ed allarmante emergenza sociale;

tale situazione è stata documentata dal servizio televisivo apparso su "Le Iene" il 31 gennaio 2016 e denunciata sia sulla stampa locale che su quella nazionale, con un articolo de "il Fatto Quotidiano" del 1° febbraio;

da quanto risulta agli interroganti, anche attraverso le testimonianze raccolte dai cittadini esasperati dalla situazione, Prato si è gradualmente trasformata in un crocevia di spaccio di eroina ed altre droghe, che sempre più spesso vengono consumate nello stesso luogo dove vengono vendute o comunque nelle immediate vicinanze delle aree dedite allo spaccio;

i cittadini del centro storico di Prato, il 6 febbraio, con cartelli riportanti gli slogan "Riprendiamoci la città", "Vogliamo legalità", "A ognuno il suo compito", "Ora basta!", hanno risposto all'appello lanciato dai social network per manifestare contro spaccio, furti, scippi e degrado;

la mobilitazione ha avuto lo scopo di suscitare l'interesse delle istituzioni relativamente alla grave situazione e per chiedere che Prato torni ad essere la fiorente e dinamica città del passato e non il crocevia dello spaccio di sostanze psicotrope;

inoltre, risulta agli interroganti che inchieste giornalistiche sempre più dettagliate hanno messo in luce che Prato è diventata il luogo dove si vendono e consumano nuove tipologie di droghe sintetiche tra cui la "metamfetamina shaboo", sostanza ad alto potere deturpante e degenerativo anche a livello estetico, oltre che neurologico;

considerato che:

la situazione è lo specchio di un fenomeno complesso, dai costi sociali difficilmente quantificabili. L'ultima rilevazione "Epidemiologia dei determinanti dell'infortunistica stradale in Toscana" (Edit) del 2011 condotta dall'azienda regionale di sanità Toscana illustra chiaramente come il fenomeno, lungi dall'essere recessivo, stia coinvolgendo fasce sempre maggiori della popolazione, trasformando molte persone in consumatori di droghe (o policonsumatori) da occasionali in abituali;

agli interroganti risulta che per contrastare il fenomeno in tutta la regione furono emanati diversi atti, tra cui la delibera n. 1127 del 16 dicembre 2013 della Giunta regionale in approvazione di un allegato schema d'accordo di collaborazione tra Regione Toscana, ANCI (Associazione nazionale Comuni italiani) Toscana, Società della salute e Coordinamento toscano comunità di accoglienza (CTCA), che prevedevano anche impegni finanziari ed organizzativi fino al 2015; tuttavia queste iniziative non sono state in grado di risolvere il problema;

nel marzo 2015 è stato approvato, nell'ambito della "Proposta di implementazione dell'unità di strada outsiders", l'avvio di un progetto denominato "Outsiders" (unità mobile in contesti di consumo e spaccio) che coinvolge la Società della salute di Firenze e la citata zona della città di Prato;

tale progetto è stato modificato e adattato alle diverse situazioni; per la città di Prato è stato inaugurato nel marzo 2015 ed ampiamente pubblicizzato dai media. Il progetto "Outsiders", sovvenzionato da stanziamenti del Comune di Prato, oltre a quelli previsti dalla Regione Toscana, ha portato operatori in strada per studiare il fenomeno e parlare con i tossicodipendenti, cercando di indirizzarli verso i Sert (servizi per le tossicodipendenze). Risulta agli interroganti che nel mese di luglio 2015 gli operatori del progetto hanno fornito una serie di dati in una pubblica relazione che dimostra la gravità della situazione;

considerato infine che, a giudizio degli interroganti, in considerazione della situazione di emergenza sociosanitaria e di illegalità diffusa che ha portato anche all'aumento della microcriminalità, è evidente che le attuali strategie messe in atto dalle istituzioni sono state insufficienti e si ritiene improcrastinabile un intervento dello Stato ed in particolare delle forze dell'ordine con adeguate azioni di prevenzione al fine di garantire la sicurezza dei cittadini di Prato,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

quali urgenti iniziative intenda intraprendere, affinché sia impedito il reiterarsi delle criticità evidenziate e sia garantita la sicurezza dei cittadini e l'ordine pubblico nella città di Prato.

