Legislatura 17ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 580 del 23/02/2016
Azioni disponibili
SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVII LEGISLATURA ------
580a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO STENOGRAFICO
MARTEDÌ 23 FEBBRAIO 2016
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Presidenza della vice presidente LANZILLOTTA,
indi della vice presidente FEDELI
N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Liberalpopolare-Autonomie: AL-A; Area Popolare (NCD-UDC): AP (NCD-UDC); Conservatori e Riformisti: CoR; Forza Italia-Il Popolo della Libertà XVII Legislatura: FI-PdL XVII; Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l'Italia, Moderati, Idea, Euro-Exit, M.P.L. - Movimento politico Libertas): GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL); Lega Nord e Autonomie: LN-Aut; Movimento 5 Stelle: M5S; Partito Democratico: PD; Per le Autonomie (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE: Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE; Misto: Misto; Misto-Fare!: Misto-Fare!; Misto-Italia dei valori: Misto-Idv; Misto-L'Altra Europa con Tsipras: Misto-AEcT; Misto-La Puglia in Più-Sel: Misto-PugliaPiù-Sel; Misto-Liguria Civica: Misto-LC; Misto-Movimento X: Misto-MovX; Misto-Sinistra Ecologia e Libertà: Misto-SEL.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza della vice presidente LANZILLOTTA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,33).
Si dia lettura del processo verbale.
SAGGESE, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 16 febbraio.
Sul processo verbale
PALMA (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PALMA (FI-PdL XVII). Signora Presidente, chiedo la votazione del processo verbale, previa verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione sul processo verbale
PRESIDENTE. Metto ai voti il processo verbale.
È approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico
PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,37).
Sulla scomparsa di Umberto Eco
PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui tutta l'Assemblea). Onorevoli colleghi, lo scorso 19 febbraio si è spento Umberto Eco, uno dei più grandi intellettuali italiani ed europei del nostro tempo. Con lui scompare una figura dai tratti geniali e poliedrici, oltre che un protagonista del panorama culturale mondiale.
Critico, saggista, scrittore e semiologo di fama internazionale, uomo di sconfinata cultura, Umberto Eco nasce ad Alessandria il 5 gennaio del 1932. Nel 1954, si laurea, all'età di ventidue anni, all'Università di Torino, svolgendo una tesi sul pensiero estetico di Tommaso d'Aquino ed iniziando ad occuparsi di un settore di indagine - quello della cultura e della filosofia medievale - che non avrebbe più abbandonato. Proprio dallo sviluppo della tesi di laurea trae origine il suo primo saggio, «Il problema estetico in San Tommaso», pubblicato nel 1956, e poi ripreso con aggiornamenti sempre più acuti e sofisticati.
Dopo aver lavorato, dal 1954 al 1959, come editore dei programmi culturali della RAI, negli anni Sessanta insegna, prima, presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Milano, poi, presso le facoltà di architettura dell'Università di Firenze e del Politecnico di Milano.
Ha fatto parte del movimento letterario d'avanguardia Gruppo 63, rivelandosi un teorico acuto e brillante. Nel 1975 diviene professore ordinario di semiotica all'Università di Bologna, dove fonda una scuola accademica di grande prestigio e vivacità. Presso lo stesso ateneo, negli anni 1976-1977 e 1980-1983, dirige l'Istituto di discipline della comunicazione e dello spettacolo, mentre, dal 2008, continua a svolgere l'attività accademica quale professore emerito e presidente della Scuola superiore di studi umanistici.
Eco è stato insignito di molti titoli onorifici da parte di università europee ed americane, ricevendo quaranta lauree honoris causa. Dal 2010, era socio dell'Accademia dei Lincei.
Nel corso della sua intensa attività scientifica, Umberto Eco ha svolto indagini in molteplici direzioni, con particolare riferimento alla storia dell'estetica, alle poetiche d'avanguardia, alle tecniche della comunicazione di massa e alla cultura di consumo.
Gli studi sull'influenza dei mass media nella cultura di massa lo hanno portato a scrivere numerosi contributi su giornali e riviste, poi confluiti in «Diario minimo» (1963) e «Apocalittici e integrati» (1964).
Gli studi semiotici hanno altresì condotto alla pubblicazione, nel 1968, de «La struttura assente», a cui hanno fatto seguito, nel 1975, il «Trattato di semiotica generale» e, nel 1984, «Semiotica e filosofia del linguaggio».
Il 1980 è stato l'anno dell'esordio nel campo della narrativa, con il celeberrimo romanzo «Il nome della rosa» - successivamente tradotto in 47 lingue - che, oltre a rappresentare un grande successo di pubblico e di critica, ha dato ad Eco una meritata fama internazionale.
La molteplice e variegata produzione culturale di un intellettuale come Umberto Eco può essere soltanto vagamente tratteggiata nelle poche righe di un discorso commemorativo. Soprattutto è difficile non ricordare la sua eccezionale curiosità per tutti i fenomeni sociali, una curiosità che lo ha portato ad analizzare e ad aiutarci a comprendere le più varie manifestazioni sociali e culturali della contemporaneità. Sicuramente la sua scomparsa lascia un vuoto difficilmente colmabile nella coscienza culturale e civile del nostro Paese.
Nel rinnovare la partecipazione profonda e sincera del Senato della Repubblica al dolore della famiglia, dei colleghi, degli allievi e dell'intera comunità accademica e scientifica, invito l'Assemblea ad osservare un munito di raccoglimento. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio). (Applausi).
ZANDA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANDA (PD). Signora Presidente, poche volte, anche di personalità molto eminenti, possiamo dire con parole di verità quel che oggi diciamo di Umberto Eco: è stato un grande italiano.
Come lei ha ricordato, Presidente, è stato uno straordinario innovatore, un fantastico narratore, uno scrittore di sicuro successo, autore di romanzi e saggi di cui ha venduto in tutto il mondo milioni e milioni di copie.
Amava filosofia e storia, semiotica e giornalismo, politica e televisione, nuove tecnologie e antichi incunaboli, libri e fumetti. Ma in fondo, la sua vera vocazione, la più radicata passione di tutta la sua vita sono state la scuola e il rapporto con l'insegnamento. Ai suoi studenti diceva «siate precisi»; mettete a fondamento di ogni cosa che dite o che fate la ricchezza del vostro sapere; ricordatevi che il pensiero moderno può trarre alimento anche dalla filosofia greca del Quattrocento prima di Cristo o dalla teologia ebraica di alcuni millenni fa, dagli insegnamenti di Socrate e da quelli di San Tommaso d'Aquino. In una parola, Eco ricordava che per il governo del tempo presente e la preparazione del tempo futuro dobbiamo conoscere e studiare il nostro passato.
Grandissimo frequentatore di biblioteche, la parola chiave del suo insegnamento era «enciclopedia». Spiegava ai suoi alunni il valore nobile dell'erudizione, ponendo così l'ampiezza e la profondità del sapere a base indispensabile di ogni cultura. La dice lunga il fatto che considerava un suo figlio prediletto, tra tanti più celebrati, il suo saggio «Come si fa una tesi di laurea».
Oltre ad essere intellettuale, docente e scrittore dotato di una gigantesca cultura, oggi lo voglio ricordare anche per la sua straordinaria modernità, per la sua ironica e distaccata interpretazione di un mondo dove la verità sta ormai solo nel pensiero capace di collegare le discipline umanistiche con quelle scientifiche, le analisi sociali con le esperienze storiche e la rivoluzione tecnologica, il pensiero laico con quello religioso, la dottrina politica con le scienze economiche.
Nel nostro tempo, un tempo di specializzazione e di analisi del particolare, Umberto Eco ha rappresentato la vera modernità, che oggi consiste nel saper restituire ad unità i miliardi di frammenti di informazioni del passato e del presente che concorrono, tutti insieme, a determinare la realtà in cui viviamo.
Eco ci ha insegnato che dobbiamo conoscere "l'enciclopedia", ma dobbiamo anche sapere che nel mondo che stiamo vivendo "tutto si tiene insieme". E questo spirito di Umberto Eco, fatto di conoscenza e di sintesi, deve essere anche il nostro. Tutto il nostro sapere, tutta la nostra capacità politica, tutta la lealtà verso i nostri partiti, servono a poco se manca quella visione dell'interesse nazionale che è la prima delle ragioni per le quali siamo stati eletti.
Il grande romanzo che ha dato a Umberto Eco la gloria planetaria è «Il nome della rosa», un racconto straordinario e insieme un imperdibile affresco della cultura, della storia e della civiltà medioevale, con tutte le complesse sfaccettature di bellezza e di mostruosità che sempre accompagnano i secoli delle grandi trasformazioni e dei grandi cambiamenti della storia.
In questo eccezionale lavoro, in questo romanzo di grande fascino, Umberto Eco ha rivelato ancora una volta la sua inimitabile modernità. «Il nome della rosa» è stato scritto da Eco negli anni nei quali le strade del nostro Paese erano insanguinate dal terrorismo e conteneva l'incitamento ad usare la tolleranza e la cultura contro ogni violenza politica.
Anche noi, oggi, viviamo in un tempo di mezzo, in un tempo di transizione, un tempo di cambiamenti radicali che in alcune aree del pianeta avvengono in pace, in altre nella guerra. Cambiano gli istituti giuridici, cambiano le istituzioni, cambiano i costumi e le abitudini e, di molte nazioni, cambiano anche i confini.
Anche le persone oggi, come i personaggi del romanzo «Il nome della rosa», sono vittime di angosce, di nevrosi, di forti insicurezze e della paura d'essere rimaste senza più difese in un mondo che quotidianamente cambia sotto i nostri occhi e tutto questo Umberto Eco lo ha visto con chiarezza e ce lo ha raccontato mirabilmente. È, veramente, un grande italiano.
Ho avuto la fortuna di incontrare Umberto Eco negli anni in cui mi sono occupato di carta stampata. Aggiungo, quindi, il mio personale dolore per la sua scomparsa al lutto di tutte le senatrici e di tutti i senatori del Partito Democratico. (Applausi dai Gruppi PD e AP (NCD-UDC) e del senatore De Cristofaro).
CARRARO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARRARO (FI-PdL XVII). Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, Indro Montanelli, uno dei più grandi giornalisti del Novecento, rimproverava gli intellettuali italiani di essere una casta isolata, un apogeo nel quale ci si compiaceva e ci si parlava a vicenda, escludendo quasi coloro i quali non facevano parte del loro mondo.
Certamente non era un tipo di intellettuale del genere Umberto Eco: un intellettuale raffinato, un divoratore di libri ma, contemporaneamente, molto interessato alle persone e alla società, sempre curioso, orientato a capire e desideroso di farsi capire.
Il suo interesse per l'influenza nella società dei mass media, nella televisione, il fatto di essersi dedicato alla semiotica e di essersi occupato di fumetti, di fotoromanzi, di musica popolare, con saggi su James Bond, sull'enigmistica e sul romanzo di appendice, sul labirinto e le società segrete, dimostrano l'ansia di un uomo che divorava libri ma che, contemporaneamente, voleva dialogare con le persone. Ed è un merito che gli va riconosciuto e, come naturale conseguenza lo porta ad essere stato un grande collaboratore di un settimanale e di molti quotidiani.
Forza Italia ricorda con rispetto questo intellettuale, pur se schierato certe volte in modo anche violento nei confronti del nostro Gruppo e del suo leader. Penso che la morte sani i dissidi e che occorra tener presente le idee dell'interlocutore, rispettandolo sempre ed onorandolo per quanto di buono ha fatto a favore della società italiana. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
MONTEVECCHI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MONTEVECCHI (M5S). Signora Presidente, anche il Movimento 5 Stelle si unisce al ricordo di Umberto Eco.
Non enumereremo nuovamente tutti i campi del sapere e le numerose importanti iniziative di cui Eco fu anima propulsivae fondamentale. Chi come me ha avuto l'onore di frequentare l'Università degli studi di Bologna, conserva dei ricordi anche personali di questo grande professore, perché alle lezioni di Eco si andava anche se non facevano parte del proprio percorso di studi. Umberto Eco ha dato tanto all'Università degli studi di Bologna, fondando e dando impulso a una parte del dipartimento delle discipline per lo spettacolo, al corso di laurea in scienze della comunicazione e alla scuola superiore di studi umanistici.
Noi oggi desideriamo ricordare Umberto Eco per le innumerevoli lezioni di vita che ha dato fuori delle aule universitarie, semplicemente vivendo. Noi crediamo che, con quelle lezioni, Eco abbia insegnato a tutti noi e continuerà ad insegnare alle generazioni future l'importanza di coltivare lo studio e la lettura, di saper mettere in discussione le proprie convinzioni (finanche a cambiarle) e di coltivare la curiosità ed il piglio investigativo di chi non si accontenta di una conoscenza superficiale, ma va a fondo nelle cose per poter sviluppare un sano e pieno spirito critico e navigare in modo sicuro nel mare magnum dell'informazione e del web. Egli ci ha insegnato ad osservare la realtà senza snobismo, ma cogliendo in ogni espressione umana una lezione universale.
A noi piace salutarlo ricordando una delle sue celebri frasi presente in un articolo intitolato: «Perché i libri allungano la vita». Umberto Eco scriveva: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge, avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito (...) perché la lettura è un'immortalità all'indietro».
Noi oggi ringraziamo Eco perché con la sua opera monumentale ci permette ogni giorno di vivere un'immortalità all'indietro. (Applausi dai Gruppi M5S, PD, Misto e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE).
MANCUSO (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANCUSO (AP (NCD-UDC)). Signora Presidente, anche noi del Gruppo Area Popolare (NCD-UDC) ci associamo al dolore non solo della famiglia, ma degli italiani tutti per la morte di uno straordinario italiano, Umberto Eco, che consideriamo precoce a prescindere dall'età, perché egli dimostrava di essere ancora capace ed in grado di dare molto, in termini di cultura, pensiero ed idee, alla società italiana.
Egli fu un personaggio straordinario: un uomo, uno scrittore e un intellettuale di cui la cultura occidentale si occuperà a lungo; un uomo che si qualificava come tale con il suo stile di vita sobrio e semplice, ma anche severo; una grande personalità, con la sua doppia dimensione - unica - di semiologo raffinato e medievista. Ha parlato con la stessa semplicità e acutezza della fenomenologia di Mike Bongiorno e di un mondo complesso come quello che risiedeva nel suo romanzo «Il nome della rosa».
Ma era anche uno scrittore e un uomo molto divertente. Sicuramente non ha avuto una vita noiosa e chi l'ha conosciuto, come i suoi amici, lo ricorda come grande intrattenitore e grande conversatore, pronto a divertirsi in compagnia, a cantare e a ballare. Addirittura sapeva suonare il flauto.
Tutto il mondo desidera ricordarlo e ringraziarlo per quanto ha lasciato in termini di patrimonio di cultura, di sapere e di umanità sincera: il massimo livello di conoscenza e di studio tra filosofia umanistica, storia medievale, etica, semiotica, scienza della comunicazione, un traguardo irraggiungibile riconosciuto a livello mondiale. Egli era capace di raccontare, con parole comprensibili a tutti, la complessità del mondo.
Noi lo ricordiamo e vogliamo, in questo momento, allontanare gli spettri di un personaggio che probabilmente ci era ideologicamente ostile. Lo abbiamo accettato e apprezzato nonostante le sue idee. Tra i suoi aforismi, quello che ricordo meglio e che mi ha colpito è il seguente: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge, avrà vissuto 5.000 anni». (Applausi dal Gruppo AP (NCD-UDC)).
DE CRISTOFARO (Misto-SEL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE CRISTOFARO (Misto-SEL). Signora Presidente, ascoltandolo oppure leggendolo c'era ogni volta da chiedersi di quante ore fosse fatta la giornata quotidiana di Umberto Eco. Nessuno come lui poteva essere definito al tempo stesso filosofo, filologo, semiologo, romanziere o saggista; nessuno come lui e non soltanto in Italia. Siamo rimasti infatti sorpresi nell'apprendere che dalla Francia agli Stati Uniti, come in tante altre parti del mondo, la sua scomparsa è stata la notizia di apertura dei canali televisivi di informazione. Ma in realtà siamo rimasti sorpresi perché, immersi come siamo nelle miserie del dibattito pubblico, soprattutto quello politico del nostro Paese, abbiamo finito con il trascurare, anche semplicemente considerandola normale, la presenza di una coscienza critica che, in nome della cultura, del sapere e della ricerca, ogni volta rischiarava le nebbie del tempo, fosse quello cupo e lontano del Medio Evo come quello incerto del nostro presente.
Quella sua cultura, che giustamente è stata definita sterminata, come non avesse in alcun punto fine, era molto di più di una già rara erudizione. Lo era per il fatto che il metodo del suo sapere agiva in profondità per creare ogni volta connessioni, relazioni e interazioni di tempo, di cultura e di disciplina anche radicalmente distanti le une dalle altre. Ed è proprio qui che si situa la sua originalità, la sua unicità di scienziato della parola, dell'immagine, del sapere del mondo e della vita umana come di un'opera aperta, per usare appunto una sua felice espressione.
Ma le testimonianze che si sono sollevate in sua memoria in queste ore, seguite alla notizia della sua scomparsa, ci rendono conto di un aspetto forse meno noto e che invece vogliamo qui richiamare: la dimensione di Eco come insegnante, una dimensione permanente, portata avanti nelle università italiane, francesi e americane, dove adesso ci si forma sui suoi trattati di semiologia; un esercizio di tempo incalcolabile, dedicato a preparare una lezione, a ricevere gli studenti, a leggere e a discutere una tesi; un tempo prezioso e unico per trasmettere nel modo più diretto la conoscenza e per formare la coscienza di ogni studente. È un esercizio che Umberto Eco non ha mai delegato, come talvolta è costume in ambito universitario, per il fatto che delle università aveva proprio quell'idea e quella pratica originaria propria di un rapporto diretto, libero, dove le idee si confrontano e si misurano sempre, siano quelle di chi siede in cattedra come quelle di chi prende appunti.
Quel che Eco con la sua opera e il suo lavoro ci ha insegnato è davvero qualcosa di ricco e complesso e il tempo che verrà dopo la sua scomparsa ci dovrà servire a coltivarne non solo la memoria ma l'approfondimento critico e ad indagarne gli sviluppi futuri e oggi ancora inesplorati che essa contiene.
Dico questo perché la grandezza del suo lascito culturale non riguarda soltanto lo smisurato dislivello che il mondo oggi conosce, un mondo sempre più informato, sempre più connesso, sempre più apparentemente documentato, tra conoscenza ed ignoranza; un dislivello entro cui agiscono differenze, discriminazioni, ingiustizie, forme di possesso e di potere. In Eco c'è qualcosa di più complesso, appunto, che riguarda la conoscenza in sé; una conoscenza che va a sua volta cambiata, che non è mai autosufficiente, che necessita anche di strumenti inediti, dinanzi, come siamo, a stravolgimenti del pianeta, dell'antropologia dell'umano, dell'intelligenza artificiale. Penso si possa collocare qui la sua visione - diciamo pure né apocalittica, né integrata - anche, per esempio, dell'irrompere degli stessi social network nella vita quotidiana della moltitudine, determinandone linguaggi e valori, quasi una compiuta visione del mondo. La sua, invece, è una visione molto critica e molto severa, ma critica e severa in quel preciso punto in cui l'uso dello strumento si affina sino a snaturare il vivente, il suo punto di vista autonomo, il valore di un confronto vivo e fertile, conflittuale e democratico; proprio l'opposto di quella a volte banalizzazione del sistema binario del "mi piace" e del "non mi piace".
Questo modo di conoscere e pensare il mondo non poteva non accostare Eco, sin dall'inizio del suo percorso, ad una dimensione che definirei democratica e progressista della società e del suo strumento per realizzarlo, cioè la politica. Fu protagonista in tutte le battaglie di libertà, riguardassero il nodo tra potere ed informazione, il superamento del conflitto di interessi, il ruolo pubblico e culturalmente innovativo della RAI. Non ha mai taciuto, nemmeno una volta, la sua opinione.
Penso davvero che non ci sia niente di retorico nel dire che Umberto Eco ha dato onore al nostro Paese. (Applausi dai Gruppi Misto-SEL e PD).
NAPOLITANO (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NAPOLITANO (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signora Presidente, il discorso su quel che Umberto Eco ha rappresentato per l'Italia e ben oltre i confini dell'Italia, su quel che da lui abbiamo ricevuto e su quel che con lui oggi perdiamo, può essere affidato solo ad un concerto di voci e di saperi che si è già largamente e con grande passione manifestato negli ultimi giorni. Mi limiterò quindi a ricordare in modo particolare l'uomo, come l'ho conosciuto nel corso di decenni.
Umberto Eco non era un uomo che sapeva tutto, né tanto meno che pretendeva di sapere tutto, anche se sapeva molto. In lui non ci fu mai neppure l'ombra di un atteggiamento di presunzione o di aristocratica superiorità. Fu invece più di chiunque altro sensibile e vicino, interpretandoli, a tutti gli impulsi, i talenti, i gusti popolari, a tutte le forme di espressione più dirette ed immediate. E quando scrisse, da geniale narratore, scrisse per tutti e scrisse per i giovani. A chiunque l'avvicinasse appariva com'era: uomo semplice, aperto, ricco di ironia, di curiosità e di umori vitali, di senso concreto e comprensivo della realtà; un uomo capace sempre di porsi in sintonia con gli altri, di trasmettere e di suscitare simpatia. Per tutto questo, sarà ricordato da molti italiani di ogni ceto sociale e di ogni generazione.
Mi si lasci infine ricordare il contributo che egli diede ad un'iniziativa svoltasi in Quirinale nel novembre 2014, in occasione della Presidenza di turno italiana dell'Unione europea, sul tema dell'Europa della cultura. Ai giovani e alle ragazze delle scuole superiori di diverse Regioni, raccolti nel Salone dei corazzieri, egli offrì, da grande maestro qual era, una sintesi di straordinaria forza comunicativa della nozione di cultura europea: cultura europea come realtà cresciuta nel lungo corso della storia, accogliendo e accomunando, nella loro molteplicità, le tradizioni e le culture nazionali; comune cultura europea che nessuna regressione politica nazionalistica potrà cancellare e che si presenta oggi come un'ancora di salvezza per il progetto di pace, di libertà e di progresso dell'Europa unita. (Applausi dai Gruppi PD e Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE)).
MAZZONI (AL-A). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAZZONI (AL-A). Signora Presidente, credo che la migliore immagine postuma di chi è veramente stato per la cultura Umberto Eco ce l'abbia regalata Bernard-Henri Lévy: un pozzo senza fondo di scienza, una riserva quasi infinita di intelligenza. Henri Lévy ha ricordato quando, alla metà degli anni Settanta, in un'assemblea affollata di autonomi a Roma, Eco cercò di spiegare, tra le urla e le contestazioni di quella gioventù alla deriva, che la lotta armata era una mostruosità, una ripetizione del fascismo, insomma una follia. Furono parole limpide a fronte della minaccia terroristica, anche se nel 1971 lo stesso Eco era stato uno 757 firmatari della lettera aperta a «l'Espresso» sul caso Pinelli e dell'autodenuncia di solidarietà al direttore di «Lotta Continua», accusato di istigazione a delinquere. Tale contraddizione segnò in negativo in quegli anni drammatici tanta parte della cultura di sinistra.
Umberto Eco è stato quindi anche questo: un geniale maestro delle contraddizioni. Ce lo ha raccontato in questi giorni Vittorio Messori, a cui Eco parlò della sua definitiva apostasia da ogni fede religiosa, a cominciare ovviamente da quella cattolica, lui che da giovane era stato tra i dirigenti della Gioventù italiana di azione cattolica (GIAC), e che aveva scelto San Tommaso D'Aquino per la sua tesi di laurea.
È stato senza ombra di dubbio uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento e probabilmente il più grande dal secondo dopoguerra: filosofo, semiologo, saggista, studioso attentissimo dei mass media in tutte le loro sfaccettature e in tutte le implicazioni sociali; resta leggendaria la sua "Fenomenologia di Mike Bongiorno" e resta fondamentale la sua diga culturale contro i pericoli di Internet.
Eco è stato anche un formidabile narratore, ma il suo nome va inevitabilmente iscritto nella schiera di quegli intellettuali di sinistra che, negli anni dei Governi Berlusconi, non hanno mai smesso, nemmeno per un istante, di affermare la superiorità etica e politica della sinistra sulla destra, dando ad esso una connotazione quasi antropologica. Tuttavia, Eco, rispetto al panorama troppo spesso grigio e conformista dell'intelligentia di sinistra, aveva il dono raro dell'ironia e soprattutto dell'autoironia, che ne smussavano dunque la faziosità.
Credo che, per ricordare nel modo più degno Umberto Eco, convenga rileggere «Il nome della rosa», in cui si ricostruisce l'Italia medioevale delle controversie religiose e degli scontri tra papato e impero, e «Il pendolo di Foucault», due delle rarissime opere grazie alle quali la cultura italiana è riuscita a imporsi a livello mondiale.
Eco è stato un autentico gigante del pensiero, ma anche un grande cultore dell'umorismo: così lo ha ricordato il suo grande amico Moni Ovadia; una voce che mancherà moltissimo a una cultura che lui molto più di altri ha contribuito a svecchiare. (Applausi dal Gruppo AL-A).
FERRARA Mario (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA Mario (GAL (GS, PpI, M, Id, E-E, MPL)). Signora Presidente, io non condivido molto la necessità di intervenire da parte dei singoli senatori in occasione del venir meno di personaggi importanti come Umberto Eco. Tuttavia, il fatto che siano intervenuti il presidente Zanda e addirittura il presidente Napolitano mi fa capire che il non farlo sarebbe una scortesia istituzionale e, anche se rappresentante di uno dei Gruppi più piccoli, mi accingo a farlo con sentimento.
Infatti, anche se inizialmente e istintivamente guardavo con antipatia a Eco per il suo scrivere fortemente pervaso di un sentimento politico contrario al mio nella rubrica «La bustina di Minerva» e in altre sue manifestazioni letterarie, l'aver letto «Il nome della rosa» mi ha cambiato la vita. E lo dice lo stesso Umberto Eco, quando cerca di superare lo schernimento dei grandi romanzieri rispetto al comune dire che, se non fosse bruciata la biblioteca di Alessandria, nulla avrebbe dovuto o potuto essere più scritto, superando a questo punto l'avanguardia e scrivendo qualcosa che dicesse quanto già è stato scritto, in modo diverso.
Come diceva il presidente Napolitano, in quanto persona che sapeva tantissimo, appunto e proprio perché sapeva tantissimo, egli sapeva di non sapere. Scrivendo «Il nome della rosa», lo riscrive come un romanzo storico, che ripercorre la traccia de «I promessi sposi», attraverso il ritrovamento del manoscritto di Adso; lo fa scrivendo un romanzo storico che, oltre a ripercorrere la tradizione del romanzo manzoniano, omaggia la tradizione letteraria inglese, chiamando il protagonista Guglielmo di Baskerville proprio in ossequio a quello che lui riconosceva come un grande romanziere, sir Conan Doyle, che aveva scritto «Il mastino dei Baskerville»; lo fa, ancora, dividendo il racconto in sette giorni come - ricordiamo - è diviso in sette giorni l'Antico testamento. Fa tutto questo proprio perché dice di non sapere e deve rivolgersi a ciò che è già stato scritto e detto nel passato: nulla può essere detto se non quello che è già stato detto, in modo leggermente diverso.
Alla fine fa incendiare la biblioteca e non riesce a salvare la seconda parte della «Poetica» di Aristotele, che era quella che i monaci cercavano di nascondere, perché lì erano scritti i fondamenti della commedia, tra i quali - ricordiamo - il riso. Questo poi è il compimento magico di Eco. Perché il riso? Qual era lo slogan più utilizzato e affascinante del Sessantotto? «Una risata vi seppellirà». Ecco che Eco, allora, richiama il riso nella parte ultima e compie un miracolo, che va oltre la semiologia e la semiotica e fa parlare i ricordi. Dobbiamo soltanto ricordarci di questo, che lui stesso dice nell'appendice a «Il nome della rosa» e che ci fa capire che ci siamo trovati e che abbiamo avuto, come concittadino di questo straordinario Paese, un genio. Dobbiamo sempre ricordarci del romanzo storico «Il nome della rosa» e di tutto ciò che ci ha lasciato Umberto Eco, perché oggi i soggetti siamo noi e corriamo il rischio che una risata ci seppellisca. (Applausi del senatore Liuzzi).
*LIUZZI (CoR). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LIUZZI (CoR). Signor Presidente, se potessimo immaginare un aldilà ad alta definizione potremmo trovarci Umberto Eco aggirarsi con fare affabulatorio, incamminarsi e intrattenersi discettando ancora di segni, di significati, di percezione dei segni e degli scenari sempre nuovi e affollati di soggetti del mondo classico e di derivazione moderna, di lemmi, di segnali, di concetti, di suoni, di visioni. Insomma, il suo mondo, il milieu consono ad una personalità eclettica dal multiforme ingegno e dalla vasta cultura quale egli era.
Ci ha lasciato alcuni giorni fa, rendendo - ahinoi - l'Italia e l'Europa orfane improvvisamente di un protagonista, di un mattatore culturale, finora in grado di assicurare alle arti visive ed audiovisive l'autorevolezza di un profeta.
Era un esteta, anche quando, per supponenza, appariva spocchioso e non faceva nulla per evitare di sembrare spocchioso. Eco era l'antitesi della dimensione populistica tanto in voga nella società italiana, denunciando con finezza di argomenti il ricorso frequente e pernicioso della politica, della classe dirigente contemporanea - dall'amministrazione dello Stato, all'imprenditoria, all'editoria, al giornalismo, al mondo della televisione e dell'intrattenimento, all'università, al complesso ambito dell'istruzione e della formazione dell'opinione pubblica - alla demagogia.
Si occupava a pieno titolo di industria culturale nazionale, con una conoscenza straordinaria dell'organizzazione continentale dei prodotti culturali. Altezzoso anche: spocchia che si perdona soltanto ai grandi uomini. Indulgenza che, a posteriori, non possiamo non riconoscere a quell'Umberto Eco che rifugge dall'esercitare il suo sapere e le sue competenze quando si oppone alla casa editrice «Bompiani» che diviene "berlusconiana" - confondendo probabilmente la militanza con la committenza - quando, ad onor del vero, e per molteplici testimonianze di autorevoli autori, il mondo Mondadori è fatto prevalentemente di spiriti liberi con un'inclinazione al business più che a confermare ideologie e pratiche ideologiche, almeno nell'accezione storicistica.
Affascinante il suo contributo alla conoscenza del Medioevo, quell'età storica di mezzo che ancora oggi segna il carattere italiano, la specificità europea. Medievista che ci tramanda il mistero e, disvelandolo, ci svela il peculiare di quella società apparentemente chiusa, che è foriera di quel Rinascimento e di quel Seicento traboccanti di scoperte, bellezze, invenzioni che hanno finito per connotare l'"eccezione italiana".
Eco ha introdotto nel nostro Paese la semiotica. Basterebbe questo importante primato per assimilarlo ai Padri della Patria, a quella categoria di italiani che ha dato più che prendere, in controtendenza rispetto a quella consuetudine nazionale che ha finito per impoverirci moralmente lasciandoci alla mercé della società ladrona, che rinnega l'onestà, mortifica il concetto fondamentale di bene comune, svilisce la Costituzione con alla base l'esercizio della cittadinanza.
Semiologo erudito come pochi, Umberto Eco sarà ricordato come teorico dell'indagine intellettuale razionale, della mente che si interroga, dell'organizzazione dell'esperienza umana. Scrittore, dunque, romanziere, filosofo, linguista e semiologo. Farà piacere ai bibliotecari se amabilmente - lo dico soltanto con immensa simpatia - mi permetto di definirlo topo di biblioteca, per avere voluto nobilitare quell'iter singolare dell'anima prima e della ricerca dopo, che è la frequentazione delle library, dei depositi attivi di volumi, incunaboli e pergamene. Nasce da tale attitudine il suo più conosciuto capolavoro, «Il nome della rosa», forse innesto felice della conoscenza diretta di quello scrigno di scienze umanistiche che, nell'abbazia salentina di Casole, conobbe la funzione universale della tutela della cultura, del sapere.
Ci hai svelato il nome di un umile monaco miniaturista, amico Eco, di quell'Adelmo da Otranto che oggi diventa paradigmatico monumento di un mondo segnato dall'atrocità dell'ISIS, nemico degli uomini e del loro luminoso passato. (Applausi del senatore Bruni).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Rivolgo il saluto dell'Assemblea agli allievi dell'Istituto superiore «Angelo Poliziano» di Montepulciano, in provincia di Siena, che sono oggi in visita al Senato e seguono i nostri lavori. Benvenuti. (Applausi).
Discussione del disegno di legge:
(2237) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale) (ore 17,19)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2237, già approvato dalla Camera dei deputati.
I relatori, senatori Pagliari e Lucherini, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.
Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore, senatore Pagliari.
PAGLIARI, relatore. Signora Presidente, abbiamo concordato, per economia dei tempi, che il senatore Lucherini svolga una relazione unica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Lucherini.
LUCHERINI, relatore. Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il testo in esame reca proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Si tratta dell'ormai noto decreto milleproroghe, sul quale riferisco anche a nome del collega Pagliari, relatore per la 1a Commissione, il quale svolgerà poi la replica.
II provvedimento ha iniziato il suo iter parlamentare alla Camera dei deputati, che lo ha ampiamente modificato trattenendolo per circa quattro settimane ed approvandolo lo scorso 10 febbraio, dopo un iter nelle Commissioni competenti iniziato il 14 gennaio. Ciò ha reso di fatto impossibile per questo ramo del Parlamento modificare il decreto-legge, pena la scadenza del termine per la conversione in legge, come previsto dall' articolo 77, comma 3, della Costituzione.
Il provvedimento è stato esaminato dalla 1a e dalla 5a Commissione, nelle sedute del 16, 17 e 18 febbraio. Per quanto riguarda l'attività emendativa, al netto degli emendamenti dichiarati improponibili dalla Presidenza, la gran parte delle proposte modificative è stata trasformata dai proponenti in ordini del giorno, in gran parte accolti dal Governo. L'articolo 97 del Regolamento del Senato, come interpretato dalla Giunta per il Regolamento, relativamente allo scrutinio delle proposte emendative, pone criteri molto rigorosi e precisi, che di fatto hanno comportato l'improponibilità di numerosissime proposte emendative.
Relativamente ad alcuni dubbi, che sono stati posti durante l'esame in Commissione circa l'omogeneità del provvedimento, va ricordato che la sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012 ha riconosciuto che il requisito dell'omogeneità può ritenersi soddisfatto quando le disposizioni, sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, rispondano comunque alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento o di incidere su situazioni esistenti - pur attinenti ad oggetti e materie diversi - che richiedono interventi regolatori di natura temporale.
Prima di passare alla relazione, in senso stretto, vorrei esprimere, anche a nome del collega senatore Pagliari, un sincero ringraziamento ai colleghi delle due Commissioni e agli uffici, per la loro collaborazione costruttiva, che ha agevolato di molto il corso dei lavori.
Dovendo relazionare sull'intero provvedimento, inizio dai profili di competenza della 1a Commissione.
L'articolo 1 reca proroga di termini in materia di pubbliche amministrazioni. In particolare, i commi da 1 a 3 prorogano al 31 dicembre 2016 una serie di disposizioni in materia di assunzioni a tempo indeterminato in specifiche pubbliche amministrazioni.
Il comma 4 proroga al 31 dicembre 2016 la previsione che dispone la sospensione delle modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia. Il comma 4-bis differisce dal 31 dicembre 2015 al 30 aprile 2016 il termine per l'emanazione del decreto del presidente del Consiglio dei ministri con il quale devono essere stabiliti gli indirizzi per la programmazione del reclutamento del personale universitario per il triennio 2016-2018.
Il comma 5 proroga a tutto il 2016 la deroga concernente il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il comma 6 proroga al 31 dicembre 2016 il termine a partire dal quale la promozione a dirigente superiore della Polizia di Stato verrà subordinata alla frequenza con profitto di un corso di aggiornamento.
Il comma 7 proroga al 31 dicembre 2016 l'applicazione del medesimo obbligo per l'accesso alla qualifica di primo dirigente. I commi da 7-bis a 7-quinquies riguardano la riapertura dei termini per la presentazione delle domande di riconoscimento delle qualifiche di partigiano e caduto nella lotta di liberazione.
Il comma 8 interviene al fine di prorogare di un anno il regime transitorio concernente il collocamento in «aspettativa per riduzione quadri» per i gradi di colonnello e generale dell'Arma dei carabinieri dei ruoli speciale e tecnico-logistico.
Il comma 9 dispone che le Province e le Città metropolitane, per comprovate necessità, possono prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato fino al 31 dicembre 2016. Il nuovo comma 9-bis prevede la medesima proroga per le Province che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno dell'anno 2015. Il comma 9-ter, da un lato, modifica il termine per le prime elezioni dei Presidenti di Provincia e dei Consigli provinciali, successive alla entrata in vigore della legge n. 56 del 2014, posticipandolo da trenta a novanta giorni dalla scadenza naturale del mandato o dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali, e, dall'altro, prevede l'applicazione, anche in caso di elezioni successive al 2014, della disposizione in base alla quale, alla scadenza naturale dei Consigli provinciali, il Presidente della Provincia, assumendo anche le funzioni del Consiglio provinciale, e la Giunta provinciale restano in carica a titolo gratuito per l'ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti. Il comma 9-quater prevede che la facoltà per le Province di prorogare al 31 dicembre 2016 i contratti di lavoro a tempo determinato per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi nel rispetto di specifici vincoli finanziari, del patto di stabilità interno e della normativa vigente di contenimento della spesa complessiva di personale, operi anche per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Il comma 10 prevede l'utilizzo di propri fondi da parte della Regione Calabria per procedure di stabilizzazione di personale dei Comuni. Il comma 10-bis dispone, anzitutto, che la validità delle graduatorie ad esaurimento del personale docente è prorogata all'anno scolastico 2018-2019. Il comma 10-ter differisce al 31 dicembre 2017 il termine entro cui i diplomi finali rilasciati da istituzioni dell'alta formazione e istituzioni di specializzazione artistica e musicale debbano essere conseguiti ai fini dell'equipollenza ai diplomi accademici di secondo livello. Il comma 10-quater autorizza la Regione Umbria e i relativi Comuni coinvolti, al fine di proseguire le attività tecnico-amministrative volte ad ultimare il processo di ricostruzione nelle zone terremotate, a stipulare per il triennio 2016-2018 contratti di lavoro a tempo determinato per un periodo massimo di tre anni. Il comma 10-quinquies prevede che le risorse destinate al finanziamento dei fondi gestori di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato, nell'anno 2016, possano essere utilizzate, per un importo massimo di 214.000 euro, anche ai fini del finanziamento delle spese di avvio dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
L'articolo 2 del decreto-legge differisce al 1° luglio 2016 l'entrata in vigore della obbligatorietà della firma digitale nel processo amministrativo.
Il comma 1 proroga di sei mesi il termine a decorrere dal quale è obbligatorio, nel processo amministrativo, sottoscrivere con firma digitale tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti.
Il comma 2 aggiunge un comma 1-bis all'articolo 13 dell'allegato 2 dello stesso codice del processo amministrativo, con il quale si prevede l'avvio di una fase di sperimentazione per la graduale introduzione del processo amministrativo telematico. Il comma 2-bis proroga di due anni il temporaneo ripristino delle sezioni distaccate insulari di tribunale ad Ischia, Lipari e Portoferraio. Il comma 2-ter interviene sulla legge di riforma della professione forense, con particolare riferimento ai requisiti per esercitare il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
L'articolo 2-bis proroga al 31 dicembre 2016 i termini per l'adozione, da parte dei responsabile dei servizi automatizzati del Ministero della giustizia, delle specifiche tecniche necessarie per la pubblicazione dei dati e dei documenti da inserire sul cosiddetto portale delle vendite pubbliche.
L'articolo 2-ter proroga dal 28 febbraio al 31 maggio 2016 il termine entro il quale il Ministero della giustizia approva la permanenza in attività degli uffici dei giudici di pace richiesta dagli enti locali che si faranno carico delle spese relative.
L'articolo 2-quater, comma 1 proroga per il 2016 l'esclusione transitoria per alcuni casi specifici dal contributo dovuto dai datore all'INPS in caso di risoluzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
All'articolo 4, il comma 1 proroga per l'anno 2016 l'applicazione della procedura che attribuisce al prefetto i poteri di impulso e sostitutivi relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio di previsione degli enti locali. È stabilito inoltre, al comma 1-quater, che, ai partiti e ai movimenti politici che non ottemperano all'obbligo di trasmissione di tali atti nei termini previsti, la commissione applica la sanzione amministrativa di euro 200.000.
Il comma 2 stabilisce che l'adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi sia completato entro sei mesi dalla data di adozione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 10-bis del decreto-legge n. 104 del 2013 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016. Il comma 3 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine per l'acquisto dell'efficacia delle disposizioni che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare dichiarazioni sostitutive.
Il comma 4 proroga al 31 dicembre 2016 i termini entro i quali diventa obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli Comuni. Inoltre, con una modifica introdotta alla Camera dei deputati, i Comuni istituiti per fusione entro il 1° gennaio 2016 sono esonerati dall'obbligo del rispetto delle disposizioni relative alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per gli enti territoriali introdotti dalla legge di stabilità 2016.
L'articolo 4-ter proroga di un anno il termine entro il quale il Presidente del Consiglio può richiedere all'autorità giudiziaria competente che i direttori del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o altro personale dipendente espressamente delegato siano autorizzati ai colloqui con detenuti e internati, al solo fine di acquisire informazioni per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.
Signora Presidente,per cercare di abbreviare i tempi, le chiedo l'autorizzazione a consegnare la parte restante della mia relazione, che è relativa a materie di competenza della Commissione bilancio. (Applausi del senatore Pagliari).
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.
Comunico che sono state presentate alcune questioni pregiudiziali.
Ha chiesto di intervenire il senatore Malan per illustrare la questione pregiudiziale QP1. Ne ha facoltà.
MALAN (FI-PdL XVII). Signora Presidente, non mi assocerò ai tanti che probabilmente diranno che il milleproroghe è una cosa cattiva in sé perché prorogare l'entrata in vigore di una legge sbagliata è sempre meglio che consentire che questa legge vada in vigore. Sarebbe meglio abrogare le leggi sbagliate, ma a volte non c'è il tempo e la forza e allora si preferisce dire: «va benissimo la cosa demagogica che abbiamo approvato qualche mese fa, però la spostiamo di qualche mese». Questo non vuol dire che il decreto-legge detto milleproroghe sia esente dalle precise disposizioni che sono ampiamente accettate nella teoria e che sono contenute sia nella legge n. 400 del 1988, sia in alcune sentenze della Corte costituzionale. In particolare, c'è la questione dell'omogeneità. Questo decreto-legge non ha alcuna omogeneità: ci sono le norme più varie. Non farò l'elenco degli argomenti toccati perché non mi basterebbero i dieci minuti dell'intervento ma solo l'elenco degli argomenti riempie una pagina intera. L'omogeneità è una finzione che non si è certo inventata questo Governo. Il Presidente del Consiglio aveva detto che con lui non si sarebbe più ricorso a questi vecchiumi del milleproroghe e, infatti, abbiamo il più corposo milleproroghe che ricordi (e, devo dire, ne ricordo parecchi). È il più corposo e il più strampalato come congerie di argomenti diversi.
Il filo conduttore è che sono tutte proroghe urgenti di provvedimenti. Francamente, è una finzione. Un giorno potremmo inventarci che il filo comune è che le proroghe toccano tutte argomenti che cominciano con lettere della prima parte dell'alfabeto: l'omogeneità dovrebbe essere sostanziale, non formale.
Dopo essersi posti questo paletto, il criterio che devono essere norme che contengono proroghe, la Camera dei deputati ne ha poi introdotte parecchie che non contengono alcuna proroga, neanche la parvenza. Io ho esaminato diversi decreti milleproroghe. A volte, quando si voleva introdurre una norma nuova, una modifica di una norma, per far sì che entrasse nel milleproroghe si spostava un termine di un mese e, contestualmente, si cambiava la norma. Qui, invece, non c'è più neanche l'apparenza della proroga. Ad esempio, all'articolo 4, comma 1-quater, si introduce semplicemente una nuova norma riguardante i rimborsi elettorali ai partiti. Una norma nuova, buona o cattiva che sia; è una norma nuova senza alcuna proroga di termini. All'articolo 4, comma 6-bis, si rideterminano dei trasferimenti erariali per le Province appartenenti alle regioni Sicilia e Sardegna; le famose province che sono state abolite, ma alle quali arrivano altri soldi.
L' articolo 5 contiene disposizioni riguardanti lo svolgimento delle funzioni del direttore generale del grande progetto Pompei e viene cambiato il limite massimo di spesa ma non c'è nessuna proroga termini. All'articolo 10, addirittura c'è una serie di commi, dal 10-ter al 10-sexies, che non contengono alcuna proroga termini ma, anzi, contengono una interpretazione autentica di una norma che credo comporti spese, e per la quale non c'è nessuna copertura. E avanti così, con una serie di altre norme che non contengono alcuna proroga termini.
Di sicuro la Camera dei deputati ha aggiunto e, a colpo d'occhio, ha quintuplicato il contenuto di questo provvedimento, con un procedimento che qualcuno potrebbe, con leggerezza, definire monocamerale. Questo provvedimento, infatti, ci arriva quando è sul limite della scadenza e, anche con questo pretesto, il Governo porrà l'immancabile questione di fiducia.
Parlavo di un procedimento monocamerale perché questo testo lo ha esaminato solo la Camera. Qui, con lodevole serietà da parte dei relatori e del Governo, sono stati esaminati esclusivamente gli ordini del giorno, perché anche noi dell'opposizione abbiamo riconosciuto che è inutile che ci facciate perdere tempo ad esaminare emendamenti su cui darete parere contrario, anche se sono ottimi e magari persino condivisi dalla maggioranza.
Parliamo, quindi, solo degli ordini del giorno, che non comportano modifica del testo e, dunque, non comportano una ulteriore lettura da parte dell'altro ramo del Parlamento.
Questo provvedimento, quindi, viene letto ma non esaminato dal Senato e, per di più, per due terzi viene introdotto durante il suo iter con emendamenti passati alla Camera; allora, con leggerezza, lo si potrebbe definire un provvedimento monocamerale. E invece no! I 630 deputati dell'altra Camera non hanno potuto intervenire su questo provvedimento, se non in Commissione, perché indovinate cosa è successo in Aula? È stata posta la questione di fiducia.
Pertanto, il Senato non ha avuto la possibilità di provare a modificare e ad apportare neanche la più piccola e doverosa modifica a questo testo e, dei 630 deputati, soltanto gli appartenenti alle Commissioni competenti hanno potuto partecipare all'esame del provvedimento, perché in Assemblea è stata appunto posta la questione di fiducia. Il fatto è che la permanenza in Commissione è stata talmente lunga da comprimere i tempi. Qui poi abbiamo l'assoluta priorità del Governo che sono le unioni civili, di cui si chiede la discussione per poi rinviarla di dieci giorni (tanto perché sono questioni prioritarie). Il risultato è che solo un piccolo numero di deputati ha potuto esaminare questo provvedimento, introducendo - per usare una locuzione non molto corretta grammaticalmente - "la qualunque": è stata introdotta qualunque cosa, qualunque provvedimento, come ho detto anche non inerente all'argomento fintamente inventato, come comune a questo provvedimento.
Ricordo, inoltre, che non è soltanto una questione di stile (chi se ne importa dell'omogeneità, chi se ne importa che il provvedimento sia omogeneo o meno), il fatto è che ci sono state delle sentenze della Corte costituzionale, in particolare la n. 22 del 2012 tra le altre, che hanno detto che quando manca una ragionevole unitarietà del provvedimento, le norme possono essere cassate, magari anche dopo anni, com'è accaduto qualche tempo fa alle norme sugli stupefacenti che sono state cassate per una ragione come questa.
In passato, per un decreto milleproroghe addirittura ci fu un intervento, in parte esplicito e in parte riservato, da parte della massima carica dello Stato, tra un passaggio e l'altro tra la Camera e il Senato, perché erano stati introdotti degli emendamenti fuori argomento. Immagino che forse dovremmo sentirlo adesso un intervento su questo argomento, non necessariamente da parte della massima carica dello Stato - che potrebbe avere un'idea diversa dal suo predecessore - ma magari proprio da colui che intervenne allora visto che siede in quest'Aula.
Invece abbiamo questa congerie di provvedimenti che sono stati introdotti in gran parte per emendamenti verosimilmente presentati dal Governo stesso attraverso la compiacente firma di qualche deputato e, di conseguenza, il Parlamento è totalmente esautorato da una serie di provvedimenti che toccano settori amplissimi del nostro Paese. Il Parlamento non si può pronunciare e dunque il Governo se ne assume pienamente la responsabilità (e ci mancherebbe). Come suol dirsi, ci mette la faccia per poi raccontarci dei numeri fasulli.
Infatti una della ragioni per cui il nostro Paese non va avanti e una delle ragioni per cui il nostro PIL è del 4 per cento inferiore a cinque anni fa - quando c'era un Governo che nasceva dalle indicazioni dei cittadini e non da giochi di palazzo - e ci sono 360 miliardi di debiti in più è la burocrazia: leggi che cambiano di giorno in giorno, fatte in modo incerto, che magari domani vengono cassate dalla Corte costituzionale o da qualche altra parte. Per cui il Governo ci mette la faccia ma chi ci rimette sono gli italiani nel loro insieme. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Divina per illustrare la questione pregiudiziale QP2. Ne ha facoltà.
DIVINA (LN-Aut). Signora Presidente, con il presente decreto-legge sono prorogati i termini nelle materie più disparate. Parliamo di assunzioni, funzionamento delle pubbliche amministrazioni, procedure di competenza del Ministero dell'interno in materia di infrastrutture e trasporti, beni culturali, istruzione, edilizia scolastica, in materia sanitaria, materia ambientale e politiche agricole e forestali.
Il presente decreto-legge, denominato milleproroghe, è adottato dal Governo adducendo quale unica giustificazione la necessità di assicurare efficienza ed efficacia alle diverse amministrazioni interessate ma in realtà serve unicamente a correggere errori, a compensare ritardi e mancate decisioni. Sebbene, da un lato, il ricorso al decreto-legge denominato milleproroghe sia considerata una prassi consolidata nel modo di operare, dall'altro, non si può fare di quella che agli occhi di tutti è una grave stortura dell'iter normativo una regola.