(4-05463)

MUNERATO - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

è notizia riportata da "il Fatto Quotidiano" del 10 marzo 2016 quella relativa agli innumerevoli ricorsi ai giudici del lavoro da parte di detenuti per la retribuzione troppo bassa che percepiscono a fronte dei lavori nelle carceri (distribuzione pasti, addetti alle pulizie, eccetera);

in base all'articolo 22 dell'ordinamento penitenziario di cui alla legge n. 354 del 1975 la loro paga, cosiddetta mercede, non deve essere inferiore ai 2 terzi della retribuzione stabilita per gli altri lavoratori della stessa categoria del contratto collettivo nazionale in vigore;

sembrerebbe che da 23 anni, per carenza di risorse economiche, la commissione ministeriale responsabile di disporre gli adeguamenti non provveda e ciò ha portato ad un'infinità di cause finora sempre vinte dai ricorrenti, con esborsi per le casse pubbliche fino a 20.000 euro per ogni singolo caso;

oltre a pagare le differenze retributive modulate negli anni, infatti, lo Stato deve versare anche gli interessi e le relative spese di giudizio;

la vicenda è, a giudizio dell'interrogante, del tutto paradossale e denuncia ancora una volta l'irragionevole situazione del nostro Paese, dove a fronte di un tasso di disoccupazione pari a quasi il 12 per cento, si riconoscono diritti e tutele a chi delinqua,

si chiede di sapere se e quali provvedimenti di propria competenza il Ministro in indirizzo intenda urgentemente adottare al fine di risolvere il paradosso, posto che l'esoso esborso a danno della finanza pubblica potrebbe essere investito in ulteriori misure di decontribuzione e detassazione per creare occupazione per onesti cittadini, giovani e meno giovani.

(4-05464)

DE PIN - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

con l'art. 5, relativo alle concessioni autostradali, del cosiddetto decreto "Sblocca Italia" (di cui al decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014), il Governo ha concesso proroghe, senza gara, in cambio di investimenti;

a quanto risulta all'interrogante ATIVA SpA, società concessionaria dell'autostrada A5 Torino-Ivrea-Quincinetto, a dicembre 2015 ha intentato causa contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministero dell'economia e delle finanze, rei, a suo dire, di non aver ancora rinnovato, senza gara, la concessione trentennale dell'autostrada, che scadrà a giugno 2016;

la pretesa, ad avviso dell'interrogante paradossale, del gestore dell'autostrada A5, è quella del prolungamento della concessione, senza gara, in virtù della disponibilità mostrata dalla società nel fare degli investimenti infrastrutturali;

il ricorso presentato da ATIVA è stato parzialmente accolto e per l'effetto dell'esposto: "il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze sono condannati ad adottare, in concerto tra loro, la determinazione conclusiva del procedimento, ai sensi dell'art. 43 del d.l. n. 201 del 2011, entro sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza; la predetta determinazione dovrà essere preceduta dall'acquisizione dell'assenso della Commissione europea, ai sensi dell'art. 5 del d.l. n. 133 del 2014";

uno degli investimenti che la ATIVA SpA intende realizzare, pur avendo contro le istituzioni locali ed i cittadini, è quello definito "progetto faraonico", ossia sopraelevare il tratto dell'autostrada A5, tra Pavone e Lessolo, per un totale di 260 milioni di euro;

a fronte di questo intervento, ritenuto da molti inutile, i cittadini di Ivrea e dei comuni limitrofi si sono mobilitati per chiedere che il rinnovo della concessione alla Ativa sia vincolato alla liberalizzazione delle tratte nei pressi di Ivrea, al fine di migliorare la viabilità intorno e dentro la città, che vive da anni l'incubo dei continui ingorghi per colpa dei pedaggi autostradali, ma purtroppo questa richiesta è rimasta inevasa,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga, che per migliorare le voci relative agli investimenti ed alla qualità dei servizi e, al contempo, ridurre le tariffe o sterilizzare gli aumenti, occorra avere il coraggio di aprirsi al mercato, attraverso gare pubbliche e trasparenti, dove operatori italiani o esteri possano liberamente concorrere;

se corrisponda al vero che la società Autostrade per l'Italia vanta una concessione fino al 2038, e che ci sarebbero addirittura altre società a cui è stata prorogata la concessione fino al 2050 (Sitaf SpA, società italiana Traforo Monte Bianco) o fino al 2046 (Sat SpA);

se e come intenda il Ministro intervenire, affinché venga risolto il problema della viabilità per migliorare il traffico nei pressi di Ivrea e dei comuni limitrofi;

se e quando i cittadini non pagheranno più il pedaggio sull'autostrada A5.

(4-05465)

MARTON, TAVERNA, CRIMI, SANTANGELO, MORRA, BERTOROTTA, SCIBONA, DONNO, PAGLINI, CASTALDI, GIARRUSSO, CAPPELLETTI, PUGLIA, MONTEVECCHI, MORONESE - Al Ministro della difesa - Premesso che:

le elezioni, cosiddette "Primarie", sono uno strumento elettorale atto alla scelta di candidati interni a un partito politico, in vista di una chiamata dei cittadini alle urne per la selezione dei suoi governanti;

in molte città italiane, tra cui Roma, in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno 2016 si svolgeranno le elezioni amministrative, ovvero si voterà per il rinnovo degli organismi comunali;