Nei gangli di una serie di riferimenti normativi criptici si celano, infatti, una serie di rinvii mirati all'applicazione di norme che risalgono anche a più di dieci anni fa. Questo sistema reiterato di ritardo nell'applicazione delle norme produce un vero e proprio inganno nei confronti dei cittadini violando, innanzi tutto, il primo articolo della Carta costituzionale che declina la Repubblica italiana nel concetto base di sovranità popolare. È manifestamente incostituzionale usare la normativa d'urgenza, ad esempio, per prorogare gli UTA, unità tecnico-amministrativa istituita nel 2011 per il compimento, a seguito della cessazione dello stato di emergenza per il problema dei rifiuti nella Regione Campania, delle attività di definizione delle situazioni debitorie e creditorie della precorsa gestione emergenziale.
Inoltre, il ricorso allo strumento della proroga nel settore sanitario non dovrebbe essere utilizzato perché impatta sui temi legati all'erogazione di servizi assistenziali e particolarmente problematici appaiono infatti i differimenti di carattere reiterato e sistematico soprattutto in relazione ad adempimenti previsti da disposizioni risalenti ormai nel tempo.
L'eterogeneità di contenuto del presente decreto-legge contrasta apertamente con i contenuti della legge 23 agosto 1988, n. 400, che dà diretta attuazione all'articolo 77 della Costituzione, secondo cui i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione ed il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Il decreto-legge in esame accumula invece una serie di disposizioni - le abbiamo sentite poc'anzi - che incidono in modo rilevante sui più disparati settori. Per l'ennesima volta il Governo utilizza lo strumento della normativa d'urgenza in modo improprio, svuotando il Parlamento delle proprie prerogative.
Il provvedimento in esame è totalmente disomogeneo, cioè esattamente l'opposto di quello che, secondo l'attuale Costituzione, dovrebbe essere un decreto-legge. Il provvedimento è caratterizzato inoltre dalla presenza di norme provvisorie, temporanee e sperimentali di mere proroghe ed incorpora già all'origine la previsione di successivi interventi integrativi che confliggono con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione.
Il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura come una forma di sbilanciamento e forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato costituzionale, che di fatto ha spostato in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere. Il continuo e reiterato uso della decretazione d'urgenza come prassi legislativa ormai normale ed utilizzata dall'attuale Governo (prassi del resto più volte censurata dai richiami dei Capi dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale) produce, da un lato, l'inottemperanza all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere e, dall'altro lato, uno svuotamento ed una mortificazione del ruolo del Parlamento e dei parlamentari.
Il provvedimento in oggetto presenta criticità in ordine al rispetto dei profili di costituzionalità. L'utilizzo della normativa d'urgenza trova una giustificazione soltanto politica ed infatti il Governo ricorre allo strumento del decreto-legge solo perché un disegno di legge avrebbe avuto tempi di approvazione troppo lunghi. È palese, quindi, che il Governo opera nella piena consapevolezza di travalicare i limiti costituzionali solo ed esclusivamente perché incapace di trovare una maggioranza parlamentare coesa.
Il provvedimento in esame interviene inoltre su questioni rientrante nell'ambito dell'economia del lavoro, su cui è competente (parlo al presente perché la Costituzione non è ancora stata cambiata) ad esprimere un parere il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), come previsto dall'articolo 99 della Costituzione, che lo definisce «organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge». Procedere all'esame di un disegno di legge senza aver recepito il parere del CNEL presenta dunque ulteriori aspetti che possono far ravvisare profili di incostituzionalità manifesti.
Per questi motivi, chiediamo che il Senato deliberi di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2237, di conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Bruni per illustrare la questione pregiudiziale QP3. Ne ha facoltà.
BRUNI (CoR). Signora Presidente, il disegno di legge in esame ha ad oggetto la conversione del cosiddetto decreto milleproroghe, recante «proroga di termini previsti da disposizioni legislative», il quale rappresenta plasticamente l'immagine tragica del nostro ordinamento. Ciò per l'evidente ragione che i termini vengono fissati per essere rispettati e non per essere prorogati, mentre, leggendo il testo di questo decreto, si ha esattamente l'idea contraria. Ogni proroga è la confessione di un inadempimento del Governo. «Milleproroghe» significa mille inadempimenti, mille prove dell'assoluta mancanza di urgenza degli stessi provvedimenti che sono oggetto di proroga, mille conferme di contrarietà alla cultura delle regole e al rispetto della Costituzione. E, come il Natale, anche quest'anno, puntualmente, è arrivato il più classico e il più incostituzionale dei provvedimenti adottati in via di urgenza dall'Esecutivo, il milleproroghe appunto.
Esso, sin dal proprio titolo, rivela di per sé stesso la mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza, non potendosi certo assumere, a giustificazione del ricorso alla decretazione d'urgenza, il mero ed infruttuoso decorso del tempo ai fini dell'applicazione di norme di legge che imponevano adempimenti alle pubbliche amministrazioni (si prenda il caso dell'articolo 1) o ad altri e diversi soggetti.
Il provvedimento, così come pervenuto dalla Camera dei deputati, si compone di dodici articoli, senza contare gli svariati bis, ter e quater, e contiene proroghe di termini legislativi, talvolta solo nel nomen iuris ma non negli effetti, destinate ad incidere in modo rilevante sui più disparati settori, sia pubblici che privati.
L'abuso della decretazione di urgenza è ormai una delle maggiori difficoltà - come si è segnalato più volte - per il mantenimento dell'equilibrio fra gli organi costituzionali, nonché per la forma di Stato, così come erano stati disegnati dal legislatore costituente.
L'interferenza dell'Esecutivo sulla regolare produzione normativa di fonte parlamentare, sorretta da urgenze troppo spesso più dichiarate che reali, va ben oltre il legittimo temperamento del principio di separazione tra i poteri dello Stato. Essa infatti sta producendo una grave lesione della certezza del diritto, nonché un elevato livello di entropia normativa, misura del disordine e dell'indifferenziazione di un sistema cui si accompagna l'alterazione della gerarchia delle fonti e la difficoltà di dare attuazione ad una legislazione alluvionale, instabile e disordinata. (Brusio).
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, abbassate il volume. Credo che chi sta parlando faccia veramente fatica a sovrastare il brusio.
Prego, senatore Bruni.
BRUNI (CoR). Grazie, signora Presidente.
Dicevo della difficoltà di dare attuazione ad una legislazione alluvionale, instabile e disordinata, come quella che esce fuori da questo ennesimo decreto milleproroghe.
Non solo, la frammentarietà e la segmentazione degli interventi legislativi urgenti, nel tempo, hanno creato e continuano pervicacemente a creare incertezza negli operatori sulle norme applicabili, ratione temporis, alle fattispecie disciplinate, e - ciò che più importa - creano una condizione complessiva di assoluta precarietà dell'ordito legislativo, rendendo assai difficile, anche per gli operatori del diritto, individuare la normativa applicabile alle singole materie che il legislatore intendeva effettivamente inverare. Si tratta di un caso di eterogenesi dei fini, in quanto le ripetute novellazioni della legge, attuate a mezzo della decretazione d'urgenza, provocano dubbi applicativi e perplessità ermeneutiche, esse stesse fonte di caos legislativo e di proliferazione di quello stesso contenzioso che si vuole, solo a parole, deflazionare.
In effetti, pur volendosi prescindere dal dato quantitativo del ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza, assolutamente preoccupante appare il dato qualitativo. Affetti da gigantismo, i decreti-legge approvati sovente esorbitano dalla normalità statistica registrata in passato; il decreto-legge sta andando, contra constitutionem, verso la sua endemica e crescente eterogeneità (quante volte sentiamo parlare di decreti-legge eterogenei!).
Il decreto-legge reale sempre più si sta allontanando da quello ideale, così come era stato raffigurato nell'immaginario costituzionale. A proposito di Costituzione, va segnalata la sentenza n. 220 del 2013 della Corte costituzionale, che ha chiaramente asserito che «I decreti-legge traggono la loro legittimazione generale da casi straordinari e sono destinati ad operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessità».
Proprio per tale ordine di ragioni il legislatore ordinario, con norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba contenere «misure di immediata applicazione». La norma citata, pur non avendo sul piano formale rango costituzionale (si tratta dell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988), esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge (si veda, in questo senso, la sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012) che, in difetto, ove cioè contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo, entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse.
L'articolo 15 richiamato, prescrive che i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione ed il loro contenuto deve essere omogeneo e corrispondente al titolo. Oltre all'eterogeneità di interventi, che di per sé sarebbe sufficiente a collocare il decreto-legge in esame nell'alveo dell'ineluttabile declaratoria d'incostituzionalità, si segnalano anche una molteplicità di disposizioni che contrastano con la stessa finalità di proroga annunciata dal titolo del decreto-legge in conversione. Abbiamo, al riguardo, sentito altri colleghi parlare dell'assenza di proroghe in molte norme che sono state modificate alla Camera.
Segnatamente, potremmo citare il caso dell'articolo 2-quater, che non contempla alcuna proroga di termini, bensì si limita a prevedere che per i contratti di solidarietà difensivi, stipulati prima decreto legislativo n. 148 del 2012 e le cui istanze d'integrazione salariale siano state presentate prima dell'entrata in vigore del menzionato decreto legislativo, l'ammontare del trattamento d'integrazione sia aumentato, per il 2016, per un massimo di dodici mesi, nella misura del 10 per cento della retribuzione persa.
Analoga osservazione può essere formulata riguardo alle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1-quater. Esse, infatti, si limitano a prevedere che la commissione di garanzia applichi una sanzione amministrativa, pari a 200.000 euro, ai partiti ed ai movimenti politici che non trasmettano nei termini previsti il rendiconto con i relativi allegati.
Ancora nessuna proroga si ravvisa all'articolo 4, comma 6-bis, che si limita ad individuare le disposizioni applicabili, per l'anno 2016, per i trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione, corrisposti dal Ministero dell'interno in favore delle Province appartenenti alle Regioni Sicilia e Sardegna.
Del pari inattuative di proroghe sono poi le previsioni contenute nei commi da 2-ter a 2-sexies dell'articolo 10, apoditticamente rubricato «Proroga di termini in materia economica e finanziaria». In particolare, il comma 2-ter è mera norma di interpretazione autentica della disposizione di cui all'articolo 19, comma 2, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in tema di detraibilità dell'IVA assolta sull'acquisto di beni e servizi da parte di organismi di formazione professionale percettori di contributi pubblici, in relazione alle attività formative svolte con tali contributi. Con tale previsione, in sostanza, si chiarisce solo che la spettanza della detrazione è strettamente connessa agli acquisti fatti con l'ausilio dei contributi che siano utilizzati per l'effettuazione di operazioni imponibili. Si tratta quindi di un'interpretazione autentica che nulla ha a che vedere con il concetto di proroga.
Continuando, potremmo citare il comma 7-quater, che non contiene alcuna proroga di termini. Infatti la lettera a) non fa che disciplinare le procedure per l'erogazione dell'anticipazione di liquidità; la lettera c) dispone che le risorse derivanti dalle riduzioni del finanziamento previsto per l'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana e per l'Associazione della Croce Rossa italiana, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 178 del 2012, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, a decorrere dall'anno di applicazione delle medesime riduzioni, siano vincolate al rimborso dell'anticipazione di liquidità di cui al comma 1 del presente articolo, nella misura di 6 milioni di euro annui per l'intero periodo di rimborso della medesima anticipazione.
Che dire, infine, della proroga, questa volta reale, contenuta nell'articolo 11-bis, che posticipa di sessanta giorni il termine per l'adozione, da parte del Commissario di Governo, del programma di rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale del comprensorio Bagnoli-Coroglio? Oppure della previsione di cui al comma 2 del medesimo articolo 11-bis, ai sensi del quale, entro trenta giorni dall'approvazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana di cui all'articolo 33 del decreto-legge n. 133 del 2014, le risorse residue dei fondi stanziati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il sito di interesse nazionale «Bagnoli-Coroglio» ed erogati al Comune di Napoli non ancora impegnate sono destinate al finanziamento dei medesimi interventi, secondo gli indirizzi della cabina di regia?
Potremmo continuare con altre valutazioni di questo tipo, ma poiché lo sforzo del pensiero non pare proprio la cifra distintiva di questo Governo, temiamo che a breve staremo di nuovo discutendo dell'urgenza di ripropogare termini già vanamente prorogati, o peggio, nella necessità e nell'urgenza di intraprendere ulteriori, ma non nuove, iniziative governative per continuare a non risolvere antichissimi problemi. Proprio per questo insistiamo perché il Senato deliberi di non procedere all'esame del disegno di legge. (Applausi del senatore Liuzzi).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Diamo il benvenuto agli allievi e ai docenti della Scuola secondaria di primo grado «Giovanni Bonifacio» di Rovigo, che sono oggi in visita al Senato e seguono i nostri lavori. Benvenuti. (Applausi).
Ripresa della discussione del disegno di legge n. 2237 (ore 18,01)
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Campanella per illustrare la questione pregiudiziale QP4. Ne ha facoltà.
CAMPANELLA (Misto-AEcT). Signora Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, i colleghi che mi hanno preceduto non hanno fatto una descrizione puntuale perché questo provvedimento è enorme, ma hanno descritto tutta una serie di aspetti e di motivazioni per cui questo provvedimento non dovrebbe essere trattato in quest'Aula.
Io vorrei approcciare il tema da un punto di vista un pochino diverso. Mi permetto, prima, di ricordare a me stesso il contenuto degli articoli 70 e 77 della Costituzione ancora in vigore, la Costituzione del 1948. L'articolo 70 recita «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere», cioè dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica. L'articolo 77 dice che «il Governo» che sappiamo essere titolare del potere esecutivo «non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria», però al secondo comma è scritto: «Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere». Quindi, secondo l'articolo 77, il Governo può presentare provvedimenti provvisori con forza di legge, i decreti-legge, però devono essere compresenti l'elemento della straordinarietà (quindi non può farlo di volta in volta), l'elemento della necessità (cioè non deve potersi provvedere altrimenti) e l'elemento dell'urgenza (cioè si deve provvedere immediatamente per un evento che rende necessario un intervento urgente).
Voglio aggiungere che, nella legge che regola il funzionamento della Presidenza del Consiglio, la n. 400 del 1988, è stabilito che, secondo quanto previsto implicitamente dall'articolo 77 della Carta, i decreti-legge debbano contenere misure di immediata applicazione, perché sono urgenti e necessarie, e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e rispondente al titolo.
Adesso, stiamo analizzando la costituzionalità del decreto-legge n. 210 del 2015: esso ha le caratteristiche previste? Non le ha, perché non è omogeneo, non tratta di norme che sono urgenti e non tratta di norme necessarie. In pratica, il decreto-legge milleproroghe - perché questo è un decreto milleproroghe, cioè fa parte di una categoria di decreti-legge che ogni anno ci allietano - sposta in avanti termini che altre norme di legge avevano previsto e questo si ripete ogni anno. Questo genera, in chi quelle leggi deve applicarle o in base a quelle leggi deve regolarsi, una aspettativa comprensibile o addirittura la certezza che quel termine sarà spostato anche quell'anno. Penso, ad esempio, all'ennesima proroga dei termini per l'adeguamento al Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti al 31 dicembre 2016. Regole con termini fissati, che di anno in anno si vedono spostare, e poi ancora e ancora.
Questa impostazione ha fatto ritenere che l'elemento di omogeneità in questo tipo di decreti sia il fine, ovvero il prorogare. Questo argomento è già piuttosto debole, però noi sappiamo - come tutti i colleghi hanno evidenziato - che il decreto-legge in esame, per le modifiche apportate dalla Camera, che, tra l'altro, hanno aumentato le norme di proroga in maniera macroscopica, portandole da 50 a oltre 70, contiene anche norme completamente nuove che non introducono proroghe. Mi riferisco, per esempio, alla sanzione nei confronti dei partiti e dei movimenti politici che non ottemperano alla trasmissione degli atti relativi al loro finanziamento (200.000 euro), norma che non è omogenea rispetto al provvedimento neanche nelle finalità.
A questo punto, cos'è da prendere in considerazione? In primo luogo, il fatto che questo tipo di norma rende impossibile una pianificazione dell'attività delle pubbliche amministrazioni, che devono applicare norme i cui termini cambiano in continuazione; in secondo luogo, il fatto che questo tipo di norma svuota di significato il ruolo del Parlamento, perché fa sì che il Governo emani nuove norme con forza di legge e le imponga al Parlamento per il tramite della maggioranza che lo sostiene, evitando un'analisi approfondita da parte dell'organo costituzionale, che è, o quantomeno dovrebbe essere, titolare della funzione legislativa, funzione di cui il Governo si appropria indebitamente.
Ne consegue che quello che il Governo ha impostato e imposto nella legge di revisione della Costituzione altro non è che una sorta di cristallizzazione di uno stato - che pian piano è stato determinato, fissato e sedimentato - di svuotamento del potere deliberativo e di controllo delle Camere elettive a vantaggio di un Esecutivo, che in questo modo sfugge a qualsiasi controllo.
È questo il motivo per cui, colleghi, noi chiediamo di non passare all'esame di questo provvedimento: perché sarebbe un'ulteriore certificazione della inutilità del Parlamento, con un cedimento al Governo di un potere che si è già arrogato e vuole in modo definitivo. (Applausi dal Gruppo Misto-SEL).
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Endrizzi per illustrare la questione pregiudiziale QP5. Ne ha facoltà.
ENDRIZZI (M5S). Signora Presidente, colleghi, stando a Roma ho imparato un'espressione tipica: «Ma che te lo dico a fa'?». La cito, perché questo è l'interesse che voi dimostrate per la discussione, il rispetto che avete per le Aule del Parlamento e per i cittadini, che hanno bisogno di soluzioni. Questo Governo, che si definisce a parole «del fare», si connota nei fatti come il Governo «del rimandare», «del prorogare».
Ecco cosa è successo. Circa due mesi fa, la sveglia sul mobiletto degli uffici legislativi della Presidenza del Consiglio è suonata con l'avviso: bisogna reiterare le proroghe. Così, hanno preso il testo di sei mesi prima, l'hanno aggiornato, rimesso in cantiere e oggi vi porranno la fiducia, e rimetteranno la sveglia puntata tra altri sei mesi. Questo vuol dire che il Paese è fermo. Il Paese aspetta e il Governo continua a occuparsi dei propri affari.
In questo decreto-legge, però, abbiamo dei problemi: ci sono violazioni della Carta costituzionale, violazioni anche del buonsenso.
Infatti, se lasciamo cadere continuamente i bisogni e le necessità e rinviamo i provvedimenti che dovrebbero portare finalmente il cambiamento e il progresso, avremo delle conseguenze e verrà meno l'affidamento dei cittadini nella certezza del diritto.
Provate a pensare al problema degli sfratti: l'inquilino con il cappio al collo e l'angoscia di quel che succederà domani, ma anche il proprietario con il cappio al collo e l'incertezza di quello che succederà domani. Riusciamo - anzi, riuscite - a scontentare tutti.
Provate a pensare alle imprese, che dovrebbero investire e non sanno bene quale sia il quadro normativo e degli incentivi.
Provate a pensare a come vive questa situazione chi deve essere assunto da una pubblica amministrazione e magari ha un progetto di vita che viene frenato dall'inerzia del Governo.
Provate a pensare alle pubbliche amministrazioni, incentivate da questo provvedimento, che viola sostanzialmente i principi della buona amministrazione, a rimandare ciò che è loro richiesto rispetto al Patto di stabilità e rispetto agli adempimenti per migliorare i servizi e la garanzia di trasparenza ai cittadini.
Provate a pensare ai sistemi di sicurezza, dalle autoscuole alle macchine agricole, che continuamente vengono rimandati.
Abbiamo un provvedimento, che congela il tempo e ci rende dei mammut ibernati in un blocco di ghiaccio. Non voi, perché non ce ne importa molto di voi, ma il Paese, che è ridotto così.
Se avessimo avuto almeno il tempo di intervenire su questo decreto-legge, apportando modifiche, avremmo fatto come nel precedente episodio di questa saga, introducendo o quantomeno provando ad introdurre sanzioni per gli amministratori pubblici che non fanno il loro dovere. Ma vedete, la sanzione più alta, più grave e più severa deve essere in capo al Governo, perché è il Governo il primo responsabile.
Mi spiace che la stampa non sia qui numerosa ad inquadrare tutti che chiacchierano e l'interesse che dimostrano i nostri governanti. Il Governo dovrebbe essere sanzionato e la sanzione politica per questo Governo non può essere che una: noi, questa volta, diciamo basta e non procediamo all'esame di questo provvedimento.
Vede, Presidente, a questo punto dovrebbero esserci degli applausi: lo trovo scritto nel foglio che sto leggendo e forse lei, in questo momento, sta provando quella strana sensazione, detta déjà vu. Questa, però, non è una sensazione, perché proprio io ho pronunciato queste stesse parole, proprio in questa Assemblea, proprio un anno fa: il 26 febbraio 2015. Anche gli applausi, quindi, dovrebbero essere replicati. (Applausi dal Gruppo M5S). Grazie!
Nulla è cambiato, «il Governo del rimandare» è ancora qui, a farci vergognare di una politica per cui nulla è più stabile del provvisorio, fatta di proroghe, rinvii e ignavia.
Non si senta offeso da parte mia, signor Presidente, se ho replicato il mio discorso, perché è sconsolatamente attuale. E poi, come dicevo in principio: "Ma che ve lo dico a fa'?". (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. Poiché nessuno intende intervenire nella discussione, metto ai voti la questione pregiudiziale presentata, con diverse motivazioni, dalla senatrice Bernini e da altri senatori (QP1), dal senatore Divina e da altri senatori (QP2), dalla senatrice Bonfrisco e da altri senatori (QP3), dalla senatrice De Petris e da altri senatori (QP4) e dal senatore Crimi e da altri senatori (QP5).
Non è approvata.
SANTANGELO (M5S). Chiediamo la controprova.
Signora Presidente, prima di passare alla votazione di controprova chiediamo di estrarre dai dispositivi di votazione le tessere dei senatori che non siano effettivamente presenti, così come è stato fatto nelle ultime votazioni. Ci sono diverse tessere di senatori assenti.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte e chiedo ai senatori Segretari di procedere alla verifica e all'estrazione delle tessere per cui non risultino presenti i senatori, sulla destra e sulla sinistra dell'emiciclo. Prego di collaborare con i senatori Segretari, per accelerare le operazioni. (Commenti dal Gruppo M5S).
Aspettiamo che i senatori Segretari abbiano finito.
C'è una tessera tra i banchi del Governo che va rimossa; prego un assistente di estrarre quella tessera.
Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
Non è approvata.
Dichiaro aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Ceroni. Ne ha facoltà. (Brusio).
Aspettiamo prima che vi sia il deflusso dei senatori dall'Emiciclo. Colleghi, per cortesìa, dobbiamo procedere alla discussione, quindi chi vuole uscire dall'Aula lo faccia rapidamente e agli altri chiedo di abbassare il tono della voce.
Prego, senatore Ceroni.
CERONI (FI-PdL XVII). Signora Presidente, signor Vice Ministro, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, esattamente due anni fa questo Governo si insediava - il mio amico Marco Marin dice «abusivamente» ed a ragione - alla guida del nostro Paese, promettendo di mettere in ordine i conti pubblici, la ripresa economica, il calo della disoccupazione e la semplificazione.
A distanza di due anni, le condizioni del Paese sono drammaticamente peggiorate; il pareggio di bilancio è stato spostato al 2018, il debito pubblico è aumentato di 100 miliardi di euro, contenuti grazie anche alle alchimie contabili, dato che a novembre era di 2.211 miliardi e come abbia fatto, in un mese, a scendere di 40 miliardi è difficile da comprendere.
La politica economica adottata è stata fallimentare. Continuano a chiudere le aziende, gli imprenditori si suicidano, cresce la disoccupazione giovanile e la disoccupazione in generale. Unica nota di rilievo è la distribuzione di 80 euro a categorie ben selezionate per finalità elettorali, ma in deficit.
Viviamo una crescita sterile, nonostante il cambio favorevole euro-dollaro e il costo favorevole del petrolio; gli investimenti sono pressoché assenti, pure per ricerca e innovazione; le clausole di salvaguardia, rinviate, attendono dietro l'angolo, come una mannaia, per colpire i cittadini già vessati da tante tasse.
Richiami e critiche arrivano da ogni parte. L'OCSE ha rivisto al ribasso la crescita per il 2016. La Corte dei conti ha svelato la vostra fasulla spending review: invece di tagliare gli sprechi veri, avete solo ridotto i servizi per la collettività, e, oltretutto, la spesa corrente è aumentata di 52 miliardi rispetto all'anno precedente. La Commissione europea vi ha umiliato: non riconosce in voi un serio interlocutore, ma vi imputa solo un approccio approssimativo senza alcuna proposta concreta, oltre ai toni rissosi, slogan e propaganda.
Presidenza della vice presidente FEDELI (ore 18,21)
(Segue CERONI). Presto sarete costretti ad una correzione di conti pubblici di 3, 6 o 9 miliardi, molto più probabile visto che la crescita potrebbe fermarsi all'1 per cento, come stima oggi Unimpresa. Unimpresa dice che questo comporterebbe un intervento volto a contenere l'impatto negativo sulle finanze dello Stato. Dovranno essere aumentate le tasse oppure bisognerebbe sperare in un'improbabile revisione della spesa pubblica.
Oggi proponete l'ennesimo decreto-legge e chiedete l'ennesima fiducia su un provvedimento che posticipa interventi e confonde tutti.
Questo provvedimento, come è stato già detto e ho ripetuto poc'anzi, è incostituzionale. La Corte costituzionale già nel 2012 aveva dettato i criteri e disciplinato la costituzionalità di un decreto-legge. È chiaro che questo Governo si mostra, come sempre, irresponsabile e superficiale. In questo provvedimento c'è di tutto e il contrario di tutto.
Si richiamano norme che si rifanno ad altre norme, perdendosi in un labirinto legislativo; prorogate termini di vario genere e rinviate l'applicazione di norme che non hanno ancora trovato attuazione e che avrebbero dovuto avere effetto immediato, definitivo e risolutivo.
Slitta il termine per la gestione associata delle funzioni fondamentali da parte dei piccoli Comuni stabilito con il decreto-legge n. 78 del 2010. Prorogate i termini per adeguare la normativa antincendio di strutture recettive e per la messa in sicurezza dell'edilizia scolastica.
Onorevole Vice Ministro, è proprio nell'edilizia scolastica che dimostrate tutta la vostra incapacità. Possibile che al Ministero delle infrastrutture non ci sia un Sottosegretario che voglia affrontare l'emergenza della messa in sicurezza degli edifici scolastici? Voi qui prorogate termini di provvedimenti che addirittura risalgono alle delibere CIPE n. 32 del 2010 e n. 6 del 2012. Spostate il termine al 2016, ma sono interventi programmati nel 2010. Addirittura spostate interventi - quelli finanziati con i mutui della Banca europea per gli investimenti (BEI) - di cui all'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 12 settembre 2013. Siamo veramente all'assurdo!
Nell'edilizia scolastica, il cui inserimento tra le priorità è stato un vanto del Presidente del Consiglio appena insediato, quando in questa Aula ha rappresentato la necessità di intervenire nelle scuole, perché lì si formano le generazioni del futuro, siamo completamente impantanati e andiamo avanti di proroga in proroga.
Il processo telematico viene ancora congelato. Ricompaiono le solite marchette locali per Bagnoli, per i commissari dell'emergenza rifiuti in Campania e della Terra dei fuochi, per le ferrovie del Sud-Est.
Presidenza della vice presidente LANZILLOTTA(ore 18,25)
(Segue CERONI). Slitta ancora il termine per l'adeguamento della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) e per i grandi impianti di combustibili che devono adeguarsi ai nuovi limiti di emissione.
È disatteso un atto di legge richiesto fin dal 2010 per contrastare gli abusi nel settore dei taxi e delle licenze di noleggio con conducente.
Addirittura, modificate impegni presi poche settimane fa, nella legge di stabilità. Come mai, invece, non avete nemmeno provato a prorogare l'attuazione del bail-in bancario, per garantire protezione ai risparmiatori e al sistema creditizio italiano? È palese: vi mostrate forti coi deboli e vi inginocchiate ai più forti.
Potremmo continuare per ore. Sarete ricordati solo per la vostra mancanza di strategia, per l'incapacità di realizzare o risolvere anche solo piccole questioni. Non avete proprio una visione del futuro.
Seguendo il senso del provvedimento in esame, state solo prorogando la vostra esistenza, mantenendo le vostre cattive abitudini contro le regole, contro il buon senso, in spregio ai cittadini, alle finanze del Paese e al Parlamento.
Gli italiani devono tornare al voto e poter scegliere da chi vogliono essere governati e sulla base di quale programma. Quello che è avvenuto nel 2011, infatti, oggi è chiaro agli occhi di tutti.
Per queste ragioni, il nostro giudizio su questo provvedimento è fortemente negativo. Il nostro è un «no» contro questo Governo è contro il suo modo di legiferare, che va contro le reali necessità del Paese. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Granaiola. Ne ha facoltà.
GRANAIOLA (PD). Signora Presidente, colleghi, come ogni anno, quando si arriva ad esaminare il decreto-legge di proroga termini, il dibattito si accende sull'omogeneità delle materie contenute, sull'eventuale estraneità e sull'opportunità o meno di certe decisioni.
Mi sembra che, questa volta, la maggior parte degli interventi regolatori di natura temporale siano davvero mirati alla necessità d'intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe stato dannoso per questioni ritenute molto rilevanti sia dal Governo che dal Parlamento.
Purtroppo, nell'attuazione delle leggi possono emergere criticità che richiedono tempi più lunghi rispetto a quelli inizialmente previsti dalla legge. A volte, però, è difficile comprendere perché certi tempi si dilatino a dismisura, dando luogo a reiterate proroghe che creano inevitabili disagi e ulteriore confusione.
Mi limiterò quindi ad evidenziare due questioni che mi stanno particolarmente a cuore. La prima, riguarda il comma 1 dell'articolo 6, che proroga dal 26 febbraio al 26 dicembre 2016, la validità dei certificati di addestramento in materia di pronto soccorso e di assistenza medica per i lavoratori marittimi, rilasciati da oltre cinque anni in base alla disciplina in vigore prima del decreto legislativo n. 71 del 2015.
Tale proroga si rende necessaria perché non sono ancora stabilite le modalità di conversione dei suddetti certificati. Questo ha creato, e sta creando, non poche difficoltà alla gente di mare, perché i centri di addestramento che svolgono i corsi di formazione e di aggiornamento non hanno ricevuto i nuovi programmi e specialmente crea problemi a chi è già in possesso del certificato rilasciato dal Ministero della salute secondo gli standard IMO STCW, in quanto non sa cosa deve fare: un corso di refresh o un corso nuovo. Sono usciti i nuovi sistemi multiparamedici, come i defibrillatori di nuova generazione, per i quali sarebbe davvero importante una formazione aggiornata. Tra l'altro, sia i corsi base che quelli avanzati (i medical care) per i lavoratori marittimi che hanno la responsabilità del presidio dei farmaci, del registro degli stupefacenti, dei consumi dei medicinali a bordo sono a pagamento e vanno - quando va bene - dai 300-400 euro per i corsi base ai 600-800 euro per quelli avanzati. Capite bene che, specialmente per i marittimi che non hanno ancora trovato un imbarco - e cominciano ad essere tanti, ahimè - tali costi possono essere molto pesanti. Se poi i corsi dovessero essere ripetuti perché quelli fatti sono superati, sarebbe davvero grave. Per cui, concorda sulla proroga, purché sia seguita da un provvedimento del Ministero della salute che indichi al più presto le modalità di conversione dei certificati di addestramento rilasciati in base alla normativa previgente e che sia adottato un decreto interministeriale che disciplini i contenuti dei corsi di pronto soccorso per il personale navigante marittimo.
Credo che i lavoratori marittimi in questo Paese abbiano già tanti problemi causati dal decreto ministeriale n. 121 del 2005 e dal decreto legislativo n. 136 del 2011, tutt'ora in vigore nonostante il decreto legislativo n. 71 del 2015 abbia introdotto la conversione dei titoli professionali acquisiti con il diploma in semplici abilitazioni. Il decreto legislativo n. 71 prevede altresì il declassamento per coloro che, nei cinque anni di validità del certificato di abilitazione, non hanno svolto le funzioni per cui il certificato è stato rilasciato e che dovrebbero riprendere gli studi per riottenere la qualifica conseguita con il diploma.
Suscita inoltre qualche perplessità il contenuto dell'articolo 10, nei commi da 7 a 7-quater, sulla riorganizzazione della Croce Rossa italiana. Sono ormai passati più di tre anni dalla riforma di cui al decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, e credo siano ormai maturati i tempi perché il riordino venga completato. Quello che più mi preoccupa è il comma 7-ter, che concede la proroga per le percentuali di riduzione del finanziamento, mentre non mi risulta che, da parte dell'ente, siano stati fatti un lavoro di riordino ed un check-up della situazione degli immobili e della loro gestione. Si tratta - è bene ricordarlo - di ben 1.045 fabbricati e 413 terreni dislocati in tutte le Regioni d'Italia (in prevalenza Toscana, Lombardia e Liguria), molti dei quali versano in situazione di degrado ed abbandono.
Quindi, capisco che le proroghe contenute nell'articolo 10 si siano rese necessarie per le difficili e complicate dinamiche di privatizzazione dell'ente, ma dopo più di tre anni e numerosi atti di sindacato ispettivo, credo sia davvero arrivato il momento di concludere e capire quale sarà la definitiva collocazione del personale civile e militare. E soprattutto, è arrivato il momento di un inventario dei beni immobili di proprietà, o comunque in uso alla Croce Rossa, e di capire qual è stata la loro gestione nell'ultimo triennio e se c'è un piano di dismissione. Infatti, mi risulta vi sia stato un aumento incontrollato del deficit di bilancio, con conseguenti ripercussioni sulla qualità dei servizi resi ai cittadini anche dai comitati locali.
La proroga in esame è quindi necessaria, ma con l'augurio davvero che possa essere l'ultima. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Consiglio. Ne ha facoltà.
CONSIGLIO (LN-Aut). Signora Presidente, già durante la discussione sulle questioni pregiudiziali è stato detto che il provvedimento in esame ha la capacità di mettere insieme le pere con le mele e, addirittura, mischiare l'olio con l'acqua.
Come sempre succede, il decreto-legge in esame è di fatto un provvedimento omnibus, niente affatto rispettando il carattere di omogeneità previsto dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, che stabilisce che i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e che il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Il decreto-legge in esame si compone di 13 articoli che alla Camera dei deputati sono stati blindati, poco discussi e messi in condizione di non nuocere al sistema, limitandosi a portare avanti quello che la politica probabilmente non è stata in grado di affrontare seriamente. Si è quindi cercato di inserire misure che tenessero conto del funzionamento e dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni con riferimento alle infrastrutture, ai trasporti, alle questioni alimentari e forestali e, addirittura, alla materia sanitaria. Praticamente, qualcosa di omogeneo! Probabilmente in questo decreto-legge il Governo ha cercato di rendere omogenea solamente la necessità di assicurare l'efficienza e l'efficacia dell'azione delle diverse amministrazioni interessate.
È stato anche interessante cercare di capire in che termini è avvenuta l'introduzione di alcuni elementi che non avrebbero assolutamente nulla a che fare con le proroghe. Praticamente, all'interno di questo decreto-legge sono stati addirittura inseriti alcuni elementi nuovi come il rimborso elettorale con lo stanziamento di risorse per quelle Province che, tra le altre cose, sono state abolite. Anche in questo caso si tratta di una aberrazione per la spesa pubblica. Poi c'è la questione del direttore generale per il grande progetto di Pompei, che magari potenzialmente vedrà anche crollare qualche muro ma che è stato inserito in questo decreto-legge. Sono state inserite addirittura norme senza copertura, e questo la dice lunga sull'incapacità di governare, ma d'altronde avete posto la questione di fiducia e dunque è andato tutto in cavalleria.
Spero anche, signor Presidente, che non vengano prorogate le norme contenute in quelle 24 slide che il Presidente del Consiglio ci ha propinato riguardo ai festeggiamenti per i due anni del suo Governo. Qualcuno, nell'intervento precedente al mio, ha ritenuto che quel Governo sia stato e sia tuttora abusivo. Praticamente è stata prodotta una slide ogni mese. Speriamo che i risultati di questi due anni non vengano prorogati anche per i prossimi ventiquattro mesi, salvo andare alle elezioni, come noi speriamo, un po' prima.
Il Presidente del Consiglio ha affermato che la disoccupazione è calata all'11,4 per cento: una balla colossale che, tra le altre cose, ci è costata circa 11 miliardi per creare poco più di 100.000 posti di lavoro, per i quali, tra l'altro, non si ha alcuna prova che la decontribuzione affidata al jobs act abbia inciso favorevolmente. Dovrà passare probabilmente ancora qualche anno per vedere quanto effettivamente abbia inciso quella legge.
A gennaio la cassa integrazione è tornata a salire e spero che anche questa non venga prorogata e che il Governo metta in campo azioni serie e concrete in un piano industriale credibile. Infatti, se si ragionasse in termini positivi per un piano industriale e per un piano dell'energia credo che non vi sarebbe bisogno di prorogare la cassa integrazione ma forse è più facile prorogare quest'ultima che mettere mano alle questioni economiche.
Si è parlato anche della disoccupazione dei giovani, scesa al 37,9 per cento, un dato che non tiene conto dei giovani che non studiano e non cercano più lavoro, quindi anche questo, signori, è un dato alquanto falso.
Altra questione è la balla che riguarda il PIL, passato da meno 1,9 per cento a più 0,8. Gli ultimi dati dell'OSCE sono drammatici e l'intervento di Draghi è stimato nello 0,3 per cento di PIL. Il petrolio ai minimi ha fatto la sua parte e la restante parte l'ha fatta l'euro debole per gran parte dell'anno, incentivando le esportazioni. Condizioni queste, signor Presidente, la cui assenza avrebbe condotto ad un tracollo economico senza pari, altro che ripresa! L'Italia sembra andare verso l'inevitabile mancato rispetto della riduzione del debito a partire dal 2017.
Altro tema delicato è quello dell'immigrazione. Anche in questo caso, signor Presidente, si continua a prorogare, anzi, a procrastinare più che a prorogare questo incredibile problema. L'Italia chiede all'Europa l'emissione di eurobond per fare fronte agli oneri finanziari: spese enormi che non siamo in grado di affrontare.
La crescita del 2015 è stata molto inferiore rispetto alle previsioni. Solo lo 0,6 per cento. Dovremmo avere uno spread probabilmente a 500 o 600. Ricordo quando Berlusconi è stato costretto a dimettersi e le notizie di questi giorni sulle intercettazioni la dicono lunga e raccontano molto bene come sono andate le cose.
Il Documento di economia e finanza che il Governo presenterà in aprile terrà conto ufficialmente di un peggioramento anche rispetto alle previsioni per l'anno in corso e quindi aprirà la strada ad una manovra correttiva di 3-5 miliardi. Il 2017 è tutto da vedere. Ne vedremo delle belle, ma c'è già da coprire un conto da 17 miliardi in aumento di IVA e accise previsto dalle clausole di salvaguardia. O pensate di prorogare anche questi? Ma anche mettendo da parte i conti pubblici, l'Italia di Renzi non sembra avere cambiato verso rispetto ai partner europei, compresi quelli storicamente più vicini.
L'anno scorso l'Italia è cresciuta dello 0,6 per cento, contro il 3,2 per cento della Spagna e l'1 per cento della Francia. Il bel Paese non ha cambiato verso nemmeno sul debito, quasi il 133 per cento del PIL, contro una media europea dell'87,2 per cento. C'è qualche segno positivo sulla disoccupazione, ma il tasso di occupazione resta molto basso, così come la produttività del lavoro, che ci vede in fondo alla classifica dell'Unione europea. Si tratta di statistiche da Paese povero, signora Presidente, e sono tre o quattro anni che continuiamo a prorogare anche queste.
Spero di non dover più assistere ad un'eventuale proroga dello scempio economico delle consulenze della ministra Madia, nei prossimi due anni; le consulenze esterne si sono moltiplicate, alla faccia della spending review. Siamo passati da una spesa di 737 milioni ad 1 miliardo e 197 milioni: 453 milioni di euro sottratti a questioni ben più importanti. Possibile, signora Presidente, che tra i nostri tre milioni di dipendenti statali e pubblici non vi sia qualcuno esperto, in grado di supportare tecnicamente la Ministra, che più volte ha dato la sensazione di non conoscere bene neppure lei le proprie leggi? Qualcuno ha paventato che forse un consulente in questo caso, anche pagato bene, sarebbe importante.
Mi chiedo come sia possibile vantarsi e sbandierare in tutta Europa successi su riforme che sono state solo parzialmente realizzate e i cui risultati si vedranno nell'arco dei prossimi tre o quattro anni (se si vedranno). Mi chiedo soprattutto come sia mai possibile collegare la riforma costituzionale, cioè lo scempio della Costituzione che avete fatto (tra l'altro ancora non definitivamente approvata ed oggetto delle forche caudine del referendum di ottobre), con una ventilata ripresa. Parlate di un'Italia rimessa in moto, quando tutti gli indici economici sono assolutamente negativi.
Vorrei cospargere, signora Presidente, il mio intervento di sale grosso, ma non vorrei che ciò fosse inteso come qualcosa di troppo dolce per questa maggioranza. In questo provvedimento, trattandosi di un decreto-legge omnibus, inserite anche la proroga dei mille sogni, la cui realizzazione, due anni or sono, il neo Presidente del Consiglio ha garantito agli italiani. Adesso nel libro dei sogni si inaugurerà anche la Salerno-Reggio Calabria, modello Cetto La Qualunque (quando inaugurò il ponte sullo Stretto alla fine del film). Tutti possono fare così il Presidente del Consiglio, signora Presidente. E ci provo anch'io; tra l'altro, Consiglio lo sono, mi manca solamente il Presidente. (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Falanga. Ne ha facoltà.
FALANGA (AL-A). Signora Presidente, colleghi, l'espressione "decreto milleproroghe" è stata coniata dalla stampa. I giornalisti chiamano decreto milleproroghe quel decreto-legge che viene emanato dal Governo ogni anno per intervenire su una serie di provvedimenti già adottati, al fine di prorogare i termini di attuazione di norme già approvate. Questa accezione del decreto milleproroghe è indubbiamente un'accezione giornalistica, sì, ma che in ogni caso accompagna questi provvedimenti con una scarsa considerazione di bontà, nel senso che il termine "milleproroghe" è ormai divenuto un qualcosa di denigratorio.
Questo provvedimento non reca 1.000 proroghe: sono circa 150 e molte di esse sono state introdotte in sede di lavori in Commissione già alla Camera, dove ognuno ha inserito una normina che andava a regolamentare una determinata questione.
Abbiamo per esempio l'articolo 1, che interviene in materia di pubblica amministrazione ed in particolare di assunzioni a tempo indeterminato in alcuni comparti dello Stato come sicurezza, difesa, Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Viene poi prorogato il termine temporaneo dei segretari comunali da parte del Dipartimento della funzione pubblica. Il comma 4 interviene in tema di programmazione (una programmazione molto lunga) del reclutamento del personale universitario. Vi sono anche interventi sull'ordinamento militare al comma 8, mentre il comma 9 reca proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato per le Province e le Città metropolitane. Poi, come se non bastasse, il comma 10-quater integra l'articolo 14, comma 14, del decreto-legge n. 6 del 1998 in tema di specifici interventi urgenti per le zone terremotate delle Regioni Marche ed Umbria e altre zone colpite da eventi calamitosi. Quindi, dal 1998 noi proroghiamo interventi in favore di queste zone.
L'articolo 2 interviene completamente in un altro settore, cioè nell'ambito della obbligatorietà della firma digitale nel processo amministrativo. Il successivo comma 2-ter interviene sulla riforma dell'ordinamento professionale, individuando requisiti diversi da quelli già previsti dalla norma che abbiamo licenziato poco tempo fa per l'iscrizione da parte degli avvocati all'albo per il patrocinio dinanzi alla giurisdizione superiore.
Non mancano poi interventi di interesse del Ministero del lavoro, con norme che vanno a modificare, a integrare, a prorogare leggi emanate nell'ambito di tale comparto. C'è una proroga per il triennio 2016-2018 di un finanziamento di 500.000 euro per il funzionamento del Museo tattile statale «Omero». Abbiamo anche il Ministero della salute, che giustamente si chiede come mai non gli spetti nulla. Pertanto, il provvedimento reca anche norme per il Ministero della salute che vanno a regolamentare o comunque a prorogare termini in tema di organizzazione del Servizio sanitario nazionale. Ovviamente non mancano le infrastrutture e i trasporti (non potevamo fare torto a tale comparto), quindi l'articolo 7 è intervenuto a soddisfare anche esigenze in quella direzione. Anche il procedimento esecutivo di Equitalia va rivisitato, i termini vanno rivisti e tali misure vengono inserite ancora in questo provvedimento. Vi è poi qualche piccola proroga di cariche di qualche commissario sparso qua e là per il territorio nazionale.
Noi del Gruppo AL-A abbiamo votato contro le questioni pregiudiziali di costituzionalità, perché ormai il tema della eterogeneità della materia, pur sacralmente affermato nella nostra Carta costituzionale, si può ritenere superato. Non ho infatti difficoltà ad ammettere che provvedimenti come questi, giunti oggi al nostro esame, già sono stati portati all'esame delle Assemblee parlamentari da altre forze politiche e in particolare dal centrodestra. Ritengo pertanto che ormai la questione della discontinuità, della eterogeneità delle materie trattate non sia più costituzionalmente rilevante e che per la ormai consolidata prassi parlamentare, peraltro con il nulla osta in sede di promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, questo aspetto sia abbondantemente superato. Tuttavia, alla fine, votiamo contro il provvedimento proprio per la eterogeneità delle materie trattate; non perché abbiano un rilievo di rango costituzionale, ma semplicemente perché, per quanto io mi sia impegnato a leggere queste norme, che peraltro hanno richiami con altre disposizioni di legge, è stato un lavoro di una complessità enorme. Sfido qualunque senatore di quest'Aula a sostenere che, letto questo decreto, possa esprimere un giudizio, positivo o negativo, un voto, favorevole o contrario, con la consapevolezza di sapere che cosa sta votando.
Il decreto-legge in esame è talmente tanto ricco di riferimenti, di vario genere, da interessare le materie più disparate. Se parliamo di sanità, il nostro senatore D'Anna capirebbe subito di cosa stiamo parlando; se parliamo di processo amministrativo, modestamente potrei forse comprendere io; poi ci sono i militari, i vigili del fuoco, i segretari comunali. Signori, ma come è possibile esprimere un voto convinto su un provvedimento del genere?
Peraltro, devo anche notare che inserire la proroga del finanziamento per quel tale museo mi dà tanto il sapore di un provvedimento che, in qualche modo, è un'occasione per i più attenti e forse i meno distratti - o, vogliamo dire, i più furbi - di inserire la normina che in questo decreto-legge può dare soddisfazione ad una determinata parte o a determinati settori.
Questo modo di legiferare è sbagliato perché, nel momento in cui si va a intervenire, ad esempio, sull'ordinamento forense (provvedimento da noi licenziato poco tempo fa), noi ammettiamo di aver licenziato un provvedimento sbagliato, tant'è che lo correggiamo. Allora o noi, quando legiferiamo, siamo attenti e riflettiamo bene sulle norme che andiamo a produrre, oppure che cosa facciamo? Questo è un decreto-legge correttivo, che va a correggere una determinata norma, perché ci siamo resi conto che, in sede di applicazione, quella norma era sbagliata. Forse un'attenzione maggiore non ci farebbe ricorrere a uno strumento legislativo che, anche giornalisticamente, viene denigrato.
Stesso discorso vale per i decreti attuativi. Noi, con la legge delega, fissiamo dei termini - ovviamente perché lo dobbiamo fare, per renderla costituzionale - e quando il relativo Ministro e il Governo adottano un determinato decreto attuativo, lo devono fare nel termine previsto; devono sapere quando il tribunale amministrativo o il Consiglio di Stato sono pronti ad organizzarsi per recepire l'obbligatorietà della firma digitale. Perché si rinvia? Perché non si è pronti: ma si poteva prevedere che non saremmo stati pronti. Allora vi è un ritardo nell'emanare i decreti attuativi da parte del Governo. Si ritarda e, quindi, si proroga. Ci sono correzioni. Questo è il decreto milleproroghe: è un decreto-legge correttivo di errori recenti e passati ed è un decreto-legge che proroga i termini perché non si è fatto in tempo a fare ciò che si doveva fare.
Peraltro, quando si legge un provvedimento del genere, qualsiasi operatore del diritto - e pensate ad un cittadino non esperto di materie giuridiche - si ritrova con un provvedimento che, credetemi, è assolutamente incomprensibile. Vorrei essere io innanzi tutto a capire per dare un contributo affinché anche gli italiani possano capire ciò che produciamo in quest'Aula.
PRESIDENTE. Concluda, senatore.
FALANGA (AL-A). A causa di questa eterogeneità, non di rango costituzionale, non per ragioni di incostituzionalità, ma per ragioni diverse (proprio di comprensione del provvedimento), non ho difficoltà a dire che ho compreso poco, e quando non capisco non sono mai d'accordo, ragion per cui noi di AL-A daremo un voto contrario. (Applausi dal Gruppo AL-A).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Blundo. Ne ha facoltà.
BLUNDO (M5S). Signora Presidente, ancora una volta stiamo esaminando il decreto-legge noto come decreto milleproroghe, che di tutti i provvedimenti d'urgenza che contengono varie materie forse è veramente il peggiore. Tra l'altro, ci è stato impedito di poter presentare e discutere emendamenti perché si continua a voler agire non solo con qualunquismo, con pressapochismo, con una generalizzazione di provvedimenti, ma si vuole continuare ad agire anche con l'imposizione del voto di fiducia, che impedisce a questo Parlamento di poter ragionare serenamente sui provvedimenti e di poterli in qualche modo contenere, evitando gli aspetti più negativi.
Il decreto milleproroghe che ci accingiamo a votare - ovviamente il mio Gruppo è contrario - contiene una serie di proroghe che si rivelano essere poco attendibili.
Mi preme porre all'attenzione di quest'Assemblea innanzi tutto la questione degli ingenti fondi che vengono versati e che continueranno ad essere versati per Gran Sasso Science Institute. Il signor Renzi ieri era anche presente a L'Aquila per questa realtà, ma noi non abbiamo avuto fino ad ora alcuna chiarezza su come vengono investiti ed utilizzati questi fondi. Non c'è nessuna trasparenza rispetto a questo ammontare ingente di risorse - si parla di centinaia di milioni di euro - rispetto al quale sembra non esserci un ritorno che dimostri l'utilità di questa destinazione di fondi. D'altra parte, così come per Gran Sasso Science Institute ci sono diverse altre destinazioni di fondi che vengono prorogate. Invece, quello che poteva essere utile, forse l'unico aspetto per il quale questo milleproroghe poteva avere un'utilità, era la proroga di almeno un anno dei termini entro cui fare entrare in vigore le norme dannose introdotte sulla scuola pubblica.
Come Movimento 5 Stelle avevamo chiesto di sospendere tutti i punti critici della legge 13 luglio 2015, n. 107, cosiddetta buona scuola. Avevamo chiesto di prorogare i termini per l'entrata in vigore degli ambiti territoriali, della chiamata diretta dei presidi, dei comitati di valutazione. Abbiamo chiesto la proroga di un anno perché questi interventi, previsti all'interno della buona scuola, non hanno neppure una chiara indicazione. Abbiamo chiesto di prorogare anche i termini per l'entrata in vigore del limite dei trentasei mesi per le supplenze, perché qui si va a intervenire su quello che invece doveva essere un piano più strutturato e più aderente ai bisogni e alle caratteristiche della nostra istruzione.
PRESIDENTE. La invito a concludere, senatrice Blundo.
BLUNDO (M5S). Concludo, signora Presidente.
Il provvedimento in esame sarebbe potuto essere utile, questa volta, per prendere una pausa di riflessione, invece di millantare ulteriori interventi di ascolto del corpo docente e del mondo della scuola. Sarebbe potuto essere questo il momento utile per interrompere qualcosa di sbagliato, che è già stato fatto. Invece ci portate alla votazione di fiducia, inserendo altre cose, che di fatto non sono positive, né risolutive per il Paese. (Applausi dal Gruppo M5S).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Uras. Ne ha facoltà.
URAS (Misto-SEL). Signora Presidente, non voglio neppure cominciare un discorso sugli elementi di incostituzionalità contenuti nel provvedimento in esame, perché mi pare del tutto inutile. Peraltro abbiamo già votato e, come al solito, il Senato ha risolto il problema con un'alzata di mano. Ho sempre nutrito qualche dubbio sulla possibilità di dirimere questioni di costituzionalità o incostituzionalità per alzata di mano, perché l'analisi dovrebbe essere più di merito e il merito non si decide per alzato di mano.
Mi voglio però soffermare sul fatto che viene emanato un provvedimento, che dovrebbe avere un carattere d'urgenza assoluta e che deve risolvere problemi pratici - come, ad esempio, la proroga della validità di un intervento, di un finanziamento o di una gestione - e dalla Camera dei deputati esso viene arricchito con settanta norme, che non hanno carattere di proroga, ma che al contrario introducono elementi di regolazione di materie e di questioni estranee al documento originario. Questa modalità di legiferare produce un effetto nella nostra pubblica amministrazione, che come è noto ha una difficoltà oggettiva, anche per il fatto di essere elefantiaca, a prendere atto delle innovazioni normative, essendo peraltro in gran parte investita, come responsabile, dell'attuazione di quelle norme. Così facciamo confusione e facciamo anche un'altra cosa, che suggerisco sia oggetto della riflessione dei due rami del Parlamento e, soprattutto, del Governo che dispone. Nella selva delle disposizioni approvate attraverso provvedimenti di questo tipo - i milleproroghe: una cosa dalle dimensioni esorbitanti - occultiamo delle disposizioni riguardanti la vita dei cittadini, di cui i cittadini stessi non potranno mai neppure conoscere l'esistenza, perché introdotte all'interno di un provvedimento infestato da vicende come queste.
Badate, non vengono regolate questioni di poco conto: penso ad esempio alle gestioni commissariali, che costituiscono uno dei capitoli che puntualmente deve essere prorogato. Ci sono infatti commissari che proroghiamo ormai da anni e anni. Badate che proroghiamo anche commissariamenti straordinari, nati per gestire delle emergenze, che poi durano per anni: non voglio dire per decenni, anche se sarei curioso di andare a spigolare, in maniera più approfondita, intorno a queste disposizioni. Noi interveniamo per prorogare i commissariamenti emergenziali, quindi per la gestione di situazioni di emergenza, quando ormai l'emergenza non esiste più: esiste una ordinarietà dell'emergenza che fa diventare ordinario quel problema e che quindi richiama una responsabilità gestionale ordinaria in capo agli enti locali piuttosto che in capo ad uffici dell'amministrazione pubblica, della Regione o dello Stato.
Noi siamo artefici di questi pasticci che richiedono un atto di coraggio. Lo dico a chi, come me, ma anche come voi e come loro, si definisce riformista, cioè vuole riformare una realtà che non va bene. E una delle cose che non vanno bene è proprio questa: noi viviamo di proroghe e, prorogando gli interventi, vuol dire che stiamo mantenendo in vita, non attraverso questo provvedimento ma attraverso il nostro comportamento, vicende che invece dovrebbero trovare definitiva soluzione. Si tratta cioè di vicende che hanno bisogno di un tempo stabilito entro il quale il problema che volevano affrontare deve essere risolto.
Noi invece abbiamo il milleproroghe; l'anno prossimo ne avremo 1.100; può darsi che tra due o tre anni, qui non più ma alla Camera, magari saranno 1.500 o 2.000. Noi non possiamo più rinviare la soluzione dei problemi di questo Paese. E poiché in questo provvedimento c'è un atteggiamento di sistematico rinvio della soluzione dei problemi di questo Paese, l'obiettivo che si deve porre prima di tutto il Governo è di cancellare dal vocabolario legislativo il cosiddetto decreto milleproroghe: il milleproroghe non deve esistere più. E se prima erano 1.000 le proroghe di cui avevamo bisogno, l'anno prossimo devono essere 500, l'anno più avanti 250, e fra tre o quattro anni ci deve essere la cancellazione formale e sostanziale del provvedimento. Non si deve fare più un provvedimento di questo genere a fine anno per prorogare termini, perché avremo acquisito così la capacità di valutare anche l'entità, la consistenza e il tempo dell'intervento per risolvere i problemi che il nostro Paese ha di fronte.
È in questo senso che trovo veramente disgustoso questo provvedimento. Lo reputavo disgustoso quando c'erano Governi di centrodestra e lo reputo tale oggi. L'ho reputato disgustoso quando c'erano Governi puri di centrosinistra. È una cosa intollerabile. Noi dobbiamo imparare a gestire le nostre questioni, quelle che attengono al funzionamento della nostra pubblica amministrazione e ai problemi che abbiamo di fronte, come quello dei rifiuti, per dirne uno, che ha richiesto commissariamenti straordinari.
Se noi riteniamo che la questione dei rifiuti in una Regione del Mezzogiorno, ad esempio la Campania piuttosto che Napoli città, deve durare cinque anni, facciamo un programma di cinque anni serio. Anziché prorogare ogni anno, diciamo al commissario (che magari non definiamo straordinario, ma ordinario) che deve pensare a quel problema per i prossimi cinque anni. Invece no, poiché siamo ottimisti, in tre mesi deve risolvere il problema; alla fine dell'anno ci accorgiamo che i tre mesi sono passati e il problema è ancora lì, allora facciamo la proroga di un anno. Arriva la fine di quell'anno e ci accorgiamo che quel problema era un po' più complesso e aveva bisogno di due anni e più, quindi lo proroghiamo di un altro anno e così via imbrogliando noi stessi e i cittadini.
A queste cose bisogna porre fine. È questa la riforma: essere consapevoli delle difficoltà che abbiamo di fronte e sapere che gli interventi che dobbiamo mettere in campo hanno la necessità di un respiro diverso. Non diamo l'impressione ai nostri cittadini che abbiamo trovato la soluzione e siamo geni perché la facciamo in tre mesi, quando poi facciamo proroghe di dieci anni. Siamo sinceri con noi stessi e con quelli che amministriamo, perché abbiamo bisogno di recuperare credibilità.
Quando si cancellerà questo provvedimento definitivamente, penso che avremo recuperato buona parte della credibilità che abbiamo perso negli ultimi anni. (Applausi della senatrice Mussini).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gualdani. Ne ha facoltà.
GUALDANI (AP (NCD-UDC)). Signora Presidente, onorevoli colleghi, giungiamo all'approvazione di un provvedimento ricco di contenuti necessari per il Paese dopo un passaggio veloce nelle Commissioni di merito al Senato.
Il Gruppo Area Popolare voterà a favore della conversione di questo decreto-legge. Si tratta di un intervento legislativo necessario da tanti anni e da diverse legislature per sistemare, migliorare e dare continuità a disposizioni normative esistenti.
Entrando nel merito del provvedimento, le diverse disposizioni si pongono in continuità con numerosi provvedimenti già adottati dal Governo attuale e mirano a prorogare termini o scadenze la cui rilevanza necessita una posticipazione nel tempo.
Nel provvedimento ci sono alcuni temi cari al Gruppo che rappresenta. Mi riferisco alla norma che dispone, con riferimento ai contratti di appalto relativi a lavori affidati a seguito di gare bandite o di altra procedura di affidamento avviata successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 192 del 2014 e fino al 31 luglio 2016, di elevare al 20 per cento dell'importo contrattuale l'anticipazione del prezzo all'appaltatore.
Sempre in materia di infrastrutture, sono da accogliere positivamente le proroghe in materia di requisiti tecnici ed economici per la partecipazione a gare d'appalto e lavori pubblici, con le modifiche al codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006). Viene inoltre prorogata al 1° gennaio 2017 l'entrata in vigore della norma sulla pubblicazione telematica di avvisi e bandi di gara.
Molto importante appare, infine, l'attenzione riservata al tema dell'edilizia scolastica, che è un settore da non trascurare assolutamente e su cui bisogna investire risorse tecniche ed economiche. Il decreto-legge, giustamente, differisce al 30 aprile 2016 il termine entro cui gli enti beneficiari dei finanziamenti previsti da alcuni programmi di edilizia scolastica devono provvedere alla trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) delle aggiudicazioni provvisorie dei relativi lavori, pena la revoca dei finanziamenti medesimi. Infine, si prevede che le strutture adibite a servizi scolastici debbano adeguarsi alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi entro sei mesi dall'adozione del decreto ministeriale previsto dal decreto-legge n. 104 del 2013 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016.
Sempre in materia di edilizia, è positiva la norma, contenuta nell'articolo 2-quater, che proroga per il 2016 l'esenzione da pagamento del contributo di licenziamento per casi specifici, quali i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto e l'interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel settore delle costruzioni edili per completamento delle attività e chiusura del cantiere.
Un altro settore che deve essere sostenuto e sviluppato, in quanto fondamentale e trainante per l'economia del nostro Paese, è quello del turismo. In materia, viene prorogato al 30 giugno 2016 il termine per la delimitazione dei distretti turistici per rilanciare l'offerta turistica da parte delle Regioni. I distretti sono importanti per favorire il rilancio dell'offerta turistica e il miglioramento dell'organizzazione dei servizi, consentendo alle imprese che lavorano nel settore di godere di maggiori opportunità di investimento, accesso al credito e semplificazione burocratica. Inoltre, è stata prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2016, l'entrata in vigore del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), continuandosi ad applicare nel frattempo gli adempimenti e gli obblighi attuali.
Perlopiù sono state dimezzate le sanzioni concernenti l'omissione dell'iscrizione al SISTRI e del pagamento del contributo per l'iscrizione stessa. Questa riduzione, che vale fino al 31 dicembre 2016, non potrà estendersi comunque oltre al momento in cui il nuovo sistema SISTRI entrerà in piena operatività. D'altro canto, era prevedibile intervenisse una ulteriore proroga per questo sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, dal momento che tale sistema non è mai partito dalla sua teorica entrata in vigore.
Con riguardo alla pubblica amministrazione, il decreto-legge in esame prevede la proroga al 31 dicembre 2016 del termine per le assunzioni di personale a tempo indeterminato relative alle cessazioni verificatesi negli ultimi anni, nel rispetto dei vincoli previsti dal turnover, da parte delle amministrazioni delle Stato, agenzie, enti pubblici non economici, inclusi i Corpi di polizia, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, università statali e degli enti di ricerca nell'ambito dei limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente.
Sono sicuramente necessarie le proroghe relative alle disposizioni di contrasto al terrorismo: in particolare, l'articolo 4-ter proroga di un anno (fino 31 gennaio 2017) il termine entro il quale il Presidente del Consiglio può richiedere all'autorità giudiziaria che i direttori del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza siano autorizzati ai colloqui con detenuti e internati, per acquisire informazioni utili a prevenire atti con finalità terroristica di matrice internazionale. L'articolo 4-quater, invece, consente di conservare per altri sei mesi i dati telefonici e telematici detenuti dagli operatori dei servizi di telecomunicazione quando le conservazioni sono finalizzate all'accertamento e alla repressione dei reati di grave allarme sociale e di terrorismo.
Sempre in materia di sicurezza, si dispone la proroga al 2016 dei limiti massimi stabiliti per il 2015 sulle ore aggiuntive da pagare come straordinarie, al fine di consentire il pagamento dei compensi per lavoro straordinario ai Corpi di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia penitenziaria, Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato), in attesa del decreto che definisca i medesimi limiti per il 2016.
Ricordo poi che l'articolo 6 proroga di un anno (al 1° gennaio 2017) la revisione del sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco e sono prorogate, invece, fino al 30 settembre le attuali tariffe massime per l'assistenza ambulatoriale, mentre quelle ospedaliere restano valide fino al 31 dicembre 2016. Di primaria rilevanza tra le altre è anche la proroga al 30 giugno 2016 della possibilità dei Comuni di avvalersi di Equitalia per l'accertamento, la liquidazione e la riscossione dei tributi locali.
Infine, positiva è l'attenzione dedicata ai territori che devono fronteggiare situazioni di emergenza. L'articolo 11, infatti, proroga alcune disposizioni di vantaggio per favorire gli interventi di ripristino dei territori colpiti da fenomeni atmosferici eccezionali negli ultimi anni. Le zone colpite da emergenze atmosferiche sono Sardegna, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.
Inoltre, il comma 3-ter detta disposizioni finalizzate a garantire lo svolgimento di attività di supporto tecnico ed amministrativo alla Regione Campania per l'attuazione degli interventi di smaltimento dei rifiuti in deposito nei diversi siti della Regione Campania risalenti al periodo emergenziale 2000/2009. Infine, il comma 3-quinquies detta disposizioni finalizzate a consentire la prosecuzione degli interventi di bonifica dei siti inquinati nella terra dei fuochi: viene prorogata di sette mesi, fino al 31 luglio 2016, la gestione commissariale per la messa in sicurezza e bonifica delle aree campane di Giugliano e dei Laghetti di Castelvolturno.
Da questa analisi si evince come il provvedimento sia ricco di norme che garantiscono la sopravvivenza o la ripresa di settori essenziali del Paese. Certamente tutto è perfettibile e un vaglio delle Commissioni di merito in Senato avrebbe consentito un testo ancora più ricco e puntuale. Ritengo, comunque, che il milleproroghe di quest'anno sia, nei limiti del possibile, più asciutto, meno confuso e meglio strutturato per argomenti, con proroghe più puntuali, e senza norme di carattere strutturale.
Consideriamo il provvedimento un buon punto di partenza che Area Popolare voterà convintamente e cercherà di arricchire in chiave migliorativa nei futuri provvedimenti che vedranno le Camere del Parlamento affrontare questioni spinose ma vitali per la spinta riformatrice del Paese, dalla scuola alla concorrenza. (Applausi dal Gruppo AP (NCD-UDC). Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Endrizzi. Ne ha facoltà.
ENDRIZZI (M5S). Signora Presidente, dico per le persone che ci seguono da casa, visto che in Aula c'è il deserto, che il cosiddetto provvedimento milleproroghe è un impegno assunto con i cittadini e non rispettato. Su questo tradimento il Governo lucra due volte: la prima volta quando, con una legge, finge di combattere il problema e si ingrazia una parte dell'opinione pubblica e la seconda volta quando, con il rinvio della legge, corteggia chi da quel problema ci guadagna.
Nel decreto-legge in esame troviamo un regalino fatto agli editori dopo quello dei 100 milioni di euro, che verranno presi dai proventi del canone RAI e destinati ai giornali.
Proviamo a visualizzare la sequenza: nell'aprile 2014 Matteo Renzi, nella sala stampa di Palazzo Chigi, annuncia con le sue slide il famoso bonus da 80 euro e le relative coperture. Una di queste slide recitava - l'uso del verbo recitare non è casuale - la fine dei bandi di gara sui giornali, che dal 2015 sarebbero dovuti essere solo online. Bene, perché da siffatta misura sarebbe derivato un risparmio pari a 120 milioni di euro l'anno. Immaginate la reazione di De Benedetti, titolare della tessera n. 1 del Partito Democratico ed editore del gruppo editoriale «L'Espresso».
Come risultato, nel giugno 2014, appena dopo le elezioni europee, mister 41 per cento cala l'emendamentino con cui dice che si è scherzato e ci si penserà in seguito, così rinviando. Un anno dopo, nel giugno 2015, viene presentato in Senato un altro emendamentino, firmato dai relatori (uno del Partito Democratico e uno di Forza Italia), al nuovo codice degli appalti. Cosa provano a fare? Tentano di cancellare l'obbligo di pubblicizzare solo on line i bandi di gara introdotto l'anno prima. L'emendamento prima passa, ma poi nell'ottobre 2015 viene bocciato. Ci hanno provato, ma è andata male.
Arriviamo così al 30 dicembre 2015, con la presentazione del provvedimento milleproroghe, che stiamo adesso discutendo. Si tratta dell'ennesimo provvedimento milleproroghe. Indovinate cosa vi inseriscono? Viene prevista la proroga per l'entrata in vigore dell'obbligo di pubblicità legale on line. Tradotto per chi ci ascolta, vuol dire che gli editori continueranno ad incassare quei 120 milioni di euro, mentre il debito pubblico aumenta.
Non contenti, avete prorogato anche l'obbligo di passaggio al sistema di tracciabilità digitale di vendite e rese dei giornali. Ciò vuol dire che quel che i giornali vendono realmente, che dovrebbe essere tenuto in considerazione ai fini del calcolo dei contributi all'editoria, non viene ammodernato e reso tracciabile.
A ciò va aggiunto il caso Equitalia, in quanto è stato posticipato il termine entro il quale gli enti locali dovranno rinunciare ad avvalersi degli strozzini legalizzati a danno dei cittadini, forse perché nessuno di voi ha mai provato cosa si sente quando arriva a casa la cartella che ti annuncia che dovrai sottrarre dei soldi, già limitati, destinati alla famiglia per saldare debiti che aumentano a dismisura senza una logica ed una proporzione. Se solo conosceste quello che si prova, non avreste avuto il coraggio di allungare la vita a questa Agenzia, accorciandola automaticamente alla piccola e media impresa e agli imprenditori, che a volte non ce la fanno non solo ad andare avanti con l'impresa, ma anche a tenersi in vita. Sto parlando di quella piccola e media impresa cui noi versiamo ciò che reputiamo di non meritare - e nessuno dovrebbe meritarlo - in termini di privilegio, ma che non ha mai visto restituito un centesimo dalle vostre tasche.
Signora Presidente, sono solo esempi. Si sta facendo la stessa cosa con i lavori socialmente utili in Calabria e con i vigili del fuoco, che vengono dirottati al servizio della Presidenza del Consiglio, ma i cui stipendi continuano a gravare sul bilancio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che non ha mezzi e personale per intervenire nelle emergenze.
Un altro scempio sarebbe successo a vantaggio delle centrali inquinanti con un regalo da 25 milioni soprattutto al gruppo Marcegaglia, che però è stato sventato.
Su questo provvedimento il Governo si accinge a porre la fiducia. Non ho parlato delle poche norme che potevano anche avere un senso, perché il Governo ci serve continuamente, non a noi parlamentari ma a noi cittadini, minestre con le mosche dentro sulle quali si pone la fiducia. Allora vuol dire che non hai fame? No, signori, questa è una vergogna. È un insulto ai cittadini onesti che vogliono una politica che prende un impegno e lo mantiene, vogliono una politica che faccia leggi certe che non vengano continuamente rimescolate in una polenta rancida.
Sulla questione fiducia interverranno i miei colleghi. Io dico semplicemente che dobbiamo cambiare rotta veramente, con i fatti, e non cambiare solo il vento con le parole. (Applausi dal Gruppo M5S).
SCHIFANI (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIFANI (AP (NCD-UDC)). Signora Presidente, vorrei fare una richiesta, se i colleghi sono d'accordo.
Abbiamo convocato i Gruppi congiunti del nostro partito per le ore 19,30 per discutere del tema caldo delle unioni civili, e di questo è stata data notizia attraverso agenzie di stampa da alcune ore. Mi permetto, quindi, di chiedere se è possibile la sospensione anticipata della seduta, posto che la discussione generale volge al termine, per proseguire regolarmente con i nostri lavori nella giornata di domani.
PRESIDENTE. La Presidenza prende atto della sua richiesta. Normalmente le richieste avanzate per esigenze dei Gruppi su temi particolarmente delicati sono accolte. E, quindi, se non si fanno osservazioni, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.
Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno
PUPPATO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PUPPATO (PD). Signora Presidente, vorrei portare a conoscenza di quest'Aula un fatto, ripetuto purtroppo e, quindi, sempre più grave - a mio modo di vedere - che si sta verificando nel mio territorio a seguito di un atteggiamento assunto dal Gruppo della Lega Nord con il suo segretario regionale, il signor Da Re, che è stato anche sindaco di Vittorio Veneto. Egli ha pubblicamente invitato e, quindi, di fatto imposto, secondo i loro principi, ai sindaci appartenenti a quel Gruppo politico, o comunque eletti con liste civiche facenti ad esso riferimento, di boicottare sostanzialmente l'attività del prefetto Laura Lega - per ironia della sorte si chiama di cognome esattamente come il Gruppo politico al quale faccio riferimento - che sta tentando, da quando si è insediata, di adempiere ad un suo doveroso compito. Il prefetto sta cercando di addivenire ad un ragionevole compromesso che permetta alla realtà del trevigiano di ospitare circa 1.500 - diverranno 1.800-2.000 - richiedenti asilo, permettendo a ciascuno dei 95 sindaci dei 95 Comuni della Provincia di fare null'altro che quanto è avvenuto per qualsiasi altro territorio del Veneto e d'Italia, ossia ospitare in forma diffusa i richiedenti asilo in quota pro capite con un relativo dispendio di energie e di difficoltà, ma con una consistente e positiva valutazione.
Com'è noto, questa ospitalità viene naturalmente offerta dal nostro Governo italiano e dall'Unione europea e prescrive un supporto di tipo psicologico ed anche una produttiva esperienza, pagata attraverso l'INAIL con la formula della SPRAR, che prevede la possibilità di un inserimento lavorativo gratuito per le persone adulte che arrivano dai territori di guerra che si affacciano sul Mediterraneo e che noi doverosamente ospitiamo, a seguito di accordi internazionali, ma anche per fatti di evidenza civile ed umanitaria. C'è quindi l'esclusiva possibilità di rendersi partecipi di un'attivazione di lavoro a favore delle comunità ospitanti, che ci pare anche bella, oltre che positiva e generosa.
Il divieto confligge con le istituzioni repubblicane, le quali, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, devono lealmente collaborare tra di loro, per rappresentare davvero insieme il Paese e rispondere opportunamente ai problemi che esso è costretto dalle esigenze di oggi a vivere.
Quindi, io giudico gravemente lesivo di questo articolo costituzionale il comportamento di ben 38 sindaci, sui 95 della Provincia di Treviso, che non si siedono al tavolo del prefetto e obbediscono ad una disposizione di appartenenza politica della Lega, con ciò mettendo a rischio la possibilità che le comunità si offrano senza gravi problemi. Invece di concentrare un problema in un singolo luogo, occorre proporlo come diffuso e, quindi, ragionare in termini molto più corretti e disponibili.
Ho già presentato un'interrogazione su questo tema, che credo debba diventare oggetto di dibattito nel question time, con la rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri e alla presenza dello stesso ministro Alfano. (Applausi dal Gruppo PD).
FAVERO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FAVERO (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per un fatto increscioso di cui abbiamo avuto notizia il 19 febbraio, quando la polizia di Vercelli ha effettuato alcuni arresti presso la residenza per anziani "La Consolata" di Borgo d'Ale (in Provincia di Vercelli), nell'ambito di un'operazione denominata Resident evil. La televisione e i social network hanno già fatto rimbalzare dei fotogrammi e delle immagini che mai avremmo voluto vedere. Al momento delle persone sono in stato di detenzione o agli arresti domiciliari; sono tutti operatori socio-sanitari e infermieri della struttura, che è specializzata nell'assistenza a persone in condizioni di disagio psichico o affette da problemi motori. Agli arrestati sono imputati molti reati, dal maltrattamento all'abbandono di incapace e al sequestro di persona, con l'aggravante della crudeltà. I capi di imputazione sono in totale 26.
Secondo quanto dichiarato alla stampa dal questore di Vercelli, "La Consolata" di Borgo d'Ale era una realtà da lager: i pazienti venivano legati, picchiati, insultati e, come registrato dalle telecamere, tali inqualificabili episodi accadevano anche più di una volta al giorno. Denunce da parte di altri pazienti ospitati nella residenza sarebbero già arrivate all'attenzione della procura di Vercelli.
Questa vicenda ha davvero provocato un forte sentimento di indignazione e preoccupazione non solo nella cittadinanza locale, ma in tutta la popolazione italiana, ed è l'ultimo episodio in ordine di cronaca che purtroppo vede coinvolti bambini, anziani, disabili, vittime della violenza e dell'abuso da parte del personale di assistenza che non è - lo ripeto - tutto come a Borgo d'Ale. Grandissimi e bravissimi operatori portano avanti il proprio lavoro e la propria professione, ma in varie zone del Paese ci sono strutture sanitarie dove comunque si verificano episodi di questo tipo; strutture gestite direttamente dell'amministrazione pubblica, da enti appaltanti come cooperative o associazioni che erogano il servizio con il proprio personale.
Noi sappiamo che in questo momento, in 12a Commissione, c'è un disegno di legge che contiene anche disposizioni di riordino delle professioni sanitarie tra l'altro, è già stato approvato in sede di Commissione un articolo molto importante che prevede l'inserimento, tra le circostanze aggravanti comuni nei delitti con colposi, del fatto commesso in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o sociosanitarie, residenziali o semiresidenziali.
Io sto presentando un'interrogazione su questo argomento e chiedo al Ministro quali iniziative intenda attuare per migliorare e rafforzare il sistema dei controlli effettuati dai soggetti competenti presso le strutture sanitarie e sociosanitarie, per verificare competenza e formazione del personale, per certificare tutte le irregolarità e, nel caso, sanzionare i colpevoli di tali deprecabili atti che sono compiuti contro gli anziani, i bambini e i disabili. (Applausi dal Gruppo PD).
GIROTTO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIROTTO (M5S). Signora Presidente, colleghi, cittadini, ci stiamo accingendo ad approvare nelle prossime ore il cosiddetto decreto milleproroghe. Entreremo nel merito della discussione, ma vorrei riportare una voce di quella parte di società che spesso non trova spazio all'interno del Parlamento e che, quindi, si vede costretta a rivolgersi direttamente al Presidente della Repubblica, nel tentativo di vedere ascoltata almeno una parte delle proprie istanze.
Vi riporto una lettera dell'associazione "Italia solare", che raccoglie produttori, distributori e installatori di quel mondo delle energie rinnovabili che purtroppo, negli ultimi due anni, ha visto un calo di 60.000 posti di lavoro e per il quale le recenti riforme fanno prevedere un'ulteriore diminuzione, mentre i dati ufficiali ci dicono chiaramente che siamo in retromarcia rispetto al resto del mondo.
La lettera recita come segue: «Spettabile Presidente della Repubblica, la presente per segnalarle una grave violazione delle prerogative del Parlamento che si sta consumando con la approvazione di alcune disposizioni contenute nel decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, cosiddetto milleproroghe.
Con l'articolo 3, comma 2, lettera b) del decreto-legge n. 210 del 2015 il Governo, nella formulazione originaria del decreto-legge milleproroghe, aveva previsto che per i soli clienti in alta tensione la componente più significativa delle tariffe elettriche, che sono gli oneri generali di sistema, non fosse più commisurata solo al consumo di energia. Tale norma era evidentemente del tutto incoerente al provvedimento milleproroghe, non essendo riferita ad alcun termine da prorogare, e mancava completamente dei requisiti di necessità e urgenza richiesti dall'articolo 76 della Costituzione. Di fatto, attraverso lo strumento privilegiato del decreto-legge, per i clienti elettrici in alta tensione si era stabilito un principio strategico di politica energetica volto a penalizzare autoproduzione di energia e efficienza energetica. Infatti, nella misura in cui le componenti della tariffa non sono a consumo non vi è convenienza a consumare meno energia con interventi di efficienza o con autoproduzione di energia. In sede di conversione, il Governo non ha stralciato tale norma come avrebbe dovuto doverosamente fare, ma addirittura ne ha esteso la portata alle tariffe elettriche su tutti i livelli di tensione.
Ai sensi della nuova formulazione dell'articolo 3, come approvato alla Camera ed inviato per la conversione in Senato, per tutti i clienti non domestici, a qualsiasi livello di tensione, le tariffe relative agli oneri generali di sistema non saranno più commisurate soltanto al consumo di energia. Dunque, non solo per i grandi clienti in alta tensione, ma per tutti i clienti (tranne i domestici) viene approvata con decreto-legge, in mancanza di un qualsiasi effettivo contraddittorio parlamentare, una misura che scoraggia efficienza energetica e autoproduzione e incoraggia il consumo di energia prelevata dalla rete elettrica».
Ho quasi concluso. «Includere in un decreto-legge, sul quale verrà chiesta la fiducia, scelte chiave di politica energetica per le quali non vi è alcuna necessità ed urgenza è una grave violazione delle prerogative del Parlamento.
Si richiede dunque un suo immediato intervento per richiedere lo stralcio dell'articolo 3, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 210 del 2015 in fase di conversione ed eventualmente di valutare in forza delle sue prerogative costituzionali di non procedere ala promulgazione della legge, che sarebbe approvata in manifesta violazione dell'articolo 76 della Costituzione».
Mozioni, interpellanze e interrogazioni, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, interpellanze e interrogazioni pervenute alla Presidenza saranno pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 24 febbraio 2016
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 24 febbraio, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 19,41).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (2237 )
PROPOSTE DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE
BERNINI, MALAN, FAZZONE, MANDELLI, BOCCARDI, CERONI, D'ALI'
Respinta (*)
Il Senato,
in sede di discussione del disegno di legge AS 2237, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative»,
premesso che:
il decreto-legge in esame è diventato da diversi anni una consuetudine del Parlamento che rappresenta un pessimo esempio di tecnica legislativa;
il ricorso sistematico ad un decreto-legge contenente una pluralità di proroghe in numerosi ambiti - non a caso da sempre definito «mille-proroghe» - rende l'esame delle specifiche proposte del tutto privo di giustificazione, con riferimento ai presupposti della necessità e dell'urgenza chiaramente sanciti dall'articolo 77 della Costituzione, laddove sarebbero più opportuni e razionali interventi legislativi ordinari di modulazione delle scadenze;
tale prassi legislativa, censurata numerose volte dalla Corte Costituzionale, continua a mortificare, depauperandolo, il ruolo del Parlamento, in aperto contrasto con il dettato dell'articolo 70 della Costituzione che attribuisce alle Camere l'esercizio della funzione legislativa;
lo stesso risulta altresì caratterizzato da un contenuto disorganico ed eterogeneo, ponendosi in contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione in materia di decretazione d'urgenza;
il rilievo del criterio di omogeneità nel contenuto costituisce uno dei perni fondamentali sui quali la Corte Costituzionale ha fondato i percorsi argomentativi legati alla verifica del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione per la legittima adozione dei decreti-legge. In particolare, con la sentenza n. 22 del 2012, la Corte costituzionale ha ritenuto tout court illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità, vincolo esplicitato dall'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
come si legge nella sentenza, infatti, quest'ultima disposizione, là dove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo» - pur non avendo, in sé e per sé, rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimità in un giudizio davanti alla Corte - costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione, il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento;
il perpetuarsi di deroghe alle procedure ordinarie di predisposizione di provvedimenti normativi, che hanno assunto nel corso della presente legislatura la forma di decretazione d'urgenza, attraverso la continua e reiterata composizione di decreti «omnibus», oltre a rappresentare un'alterazione degli equilibri istituzionali riconducibili al rapporto tra Governo e Parlamento, determinano una evidente lesione delle prerogative parlamentari nell'esercizio della funzione legislativa, che si accompagna spesso all'eccessivo - e ormai sistematico - ricorso all'apposizione della questione di fiducia;
entrando nel merito delle disposizioni, si tratta chiaramente di proroghe di termini relativi a un ampio e disomogeneo ventaglio di materie, negli ambiti più svariati: assunzioni nella pubblica amministrazione, procedure di competenza del Ministro dell'interno e del Ministero della difesa, giustizia amministrativa, proroghe in materie di competenza del Ministero del lavoro, distretti turistici, prestazioni di assistenza ospedaliera, settore dell'istruzione, edilizia scolastica, infrastrutture e trasporti, ambiente, politiche agricole, proroga di termini in materia economico-finanziaria e relativi a interventi emergenziali, in un elenco lunghissimo ed eterogeneo che cela una serie di inadempimenti ed è sintomatico dei ritardi da parte delle amministrazioni che devono dare seguito a disposizioni di legge, e probabilmente norme sbagliate e inattuabili, che nulla hanno a che vedere con i necessari processi di razionalizzazione dell'azione legislativa e amministrativa;
tra le modifiche apportate nel corso dell'esame alla Camera, si evidenziano disposizioni relative a: modalità di reclutamento dei dirigenti di I fascia; reclutamento del personale universitario; riconoscimento del valore militare; contratti di lavoro a tempo determinato per il personale delle province; modifica del termine per le prime elezioni dei Presidenti di provincia e dei consigli provinciali; graduatorie ad esaurimento del personale docente; fondi pensione; ricercatori a tempo determinato; processo amministrativo digitale; sezioni distaccate insulari di tribunale; giudici di pace; contributo di licenziamento, contratti di solidarietà e riduzione di orario di lavoro privato; incroci proprietari giornali-TV; gare per la distribuzione del gas; finanziamento dell'emittenza radiotelevisiva locale; Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute (GSSI); bilanci degli enti locali; rendiconti dei partiti; riparto del fondo sperimentale di riequilibrio; proroga del mandato COCER; enti locali in stato di dissesto finanziario; prevenzione del terrorismo internazionale; grande progetto Pompei; fabbisogno sanitario standard; Museo tattile Omero; anticipazione del prezzo dell'appaltatore; risorse per infrastrutture scolastiche, protezione civile, dissesto idrogeologico e cultura; Commissario della ferrovia Napoli-Bari e Ferrovie Sud Est; norme tecniche delle dighe di ritenuta; revisione delle macchine agricole; fondo per acquisto e riqualificazione dei mezzi del trasporto pubblico locale; operatività delle disposizioni in materia di riscossione delle entrate locali da parte di Equitalia; commissioni censuarie; incentivi per progetti di efficienza energetica; detraibilità dell'IVA per gli organismi di formazione professionale; federalismo demaniale; Croce Rossa Italiana; split payment per l'IVA; limiti di lavoro straordinario dei corpi di polizia; disposizioni di carattere emergenziale;
considerato che:
appare scontato che l'aspettativa del decreto «mille proroghe», anzi la certezza della sua emanazione con cadenza sistematica, in quanto prassi ormai consolidata, costituisca un fortissimo disincentivo per la pubblica amministrazione ad adempiere ai suoi doveri e agli atti dovuti, in quanto facilmente sanabili ad ogni fine d'anno, senza che essa incorra, tra l'altro, a differenza del cittadino e del contribuente, in nessuna sanzione e senza alcuna seria individuazione delle responsabilità dei ritardi;
per stessa ammissione della relatrice alla Camera, on. Gasparini, « ... il decreto-legge porta con sé l'idea di ritardi nell'attuazione di leggi e della non omogeneità dei temi che vengono affrontati. In realtà, il titolo di questo provvedimento, nello specifico "proroga di termini previsti da disposizioni legislative", è più configurabile come un'ovvia necessità di fare manutenzione alle leggi che nella fase di attuazione richiedono aggiustamenti per raggiungere più efficacemente gli obiettivi previsti .... Alcune sono comunque, oggettivamente, proroghe determinate dal ritardo nell'attuazione di provvedimenti legislativi, ma va sottolineato che più di un terzo delle proroghe proposte nel provvedimento sono direttamente ascrivibili all'esigenza di fare manutenzione alle leggi, tema che, a mio avviso, dovrà essere affrontato nel quadro della riforma del procedimento legislativo a seguire la riforma costituzionale. Infatti, dall'esame di questo atto, emergono chiaramente le proroghe che si sono rese necessarie in attesa di poter modificare una legge che, nell'attuazione, si è dimostrata non coerente con l'obiettivo. E oggi - lo sappiamo - cambiare una legge richiede oggettivamente tempi e modalità molto complessi e lunghi ... » (Res. Seduta 8 febbraio 2016);
è evidente quindi che il provvedimento interviene a disciplinare una pluralità di ambiti materiali i quali difficilmente possono considerarsi avvinti da quel nesso oggettivo o funzionale e richiesto dalla Corte Costituzionale - tra le altre, con la sentenza n. 22 del 2012 - affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario. In tali termini, i contenuti normativi del decreto-legge in esame confliggono con le regole giuridiche, anche di rango costituzionale, che presiedono alla redazione dei provvedimenti d'urgenza;
molti dei casi di proroga di termini contemplati nel provvedimento in oggetto sono assolutamente privi dei requisiti di necessità e urgenza, oltretutto «straordinari», come previsto dal secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione. Ne è un esempio evidente la disposizione (di cui all'articolo 7, comma 7) che differisce al 1º gennaio 2017 l'entrata in vigore delle disposizioni che eliminano l'obbligo di pubblicazione degli avvisi e bandi sui quotidiani. Si tratta di una norma di assoluto buon senso e finalizzata al risparmio, di cui il Governo decide di rinviare l'entrata in vigore con una motivazione alquanto irragionevole, ovvero, come spiegato nella relazione tecnica che accompagna il provvedimento, il fatto che «il ricorso alla pubblicità di tipo informatico nei siti della pubblica amministrazione potrebbe non garantire il rispetto dei principi di trasparenza, legalità e contrasto della corruzione», escludendo pertanto in maniera esplicita i requisiti di necessità e urgenza richiesti;
emerge, pertanto, come alcune scelte non abbiano alcuna attinenza con esigenze indifferibili ed urgenti, ma piuttosto con altre valutazioni, anche di tipo politico, e pertanto assolutamente non rientranti, nell'ambito della decretazione d'urgenza secondo i principi stabiliti dal dettato costituzionale;
in primis, l'articolo 1, al comma 10, prevede l'utilizzo da parte della regione Calabria di propri fondi per procedure di stabilizzazione di personale cui sono interessati i comuni della regione, con disapplicazione della sanzione in caso di mancato rispetto, per l'anno 2015, del patto di stabilità interno e dell'indicatore dei tempi medi nei pagamenti, per consentire la prosecuzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato già sottoscritti;
sempre l'articolo 1, al comma 10-bis, dispone, anzitutto, che la validità delle graduatorie ad esaurimento (GaE) del personale docente sia prorogata dall'a.s. 2016/2017 all'a.s. 2018/2019 - termine considerato ampio rispetto alle comuni deleghe legislative -, nonché parrebbe suscettibile di approfondimento se si tratti di un termine di «aggiornamento» (come figura nel testo della disposizione) o di un termine di validità. La previsione sembrerebbe finalizzata a facilitare la pianificazione dei posti da bandire nel concorso previsto dalla L. 107/2015 (c.d. La Buona Scuola), le cui assunzioni dovrebbero avvenire negli a.s. 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019. In caso affermativo perderebbe i caratteri di necessità ed urgenza previsti dall'istituto del decreto legge;
ancora, il testo prevede in materia di processo amministrativo digitale, una proroga di sei mesi del termine di decorrenza dell'obbligo della sottoscrizione di tutti gli atti e provvedimenti con firma digitale. L'articolo 2 prevede, inoltre, sempre in materia di processo telematico, un periodo di sperimentazione, presso i tribunali amministrativi regionali e il Consiglio di Stato, delle nuove disposizioni introdotte dall'emanando decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al codice del processo amministrativo; in tal caso, il Governo non si limita a disporre una semplice proroga, ma .introduce nel testo una nuova disposizione, ponendosi in conflitto con il contenuto proprio del decreto richiamato nel titolo, ovvero la sola «proroga di termini previsti da disposizioni legislative», in contrasto altresì con le prescrizioni di cui all'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto n. 400 del 1988 secondo cui i decreti-legge «devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeno e corrispondente al titolo»;
all'articolo 2-quater, altresì, le disposizioni non introducono alcuna proroga di termini, in quanto prevedono che per i contratti di solidarietà «difensivi» stipulati prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 148/2015 (decreto di riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro) e le cui istanze di integrazione salariale siano state presentate entro la stessa data, l'ammontare del trattamento di integrazione salariale sia aumentato, per il solo anno 2016, per una durata massima di 12 mesi, nella misura del 10% della retribuzione persa a seguito della riduzione di orario, fino a concorrenza dell'importo massimo complessivo di 50 milioni di euro;
all'articolo 4, le disposizioni di cui al:
- comma 1-quater, non introducono alcuna proroga di termini, in quanto stabiliscono che ai partiti e ai movimenti politici che non ottemperano all'obbligo di trasmissione del rendiconto ed i relativi allegati unitamente al giudizio espresso dalla società di revisione sul rendiconto ed il verbale di approvazione dello stesso, nei termini previsti, la Commissione di garanzia applichi la sanzione amministrativa di euro 200.000;
- comma 6-bis, non introducono alcuna proroga di termini, laddove indicano quali disposizioni di legge devono essere applicate nell'anno 2016 per la determinazione dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione, corrisposti dal Ministero dell'interno in favore delle province appartenenti alla Regione Sicilia e alla Regione Sardegna;
all'articolo 5, il comma 1-bis non prevede alcuna proroga di termini, in quanto: le disposizioni che concernono lo svolgimento delle funzioni del Direttore generale del Grande Progetto Pompei e della struttura di supporto incrementano da euro 100.000 a euro 500.000 - per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 - il limite massimo di spesa, sempre a valere sulle risorse disponibili sul bilancio della Soprintendenza;
ancora, l'articolo 10, ai commi da 2-ter a 2-sexies, definisce il regime di detraibilità dell'IVA in relazione alle attività svolte dagli organismi di formazione professionale che percepiscono contributi pubblici. In particolare il comma 2-ter, reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 19, comma 2, primo periodo del DPR n. 633 del 1972, volta a chiarire che - in relazione alle attività formative svolte dai predetti organismi - l'IVA assolta sull'acquisto di beni e servizi è detraibile purché i beni e servizi acquistati con tali contributi siano utilizzati per l'effettuazione di operazioni imponibili IVA ovvero che danno a loro volta diritto alla detrazione;
inoltre, sempre all'articolo 10, al comma 7-quater non vengono introdotte proroghe di termini. La lettera b) riguarda le procedure necessarie per l'erogazione dell'anticipazione di liquidità; la lettera c) prevede che le risorse derivanti dalle riduzioni del finanziamento previsto per l'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana e per l'Associazione della Croce Rossa italiana sono vincolate al rimborso dell'anticipazione di liquidità, nella misura di 6 milioni di euro annui per l'intero periodo di rimborso delle stesse anticipazioni di liquidità;
l'articolo 11-bis al comma 1 proroga di 60 giorni il termine per l'adozione del programma di rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale del comprensorio Bagnoli-Coroglio da parte del Commissario straordinario del Governo, mentre il comma 2 destina - entro 30 giorni dall'approvazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana o di stralci di detto programma relativi ad interventi urgenti o propedeutici - le risorse residue dei fondi stanziati dal Ministero dell'ambiente per il sito di «Bagnoli-Coroglio» ed erogati al Comune di Napoli, non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, al finanziamento dei medesimi interventi, secondo gli indirizzi della cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio (di cui all'art. 33, comma 13, del citato D.L. 133/2014). Si evidenzia che si tratta dell'ennesimo intervento per Bagnoli-Coroglio che segue di poco tempo quelli già previsti dal decreto-legge n. 133 del 2014 convertito dalla legge 164 del 2014, e del decreto-legge 185 del 2015 convertito dalla legge 9 del 2016.
il provvedimento è quindi viziato dal punto di vista della legittimità costituzionale sia perché ha un contenuto disomogeneo che probabilmente comporterà interventi successivi integrativi, non soddisfacendo dunque le esigenze di chiarezza e semplificazione della legislazione, sia perché privo dei requisiti straordinari di necessità e urgenza;
vi è un aspetto ancor più inquietante che è quello della radicale trasformazione del decreto, nel corso dell'iter, rispetto alla sua versione iniziale, in un provvedimento omnibus che puntualmente diventa il veicolo per inserire e approvare un coacervo di norme senza alcun nesso, come sopra evidenziato;
è più che mai evidente come il decreto-legge sia diventato uno strumento ad incastro variabile con una utilizzazione dell'articolo 77 della Costituzione assolutamente arbitraria e intollerabile. È quanto mai doverosa una riflessione di sistema relativa alla gestione dei provvedimenti da parte del Governo nei confronti del Parlamento,
delibera di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2237.
DIVINA, ARRIGONI, CALDEROLI, CANDIANI, CENTINAIO, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, STEFANI, STUCCHI, TOSATO, VOLPI
Respinta (*)
Il Senato,
in sede di discussione del disegno di legge AS 2237, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative»,
premesso che:
il presente decreto legge si compone di 12 articoli, contenenti proroghe di termini legislativi. Sono prorogati termini in materia di assunzioni, organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, nel decreto sono contenute proroghe concernenti alcune procedure di competenza del Ministero dell'interno, in materia di infrastrutture e trasporti, beni culturali, nel settore dell'istruzione, edilizia scolastica, in materia sanitaria, in materia ambientale, in materia di politiche agricole alimentari e forestali;
il presente decreto legge denominato mille proroghe, è adottato dal Governo, di norma con periodicità annuale, adducendo quale unica giustificazione la necessità di assicurare l'efficienza e l'efficacia dell'azione delle diverse amministrazioni interessate, ma che in realtà serve unicamente a correggere errori, compensare ritardi e mancate decisioni;
sebbene da un lato il ricorso al decreto denominato mille proroghe venga ormai considerata una prassi consolidata nel modo di operare, dall'altro lato non si può fare di quella che è una grave stortura dell'iter normativa una regola;
nei gangli di una serie di riferimenti normativi criptici si celano una serie di rinvii mirati all'applicazione di norme che risalgono anche a più di dieci anni fa e che nei fatti non producono quegli effetti di razionalizzazione dei costi e miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza di alcuni settori. Questo sistema reiterato di ritardo nella applicazione delle norme produce un vero e proprio inganno nei confronti dei cittadini violando il primo articolo della Carta Costituzionale che declina la Repubblica italiana nel concetto base della sovranità popolare;
è manifestamente incostituzionale utilizzare la normativa d'urgenza, ad esempio, per prorogare l'UTA l'Unità tecnico amministrativa istituita nel 2011 per il compimento, a seguito della cessazione dello stato di emergenza dei rifiuti nella regione Campania, delle attività di definizione delle situazioni debitorie e creditorie della precorsa gestione emergenziale;
inoltre, il ricorso allo strumento della proroga, nel settore sanitario, non dovrebbe essere utilizzato , poiché impatta su temi legati all'erogazione dei servizi assistenziali e ricchi di implicazioni finanziarie, particolarmente problematici appaiono, infatti, i differimenti di carattere reiterato e sistematico, soprattutto in relazione a adempimenti previsti da disposizioni risalenti nel tempo; l'eterogeneità di contenuto del presente decreto-legge contrasta apertamente con i contenuti dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di diretta attuazione costituzionale dell'articolo 77 della Costituzione. In base alla citata disposizione, infatti i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Il decreto-legge in esame, invece, accomuna una serie di disposizioni che incidono in modo rilevante sui più disparati settori pubblici e privati;
per l'ennesima volta il Governo utilizza lo strumento della normativa d'urgenza in modo improprio svuotando il Parlamento delle proprie prerogative;
è un provvedimento totalmente disomogeneo, esattamente l'opposto di quello che dovrebbe essere un decreto-legge;
questo provvedimento caratterizzato, inoltre dalla presenza di norme provvisorie, temporanee, sperimentali di mere proroghe, incorpora già all'origine la previsione di successivi interventi integrativi correttivi o comunque a regime che confliggono con le esigenze di stabilità, di certezza e di semplificazione della legislazione;
il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato Costituzionale vigente, che ha spostato di fatto in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere. A ciò concorre anche l'imposizione di termini temporali insufficienti per l'esame parlamentare, per l'attività emendativa da parte dei Parlamentari e I'esame con modalità che precludono un approfondimento consapevole da parte del Parlamento stesso. Il continuo e reiterato uso della decretazione d'urgenza, come normale prassi legislativa, utilizzato dall'attuale Governo e che riprende una modalità introdotta dai precedenti, e più volte censurata dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte Costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, produce da un lato un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, e, dall'altro lato, uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento e dei parlamentari;
il provvedimento in oggetto presenta diversi profili di criticità in ordine al rispetto dei profili di costituzionalità. L'utilizzo della normativa d'urgenza trova una giustificazione soltanto politica, infatti, il Governo utilizza il ricorso allo strumento del decreto legge solo perché un disegno di legge, avrebbe tempi per l'approvazione definitiva troppo lunghi. É palese quindi che il Governo operi nella piena consapevolezza di travalicare i limiti costituzionali solo ed esclusivamente perché incapace di trovare una maggioranza parlamentare coesa;
il provvedimento in esame importa questioni rientranti nell'ambito dell'economia e del lavoro, per i quali è competente ad esprimere un parere il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel), così come previsto dall'articolo 99 della Costituzione, che lo definisce organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Procedere all'esame del presente disegno di legge senza aver recepito il parere del CNEL presenta aspetti che possono far ravvisare profili di incostituzionalità manifesti;
delibera di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2237 «Conversione in legge del decreto legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga termini previsti da disposizioni legislative».