in vista di tali competizioni elettorali, domenica 6 marzo 2016 il Partito Democratico ha indetto le "Primarie", chiedendo ai suoi elettori di scegliere tra i nomi designati quello che concorrerà con i candidati degli altri partiti, a ricoprire il ruolo di sindaco a Roma;

tra i candidati designati dal Partito Democratico alle Primarie vi è il nome di Domenico Rossi, già generale di corpo d'armata dell'Esercito e attualmente Sottosegretario di Stato alla difesa;

il generale Rossi, da quanto risulta agli interroganti, durante la campagna elettorale per le Primarie, per sostenere la propria candidatura, avrebbe inviato volantini politici, via posta ordinaria, presso le abitazioni del personale militare domiciliato in comprensori militari, nonché inviato e-mail, con lo stesso contenuto, agli indirizzi di posta elettronica istituzionale dei graduati, dei sottufficiali e degli ufficiali delle forze armate;

a parere degli interroganti, essendo il generale Rossi ufficiale in congedo, la condotta assunta, pur non contravvenendo alle limitazioni imposte ai militari in relazione alla propaganda elettorale, appare comunque un atto di abuso, proprio in ragione della carica da questo ricoperta attualmente nel Dicastero della difesa. Infatti, è innegabile che il ruolo di Sottosegretario possa esercitare una certa influenza o, meglio, un timore reverenziale nei confronti del personale militare il quale, di fronte a sollecitazioni direttamente inoltrate al loro indirizzo di posta istituzionale o al domicilio in area militare, potrebbe sentirsi costretto a supportare la candidatura del generale Rossi;

considerato che:

in materia di propaganda elettorale, l'Autorità Garante per la privacy ha approvato un apposito provvedimento, recante le regole del Garante privacy per la propaganda elettorale, datato 7 aprile 2011 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15 aprile 2011, con cui indica ai partiti politici e ai candidati le modalità in base alle quali si possano correttamente utilizzare i dati personali dei cittadini (ad esempio indirizzo, telefono, e-mail, eccetera), per fini propagandistici. Nel citato provvedimento, ricalcante le stesse regole contenute nel provvedimento dell'Autorità Garante del 2005, in particolare, si legge che è necessario il consenso, per particolari modalità di comunicazione elettronica come sms, e-mail, mms, per telefonate preregistrate e per invio di fax. Stessa necessità di consenso viene richiesta anche nel caso si utilizzino dati raccolti automaticamente su internet o ricavati da forum o newsgroup, liste abbonati ad un provider oppure dati presenti sul web per altre finalità;

a giudizio degli interroganti, il generale Rossi avrebbe agito in contrasto con il citato provvedimento dell'Autorità Garante, utilizzando per scopi propagandistici indirizzi e-mail presenti sul web per altre finalità, ovvero per i fini istituzionali della Difesa, senza ottenere il consenso dei titolari dei dati stessi,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

se corrisponda al vero che il Sottosegretario di Stato Rossi abbia abusato della sua posizione e contravvenuto alle norme che regolano il corretto utilizzo dei dati personali dei cittadini per fini propagandistici e, in caso affermativo, se non ritenga di dover procedere alla rimozione dalla carica, considerando inopportuna la permanenza del generale Rossi nella funzione di Sottosegretario;

quali iniziative di competenza ritenga di dover adottare per limitare l'uso improprio degli indirizzi e-mail del personale della Difesa, in particolare a scopo propagandistico, anche alla luce delle presunte violazioni operate dal Sottosegretario alla difesa Rossi alle regole contenute nel provvedimento dell'Autorità Garante della privacy in materia.

(4-05466)

DE PIN - Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:

nel territorio dove anticamente sorgeva l'insediamento di Kaulonia (Monasterace, in provincia di Reggio Calabria) sono in corso dal 1998 degli scavi archeologici;

nell'estate 2013 venne scoperto il più grande mosaico ellenico dell'intera Magna Grecia, che si estende su una superficie di circa 30 metri quadrati, in uno dei pochi edifici termali greci rinvenuti nel Meridione;

il mosaico, raffigurante un drago, un rosone e 9 riquadri, è uno dei più grandi (probabilmente il più grande) risalente alla fine del IV secolo a.C. e facente parte di una struttura termale;

i colori del mosaico vanno dal bianco al rosso, all'azzurro intenso, al nero, e danno così vita ad una immagine che riporta nella storia e nella cultura magnogreca, tipica dell'intera zona;

si tratta, quindi, di una straordinaria scoperta di rilevante interesse scientifico e artistico/culturale, che è stata menzionata da molte testate nazionali e internazionali;

nel 2014 l'archeologo Francesco Cuteri denunciò il parziale crollo del tempio dorico di Kaulon e la preoccupazione di ulteriori crolli di muri e altari ed il conseguente cedimento dell'intero parco archeologico;