BONFRISCO, BRUNI, COMPAGNA, D'AMBROSIO LETTIERI, DI MAGGIO, LIUZZI, MILO, PERRONE, TARQUINIO, ZIZZA
Respinta (*)
Il Senato,
esaminato il disegno di legge A.S. 2237 di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative»;
considerato che:
già la denominazione del disegno di legge di conversione, il c.d. mille proroghe, recante, appunto, «proroga di termini previsti da disposizioni legislative», rappresenta plasticamente l'immagine tragica del nostro ordinamento.
E ciò per l'evidente ragione che i termini vengono fissati per essere rispettati, non per essere prorogati.
Ogni proroga, invece, è la confessione di un inadempimento del Governo. «Milleproroghe» significa mille inadempimenti, mille prove di ineffettività di provvedimenti normativi asseritamente urgenti, mille conferme di contrarietà alla cultura delle regole e al rispetto della Costituzione.
E come il Natale, anche quest'anno, puntualmente arriva il più classico ed il più incostituzionale dei provvedimenti adottati in via di urgenza dall'Esecutivo, il Milleproroghe appunto.
Esso, sin dal proprio titolo, rivela di per sé stesso la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza, non potendosi certo assumere a giustificazione del ricorso alla decretazione d'urgenza il mero e infruttuoso decorso del tempo ai fini dell'applicazione di norme di legge che imponevano adempimenti alle pubbliche amministrazioni o ad altri e diversi soggetti.
Il decreto, così come pervenuto dalla Camera, si compone di dodici articoli, senza contare gli svariati bis, ter etc. etc., e contiene proroghe, talvolta solo nel nomen iuris, ma non negli effetti, di termini legislativi destinate a incidere in modo rilevante sui più disparati settori, sia pubblici che privati.
L'abuso della decretazione di urgenza è ormai una delle maggiori difficoltà per il mantenimento dell'equilibrio fra gli organi costituzionali, nonché per la forma di Stato, così come disegnati dalla Costituzione.
L'interferenza dell'Esecutivo sulla regolare produzione normativa di fonte parlamentare, sorretta da urgenze troppo spesso più dichiarate che reali, va ben oltre il legittimo temperamento del principio di separazione tra i poteri dello Stato.
Essa infatti, sta producendo una grave lesione della certezza del diritto nonché un elevato livello di entropia normativa, misura del disordine e dell'indifferenziazione di un sistema cui si accompagna l'alterazione della gerarchia delle fonti e la difficoltà di dare attuazione ad una legislazione alluvionale, instabile e disordinata.
Non solo, la frammentarietà e la segmentazione degli interventi legislativi urgenti, nel tempo, hanno creato e continuano pervicacemente a creare incertezza negli operatori sulle norme applicabili, ratione temporis, alle fatti specie disciplinate, e - ciò che più importa - creano una condizione complessiva di assoluta precarietà dell'ordito legislativo, rendendo assai difficile, anche per gli stessi operatori del diritto, individuare la normativa applicabile alle singole materie che il legislatore intendeva effettivamente inverare. E con palese eterogenesi dei fini, le ripetute novellazioni della legge, attuate a mezzo della decretazione d'urgenza, provocano dubbi applicativi e perplessità ermeneutiche, esse stesse fonte di caos legislativo e di proliferazione di quello stesso contenzioso che si vuole, solo a parole, deflazionare.
In effetti, pur volendosi prescindere dal dato quantitativo del ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza, assolutamente preoccupante appare il dato qualitativo. Affetti da gigantismo, i decreti approvati sovente esorbitano dalla normalità statistica registrata in passato; il decreto legge sta andando contra constitutionem, verso la sua endemica e crescente eterogeneità.
Il decreto-legge «reale» sempre più si sta allontanando da quello «ideale» che, nell'immaginario costituzionale, è un atto dal contenuto puntuale ad alto grado di efficienza, caratteristiche che gli derivano ontologicamente dall'essere la prima e più pronta reazione ad un caso straordinario che ingenera necessità ed urgenza: specificità e omogeneità sono, anzi, dovrebbero essere in re ipsa.
Con la sentenza n. 220 del 2013 la Corte Costituzionale (seppure pronunciandosi in ordine alla particolare fattispecie del riordino una parte del sistema delle autonomie locali) ha chiaramente asserito che «I decreti legge traggono la loro legittimazione generale da casi straordinari e sono destinati ad operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessità».
E proprio per tale ordine dì ragioni il legislatore ordinario, con norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba contenere «misure di immediata applicazione» (articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 «Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri»). La norma citata, pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge (sentenza Corte Costituzionale n. 22 del 2012) e che, in difetto, ove cioè contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo, entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse.
All'articolo 15, comma 3, la legge 400/1988 prescrive che i decreti legge «devono contenere misure di immediata applicazione ed il loro contenuto deve essere omogeneo e corrispondente al titolo».
Oltre all'eterogeneità di interventi, che di per sé sarebbe sufficiente a collocare il decreto in questione nell'alveo dell'ineluttabile declaratoria d'incostituzionalità, si segnalano anche una molteplicità di disposizioni che contrastano con la stessa finalità di proroga annunciata dal titolo del decreto in conversione.
Segnatamente, le disposizioni di cui all'articolo 2-quater non contemplano alcuna proroga di termini, bensì si limitano a prevedere che per i contratti di solidarietà difensivi, stipulati ante decreto legislativo n. 148 del 2012 e le cui istanze d'integrazione salariale siano state presentate prima dell'entrata in vigore del menzionato decreto legislativo, l'ammontare del trattamento d'integrazione sia aumentato, per l'anno 2016, per un massimo di dodici mesi, nella misura del 10 per cento della retribuzione persa per effetto della riduzione di orario, sino alla concorrenza dell'importo massimo complessivo di 50 milioni di euro. Nessuna proroga, dunque.
Analoga osservazione può essere formulata riguardo alle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1-quater.
Esse, infatti, si limitano a prevedere che la commissione di garanzia applichi una sanzione amministrativa, pari ad euro duecentomila, ai partiti ed ai movimenti politici che non trasmettano nei termini previsti il rendiconto con i relativi allegati, insieme al giudizio espresso dalla società di revisione sul rendiconto ed al verbale di approvazione dello stesso.
Ancora nessuna proroga si ravvisa nelle previsioni di cui all'4, comma 6-bis, che si limitano ad individuare le disposizioni applicabili, per l'anno 2016, per i trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione, corrisposti dal Ministero dell'interno in favore delle Province appartenenti alle Regioni Sicilia e Sardegna.
Del pari inattuative di proroghe sono poi le previsioni contenute nei commi da 2-ter a 2-sexies dell'articolo 10, apoditticamente rubricato «Proroga di termini in materia economica e finanziaria».
In particolare, il comma 2-ter è mera norma di interpretazione autentica della disposizione di cui all'articolo 19, comma 2, primo periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di detraibilità dell'IVA assolta sul l'acquisto di beni e servizi da parte di organismi di formazione professionale percettori di contributi pubblici, in relazione alle attività formative svolte con tali contributi.
Con tale previsione, in sostanza, si chiarisce solo che la spettanza della detrazione è strettamente connessa agli acquisti fatti con l'ausilio dei contributi che siano utilizzati per l'effettuazione di operazioni imponibili o che danno diritto alla detrazione.
E continuando nell'elencazione, neppure il comma 7-quater contiene alcuna proroga di termini. Infatti la lettera a) non fa che disciplinare le procedure per l'erogazione dell'anticipazione di liquidità. La lettera c), invece, dispone che le risorse derivanti dalle riduzioni del finanziamento previsto per l'Ente strumentale alla Croce Rossa italiana e per l'Associazione della Croce Rossa italiana, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, a decorrere dall'anno di applicazione delle medesime riduzioni, sono vincolate al rimborso dell'anticipazione di liquidità di cui al comma 1 del presente articolo, nella misura di 6 milioni di euro annui per l'intero periodo di rimborso della medesima anticipazione.
Che dire, infine, della proroga, questa volta reale, contenuta nell'articolo 11-bis, che posticipa di sessanta giorni il termine per l'adozione, da parte del Commissario Straordinario di Governo, del programma di rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale del comprensorio Bagnoli - Coroglio.
Oppure della previsione di cui al comma 2 del medesimo articolo 11-bis, ai sensi del quale entro trenta giorni dall'approvazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana di cui all'articolo 33 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, o di stralci di detto programma relativi a interventi urgenti o propedeutici, le risorse residue dei fondi stanziati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il sito di interesse nazionale «Bagnoli-Coroglio» ed erogati al comune di Napoli, non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono destinate al finanziamento dei medesimi interventi, secondo gli indirizzi della cabina di regia di cui al comma 13 del medesimo articolo 33 del decreto-legge n. 133 del 2014.
In proposito non si può sottacere che questo è l'ultimo di una lunga serie d'interventi assunti in via d'urgenza già con il lontano decreto-legge n. 133/2014, poi, a distanza di poco tempo con il decreto legge n. 185/2015 ed oggi, nuovamente, con il provvedimento in conversione.
Di fronte a questi reiterati interventi viene da pensare che, forse, problematiche tanto complesse non possono trovare nella decretazione d'urgenza adeguata risposta, specie ove tale decretazione si risolva nella dilazione di termini per l'attuazione di precedenti inadeguati interventi normativi, che neppure hanno trovato completa attuazione.
Ma, poiché lo sforzo del pensiero non pare proprio la cifra distintiva di questo Governo, temiamo che, a breve, staremo di nuovo discutendo dell'urgenza di prorogare termini già vanamente prorogati, o peggio, della necessità e dell'urgenza di intraprendere ulteriori, ma non nuove, iniziative governative per continuare a non risolvere antichissimi problemi, delibera di non procedere all'esame del disegno di legge A.S. 2237.
DE PETRIS, URAS, PETRAGLIA, BAROZZINO, BOCCHINO, CAMPANELLA, CERVELLINI, DE CRISTOFARO
Respinta (*)
Il Senato
premesso che:
il presente decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, inizialmente composto complessivamente da circa 50 diverse disposizioni di proroghe di termini legislativi è stato «arricchito» durante l'esame alla Camera dei deputati di ulteriori 70 norme di differimento termini che hanno più che raddoppiato la consistenza numerica del provvedimento in esame aggravandone il carattere estremamente disomogeneo;
le proroghe termine contenute nel decreto-legge investono numerosissimi ambiti di competenza che si caratterizza conseguentemente per un contenuto disorganico ed eterogeneo al quale mancano in numerosi casi i presupposti di necessità e urgenza così come previsti dall'articolo 77 della Costituzione e richiamati dalle sentenze della Corte costituzionale al riguardo come, in particolare, la sentenza n. 22 del 2012 laddove la Suprema Corte ritiene illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità;
tale vincolo, come afferma esplicitamente la Corte stessa, è implicitamente contenuto nell'articolo 77 della Costituzione ed esplicitamente previsto dall'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di diretta attuazione costituzionale del citato articolo 77 stesso della nostra Carta e, in forza di tale disposizione, infatti, i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo;
il presente decreto-legge, invece, accomuna in modo oltremodo confusionario una serie di disposizioni destinate a incidere in modo rilevante sui più disparati settori sia pubblici che privati, recando, peraltro, disposizioni particolarmente critiche sotto il profilo dell'impatto ambientate in questo particolare momento storico come quella relativa all'ennesima proroga dei termini per l'adeguamento al Sistri (il Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti) fino al 31 dicembre 2016. Il decreto-legge prevede, infatti, all'articolo 8 alcuni differimenti di termini per gli adempimenti in materia ambientale. In particolare, accanto alle proroghe del «doppio regime» del Sistri, con le quali, tra l'altro vengono dimezzate, per l'intero anno 2016, le sanzioni concernenti l'omissione dell'iscrizione al SISTRI e del pagamento del contributo per l'iscrizione stessa, spicca le proroga stabilita per i grandi impianti di combustione che soddisfano specifici requisiti stabiliti dal Testo unico ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) per cui si prevede lo slittamento al 1º gennaio 2017 del termine di adeguamento per i grandi impianti di combustione, anteriori al 2006, per i quali sono state regolarmente presentate istanze di deroga, nonché, infine, la proroga al 29 febbraio 2016 dell'entrata in vigore del divieto di conferimento in discarica dei rifiuti speciali urbani con potere calorifico inferiore a 13.000 kJ/kg. Parimenti non si comprende la necessità della norma prevista dall'articolo 7, comma 11-quater, sempre introdotta nel corso dell'esame alla camera, che differisce al 1º gennaio 2017 l'applicazione di una misura introdotta nella recente legge di stabilità per il 2016 che istituisce un fondo finalizzato all'acquisto o noleggio di mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale diretto alla riqualificazione elettrica e all'accessibilità di persone a mobilità ridotta;
fra le numerosissime proposte emendative approvate in sede referente alla camera si segnala la norma recante l'inserimento di due commi aggiuntivi all'articolo 4 che, oltre a differire al 15 giugno 2016 il termine entro il quale i partiti sono tenuti a trasmettere alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici il rendiconto e i relativi allegati per gli anni 2013 e 2014 (termini risultano scaduti rispettivamente il 30 giugno 2014 e 2015), introduce una disposizione a carattere sanzionatorio con efficacia retroattiva nei confronti dei partiti e dei movimenti politici che non ottemperano alla trasmissione degli atti pari a 200.000 euro, novellando a regime le norme relative al deposito dei rendiconti dei movimenti e dei partiti politici. Il suddetto comma 1-ter non contenendo alcuna proroga di termini previsti da disposizioni legislative appare con tutta evidenza inammissibile ai sensi del Regolamento del Senato della Repubblica, oltre che viziato sotto il profilo della compatibilità costituzionale alla luce della sentenza n. 22 del 2012 della Suprema Corte che si è espressa con riguardo ai cosiddetti decreti mille proroghe «che, con cadenza ormai annuale, vengono convertiti in legge dalle Camere, e [che], sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti pur attinenti ad oggetti e materie diversi che richiedono interventi regolatori di natura temporale. Del tutto estranea a tali interventi è la disciplina «a regime» di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all'articolo 71 della Costituzione ove le discipline estranee alla ratio unitaria del decreto presentassero, secondo il giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessità e urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati. Risulta invece in contrasto con l'articolo 77 della Costituzione la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei. Pertanto, la necessaria omogenenità del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in relazione all'apprezzamento politico, operato dal Governo e controllato dal Parlamento, del singolo caso straordinario di necessità e urgenza, deve essere osservata dalla legge di conversione;
il presente decreto-legge presenta, altresì, disposizioni di proroga di termini in materia di appalti, cui se ne affiancano altre riguardanti in particolare l'edilizia scolastica con riferimento all'articolo 7 in forza delle quali appare addirittura differito al 31 dicembre 2016 il termine di attuazione delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione incendi nonostante, proprio in materia di antincendio, come ben evidenziato dalla stampa nazionale, la scuola italiana vive in una situazione di emergenza cronica, tanto è vero che secondo l'ultimo rapporto dell'associazione Save the Children il cinquantaquattro per cento degli istituti scolastici non rispetterebbe neanche la normativa attualmente vigente, mentre per l'associazione Legambiente la percentuale di strutture prive di certificato di prevenzione salirebbe addirittura al sessanta per cento;
il presente decreto-legge spazia, inoltre, dalle proroghe di termini in materia di piccoli comuni a quelle sulle autocertificazioni dei cittadini non europei, dalle proroghe in materia di salvamento acquatico a quelle sul processo telematico, dalle proroghe in materia di istituzione di distretti turistici a quelle relative alle funzioni di Equitalia, laddove si rinvia al 30 giugno 2016 la possibilità dei Comuni di avvalersene per l'accertamento, la liquidazione e la riscossione dei tributi locali. Sotto tale ultimo profilo si evidenzia come il primo provvedimento risalga al 2011 e come tra una proroga e l'altra il Governo abbia lasciato scadere il termine per esercitare la delega per il riordino della disciplina della riscossione delle entrate degli enti locali. La nuova proroga prevista dal presente decreto-legge è concessa «al fine di favorire il compiuto, ordinato ed efficace riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni», ma appare del tutto dubbio che entro il 30 giugno 2016 si possa pervenire al suddetto riordino;
si tratta, con tutta evidenza, di un coacervo di norme che dimostrano non solo un uso improprio e arbitrario dello strumento della decretazione d'urgenza, ma anche la prova provata dell'incapacità assoluta da parte dell'attuale Esecutivo di dirigere in modo efficace ed efficiente la macchina amministrativa dello Stato, di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 97 della Carta Costituzionale e conseguentemente di rispondere in modo puntuale alle istanze ed alle esigenze del Paese;
il ricorso sistematico a un decreto-legge quale è appunto il cosiddetto «Milleproroghe» che riguarda una serie eterogenea di interventi che dovrebbero essere adottati in molti casi già da anni, rivela di per se stesso la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza, non essendo in alcun modo contemplato come giustificazione del ricorso alla decretazione d'urgenza il mero e infruttuoso decorso del tempo ai fini dell'applicazione di norme di legge che impongono obblighi di adempimenti alla pubblica amministrazione;
quel che rivela il presente decreto-legge è ben altro e risiede nell'incapacità di comprendere come la pubblica amministrazione, a causa dei continui tagli perpetrati a seguito delle manovre di finanza pubblica, non sia più in grado in molti di casi di rispondere neanche a se stessa, considerato che per varare un provvedimento attuativo, di legge i funzionari della pubblica amministrazione abbisognano di svolgere approfondimenti, riscontri e controlli che costituiscono necessariamente un costo e un lavoro di particolare entità. Con l'ultima legge di stabilità 2016 si è arrivati addirittura all'assurdità di confezionare un testo costituito da ben 999 commi cui corrispondono circa 155 provvedimenti attuativi e successivi tra decreti ministeriali, interministeriali, D.P.C.M., protocolli di intesa, provvedimenti fiscali, comunicazioni. Quasi quaranta provvedimenti in più della legge di stabilità 2015, il doppio della legge di stabilità 2014, con più o meno un provvedimento attuativo o adempimento successivo cui ottemperare ogni due giorni e mezzo, in spregio alla opportunità di approvare leggi il più auto-applicative possibili, con l'inevitabile conseguenza che il decreto-legge cosiddetto «Milleproghe» del prossimo anno risulterà rimpolpato di ulteriori numerose disposizioni di proroghe di termini di disposizioni legislative;
in realtà, lo strumento della decretazione d'urgenza e soprattutto quello in materia di proroga di termini di legge dovrebbe essere per sua natura eccezionale, temporaneo e, soprattutto, tendenzialmente non ripetibile; ma la circostanza che l'attuale Esecutivo se ne avvalga regolarmente conferma per l'ennesima volta una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato Costituzionale vigente, un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere e, soprattutto, uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento;
delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2237.
CRIMI, ENDRIZZI, MORRA, CATALFO, BERTOROTTA, BOTTICI, CAPPELLETTI, COTTI, DONNO, FATTORI, GIARRUSSO, GIROTTO, LUCIDI, MANGILI, MARTELLI, MORONESE, NUGNES, PAGLINI, PUGLIA, SANTANGELO, SERRA, TAVERNA
Respinta (*)
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge n. 2237 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative,
premesso che:
il provvedimento in oggetto perpetua - come si è già avuto modo di rilevare in analoghe e, purtroppo, ormai quasi rituali occasioni - una infausta prassi di proroga di termini previsti da disposizioni legislative, il cui rinvio o differimento è spesso reso necessario da ritardi o inadempienze delle amministrazioni pubbliche - ed in particolar modo delle amministrazioni ministeriali - registrate nella fase attuativa delle leggi vigenti. Si tratta, segnatamente, del terzo decreto-legge emanato nella legislatura in corso con la finalità di prorogare una serie di termini e fa seguito ai decreti-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15 e 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11. Tuttavia proroghe di termini sono state inserite anche in altri provvedimenti legislativi nel medesimo periodo, aventi sia natura ordinaria che, più spesso, nelle forme della decretazione d'urgenza, alla quale si è sovente sommato il ricorso, anch'esso ormai rituale, alla questione di fiducia da parte del Governo medesimo;
il decreto-legge in esame rappresenta, dunque, l'ennesima occasione in cui, ormai a regolare cadenza annuale e quindi, con tempistica ampiamente prevedibile, il Governo interviene per incidere sul termine di entrata in vigore delle leggi: per differirla o per prolungarla oltre il tempo inizialmente stabilito, generando una crescente incertezza sulla efficacia delle leggi mediante uno strumento normativo eccezionale che, per sua natura, dovrebbe essere temporaneo e tendenzialmente non ripetibile. Come già si è avuto modo di argomentare nei dibattiti sulla costituzionalità di simili strumenti, non la singola proroga, ma il sistematico ricorso ad una pluralità di rinvii mediante un vero e proprio filone normativo - non a caso ribattezzato giornalisticamente "milleproroghe" - rende l'esame delle specifiche proposte del tutto aleatorio con riguardo alle categorie di necessità ed urgenza, laddove sarebbero più opportuni interventi legislativi ordinari di modifica o abrogazione ovvero di modulazione delle scadenze in senso più realistico;
il Governo - che da tempo opera in misura sempre più rilevante, se non quasi esclusivamente, attraverso la decretazione di urgenza, confermandosi dominus assoluto dell'agenda legislativa - attraverso questa tipologia di decreti compie l'operazione di rinviare (o prolungare) la vigenza di numerose disposizioni approvate dal Parlamento, con un effetto improprio di "sistemazione" della legislazione vigente che esula dalla sua natura esecutiva, vale a dire dalla responsabilità di dare esecuzione ed applicazione alle leggi votate dalle Camere. In presenza dell'ennesimo decreto di proroga di disposizioni vigenti sarebbe ampiamente sostenibile che non esisteva nessuna urgenza di provvedere, poiché ciascuno dei termini di scadenza contenuti nel testo in esame era già ben conosciuto e sarebbe bastato intervenire per tempo con legge ordinaria informando per tempo le Camere delle difficoltà applicative eventualmente riscontrate. Se l'esigenza della proroga matura quando il ricorso alla legge ordinaria non è tecnicamente praticabile e quindi comporta urgenza nel provvedere, ciò non può essere vero per termini scaduti da anni e che vengono ripetutamente prorogati. Se l'esigenza della proroga viene avvertita con un certo anticipo rispetto alla sua scadenza e non si provvede tuttavia con legge ordinaria, perchè il Governo, da cui promana quasi il 90 per cento delle leggi approvate in ciascuna legislatura, se ne dimentica, allora lo strumento decreto-legge è da condannare con ancor maggior forza. Ma questo non è mai accaduto e la degenerazione pluriennale della prassi ha portato il Governo a ritenere di avere abbastanza forza da chiedere al Parlamento l'abolizione sostanziale di una delle due Camere;
considerato che:
il provvedimento reca disposizioni che intervengono su numerosissimi ambiti materiali le quali, pur risultando avvinte dalla comune finalità di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti, non risultano né idonee, né conformi a superare il vaglio di ragionevolezza e, dunque, di costituzionalità. L'oggetto delle proroghe è ovviamente il più vario: oltre alle necessità che volta per volta sono fatte presenti dai vari ministeri, alcune materie, sono oggetto di intervento sistematico, spesso con disposizioni a catena che si saldano l'una all'altra, in relazione ad un medesimo termine. Ciò sembra avvenire nel totale disinteresse per la qualità della legislazione, vale a dire per la trasparenza e leggibilità dei tempi e, conseguentemente, per la comprensibilità dei diritti e degli obblighi dei cittadini e degli operatori dei settori interessati;
la stessa eterogeneità delle norme contenute nel decreto-legge in esame - solo apparentemente e solo formalmente riconducibili al titolo grazie al pretesto semantico connesso alla "proroga di termini", correlata all'assenza dei presupposti di necessità ed urgenza in molte delle sue parti (che ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, comma secondo, devono essere "straordinari") - nonché la presenza di disposizioni ad effetto pluriennale, costituiscono ulteriori elementi non conformi a quanto stabilito dalla Costituzione in materia di decretazione d'urgenza. In particolare, il contenuto normativo del decreto legge non si configura in linea con le prescrizioni di cui all'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto del 1988, n. 400, secondo cui i decreti-legge "devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo". A tal proposito, la disciplina posta dalla legge n. 400 del 1988, ancorché di livello ordinario, è stata ritenuta dalla Presidenza della Repubblica avente carattere "ordinamentale". Del resto, con numerose sentenze (tra le altre la n. 171 del 2007 e la n. 22 del 2012) la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità di un decreto-legge non a motivo della sua reiterazione, bensì per la mancanza dei presupposti di cui all'articolo 77, comma secondo, della Costituzione ("casi straordinari di necessità e urgenza"), rilievo cogente rispetto ad alcune delle numerose integrazioni normative proposte in sede di conversione;
ai sensi di quanto dichiarato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012, ne segue che "del tutto estranea a tali interventi (mille-proroghe) è la disciplina "a regime" di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all'articolo 71 della Costituzione" E ancora la Corte afferma che: "ove le discipline estranee alla ratio unitaria del decreto presentassero, secondo il giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessità e urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati". Emblematico, in tal senso, appare l'articolo 3, comma 2, del provvedimento in esame, che non reca una proroga di termini, ma ridetermina le tariffe di rete riducendo le quantità massime e il prezzo del servizio. Durante l'esame in sede referente, presso la Camera dei deputati, sono stati modificati i criteri con cui l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dovrà adeguare la struttura delle componenti tariffarie relative agli oneri generali di sistema elettrico. Più in particolare, gli oneri di sistema vengono riferiti ora ai clienti elettrici per usi diversi da quelli domestici. Viene inoltre esplicitamente indicata la decorrenza dell'1 gennaio 2016 per l'adeguamento della struttura delle componenti tariffarie ai criteri che governano la tariffa di rete per i servizi di trasmissione, distribuzione e misura e si stabilisce che l'adeguamento stesso dovrà tener conto dei diversi livelli di tensione e dei parametri di connessione, oltre che della diversa natura e delle peculiarità degli oneri rispetto alla tariffa;
ci si trova, dunque, di fronte ad una vera e propria fuga da quella legge - che a parole si vorrebbe costituzionalizzare - la quale già oggi impone il requisito dell'omogeneità, ma che viene regolarmente tradita, nello spirito e nella lettera, da chi dovrebbe scrupolosamente applicarla. Si tratta della già citata legge n. 400 del 1988 che nel titolo reca "Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri". Accade infatti che, per decisione del Governo - e quindi dei Ministeri che dovrebbero farla osservare - le proroghe e i differimenti spesso pongano nel nulla una legislazione settoriale di assoluto rilievo senza che le Commissioni competenti per materia possano esaminarla, se non per esprimere un mero parere, essendo il decreto omnibus normalmente assegnato alla sola 1a Commissione permanente o, come in questo caso, congiuntamente alla 5a Commissione. Con riferimento al requisito dell'omogeneità, questo non può che essere di tipo teleologico o "funzionale", posto che sotto il profilo dell'oggetto si tratta di decreti eterogenei per definizione, situazione aggravata dalla circostanza in base alla quale ci troviamo di fronte alla «sostanziale inemendabilità» dei decreti-legge, in quanto la seconda Camera a ricevere il testo trasmesso dal primo ramo non dispone mai del tempo necessario per intervenire. Anche in questo caso, quindi, il bicameralismo è stato già ampiamente superato, a tutto vantaggio del Governo. Si consolida così uno spropositato dilagare del potere del governo, a conferma del fatto che non ha alcuna base la pretesa del Governo stesso, ormai onnipotente nell'agenda parlamentare, di ottenere maggiori poteri come quelli conferiti dalla riforma costituzionale in itinere;
nel labirinto di proroghe che abbiamo di fronte, il Governo blocca - talvolta reiteramente - l'applicazione di leggi votate dal Parlamento, con grave lesione delle attribuzioni del Parlamento medesimo. Troviamo riunite nel medesimo provvedimento proroghe in materia di pubbliche amministrazioni (articolo 1), in materia di giustizia (articolo 2), in materia di Ministero del lavoro (articolo 3), in materie di competenza del Ministero dello sviluppo economico (articolo 4), in materie di competenza dei Ministeri dell'interno e della difesa (articolo 5), in materia di beni e attività culturali e di turismo, in materie di competenza del Ministero della salute, in materia di infrastrutture e trasporti (articolo 7), in materie di competenza del Ministero dell'ambiente (articolo 8), in materia economica e finanziaria (articolo 10), eventi emergenziali (articoli 11 e 11-bis). Vi è poi un insieme di articoli finali contenenti proroghe di termini in altre materie, cioè un complesso eterogeneo (che spazia dal Gran Sasso Science Institute, agli enti locali in stato di dissesto finanziario, dal terrorismo internazionale al settore ippico, dalla tracciabilità delle vendite di giornali alla Commissione parlamentare sul sequestro e l'omicidio di Aldo Moro, passando al riconoscimento onorifico per le vittime delle foibe) nell'ambito di un decreto che è già di per sé eterogeneo;
il disegno di legge in esame contiene, in particolare, diverse modalità di proroghe riassumibili in: proroghe relative a disposizioni a carattere temporaneo, proroghe relative a discipline a regime, proroghe e regimi transitori relativi ad adempimenti, proroga di regimi derogatori e proroghe non testuali. Il reiterato differimento di una norma può comprometterne l'efficacia e vanificarne la stessa formale sussistenza nell'ordinamento. A motivo di ciò sarebbe opportuno un ricorso particolarmente rigoroso e limitato allo strumento della decretazione d'urgenza nell'ambito della proroga legislativa, non potendosi ammettere, senza danni per la certezza del diritto, la generalizzata sistematizzazione di uno strumento concepito quale eccezionale rimedio a situazioni dalle quali può derivare concreto pregiudizio ove non si intervenisse sui termini in scadenza. Il presente disegno di legge non appare rispondente, in più parti, a tali stringenti requisiti, configurandosi spesso quale mero e oscuro elenco di automatici rinvii ad altra data di termini legislativi, talvolta differiti senza alcuna adeguata motivazione. Tali rinvii spesso intervengono su disposizioni già ripetutamente prorogate, con l'effetto di rinviarne di fatto sine die l'entrata in vigore, ovvero dispongono, in maniera indifferenziata e per una pluralità di argomenti e tematiche disomogenei, differimenti anche pluriennali - talvolta impropriamente riaprendo termini scaduti da anni con un effetto di reviviscenza incompatibile con il principio tempus regit actum - che mal si attagliano alla natura della decretazione d'urgenza. Basta scorrere il mero elenco dei titoli dell'articolato per osservare come ampi settori delle politiche pubbliche vengono ad essere disciplinati quasi esclusivamente con provvedimenti di urgenza, che si susseguono con continue approssimazioni ed assestamenti in corso d'opera, facendo peraltro perdere a precedenti decreti-legge - vanificati a colpi di successive proroghe - quei requisiti di urgenza e di immediata applicazione invocati per il ricorso stesso alla decretazione nel momento in cui vennero adottati;
è, altresì, opportuno e prioritario richiamare ancora una volta l'attenzione su questioni gravissime di trasparenza e qualità della legislazione, la cui mancata osservanza evidentemente rappresenta ormai un fenomeno che tende, con viva preoccupazione dei giuristi e degli operatori, a diventare normale, ordinario e fisiologico. Lo stesso fatto che il decreto «proroga-termini» sia ormai divenuto una tipologia a sé stante, è suscettibile di determinare surrettiziamente un nuovo parametro formale - la «proroga» - che si consolida nella prassi e giustifica di per sé l'eterogeneità del contenuto senza altra motivazione che non sia il mero decorso del tempo, senza alcuna valutazione delle conseguenze di un simile approccio. Con la continua e reiterata decretazione d'urgenza viene dunque alterato lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento. Non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi; ci si trova, infatti, dinanzi a una sorta di ordinaria attività di normazione sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo. La stessa amministrazione, non rispettando i termini per gli adempimenti di propria spettanza, nell'immediatezza dello scadere ne dispone la proroga con proprio decreto, accrescendo così l'incertezza dei destinatari delle norme circa l'effettiva necessità di conformarsi ai termini scritti nelle leggi, in vista di continui e sistematici rinvii;
preso dunque atto della palese violazione del principio di ragionevolezza, riconducibile all'articolo 3 della Costituzione, dell'articolo 77 della Costituzione, oltreché di numerose sentenze della Corte costituzionale,
delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di non procedere all'esame dell'Atto Senato 2237.
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(*) Sulle proposte di questione pregiudiziale presentate, è stata effettuata, ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, un'unica votazione
Allegato B
Integrazione alla relazione orale del senatore Lucherini sul disegno di legge n. 2237
All'articolo 4, il comma 1 proroga per l'anno 2016 l'applicazione della procedura che attribuisce al prefetto i poteri di impulso e sostitutivi relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio di previsione degli enti locali. Il comma 1-bis consente agli enti locali, anche per l'anno 2016 di utilizzare le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui in essere nonché dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi senza vincoli di destinazione. Il comma 1-ter proroga al 15 giugno 2016 il termine entro cui i rappresentanti legali o i tesorieri dei partiti devono trasmettere alla Commissione di garanzia il rendiconto ed i relativi allegati unitamente al giudizio espresso dalla società di revisione sul rendiconto ed il verbale di approvazione dello stesso.
È stabilito inoltre, al comma 1-quater, che, ai partiti e ai movimenti politici che non ottemperano all'obbligo di trasmissione di tali atti nei termini previsti la Commissione applica la sanzione amministrativa di euro 200.000. Il comma 2 stabilisce che l'adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione degli incendi sia completato entro sei mesi dalla data di adozione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 10-bis del decreto-legge n. 104 del 2013 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016. Il comma 2-bis differisce al 31 dicembre 2016 il termine per l'adeguamento alla normativa antincendio delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto. Il comma 3 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il termine per l'acquisto dell'efficacia delle disposizioni che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare dichiarazioni sostitutive. Il comma 4 proroga al 31 dicembre 2016 i termini - individuati dall'articolo 14, comma 31-ter, del decreto-legge n. 78 del 2010 - entro i quali diventa obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli Comuni. Inoltre, con una modifica introdotta alla Camera dei deputati, i Comuni istituiti per fusione entro il 1° gennaio 2016, sono esonerati dall'obbligo del rispetto delle disposizioni relative alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per gli enti territoriali introdotti dalla legge di stabilità 2016. Per la copertura degli oneri finanziari, pari a 10,6 milioni per il 2016, si utilizzano le disponibilità del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti dalla legislazione vigente, conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali. Il comma 5 proroga di un anno, al 31 dicembre 2016, il termine per l'utilizzo delle risorse disponibili sulle contabilità speciali intestate alle tre province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani. Il comma 6 interviene sulla data di entrata in vigore delle novelle, recate dalla legge n. 177 del 2012, al decreto legislativo n. 81 del 2008, relativamente alla valutazione del rischio dovuto alla presenza di ordigni bellici inesplosi rinvenibili durante le attività di scavo nei cantieri e le attività connesse alla bonifica, da affidare ad imprese specializzate individuate con apposito decreto del Ministro della difesa. Il comma 6-bis reca disposizioni di interesse per le Province e le Città metropolitane per l'anno 2016. Il comma 6-ter, attraverso due modifiche all'articolo 2257 del codice dell'ordinamento militare, prevede la proroga, fino al 31 maggio 2017 del mandato dei componenti in carica del Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare (CoCeR), nonché dei consigli centrali, intermedi e di base dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza. Tale termine era stato da ultimo prorogato al 30 maggio 2012 dall'articolo 8, comma 1, lettera c-bis) del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216; la disposizione in esame prevede altresì la conclusione, entro il 15 luglio 2017, dei procedimenti elettorali per il rinnovo dei consigli di rappresentanza. Il comma 6-quater sposta a! 31 dicembre 2016 la possibilità, per l'Agenzia industrie difesa, di prorogare un terzo dei contratti stipulati ai sensi dell'articolo 143, comma 3, del D.P.R, n. 90 del 2010.
L'articolo 4-bis estende sino al 2017 la vigenza della disciplina in materia di concessione di un contributo ad incremento della massa attiva della gestione liquidatoria degli enti locali in stato di dissesto finanziario.
L'articolo 4-ter proroga di un anno il termine entro il quale il Presidente del Consiglio può richiedere all'autorità giudiziaria competente che i direttori del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) o altro personale dipendente espressamente delegato siano autorizzati ai colloqui con detenuti e internati, al solo fine di acquisire informazioni per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.
L'articolo 4-quater, introdotto dalla Camera, proroga di sei mesi la deroga alle ordinarie modalità di conservazione dei dati telefonici e telematici detenuti dagli operatori dei servizi di telecomunicazione. Le lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 8 prorogano di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2016, rispettivamente il periodo in cui continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti antecedenti alla disciplina del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) e in cui non si applicano le sanzioni relative al sistema medesimo, nonché il termine finale di efficacia del contratto con l'attuale concessionaria del SISTRI. La lettera b-bis) stabilisce che, in ogni caso, all'attuale concessionaria del SISTRI sono corrisposti - a titolo di anticipazione delle somme da versare per l'indennizzo dei costi di produzione e salvo conguaglio - 20 milioni di euro (10 milioni per ciascuno degli anni 2015-2016). II comma 2 proroga di un anno, vale a dire al 1° gennaio 2017, il termine a decorrere dal quale i "vecchi" grandi impianti di combustione devono rispettare i nuovi e più severi limiti di emissione previsti dalla direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali. Il comma 3 proroga di due mesi, cioè fino al 29 febbraio 2016, il termine di entrata in vigore del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti (urbani e speciali) con PCI (potere calorifico inferiore) superiore a 13.000 Kj/Kg.
L'articolo 9 proroga al 30 giugno 2016 l'autorizzazione del dirigente delegato del Ministero per le politiche agricole ad effettuare pagamenti e riscossioni utilizzando il conto di tesoreria dell'ex Agenzia per lo sviluppo del settore ippico.
L'articolo 12, proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, il termine a decorrere dal quale diviene obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici. Inoltre, dispone che il credito d'imposta per sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori del settore sia utilizzabile per l'anno 2016.
L'articolo 12-bis proroga alla fine della legislatura in corso il termine per la conclusione dei lavori della Commissione bicamerale d'inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.
L'articolo 12-ter riapre i termini per la presentazione delle domande da parte dei congiunti delle vittime delle foibe per la concessione di un riconoscimento a titolo onorifico.
L'articolo 12-quater proroga al 31 dicembre 2016 la durata in carica dei componenti del consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti e dei componenti dei consigli regionali.
Con riferimento ai profili attinenti alla Commissione bilancio, l'articolo 3 al comma 1 proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 il divieto di incroci proprietari, che impedisce ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito tv nazionale su qualunque piattaforma, i quali conseguono ricavi superiori all'8 per cento del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) e alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40 per cento dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani, esclusi i quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica. Il comma 2 proroga - dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2017 - il servizio di non interruzione in favore dei grandi consumatori elettrici nelle isole maggiori.
I commi 2-bis e 2-ter intervengono nella disciplina delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale.
Il comma 2-quater proroga dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2016 l'attivazione, da parte delle Regioni e delle Province autonome, di un programma di formazione per gli installatori di impianti a fonti rinnovabili. Il comma 2-quinquies modifica una disposizione della legge di stabilità 2015 relativa al finanziamento dell'emittenza radiotelevisiva locale.
L'articolo 3-bis proroga per un triennio l'operatività della Scuola sperimentale di dottorato internazionale dell'Istituto di Scienze del Gran Sasso (GSSI) a decorrere dall'anno accademico 2013-2014.
All'articolo 5, il comma 1 differisce il termine per la delimitazione dei Distretti turistici da parte delle Regioni, portandolo al 30 giugno 2016. Il comma 1-bis, alla lettera a), interviene sullo svolgimento delle funzioni del direttore generale del Grande progetto Pompei e della struttura di supporto, mentre la lettera b) modifica la data a partire dalla quale il direttore generale del Grande progetto Pompei e le competenze ad esso attribuite dovranno confluire nella Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia che assumerà la denominazione di «Soprintendenza Pompei».
L'articolo 5-bis proroga, per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, il finanziamento di 500.000 euro annui, volto a garantire il funzionamento del Museo tattile statale «Omero».
L'articolo 6, comma 1 proroga la validità dei certificati di addestramento in materia di pronto soccorso dei medesimi lavoratori, rilasciati a oltre cinque anni.
Il comma 2 proroga dal 1° gennaio 2016 al 1° gennaio 2017 il termine per la decorrenza iniziale della futura revisione della remunerazione della filiera distributiva del farmaco.
Il comma 3 dispone la proroga della validità delle tariffe massime di riferimento individuate dal decreto ministeriale 18 ottobre 2012 per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, di riabilitazione e di lungodegenza post-acuzie e di quelle di assistenza specialistica ambulatoriale. La proroga è stabilita dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 per le prestazioni di assistenza ospedaliera e dal 31 dicembre 2015 al 30 settembre 2016 per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Esso dispone inoltre la proroga, fino al 30 settembre 2016, della validità delle tariffe massime di riferimento per la remunerazione da parte del SSN delle prestazioni di assistenza protesica.
Il comma 4 modifica la disciplina di una quota premiale nell'ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale; tale quota è relativa alle Regioni che abbiano istituito una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi, per un volume annuo non inferiore ad un determinato importo, e per quelle che introducano misure idonee a garantire la piena applicazione delle norme in materia di equilibrio di bilancio delle strutture ospedaliere pubbliche.
Il comma 4-bis proroga al 2016, ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario standard delle singole Regioni a statuto ordinario e del conseguente riparto del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, l'applicazione, per tutte le Regioni, dei valori di costo rilevati nelle tre Regioni di riferimento Marche, Umbria e Veneto.
L'articolo 7, comma 1 proroga di sette mesi il termine fino al quale è elevata, dal 10 per cento al 20 per cento, l'anticipazione dell'importo contrattuale in favore dell'appaltatore, per i contratti relativi a lavori, affidati a seguito di gare bandite o di altra procedura di affidamento avviata successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 192 del 2014.
Il comma 1-bis detta una disposizione finalizzata a disciplinare la destinazione delle risorse non sottratte alle Regioni in virtù della disapplicazione delle sanzioni nei confronti delle Regioni che non hanno rispettato, nell'anno 2014, i vincoli del Patto di stabilità interno e che hanno destinato al pagamento dei debiti pregressi risultanti alla data del 31 dicembre 2012 una quota dell'obiettivo del Patto di stabilità superiore al 50 per cento dell'obiettivo stesso.
Il comma 2 proroga di sette mesi i termini previsti dai commi 9-bis e 15-bis dell'articolo 253 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
Il comma 3 proroga di sette mesi la disciplina transitoria di cui all'articolo 189, comma 5, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
Il comma 4 proroga di sette mesi fino al 31 luglio 2016, la possibilità, per i contraenti generali, di documentare l'esistenza dei requisiti a mezzo copia conforme delle attestazioni SOA. A tale fine è novellato l'articolo 357, comma 27, del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici.
Il successivo comma 4-bis prevede la proroga al 31 luglio 2016 del termine per la dimostrazione, da parte dell'impresa, del requisito della cifra di affari realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta; ai fini della qualificazione degli esecutori dei lavori, il periodo di attività documentabile è quello relativo ai migliori cinque anni del decennio antecedente la data di pubblicazione del bando. Il termine prorogato è contenuto al comma 19-bis dell'articolo 357 del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici.
Il comma 5 novella l'articolo 2, comma 3 del decreto-legge n. 40 del 2010, che prevede l'emanazione, entro il 30 giugno 2012, successivamente prorogato ed ora fissato al 31 dicembre 2016, delle disposizioni attuative per impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente.
Il comma 6 differisce, dal 30 giugno 2014 al 31 luglio 2016, il termine entro il quale è prorogata la validità delle autorizzazioni per lo svolgimento dei corsi di formazione per addetti al salvataggio acquatico e per il rilascio dei relativi brevetti. Il comma 7 proroga di un anno il termine per l'entrata in vigore delle disposizioni che sopprimono l'obbligo di pubblicazione sui quotidiani per estratto del bando o dell'avviso per l'affidamento dei contratti pubblici nei settori ordinari, sopra e sotto soglia comunitaria.
I commi 8, 10 e 11 differiscono alcuni termini in materia di edilizia scolastica.
Il comma 9 proroga il contratto di programma parte servizi, stipulato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Rete ferroviaria italiana SpA. (RFI), per il periodo necessario alla stipula del nuovo contratto e comunque non oltre il 31 dicembre 2016. Il comma 9-bis proroga al 30 settembre 2017 l'incarico di Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari. Il comma 9-ter proroga il termine per la predisposizione del piano industriale della società Ferrovie del Sud-Est. Il comma 11-ter proroga al 30 giugno 2016 il termine per la revisione obbligatoria delle macchine agricole soggette ad immatricolazione. Il comma 11-quater differisce al 1° gennaio 2017 l'applicazione delle disposizioni recate dell'articolo 1, comma 866 della legge di stabilità 2016, che istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un fondo finalizzato all'acquisto diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, nonché alla riqualificazione elettrica o al noleggio di mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale.
L'articolo 10, comma 1 proroga, dal 31 dicembre 2015 al 30 giugno 2016, il termine di operatività delle vigenti disposizioni in materia di riscossione delle entrate locali, superando la scadenza a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero dovuto cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei Comuni e delle società da questi ultimi partecipate.
Il comma 1-bis proroga di sei mesi il termine entro il quale devono essere insediate le commissioni censuarie locali e centrale. Il comma 2 proroga al 31 dicembre 2016 il termine entro il quale continuano ad applicarsi, alla produzione combinata di energia elettrica e calore, specifici coefficienti individuati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas necessari a individuare i quantitativi di combustibile. Il comma 2-bis modifica la formulazione della proroga degli incentivi previsti per progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni, non inferiori a 35.000 TEP/anno, il cui periodo di riconoscimento dei certificati bianchi termini entro il 2014.
I commi da 2-ter a 2-sexies dell'articolo 10, definiscono il regime di detraibilità dell'IVA in relazione alle attività svolte dagli organismi di formazione professionale che percepiscono contributi pubblici.
Il comma 3 proroga per l'anno 2016 le norme di contenimento della spesa pubblica che limitano le spese per l'acquisto di mobili e arredi delle amministrazioni pubbliche, delle autorità indipendenti e della CONSOB.
Il comma 4 proroga al 31 dicembre 2016 il termine per l'esercizio dell'attività di consulenza in materia di investimenti da parte dei soggetti che al 31 dicembre 2007 prestavano già tale attività.
Il comma 5 proroga, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, il limite massimo - pari agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, ridotti del 10 per cento - stabilito per la corresponsione di indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità, da parte delle pubbliche amministrazioni ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali, comunque denominati, ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo.
Il comma 6 estende all'anno 2016 il blocco dell'adeguamento automatico dei canoni di locazione passiva per gli immobili condotti dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione. Il comma 6-bis riapre i termini della procedura di trasferimento di beni immobili dallo Stato agli enti territoriali. I commi da 7 a 7-quater recano alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina della riorganizzazione dell'Associazione della Croce Rossa Italiana. Il comma 8 proroga i contratti di garanzia finanziaria stipulati entro il 31 dicembre 2016. Il comma 8-bis proroga per il 2016 l'utilizzo delle somme iscritte in conto residui nel 2015 nel bilancio dello Stato, relative all'applicazione della scissione dei pagamenti per l'IVA. I commi 8-ter e 8-quater prorogano alcune disposizioni di natura contabile che consentono alle amministrazioni statali di esercitare alcune misure di flessibilità nella gestione degli stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato. Il comma 8-quinques proroga fino al 31 dicembre 2016 la disposizione che consente di superare le differenze, sul piano del trattamento retributivo, tra il personale delle diverse sezioni del personale non dirigenziale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Il comma 8-sexies dispone la proroga all'anno 2016 dei limiti massimi stabiliti per il 2015, in attesa del decreto che definisca i medesimi limiti per il 2016.
L'articolo 11 reca proroga termini relativi ad interventi emergenziali. Il comma 1 proroga fino al 31 dicembre 2016 il termine della durata dell'incarico di Commissario delegato per gli interventi di ripristino della viabilità nelle strade statali e provinciali interrotte danneggiate dagli eventi alluvionali del 2013. Il comma 2 dispone una ulteriore proroga del termine per l'entrata in esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili per accedere alle incentivazioni per la produzione di energia nelle zone colpite dal sisma in Emilia Romagna. Il successivo comma 2-bis proroga di due anni, sino al 31 dicembre 2018, il termine di scadenza dello stato di emergenza di alcune Province dell'Emilia Romagna, della Lombardia e del Veneto. Il comma 2-ter proroga fino al 31 dicembre 2018 l'applicazione delle disposizioni secondo cui Fintecna o società da questa interamente controllata assicura alle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto il supporto necessario per le attività tecnico-ingegneristiche. Il comma 3 proroga di un anno l'Unità tecnica-amministrativa (UTA), al fine di completare le attività amministrative, contabili e legali conseguenti alle pregresse gestioni commissariali e di amministrazione straordinaria nell'ambito della gestione dei rifiuti nella regione Campania. Il comma 3-bis differisce di un anno gli effetti dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554 del 2006, che reca disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare la grave situazione di emergenza, determinatasi nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto in provincia di Genova. Il comma 3-ter detta disposizioni finalizzate a garantire lo svolgimento di attività di supporto tecnico ed amministrativo alla Regione Campania per l'attuazione degli interventi di smaltimento. Il comma 3-quater proroga di un anno il termine entro il quale i soggetti colpiti dal sisma del maggio 2012 e da altre calamità in Emilia-Romagna e Veneto possono, dietro relativa domanda, sospendere le rate dei mutui, ipotecari o chirografari, relativi ad abitazioni, distrutte o inagibili, e ad attività economiche. Il comma 3-quinques detta disposizioni finalizzate a consentire la prosecuzione degli interventi di bonifica dei siti inquinati nella Terra dei fuochi.
L'articolo 11-bis proroga di sessanta giorni il termine l'adozione del programma di rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale del comprensorio Bagnoli - Coroglio da parte del Commissario straordinario del Governo.
Congedi e missioni
Sono in congedo i senatori: Anitori, Bubbico, Cassano, Castaldi, Cattaneo, Chiavaroli, Ciampi, Della Vedova, De Pietro, De Poli, D'Onghia, Gentile, Lezzi, Longo Fausto Guilherme, Messina, Mineo, Minniti, Monti, Nencini, Olivero, Pepe, Piano, Pizzetti, Romani Maurizio, Rubbia, Russo, Serra, Vicari e Zavoli.
Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Palermo, per attività della 1ª Commissione permanente; Scilipoti Isgrò, per attività della 13ª Commissione permanente; Buemi, Di Maggio, Giarrusso, Mirabelli, Perrone, Tomaselli e Zizza, per attività della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere; Fabbri, Pelino e Romano, per attività della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; Casson, Crimi, Marton e Stucchi, per attività del Comitato Parlamentare per la sicurezza della Repubblica; Scoma, per attività dell'Assemblea parlamentare dell'Iniziativa Centro Europea (INCE).