tali cedimenti sarebbero causati dal posizionamento del sito e dalla mancanza di accorgimenti tecnici. Anche l'intero mosaico sta lentamente sprofondando nel mar Ionio, una grave perdita per il patrimonio italiano;

considerato che:

dopo una prima tranche di 300.000 euro, stanziati a febbraio 2014 per un intervento di messa in sicurezza straordinario, a luglio 2014 è arrivato l'annuncio del finanziamento di altri 770.000 euro. Da allora, però, nulla è stato fatto. Infatti, dopo i primi crolli, sono stati realizzati solamente i lavori di messa in sicurezza di 150 metri nella zona del tempio;

la Direzione regionale per i beni culturali calabrese, dipendente dal Ministero, non ha ancora indetto la gara per l'aggiudicazione dell'appalto,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo, alla luce di quanto esposto, non intenda adoperarsi per un'azione più incisiva, a salvaguardia di quella che sarebbe una perdita di inestimabile valore, soprattutto dal momento che le risorse finanziarie sono state già stanziate e che l'unico intervento riguarda una copertura di pietre ingabbiate che mal si adatta all'intero contesto;

se non ritenga di dover intervenire urgentemente, considerando l'aggravio del procedimento burocratico, in quanto del sito rispondono i dirigenti del Ministero, mentre la tutela è stata sdoppiata tra i funzionari della Soprintendenza archeologica e i dirigenti del Parco, complicando così di molto i passaggi burocratici.

(4-05467)

PUGLIA, DONNO, PAGLINI, SANTANGELO, BERTOROTTA, MORONESE, MONTEVECCHI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e per la semplificazione e la pubblica amministrazione - Premesso che:

col decreto interministeriale 20 aprile 2001, n. 66, il Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e col Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ha stabilito che i soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili, che abbiano effettivamente maturato 12 mesi di permanenza in tali attività nel periodo che intercorre dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999, e che abbiano svolto attività socialmente utili riconducibili in parte a funzioni di assistente amministrativo o tecnico nelle istituzioni scolastiche statali, fossero beneficiari di iniziative di stabilizzazione, mediante procedure introdotte dal medesimo decreto;

all'articolo 2, si precisa che "Al fine di creare stabile occupazione a decorrere dal 1° luglio 2001, con il coordinamento dei competenti Uffici Scolastici Regionali, i Dirigenti delle istituzioni scolastiche che attualmente utilizzano i soggetti di cui all'art. 1, affideranno agli interessati, in possesso dei requisiti richiesti, incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, nell'ambito delle funzioni di Assistente Amministrativo o Tecnico";

considerato che:

ad oggi, sono circa 900 i lavoratori con funzioni e mansioni ATA (amministrativo tecnico e ausiliario) di assistente amministrativo, in servizio presso le scuole statali di Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Abruzzo e Sardegna, che, interessati dal decreto interministeriale, pur avendo ottenuto negli anni ulteriori incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, sono in attesa di essere stabilizzati;

in particolare, il "Comitato lavoratori co.co.co. scuola, DM 66/2001" lamenta il fatto che ben 900 lavoratori lavorano da oltre 15 anni su "posto accantonato in organico" (50 per cento dei posti liberi), per 30 o 36 ore settimanali, sempre con la formula della contrattazione coordinata e continuativa, che li penalizza sotto diversi profili;

in particolare, sotto il profilo contributivo, tali lavoratori lamentano di non raggiungere il minimo necessario a fini previdenziali in quanto, su 12 mesi di lavoro, non tutti risultano essere coperti a fini pensionistici;

considerato inoltre che:

i lavoratori denunciano il continuo e progressivo depauperamento dello stipendio lordo, a seguito del progressivo aumento delle aliquote contributive, che negli anni sono passate dal 14 per cento all'attuale 32 per cento, senza che a questo abbia corrisposto alcun adeguamento dell'indennità percepita;

inoltre, nel corso degli anni, sono stati sempre esclusi da procedure concorsuali, che avrebbero potuto consentire la loro immissione nei ruoli della pubblica amministrazione,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;

se non ritengano, per quanto di loro competenza, di attivarsi al fine di immettere i soggetti interessati nei ruoli della pubblica amministrazione, sia concedendo loro il passaggio dal tempo parziale al tempo pieno, sia trasformando le loro posizioni precarie in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

(4-05468)