Commissioni permanenti, variazioni nella composizione
Il Presidente del Gruppo parlamentare Forza Italia - Il Popolo della Libertà XVII Legislatura, con lettera in data 18 febbraio 2016, ha comunicato le seguenti variazioni nella composizione delle Commissioni permanenti:
8a Commissione permanente: entra a farne parte il senatore Aracri;
11a Commissione permanente: cessa di farne parte il senatore Aracri.
La Presidente del Gruppo parlamentare Conservatori e Riformisti, senatrice Bonfrisco, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha comunicato che cessa di far parte della 3a Commissione permanente ed entra a far parte dell'8a Commissione permanente.
Commissioni permanenti, trasmissione di documenti
In data 18 febbraio 2016, è stata trasmessa alla Presidenza una risoluzione della 8a Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni), approvata nella seduta del 16 febbraio 2016 - ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante regole comuni nel settore dell'aviazione civile, che istituisce un'agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea e che abroga il regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM (2015) 613 definitivo) (Doc. XVIII, n. 105).
Ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, il predetto documento è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati.
In data 17 febbraio 2016, è stata trasmessa alla Presidenza una risoluzione della 1a Commissione permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione), approvata nella seduta pomeridiana del 16 febbraio 2016 - ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento - sull'Atto comunitario n. 64 (Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Agenda europea sulla migrazione" (COM (2015) 240 definitivo) e sui connessi atti comunitari n. 67, n. 68, n. 69, n. 70, n. 78, n. 79, n. 80, n. 81 e n. 82 (Doc. XVIII, n. 106).
Ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, il predetto documento è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati.
In data 19 febbraio 2016, è stata trasmessa alla Presidenza una risoluzione della 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo), approvata nella seduta del 17 febbraio 2016 - ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale (COM (2015) 634 definitivo) (Doc. XVIII, n. 107).
Ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, il predetto documento è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati.
In data 19 febbraio 2016, è stata trasmessa alla Presidenza una risoluzione della 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo), approvata nella seduta del 17 febbraio 2016 - ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita online e di altri tipi di vendita a distanza di beni (COM (2015) 635 definitivo) (Doc. XVIII, n. 108).
Ai sensi dell'articolo 144, comma 2, del Regolamento, il predetto documento è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Camera dei deputati.
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, variazioni nella composizione
Il Presidente del Senato, in data 19 febbraio 2016, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi il senatore Villari, in sostituzione del senatore Mario Ferrara, dimissionario.
Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, trasmissione di documenti
Il Presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, in data 17 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 35, comma 2, e 37, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 124, la relazione annuale sull'attività svolta dal 1° ottobre 2014 al 31 dicembre 2015, approvata dal Comitato medesimo nella seduta del 4 febbraio 2016.
Il predetto documento è stampato e distribuito (Doc. XXXIV, n. 3).
Domande di autorizzazione ai sensi dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, presentazione di relazioni
In data 18 febbraio 2016, a nome della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, il senatore Stefano ha presentato la relazione sulla domanda di autorizzazione all'esecuzione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del senatore Domenico De Siano, emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli nell'ambito di un procedimento penale (Doc. IV, n. 13-A).
Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati
Ministro politiche agricole
Presidente del Consiglio dei ministri
(Governo Letta-I)
Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale (1328-B)
(presentato in data 22/2/2016);
S.1328 approvato dal Senato della Repubblica
C.3119 approvato con modificazioni dalla Camera dei Deputati.
Disegni di legge, annunzio di presentazione
Senatore Buemi Enrico
Istituzione del reddito minimo garantito (2241)
(presentato in data 18/2/2016 );
senatori Romani Maurizio, Bencini Alessandra, Vacciano Giuseppe, Simeoni Ivana, Mussini Maria
Modifiche all'articolo 119 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di accertamento dei requisiti per i soggetti affetti da affezioni cardiovascolari (2242)
(presentato in data 22/2/2016);
senatori Valentini Daniela, Amati Silvana, Granaiola Manuela
Disposizioni in materia di pesca dilettantistica in mare (2243)
(presentato in data 22/2/2016);
senatori Quagliariello Gaetano, Augello Andrea
Disposizioni in materia di riqualificazione e rigenerazione urbana, contrasto al degrado e al disagio urbano, ambientale e sociale, per la promozione di iniziative di inclusione e coesione sociale (2244)
(presentato in data 23/2/2016);
senatori Augello Andrea, Quagliariello Gaetano
Disposizioni in materia di prevenzione, lotta al degrado urbano e per la sicurezza metropolitana (2245)
(presentato in data 23/2/2016);
DDL Costituzionale
senatori Quagliariello Gaetano, Augello Andrea
Modifica dell'articolo 116 della Costituzione in materia di autonomia speciale di Roma Capitale Città Metropolitana (2246)
(presentato in data 23/2/2016).
Disegni di legge, assegnazione
In sede referente
1ª Commissione permanente Affari Costituzionali
Sen. Buemi Enrico, Sen. Longo Fausto Guilherme
Modifiche alla legge 6 maggio 2015, n. 52, nonché delega al Governo per la definizione delle modalità di svolgimento delle prime elezioni della Camera dei deputati successive al 1° luglio 2016 (2206)
previ pareri delle Commissioni 5° (Bilancio)
(assegnato in data 18/02/2016 );
1ª Commissione permanente Affari Costituzionali
Sen. Rossi Luciano ed altri
Modifiche alla normativa per la concessione del porto d'armi e per la collezione di armi comuni da sparo e per uso sportivo (2216)
previ pareri delle Commissioni 2° (Giustizia), 5° (Bilancio), 7° (Istruzione pubblica, beni culturali), 12° (Igiene e sanita'), 14° (Politiche dell'Unione europea), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 18/02/2016 );
1ª Commissione permanente Affari Costituzionali
Sen. Zeller Karl ed altri
Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di competenza legislativa
esclusiva della regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano (2220)
previ pareri delle Commissioni Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 18/02/2016);
2ª Commissione permanente Giustizia
Sen. Albertini Gabriele
Modifica all'articolo 530 del codice di procedura penale, in materia di rimborso delle spese di giudizio (2153)
previ pareri delle Commissioni 1° (Affari Costituzionali), 5° (Bilancio)
(assegnato in data 18/02/2016 );
2ª Commissione permanente Giustizia
Sen. Valdinosi Mara ed altri
Modifiche alla legge 20 giugno 1952, n. 645, sulla produzione, distribuzione, diffusione e vendita di beni mobili raffiguranti immagini o simbologie del disciolto partito fascista (2213)
previ pareri delle Commissioni 1° (Affari Costituzionali), 10° (Industria, commercio, turismo)
(assegnato in data 18/02/2016);
6ª Commissione permanente Finanze e tesoro
Sen. Fravezzi Vittorio
Disposizioni per la digitalizzazione degli accertamenti e delle verifiche fiscali e per l'istituzione del regime premiale dei cd. "Soggetti Fiscalmente Sostenibili" (2141)
previ pareri delle Commissioni 1° (Affari Costituzionali), 2° (Giustizia), 5° (Bilancio), 10° (Industria, commercio, turismo), 11° (Lavoro, previdenza sociale), 14° (Politiche dell'Unione europea)
(assegnato in data 18/02/2016);
7ª Commissione permanente Istruzione pubblica, beni culturali
Sen. Serra Manuela
Modifiche alla legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante Norme per l'edilizia scolastica (2201)
previ pareri delle Commissioni 1° (Affari Costituzionali), 5° (Bilancio), 6° (Finanze e tesoro), 8° (Lavori pubblici, comunicazioni), 13° (Territorio, ambiente, beni ambientali), 14° (Politiche dell'Unione europea), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 18/02/2016);
13ª Commissione permanente Territorio, ambiente, beni ambientali
Sen. Pezzopane Stefania
Interventi urgenti per far fronte al disagio abitativo delle popolazioni colpite dagli eventi calamitosi che hanno interessato il territorio della Regione Abruzzo nei giorni 11, 12, 13 novembre, 1, 2 dicembre 2013 e nei mesi di febbraio e marzo 2015 (2150)
previ pareri delle Commissioni 1° (Affari Costituzionali), 2° (Giustizia), 5° (Bilancio), 7° (Istruzione pubblica, beni culturali), 8° (Lavori pubblici, comunicazioni), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 18/02/2016);
Commissioni 10° e 13° riunite
Sen. Compagnone Giuseppe, Sen. Scavone Antonio
Disposizioni per la regolamentazione delle prospezioni geofisiche con tecnica air gun per la ricerca di idrocarburi in mare (2109)
previ pareri delle Commissioni 1° (Affari Costituzionali), 5° (Bilancio), Commissione parlamentare questioni regionali
(assegnato in data 18/02/2016).
Inchieste parlamentari, annunzio di presentazione di proposte
In data 19 febbraio 2016 è stata presentata la seguente proposta d'inchiesta parlamentare d'iniziativa dei senatori Barani, Amoruso, Auricchio, Bondi, Compagnone, Conti, D'Anna, Falanga, Gambaro, Iurlaro, Langella, Eva Longo, Mazzoni, Milo, Pagnoncelli, Piccinelli, Repetti, Ruvolo, Scavone, Verdini. - "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, con particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori" (Doc. XXII, n. 30).
Inchieste parlamentari, deferimento
E' stata deferita, ai sensi dell'articolo 162, comma 1, del Regolamento, in sede referente, la seguente proposta d'inchiesta parlamentare:
alla 9a Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare):
Donno ed altri. - "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa nei territori della Puglia" (Doc. XXII, n. 29), previ pareri della 1a, della 2a, della 5a e della 13a Commissione permanente.
Indagini conoscitive, annunzio
In data 18 febbraio 2016, la 6a Commissione permanente è stata autorizzata a svolgere, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, un'indagine conoscitiva sulle condizioni del sistema bancario e finanziario italiano e la tutela del risparmio, anche con riferimento alla vigilanza, la risoluzione delle crisi e la garanzia dei depositi europee.
Governo, trasmissione di atti per il parere
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 luglio 2015, n. 114 - lo schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2014/28/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile (n. 269).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stata deferito - in data 19 febbraio 2016 - alla 1a Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 30 marzo 2016. Le Commissioni 2a, 5a 10a e 14a potranno formulare le proprie osservazioni alla Commissione di merito entro il 20 marzo 2016.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 luglio 2015, n. 114 - lo schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311, per l'attuazione della direttiva 2014/29/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di recipienti semplici a pressione (n. 270).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stata deferito - in data 19 febbraio 2016 - alla 10a Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 30 marzo 2016. Le Commissioni 1a, 5a e 14a potranno formulare le proprie osservazioni alla Commissione di merito entro il 20 marzo 2016.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 luglio 2015, n. 114 - lo schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, di attuazione della direttiva 2014/30/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (n. 271).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stata deferito - in data 19 febbraio 2016 - alla 10a Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 30 marzo 2016. Le Commissioni 1a, 5a e 14a potranno formulare le proprie osservazioni alla Commissione di merito entro il 20 marzo 2016.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 luglio 2015, n. 114 - lo schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 29 dicembre 1992, n. 517, per l'attuazione della direttiva 2014/31/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di strumenti per pesare a funzionamento non automatico (n. 272).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stata deferito - in data 19 febbraio 2016 - alla 10a Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 30 marzo 2016. Le Commissioni 1a, 2a, 5a e 14a potranno formulare le proprie osservazioni alla Commissione di merito entro il 20 marzo 2016.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 luglio 2015, n. 114 - lo schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22, per l'attuazione della direttiva 2014/32/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di strumenti di misura, come modificata dalla direttiva 2015/13/UE (n. 273).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stata deferito - in data 19 febbraio 2016 - alla 10a Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 30 marzo 2016. Le Commissioni 1a, 2a, 5a e 14a potranno formulare le proprie osservazioni alla Commissione di merito entro il 20 marzo 2016.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 luglio 2015, n. 114 - lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/34/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva (n. 274).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stata deferito - in data 19 febbraio 2016 - alla 10a Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 30 marzo 2016. Le Commissioni 1a, 2a, 5a e 14a potranno formulare le proprie osservazioni alla Commissione di merito entro il 20 marzo 2016.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 febbraio 2016, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 luglio 2015, n. 114 - lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/35/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (n. 275).
Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è stata deferito - in data 19 febbraio 2016 - alla 10a Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 30 marzo 2016. Le Commissioni 1a, 2a, 5a e 14a potranno formulare le proprie osservazioni alla Commissione di merito entro il 20 marzo 2016.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 17 febbraio 2016, ha trasmesso - per l'acquisizione del parere parlamentare, ai sensi dell'articolo 19, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e dell'articolo 1, comma 334, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - lo schema di decreto ministeriale recante regolamento concernente la revisione dei criteri e dei parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola, a decorrere dall'anno scolastico 2015-2016 (n. 276).
Ai sensi delle predette disposizioni e dell'articolo 139-bis del Regolamento, lo schema di decreto è deferito alla 7a Commissione permanente, che esprimerà il parere entro il termine del 14 marzo 2016. La 5a Commissione potrà formulare le proprie osservazioni alla Commissione di merito entro l'8 marzo 2016.
Governo, trasmissione di atti e documenti
Il Ministro dell'interno, con lettera in data 15 febbraio 2016, ha inviato, ai sensi dell'articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificata dall'articolo 11 della legge 13 febbraio 2001, n. 45, la relazione sui programmi di protezione, sulla loro efficacia e sulle modalità generali di applicazione per coloro che collaborano con la giustizia, riferita al primo semestre 2015.
Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a e alla 2a Commissione permanente (Doc. XCI, n. 7).
Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 11 febbraio 2016, ha inviato, ai sensi dell'articolo 2, comma 169, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la prima relazione concernente le misure adottate e i risultati ottenuti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano ai fini del raggiungimento degli obiettivi di incremento dell'energia prodotta con fonti rinnovabili, aggiornata al 31 dicembre 2015.
Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, primo comma, secondo periodo, del Regolamento, alla 10a e alla 13a Commissione permanente (Doc. CCXXXV, n. 1).
Il Ministro della salute ha inviato, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 23 aprile 2003, n. 89, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 giugno 2003, n. 141, le relazioni sull'attività svolta dalla Fondazione IME (Istituto mediterraneo di ematologia) nell'anno 2012 (Doc. CLXIX, n. 1), nell'anno 2013 (Doc. CLXIX, n. 2) e nell'anno 2014 (Doc. CLXIX, n. 3).
I predetti documenti sono stati trasmessi, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 12a Commissione permanente.
Con lettere in data 11 febbraio 2016 il Ministero dell'interno, in adempimento a quanto previsto dall'articolo 141, comma 6, del decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267, ha comunicato gli estremi dei decreti del Presidente della Repubblica concernente lo scioglimento dei consigli comunali di Alzano Lombardo (Bergamo), Celenza sul Trigno (Chieti), Rasura (Sondrio), Sant'Agata Fossili (Alessandria).
Governo, comunicazione dell'avvio di procedure d'infrazione
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le politiche e gli affari europei, con lettera in data 3 febbraio 2016, ha inviato, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le seguenti comunicazioni concernenti l'avvio di procedure d'infrazione, ai sensi degli articoli 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - notificate il 27 gennaio 2016 - che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni, nonché alla 14a Commissione permanente:
comunicazione relativa alla procedura di infrazione n. 2016/0105, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, concernente la direttiva 2013/50/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2013 recante modifica della direttiva 2004/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, la direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al prospetto da pubblicare per l'oferta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, e la direttiva 2007/14/CE della Commissione, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2004/109/CE - trasmessa alla 6a Commissione permanente (Procedura d'infrazione n. 143)
comunicazione relativa alla procedura di infrazione n. 2016/0106, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, concernente la direttiva 2014/86/UE del Consiglio, dell'8 luglio 2014, recante modifica della direttiva 2011/86/UE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figli e di Stati membri diversi - trasmessa alla 6a Commissione permanente (Procedura d'infrazione n. 144).
Garante del contribuente, trasmissione di atti
Il Garante del contribuente della Sardegna, con lettera in data 17 febbraio 2016, ha inviato, ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la relazione sull'attività svolta dal medesimo Garante nell'anno 2015.
Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 6a Commissione permanente (Atto n. 712).
Corte dei conti, trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti
Il Presidente della Sezione del controllo sugli Enti della Corte dei conti, con lettera in data 9 febbraio 2016, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha inviato le determinazioni e le relative relazioni sulla gestione finanziaria:
dell'Autorità portuale di Ancona, per l'esercizio 2014. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 8a Commissione permanente (Doc. XV, n. 354);
dell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento (INSR), per gli esercizi dal 2013 al 2014. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 7a Commissione permanente (Doc. XV, n. 355);
dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), per gli esercizi dal 2013 al 2014. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 11a Commissione permanente (Doc. XV, n. 356);
dell'Associazione della Croce Rossa Italiana (CRI), per l'esercizio 2014. Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento, alla 5a e alla 12a Commissione permanente (Doc. XV, n. 357).
Corte dei conti, trasmissione di documentazione
Il Presidente della Corte dei conti - Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, con lettera in data 8 febbraio 2016, ha inviato la deliberazione n. 1/2016/G - "Programmazione dei controlli e delle analisi per il triennio 2016-2018 e per l'anno 2016".
La predetta deliberazione è stata trasmessa, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a e alla 5a Commissione permanente (Atto n. 710).
Il Presidente della Sezione del Controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 16 febbraio 2016, ha inviato la determinazione n. 9/2016 relativa al programma dell'attività della Sezione stessa per l'anno 2016.
Il predetto documento è stato trasmesso, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 1a e alla 5a Commissione permanente (Atto n. 711).
Assemblea parlamentare della NATO, trasmissione di documenti
Il Segretario Generale dell'Assemblea parlamentare della NATO, con lettera in data 26 ottobre 2015, ha inviato il testo di una dichiarazione e otto risoluzioni, approvate da quel consesso nel corso delle Sessioni plenarie svoltesi a Budapest il 18 maggio 2015 e a Stavanger il 12 ottobre 2015:
dichiarazione n. 419 su «Allargamento della NATO » (Doc. XII-quater, n. 19);
risoluzione n. 420 su «Contrastare la minaccia in evoluzione del terrorismo» (Doc. XII-quater, n. 20);
risoluzione n. 421 su «Contrastare le campagne di propaganda e disinformazione della Russia» (Doc. XII-quater, n. 21);
risoluzione n. 422 su «Solidarietà con l'Ucraina» (Doc. XII-quater, n. 22);
risoluzione n. 423 su «Mantenere il sostegno alle iniziative del Vertice del Galles» (Doc. XII-quater, n. 23);
risoluzione n. 424 su «Le sanzioni economiche contro la Russia» (Doc. XII-quater, n. 24);
risoluzione n. 425 su «Una risposta urgente, esaustiva e unitaria alle crisi in Medio Oriente e Nord Africa (regione Mena)» (Doc. XII-quater, n. 25);
risoluzione n. 426 su «Rafforzamento della sicurezza e della stabilità mediante le politiche della porta aperta e di partenariato della NATO» (Doc. XII-quater, n. 26);
risoluzione n. 427 su «Cambiamento climatico e sicurezza internazionale» (Doc. XII-quater, n. 27).
I predetti documenti sono stati trasmessi, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, alla 3a e alla 4a Commissione permanente.
Interpellanze, apposizione di nuove firme
La senatrice Mussini ha aggiunto la propria firma all'interpellanza 2-00353 del senatore Uras ed altri.
Interrogazioni, apposizione di nuove firme
La senatrice De Petris ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 3-02582 del senatore Bocchino ed altri.
La senatrice Catalfo ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-05285 della senatrice Donno ed altri.
I senatori Santangelo, Morra, Mangili e Moronese hanno aggiunto la propria firma all'interrogazione 4-05308 della senatrice Bertorotta ed altri.
Mozioni
CARDIELLO, Paolo ROMANI, FLORIS, SERAFINI, MALAN, PELINO, GIRO, SIBILIA, FASANO, DE SIANO, PICCINELLI, RAZZI - Il Senato,
premesso che:
è fondamentale per il figlio, o i figli, il diritto ad avere rapporti affettivi stabili e duraturi con entrambe le figure genitoriali, anche nel caso di separazione o di divorzio, affinché possa, o possano, crescere con l'affetto del padre e della madre, titolari entrambi dei diritti di genitorialità;
in particolare, con riferimento ai minori di età, è necessario evitare che uno dei titolari della responsabilità genitoriale possa, conformemente ad una sua decisione, non comunicata o non condivisa, decidere il luogo di residenza del minore di età, senza il consenso dell'altro titolare della responsabilità genitoriale, cioè è necessario far sì che un genitore non possa illegittimamente allontanarsi dal luogo di residenza abituale con il figlio o i figli, per vivere in un luogo, anche estero, non noto all'altro genitore;
non è venuta infatti meno la necessità di proteggere il minore dagli effetti nocivi derivanti da un suo illegittimo trasferimento, o trattenimento, all'estero e di assicurare il suo tempestivo rientro nello Stato di residenza abituale, fatto salvo che il suo rientro non lo esponga a situazioni intollerabili o pericolose e lo danneggi;
la sottrazione internazionale del minore è un fenomeno, che negli anni, ha subito una crescita costante, come i dati elaborati dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia dimostrano, anche in forza del maggior numero di convivenze o matrimoni tra coppie, in cui uno dei due soggetti è straniero;
tale sottrazione illegittima si configura come un sequestro di persona, aggravato dal fatto che il soggetto passivo è in una situazione di minorata difesa per la minore età, e l'atto pregiudica, non solamente la serenità della prole, ma arreca preoccupazione e sofferenza a chi il minore è sottratto;
la Convenzione de L'Aja del 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 64 del 1994, che ha come obiettivo il ritorno (restituzione) del minore nello Stato di residenza abituale, è l'unico strumento giuridico di cui è possibile avvalersi in questi casi per salvaguardare l'interesse del minore;
il sistema operativo della Convenzione si poggia sulle cosiddette Autorità centrali, le quali, in ogni Stato contraente, sono incaricate di adempiere agli obblighi imposti dalla Convenzione e di collaborare tra loro per garantirne l'attuazione. Per l'Italia, il ruolo di Autorità centrale è svolto dal Ministero della giustizia, Dipartimento per la giustizia minorile, al cui interno è stato istituito l'ufficio II - Autorità centrali convenzionali;
tra i compiti delle Autorità centrali vi è la localizzazione di un minore illecitamente trasferito o trattenuto; lo sforzo di assicurarne la consegna volontaria, o agevolare una composizione amichevole; lo scambio di informazioni relative alla situazione sociale del minore; l'avvio delle procedure giudiziarie o amministrative, dirette ad ottenere il rientro del minore e, se del caso, consentire l'organizzazione o l'esercizio effettivo del diritto di visita; organizzare la predisposizione, a livello amministrativo, delle necessarie misure per assicurare, qualora richiesto dalle circostanze, il rientro del minore in condizioni di sicurezza. L'intervento di tali Autorità consente, inoltre, di garantire la gratuità del procedimento per la parte "vittima" della sottrazione;
l'osservazione dell'evolversi negli anni della problematica dimostra che il notevole impegno dimostrato sino ad oggi dal Dipartimento per la giustizia minorile non sia sufficiente a risolvere favorevolmente le denunce di sottrazione di minori, molte delle quali si trascinano oramai da anni. Vi è quindi la necessità di individuare uno nuovo strumento operativo in grado di agire con maggiore incisività nel momento in cui si rapporta con i Governi di Stati esteri,
impegna il Governo ad attivarsi per una risoluzione del problema, attraverso l'istituzione di una unità di crisi presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, o di un organismo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con la finalità di esaminare e valutare le denunce pervenute di minori illecitamente sottratti o trattenuti all'estero, nonché di predisporre, in accordo con il Ministero della giustizia e dell'interno (e degli affari esteri e della cooperazione internazionale in caso di organismo da istituirsi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri), azioni funzionali all'individuazione del minore sottratto e ad ottenere dalle autorità del Paese estero il suo rientro in Italia, a meno che non vi siano elementi oggettivi, e non presunti, che, esaminati, dimostrino, nell'interesse del minore, che il rientro in Italia lo danneggerebbe.
(1-00521)
Interpellanze
CENTINAIO, DIVINA - Al Ministro dell'interno - Premesso che, per quanto risulta agli interpellanti:
a Trento si sta assistendo al caso più emblematico di accoglienza: sono stati avviati nelle strutture trentine di ospitalità per immigrati alcuni giovani provenienti dal Gambia, richiedenti asilo, i quali sono stati assistiti, ospitati, curati e sfamati;
proprio in questi giorni si apprende che tali giovani avrebbero messo in piedi una rete di traffici di stupefacenti e di riciclaggio di denaro, una vera e propria organizzazione criminale;
da fonti ufficiali si apprende che, relativamente al Gambia, delle 5.804 domande esaminate nei primi 2 mesi del 2015 (che non corrispondono agli arrivi, data la lentezza burocratica delle commissioni) deputate solo a 428 persone (il 7 per cento) è stato concesso lo status di rifugiato, a 1.143 la protezione sussidiaria (20 per cento), a 1.292 il permesso per motivi umanitari (22,5 per cento) ed a 2.799 il diniego (48,5 per cento);
chi scappa dal Gambia, per molte delle commissioni territoriali che "analizzano" e decidono sulla concessione della protezione, è considerato "solo" un migrante economico, escluse rare eccezioni;
questi dati sono conosciuti dal Ministero dell'interno e, malgrado ciò, il Governo sta a parere degli interpellanti inopportunamente tentando in tutti i modi di eliminare il reato di immigrazione clandestina che, aggiunto ad altri reati commessi sul nostro territorio, consentirebbe un rimpatrio forzoso e rapido a coloro che nulla hanno a che fare con l'ospitalità di tipo umanitario,
si chiede di sapere:
quali siano i motivi per cui vengono distribuite sul territorio italiano persone che non sembrano possedere alcun titolo per rimanere in Italia;
per quale motivo non si provveda alla immediata espulsione di soggetti, come quelli in questione, che pregiudicano gravemente la sicurezza del nostro Paese.
(2-00355p. a.)
AMATI, CIRINNA', GRANAIOLA, VALENTINI - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per gli affari regionali e le autonomie - Premesso che:
è stata riportata con ampio risalto di stampa l'imminente emanazione dello schema di norma di attuazione dello statuto speciale recante modifica del decreto del Presidente della Repubblica n. 279 del 1974, "Norme di attuazione dello Statuto Speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di minime proprietà colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste", in materia di prelievo venatorio;
in tale provvedimento, curato dalla Commissione dei Dodici, verrebbe contemplata la facoltà da parte delle Province autonome di Trento e Bolzano di esercitare la deroga di caccia su specie di fauna selvatica protetta, senza alcuna limitazione e con la semplice facoltà da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di pronunciarsi in contrasto con le decisioni locali, entro 30 giorni dalla loro adozione, condizioni che configurano un vero silenzio-assenso da parte dello Stato;
il regime di deroga dovrebbe interessare in primo luogo la specie marmotta, ma nessuna specie, anche rara, potrebbe esserne teoricamente esclusa;
nel corso del tempo numerosi sono stati i tentativi di abbattere le marmotte da parte delle Province, tentativi tutti impugnati dalle associazioni animaliste e ambientaliste, e respinti dal Tar. Analogamente è avvenuto per i provvedimenti adottati dagli amministratori locali contro faina, tasso e stambecco;
come è noto, sulla base della Carta costituzionale, nonché dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte costituzionale, come pure dalla legge n. 157 del 1992 in materia di tutela della fauna e regolamentazione del prelievo venatorio, le specie non ricomprese nell'elenco delle specie cacciabili, di cui all'art. 18, sono da considerarsi "protette", e quindi non cacciabili. A molte è inoltre riconosciuto il regime di protezione speciale dalle convenzioni internazionali e dalle norme comunitarie: in particolare, la Convenzione di Berna del 1979, recante "Convenzione sulla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa", ratificata dall'Italia con legge n. 503 del 1981 e la direttiva 92/43/CEE, nota come direttiva "Habitat", ed il suo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e successive modifiche;
in virtù di tali principi, nel corso degli anni, il Tribunale amministrativo di Bolzano ha più volte ribadito l'illegittimità di provvedimenti della Provincia che autorizzavano la "caccia in deroga " a specie protette, in considerazione e applicazione di tali norme;
la Corte costituzionale ha ribadito la competenza esclusiva del legislatore statale, in quanto responsabile dell'attuazione ed applicazione della normativa comunitaria. Essa ha riconosciuto il valore di "riforma economico-sociale" della legge n. 157 del 1992, che è vincolante anche per le Regioni a statuto speciale;
i pronunciamenti della Corte sono numerosi, inequivocabili, univoci. Tra le altre, si ricorda la sentenza 4 luglio 2003, n. 227, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della Provincia autonoma di Trento n. 24 del 1991, nella parte in cui prevedeva specie cacciabili e periodi di caccia diversi e più ampi di quelli previsti dall'art. 18 della legge n. 157 del 1992;
la legge quadro n. 157 rappresenta il recepimento delle direttive dell'Unione europea in materia di conservazione degli uccelli selvatici (direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE, 91/244/CEE), della Convenzione internazionale di Parigi per la protezione degli uccelli e della Convenzione di Berna, relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa;
il principio fondamentale della legge n. 157 del 1992 è rappresentato da quanto sancisce l'articolo 1: "La fauna selvatica appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale";
lo schema di norma di attuazione dello statuto speciale, relativo alla materia venatoria, oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, porrebbe con tutta evidenza il paradosso di una violazione da parte dello Stato dei principi statali stessi, che da tempo sono entrati nell'ordinamento nazionale, in recepimento e attuazione del diritto comunitario e internazionale per la salvaguardia dell'ambiente; tale "deroga" dello Stato avverrebbe in assenza di qualunque legge ordinaria approvata in sede parlamentare;
il testo di cui parlano ampiamente gli organi di informazione sembrerebbe, inoltre, stabilire l'autentico stravolgimento degli articoli 19 e 19-bis della legge statale n. 157 del 1992, sottraendo le Province autonome ai vincoli posti dalla normativa quadro, al fine di tutelare il patrimonio di fauna, bene indisponibile dello Stato;
né si può tacere l'improponibilità del principio del silenzio-assenso, cui ricorrerebbero le Province autonome, inapplicabile e inaccettabile in materia di convenzioni internazionali sulla tutela dell'ambiente e delle risorse naturali, nonché di diritto comunitario,
si chiede di sapere:
se ai Ministri in indirizzo risulti che l'emanando schema di norma di attuazione dello statuto speciale recante modifica del decreto del Presidente della Repubblica n. 279 del 1974, in materia di prelievo venatorio, contenga quanto riportato in premessa;
nel caso ciò risultasse vero, se non ritengano di dover intervenire, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, con la massima sollecitudine per scongiurare l'approvazione di un provvedimento che a parere degli interpellanti presenta ampi profili di incostituzionalità e di violazione del diritto comunitario e internazionale e che sta suscitando forte allarme nell'opinione pubblica.
(2-00356)
MANCONI - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:
dai 19 al 21 aprile 2016 si terrà a New York la sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulle sostanze stupefacenti (UNGASS 2016);
dal 14 al 22 marzo 2016 si terrà a Vienna la 59ª sessione della Commissione droghe dell'ONU (CND), che prevede il 16 marzo una sezione dei lavori dedicata alla preparazione dell'UNGASS;
tale sessione speciale dell'Assemblea generale è stata anticipata rispetto alla scadenza naturale del 2019 dopo l'urgente appello di un gruppo di Paesi latino-americani, secondo cui "gli indirizzi di politiche globali sulla droga sin qui seguite necessitano di una revisione immediata" e che le Nazioni Unite devono ''guidare una revisione approfondita delle politiche che prenda in esame tutte le possibili opzioni e alternative alle attuali politiche";
il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon ha invitato gli Stati membri ad impegnarsi affinché UNGASS 2016 diventi l'occasione per un dibattito "onesto e a tutto campo" sulle politiche globali sulle droghe;
le organizzazioni non governative a livello internazionale hanno chiesto agli Stati membri e alla CND di coinvolgere la società civile nel processo verso l'UNGASS, così come le altre agenzie ONU interessate alla problematica della droga (UNAIDS; WHO; UNDP), e non solo l'Agenzia sulle droghe e il crimine (UNODC);
le stesse organizzazioni hanno prodotto importanti documenti sulle questioni da discutere e sul processo di elaborazione dei documenti da approvare a New York; si segnala quello redatto dal Civil society forum on drugs, l'organismo di dialogo fra la società civile e la Commissione europea;
considerato che:
un gruppo rappresentativo di organizzazioni non governative italiane, riunite nel "cartello di Genova", nel settembre 2015, ha inviato una lettera aperta al Governo italiano per chiedere che l'Italia mantenga un dialogo aperto sulle diverse sperimentazioni e innovazioni che si stanno svolgendo in molte parti del mondo sul rapporto fra politiche delle droghe, il rispetto dei diritti umani e sui risultati e le conseguenze negative dell'approccio penale, battendosi per il rispetto del principio di proporzionalità delle pene, per la decriminalizzazione dell'uso personale e per un riequilibrio delle politiche, dando priorità alla salute e incrementando la riduzione del danno;
veniva, inoltre, richiesto al Governo di presentare in sede internazionale un proprio contributo sugli effetti della legislazione antidroga, basandosi proprio sull'esperienza italiana che ha dato modo di testare quanto l'inasprimento repressivo contenuto nella legge "Fini-Giovanardi" (decreto-legge n. 272 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2006), dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale nel 2014, sia stato causa di sovraffollamento carcerario;
lo stesso "cartello di Genova", durante un meeting nazionale di 2 giorni nel novembre 2015 a Milano, ha rinnovato pubblicamente al Governo italiano le sue richieste, chiedendo, in particolare, che il Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri si faccia promotore di un incontro di consultazione delle organizzazioni non governative italiane, con la presenza delle rappresentanze di tutti i ministeri e delegazioni diplomatiche interessate;
considerato, inoltre, che:
il processo di preparazione di UNGASS e di negoziazione dei documenti finali che saranno approvati all'assemblea generale di New York sta procedendo, a parere dell'interpellante, in modo insoddisfacente. Il 14 gennaio 2016 lo UNGASS board, incaricato dalla CND di supervisionare la preparazione dell'Assemblea, ha licenziato una bozza del documento base finale (la cosiddetta zero draft), chiedendo che i negoziati sulla bozza si svolgano in incontri "informali", ossia chiusi e non verbalizzati, e che si concludano entro il 16 marzo, ovvero prima dell'inizio del segmento dedicato all'UNGASS della CND;
la procedura indicata dall'UNGASS board non rispecchia la richiesta di apertura e di coinvolgimento più volte sollecitata ed esclude, oltre agli Stati membri che non hanno una rappresentanza permanente a Vienna (ben 70), anche le altre agenzie ONU e la società civile, nelle sue varie articolazioni;
i contenuti del documento base finale (zero draft), inoltre, non rispecchiano l'urgenza che ha portato a convocare UNGASS 2016, non affrontano una valutazione delle politiche sin qui seguite, non stabiliscono chiare priorità (in specifico, la protezione della salute e dei diritti umani) in rapporto all'insieme dei trattati e delle dichiarazioni delle Nazioni Unite, e neppure fanno riferimento a obiettivi stabiliti da altre agenzie ONU e da altre assemblee generali, segnatamente riguardo il contrasto all'infezione da HIV,
si chiede di sapere:
se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga opportuno che la rappresentanza italiana a Vienna adotti tutte le iniziative necessarie a far sì che nel processo di preparazione di UNGASS 2016 venga mantenuta la massima apertura a partire dalla negoziazione intorno allo "zero draft" e per far sì che la dichiarazione finale rimanga aperta fino alla fine della CND e che venga discussa in incontri aperti, tenendo in considerazione i contributi della società civile e di altre agenzie ONU; è, inoltre, opportuno che il dibattito e i negoziati continuino fino al momento dell'Assemblea generale, per far sì che le bozze di documenti preparati dalla CND possano essere non solo adottati, ma anche modificali ed integrati;
se non ritenga necessario recepire e riportare in sede di negoziati sullo zero draft i documenti redatti dalle organizzazioni internazionali non governative, in particolare il documento redatto dalla Civil society forum on drugs, organismo di dialogo fra la società civile e la Commissione europea;
se non ritenga opportuno attivarsi in sede di negoziato, affinché il documento finale di UNGASS includa i temi da tempo posti dal cartello di Genova e dalla rete di organizzazioni non governative internazionali International drug policy consortium (IDPC), in particolare: la definizione della struttura del documento finale secondo 5 "pilastri" (salute, diritti umani, approccio penale, sviluppo, nuove sfide), lo sviluppo della riduzione del danno, la piena disponibilità delle sostanze ad uso medico, il riconoscimento del principio della proporzionalità delle pene, la riforma della giustizia penale (decriminalizzando l'uso personale e promuovendo le alternative al carcere), lo sviluppo socioeconomico dei Paesi produttori, l'istituzione di un gruppo tecnico per rivedere gli obiettivi generali del sistema di controllo internazionale e l'istituzione di un gruppo di esperti per analizzare le sperimentazioni in corso in singoli Stati membri in rapporto all'architettura delle convenzioni Internazionali sulle droghe;
infine, se non ritenga opportuno, utile e necessario promuovere con la massima urgenza, visto l'ormai imminente svolgimento della 59ª sessione della CND, una giornata di consultazione con le organizzazioni non governative italiane con la presenza delle rappresentanze di tutti i ministeri e delegazioni diplomatiche interessati.
(2-00357)
VACCIANO, MUSSINI, MOLINARI, SIMEONI, Gianluca ROSSI, BUEMI, ORELLANA, LIUZZI, FUCKSIA, BENCINI, BIGNAMI, Maurizio ROMANI, SCALIA, MONTEVECCHI, GAETTI, BELLOT, MUNERATO, Mauro Maria MARINO, PEPE, BOTTICI, BATTISTA, DE PETRIS - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:
è a conoscenza degli interroganti che, all'interno dei caveau della succursale romana di via dei Mille della Banca d'Italia, sono conservati 419 plichi contenenti beni di diversa natura e provenienza, divenuti proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze dopo esser stati oggetto di sequestri fiscali o per l'impossibilità, a distanza di anni, di individuare i legittimi proprietari;
col trasferimento nel 1999 del servizio di tesoreria dello Stato dal Ministero alla Banca d'Italia, tali depositi (suddivisi in oltre 2.087 bisacce di dimensioni che variano da 2 a 50 litri) giacciono nei sotterranei della succursale della banca centrale nazionale senza alcuna prospettiva o progetto di ottimizzazione che li riguardi. Per la precisione, nel 2005 il Ministero designò un gruppo di lavoro interistituzionale, costituito da rappresentanti della Banca d'Italia, del Ministero stesso e del Ministero per i beni e le attività culturali, al quale fu affidato l'incarico di attuare una ricognizione puntuale al fine di accertarne il contenuto e catalogarlo in maniera più dettagliata, con l'auspicio di dare una più idonea collocazione agli oggetti con maggiore rilevanza storica o artistica. Il lavoro di inventario portato avanti per 30 sessioni, tra il giugno 2005 e il luglio 2006, ha riguardato l'esplorazione di una parte dei plichi, precisamente 59 su 419. L'attenzione del gruppo di lavoro si è concentrata maggiormente su 35 depositi in particolare che presentavano un rilevante valore storico-culturale, informazione desunta da indicazioni approssimative allegate ad alcuni plichi; risulta invece che il contenuto di 50 depositi non sottoposti a ricognizione non sia accompagnato da alcuna descrizione, quindi il contenuto rimane sconosciuto anche alla Banca d'Italia. Gli interroganti, tuttavia, sono a conoscenza che la Ragioneria generale dello Stato, Dipartimento ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, sia in possesso di dossier relativi al contenuto di tutti i plichi;
durante l'attività dell'intergruppo, i delegati alla catalogazione hanno pensato di suddividere idealmente i reperti visionati in raggruppamenti tematici, con lo scopo di facilitare la percezione della loro importanza storica in occasione della presentazione dell'attività di ricognizione avvenuta presso la filiale di via dei Mille nel 2007. Tali categorie sono state individuate semplicemente sulla base delle vicende che hanno impresso ai cimeli la rilevanza storica che li rende preziosi. Pertanto, i diversi macro-gruppi tematici che ne sono derivati sono i seguenti: beni sequestrati a Mussolini durante la fuga dall'Italia, cimeli di gerarchi fascisti arrestati durante la loro fuga, oggetti lasciati dai Savoia all'interno del palazzo del Quirinale, oro donato alla patria, beni appartenuti ai prigionieri di guerra e alla comunità italiana di Salonicco, corpi di reato, effetti personali rinvenuti tra le macerie del terremoto di Reggio Calabria del 1908;
a titolo di esempio, alcuni sacchi contengono banconote di nazionalità diverse, insegne smaltate, placchette in avorio, monili, moschettoni, pezzi di argenteria, posate, gemme e rubini, bottoni in oro, collier, spille, scudetti, orologi di pregio. Tra i beni appartenuti ai gerarchi fascisti si annovera anche una decorazione in argento e smalto intitolata a Manuel Carlos de Céspedes, padre della patria cubana e protagonista della lotta contro gli spagnoli nel XIX secolo, e anche una macchina da scrivere "Olivetti studio 42". Mussolini, nella corsa alla frontiera, portava con sé diverse onorificenze militari e cavalleresche e attestati di vari Paesi; il celebre collare dell'ordine supremo della Santissima Annunziata, la massima onorificenza di casa Savoia, il cui conferimento assicurava l'adesione all'omonimo ordine cavalleresco, non riconosciuto dalla Repubblica italiana, tra i più antichi e longevi d'Europa, fondato da Amedeo VI, il "conte Verde", nel 1362. Tra beni riferibili alla casa Savoia sono rimaste soprattutto rare collezioni di argenti, su cui è impresso il sigillo, lo stemma con il nodo del casato, nonché candelieri, portasigarette, astucci, imponenti servizi da tavola, numerosissimi vassoi. Nel gruppo "corpi di reato" sono inseriti oggetti in oro e argento, orologi di marca, lingotti d'oro e di platino, brillanti e rubini e altro materiale di valore sequestrato su disposizione dell'autorità giudiziaria e valutaria nel periodo 1943-1945. Sono stati censiti titoli azionari della costruenda "Baghdadbahn", la ferrovia Berlino-Costantinopoli-Baghdad, impresa ambiziosa maturata nell'ultimo scorcio dell'800 per collegare il mare del Nord con il golfo Persico; altri documenti, racchiusi in diversi plichi, riguardano quote del "prestito Morgan", dal nome della dinastia statunitense che ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'allora nascente industria americana; è stato recuperato e catalogato il certificato di sottoscrizione, datato 1945, dell'Italia al capitale della nascente BIRS, la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo costituita a seguito dell'entrata in vigore degli accordi di Bretton Woods (anno 1944). Durante il vero e proprio lavoro di catalogazione non è neanche stato stimato il reale valore corrente di molti dei cimeli, come per le numerose pietre preziose rinvenute, a causa della difficoltà creata dalle procedure di accesso ai caveau della Banca d'Italia ad eventuali esperti, poiché, nonostante la lodevole iniziativa, nei locali sotterranei corazzati vigono comunque stringenti procedure di sicurezza;
a seguito del completamento dell'opera di classificazione di tutti gli oggetti contenuti nei 419 plichi, avrebbe dovuto attuarsi una seconda fase, ossia lo svincolo dal deposito dei beni che presentavano un valore estrinseco maggiore di quello storico, rendendo così possibile la loro alienazione. Infatti, è a conoscenza degli interroganti che l'Agenzia del demanio, al momento della costituzione del gruppo, avrebbe richiesto l'inserimento di propri funzionari nell'organico della squadra interistituzionale proprio per favorire la vendita dei beni dallo scarso valore storico-artistico intrinseco;
successivamente, gli avvicendamenti politici dell'Esecutivo e dei vertici delle ragionerie generali, ma soprattutto il pensionamento della dirigente del Ministero dell'economia che ha fortemente promosso questo progetto hanno determinato il congelamento, o peggio, l'estinzione dell'iniziativa. L'attività di ricognizione per essere realizzata ha bisogno della determinazione di ciascuna istituzione, della collaborazione tra le stesse, data la commistione di competenze ministeriali che tale catalogazione richiede;
considerato che:
in questa circostanza la Banca d'Italia come istituzione ha il solo dovere di custodia dei beni, perciò non può disporre né avanzare richieste in merito al contenuto dei plichi o sul loro potenziale utilizzo;
è necessaria la volontà del Ministero dell'economia per qualsiasi tipo di azione, che sia l'apertura, la ricognizione, la catalogazione, l'eventuale fruibilità espositoria o la possibilità di monetizzazione. Di fatti, molti dei depositi possiedono un elevato valore storico-artistico, mentre altri presentano profili quantificabili economicamente (ad esempio numismatici) che potrebbero esser messi a disposizione della collettività attraverso lo svincolo del bene dalla stasi in cui è costretto per essere, infine, monetizzato;
in periodi storici come quello attuale, per ottimizzare risorse proprie dello Stato è indispensabile conoscere con esattezza ciò di cui si dispone, perché sia possibile, da una parte, ricollocare i beni con spiccato valore espositivo dando luogo a mostre ed esposizioni per restituire alla cittadinanza beni che le appartengono; dall'altra, cercare di recuperare fondi da investire su progetti precisi senza intaccare il patrimonio pubblico, è lo scopo che un Governo responsabile dovrebbe porsi,
si chiede di sapere:
quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda assumere per garantire il completamento dell'inventario relativo ai 419 plichi custoditi nella succursale della Banca d'Italia di via dei Mille a Roma;
se, di concerto con altri ministeri competenti, una volta avviato l'iter di ricognizione, intenda individuare una o più sedi espositive interessando poli universitari per quanto concerne la valorizzazione di tali beni nazionali;
quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere per alienare il materiale privo di rilevante valore storico-culturale e, comunque, verso cui nessuna istituzione pubblica mostri interesse.
(2-00358)
Interrogazioni
PUPPATO, DE PIN, CONTE, DALLA TOR - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:
la direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio prevede la promozione dell'uso di energia elettrica da fonti rinnovabili;
la Comunicazione 2014/C 200/01 della Commissione europea, recante "Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020" regola le condizioni secondo le quali gli Stati membri possono aiutare il mercato interno, al fine di raggiungere gli obiettivi di abbattimento dell'inquinamento;
l'Italia ha aderito, con sottoscrizione avvenuta a Parigi il 12 dicembre 2015, all'accordo nell'ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nel quale le parti hanno raggiunto un'intesa sui cambiamenti climatici, universale e giuridicamente vincolante;
considerato che per quanto risulta agli interroganti:
nel territorio comunale di Paese (Treviso) la Cortus Energy Italy ha presentato il 26 gennaio 2015 un'istanza per la costruzione di un impianto di pirogassificazione da biomasse, che diverrebbe, una volta costruito, il più grande dell'intero territorio italiano, di potenza elettrica di 4,148 MW e di potenza termica di 17,200 MW;
tale impianto è un prototipo di cui non vi sono precedenti in funzione e non è quindi possibile predisporre un record storico delle prestazioni in termini di emissioni;
considerato, inoltre, che:
l'area comunale di Paese è una zona altamente inquinata e le amministrazioni comunali di Paese e dei comuni limitrofi, compresa la confinante città di Treviso, che ha avuto più volte in questo periodo il record nazionale di polveri sottili per metro quadrato d'aria, hanno dovuto limitare la circolazione degli autoveicoli e produrre ordinanze per la tutela della salute con la richiesta rivolta ai cittadini di limitare l'uso del riscaldamento domestico;
da una stima risulterebbe che per la costruzione dell'impianto in questione saranno in circolazione 72 mezzi pesanti alla settimana, con un'ulteriore immissione di sostanze nocive nell'atmosfera;
nell'area è attualmente concentrato il più alto numero di cave e discariche del Veneto, pari al 9 per cento della superficie agricola; in particolare, nel solo territorio comunale di Paese, sono presenti 29 cave, 12 discariche, 5 elettrodotti ed un corridoio aereo, che lo attraversa;
dunque, la costruzione dell'impianto di pirogassificazione, comportando un aumento della quantità di emissioni nell'aria, non farebbe che compromettere ulteriormente la salubrità dell'aria e del terreno di un'area già in forte sofferenza, con gravi e pericolose ricadute sulla qualità dell'ambiente e sulla salute dei cittadini;
i sindaci dei comuni di Paese, Istrana, Morgano, Ponzano Veneto, Quinto di Treviso, Trevignano, Treviso e Volpago del Montello, hanno inviato una lettera ai rappresentanti del territorio del Parlamento europeo, del Parlamento nazionale e del Consiglio regionale per chiedere loro di attivarsi, a tutela della qualità e della salubrità dell'area;
l'associazione "Paeseambiente" ha raccolto oltre 5.000 firme di cittadini, contrari alla costruzione dell'impianto,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza del grave impatto che la costruzione dell'impianto di pirogassificazione previsto da Cortus Energy Italy avrebbe sul territorio comunale di Paese e quali siano le sue valutazioni in merito;
se risulti che l'azienda promotrice sia in grado di garantire nel tempo la qualità dell'impianto;
se non ritenga che la specificità del contesto comunale di Paese, con i suoi molteplici problemi territoriali, dovuti principalmente alla presenza di cave e discariche e alla sua collocazione geografica in un'area ad alto tasso "naturale" di inquinamento dell'aria, esiga un'analisi supplementare e una più attenta valutazione da parte del Ministero, finalizzata alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente;
se non ritenga necessario intervenire sul sistema di autorizzazione ed incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili, prevedendo criteri più stringenti per la VIA (valutazione di impatto ambientale) e per l'accesso agli incentivi, che tengano conto delle valutazioni sulla zona di insediamento soprattutto per la costruzione di impianti di grande dimensione di biomasse e pirogassificatori.
(3-02593)
CAMPANELLA, BOCCHINO - Al Ministro della salute - Premesso che:
il pomeriggio del 17 febbraio 2016 una donna cingalese, alla 34a settimana di gestazione, è arrivata al pronto soccorso di Lipari (Messina), accusando forti dolori addominali;
secondo quanto riportato dalla stampa locale, i medici eoliani si sono limitati a constatare l'assenza di battito del bambino e chiamare l'elisoccorso per il trasporto della donna all'ospedale di Milazzo (Messina);
sempre secondo quanto riportato dai media locali, sembra che ci sia stato un ritardo nell'arrivo dell'elisoccorso che avrebbe potuto mettere in serio pericolo anche la madre del piccolo;
a quanto risulta agli interroganti, già nel 2012, una donna di 29 anni, giunta sempre all'ospedale per un distacco della placenta, aveva perso il suo bimbo all'ottavo mese di gravidanza;
in una lettera inviata di recente da un gruppo di cittadini eoliani al Presidente della Repubblica, si legge che "dopo la chiusura del punto nascita i ginecologi in servizio sono passati da tre a uno, mentre anche l'organico degli anestesisti è stato ridotto da cinque a due unità";
l'8 marzo 2016 la Commissione sanità dell'Assemblea regionale siciliana, che negli scorsi mesi ha ascoltato il sindaco Marco Giorgianni, si riunirà proprio a Lipari per discutere della vicenda relativa alla chiusura del punto nascita;
considerato che
l'art. 32 della Costituzione sancisce che "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti";
a parere degli interroganti la chiusura del punto nascita, visti gli elevati costi per chi deve curarsi fuori dalle isole Eolie soprattutto per chi vive in difficoltà economica, è lesivo dei principi espressi dall'art. 32 della Costituzione,
si chiede di sapere
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della difficile e rischiosa situazione in cui si è venuta a trovare la giovane partoriente;
se non ritenga che, prima di procedere alla chiusura del punto nascita di Lipari, non sarebbe stato opportuno attivare un sistema di garanzie di sicurezza;
quali siano, ad oggi, gli standard di sicurezza per donne e nascituri nell'area interessata dalla soppressione del punto nascita;
come intenda salvaguardare le famiglie ed il diritto a nascere in sicurezza, senza essere costretti a spostamenti dispendiosi non sicuri e assai poco dignitosi.
(3-02595)
SERRA, BERTOROTTA, COTTI, DONNO, MANGILI, MARTELLI, PAGLINI, BOTTICI, MORONESE - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei beni e delle attività culturali e del turismo - Premesso che:
da recenti notizie di stampa pubblicate su "La Nuova Sardegna" del 18 gennaio 2016, si apprende che l'annoso problema dell'inquinamento da metalli pesanti del rio Irvi nel comune di Arbus, nell'ex provincia del Medio Campidano, continua a riverberarsi sull'equilibrio ambientale, floreale e faunistico della riserva naturale di monte Arcuentu e rio Piscinas. Tale circostanza incide fortemente sulla conservazione e sulla salvaguardia dell'ambiente naturalistico che viene attraversato. Il ruscello è stato definito il "fiume rosso" a causa del carico delle scorie trasportate;
il carico di sostanze inquinanti viene veicolato attraverso il ruscello Irvi, bacino ex minerario classificato come acqua pubblica ai sensi del regio decreto n. 1775 del 1933, della legge n. 36 del 1994 e del decreto legislativo n. 152 del 2006, delle sue acque che scorrono a monte dell'area protetta di Piscinas, per poi giungere a valle raggiungendo il complesso dunale ivi presente e considerato l'unico deserto costiero d'Europa;
considerato che:
dopo la chiusura delle miniere di Montevecchio, già nel 1991, del cantiere di Casargiu e della galleria Fais si sono verificati fenomeni consistenti nello sversamento di metalli pesanti in mare in grado di compromettere gravemente lo stato incontaminato dei luoghi. Difatti, dalle gallerie minerarie, ormai abbandonate, fuoriescono acque contaminate da arsenico, cadmio, nichel, piombo, ferro, cobalto e manganese, nocive per la flora e per la fauna;
le scorie di lavorazione dei minerali sono il frutto dell'attività estrattiva di molti decenni; e sono state, e parrebbe che lo siano tuttora, trasportate dal corso d'acqua per circa 7 chilometri, attraversando la vegetazione mediterranea giungendo, in caso di piogge particolarmente abbondanti, fino al mare. In tali luoghi sono presenti diverse specie faunistiche protette di interesse comunitario tra cui il cervo sardo, la tartaruga marina, l'aquila reale, il falco pellegrino;
da anni fra la Regione Sardegna, l'Igea (ente regionale competente in materia di bonifiche delle aree ex minerarie della Sardegna), l'ex Provincia del Medio Campidano, il Comune di Arbus e l'Asl n. 6 si verifica un rimando di responsabilità in ordine alle conseguenze in cui versa l'ambiente contaminato dal materiale di risulta delle lavorazioni minerarie;
nell'area sono presenti diversi siti di archeologia mineraria, quali Ingurtosu, Piscinas e Naracauli, facenti parte del parco geominerario, storico, ambientale della Sardegna. Sulla fascia marina di 300 metri dall'arenile, sulle sponde fluviali e sulle zone dunali sussiste un vincolo di conservazione integrale statuito con legge regionale n.23 del 1993. L'area è classificata come riserva naturale regionale "monte Arcuentu-rio Piscinas" e assurge a sito di interesse comunitario come previsto dalla direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, con lo scopo precipuo della salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio degli Stati membri dell'Unione europea;
considerato altresì che, per quanto risulta agli interroganti:
sono state effettuate, anche in tempi recenti, diverse analisi delle acque anche da parte dell'Agenzia regionale per l'ambiente della Sardegna (ARPAS), da cui è emerso che nelle acque provenienti dalla galleria mineraria di Pozzo Fais a Casargiu e dalla seconda galleria dello stesso cantiere e in quelle prelevate nello specchio d'acqua prospiciente la foce del rio Irvi-Piscinas la percentuale di cadmio riscontrata è superiore alla percentuale prevista dal decreto ministeriale n. 260 del 2010;
nei campioni prelevati all'uscita delle due gallerie Casargiu è stata riscontrata la presenza di arsenico, nichel, zinco, manganese, ferro, cadmio e cobalto, gli stessi metalli pesanti rinvenuti nel rio Irvi-Piscinas e nel rio Naraculi;
in passato la Provincia di Cagliari aveva concesso un finanziamento per la realizzazione di un depuratore delle acque reflue provenienti dalla galleria Fais del cantiere minerario di Casargiu. Le somme, non utilizzate, venivano trasferite nel 2006 all'ex provincia del Medio Campidano che realizzava una parte dell'impianto per poi consegnarlo, nel 2011, in gestione all'Igea. Tuttora l'impianto di depurazione non è stato avviato. Per queste ragioni, a causa delle piogge, continuano a fuoriuscire dalla galleria Fais scorie altamente pregiudizievoli per l'ambiente e per la fauna di particolare pregio ivi stanziata,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e se abbiano adottato provvedimenti, o intendano adottarne, al fine di affrontare e risolvere le criticità;
se intendano intervenire con iniziative di competenza per la tutela ambientale delle aree contaminate dagli sversamenti di metalli pesanti provenienti dai luoghi di estrazione e lavorazione mineraria, per procedere alla realizzazione di un celere piano di bonifiche;
se ritengano opportuno, nei limiti delle proprie attribuzioni, promuovere l'avvio di una conferenza e/o di un tavolo di confronto tra tutte le istituzioni interessate a livello nazionale, regionale e locale, anche al fine di valutare le problematiche e le motivazioni per le quali, a tutt'oggi, le istituzioni competenti non abbiano provveduto alla bonifica dei luoghi.
(3-02596)
DI BIAGIO - Ai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare -
(3-02597)
(Già 4-04773)
NUGNES, SANTANGELO, DONNO, CAPPELLETTI, MORONESE, PAGLINI, PUGLIA, BERTOROTTA, CASTALDI - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:
nel 2009 la Regione Campania, nell'ambito della misura 1.1 del POR (programma operativo regionale) 2000-2006, intervento denominato "Monitoraggio sistemi di depurazione comprensoriali - rete di monitoraggio in continuo", ha approvato un finanziamento a favore dell'Agenzia regionale protezione ambientale (ARPAC) di 4.800.000 euro per la realizzazione di centraline di monitoraggio in continuo dei depuratori comprensoriali, di proprietà della Regione, tra cui gli impianti siti a Nola, Acerra (Napoli), Marcianise, Orta di Atella e Villa Literno (Caserta), che immettono le acque reflue trattate nel canale Regi Lagni. Il progetto prevedeva l'installazione su ogni impianto di 2 centraline, una all'ingresso e una all'uscita, per la misurazione in continuo di parametri indicatori di inquinamento sulle acque reflue urbane collettate all'impianto e su quelle scaricate dopo il trattamento di depurazione e l'immediata trasmissione dei risultati per via telematica;
l'ARPAC, con delibera del 7 aprile 2009 n. 172, aggiudicava l'appalto per la realizzazione dell'intervento all'Associazione temporanea di imprese costituita dalle aziende Orion Srl, CID software studio Srl, Poly project Srl, Eco studi Srl;
considerato che, per quanto risulta agli interroganti:
nel 2011 la Regione, su sollecitazione della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che nel 2010 aveva disposto il sequestro degli impianti di Marcianise, Orta di Atella e Villa Literno, avrebbe richiesto all'ARPAC di attivare le centraline e provvedere all'acquisizione dei dati per monitorare l'efficienza depurativa degli impianti;
nel gennaio 2013, il custode giudiziario degli impianti di depurazione di Marcianise, Orta di Atella e Villa Literno avrebbe rappresentato l'esigenza di assicurare la manutenzione delle centraline fino al loro collaudo, non ancora eseguito; la manutenzione sarebbe stata assicurata dall'Associazione temporanea di imprese che le aveva installate;
il commissario dell'ARPAC, con deliberazione n. 348 del 20 luglio 2015, disponeva la cessazione dell'attività di manutenzione da parte dell'Associazione temporanea di imprese dal 31 agosto 2015, in quanto la Regione Campania non avrebbe rimborsato all'ARPAC i costi di gestione sostenuti; nella stessa deliberazione viene dato mandato ad una delle aziende dell'Associazione temporanea di imprese appaltatrice di provvedere alla formazione di personale dell'ARPAC Multiservizi Srl, che avrebbe dovuto provvedere alla gestione delle centraline dopo il 31 agosto 2015; risulta, peraltro, che alla data di approvazione della delibera, il collaudo dell'appalto non era stato ancora eseguito;
considerato inoltre che:
nel corso dell'audizione del 16 settembre 2015 presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, il professor Massarotti, custode giudiziario dell'impianto, confermando di aver dovuto sollecitare per 3 anni la Regione Campania affinché le centraline entrassero in funzione, dichiarava che non era stato deciso chi dovesse gestirle e che i dati raccolti non erano mai stati utilizzati; concludeva affermando che, a situazione invariata, avrebbe dovuto informare dei fatti la Corte dei conti;
nel corso dell'audizione del giorno precedente presso la stessa Commissione, i dirigenti dell'ARPAC di Caserta dichiaravano che fino a 2 mesi prima i dati delle centraline venivano ricevuti, validati e trasmessi ad altra struttura ARPAC ma che successivamente i dati non erano più pervenuti, e che i motivi erano ignoti;
il funzionamento delle centraline e la corretta utilizzazione dei dati forniti è essenziale oltre che ad attestare il corretto utilizzo dei fondi POR da parte della Regione Campania anche per il contributo che possono fornire alle autorità pubbliche ai fini della tutela della qualità ambientale delle acque superficiali e marine. È noto, infatti, che sul tratto di costa che va dal Comune di Cuma a quello di Castel Volturno, dove ha la foce il canale dei Regi Lagni, arrivano gli scarichi di acque reflue di ben 6 depuratori regionali, che trattano complessivamente i liquami di quasi 2 milioni di abitanti, nonché di vaste aree industriali, tra la provincia di Napoli e Caserta. Il precario funzionamento di questi impianti, oggetto di diversi progetti di adeguamento funzionale ed ampliamento finora non realizzati, incide negativamente sulla qualità ambientale delle acque marine immettendo elevate quantità di inquinanti, tra cui anche azoto, fosforo, batteri, che sono anche causa della non balneabilità delle acque di lunghi tratti del litorale domizio, con pesanti implicazioni sull'economia turistica locale;
le centraline possono garantire un monitoraggio quasi in tempo reale delle acque reflue immesse nell'ambiente, consentendo alle autorità pubbliche dei controlli tempestivi e mirati, con sopralluoghi e prelievi sugli impianti, nel caso in cui i dati pervenuti per via telematica attestino criticità e superamento dei limiti fissati dalla normativa. Le centraline consentirebbero di attivare i controlli anche nelle ore notturne e nei giorni festivi, contrariamente a quanto si verifica normalmente. I dati sarebbero utili anche per gli stessi gestori degli impianti che potrebbero intervenire tempestivamente nel caso di anomalie nel funzionamento;
nel periodo balneare le centraline potrebbero essere di indispensabile supporto alle autorità per garantire i cittadini dagli improvvisi inquinamenti delle acque marine provocati da gravi avarie degli impianti di depurazione, in quanto i Comuni potrebbero emettere tempestivamente dei divieti cautelativi di balneazione, senza attendere le analisi di laboratorio che, tra prelievo ed analisi, richiedono almeno 3 giorni, durante i quali i bagnanti sono esposti alla contaminazione senza alcuna tutela,
si chiede di sapere:
se le centraline di monitoraggio siano in funzione e a chi pervengano i dati da loro rilevati;
chi abbia in gestione le centraline;
quali siano le motivazioni per cui, a diversi anni dall'installazione, non sia stato eseguito il collaudo dell'appalto di installazione delle centraline;
se, in mancanza di collaudo, il pagamento alle aziende aggiudicatarie dell'appalto sia stato effettuato in violazione di norme;
se il Ministro in indirizzo ritenga che, al pari di quanto avviene per il monitoraggio dell'inquinamento atmosferico, i dati delle centraline debbano essere pubblici e quindi resi fruibili dai cittadini.
(3-02598)
MORONESE, DONNO, CAPPELLETTI, SANTANGELO, BUCCARELLA, PAGLINI, CASTALDI, SCIBONA, MARTON, BERTOROTTA, GIARRUSSO, PUGLIA, NUGNES - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:
"Garanzia Giovani" è il piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile, che ha previsto investimenti a favore degli Stati membri dell'Unione europea con tassi di disoccupazione superiori al 25 per cento, da destinare in "politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (Neet - Not in Education, Employment or Training)";
il programma è rivolto ai giovani tra i 15 e i 29 anni, residenti in Italia, siano essi cittadini comunitari o stranieri extra Unione europea regolarmente soggiornanti;
in particolare, si prevede, tra l'altro, l'attivazione di tirocini formativi della durata di 6 mesi retribuiti con la somma di 500 euro al mese, per tutta la durata del percorso formativo;
in base ai dati in possesso degli interroganti, si tratterebbe di un progetto che ha suscitato grandi speranze per chi è fuori dai circuiti di studio e di lavoro; infatti, vi è stato un significativo numero di richieste di partecipazione al programma, ma che tuttavia ha registrato alcune problematiche operative, dovute in parte alle difficoltà dei centri per l'impiego di attivare i percorsi di formazione;
considerato che a quanto risulta agli interroganti:
la Regione Campania, con delibera n. 117 del 24 aprile 2014 della Giunta regionale, ha approvato il il piano di attuazione regionale "Garanzia Giovani". Dal suddetto piano di attuazione Regione Campania, allegato alla delibera della Giunta regionale, si evince che la Misura 4.10 è destinata al tirocinio extra-curriculare, anche in mobilità geografica, con l'obiettivo per i tirocini regionali di agevolare le scelte professionali e l'occupabilità dei giovani nel percorso di transizione tra scuola e lavoro, mediante una formazione a diretto contatto con il mondo del lavoro e favorire l'inserimento/reinserimento nel mondo del lavoro di giovani disoccupati e/o inoccupati. Per i tirocini in mobilità geografica nazionale e transnazionale l'obiettivo è agevolare i percorsi di tirocinio in mobilità nazionale e transnazionale per favorire esperienze formative e professionali al di fuori del proprio territorio, a supporto delle strategie regionali sull'innovazione nell'occupazione e di rafforzamento della cooperazione internazionale;
tra i principali attori coinvolti risultano le istituzioni formative/università/centri di ricerca/enti bilaterali e in generale i soggetti promotori, ai sensi del regolamento regionale n. 7 del 2013, nonché le imprese;
con decreto dirigenziale, Direzione generale 11 Regione Campania, n. 448 del 24 maggio 2014 è stato approvato "l'Avviso per la partecipazione degli operatori alla attuazione del Piano Garanzia Giovani Campania";
considerato inoltre che:
con atto del 24 gennaio 2015 la società Alto Calore Servizi SpA, società a totale partecipazione pubblica, soggetta al coordinamento ed alla direzione degli enti locali soci, candidata come soggetto ospitante per l'attivazione di percorsi di inserimento, ha adottato, e pubblicato sul sito, una manifestazione di interesse per l'individuazione dei soggetti interessati, enti profit e no profit, da coinvolgere nell'attività di supporto e assistenza all'attivazione del programma;
come risulta dalla stessa manifestazione di interesse, la candidatura dei soggetti interessati doveva pervenire entro il 2 febbraio 2015. Probabilmente a causa del poco tempo a disposizione ha risposto una sola agenzia formativa la WAC - Welcome agenzia di comunicazione di Avellino. La suddetta società, come risulta dall'esito di gara, è stata individuata come soggetto affidatario;
considerato altresì che:
con il decreto dirigenziale n. 43 del 27 marzo 2015, della Direzione generale 11 - Direzione generale istruzione, formazione, lavoro e politiche giovanili Regione Campania, sono stati approvati gli elenchi degli atti di adesione e progetti di tirocini formativi ammessi e non al finanziamento ed è stata autorizzata l'attivazione dei progetti ammessi al finanziamento. In particolare, nell'Allegato A, elenco degli atti di adesione e dei progetti di tirocini ammessi a finanziamento, per la società Alto Calore Servizi SpA, come soggetto ospitante, risultano ammessi 76 tirocini;
con successivo decreto dirigenziale n. 80 del 12 ottobre 2015 vengono resi noti i nominativi dei soggetti ammessi al tirocinio. In particolare per Alto Calore Servizi sono stati individuati 37 tirocinanti, e la P.S.B. Srl di Ariano Irpino, come operatore;
considerato in particolare che per quanto risulta agli interroganti:
in risposta ai quesiti sollevati da alcune regioni, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in una nota del 3 aprile 2015, indirizzata a tutte le Regioni coinvolte nel programma "Garanzia Giovani", ha chiarito che l'attivazione di "tirocini extracurriculare" deve essere diretta all'inserimento/reinserimento nel mondo del lavoro di giovani; di conseguenza, considerato il principio secondo cui l'accesso nella pubblica amministrazione avviene mediante concorso pubblico, si esclude che gli enti pubblici locali, nazionali e transnazionali possano essere individuati come soggetti ammessi ad ospitare i tirocini suddetti. A ciò si aggiunge che il Ministero, nella nota citata, ha precisato altresì che in presenza di vincoli di parentela si dovrebbe escludere l'attivazione dei percorsi di tirocinio al fine di evitare abusi;
ad avviso degli interroganti, questo pronunciamento del Ministero del lavoro bloccherebbe dunque qualsiasi tentativo di utilizzare i fondi di "Garanzia Giovani" per impiegare i giovani in tirocini, senza possibilità di inserimento lavorativo, nelle pubbliche amministrazioni, nonché il tentativo di rendere uno strumento pubblico ad uso e consumo di esigenze personali- familiari;
considerato altresì che:
il 28 luglio 2015 una emittente televisiva avellinese (la "JUSTV" di Avellino) avrebbe reso noto in anteprima i 37 nominativi dei giovani ammessi al tirocinio. Sembrerebbe, infatti, che gli stessi siano stati trasmessi alla emittente televisiva da un cittadino, che avrebbe inviato la segnalazione anche alla Procura di Avellino e Benevento, ad alcuni sindacati, ed alla Guardia di finanza. Nell'elenco risulterebbero nominativi legati da vincoli di parentale con amministratori locali, sindaci e l'attuale management di ACS (Alto Calore Servizi);
il presidente e amministratore delegato, De Stefano, e tutto lo staff dirigenziale hanno smentito, attraverso comunicati stampa, dichiarando che le selezioni sono ancora in corso e sarebbe tutto falso quanto dichiarato dall'emittente "JUSTV";
tuttavia, sembrerebbe che i nominativi annunciati a luglio 2015 dalla suddetta emittente televisiva siano stati confermati formalmente con il successivo decreto dirigenziale n. 80 dell'ottobre 2015;
considerate infine le particolari modalità di attuazione del programma "Garanzia Giovani" in Campania e, nello specifico, il coinvolgimento, come soggetti ospitanti i tirocini, di società o enti pubblici che, di fatto, non possono garantire l'inserimento o il reinserimento lavorativo di giovani disoccupati, nonostante le specifiche prescrizioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa;
se intenda avviare le opportune verifiche, al fine di appurare se ci siano state anomalie procedurali;
quale sia la sua valutazione in riferimento alla situazione descritta e, in ogni caso, rispetto a situazioni analoghe verificatesi sul territorio nazionale;
se ritenga opportuno sollecitare le Regioni coinvolte nel programma a rispettare le prescrizioni indicate nella nota del 3 aprile 2015.
(3-02599)
CAPPELLETTI, MARTON, PUGLIA, DONNO, SANTANGELO, MORRA, SERRA, GIROTTO, MORONESE, BOTTICI, CATALFO - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che per quanto risulta agli interroganti:
in data 18 gennaio 2016, senza preavviso, il magazzino Prix Quality di Grisignano di Zocco, in provincia di Vicenza, ha disdetto anticipatamente ed unilateralmente l'appalto con la cooperativa Leone;
60 lavoratori del magazzino, che prestano servizio anche da 10-15 anni, hanno ricevuto, senza preavviso, la comunicazione di chiusura del rapporto di lavoro;
nell'imminente cambio di appalto, i lavoratori hanno chiesto di non perdere i livelli degli scatti di anzianità e i diritti acquisiti in questi anni;
considerato che:
in data 27 gennaio 2016, si è svolto un incontro tra il Prix, rappresentato dal dirigente Michele Marchesini e dall'avvocato Gianluca Spolverato, consulente incaricato dalla proprietà, i rappresentanti di Adl (associazione per i diritti dei lavoratori) Cobas, le cooperative Leone e Sinco. L'incontro ha posto le basi per arrivare ad un accordo, che il giorno seguente avrebbe dovuto essere solo firmato dalle parti. L'accordo prevedeva il reintegro dei lavoratori, con il riconoscimento dell'anzianità lavorativa e conseguente applicazione degli scatti maturati, dei livelli acquisiti precedentemente e, visto che non si trattava di nuova occupazione (alcuni lavoratori erano impiegati in quel magazzino da oltre 15 anni), la non applicazione del "Jobs Act" (di cui al decreto-legge n. 34 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 78 del 2014);
in data 28 gennaio 2016 venivano modificate unilateralmente le condizioni dell'accordo;
numerosi sono stati gli incontri in Prefettura a Vicenza tra il prefetto, la direzione di Prix Quality, i responsabili delle cooperative Leone e Sinco e i sindacati Adl Cobas; gli incontri sono terminati con un nulla di fatto;
considerato che:
risulta agli interroganti che l'azienda Prix, non solo non sta attraversando uno stato di crisi, ma sarebbe in procinto di aprire nuovi punti di vendita;
a parere degli interroganti il cambio d'appalto serve per fare finte "neoassunzioni" a lavoratori, che, in realtà, lavorano nei magazzini da anni, in modo tale da usufruire degli sgravi fiscali previsti dal "Jobs Act". Assumendo nuova manodopera, ovviamente a tempo determinato, cooperativa e Prix possono usufruire degli sgravi fiscali del "Jobs Act". Sostituire 53 lavoratori espulsi con altrettanti neoassunti garantisce un importo di 516.000 euro di sgravi fiscali in 3 anni. A questo si aggiunge l'abbattimento del costo del lavoro, con lavoratori senza anzianità e al livello più basso. Oggi un lavoratore inquadrato al 5° livello, con uno o due scatti di anzianità, ha un costo del lavoro mediamente più alto di circa 280-300 euro al mese di un lavoratore assunto al livello 6°. Moltiplicando queste differenze per le 14 mensilità e per il numero dei lavoratori, in 3 anni il Prix abbatte il costo del lavoro di altri 650.000 euro. Totale, quasi un milione e 200.000 euro,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali siano i motivi per cui non si sia provveduto tempestivamente al raggiungimento di un accordo in grado di soddisfare tutte le parti interessate;
quali iniziative di competenza ritengano di assumere per impedire i licenziamenti dei dipendenti delle cooperative impiegati nella grande distribuzione;
quali iniziative, nei limiti delle proprie attribuzioni, intendano adottare per evitare che un lavoratore presti servizio presso un unico datore di lavoro, finanche per 15 anni, pur risultando assunto tramite una cooperativa;
se non intendano intervenire, nella opportune sedi di competenza, per impedire che Prix e le cooperative che lavorano nei magazzini della logistica risparmino sul costo del lavoro a scapito dei diritti acquisiti dai lavoratori, che, a causa dell'applicazione delle regole del "Jobs Act" a vantaggio dei datori di lavoro, dopo anni, si trovano a perdere l'anzianità e tutti i livelli maturati, ripartendo da zero come se fossero appena assunti, con relativa riduzione dello stipendio.
(3-02600)
BULGARELLI, CAPPELLETTI, PAGLINI, MORONESE, MORRA - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:
il Consiglio di Stato è un organo amministrativo-giurisdizionale di rilievo costituzionale, facente parte del sistema della giustizia amministrativa italiana, che, secondo quanto previsto dall'articolo 103 della Costituzione, ha "(...) giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi";
quale organo giurisdizionale, esso è chiamato a pronunciarsi in secondo grado, fra l'altro, sulla legittimità degli atti e provvedimenti della pubblica amministrazione statuendo, per l'effetto, circa la eventuale nullità e disapplicazione degli stessi;
quale organo amministrativo, inoltre, esso svolge funzioni di consulenza giuridico-amministrativa, rendendo pareri circa la legittimità, la regolarità, il merito e la convenienza degli atti amministrativi e normativi dei singoli Ministeri, del Governo come organo collegiale o delle Regioni;
l'art. 22 della legge n. 186 del 1982 stabilisce che il presidente del Consiglio di Stato è nominato, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa;
secondo quanto emerso da notizie di stampa, il Governo avrebbe richiesto al Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa di predisporre una rosa di 5 nominativi, tra i quali scegliere e nominare il presidente del Consiglio di Stato, carica vacante a far data dal 1° ottobre 2015 (si veda "il Fatto Quotidiano" del 15 gennaio 2016);
in data 23 dicembre 2015, su scelta ed iniziativa univoca del Consiglio dei ministri, fra i nominativi indicati dal Consiglio di Presidenza, veniva nominato quale presidente del Consiglio di Stato il dottor Alessandro Pajno;
in seguito a tale nomina, il dottor Stefano Baccarini, capolista dell'elenco fornito dal Consiglio di Presidenza del Consiglio di Stato (che era il candidato naturale per la carica in oggetto, nel caso in cui si fosse opportunamente seguita la prassi di nomina sino ad oggi invalsa) rassegnava le proprie dimissioni;
considerato che a giudizio degli interroganti:
le nomina in oggetto è stata effettuata in palese violazione della prassi venutasi a consolidare durante l'intera storia repubblicana (eccezion fatta per il 1926, anno in cui Mussolini, in qualità di capo del Governo, procedette, del pari, ad assegnare la carica in base a suo atto unilaterale), in base alla quale l'incarico viene assegnato, secondo un criterio di anzianità, su proposta univoca del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, organo di autogoverno dell'organo della giustizia amministrativa;
detta nomina appare, inoltre, effettuata in violazione dei principi della indipendenza, imparzialità e terzietà della magistratura, consacrati dagli articoli 101 e 104 della Costituzione, che, sancendo che "i giudici sono soggetti soltanto alla legge", non consentono che il potere esecutivo possa arrogarsi il diritto di "scegliere" i magistrati da nominare, poiché, in tal modo, verrebbe infranto quel rapporto esclusivo che la Costituzione ha voluto istituire fra il giudice e la legge e che, come tale, esclude l'interferenza di altri poteri dello Stato (principio della separazione dei poteri);
a giudizio degli interroganti è da ritenersi fatto grave e censurabile che il Governo, contravvenendo immotivatamente alla prassi descritta, abbia proceduto alla nomina in questione in maniera univoca, viepiù in un momento, come quello attuale, in cui, come noto, la giurisprudenza maggioritaria del Consiglio di Stato, riguardante la legittimità di alcuni decreti ministeriali, collegati alla legge n. 107 del 2015 (cosiddetta "Buona Scuola"), appare di segno contrario alle scelte normative poste in essere dal Governo,
si chiede di sapere:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano le valutazioni e l'orientamento al riguardo;
quali siano, altresì, i provvedimenti e/o le iniziative che, nei limiti della propria competenza, intenda adottare relativamente ai fatti descritti;
nella denegata ipotesi di mancata adozione di qualsivoglia provvedimento e/o iniziativa, quali siano le valutazioni e le motivazioni poste a fondamento di detta scelta.
(3-02601)
Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento
RAZZI - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:
presso la Commissione XI (Lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati dovrebbe essere assegnato un disegno di legge governativo, AC 3594, concernente "Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali (collegato alla legge di stabilità 2016)", all'interno del quale le pensioni di reversibilità diverrebbero una prestazione assistenziale e non più di carattere previdenziale;
sembrerebbe inoltre che, dismettendo la funzione originaria di natura previdenziale e quindi diritto acquisito della persona, la pensione di reversibilità debba in futuro essere erogata in base al reddito familiare, ovvero all'Isee (indicazione della situazione economica equivalente);
la pensione di reversibilità è il trattamento riservato ai "superstiti" del pensionato o del lavoratore deceduto (in questo caso viene definita "pensione indiretta"). La prestazione economica viene erogata dall'Inps ed è legata al reddito Irpef. Con il provvedimento, invece, potrebbe essere condizionata dall'Isee, la situazione economica complessiva del nucleo familiare;
ad oggi, tale trattamento assistenziale spetta: al coniuge (anche se separato o divorziato, se titolare di un assegno di mantenimento); ai figli (se alla data del decesso del genitore non hanno ancora raggiunto la maggiore età, se sono studenti o universitari tra i 18 e i 26 anni, e ancora a carico alla data della morte del parente e se sono inabili, cioè con problemi fisici o mentali); ai nipoti minori (anche se non formalmente affidati) se a carico degli ascendenti (nonno o nonna) alla data della loro morte o in assenza di altre figure, a fratelli celibi e inabili e a sorelle nubili e inabili, a carico della persona defunta, se non sono già titolari di una pensione;
la pensione di reversibilità si calcola sulla base dell'assegno percepito dalla persona scomparsa, oppure in base alla pensione che il defunto già percepiva. La legge prevede importi variabili che si calcolano in base alla situazione familiare: spetta il 60 per cento della pensione in presenza del coniuge; il 70 per cento nel caso in cui vi sia un figlio; l'80 per cento per il coniuge e un figlio o 2 figli senza coniuge; il 100 per cento per il coniuge e se i figli sono più di 3; il 15 per cento per ogni altro familiare, diverso dal coniuge, figli e nipoti;
il diritto alla pensione per i superstiti può cessare se il coniuge si risposa, se viene meno lo stato di inabilità di colui che la percepisce, se i figli universitari terminano o interrompono gli studi e, in ogni caso, al compimento del 26esimo anno di età. Infine, quando i fratelli celibi e le sorelle nubili si sposano o prendono un'altra pensione;
l'Isee, invece, valuta la posizione economica di coloro che percepiscono le pensioni di reversibilità, richiedono agevolazioni e prestazioni sociali. Qualora le pensioni venissero ancorate ad esso, l'assegno non sarebbe più un diritto inalienabile ma dipenderebbe dal reddito di chi ogni mese lo percepisce;
considerato che:
nel nostro Paese, ogni qualvolta si sia trattato l'argomento delle pensioni, ci si è sempre trovati di fronte a tagli non indifferenti a discapito dei contribuenti. In questa situazione, il capo del sindacato dei pensionati della Cgil, Ivano Pedretti, ha sottolineato che, all'interno della delega legislativa prevista dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della proposta di legge, il Governo prevedrebbe un intervento rilevante sulle pensioni di reversibilità;
il testo legislativo, essendo una delega, risulta chiaramente vago. Leggendolo con attenzione, però, si comprende che le pensioni di reversibilità diverrebbero "prestazioni assistenziali", e per poterne beneficiare in futuro bisognerà non superare certi requisiti economici. A normativa vigente, vi sono dei parametri a cui sottostare, ma il Governo intenderebbe ancorare la reversibilità (ma anche assegno sociale, integrazione al minimo, maggiorazione sociale del minimo, assegno per il nucleo con 3 figli minori) al reddito calcolato con il meccanismo dell'Isee, creando, quindi, un meccanismo molto più stringente;
da notizie in possesso dell'interrogante, i principali sindacati italiani (Cgil, Cisl e Uil) avrebbero chiesto al Governo un incontro urgente: il timore sarebbe che si "faccia cassa sulle pensioni". Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo avrebbero affermato altresì che "ancora una volta si scopre un cinismo di fondo: se si deve dare qualcosa ai poveri bisogna toglierla a chi è appena meno povero";
dal canto proprio, il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi avrebbe seccamente e concisamente smentito, affermando che: "Le pensioni di reversibilità non si toccano, è una cosa che non esiste". Anche il Ministro in indirizzo ha espresso la propria opinione: "la polemica è totalmente infondata": la proposta non riguarda chi già riceve la reversibilità. "Tutto quello che la delega si propone è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale";
a giudizio dell'interrogante, la situazione scaturita dopo il deposito del citato disegno di legge presso la Camera dei deputati è anomala e paradossale e necessita di un'attenzione particolare, non essendo concepibile che a rimetterci siano sempre le persone più deboli, per lo più in situazioni di grande sofferenza come quando si è colpiti da un lutto,
si chiede di sapere:
quali orientamenti il Ministro in indirizzo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative voglia intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per porre rimedio alla questione relativa alla riforma delle pensioni di reversibilità;
se ritenga corretto ed equo ancorare la reversibilità delle pensioni al reddito calcolato con il meccanismo dell'Isee;
se non voglia, durante l'iter del provvedimento, rivedere i principi della delega, attraverso l'introduzione di emendamenti correttivi, rendendola più stringente e dettagliata, in modo da avere chiari i parametri secondo i quali verranno calcolate in futuro le pensioni di reversibilità.
(3-02591)
BISINELLA - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che:
le Province, ora in fase di soppressione, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera b), e comma 2 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, sono tenute a provvedere alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria delle sedi di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore (compresi i licei artistici e gli istituti d'arte), di conservatori di musica, di accademie, di istituti superiori per le industrie artistiche, nonché di convitti e di istituzioni educative statali;
pur non essendo state formalmente soppresse, tali disposizioni vengono sistematicamente disattese a quanto risulta all'interrogante su tutto il territorio nazionale, attraverso il disimpegno delle Province nell'assicurare a conservatori ed accademie le risorse loro dovute;
le risorse per il funzionamento degli istituti di alta formazione artistico-musicale (Afam), attribuite annualmente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonostante il loro incremento, disposto recentemente dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, risultano drammaticamente inadeguate;
la legge 21 dicembre 1999, n. 508, di riforma delle accademie di belle arti, dell'accademia nazionale di danza, dell'accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie artistiche, dei conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati, ha allineato conservatori ed accademie all'università, abilitandoli a rilasciare diplomi accademici di primo e secondo livello. Tale circostanza ha indotto le Province a ritenersi esonerate dalle competenze ad esse assegnate dalla legge 11 gennaio 1996, n. 23, riferite ai soli istituti di scuola secondaria superiore;
nel frattempo, il riordino previsto dalla legge di riforma del settore artistico-musicale non è stato ancora completato e un numero consistente di allievi dei conservatori sono iscritti e continuano a frequentare i corsi preaccademici, che corrispondono ai corsi di scuola media superiore, lasciando nel contempo il sistema dell'alta formazione artistico-musicale in una sorta di inaccettabile "limbo";
ad aggravare il quadro descritto vi è la circostanza che la situazione di molti istituti risulta particolarmente grave per mancanza di mezzi e impossibilità di assumersi direttamente le spese delle utenze e di assolvere alla manutenzione degli edifici;
ulteriore aggravante è costituita dalla pretesa di alcune Province di richiedere la restituzione, ai singoli istituti, delle spese sostenute negli anni precedenti, a fronte della inadeguatezza dei trasferimenti ministeriali, che non consente loro in alcun modo di provvedervi,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga, anche con adeguati interventi normativi, di impegnare le province al rispetto delle disposizioni recate dall'articolo 3, comma 1, lettera b), e comma 2, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, nei confronti degli istituti Afam, anche in relazione ad eventuali oneri sostenuti per tali competenze dalle stesse Province in anni pregressi, almeno sino alla conclusione del processo di riordino del sistema dell'alta formazione artistico-musicale.
(3-02592)
DE PETRIS - Ai Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze - Premesso che:
la questione relativa alla stabilizzazione delle educatrici e degli educatori degli asili nido a gestione comunale colpisce migliaia di lavoratori e relative famiglie del nostro Paese;
in particolare, nel corso degli ultimi mesi, si è assistito a Roma ad un intollerabile susseguirsi di annunci e provvedimenti inadeguati a risolvere la situazione, prodotti unicamente in risposta alle mobilitazioni del settembre 2015;
il settore, costituito in larga parte da donne, ha subìto infatti un'inconcepibile penalizzazione successivamente alle sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 26 novembre 2014, volta, al contrario, alla tutela dei lavoratori precari dall'abuso di contratti a tempo determinato. La sentenza, infatti, aveva valutato la nostra legislazione come contrastante con quella comunitaria, non prevedendo misure dissuasive e preventive adeguate in tal senso;
la Corte aveva, tra l'altro, ribadito il principio di non abuso dei contratti a termine nei casi in cui si manifestino esigenze permanenti, come, è evidente, il comparto educativo e scolastico;
nel solco della direttiva 1999/70/CE, ove si prevedeva, tra le altre cose, che al fine contrastare l'abuso dei contratti a tempo indeterminato gli Stati membri debbano indicarne la durata massima totale, la legge 24 dicembre 2007, n. 247, aveva stabilito all'art. 40 che "qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato";
è evidente, tuttavia, come tale previsione non sia stata in alcun modo rispettata. Lo dimostra la fretta con la quale il Governo ha approvato, lo scorso anno, la legge 13 luglio 2015, n. 107, "Buona scuola", che aveva l'obiettivo primario di stabilizzare migliaia di insegnanti precari prima che venissero avviati altrettanti ricorsi, con conseguenze risarcitorie imprevedibili;
in tale contesto, gli educatori e le educatrici degli asili nido si sono ritrovati nella drammatica condizione della probabile perdita del posto di lavoro, a causa di un meccanismo perverso che, dopo averli penalizzati nella reiterazione dei contratti a termine, li espone al rischio di non vederli rinnovati al superamento dei 36 mesi;
nel settembre 2015, la pubblicazione del bando per gli educatori dell'asilo aveva, di fatto, escluso una platea di precari che Usb e Cgil hanno valutato in circa 5.000 lavoratori, tra nidi e scuole materne, colpevoli di aver superato i 36 mesi di contratti a termine, proseguendo in alcuni casi da più di 10 anni con tale regime contrattuale;
la mobilitazione che è seguita alla pubblicazione del bando ha spinto non soltanto l'assessore pro tempore per la scuola di Roma capitale (Marco Rossi Doria), ma anche il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ad intervenire per garantire la prosecuzione del lavoro di educatori ed educatrici. La circolare del ministro Madia del 2 settembre 2015 ha, infatti, consentito la reiterazione dei contratti a tempo determinato per l'anno 2015/2016, rimandando tuttavia all'amministrazione comunale la risoluzione della problematica concernente la stabilizzazione dei precari;
le vicende che hanno coinvolto l'amministrazione capitolina, con lo scioglimento del Consiglio comunale a causa delle contestuali dimissioni dei consiglieri, hanno tuttavia paralizzato qualsiasi tentativo di risoluzione della questione, a grave danno non soltanto di educatrici ed educatori che da anni svolgono tale mestiere acquisendo professionalità ed esperienza indispensabili, ma anche di bambini e famiglie, con una potenziale diminuzione dell'organico di migliaia di unità, in un settore delicato come quello dell'educazione prescolare;
l'intervento della Corte di giustizia, si segnala, aveva come obiettivo la stabilizzazione dei lavoratori precari e non, ovviamente, un loro licenziamento di massa, dopo aver subito inaccettabili condizioni di lavoro per decenni, come supplenze part-time con contratti giornalieri e graduatorie ventennali;
si segnala come educatrici ed educatori dipendano dagli enti locali e, dunque, siano sottoposti ai vincoli del patto di stabilità interno,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della situazione descritta;
quali iniziative intendano assumere per garantire la salvaguardia del posto di lavoro di migliaia di educatrici ed educatori degli asili nido comunali e scuole materne;
se non ritengano opportuno attivarsi al fine di prevedere, con successivi interventi normativi, l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per gli enti locali per quanto concerne le spese volte alla stabilizzazione di educatrici ed educatori degli asili nido comunali e scuole materne, che abbiano superato i 36 mesi di proroga di contratti a tempo determinato.
(3-02594)
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta
PEPE - Al Ministro dell'interno - Premesso che:
da notizie apparse su diversi organi di stampa e d'informazione, si apprende di un approvvigionamento da parte del Ministero dell'interno di lotti di cartucce difettose da destinare agli operatori della Polizia di Stato;
il 24 novembre 2015, "il Fatto Quotidiano", in un articolo a firma di Silvia D'Onghia dal titolo "Il Viminale ha (ri)fatto cilecca: milioni di proiettili da buttare", denunciava la pericolosità di una partita di circa 6.400.000 cartucce, per la cui fornitura il Viminale aveva stipulato un contratto alla fine del 2013 con la Fiocchi munizioni SpA di Lecco e delle quali un buon numero si è rivelato fallato e con difetti di assemblaggio evidenti e pregiudicanti la sicurezza degli operatori che ne avrebbero fatto uso;
lo stesso giorno la Fiocchi munizioni diramava un comunicato stampa, in risposta all'articolo pubblicato, in cui minimizzava quanto denunciato definendolo testualmente "un episodio rientrante nella normale prassi industriale";
tuttavia, "il ritiro dalla dotazione individuale per servizio degli operatori di Polizia e la destinazione ai soli fini addestrativi" erano stati effettivamente disposti dal Ministero attraverso 2 circolari inviate a tutti gli uffici. Disposizioni che, se da un lato confermavano la fondatezza della denuncia, dall'altro non risolvevano la questione per il fatto che le munizioni difettose, quindi pericolose, non venivano ritirate ma affidate agli operatori dei poligoni di addestramento delle forze di polizia per un uso esclusivamente addestrativo e con la raccomandazione di particolare attenzione, apparentemente nel tentativo di sollevare il Ministero dalle proprie responsabilità rispetto ad un probabile incidente e, a giudizio dell'interrogante, magari per trasferire eventuali colpe in vigilando sull'istruttore od il direttore di tiro di turno. Un sospetto insostenibile in un Paese civile ed avanzato, che dovrebbe dotare le forze di polizia del meglio in fatto di mezzi, equipaggiamenti e tutto quanto sia necessario ad avere una struttura di difesa efficace, moderna ed efficiente;
considerato che:
il difetto più ricorrente, tra le cartucce fallate, è costituito da un non corretto allineamento ed inserimento della palla nel bossolo che ha determinato un collasso su se stesso di parte del colletto del bossolo stesso (si vedano le foto che sono state allegate all'articolo). Questo tipo di difetto nelle cartucce, a prescindere dall'impiego che se ne faccia, determina di solito 2 problematiche: la prima è costituita da un non corretto od incompleto inserimento in camera di cartuccia durante il ciclo funzionale dell'arma in cui essa viene impiegata; la seconda è costituita dal fatto che l'avvallamento, che si genera sul colletto della cartuccia collassata, offre una via di sfogo non consona ai gas che si producono durante lo sparo, in quanto non sigilla ermeticamente la camera a polvere che regimenta opportunamente i gas prodotti dalla deflagrazione;
il primo problema si traduce quasi sempre in un inceppamento dell'arma con immaginabili nefaste conseguenze, qualora ciò avvenga in un conflitto a fuoco tra operatori di polizia e malviventi. Tuttavia, quand'anche ciò dovesse avvenire in un "semplice" addestramento, non sarebbe privo di rischi tanto per gli operatori sottoposti all'esercitazione quanto per gli istruttori ed i direttori di tiro preposti alla medesima;
nel lessico degli istruttori, l'inceppamento di un'arma è ricompreso in una casistica denominata "incidenti di tiro" e la definizione in sé è già sufficientemente esaustiva. Infatti, ogni inconveniente che obblighi un operatore di polizia, impegnato in un'esercitazione, ad interrompere il tiro, chiedere l'assistenza di un istruttore e compiere sotto sua attenta guida una serie di operazioni di sicurezza volte a rimuovere la causa dell'inceppamento ed a ripristinare il corretto funzionamento dell'arma, è sempre fonte di pericolo per una serie di motivi;
il più importante di questi è rappresentato dal fatto che la stragrande maggioranza degli appartenenti alla Polizia di Stato è scarsamente o per nulla addestrata e, pertanto, non ha la necessaria dimestichezza e conoscenza dell'arma utile a risolvere in sicurezza le problematiche conseguenti ad un suo malfunzionamento;
quotidianamente, si legge di istruttori che denunciano la scarsa qualità di un addestramento che vede gli agenti comandati alla linea di tiro, mediamente, una o due volte all'anno (in luogo delle 4 obbligatorie previste dalla circolare ministeriale), per di più mai in funzione delle loro necessità, o, se si vuole, del loro deficit tecnico, essendo contingentato il numero di munizioni a circa 2 caricatori e comunque in un contesto lontano dagli scenari reali;
atteso che già nel 2011 si ebbero problemi con una fornitura di munizioni commissionate alla Sellier & Bellot della Repubblica ceca. Anche in quel caso, vi furono, conseguentemente alle anomalie di alcune partite di cartucce, segnalazioni, interrogazioni parlamentari, lamentele ufficiali dei sindacati, incidenti che coinvolsero le forze dell'ordine. Dal 2011 ad oggi, più volte, risulta all'interrogante che siano state rilevate e prontamente segnalate le stesse ricorrenti anomalie tanto pubblicamente quanto per via gerarchica da vari operatori del ruolo degli istruttori di tiro,
si chiede di sapere:
quali iniziative il Ministro in indirizzo abbia intenzione di adottare per accertare eventuali responsabilità ed omissioni dei funzionari ministeriali preposti all'acquisto dei materiali e del munizionamento in dotazione;
quali siano i criteri di scelta e di acquisto dei vari munizionamenti in dotazione alle forze dell'ordine e quali le procedure atte ad assicurare la sicurezza dei materiali e la loro efficienza ed efficacia, nonché la trasparenza dei processi di scelta e di acquisto.
(4-05313)
D'ANNA - Al Ministro della salute - Premesso che:
da informazioni acquisite direttamente presso l'ospedale di Piedimonte Matese (Caserta) emergono molte criticità;
nell'area dell'emergenza e del pronto soccorso, i servizi sono penalizzati dalla mancata previsione di aree funzionalmente dedicate all'osservazione di medio (per oltre 3 ore) o di lungo periodo (fino a 8-12 ore). L'automazione è limitata alle registrazioni non sanitarie e non esiste un'adeguata informatizzazione dei dati clinici. Le attese sono irrazionalmente distinte per tipologie di paziente (codice bianco, giallo, verde, rosso, eccetera) e non tengono conto del fatto che la classificazione può variare nel giro di qualche minuto. È necessario riorganizzare l'intero servizio di accettazione al fine di razionalizzare i ricoveri e le altre forme di ospedalizzazione alternativa;
nell'area di Medicina, la maggior incidenza di polipatologie dell'anziano obbliga a un processo di specializzazione, con un impegno attivo soprattutto della figura del primario che oggi, nonostante il lungo tempo intercorso, non è stata ancora definita. Lo stesso si dica per la figura del caposala infermieristico. Pertanto, sotto il profilo organizzativo, esiste una commistione dei ruoli favorita e provocata dalla mancanza di rapporti gerarchici consolidati fino alla mancata applicazione dei principi di fattiva collaborazione e serena fiducia tra gli operatori, così come previsti per legge. Il processo di specializzazione dell'area medica dovrebbe prevedere apposite unità operative per gastroenterologia, malati terminali e terapia del dolore, da anni previsti dalla normativa vigente. Nell'area di medicina è particolarmente importante specializzare la struttura con un servizio idoneo a trattare le insufficienze respiratorie e cardiorespiratorie alla luce della sempre maggior incidenza di patologie croniche dell'anziano. Ancora, vi è la notevole necessità di un efficiente servizio di riabilitazione per i pazienti ricoverati;
nell'unità operativa Cardiologia-utic, manca un settore per l'emodinamica, ampiamente giustificato dalle patologie che vengono attualmente trattate;
nell'area di Chirurgia, manca un primario che abbia la possibilità di impegnarsi per lo sviluppo dei settori di chirurgia ambulatoriale e diagnostica complessa ed invasiva. In particolare il settore della day surgery è caratterizzato da una modesta capacità produttiva e l'intera area di chirurgia necessita di un radicale piano di sviluppo delle attività di tipo ambulatoriale secondo le attitudini e le esperienze dei chirurghi. Tale piano deve essere responsabilmente sviluppato da un dirigente in grado di sviluppare appieno il proprio ruolo di primario;
l'unità operativa di Ortopedia e traumatologia, allo stato attuale, ha indici di produttività che superano ampiamente gli standard minimi ed ha un indice di attrattività che supera ampiamente il 40 per cento. La ridotta capacità produttiva delle altre analoghe unità operative della provincia determina un sovraccarico funzionale che necessita di specifica attenzione da parte degli organi aziendali e di quelli regionali. Infatti, il maggior carico di lavoro obbliga ad un maggior impegno economico che deve essere considerato dagli organi aziendali, e non misconosciuto, in modo da non arrecare danno o intralcio al servizio. L'unità operativa ha estremo bisogno dello sviluppo di settori specializzati e di forme alternative al ricovero e dell'immediata integrazione della dotazione organica di personale medico ed infermieristico. In particolare si rappresenta la necessità di orientare la specializzazione per le specialità di chirurgia della mano e day surgery. Inoltre, il servizio ambulatoriale dovrebbe prevedere un'apposita sala per rimozione degli apparecchi gessati;
l'unità operativa di Urologia con litotrissia dovrebbe essere completamente riorganizzata con personale medico urologo "esperto" con particolare riguardo ai settori di litotrissia e di day surgery. La mancanza di un primario ha creato un disordine organizzativo che ha limitato l'utilizzo della dotazione strumentale in maniera grave e sicuramente antieconomica;
nell'area materna infantile, la mancanza di una figura di primario, che non è stata ancora definita, ha creato un disordine organizzativo sia nell'unità operativa di Ostetricia e ginecologia che in quella di Pediatria con nido. La mancanza di un caposala titolare crea difficoltà organizzative e conflittualità. La presenza della figura titolare è indispensabile per attuare progetti di sviluppo per l'area pediatrica. Inoltre, è particolarmente sentita la carenza di personale medico qualificato;
per quanto riguarda l'area della terapie intensive, l'UTIC dovrebbe integrare la propria dotazione di posti letto fino a 8 in modo da raggiungere il numero minimo previsto dall'art. 3 del decreto ministeriale 13 settembre 1988. La dotazione di personale infermieristico dell'unità operativa di Terapia intensiva e rianimazione dovrebbe essere integrata in modo da consentire lo sviluppo e la razionalizzazione di alcuni settori, ad esempio la terapia del dolore. Il servizio ambulatoriale dovrebbe essere potenziato creando delle apposite équipe infermieristiche e mediche per visite neurologiche con elettroencefalogramma, in modo da ridurre significativamente le liste di attesa. L'unità operativa di Radiologia avrebbe bisogno di una figura primariale per regolamentare i piani di lavoro ed evitare interferenze esterne;
l'unità operativa di laboratorio analisi avrebbe bisogno di una completa riorganizzazione,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di tali criticità e quali iniziative di sua competenza intenda assumere per scongiurare la paralisi dell'ospedale di Piedimonte Matese;
se non ritenga opportuno promuovere una verifica ispettiva presso l'ospedale, al fine di verificarne il corretto funzionamento.