BERTOROTTA, GAETTI, SERRA, AIROLA, SANTANGELO, PUGLIA, LEZZI, CAPPELLETTI, MORONESE, DONNO, PAGLINI, CIOFFI - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

in data 10 marzo 2016, è andata in onda una puntata della trasmissione televisiva "Piazza Pulita", condotta dal giornalista Corrado Formigli, nella quale è stato affrontato, tra gli altri, il tema dell'accoglienza dei migranti;

risulta agli interroganti che, in occasione della suddetta puntata, sia stato affrontato l'argomento relativo alle strutture di accoglienza per migranti e che sarebbe emerso che ne risultano attive 4 presso la località di Anzio (Roma), tutte legate a La Cascina Global Service Srl;

considerato che:

risulta agli interroganti che, fra le cooperative sociali, figurerebbe anche la RTI Tre Fontane, la quale avrebbe vinto dei bandi di gara con riferimento a 4 lotti. Inoltre, la Senis Hospes collaborerebbe con la cooperativa RTI Tre Fontane, giungendo a gestire un numero di circa 7.000 migranti;

nel corso della puntata, in occasione di un'intervista, è stato nominato Camillo Aceto, attuale presidente della cooperativa Senis Hospes, già vice presidente de La Cascina Global Service Srl;

il contratto di accoglienza stipulato fra gli ospitanti e la cooperativa Senis prevedrebbe alcuni impegni in capo a quest'ultima di varia natura, quali erogazione del vitto e dell'alloggio, nonché di farmaci;

inoltre, dall'intervista rilasciata alle telecamere della trasmissione "Piazza Pulita", emergerebbe che i pasti somministrati agli ospiti della struttura, gestita dalla Senis Hospes, sarebbero forniti da La Cascina Global Service, la stessa cooperativa al centro dell'inchiesta di "Mafia capitale";

considerato inoltre che:

con l'interrogazione 3-02444, presentata in Senato e pubblicata il 15 dicembre 2015, si evidenziava quanto emerso da una visura camerale, relativa al consorzio Nuovo Cara Mineo, consorzio di cooperative sociali, società cooperativa sociale, con sede legale a Mineo (Catania), contrada Cucinella;

all'uopo, è emerso che le cariche aziendali sono ricoperte da: Cosimo Zurlo, nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione, nonché consigliere; Rocco Ferraro, nella qualità di vice presidente del consiglio di amministrazione, nonché consigliere; Camillo Aceto, nella qualità di consigliere; Antonino Novello, nella qualità di consigliere ed infine Roberto Roccuzzo, nella qualità di consigliere; tutti risultano essere in carica dalla stessa data;

con riguardo, in particolare, alla persona di Camillo Giuseppe Aceto risulta agli interroganti che questi sia legato a La Cascina Global Service e alla società Auxilium; in particolare, lo stesso Aceto avrebbe cessato, con decorrenza 21 maggio 2012, la carica di consigliere della società La Cascina Global Service Srl, nonché cessato, con decorrenza 13 settembre 2011, la carica di consigliere e di vice presidente del consiglio di amministrazione della Auxilium società cooperativa sociale;

considerato altresì che risulta agli interroganti che il signor Camillo Aceto nel marzo 2003 sia stato destinatario di ordinanza di misura cautelare, poiché ritenuto responsabile dei reati di turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, associazione per delinquere, falsità materiale commessa dal privato, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, uso di atto falso, frode nell'esercizio del commercio, vendita di sostanze alimentari non genuine. Nel maggio 2004 lo stesso sarebbe stato deferito in stato di libertà, in ordine ai reati di commercio di sostanze alimentari nocive, falsità in registri e notificazioni e soppressione, distruzione e occultamento di atti veri,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

se intenda sollecitare, nell'ambito delle proprie competenze, un'attività di monitoraggio e di verifica dei bandi di gara relativi al settore dell'accoglienza dei migranti, sino ad ora aggiudicati;

se intenda adottare misure interdittive nei confronti delle cooperative sociali commissariate che continuano a prestare servizi e forniture nel settore dell'accoglienza dei migranti;

quali iniziative nell'ambito delle proprie competenze intenda intraprendere per attuare i programmi di sperimentazione all'interculturalità, anche valutando la possibilità di demandare la gestione dell'accoglienza dei migranti ai Comuni, che, allo stato attuale, cofinanziano i progetti per l'accoglienza.

(4-05469)

SIMEONI, MUSSINI, VACCIANO, Maurizio ROMANI, BENCINI, BIGNAMI, DE PIETRO - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'economia e delle finanze e della salute - Premesso che:

i recenti accertamenti che sono stati effettuati nel territorio del comune di Latina, e che interessano sostanzialmente lo stato delle acque, ove è stata riscontrata una percentuale anomala di cloruro di vinile, pongono una seria riflessione su quali siano le conseguenze per i cittadini, che si sono avvalsi dell'acqua derivante da falde acquifere contaminate;

il commissario prefettizio del Comune di Latina ha emesso, il 25 febbraio 2016, un'ordinanza con la quale si disponeva il divieto dell'utilizzo dell'acqua proveniente dai pozzi interni ed esterni al perimetro della centrale nucleare di proprietà della Sogin, indipendentemente dall'impiego cui sia destinata: sia esso alimentare, per l'igiene o per l'irriguo delle coltivazioni. Più specificatamente, l'ordinanza circoscriveva l'area ove l'impiego dell'acqua veniva inibito, indicando le estensioni di terreno, che vanno dalla strada del Bottero fino al mare ed il confine con il canale delle Acque Alte, nonché nel raggio di un chilometro dai territori di proprietà della centrale;