(4-05314)
DE POLI - Ai Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dell'economia e delle finanze - Premesso che:
da fonti di stampa si apprende di una situazione che coinvolge migliaia di insegnanti in tutta Italia che hanno sottoscritto con la scuola in cui prestano servizio un contratto "di supplenza breve", che consiste nel sostituire personale in malattia e maternità;
da quest'anno, non sono più le singole scuole a versare loro la retribuzione, ma è il Ministero dell'economia e delle finanze che provvede direttamente al pagamento, spesso con ritardi anche di mesi, procurando notevoli disagi,
si chiede di sapere quali azioni i Ministri in indirizzo intendano disporre per arrivare ad un chiarimento definitivo della questione e poter dare certezze e dignità a questi lavoratori che, al pari degli altri dipendenti pubblici, meritano rispetto.
(4-05315)
CENTINAIO - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:
ai sensi degli art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione e delle disposizioni di legge in materia ambientale, lo Stato ha legislazione esclusiva nelle materie relative alla tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali;
a tale proposito, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 8 del 22 luglio 2004 ed in altre occasioni, ha precisato che l'ambiente è qualificato come valore costituzionalmente protetto, in ordine al quale si possono manifestare competenze diverse, che possono ben essere regionali, spettando allo Stato il compito di fissare standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale;
nel settore della tutela all'ambiente, la competenza esclusiva dello Stato non è dunque incompatibile con interventi specifici del legislatore regionale che, tuttavia, si deve attenere alle proprie competenze;
ad Aprilia (Latina), ed in particolare in località Campo di Carne, il giorno 10 febbraio 2016, si è verificato un incidente che ha provocato l'incendio di ben 2.000 litri di olio combustibile presso la centrale turbogas di via Nettunense, di proprietà del gruppo Sorgenia SpA;
il territorio di Aprilia vede la presenza di ben 4 aziende a rischio d'incidente rilevante, secondo la normativa "Seveso", e di ben 8 impianti di biogas e 2 di compostaggio;
inoltre, recenti studi epidemiologici hanno rilevato un'incidenza preoccupante di patologie tumorali in tale territorio in netto incremento rispetto alla media provinciale,
si chiede di sapere se il Ministro sia a conoscenza della grave situazione e come intenda intervenire per tutelare al massimo la salute dei cittadini di Aprilia, sostenere le loro legittime richieste e non lederne i diritti costituzionalmente garantiti.
(4-05316)
STEFANI - Al Ministro della giustizia - Premesso che:
il procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza, dottor Antonino Cappelleri, ha presentato recentemente, per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, la relazione sull'amministrazione della giustizia, dalla quale si evince che le emergenze criminali per la provincia di Vicenza sono, da un lato, i reati tributari e la bancarotta, e, dall'altro lato, i reati contro il patrimonio;
alcuni quotidiani locali ed in particolare il "Giornale di Vicenza" del 28 gennaio 2016 hanno riportato stralci della relazione del procuratore capo di Vicenza; emerge che «I dati sulla criminalità, che fanno riferimento al periodo 1 luglio 2014 - 30 giugno 2015, evidenziano in particolare come i furti - pur in calo rispetto all'anno precedente, ma più numerosi rispetto a due anni fa - siano tantissimi: 16.075, cioè 44 al giorno, quasi due all'ora (di solo 778 sono stati scoperti gli autori). Di questi, oltre 2.300 sono avvenuti in casa. (...) Il procuratore sottolinea come i reati contro il patrimonio, a partire dalla rapina di Nanto con la sparatoria fra Graziano Stacchio e i banditi, abbia destato "particolare attenzione nell'opinione pubblica e nel dibattito politico", giungendo a livello di "esasperazione". Le rapine sono in leggero calo (247 contro 280 del periodo precedente), ma aumentano il riciclaggio e l'usura (66 fascicoli contro 40). E, per quello che riguarda i furti, Cappelleri precisa che se il calo può apparire "a prima vista incoraggiante, potrebbe però derivare dalla sfiducia del cittadino che rinuncia a sporgere denuncia. In ogni caso, la percezione sociale del fenomeno dei cosiddetti reati predatori resta di sostenuto allarme". (...) Nell'anno considerato, sono stati 25 i fascicoli aperti per bancarotta fraudolenta (ma il dato potrebbe essere sballato per un malfunzionamento del sistema informatico), 8 quelli per falso in bilancio. Sul fronte tributario, i fascicoli sono 379; alcuni relativi a "rilevanti frodi carosello in ambito internazionale... e fenomeni di esterovestizione". (...) In aumento gli omicidi colposi da incidenti stradali (44), in calo invece gli infortuni sul lavoro (5 quelli mortali, 80 quelli con feriti). Le indagini per omicidio volontario sono state 7, altrettante quelle per il tentativo. (...) In aumento la pedofilia (12 casi), calano leggermente le violenze sessuali (107) e lo stalking (136), anche se i numeri restano assai rilevanti. (...) I reati contro la pubblica amministrazione, su cui l'attenzione è molto elevata, restano in linea con il passato recente (274 fascicoli). Fra questi, 9 i fascicoli per corruzione, 2 per concussione e 7 per peculato. Sette anche le indagini avviate per indebita percezione di contributi. (...) Risultano in calo da qualche anno le indagini contro lo spaccio di droga (comunque, si tratta di 314 fascicoli), mentre sono in decisa ascesa quelle contro l'inquinamento e la violazione della legge sui rifiuti: erano 203, sono diventate 281. Frequenti le inchieste contro i reati informatici (soprattutto le truffe), oltre un centinaio nel corso dell'anno»;
dalla relazione emerge che la percezione sociale del fenomeno dei reati predatori resta molto allarmante, anche alla luce del fatto che oltre 2.300 furti sono avvenuti in casa e che la normativa attuale, a giudizio dell'interrogante, estremamente garantista, prevede una serie di benefici e sconti di pena, così minando la certezza della pena, nonché confermando uno stato di insicurezza endemico. Le norme in tema di legittima difesa, inoltre, non appaiono all'interrogante idonee, tenendo conto del clima di tensione in cui molte persone vivono, divise tra la preoccupazione per la sicurezza dei propri cari e la necessità di non costringere le proprie famiglie ad una vita blindata, proprio nella realtà vicentina dove si sono avuti due casi balzati alle cronache per la particolarità degli avvenimenti. Si ricordi, come ha evidenziato anche il procuratore capo nella relazione, il caso di Graziano Stacchio, benzinaio che ha sventato una rapina, con sparatoria, in una gioielleria a cui è seguita la morte di uno dei rapinatori, e il caso di Ermes Mattielli condannato alla reclusione, nonché al pagamento del risarcimento, per aver causato la morte di un ladro penetrato nella sua proprietà;
altrettanto preoccupante è la sfiducia che i cittadini nutrono nei confronti della giustizia, a causa delle vistose carenze normative e regolamentari che impediscono l'azione degli stessi operatori delle forze dell'ordine e stridono con la realtà e contribuiscono, indirettamente, a peggiorare i livelli di sicurezza e di tutela riferibili a fenomeni criminali;
il Governo deve immediatamente promuovere modifiche normative tese a prevedere norme di diritto penale sostanziale e processuale certe e rigorose, senza lassismi, fungendo così da concreto deterrente alla criminalità, e non certo con provvedimenti che, per rispondere al problema del sovraffollamento delle strutture penitenziarie, rimettono in libertà detenuti già condannati che, in molti casi, delinquono nuovamente e appesantiscono il lavoro delle procure, poi vanificato;
la Procura di Vicenza, al 30 giugno 2015, aveva 14.929 fascicoli pendenti, circa 1.650 per ciascuno degli 11 magistrati: diretta conseguenza è l'impossibilità di realizzare in modo soddisfacente la ragionevole durata del processo;
nella Procura di Vicenza, rispetto alla pianta organica, manca il 25 per cento dei pubblici ministeri e oltre il 20 per cento del personale amministrativo. Le difficoltà nella trattazione delle inchieste è causa anche dei ritardi, tanto che 1.055 delle 8.666 definizioni consistono in prescrizioni, pari al 12 per cento;
la Procura è impegnata attualmente anche nell'indagine che coinvolge la Banca popolare di Vicenza, sia con l'inchiesta che vede indagati 6 dei vertici della banca per aggiotaggio, sia con diversi fascicoli aperti dopo più di un centinaio di denunce; il numero dei casi in decisa crescita, la carenza di personale amministrativo e la mancata applicazione di altri magistrati inquirenti potrebbero non consentire la definizione in tempi ragionevoli degli estruendi processi penali;
il filone importante delle indagini che riguardano la Banca popolare di Vicenza, come l'ha definito il procuratore capo, dovrà accertare le responsabilità anche dei dipendenti della banca e le denunce dovranno essere analizzate singolarmente. Questo carico di lavoro abnorme si sommerà quindi alle pratiche già svolte dall'organico ridotto;
se, da una parte, è urgente quindi tamponare immediatamente l'emergenza che sta vivendo la Procura di Vicenza, implementando adeguatamente la pianta organica dei dipendenti, dall'altro lato, è fondamentale, secondo l'interrogante, creare le basi per mettere in condizione le procure di lavorare agevolmente,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo, per quanto di competenza, intenda porre dei rimedi alla situazione, anche promuovendo provvedimenti che fungano da effettivo deterrente per la criminalità, sia in riferimento alla certezza della pena che alla revisione della normativa sulla legittima difesa in senso non punitivo per la persona offesa, come invece appare all'interrogante congegnata l'attuale formulazione dell'articolo 52 del codice penale;
se intenda attivarsi per l'immediata ricostituzione dell'organico degli operatori giudiziari, e ciò al fine di consentire alle cancellerie del Tribunale di Vicenza di funzionare in modo efficiente ed efficace per far svolgere in tempi ragionevoli il ruolo che costituzionalmente è assegnato agli organi giudiziari;
infine, se sia prevista l'applicazione di altri magistrati presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Vicenza a fronte del gravoso carico dovuto alle indagini che coinvolgono i vertici ed i dipendenti della Banca popolare di Vicenza.
(4-05317)
STUCCHI - Ai Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che:
il docente di filosofia del liceo linguistico "Giovanni Falcone" di Bergamo, Stefano Rho, è stato licenziato a gennaio 2016, per non aver dichiarato in un'autocertificazione, prodotta all'atto della presa in servizio, una condanna del giudice di pace al pagamento di una multa di 200 euro, irrogata per "aver urinato in un cespuglio 11 anni fa";
l'interrogante non entra nel merito della vicenda, che seguirà l'iter avviato;
il professore Rho è stato licenziato non per aver commesso il fatto in questione, ma perché non lo ha dichiarato nel momento in cui ha preso servizio;
nella provincia di Bergamo si sarebbero verificati casi analoghi, che vedono altri dipendenti licenziati,
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo non ritengano opportuno dover revisionare l'impianto normativo che disciplina l'istituto dell'autocertificazione e della decadenza dall'impiego, ai sensi dell'art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, anche in relazione al tipo reato commesso e ai fatti che contestualizzano l'accaduto, al fine di evitare automatiche procedure, non sempre rispondenti al principio del buon andamento della pubblica amministrazione, volto alla realizzazione dell'interesse pubblico.
(4-05318)
BRUNI, ZIZZA - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:
nonostante le intenzioni dei vari Governi susseguitisi negli anni, il trasporto pubblico del Mezzogiorno d'Italia resta tra i più carenti d'Italia;
il debutto del treno "Freccia Rossa" Milano-Bari è stato accompagnato da molte polemiche, poiché il servizio escludeva di fatto le città di Lecce e Brindisi e numerose sono state le petizioni promosse da cittadini, aziende locali e giornali per far sì che il territorio del Salento, meta sempre più ambita da turisti da tutto il mondo, non fosse discriminato e tagliato fuori dai collegamenti con il nord del Paese. L'alta velocità, infatti, copre ad oggi in prevalenza tutte le regioni del centro-nord Italia;
il Governo Renzi, i vertici di Trenitalia e il presidente della Regione Puglia nel mese di ottobre 2015 hanno annunciato che, entro l'estate 2016, il treno Freccia Rossa sarebbe arrivato anche nelle città salentine;
al termine dell'incontro fra gli esponenti del Governo, l'amministratore delegato di Trenitalia e il presidente della Regione Puglia, si sono susseguite decine di dichiarazioni, nelle quali si affermava che l'obiettivo prefissato era stato raggiunto, che gli investimenti nelle infrastrutture su ferro avrebbero rappresentato il primo passo verso una maggiore qualità del servizio territoriale e che un'area così importante turisticamente, avrebbe avuto finalmente l'alta velocità, migliorando i collegamenti per i tanti lavoratori e studenti, oltre che per i numerosissimi turisti che giungono nel Salento;
come si evince recentemente da alcuni articoli di stampa, l'accordo siglato per i trasporti pubblici pare, invece, andare in direzione contraria. Sarebbero 9 i miliardi di investimento destinati, non solo all'alta velocità, ma a migliorare tecnologie e servizi;
a quanto sembra, però, i maggiori investimenti si concentrerebbero al centro-nord. Nel Mezzogiorno, infatti, gli interventi programmati sarebbero minimi, meno di un decimo di quelli previsti nel resto della penisola. Stanziati solo 400 milioni per i pendolari. Gli investimenti previsti riguardano Roma (172 milioni), Firenze (70 milioni), Milano (45 milioni), Torino (30 milioni) e Bologna (30 milioni). Nulla è invece pare essere programmato nelle città metropolitane del Sud;
considerato che la stagione estiva è alle porte e l'importanza strategica di avere un efficiente trasporto su ferro nell'area salentina, per offrire migliori servizi ai turisti che affolleranno quel territorio, appare sempre più fondamentale,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda chiarire quali siano effettivamente gli investimenti stanziati per lo sviluppo del trasporto pubblico per il sud Italia e se non ritenga opportuno intervenire per rimodulare i suddetti investimenti;
se saranno rispettate le scadenze e le modalità annunciate per il progetto "Freccia Rossa" Milano-Lecce, con la realizzazione del piano per l'alta velocità per le città di Lecce e Brindisi.
(4-05319)
FABBRI, ALBANO, AMATI, ANGIONI, ASTORRE, BERTUZZI, BORIOLI, CIRINNA', D'ADDA, DIRINDIN, IDEM, LAI, LO GIUDICE, LUCHERINI, MATURANI, MORGONI, ORRU', PAGLIARI, PEGORER, Gianluca ROSSI, SANGALLI, SCALIA, SOLLO, VALDINOSI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dell'interno - Premesso che:
la violenza contro le donne ha assunto ormai da tempo i connotati di una vera e propria emergenza nazionale, costituendo la prima causa di morte per le donne. Questa problematica, come è noto, attraversa in maniera trasversale ogni strato della nostra società, senza distinzione di ceto, etnia, età;
i centri antiviolenza, attraverso la propria attività di accoglienza e assistenza alle vittime, le azioni culturali nelle scuole, le campagne di sensibilizzazione nei territori, il lavoro di raccordo tra gli enti istituzionali che contrastano la violenza, svolgono un ruolo prioritario e determinante;
tra gli scopi fondamentali che i centri antiviolenza perseguono, vi è quello di aiutare concretamente le donne ad uscire da una condizione di violenza, di sofferenza e di pericolo, attraverso l'ausilio di spazi e figure specializzate messe a disposizione dagli stessi centri;
i centri antiviolenza svolgono diverse attività, tra cui colloqui telefonici e preliminari, per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni utili, accoglienza delle vittime di violenza per definire il percorso di presa in carico e di uscita dalle dinamiche di violenza subita, assistenza psicologica, consulenza di carattere legale, sostegno nel cercare soluzioni per ospitalità temporanea alle vittime e ai loro figli minori;
attraverso tali attività, viene attivata la rete di protezione antiviolenza; in particolare, nella provincia di Pesaro, essa si è costituita con l'apertura del centro nel 2009 e oggi copre l'intero territorio e consente ai soggetti che ne fanno parte di confrontarsi e di condividere la cultura del lavoro e allo stesso tempo sostenere il processo di accoglienza, presa in carico e accompagnamento delle vittime;
i singoli comuni della provincia di Pesaro sono parte della rete attraverso gli ambiti territoriali sociali, le forze dell'ordine (Questura, Prefettura, comando provinciale dei Carabinieri) servizi socio/sanitari (azienda ospedaliera ospedali riuniti Marche Nord, Asur - Area Vasta), alcuni ordini professionali (ordine dei medici e degli psicologi delle Marche);
numerosi sono gli interventi e le strategie concertate nei tavoli operativi e istituzionali, che si tengono periodicamente, organizzate dalla rete e dal centro antiviolenza, tra cui campagne di sensibilizzazione sul territorio, interventi a carattere educativo alla non violenza e al rispetto dei generi nelle scuole;
il centro è collegato con la casa di emergenza, la cui finalità principale è quella di mettere in sicurezza la donna vittima di violenza, insieme ai propri figli minorenni, quando si ritiene che la stessa sia esposta ad una situazione di pericolo; il periodo di permanenza in tale struttura (da 4 giorni completamente gratuiti fino ad un massimo di 15, dietro pagamento di una retta) serve ai servizi sociali di riferimento, insieme ai servizi consultori in presenza di figli minorenni, per elaborare un progetto di uscita dalla situazione di violenza, che sia efficace e realizzabile;
nel corso del primo anno di apertura della struttura) da dicembre 2013 a dicembre 2014, sono state accolte 27 donne di età compresa tra i 19 e i 48 anni (due delle quali in attesa di un figlio) e 33 bambini di età compresa tra 7 mesi e 16 anni;
il centro antiviolenza provinciale "Parla con Noi" di Pesaro è diventato, negli anni, una realtà consolidata del territorio e un punto di riferimento molto importante per tante donne vittime di violenze, che hanno trovato in tale servizio una speranza di vita migliore per loro e per i propri figli; inoltre, il centro, affiancato dalla casa di emergenza, aperta nel Comune di Pesaro nel 2014, grazie ad un progetto al quale ha partecipato la Regione Marche e le province marchigiane, ha offerto un valido sostegno ai servizi erogati solitamente dai comuni;
ciononostante, negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva riduzione dei fondi destinati a tale tematica, con il rischio concreto di chiusura del servizio;
ciò contrasta con una richiesta sempre maggiore di personale più qualificato e di ulteriori attività; a tal proposito, si evidenzia che l'art. 3 comma 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 luglio 2014 per i centri antiviolenza, istituiti dalla Regione Marche con delibera giunta regionale n. 451 del 28 maggio 2015, prevede, oltre all'ascolto, all'accoglienza, all'assistenza psicologica e legale, anche l'orientamento al lavoro, il supporto ai minori vittime di violenza assistita, percorsi di inclusione lavorativa, orientamento all'autonomia abitativa, l'apertura di almeno 5 giorni alla settimana (ivi compresi i giorni festivi) per la formazione iniziale e continua per il personale;
a Pesaro, così come in altri centri antiviolenza della Regione, ci si avvale soprattutto di personale volontario, in particolare di avvocatesse e di psicologhe facenti parte di una associazione di promozione sociale "Percorso Donna", da sempre partner della Provincia, e di operatrici addette all'accoglienza e all'accompagnamento delle vittime appartenenti ad una cooperativa che gestisce il servizio;
considerato che:
la riduzione dei fondi destinati a tali strutture rappresenta un ostacolo enorme per tutti i centri antiviolenza della Regione Marche, in quanto impedisce la programmazione e lo svolgimento di tutte le attività a supporto delle donne vittime di violenza;
i centri antiviolenza, per garantire la loro attività, hanno beneficiato, fin dalla loro istituzione, del finanziamento regionale previsto dalla legge regionale 11 novembre 2008, n. 32, recante "Interventi contro la violenza alle donne" istitutiva dei centri antiviolenza nelle Marche e dei fondi di bilancio provinciali;
a seguito della legge 7 aprile 2014, n. 56 sono intervenute significative modifiche che hanno sottratto la competenza in materia di violenza di genere alle province; successivamente, la legge regionale n. 13 del 2015 non ha previsto, tra le funzioni trasferite alle Regioni, quelle specifiche di cui alla legge regionale n. 32 del 2008;
a ciò vanno aggiunte le modifiche apportate dalla legge regionale n. 32 del 2014, secondo la quale le risorse per la violenza devono essere reperite dal fondo delle politiche sociali, su cui sono stati effettuati tagli considerevoli, connesse al piano triennale sociale, ancora in fase di completamento, e quindi connesse ai piani gestiti dagli ambiti;
le modifiche alla normativa regionale hanno, dunque, inserito il contrasto alla violenza nella programmazione degli ambiti, sempre più carenti di risorse, per far fronte a tutti i servizi che sono tenuti a gestire;
anche il piano straordinario contro la violenza ha previsto un modello di governance centrato sugli ambiti territoriali sociali, ma di fatto il piano risulta bloccato soprattutto per la parte finanziaria di sostegno ai centri antiviolenza e alle iniziative di contrasto;
nel 2015 è stato presentato alla Regione Marche il progetto di gestione del centro antiviolenza in partenariato con i 6 ambiti territoriali sociali del territorio e il progetto è stato accolto e finanziato dalla Regione con fondi propri e con fondi statali;
per il 2016, in ossequio alle normative indicate, è stato richiesto che l'ambito di Pesaro si facesse carico della progettazione e gestione del centro "Parla con Noi" per tutta l'Area Vasta, da sottoporre a finanziamento alla Regione Marche. La Provincia, in partenariato con tutti gli altri ambiti, fornisce il supporto necessario per l'avvio di questo nuovo percorso e mantiene il coordinamento;
l'ambito di Pesaro, con delibera di Giunta comunale n. 108 del 9 giugno 2015, si è reso disponibile a farsi carico del servizio, subordinando però il suo impegno alla reale disponibilità di fondi da parte della Regione Marche e degli ambiti territoriali sociali del territorio, che andranno a garantire la necessaria copertura finanziaria;
considerato che per quanto risulta agli interroganti:
nel 2015 il servizio del centro antiviolenza "Parla con Noi" è costato 64.019,16 euro;
l'importo è stato coperto in parte da contributi pubblici (Stato, Regione, ambiti territoriali sociali) e in parte da privati (attraverso raccolte di fondi); nei primi 4 mesi dell'anno (gennaio/aprile) il centro ha lavorato a regime ridotto, senza la presenza di psicologhe, di supervisore e di un'operatrice di rete;
per il 2016 si prevede un costo del servizio pari a 78.000 euro, finalizzati a garantire i servizi minimi richiesti dall'intesa Stato/Regioni citata (orari, giornate di apertura, servizi, personale);
attualmente, tuttavia, il centro sta procedendo con proroghe mensili del servizio, ciò grazie a piccole donazioni e qualche contributo versato dagli ambiti; il costo del servizio per il mese di gennaio è stato di 6.500 euro, il costo del servizio per i mesi di febbraio/marzo è di appena di 7.800 euro complessivi;
il servizio opera attualmente con un numero di personale e di orari ridotti e mancano i fondi minimi per garantire i costi dei prossimi mesi;
inoltre, ad oggi, non risultano ancora pervenuti i fondi stanziati dalla Regione in base all'art. 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, per la gestione 2016 del contrasto alla violenza;
dal riparto effettuato dalla Regione Marche, secondo criteri prestabiliti, l'importo complessivo da destinare ai 5 centri della Regione ammonta a 98.000 euro di cui 23.000 a Pesaro che, di fatto, servirebbero a coprire solo alcune mensilità;
il ritardo e il mancato trasferimento dei fondi necessari al funzionamento di tali strutture sta determinando molteplici e seri problemi e disservizi, in quanto impediscono di preventivare la gestione annuale, gli appalti e la progettazione,
si chiede di sapere:
in che tempi verranno erogati i fondi già previsti dal piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere (articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 14 agosto 2013), adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015 e registrato dalla Corte dei conti il 25 agosto 2015;
quale sia lo stato delle procedure per l'accesso ai fondi PON 2014/2020, previsti nel suddetto piano e in che modo si intenda ripartire tali risorse negli anni tra gli enti;
se non si ritenga che il tema della violenza sulle donne non debba diventare una priorità strategica e un impegno costante per il nostro Paese e se questo non implichi, in prima istanza, un aumento delle risorse destinate alla lotta e alla prevenzione a tutto campo di tale fenomeno, sostenendo innanzitutto i centri antiviolenza presenti sul territorio;
se, per garantire il funzionamento dei centri antiviolenza, non si ritenga necessario prevedere, oltre ai contributi provenienti dalla Regione e dagli ambiti territoriali, lo stanziamento di fondi statali con proiezione triennale, o almeno annuale, per consentire a tali centri una programmazione più a lungo termine e una più efficace gestione dei servizi attraverso gli appalti di gara.
(4-05320)
MUNERATO - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:
è notizia riportata su "Il Resto del Carlino" del 20 febbraio 2016 quella del rischio per Rovigo di perdere la sede dell'Ispettorato del lavoro;
sembra sia pronto lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n.149, (uno dei tanti decreti attuativi del "jobs act"), che prevede l'accorpamento di 19 direzioni territoriali del lavoro e l'istituzione di 4 ispettorati interregionali, in luogo delle attuali direzioni;
secondo tale schema, Rovigo dovrebbe essere accorpato a Ferrara, divenendo di fatto l'unica provincia veneta a perdere la direzione dell'Ispettorato del lavoro ed a subire tale duro colpo dalla nuova organizzazione dell'Ispettorato,
si chiede di sapere quale siano le ragioni che, nell'ambito del processo di razionalizzazione dell'assetto territoriale dell'Ispettorato del lavoro, hanno indotto ad eliminare, con riguardo alla regione Veneto, proprio la sede provinciale di Rovigo e ad accorparla con quella di Ferrara, facendo prevalere una scelta extraregionale, ad avviso dell'interrogante incomprensibile ed insensata.
(4-05321)
MUNERATO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:
la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014) ha introdotto un nuovo regime Iva, denominato split payment, da utilizzarsi a decorrere dal 1° gennaio 2015 in caso di cessione di beni o prestazioni di servizi nei confronti di enti pubblici;
nel dettaglio, con il regime dello split payment, il prestatore o cedente emette fattura con l'annotazione "scissione dei pagamenti" e nelle modalità ordinarie, quindi con la rivalsa dell'Iva; quest'ultima, tuttavia, non verrà incassata dal fornitore, bensì versata direttamente dall'ente pubblico, in sede di registrazione della fattura, quindi, l'Iva verrà annotata nel registro vendite, ma non ricadrà nella liquidazione periodica. Lo storno dell'Iva può essere effettuato con una scrittura successiva alla registrazione della fattura, ovvero con apposita scrittura, che indichi, contestualmente alla registrazione della fattura, l'ammontare dell'Iva sia in dare sia in avere;
secondo la denuncia del presidente della Cna (Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa), riportata sul quotidiano "Italia Oggi" del 13 gennaio 2016, lo split payment dell'Iva costerebbe alle imprese diversi miliardi di euro di liquidità;
nei primi 11 mesi del 2015 l'imposta ha drenato 5,8 miliardi di liquidità a favore dell'erario e nel 2016, con il meccanismo della scissione dei pagamenti a regime, potrebbero raggiungere 16 miliardi di euro;
l'80 per cento di questa cifra dovrà essere restituita alle imprese con le modalità della compensazione o attraverso il rimborso;
ovvio, dunque, che a scontare gli effetti negativi di tale meccanismo saranno gli artigiani e le piccole e medie imprese che, non riuscendo a compensare integralmente il credito nei riguardi dell'erario, si ritroveranno costretti a chiederne il rimborso, erogato però solo dopo diversi mesi;
la denuncia del presidente della Cna è più che mai allarmante: "quest'anticipazione obbligata dell'Iva ha solo il risultato certo di mandare le imprese in crisi di liquidità e di incrementarne le difficoltà",
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga urgente intervenire, con atti di propria competenza, per rimediare alle distorsioni dello split payment ed ai danni che lo stesso sta creando alla liquidità delle imprese, specie quelle medio-piccole, ossatura del sistema produttivo e dell'economia italiana.
(4-05322)
MUNERATO - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:
secondo gli ultimi dati diffusi dalla Cgil 2016, a gennaio 2016 la cassa integrazioni guadagni è tornata ad aumentare, con una crescita del 33,86 per cento rispetto a dicembre 2015 e del 12,84 per cento rispetto a gennaio 2015;
secondo il rapporto "gennaio 2016" dell'osservatorio cig (cassa integrazione guadagni) della Cgil, l'aumento è legato, nella quasi totalità, alle ore di cigs (cassa integrazione guadagni straordinaria) che hanno segnato un incremento del 70,40 per cento sul mese precedente e del 69,61 per cento su gennaio 2015; nel solo mese di gennaio, i lavoratori in cig hanno perso in totale circa 218 milioni di euro del reddito al netto delle tasse ed ogni singolo lavoratore, in cassa integrazione a zero ore, ha subito una riduzione del salario, al netto delle tasse, di oltre 640 euro;
è notizia sempre dei giorni corsi quella del boom di contratti a tempo indeterminato, diffusa con enfasi dal presidente Inps, Boeri: nel solo mese di dicembre le assunzioni con incentivo hanno superato le 272.000 unità, oltre il doppio di novembre;
più contenuti, invece, i dati diffusi dall'Istat lo scorso 2 febbraio, secondo i quali a dicembre 2015 la stima degli occupati diminuisce dello 0,1 per cento (con un calo di 21.000 persone occupate) e la stima dei disoccupati a dicembre aumenta dello 0,6 per cento (con un aumento di 18.000);
già nel 2015, appena entrata in vigore la decontribuzione, l'Inps si affrettò a diffondere i dati sulle nuove assunzioni, con il boom di contratti a febbraio, cifre poi smentite dall'Istat, trattandosi di vecchi rapporti di lavoro trasformati in contratti incentivati e al lordo dei licenziamenti,
si chiede di sapere se il Governo intenda dare credito ai dati forniti dalla Cgil sulla cassa integrazione guadagni e quelli Istat su occupati e disoccupati, che dimostrerebbero come la tanto decantata ripresa socio-economica non sia ripartita e, di conseguenza, porre in essere tutte le misure idonee a rilanciare l'occupazione, in primis rendendo strutturale la decontribuzione.
(4-05323)
MUNERATO - Al Ministro dell'interno - Premesso che:
è notizia riportata a mezzo stampa il 21 febbraio 2016, quella di un "braccio di ferro" tra il Prefetto di Treviso e 40 primi cittadini, in merito all'emergenza abitativa dei nuovi profughi in arrivo;
sembrerebbe che i sindaci abbiano disertato il vertice provinciale sul tema, innescando la dura e forte reazione del Prefetto, che avrebbe minacciato di requisire gli appartamenti sfitti dei cittadini, per destinarli ad alloggi per i profughi;
secondo l'opinione dell'interrogante, è assurdo ed inconcepibile scaricare su onesti cittadini l'incompetenza del Governo centrale e degli amministratori locali nel gestire la questione;
la casa, è bene sottolineare, rappresenta da sempre per il cittadino il sacrificio di un'intera vita, l'investimento sicuro dei propri soldi, soggetto peraltro ad esosa tassazione e pertanto nessuna autorità dovrebbe, inopinatamente, appropriarsene;
a giudizio dell'interrogante, il Governo e le istituzioni a tutti i livelli, ancor prima del dovere morale di trovare una sistemazione a rifugiati e immigrati, hanno un dovere costituzionale di tutelare e garantire i propri cittadini, anche in riferimento al proprio patrimonio ed ai propri beni,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non intenda intervenire, per quanto di competenza, posto che la Prefettura è l'ufficio territoriale del Governo, sulla querelle di cui in premessa, a garanzia dell'intoccabilità delle case dei cittadini veneti.
(4-05324)
ARRIGONI - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:
in data 13 agosto 2015, sulla Gazzetta Ufficiale n. 187, è stata pubblicata la legge 7 agosto 2015, n. 124, recante "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche";
l'articolo 8, comma 1, lettera a), prevede, tra l'altro, l'eventuale assorbimento del Corpo forestale dello Stato in altra forza di polizia;
il Consiglio dei ministri, nel corso della riunione n. 101 del 20 gennaio 2016, ha approvato, in sede preliminare, uno schema di decreto legislativo, non ancora reso noto ufficialmente nel suo contenuto, recante tra l'altro un eventuale spacchettamento del Corpo forestale dello Stato tra Arma dei Carabinieri, Guardia di finanza, Vigili del fuoco e Polizia di Stato;
nel corso della seduta n. 496 dell'Assemblea del Senato, il 3 agosto 2015, l'Aula, con parere favorevole del Governo, ha approvato un ordine del giorno proposto dal Gruppo Lega Nord e Autonomie (9/1577-B/7, G8.4), che recita: "Il Senato, esaminando l'Atto Senato 1577-B, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche; rilevando come alcune disposizioni presenti nell'articolo 8, prevedano lo scioglimento di fatto del Corpo forestale dello Stato ed il trasferimento delle sue competenze e del suo personale ad altre forze di polizia, di cui non è peraltro specificata né l'identità né il tipo di ordinamento; sottolineando l'importanza di non disperdere il patrimonio di professionalità e l'esperienza maturata dal Corpo forestale dello Stato nel campo che ha costituito finora l'oggetto della sua missione specifica; rimarcando come la soggezione allo status militare rappresenti una scelta di vita, che comporta sacrifici differenti e superiori rispetto a quelli richiesti per far parte di una Forza di polizia ad ordinamento civile o di altro Corpo armato dello Stato, persino dal punto di vista dell'aspetto esteriore; ritenendo conseguentemente, che non possa esser chiesto all'improvviso a chi ha abbracciato una professione civile, sia pure di servizio all'interno di un Corpo armato dello Stato, di accettare un penalizzante cambiamento di status divenendo soggetto all'insieme delle norme regolamentari e di legge che si applicano ai militari; auspicando che prevalga, in sede di esercizio della delega, l'idea di non frammentate il Corpo forestale dello Stato, ma di mantenerne personale e capacità in un contesto unitario, possibilmente all'interno della Polizia di Stato, alle dipendenze di una nuova Direzione generale ad hoc del Ministero dell'interno; evidenziando come la sopra menzionata soluzione incontri anche il favore del personale attualmente alle dipendenze del Corpo forestale dello Stato, impegna il Governo in sede di esercizio della delega concernente il riassetto delle funzioni di polizia dell'ambiente, a non disperdere il patrimonio di esperienze e di capacità dell'attuale Corpo forestale dello Stato, evitandone in particolare lo smembramento, e a mantenere lo status civile del suo personale, in considerazione del fatto che la scelta di abbracciare la vita militare non può essere imposta obbligatoriamente ad uomini e donne che ne hanno fatta una differente all'inizio della loro carriera, arruolandosi in un Corpo armato dello Stato ad ordinamento civile";
sulla delicata vicenda del Corpo forestale dello Stato l'interrogante ha presentato diverse interrogazioni, senza aver ricevuto ancora risposte, e precisamente: 4-04380, 4-04489, 4-04833, 4-04918, 4-05223;
in data 18 febbraio 2016 sulla rubrica on line "Insider" del giornale "il Fatto Quotidiano" è apparso un articolo dal titolo "Il pasticcio sui Forestali" con il seguente testo: «Riunione riservatissima qualche giorno fa allo Stato maggiore della Difesa per discutere del previsto passaggio all'Arma dei Carabinieri di quasi settemila agenti (su ottomila in totale, gli altri verranno dispersi tra Polizia, Guardia di Finanza, Vigili del fuoco) del Corpo forestale dello Stato. La prevista militarizzazione dei forestali ha già provocato molte proteste da parte dei sindacati dei corpi di sicurezza. Ma dalla riunione è emerso come non saranno né il Parlamento né i sindacati a creare i maggiori problemi perché pare che meno di tremila forestali su 7034 previsti potranno transitare nei Carabinieri. Il Comando generale ha infatti "scartato" quasi quattromila agenti per varie ragioni, idoneità fisica, età, profili di carriera, stato di servizio, oltre a una serie di altri parametri e valutazioni che non sono stati discussi nel dettaglio. Un risultato forse non previsto, che va ulteriormente ad aggravare i bilanci dei Carabinieri oltre alle spese ingenti già previste, dalle divise alle auto da ridipingere e reimmatricolare, alle caserme da riconvertire agli standard dell'Arma. Alcuni dei presenti alla riunione, i Carabinieri stessi in particolare, hanno lamentato la fretta e l'approssimazione con cui il decreto legislativo è stato elaborato senza prima aver fatto una ricognizione approfondita della situazione. In perfetto stile da annuncite renziana. Il risultato: all'inizio del 2017, quando il decreto dovrebbe entrare in vigore, il Corpo forestale dello Stato non esisterà più e i Carabinieri, a quel punto, avranno oltre quattromila uomini in meno mentre i forestali che l'Arma non vuole nei suoi ranghi si ritroveranno improduttivi e parcheggiati in sovrannumero nelle amministrazioni statali senza sapere cosa fare. Con ecomafie e vandali ambientali vari già pronti a razziare il territorio lasciato incustodito»;
successivamente, in data 19 febbraio, sul portale internet della medesima testata giornalistica è stato pubblicato un ulteriore articolo dal titolo "Forestali contro Carabinieri" con il seguente testo: «Notizie destituite di ogni fondamento: semplicemente false. Pura disinformazione". È inusualmente dura la smentita dei Carabinieri a quanto scritto ieri da Insider sulla possibilità che appena tremila dei settemila agenti del Corpo forestale dello Stato vengano effettivamente assorbiti dall'Arma quando, il 1° gennaio 2017, i forestali verranno sciolti per effetto di un decreto legislativo attualmente all'esame del Parlamento. Giovedì avevamo dato notizia di una riunione riservata dalla quale sarebbe emerso che circa quattromila uomini e donne del CFS si potrebbero trovare in esubero per varie ragioni, oggettive e soggettive: dai profili di carriera, alle condizioni psico-fisiche e altro. Mentre confermiamo la nostra informazione, la smentita dei Carabinieri non sembra aver convinto neppure i sindacati del Corpo, dal Sapaf alla Cgil, dall'Ugl, alla Cisl, all'Snf e al Dirfor. "Se il contenuto dell'articolo fosse confermato, oltre a rivelarsi un clamoroso boomerang per le scelte politiche di Renzi e Madia che vogliono imporre la militarizzazione della tutela ambientale e dei Forestali, ci troveremmo di fronte ad un pericolosissimo caso di dossieraggio oppure ad una fuga di notizie coperte da privacy" scrivono in un comunicato. Le sei sigle sindacali dicono di aver chiesto, raccogliendo il malcontento e la preoccupazione del personale, spiegazioni sia al comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette, che a Cesare Patrone, capo del CFS. Annunciano anche un esposto alla Procura della Repubblica e al garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro. "Qualora il contenuto dell'articolo fosse rispondente alla verità potrebbe essere stata perpetrata una gravissima violazione del diritto di privacy dei dipendenti, soprattutto in ordine alle informazioni di tipo sanitario" scrivono a quest'ultimo»,
si chiede di sapere:
se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza degli articoli di stampa citati e se non ritenga opportuno e doveroso porre in essere tutte le azioni affinché venga accertato il contenuto degli stessi;
se non sia il caso di sollecitare il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, considerata la complessità della questione, ad aprire un immediato e trasparente confronto con i rappresentanti dei lavoratori del Corpo forestale dello Stato sul testo della bozza di decreto legislativo;
se non ritenga di dover prendere in considerazione l'ordine del giorno approvato in data 3 agosto 2015.
(4-05325)
AUGELLO - Al Ministro dell'interno - Premesso che:
in data 19 febbraio 2016, con provvedimento amministrativo del commissario straordinario di Roma capitale Francesco Paolo Tronca, il Comune di Roma, in particolare il Dipartimento delle politiche sociali, sussidiarietà e salute, ha bandito una gara finalizzata alla "regolarizzazione e rafforzamento delle attività professionali preesistenti e contraddistinte da carattere economico informale" promosse dai residenti dei campi rom. In particolare, il Dipartimento si propone di autorizzare "le attività volte al recupero di cose usate attraverso l'utilizzazione di mercatini del riutilizzo, di raccolta di materiali ferrosi e di rifiuti ingombranti";
le attività a cui il Dipartimento si riferisce sono fin qui già state abusivamente esercitate da una vera e propria organizzazione di rom prevalentemente di origine bosniaca, che hanno tratto profitto illegalmente da una capillare attività di rovistaggio nei cassonetti dell'Ama, effettuata quotidianamente in tutta la città;
in pratica, i cosiddetti mercatini dell'usato, gestiti dai rom, commerciano abusivamente rifiuti riciclati sottratti ad Ama SpA attraverso il rovistaggio, quando non sono veri e propri luoghi di ricettazione di oggetti rubati ai cittadini romani attraverso il borseggio ed i furti negli appartamenti;
a seguito delle perplessità espresse dall'interrogante ed ampiamente riprese dalla stampa cittadina, il commissario Tronca ha chiarito il 22 febbraio che il provvedimento verrà modificato inserendo l'obbligo di documentare la provenienza legale della merce venduta nei mercatini, al fine di scongiurare l'evidente rischio di favorire indirettamente un'attività di ricettazione;
questa ultima precauzione pare di difficilissima attuazione, in primo luogo per la natura stessa di questi mercatini che traggono la loro origine, come documentano diverse inchieste e denunce svolte negli ultimi anni dalla Polizia locale, quasi esclusivamente da attività illegali;
pare inoltre difficile svolgere controlli sull'origine della merce venduta in un contesto sociale degradato, dove per svolgere qualsiasi tipo di accertamento, limitando i rischi per gli operatori di Polizia giudiziaria preposti a tale compito, risulta necessario un massiccio dispiegamento della forza pubblica;
per quanto riguarda la raccolta del materiale ferroso, recenti inchieste della Polizia locale hanno dimostrato come, anche in questo caso, si sia radicata nella città di Roma un'organizzazione criminale che acquisisce i materiali attraverso procedure non consentite dalle leggi vigenti in materia di tutela dell'ambiente;
in particolare, tale organizzazione dispone di un'ampia flotta di autocarri e furgoni (circa 500 sono stati sequestrati negli ultimi 4 anni) con cui trasporta materiale ferroso proveniente da rifiuti edili ed industriali che le imprese dovrebbero smaltire a proprie spese in discarica, seguendo le vigenti disposizioni in materia di rifiuti speciali;
il risultato di questo commercio abusivo è che l'organizzazione dei rom seleziona il ferro dagli altri materiali (cemento o altri rifiuti industriali), abbandonando gli scarti in discariche abusive e vendendo il ferro alle società di smaltimento;
recenti inchieste della Polizia locale dimostrano che le società acquirenti non vanno troppo per il sottile nell'acquisto del materiale ferroso, spesso omettendo di annotarne la provenienza nei loro registri, con il risultato che tutta questa attività arreca un grave pregiudizio all'ambiente ed altera i più elementari principi della concorrenza;
infine non si deve sottovalutare il concorso nella raccolta dei materiali ferrosi che proviene dal rovistaggio nel cassonetti predisposti dall'Ama per la raccolta differenziata e dal furto dei rifiuti industriali e dei rifiuti speciali nei cantieri;
poiché il trattamento abusivo dei rifiuti di rame e dei metalli ferrosi non è certo un'esclusiva dei rom capitolini, il legislatore ha recentemente provveduto a regolamentare in modo più stringente questa materia con la legge n. 221 del 2015. Con l'articolo 30, che regolamenta la gestione dei rifiuti, è stato aggiunto all'art. 188 del decreto legislativo n. 152 del 2006 il comma 1-bis che recita testualmente: "Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all'articolo 212, comma 5, ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all'articolo 266, comma 5";
escludendo la disciplina di cui all'articolo 266, comma 5, del decreto legislativo n. 152 la legge vieta quindi che si utilizzi il regime semplificato, che consente la raccolta ed il trasporto dei rifiuti ferrosi effettuato da soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività in forma ambulante. A meno che non siano in grado di adempiere agli obblighi previsti per i soggetti iscritti all'albo nazionale dei gestori ambientali, comprensiva delle autorizzazioni al trasporto dei rifiuti, agli obblighi rispetto al catasto dei rifiuti, ai registri di carico e scarico, eccetera;
a legislazione vigente è dunque impossibile che una semplice cooperativa di trasporto o un semplice commerciante ambulante di materiale ferroso possano effettuare raccolta di materiale ferroso e quindi che il Comune si impegni a sostenere uno start up di questo tipo, a meno che non si intenda trasformare un'organizzazione dedita al riciclo illegale di rifiuti speciali in una società dotata di tutte le autorizzazioni e di tutti i requisiti previsti dalla legge per operare nel settore, circostanza resa quanto mai improbabile dal profilo degli aspiranti operatori e dall'assenza di profili professionali adeguati,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda valutare insieme al commissario prefettizio l'opportunità di approfondire i rilievi mossi nella presente interrogazione, sospendendo l'atto del 19 febbraio redatto dal Dipartimento delle politiche sociali del Comune di Roma.
(4-05326)
MORRA, MORONESE, DONNO, SANTANGELO, PUGLIA - Al Ministro dell'interno - Premesso che:
in data 17 novembre 2010 il Consiglio comunale di Belvedere marittimo (Cosenza), con delibera resa immediatamente esecutiva, nominava il dottor Michele Viggiano revisore unico dei conti per il triennio 2010-2013, ai sensi degli art. 234 e 235 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
il sindaco di Belvedere marittimo, in data 9 maggio 2013, con nota prot. n. 7831, comunicava alla Prefettura-Ufficio territoriale di Governo di Cosenza che l'organo di revisione sarebbe scaduto alla data del 17 novembre 2013 e chiedeva l'attivazione della procedura di estrazione a sorte per la sua ricostituzione, per come previsto dall'art. 5, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno n. 23 del 2012;
la Prefettura, con nota dell'11 novembre 2013, acquisita al protocollo dell'ente il 12 novembre 2013, n. 17869, trasmetteva al Comune di Belvedere marittimo il verbale recante l'esito del procedimento di estrazione a sorte di 3 nominativi per la ricostituzione dell'organo di revisione economico-finanziaria;
l'estrazione, effettuata l'11 novembre 2013 presso la Prefettura, alla presenza dell'assessore comunale ingegner Vincenzo Cristofaro delegato del sindaco, dava il seguente esito: Pasquale Avolio designato per la nomina, Giuseppe Longo e Rita Cavallaro, per eventuali rinunce o impedimenti;
il sindaco, in data 18 novembre 2013, invitava il ragioniere Avolio, designato per la nomina, a presentare formale accettazione dell'incarico e ne acquisiva la disponibilità in data 26 novembre 2013, prot. dell'ente n. 18539;
considerato che:
nonostante i descritti adempimenti, la procedura di ricostituzione dell'organo di revisione scaduto non si completava con la delibera del Consiglio comunale di nomina del revisore designato, peraltro sollecitata dalla Prefettura; pertanto il dottor Michele Viggiano, organo di revisione scaduto alla data del 16 novembre 2013, continuava ad operare e a produrre atti amministrativi quali 26 pareri su delibere di transazione, la relazione di inizio mandato della nuova amministrazione, la relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto di gestione 2013 e sullo schema di rendiconto per l'esercizio finanziario 2013;
si apprende da un comunicato stampa di Riccardo Ugolino, consigliere comunale, pubblicato nel sito "elezionibelvedere", che il dottor Michele Viggiano con verbale n. 08 dell'8 luglio 2014, avente ad oggetto "Relazione sul rendiconto 2013", dichiarava che "la trasmissione degli atti del Conto consuntivo 2013 è avvenuta l'8 luglio 2014" e deliberava nel contempo "di approvare l'allegata relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto";
il dottor Viggiano, a giudizio degli interroganti consapevole che la relazione al consuntivo 2013 veniva redatta ben oltre la vigenza del suo incarico scaduto il 16 novembre 2013, redigeva il verbale n. 09 del 10 luglio 2014, firmato in data 17 luglio, nel quale, secondo il suddetto comunicato stampa, dichiarava "a chiarimento del precedente parere, espresso con verbale n. 08 dell'8 luglio 2014", di aver proceduto "alla verifica di tutti gli atti e documenti contabili dell'anno finanziario 2013 (...) con verbale n. 01 del 10 gennaio 2014, in prosecuzione dei lavori iniziati il 2 gennaio 2014";
considerato altresì che, a parere degli interroganti:
il dottor Michele Viggiano ha deliberatamente ignorato una serie di fattori: che la sua nomina era scaduta il 16 novembre 2013; che la proroga scadeva il 31 dicembre 2013; che la Prefettura aveva sollecitato la ricostituzione dell'organo; che nel periodo di proroga avrebbe potuto adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione nonché gli atti urgenti e indifferibili con indicazione specifica dei motivi di urgenza e indifferibilità; che il ragionier Pasquale Avolio, designato per la ricostituzione dell'organo, aveva dichiarato la propria disponibilità ad accettare l'incarico; che, a norma dell'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 293 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 444 del 1994, tutti gli atti adottati dagli organi decaduti sono nulli;
inoltre, il dottor Viggiano, dichiarando con il verbale n. 09 del 10 luglio 2014 di aver proceduto alla verifica di tutti gli atti e documenti contabili dell'anno finanziario 2013 e dello schema del conto consuntivo dell'esercizio finanziario 2013, predisposto dal responsabile del Servizio finanziario in data 10 gennaio 2014 in prosecuzione dei lavori iniziati il 2 gennaio dello stesso anno, avrebbe di proposito disatteso l'obbligo che prevede che i lavori dell'organo di revisione devono essere verbalizzati in quanto non sussistono verbali datati 2 gennaio 2014 e che, ai sensi dell'art. 239, comma 1, lett. d), del testo unico sugli enti locali, l'organo di revisione relaziona "sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione (...) entro il termine (...) non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo";
dato che la suddetta proposta e tutti gli atti relativi al conto consuntivo 2013, approvati dalla Giunta comunale il 4 luglio 2014, sono stati trasmessi all'organo di revisione in data 8 luglio, pareri e relazioni sul conto consuntivo antecedenti all'8 luglio non avrebbero alcun valore, anche se fossero stati redatti in regime di prorogatio, considerando che la proroga era scaduta il 31 dicembre 2013;
considerato infine che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5099 del 14 luglio 2004, ha avuto modo di precisare il ruolo dei revisori dei conti nell'ambito degli enti locali. La sentenza ha anche affermato che "Nel sistema previsto dagli articoli 55 e 56 della legge 8 giugno 1990, n. 142, i compiti attribuiti ai revisori dei conti vanno ben oltre quello, tradizionale, di attestazione della corrispondenza del rendiconto alle risultanze di gestione, comprendendo anche la collaborazione con l'attività del Consiglio Comunale, rispetto al quale la funzione del revisore dei Conti si atteggia di volta in volta ad organo di consulenza, sotto il profilo tecnico-contabile, di controllo, rispetto all'attività degli organi esecutivi; di indirizzo, in relazione all'adozione dei piani e dei programmi che richiedono un impegno finanziario; di vigilanza sulla regolarità della gestione e di impulso, in relazione alla facoltà di formulare rilievi e proposte tendenti ad una migliore efficienza, produttività ed economicità",
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;
se non ritenga, nell'ambito delle proprie attribuzioni, di dover verificare se i comportamenti messi in atto dal dottor Michele Viggiano, successivamente alla scadenza del suo incarico, siano stati ispirati ai citati principi sanciti dal Consiglio di Stato;
se non consideri che, nel caso di specie, sussistano violazioni del codice deontologico per i revisori dei conti degli enti locali ed elusione delle norme vigenti per l'adozione di provvedimenti di competenza.