nonostante la suddetta area insista in prossimità dei terreni di proprietà della Sogin, Società gestione impianti nucleari, di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, la società ha tenuto a precisare che, in ottemperanza al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, appositamente dedicato alla gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività industriali, già a partire dall'autunno del 2013 erano state effettuate analisi sui campioni di acqua, prelevati dai terreni della centrale, nelle quali erano stati osservati valori di cloruro di vinile fino a 20 volte superiori ai limiti previsti dalla legge, che consistono in massimo 0,5 microgrammi per litro;

successivamente, la Sogin procedeva, in ossequio alle normative vigenti, ad attivare le procedure previste, nonché a darne comunicazione agli enti preposti: il Comune di Latina, l'Asl di Latina, la Provincia, e Regione. In osservanza del decreto legislativo 2 aprile 2006, n. 152, la società procedeva altresì ad elaborare il piano di caratterizzazione relativo alla situazione riscontrata, nonché ad avviare un'ulteriore campagna di monitoraggio, estesa a 20 piezometri, ove sono state rilevate solo trascurabili tracce di cloruro di vinile. Pertanto, la Conferenza dei Servizi, conseguentemente indetta, con determina n. 225/2014 del 5 settembre 2014, attraverso un piano di indagine specifico, imponeva di estendere il monitoraggio anche presso i territori circostanti la centrale, in particolare a monte della stessa e ciò in quanto gli elementi tossici, emersi durante le analisi, non sarebbero direttamente riconducibili al ciclo produttivo dell'impianto. Invero, i composti alifatici clorurati riscontrati sarebbero impiegati per la pulitura a secco come solventi per l'estrazione di particolari elementi chimici, nei processi di lavorazione della plastica, della gomma, della carta, di vernici, di adesivi, nonché quale materiale di risulto di dette lavorazioni;

considerato che:

a seguito del divieto di utilizzo dell'acqua, sancito dall'ordinanza comunale, la Sogin, attraverso una nota ufficiale, avrebbe ribadito che i valori rilevati, oltre la soglia di legge, non sarebbero riferibili alle proprie attività, in quanto gli analiti che sarebbero stati riscontrati risulterebbero estranei al ciclo produttivo della centrale; riaffermando altresì che il rigoroso processo di verifiche in corso costituirebbe un ulteriore elemento di garanzia a tutela dell'ambiente e della salute della popolazione;

il cloruro di vinile si configurerebbe quale gas sostanzialmente impiegato nel processo di produzione di plastiche, quali il Pvc, altamente tossico e dall'elevata componente cancerogena, in grado di produrre effetti non trascurabili sulla salute di chi ne sia esposto. La specificità del composto, pertanto, lo renderebbe più facilmente associabile al trattamento delle materie plastiche ed alla loro degradazione; anche in considerazione di ciò, venne stabilito che gli esami fossero estesi anche ai terreni dove sorgono le discariche di Borgo Montello;

la discarica di borgo Montello, istituita nel 1971, ha conosciuto negli anni una notevole espansione, caratterizzata da operazioni non sempre in conformità con i dettami normativi, tant'è vero che il percolato avrebbe contaminato la falda acquifera sottostante e il vicino fiume Astura, nonché il canale delle Acque Medie e l'area del bacino del Moscardello, con sfocio diretto nel mare. Attualmente la discarica è gestita da Indeco (gestore completamente privato) e Ecoambiente, società partecipata tramite Latina Ambiente, a sua volta partecipata dal Comune di Latina; tra le principali cause dell'inquinamento della falda idrica sottostante la discarica, tuttora perpetrato, vi sarebbero i primi bacini di raccolta del sito, che, in fase di realizzazione, non sarebbero stati sottoposti alla procedura di impermeabilizzazione, e riconducibili, oggi, principalmente alla gestione partecipata del Comune, Ecoambiente. Ancora, ulteriori anomalie nella gestione dell'impianto sarebbero state individuate, allorquando, grazie all'operazione "Evergreen" del 2014 condotta dalla Procura di Latina, è stato scoperto un sistema criminale finalizzato alla distrazione di ingenti somme di denaro, destinate, invece, al fondo previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152 per la realizzazione dei lavori di bonifica, da effettuarsi una volta dismessa la discarica;

inoltre, stando alla relazione congiunta di Ispra (Istituto superiore protezione e ricerca ambientale) e Arpa (Agenzia regionale protezione ambientale) relativa ai dati raccolti tra 2009 e 2013, "il monitoraggio delle acque di falda ha evidenziato frequenti superamenti delle concentrazioni di soglia di contaminazione, si legge nelle conclusioni, a carico di "1,2 dicloropropano", "1,4 diclorobenzene" e di alcuni metalli e metalloidi": ferro, manganese, arsenico, piombo, solfati, come anche cloruro di vinile, "con occasionali superamenti delle relative concentrazioni della soglia di contaminazione, insieme a idrocarburi, cloroformio, benzene, toluene e altri composti". Un quadro estremamente compromesso, tale da spingere Ispra e Arpa a ritenere "indispensabile proseguire il monitoraggio, coordinato dall'ente di controllo, almeno a cadenza semestrale che permetta di vigilare sull'evoluzione della contaminazione nel tempo e nello spazio", ritenendo altresì "che le attività di monitoraggio che le ditte stanno svolgendo in ambito Aia non siano adeguate alla comprensione dei fenomeni evolutivi della contaminazione dell'area di interesse", invitando a proseguire il "monitoraggio delle acque superficiali e dei sedimenti" sia a monte che a valle delle discariche;

la preoccupante constatazione dei fatti solleva ulteriori perplessità circa lo stato di salute dei cittadini che, inconsapevolmente, erano, già da tempo imprecisato, e comunque sicuramente a partire dal 2013, anno delle prime analisi effettuate dalla Sogin, esposti a siffatti fattori ambientali di rischio per la salute. Al riguardo, occorre anche sottolineare con forza come l'intera area interessata dall'inquinamento sia inoltre caratterizzata dalla presenza di un'alta incidenza di tumori, soprattutto alla tiroide, che si regista da anni ed in misura estremamente maggiore rispetto ad altre zone limitrofe,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

se non intendano, nell'ambito delle proprie attribuzioni, disporre procedure ispettive, al fine di accertare quali siano le cause che sottendano agli anomali valori relativi alla concentrazione di cloruro di vinile e degli altri inquinanti nelle falde acquifere locali;

quali iniziative intendano intraprendere perché sia individuata la sorgente delle contaminazioni e perché si provveda alla bonifica dei territori interessati dalle contaminazioni;

se non intendano valutare l'opportunità di condurre indagini epidemiologiche, al fine di fugare qualsivoglia sussistenza di elementi di rischio per la popolazione residente, a seguito di contaminazione prolungata da cloruro di vinile;

quali iniziative intendano intraprendere al fine di chiarire le debite responsabilità, nonché il riconoscimento dei danni economici e sanitari, qualora vengano accertate le cause e l'incidenza dell'esposizione di cloruro di vinile sullo stato di salute degli abitanti del territorio interessato dall'avvelenamento delle acque.

(4-05470)

Maurizio ROMANI, BENCINI, MOLINARI, SIMEONI - Al Ministro della salute - Premesso che:

l'Istituto nazionale tumori (INT) svolge, in coerenza con la programmazione nazionale e regionale, l'attività di assistenza sanitaria e di ricerca biomedica e sanitaria, di tipo clinico e traslazionale, confermandosi, in questo, come centro di riferimento nazionale e come polo di eccellenza per le attività di ricerca pre-clinica, traslazionale e clinica, e di assistenza;

il 12 marzo 2016 il Ministro in indirizzo ha provveduto a nominare, quale suo rappresentante presso il consiglio d'amministrazione dell'istituto, l'avvocato Andrea Gentile;

l'avvocato Gentile, figlio dell'attuale sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, ricoprirà dunque un incarico di una certa rilevanza, sia per quanto riguarda il compenso di circa 30.000 euro annui fino al 2018, sia per quanto riguarda il prestigio che da questa funzione deriva;

risulta agli interroganti che l'avvocato Gentile sia stato in passato presidente dell'organismo di vigilanza dell'Unicef-Italia e in Sacal, la società aeroportuale che gestisce lo scalo di Lamezia Terme, ma pare non avere alcuna esperienza in campo sanitario,

si chiede di sapere:

sulla base di quali valutazioni il Ministro in indirizzo abbia maturato la decisione di nominare l'avvocato Gentile quale suo rappresentante presso il consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale tumori;

se non ritenga più opportuno che un incarico di tale importanza e prestigio venga affidato ad una personalità dalla comprovata esperienza in ambito sanitario.

(4-05471)

Maurizio ROMANI, BENCINI, SIMEONI - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per gli affari regionali e le autonomie - Premesso che:

la Corte costituzionale, con la sentenza n. 335 del 2008, ha stabilito l'incostituzionalità dell'art. 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo. n. 152 del 2006, recante "Norme in materia ambientale", nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi", sancendo quindi che i canoni di depurazione debbano invece essere pagati dagli utenti del servizio idrico solo come corrispettivo dell'effettiva esistenza del servizio di depurazione;

l'art. 8-sexies del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2009, prevede che "In attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008, i gestori del servizio idrico integrato provvedono, anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 1° ottobre 2009, alla restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all'esercizio del servizio di depurazione", e aggiunge che "dall'importo da restituire agli utenti vanno dedotti gli oneri derivati dalle attività di progettazione, di realizzazione o di completamento avviate";

il decreto 30 settembre 2009 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, attuativo della legge, determina i criteri e le modalità per la quantificazione dei rimborsi e la successiva restituzione agli utenti. Dal combinato disposto dell'articolo 6 e dell'articolo 4 si rileva che gli utenti che hanno diritto all'integrale rimborso sono esclusivamente quelli di cui all'articolo 4, comma 1, lett. d), cioè quelli che non risultano serviti da impianti di depurazione attivi, per i quali non è in corso nessuna attività di progettazione, realizzazione, completamento o attivazione come dal programma di cui all'art. 3;

il soggetto competente a individuare l'importo da restituire agli utenti è l'autorità d'ambito;

rilevato che:

alcuni cittadini di Niscemi (Caltanissetta), che sino ad oggi nelle proprie bollette non hanno mai riscontrato alcun rimborso per la mancata depurazione, hanno da tempo presentato istanza per il rimborso del canone tariffario non dovuto;

Caltaqua, società affidataria della gestione del servizio idrico integrato per i comuni ricadenti nell'ambito territoriale ottimale CL 6, tra i quali è compreso il Comune di Niscemi, ha replicato così con un comunicato stampa: "(Caltaqua) contesta e confuta tale asserzione palesemente infondata riservandosi sin da ora ogni eventuale altra azione, anche giudiziaria, a tutela della propria immagine e della propria azione.In particolare, così come emerge dalle periodiche comunicazioni inviate all'ATO Idrico CL6, per quanto riguarda il comune di Niscemi, alla data di ottobre 2014 erano stati individuati 9.636 aventi diritto alla restituzione della quota di depurazione. A fronte di questa platea di aventi diritto sono state presentate nei termini 4.218 pratiche delle quali 3.878 sono state esitate positivamente e solo 340 respinte per diversi motivi. I rimborsi sono stati con sequenzialmente effettuati nelle fatture emesse tra la fine dell'anno 2014 e l'inizio del 2015 a beneficio di 3.717 utenze in quel momento ancora attive per un importo complessivo di 283.613,08 euro. Per i restanti 161 contratti frattanto non più attivi (sempre riferiti al periodo in cui sono stati effettuati i rimborsi) le somme relative, pari ad euro 9.495,95, sono state messe a disposizione degli aventi diritto";

considerato che:

al mese di ottobre 2014 sono 9.636 gli aventi diritto alla restituzione della quota di depurazione, ha presentato istanza per il rimborso solo il 40,24 per cento delle utenze di Niscemi attive, per un importo complessivo di 283.613,08 euro;

il restante 60 per cento delle utenze, per un importo di oltre mezzo milione di euro circa, pur avendone diritto, non ha avuto quindi la restituzione della quota di depurazione,

si chiede di sapere:

quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano intraprendere per determinare il rimborso, ai cittadini di Niscemi, della quota di tariffa non dovuta e riferita al servizio di depurazione, per un importo presumibile di oltre mezzo milione di euro;

se non ritengano utile disporre verifiche in ordine al rispetto, da parte di Caltaqua, degli artt. 6 e 7 del decreto ministeriale 30 settembre 2009, recante i criteri per la restituzione agli utenti della quota di tariffa non dovuta riferita al servizio di depurazione.

(4-05472)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:

1a Commissione permanente(Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione):

3-02676, del senatore Endrizzi ed altri, sul divieto di pubblicità del gioco d'azzardo vicino a luoghi "sensibili";

7a Commissione permanente(Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport):

3-02672, del senatore Lai, sul mancato riconoscimento a livello europeo del titolo di studio rilasciato dal Dipartimento di architettura dell'università di Sassari;

3-02677, del senatore Mandelli ed altri, sull'esclusione dai contratti di formazione specialistica degli specializzandi farmacisti;

11a Commissione permanente(Lavoro, previdenza sociale):

3-02673, dei senatori Augello e Quagliariello, sulla situazione occupazionale delle aziende del gruppo Veneruso di Latina;

12a Commissione permanente(Igiene e sanità):

3-02679, della senatrice Bencini ed altri, sull'utilizzo di aree di sosta per ospitare i familiari delle persone ricoverate;

13a Commissione permanente(Territorio, ambiente, beni ambientali):

3-02675, del senatore Girotto ed altri, sulla contaminazione da metalli pesanti delle cozze raccolte intorno alla piattaforma petrolifera dell'Eni in mar Adriatico.

Interrogazioni, ritiro

È stata ritirata l'interrogazione 4-05414 del senatore Barani.