(4-05327)
ARRIGONI - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute - Premesso che:
da una consultazione delle fatture e bollette relative al consumo dell'acqua che ricevono gli utenti e da documenti redatti da Assoutenti (Associazione degli utenti di pubblici servizi), si apprende che le analisi chimiche dell'acqua per uso domestico distribuita a Sabaudia e nella provincia di Latina riporterebbero valori prossimi a quello massimo di tolleranza per un veleno nocivo alla salute, l'arsenico;
infatti, nell'acquedotto "Sardellane" relativo al prelievo del serbatoio del Comune di Sabaudia, si evidenziano i valori di arsenico pari 8,1 microgrammi per litro e nella sezione della bolletta relativa alle caratteristiche qualitative dell'acqua distribuita per uso idropotabile si evidenzia una media di 9 microgrammi per litro, rispetto ad un limite massimo di legge consentito (nell'allegato I al decreto legislativo n. 31 del 2001) pari a 10 microgrammi per litro;
il limite dell'arsenico in acqua pubblica in Italia era pari a 50 microgrammi per litro, ridotto a 10 con il recepimento della direttiva europea 39/83/CE attraverso il decreto legislativo n. 31 del 2001; si apprende dai media che le richieste di deroga per innalzamento dei limiti richiesti dal Governo italiano alla UE, per l'arsenico, sono state accolte 3 volte ed hanno interessato, per quasi un decennio, Lazio, Campania, Toscana, Umbria, Lombardia e Trentino-Alto Adige;
l'arsenico può entrare a contatto con il corpo tramite le vie orale, inalatoria e cutanea (tramite l'acqua da bere, il vapore acqueo di uso domestico e l'igiene personale) ed è inodore e insapore, tanto che è meglio noto come "veleno per i delitti perfetti", perché a bassi dosaggi provoca una morte pressoché uguale a quella naturale; presenta spiccate proprietà cancerogene alla cute, al polmone ed al fegato; il gas arsina, a base di arsenico, può inoltre causare forme di tossicità acuta e cronica nell'uomo, con disturbi gastrointestinali, aritmie e difficoltà nel trasporto del segnale nervoso, e rappresenta anche una vera minaccia per l'ambiente;
il numero limitato di campionamenti effettuati dagli enti di controllo, rispetto alla vastità del territorio coinvolto, non può offrire certezze sullo stato generale delle acque di Sabaudia e della provincia di Latina. Secondo quanto riportato dall'Associazione laboratorio Sabaudia, campionamenti effettuati da privati hanno evidenziato valori pari a 15,6 microgrammi per litro alla stazione di Campoleone ad Aprilia; la ASL Latina nel maggio 2015 sembra che abbia individuato valori pari a 16 e 17 microgrammi per litro, mentre alla stazione di via Capitancelli a Velletri (Roma) è stato misurato un valore pari a 10 microgrammi per litro, confermando che sussistono pericoli di sforamento rispetto ai limiti consentiti dalla legge,
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo intendano esaminare le criticità del territorio di Sabaudia e di Latina per la presenza di arsenico nell'acqua idropotabile e adottare tutte le iniziative di propria competenza per garantire la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, anche in ordine ad iniziative che possano stimolare gli enti locali interessati ad acquisire gli strumenti necessari per diminuire la presenza dell'arsenico.
(4-05328)
CROSIO - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
l'art. 1, comma 153, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016) ha introdotto una nuova presunzione di possesso dell'apparecchio televisivo legata alla presenza di un contratto di fornitura di energia elettrica nel luogo in cui il soggetto ha la sua residenza anagrafica e che il canone si sarebbe dovuto versare in rate mensili che, per il corrente anno, sarebbero state riscosse a partire da luglio;
ha anche previsto che, entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ovvero il 14 febbraio 2016, si adottasse un decreto ministeriale per definire i termini e le modalità per la nuova riscossione del canone di abbonamento Rai contestualmente alla fatturazione della bolletta elettrica;
il termine ultimo per l'emanazione del decreto attuativo è scaduto ormai da diversi giorni e i chiarimenti del pagamento per i contribuenti e della riscossione le società elettriche non sono ancora arrivati e sembra che esistano ancora dubbi tra le persone componenti il tavolo preposto a discutere della questione tra Ministeri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, Autorità per l'energia elettrica e il gas e associazioni di rappresentanza delle aziende elettriche;
l'illegittimità della norma che addebita automaticamente il canone anche a chi non ha una televisione per il solo fatto di essere intestatario di un'utenza elettrica è palese e i problemi che gravano sule società elettriche nella gestione di questa nuova previsione di legge sono moltissimi,
si chiede di sapere considerato il ritardo nell'emanazione del decreto attuativo oltre i termini fissati dalla legge n. 208 del 2015 che mette in evidenza la mancanza di volontà politica del Governo di perseguire gli obiettivi fissati nella norma di legge, quali strumenti di propria competenza il Ministro in indirizzo ritenga opportuno adottare al fine di rendere esplicita l'impossibilità di riscuotere, per l'anno 2016, il pagamento del canone di abbonamento Rai contestualmente alla fatturazione della bolletta elettrica.
(4-05329)
URAS, DE PETRIS, VACCIANO, DE PIETRO, MASTRANGELI, BENCINI, MUSSINI, BIGNAMI, SIMEONI, STEFANO, PETRAGLIA, MOLINARI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che per quanto risulta agli interroganti:
l'Istituto nazionale della previdenza sociale, a seguito di quanto disposto dalle norme riguardanti la spending review, ha progressivamente ridotto il budget destinato alle richieste delle visite mediche di controllo domiciliare sui lavoratori, dipendenti da datori di lavoro privati in malattia, da 50 milioni di euro previsti nel 2012, a meno di 18 milioni, come risulta dal bilancio 2015;
con il budget a disposizione, l'INPS può provvedere ad effettuare soltanto circa 300.000 visite all'anno su un totale di circa 12 milioni di lavoratori non agricoli ed esclusi i domestici, cioè una quota puramente simbolica;
come noto, l'INPS corrisponde l'indennità di malattia a decorrere dal 4° giorno di assenza, che rappresenta una rilevante quota di welfare nazionale, i cui costi gravano totalmente sulla finanza pubblica;
oltre all'INPS, anche i datori di lavoro possono richiedere le visite mediche di controllo domiciliare, ma, tra queste, vi sono anche quelle richieste sui lavoratori non aventi diritto alla indennità di malattia (dipendenti di Poste italiane, Telecom, Enel, dipendenti pubblici, tutte le ex aziende a partecipazione statale, tutti le amministrazioni privatizzate, eccetera) che non hanno, quindi, alcuna incidenza per quanto riguarda il controllo sui costi a carico della collettività;
inoltre, le visite di controllo sui lavoratori agricoli, che sono richieste solo ed esclusivamente dall'INPS, ormai sono praticamente inesistenti;
per quanto riguarda la selezione delle visite da effettuare, l'INPS ricorre alle tecniche di data mining, ma, essendo il numero di visite richiesto talmente esiguo, anche questa modalità risulta non essere efficace, e l'idoneità al lavoro viene disposta, nella stragrande maggioranza dei casi, solo perché il controllo viene richiesto l'ultimo giorno di malattia;
tra l'altro, l'INPS ha recentemente disposto di non richiedere le visite d'ufficio il sabato, la domenica e in tutte le giornate festive, contravvenendo a quanto indicato dal decreto-legge n. 463 del 1983, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 638 del 1983, che prevede, al contrario, che la visita fiscale possa essere effettuata tutti i giorni dell'anno, ma lasciando ugualmente in servizio tutto il personale destinato al funzionamento degli applicativi informatici e i medici fiscali convenzionati, che devono ugualmente garantire la disponibilità, per soddisfare quelle eventuali richieste, che dovessero essere inoltrate dai datori di lavoro privati;
la forte contrazione dei controlli, infine, potrebbe dare luogo ad eventuali abusi, coprendo con l'indennità di malattia, a carico della finanza pubblica, eventuali sospensioni dal lavoro per altre cause;
si ricorda, infine, che sia la federazione dei medici, con nota del 16 dicembre 2015, che tutte le organizzazioni sindacali di categoria, con nota del 28 dicembre, hanno sollecitato il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la stessa INPS, ad incrementare il budget per le visite mediche di controllo, così come previsto dall'ordine del giorno G/2111/157/5 accolto come raccomandazione dal Governo al Senato, durante la discussione sulla legge di stabilità per il 2016,
si chiede di sapere quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano intraprendere urgentemente, affinché il budget da destinare alle richieste di visite mediche di controllo domiciliare sui lavoratori dipendenti, da datori di lavoro privati, assenti dal servizio per malattia, indicato nel bilancio preventivo predisposto dall'INPS per il 2016, venga adeguatamente incrementato.
(4-05330)
CONSIGLIO - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale - Premesso che:
Italia e Francia hanno firmato il 21 marzo 2015 un accordo bilaterale che modifica i confini marittimi tra i 2 Paesi, sostituendo una precedente convenzione, risalente al 1892;
nelle more del processo di autorizzazione alla ratifica da parte italiana, la parte francese sembra aver dato unilateralmente attuazione alle disposizioni dell'accordo, con l'effetto di ridurre immediatamente e senza preavviso le zone di pesca agibili dai pescherecci italiani attivi nelle acque prospicienti alla Liguria ed alla Sardegna, determinando alcuni incidenti;
un peschereccio ligure, il "Mina", è stato sequestrato il 13 gennaio 2016 dalle autorità francesi in una zona che, secondo il nuovo accordo bilaterale, sarebbe destinata all'esclusivo sfruttamento da parte dei pescatori transalpini;
soltanto il 18 gennaio scorso, per deliberazione del tribunale di Nizza, il peschereccio "Mina" è stato restituito ai suoi legittimi proprietari, dietro versamento di una cospicua cauzione, di importo superiore agli 8.000 euro;
una situazione analoga si è verificata più recentemente in Sardegna, a nord della quale, ad un peschereccio, che entrava nelle "nuove" acque territoriali francesi, è stato intimato di allontanarsi;
il 12 febbraio, intervenendo alla Camera dei deputati per rispondere all'interpellanza urgente 2-01268, il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, ha confermato che l'Italia non ha ratificato l'accordo e pertanto lo stesso non può considerarsi in vigore;
è prevedibile che in difficoltà possano presto trovarsi anche i pescherecci provenienti da Toscana, Sicilia e Calabria, che spesso risalgono il Tirreno verso nord per approfittare della maggior pescosità di alcune zone di mare, cedute alla Francia;
il rischio che i pescherecci italiani possano essere fermati, perché in zona pertinente alla Francia, è accresciuto dalla circostanza che il testo dell'accordo sia conosciuto in Francia, ma non in Italia,
si chiede di sapere:
per quali motivi le autorità del nostro Paese abbiano sottoscritto un accordo bilaterale con la Francia, a parere dell'interrogante tanto svantaggioso per l'Italia;
quali misure il Governo intenda assumere per proteggere gli interessi dei pescatori italiani, che vengono danneggiati dalle forze di Polizia marittima della Francia, in applicazione di un accordo che non può ancora considerarsi in vigore, a causa della mancata ratifica da parte della nostra Repubblica;
se il Governo, alla luce di quanto sta accadendo, non ritenga opportuno rinunciare alla ratifica dell'accordo e negoziarne un altro, meno sfavorevole agli interessi italiani.
(4-05331)
PAGLIARI - Al Ministro della salute - Premesso che:
la DSA "disturbo specifico dell'apprendimento" di lettura, cosiddetta dislessia è una patologia a tutti gli effetti invalidante. La DSA è un disturbo del neurosviluppo che riguarda la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente e che si manifesta con l'inizio della scolarizzazione.
in base al tipo di difficoltà specifica che comporta, la DSA si divide in:
dislessia: disturbo specifico della lettura, che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo;
disortografia: disturbo specifico della grafia, che si manifesta con una difficoltà nell'abilità motoria della scrittura;
discalculia: disturbo specifico dell'abilità di numero e di calcolo, che si manifesta con una difficoltà nel comprendere e operare con i numeri;
tali disturbi dipendono dalle diverse modalità di funzionamento delle reti neuronali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo. Non sono causati, né da un deficit di intelligenza, né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali;
in Italia si stima che ci siano almeno 1.900.000 persone con dislessia evolutiva;
considerato che:
non sempre le Commissioni sanitarie, pur certificando la DSA, rilevano la presenza di invalidità ed handicap, specialmente quando si tratta di minori, pur di fronte all'esigenza di adeguati supporti didattici, sia in ambito scolastico che casalingo, utili ed essenziali ai fini dell'apprendimento e allo sviluppo delle proprie potenzialità da parte dell'alunno;
tale mancato riconoscimento comporta un aggravio di spese per la famiglia, soprattutto per le attività che si svolgono fuori dall'ambito scolastico,
si chiede di sapere se, in ossequio agli obblighi che la Costituzione italiana (articoli 34, 38, 31) chiama ad assolvere in favore non solo di "mutilati ed invalidi civili", ma anche verso i "portatori di handicap ", il Ministro in indirizzo ritenga opportuno dare attuazione alla piena e legittima estensione dell'indennità di frequenza, prevista dalla normativa vigente, in favore dei minori con gravi e persistenti difficoltà di apprendimento, in quanto trattasi di un beneficio economico da ritenersi strumento indispensabile, al fine di rimuovere o ridurre tutti gli ostacoli che limitano e condizionano lo sviluppo dei minori interessati e che, al contempo, assicura una forma di assistenza continuativa, alla quale i genitori, sovente, non possono provvedere.
(4-05332)
MOLINARI, VACCIANO, MUSSINI, SIMEONI, DE PIETRO - Ai Ministri della giustizia, della salute e per gli affari regionali e le autonomie - Premesso che, per quanto risulta agli interroganti:
sulla base del disposto del decreto-legge n. 52 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2014, recante "Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari", a partire dal 1° aprile 2015 le misure di sicurezza detentive del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell'assegnazione alla casa di cura e custodia devono essere eseguite presso le nuove strutture residenziali socio-sanitarie denominate residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza;
tali strutture dovrebbero accogliere i pazienti internati negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e le persone raggiunte da provvedimenti dell'autorità giudiziaria per l'applicazione di una misura di sicurezza detentiva, alle quali deve essere dedicato un trattamento ed un'assistenza sanitaria a cura del Servizio sanitario regionale;
con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 28 dicembre 2012, veniva assegnata alla Regione Calabria la somma di 6.572.522,28 euro complessivi, per gli esercizi finanziari 2012 e 2013, per lo svolgimento del programma di realizzazione di strutture sanitarie extraospedaliere che superino gli OPG;
con nota prot. n. 4201-P. del 12 febbraio 2013 il Ministero della salute, in attuazione del citato decreto del 28 dicembre 2012, invitava la Regione Calabria a presentare uno specifico programma per la realizzazione delle strutture, successivamente approvato con decreto del presidente della Giunta regionale (in qualità di commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione, nominato con delibera del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010) n. 99 del 9 luglio 2013 e trasmesso al Ministero che, dopo modifiche ed integrazioni apportate con note del 5 e 12 agosto 2013, lo approvava definitivamente con decreto del 9 ottobre 2013;
in tale programma, era prevista la realizzazione di una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza a Girifalco (Catanzaro) nell'ex manicomio provinciale, risalente alla fine dell'800, di proprietà dell'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro per un importo, a carico dello Stato, di 5.890.000 euro, comprendente 40 posti letto, e una struttura residenziale psichiatrica ad elevata intensità assistenziale a Santa Sofia d'Epiro (Cosenza), costituita da una vecchia struttura psichiatrica di proprietà dell'azienda sanitaria provinciale di Cosenza, per un importo a carico dello Stato di 682.522,28 euro, comprendente 20 posti letto;
con decreto del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio Sanitario Regionale calabrese, ingegner Massimo Scura (deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015), n. 27 del 28 aprile 2015, a seguito della lettera prot. 68705/SIAR del 3 marzo 2015 a firma del presidente della Regione, on. Mario Oliverio, è stato approvato un protocollo d'intesa tra la Regione Basilicata e la Regione Calabria per l'accoglienza di 5 pazienti con residenza in Calabria presso la residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) di Pisticci (Matera) della Regione Basilicata, previo assenso di quest'ultima, formulato con deliberazione della Giunta regionale n. 391 del 27 marzo 2015;
la Regione Basilicata si è impegnata ad accogliere fino a 5 pazienti di sesso maschile o femminile residenti in Calabria, già ricoverati presso l'OPG di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) o destinatari di misura di sicurezza detentiva del ricovero in detto ospedale o casa di cura e custodia nonché a collaborare con il gruppo curante dell'OPG di Barcellona Pozzo di Gotto per la definizione dei percorsi e progetti di dimissione e presa in carico da parte dei servizi psichiatrici territoriali competenti;
la Regione Calabria si è impegnata a sostenere i costi di gestione dei propri pazienti ricoverati presso la struttura della Regione Basilicata riconoscendo a quest'ultima un rimborso spese su base giornaliera pro capite pari alla tariffa massima complessiva pro capite sostenuta per singoli casi complessi, e comunque non inferiore a 250 euro giornalieri, pagata direttamente dalla Regione Calabria in base alle giornate di presenza registrate, fermo restando che eventuali costi straordinari non riferibili alle prestazioni ordinariamente erogate dalla struttura ospitante restano a carico della Regione Calabria;
la Regione Calabria, inoltre, col protocollo citato (rinnovabile automaticamente salvo disdetta formale di una delle parti), si è impegnata, in ogni caso, a riconoscere alla Regione Basilicata un rimborso spese minimo su base annua, indipendentemente dalle presenze registrate, corrispondente al 50 per cento del rimborso spese complessivo per la saturazione dei posti (equivalente a 228.125 euro): per il periodo dal 1° maggio (data dell'entrata in efficacia del protocollo, ai sensi dell'art.7) al 31 dicembre 2015 la somma è stata, definita in dodicesimi, pari a 152.083 euro;
la normativa vigente e, più precisamente, l'art. 3-ter, comma 9, del decreto-legge n. 211 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2012, stabilisce che, quando dalla comunicazione della Regione risulti che lo stato di realizzazione e riconversione delle strutture e delle iniziative assunte per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari sia tale da non garantirne il completamento entro il successivo semestre, il Governo provvede in via sostitutiva;
considerato che:
dalla IV relazione del Governo sul processo di superamento degli OPG di cui all'art. 1, comma 2-bis, del decreto-legge n. 52 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2014, redatta dai Ministri della salute e della giustizia e trasmessa al Parlamento il 22 gennaio 2016, alla data del 15 dicembre 2015, sulla base dei dati forniti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, risulta che nei predetti ospedali psichiatrici sono presenti ancora 164 internati. Tra questi, presso l'OPG di Barcellona Pozzo di Gotto sono ancora internati 14 calabresi (13 uomini e una donna) ed altri 7 pazienti calabresi sono ospitati nelle REMS di regioni diverse da quelle di propria residenza (uno in quella di Palombara Sabina nel Lazio, uno in quella di Roccaromana in Campania, 4 in quella di Pisticci in Basilicata ed uno in quella di Naso in Sicilia);
i ricoverati ancora ospitati negli OPG (strutture che, per effetto della normativa vigente, dovrebbero essere chiuse), a causa della loro permanenza nelle stesse strutture, hanno presentato numerosi reclami giurisdizionali ai sensi dell'articolo 35-bis dell'ordinamento penitenziario di cui alla legge n. 354 del 1975 e successive modificazioni e integrazioni in ordine al perdurare del loro stato di internamento, ritenendo l'esecuzione della misura di sicurezza contra legem con grave pregiudizio dei diritti;
la magistratura di sorveglianza competente ha già dichiarato la sussistenza del diritto dei reclamanti ad essere trasferiti presso le nuove REMS, affermando la sussistenza e l'attualità del pregiudizio recato in loro danno, escludendo altresì ogni contestazione all'amministrazione penitenziaria e, anzi, riconoscendo che questa "ben stia adempiendo agli obblighi cui è tenuta, e non è responsabile della situazione di fatto che ha determinato la lesione dei diritti" dei reclamanti. Ha, invece, attribuito alle Regioni, tra cui la Regione Calabria, la responsabilità della situazione di fatto, lesiva dei diritti, e, pertanto, l'onere della soluzione opportuna a porre rimedio al pregiudizio, assegnando precisi termini per l'adozione dei necessari provvedimenti ed ordinando, nelle more, al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di esonerare il personale di Polizia penitenziaria dal servizio di vigilanza degli internati all'interno degli OPG;
l'ufficio di sorveglianza di Messina, competente per l'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, in cui sono ricoverati diversi pazienti calabresi, all'esito di una visita ispettiva effettuata dal magistrato di sorveglianza in data 11 giugno 2015, durante la quale vi erano 23 calabresi, con provvedimento del 12 giugno 2015 (reso ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 5 del regolamento di esecuzione penitenziaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 e dell'art. 69, comma 5, dell'ordinamento penitenziario) ha ordinato all'Assessorato per la sanità ed al presidente della Regione Calabria, per quanto di rispettiva competenza, di attuare, secondo legge, gli interventi diretti ad eliminare la situazione di grave pregiudizio per gli internati residenti in Calabria provvedendo, in ragione della intervenuta soppressione degli OPG, all'assegnazione alle REMS degli internati ancora presenti presso l'OPG di Barcellona Pozzo di Gotto, dando comunicazione al medesimo ufficio giudiziario dei provvedimenti adottati. Nonostante tale provvedimento (parzialmente inattuato), continua, alla data odierna, la perdurante presenza di 14 internati calabresi all'interno del predetto OPG, con grave disagio per coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza detentiva inframuraria ed a ciò deve aggiungersi l'ulteriore circostanza negativa rappresentata dal fatto che, per effetto dell'entrata in vigore a regime della legge n. 9 del 2012, tutte le prestazioni sanitarie e trattamentali all'interno della struttura barcellonese hanno subito un arresto significativo per effetto dell'intervenuto decremento delle risorse economiche sul relativo capitolo di spesa;
considerato inoltre che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 ottobre 2015, emanato ai sensi dell'articolo 3-ter, comma 9, del decreto-legge n. 211 del 2011, il presidente della Regione Calabria è stato formalmente diffidato a garantire entro 30 giorni la presa in carico dei propri residenti internati negli ex OPG e di quelli raggiunti da misure di sicurezza provvisoria;
il segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri con nota prot. n. 32016 del 18 dicembre 2015 ha trasmesso ai Ministeri della giustizia e della salute le osservazioni prodotte dalla Regione Calabria;
la Regione, alla data odierna, non ha fornito, tramite dichiarazioni rese e documentazione presentata, garanzie sufficienti ad assicurare piena e immediata esecuzione al programma finalizzato a dare attuazione a livello regionale (e nazionale) a quanto stabilito dall'art. 3-ter, comma 4, del decreto-legge n. 211 del 2011 (il quale prevede che le misure di sicurezza del ricovero in OPG e dell'assegnazione a casa di cura e custodia sono eseguite esclusivamente all'interno delle strutture sanitarie di cui al comma 2, fermo restando che le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere senza indugio dimesse e prese in carico dai Dipartimenti di salute mentale), per cui ricorrono i presupposti per la nomina di un commissario ad acta che provveda, in via sostitutiva, al superamento e alla chiusura definitiva degli OPG in cui sono ancora presenti internati calabresi e all'attivazione immediata delle strutture sanitarie extraospedaliere finanziate ed approvate con decreto del Ministero della salute del 9 ottobre 2013;
considerato infine che:
il tribunale di sorveglianza di Catanzaro, con nota prot. n. 670 del 10 novembre 2015 a firma del presidente, dottoressa Maria Antonietta Onorati, inviata a numerose autorità dello Stato e della Regione Calabria (Ministeri della giustizia e della salute, Dipartimenti della Regione Calabria, commissario ad acta per il piano di rientro della Regione Calabria, Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria della Calabria, uffici dell'esecuzione penale esterna ed uffici di sorveglianza del distretto di Catanzaro), ha denunciato che "la Regione Calabria continua a mantenere un silenzio assordante, sulla problematica dell'inserimento di soggetti giudiziari, in strutture residenziali psichiatriche. L'invito a partecipare a tavoli condivisi è rimasto lettera morta e questo Ufficio intende, con forza, sottolineare, ancora una volta, l'indifferenza delle istituzioni regionali e locali" e che "sul punto, è da rilevare che la risposta della Regione Calabria è stata, sinora, del tutto deludente. Non si è, infatti, ancora proceduto ad aprire la Rems di Girifalco (la cui apertura non è neppure in programma in tempi brevi) e Santa Sofia d'Epiro (la cui apertura viene rimandata di mese in mese), né si è provveduto, nonostante la riunione citata [del 6/07/2015], a formulare quegli accordi con gli Uffici Esecuzione Penale Esterna e la Magistratura di Sorveglianza per la gestione della riforma, previsti dall'art. 7 dell'Accordo tra il Governo, le Province Autonome di Trento e Bolzano e le Regioni del febbraio 2015. Del resto tutto questo non sorprende. Già in passato la Magistratura di Sorveglianza di Catanzaro e Cosenza, rispetto a problematiche relative alla gestione di malati di mente o tossicodipendenti in misura alternativa e misura di sicurezza, aveva, con incontri e missive indirizzate alle Autorità territoriali e nazionali (si è scritto anche ai Ministri della Giustizia e della Sanità), ripetutamente quanto inutilmente denunciato inefficienze e inadempienze delle Autorità Sanitarie Regionali". Inoltre, ella ha segnalato che, a causa dell'inadempienza della Regione Calabria, viene messa anche in concreto pericolo la pubblica incolumità, "come evincibile dall'episodio verificatosi a luglio 2015 presso il Centro Calabrese di Solidarietà: in particolare un soggetto, cui era stata aggravata dal nostro Ufficio la misura di sicurezza della libertà vigilata in ricovero in Rems, attesa la carenza di posti, è rimasto per moltissimi giorni presso le strutture del citato Centro; finché un pomeriggio ha dato fuoco all'ultimo piano della struttura, creando così una situazione di serio pericolo per l'incolumità sua e di tutte le altre persone che, a vario titolo, si trovavano in quel momento nella struttura stessa"; circostanze ribadite il 30 gennaio 2016 dal presidente della Corte di appello di Catanzaro, dottor Domenico Introcaso, durante la cerimonia per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2016 tenutasi presso l'aula della Corte di assise di Catanzaro;
in Calabria, alla data odierna, non è stato attivato nemmeno il centro diagnostico terapeutico presso la casa circondariale "Ugo Caridi" di Catanzaro, che tra l'altro prevedeva (come si evince dal protocollo d'intesa stipulato il 23 luglio 2013 nella Prefettura di Reggio Calabria tra il presidente pro tempore della Regione Calabria in qualità di commissario ad acta ed il Ministro pro tempore della giustizia ai sensi dell'accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali in Conferenza unificata rep. 81/CU del 26 novembre 2009 "Strutture sanitarie nell'ambito del sistema penitenziario italiano", lettera a), punto 3) che fosse ivi creata, al quarto piano, una sezione destinata alla tutela intramuraria della salute mentale per detenuti, ai sensi dell'art. 65 dell'ordinamento penitenziario e dell'accordo in Conferenza unificata Stato-Regioni (rep. 95/CU del 13 ottobre 2011 "Integrazioni agli indirizzi di carattere prioritario sugli interventi negli OPG e nelle Case di Cura e Custodia di cui all'allegato C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 aprile 2008"), per 8 posti ed una sezione di osservazione psichiatrica per l'accertamento delle infermità psichiche, ai sensi dell'art. 112, comma 2, del regolamento di esecuzione penitenziaria, per 5 posti per detenuti appartenenti al circuito dell'alta sicurezza (AS1, AS2, AS3), visto che quella dedicata ai detenuti del circuito della media sicurezza è già attiva dal 2006 presso la casa circondariale di Reggio Calabria;
l'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, nel rispetto di quanto stabilito dal citato protocollo d'intesa, ha posto in essere tutti gli adempimenti necessari alla ristrutturazione dei locali, l'implementazione tecnologica delle attrezzature, il rinnovo degli arredi, spendendo centinaia di migliaia di euro ricevuti da specifici fondi ministeriali. Ma ad oggi, nonostante le sollecitazioni provenienti in particolar modo dal Movimento dei radicali italiani, nulla è cambiato: il centro diagnostico terapeutico annesso alla casa circondariale di Catanzaro continua ad essere chiuso e non funzionante, unitamente alle sezioni anzidette che avrebbero dovuto essere istituite per contribuire al superamento degli OPG;
il citato centro diagnostico terapeutico, per quanto risulta agli interroganti, non può essere aperto a causa della mancanza delle figure professionali specifiche (psichiatri, psicologi, neurologi, tecnici della riabilitazione pisichiatrica, educatori professionali, eccetera) che dovrebbero essere reclutate tramite procedura concorsuale pubblica;
tale ultima questione sarebbe stata da tempo rappresentata al Ministero della salute da parte della Regione Calabria per la relativa autorizzazione prevista dall'art. 3-ter, comma 5, del decreto-legge n. 211 del 2011, il quale stabilisce che "per la realizzazione di quanto previsto dal comma 1, in deroga alle disposizioni vigenti relative al contenimento della spesa di personale, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, comprese anche quelle che hanno sottoscritto i piani di rientro dai disavanzi sanitari, previa valutazione e autorizzazione del Ministro della Salute assunta con il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione e del Ministro dell'Economia e delle Finanze, possono assumere personale qualificato da dedicare anche ai percorsi terapeutico riabilitativi finalizzati al recupero e reinserimento sociale dei pazienti internati provenienti dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari";
dalle recenti ispezioni effettuate dagli interroganti ex art. 67 dell'ordinamento penitenziario e da altre visite effettuate da esponenti dei Radicali italiani, autorizzati dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ex art. 117, comma 2, del regolamento di esecuzione penitenziaria, è emerso che negli istituti penitenziari della Calabria vi siano ristretti 513 detenuti con patologie psichiatriche,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti descritti e se questi corrispondano al vero;
se non ritengano di doversi attivare al fine di nominare, con la massima urgenza, un commissario ad acta per provvedere in via sostitutiva in luogo della Regione Calabria, alla realizzazione del programma approvato dal Ministro della salute con decreto del 9 ottobre 2013 per l'immediata apertura delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza di Girifalco (Catanzaro) e Santa Sofia d'Epiro (Cosenza) al fine di potervi ricoverare i pazienti aventi residenza in Calabria che, purtroppo e ancora oggi, si trovano illegittimamente internati presso gli ex OPG nonché le persone sottoposte a misura di sicurezza provvisoria dall'autorità giudiziaria competente e quelle che, da tempo, si trovano ospitate presso le strutture sanitarie extraospedaliere di altre Regioni d'Italia;
se e quali provvedimenti intendano adottare, sollecitare e/o promuovere, affinché venga aperto al più presto il centro diagnostico terapeutico presso la casa circondariale "Ugo Caridi" di Catanzaro, con la sezione destinata alla tutela intramuraria della salute mentale e quella per l'osservazione psichiatrica per l'accertamento delle infermità psichiche dei detenuti, valutando, altresì, la richiesta di reclutamento di personale qualificato avanzata dalla Regione Calabria e concedendo la relativa autorizzazione per l'assunzione del personale;
se l'istituenda sezione destinata alla tutela intramuraria della salute mentale presso il centro diagnostico terapeutico, sia sufficiente ad accogliere i numerosi detenuti affetti da problematiche di natura psichiatrica presenti in tutti gli istituti penitenziari della Regione Calabria e, in caso negativo, se non si ritenga opportuno istituire, ex art. 66 dell'ordinamento penitenziario, almeno nella provincia di Cosenza (totalizzante 4 istituti penitenziari: 3 case circondariali ed una casa di reclusione), un analogo reparto a custodia attenuata prevalentemente sanitaria per ospitare detenuti affetti da infermità o minorazioni psichiche che, a causa delle loro condizioni, non possono essere sottoposti al regime degli istituti ordinari, ciò anche per armonizzare il principio di tutela della salute con quello della territorialità della pena così evitando l'allontanamento di tali soggetti dal nucleo familiare che, proprio nei momenti di maggior fragilità psicologica, potrebbe risultare ancor più destabilizzante e, contestualmente, per ridurre il costo e l'impiego di personale di Polizia penitenziaria per le traduzioni che verrebbero evitate per i continui trasferimenti dei detenuti ristretti negli istituti della provincia di Cosenza presso la casa circondariale di Catanzaro nella quale, stando al programma della Regione Calabria, dovrebbe essere ubicata l'unica sezione detentiva per detenuti con disturbi psichiatrici.
(4-05333)
CERVELLINI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dei beni e delle attività culturali e del turismo - Premesso che:
l'hotel intercontinental "De La Ville" di Roma, sito in via Sistina, per storia e ubicazione, è una struttura importante del sistema ricettivo alberghiero di Roma. L'hotel è un cinque stelle (lusso) e dispone di 192 camere;
l'attività alberghiera è gestita dalla società InterContinental hotels Italia Srl (IHG) per conto della società Delaville Srl che è titolare del contratto di affitto dell'immobile stipulato con la società Reale immobili SpA che ne è proprietaria. L'IHG ha al suo interno 132 dipendenti di cui 114 con contratto a tempo indeterminato e 18 con contratto a termine;
il contratto di affitto dell'hotel è scaduto il 31 dicembre 2013. Da allora, le due società, locataria e conduttrice, hanno svolto diversi incontri per rinnovare il contratto e per valutare l'entità dei lavori, improcrastinabili, di ristrutturazione da effettuare;
constatata l'impossibilità di conciliare le rispettive posizioni, IHG Srl, con lettera dell'11 gennaio 2016, ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per tutti i 132 lavoratori, poiché, a suo dire, deve adempiere all'obbligo contrattuale di riconsegnare l'immobile adibito a hotel, sgombro da cose e persone, alla proprietaria dell'immobile, ovvero la Reale immobili SpA, entro e non oltre il 27 marzo 2016;
considerato che:
in un periodo di grave crisi economica, il sistema turistico può e deve svolgere un ruolo importante per sostenere la ripresa economica di Roma e dell'intero territorio regionale;
la chiusura di un così importante albergo nel centro di Roma determinerebbe un peggioramento qualitativo e quantitativo dell'offerta alberghiera romana e nazionale;
le organizzazioni sindacali di categoria, unitamente alla Federalberghi, cui aderisce l'IHG Srl che gestisce l'attività alberghiera fin dal 1971, hanno richiesto un incontro alla proprietà dell'immobile, per meglio comprendere la situazione ed agire per evitare la chiusura di un importante albergo ed il licenziamento di 132 persone, alla quale richiesta, nonostante il coinvolgimento dell'Assessorato per il lavoro e le attività produttive della Regione Lazio, è pervenuta una risposta di diniego da parte della Reale Immobili SpA;
la chiusura creerebbe disoccupazione per circa altre 50 persone, occupate nelle aziende fornitrici di servizi necessari all'attività alberghiera: manutenzione, ristorazione, lavanderia e altro,
si chiede di sapere quali iniziative, anche urgenti, i Ministri in indirizzo intendano adottare per salvaguardare i lavoratori, in un settore così particolarmente colpito a livello nazionale come quello turistico-alberghiero.
(4-05334)
CIOFFI, MORONESE, MORRA, PAGLINI, DONNO, SANTANGELO, BERTOROTTA, CAPPELLETTI, MANGILI, SCIBONA, TAVERNA - Ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze - Premesso che:
l'Anas SpA, gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale, è costituita in società per azioni il cui socio unico è il Ministero dell'economia e delle finanze ed è sottoposta al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
tra le funzioni attribuite ad Anas vi sono la gestione, manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade ed autostrade, l'adeguamento e il progressivo miglioramento della rete delle strade e delle autostrade e della relativa segnaletica, la costruzione di nuove strade ed autostrade, anche a pedaggio, sia direttamente che mediante concessione a terzi, i servizi di informazione agli utenti, a partire dagli apparati segnaletici, l'attuazione delle leggi e dei regolamenti concernenti la tutela del patrimonio delle strade ed autostrade e tutela del traffico e della segnaletica, l'adozione dei provvedimenti necessari per la sicurezza del traffico sulle strade e sulle autostrade e la realizzazione e partecipazione a studi, ricerche e sperimentazioni in materia di viabilità, traffico e circolazione;
considerato che nel corso di varie audizioni svolte presso le Commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato, la presidenza di Anas SpA ha più volte sottolineato come la società sia oggetto di una profonda rideterminazione del suo status sotto vari profili, non solo della natura giuridica ma anche di tutte le attività che le sono attribuite;
considerato inoltre che:
secondo autorevoli fonti di stampa (si veda "il Fatto Quotidiano" del 20 febbraio 2016), la riorganizzazione della società dovrebbe coinvolgere anche un massivo cambio dei vertici amministrativi legati alla precedente amministrazione del presidente Ciucci;
in particolare, la stampa rende noto che servirebbero circa 15 milioni di euro per incentivare in 3 anni circa 50 dirigenti a lasciare anticipatamente le posizioni contrattualmente ricoperte. Nel calcolo della buonuscita sarebbe stata inserita anche una quota dell'Mbo (management by objectives) degli ultimi 3 anni, il premio riconosciuto in funzione dei risultati di efficienza e produttività raggiunti,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;
quali siano le modalità, ove i fatti siano verificati, con le quali si intenda procedere alle modifiche organizzative;
se siano in grado di definire con certezza quale sia la prospettiva di spesa per la riorganizzazione dell'Anas SpA.
(4-05335)
BENCINI, Maurizio ROMANI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che secondo quanto risulta agli interroganti:
come noto, le informazioni sulla cosiddetta "Affittopoli" presenti su alcuni mass media, unitamente ai numerosi servizi televisivi e dibattiti sul punto, contengono dati che destano sconcerto e, al contempo, forte preoccupazione, facendosi riferimento ad un tema che necessita di risoluzione immediata;
basti pensare all'"affittopoli" a beneficio della Banca d'Italia, tuttora in atto, secondo quanto risulta agli interroganti seppure a condizioni meno vantaggiose del passato, per i dipendenti, ex dipendenti e "terzi". Nonostante, infatti, le dichiarazioni del governatore, Ignazio Visco, pubblicate in un comunicato sul sito dell'istituto stesso, circa la trasparenza e la mancanza di trattamenti di favore, la realtà appare, secondo gli interroganti, profondamente diversa. Ed invero, per la Banca d'Italia, tutti i canoni sarebbero fissati per i dipendenti, in base al regime dei patti territoriali delle associazioni degli inquilini e, pertanto, non vi sarebbe alcun favore, così come emerge sul sito suddetto in virtù della tabella dei canoni pubblicata. Tuttavia, i patti territoriali citati verrebbero applicati al livello minimo, ovvero a condizioni che nessun proprietario di immobili di pregio, nelle zone più belle di Roma, applicherebbe, così come le tabelle pubblicate non comprendono gli affitti scontati dei dipendenti, ma solo i canoni applicati ai "terzi". Eppure, la descrizione e il canone richiesto per gli appartamenti in questione, ancora ad oggi, si risolvono in trattamenti di favore, seppure fino al 2004 la Banca d'Italia applicava canoni del tutto ridicoli ai propri dipendenti e terzi, ai quali era stato concesso questo beneficio (a titolo meramente esemplificativo, per un appartamento di 100 metri quadrati in zone centralissime di Roma si pagava un affitto mensile di quasi 500 euro). Oggi quei canoni sono quasi raddoppiati, ma restano, comunque, al di sotto dei valori dettati dal mercato. Ancora più vantaggiose, evidentemente, si mostrano le condizioni ottenute dai dipendenti, meno noti, nelle zone non centrali. Come si accennava poc'anzi, la Banca di Italia ha pubblicato sul suo sito la tabella dei canoni applicati ai terzi dalla società Sidief SpA (100 per cento Banca di Italia) alla quale, dal 2010, è stato conferito il patrimonio. La tabella in questione, però, secondo gli interroganti, non si applica quasi mai, in quanto la Sidief può affittare a terzi, basandosi su di essa solo quando gli appartamenti non interessano i dipendenti;
ed ancora, i documenti sul quartiere Parioli, ove le abitazioni e le attività commerciali sono state concesse a pochi euro o direttamente senza contratti, così come in altri quartieri «in» di Roma. Ma, al contempo, vi è anche l'altra faccia dell'Affittopoli romana: il Comune che dimentica, trascura, «obbligato» a svendere. Si narra, al riguardo, di immobili in condizioni quasi fatiscenti o comunque in rovina, ma per i quali il prezzo di un affitto medio mensile, quanto meno prima del 2006 e prima che il Comune optasse per la loro vendita, si aggirava sugli euro 100. Basti pensare ad alcune case storiche nella riserva di Monte Mario, sulla Camilluccia. Tra di esse si apprende di come la nota villa "Tacchi Venturi" (80 metri quadrati) sia stata concessa dal Comune, con un primo contratto, per 130.000 lire all'anno che sono divenuti 380 euro nel 2005; successivamente messa in vendita ad euro 329.000, divenuti, poi, effettivi euro 190.000;
considerato che:
l'utilizzo della cosa pubblica a vantaggio di pochi viene ben evidenziata nell'inchiesta su "Mafia Capitale", ove si fa presente come il Comune non incassi nemmeno l'Imu su certi immobili, a discapito dell'intera collettività. Pertanto, la situazione debitoria di Roma è stata oggetto di numerosi provvedimenti ma, nonostante i vari decreti «salva Roma», le casse comunali continuano ad avere estremo bisogno di liquidità. Ed inoltre, laddove vengono richiesti dati precisi sul valore di vendita del singolo immobile, ovvero circa le relative modalità di determinazione, i risultati ottenuti sono parziali e approssimativi; in altri termini, nessun vero censimento del patrimonio immobiliare;
a seguito del decreto-legge così detto «salva Roma ter», decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 68 del 2014), è stato approvato un piano triennale per la riduzione del disavanzo e per il riequilibrio strutturale di bilancio del Comune di Roma Capitale; la verifica sull'attuazione del piano spetta al Tavolo interistituzionale, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, composto, oltre che da rappresentanti regionali e degli enti locali ed anche dal Ministro competente;
è notizia recente, sempre appresa attraverso la stampa, la predisposizione di una cosiddetta road map per gli sgomberi, attraverso la formazione della squadra, che dovrà occuparsi di mandar via gli inquilini che non hanno più diritto a stare nelle case del Comune di Roma. Un corposo dossier su "Affittopoli", nella versione rivista e aggiornata dal commissario Francesco Paolo Tronca, ove viene prevista una squadra, potenziata, deputata ad eseguire gli sfratti suddetti; così come un incontro con l'Agenzia delle entrate per la verifica e l'incrocio dei dati del Comune, del Catasto e dell'Agenzia medesima, al fine di individuare coloro che occupano le case popolari senza averne diritto, le situazioni anomale, gli immobili fantasma sfuggiti dai diversi censimenti degli ultimi anni;
considerato inoltre che le problematiche esposte, tuttavia, riguardano anche altre città italiane; basti pensare a ciò che si legge sull'"Affittopoli" di Napoli, ove la percentuale di riscossione del canone di affitto è vicina al 48 per cento, parlandosi, al riguardo, di antichi privilegi e logiche clientelari. Il bilancio degli immobili comunali dati in locazione è, dunque, un conto a perdere: unità immobiliari spesso concesse in comodato d'uso a titolo gratuito o a canoni irrisori, tra le quali spiccano molteplici sedi destinate ad associazioni politiche. Si tratta di un sistema che, per accontentare i pochi privilegiati, ha prodotto danni enormi, e non ancora del tutto quantificabili, a danno della collettività. I dati riportati dalle fonti giornalistiche narrano, infatti, di un patrimonio immobiliare che conta 24.432 immobili in affitto, di cui 22.340 destinati a uso abitativo e 2.092 a quello commerciale. La bollettazione dovrebbe assicurare alle casse del comune 32 milioni di euro l'anno ma, nei fatti, se ne recuperano quasi solo la metà. Ed ancora, anche dentro al fenomeno "Affittopoli" di Napoli vi sono case occupate indebitamente ovvero vendute a costi nettamente inferiori a quelli di mercato,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda attivarsi affinché, per ogni Comune italiano in forte disavanzo derivante da situazioni analoghe e/o similari a quelle verificatesi a Roma come a Napoli, venga predisposto un censimento del patrimonio immobiliare, attraverso i dati incrociati dell'Agenzia delle entrate e del territorio, dell'Agenzia del demanio e del Comune di volta in volta interessato, assicurando, al contempo, un serio ed efficiente raccordo istituzionale tra le amministrazioni comunali coinvolte e lo Stato;
se sia, ad oggi, in grado di riferire sull'attuazione del piano triennale approvato per la città di Roma con il menzionato decreto-legge n. 16 del 2014.
(4-05336)
PAGLINI, BOTTICI, DONNO, NUGNES, CAPPELLETTI, PUGLIA, BERTOROTTA, SANTANGELO, MORONESE - Ai Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e dei beni e delle attività culturali e del turismo - Premesso che:
con decreto-legge n. 78 del 19 giugno 2015 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2015), cosiddetto decreto enti locali, venivano approvate le disposizioni urgenti in materia di enti territoriali; la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali ha introdotto alcune modifiche all'art. 7, inserendo il comma 9-septiesdecies;
con l'introduzione del comma 9-septiesdecies all'art. 7 si prevede che, in previsione dell'adozione da parte del Parlamento della disciplina relativa alle concessioni demaniali marittime, le Regioni, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento (avvenuta il 15 agosto 2015), quindi entro il 15 dicembre 2015, devono operare una ricognizione delle fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di Demanio marittimo;
considerato che, a parere degli interroganti:
non appare condivisibile la scelta di quei sindaci che avrebbero approvato atti in cui sono indicate le ragioni che vorrebbero sottrarre alla direttiva dell'Unione europea 2006/123/CE, cosiddetta direttiva Bolkestein, la fascia di Demanio marittimo, su cui insistono i fabbricati per trasferirla al Demanio comunale;
la suddetta scelta rappresenta il tentativo di eludere la direttiva Bolkestein che cerca di riportare nell'ambito della libera concorrenza, anche questo importante settore dell'economia nazionale;
fino ad oggi tale ambito è stato sottratto alle leggi del libero mercato, grazie a reiterate proroghe che hanno di fatto aggirato l'applicazione della normativa europea;
si assiste da diversi anni al tentativo di sottrarre le concessioni demaniali marittime alle direttive europee, che regolano il mercato interno su pressione di molti concessionari balneari; concessionari balneari che non sono titolari di una "proprietà" sull'arenile, ma di una "concessione";
è prioritario sottrarre le coste italiane da potenziali "appetiti speculativi", che potrebbero essere messi in atto a seguito di un'eventuale "sdemanializzazione";
è utile evidenziare che diversi esponenti dell'attuale maggioranza del Governo Renzi, già nel 2013, si erano resi promotori di un tentativo di "sdemanializzazione", riuscendo ad ottenere un appoggio trasversale tra forze parlamentari, sostenuti anche da diversi amministratori locali di entrambi gli schieramenti. Tale proposta, a suo tempo naufragata in seguito alla posizione assunta dal vice Ministro Fassina, oggi non sembrerebbe incontrare l'opposizione dell'attuale Governo;
considerato inoltre che:
recentemente, la volontà di intervenire in una direzione "protezionistica" a favore dei balneari è stata manifestata durante la conferenza stampa, indetta il 28 gennaio 2016, presso la Sala Nassirya di Palazzo Madama, dal titolo "Iniziative a sostegno delle imprese balneari", promossa da alcuni parlamentari del Partito Democratico;
con l'applicazione della direttiva 2006/123/CE dell'Unione europea, relativa ai servizi nel mercato europeo comune l'Unione europea il 28 dicembre 2009 ha chiesto all'Italia di adeguarsi alla normativa europea in materia di libertà di stabilimento delle imprese sul territorio dell'Unione europea ed al principio di libera concorrenza, prevedendo che le concessioni vadano all'asta e non siano rinnovate automaticamente, sempre agli stessi concessionari;
l'Italia è già stata oggetto di una procedura di infrazione, la n. 2008/4908, che è stata avviata nel febbraio 2009 dalla Commissione europea, in relazione all'incompatibilità del sistema di attribuzione delle concessioni demaniali marittime per finalità ricreative, con il cosiddetto diritto di stabilimento protetto, come da articolo 43 del Trattato della Comunità europea ed ora articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. In data 5 maggio 2010, la Commissione europea inviava una lettera di messa in mora complementare con la quale, oltre a mantenere aperta la procedura di infrazione, in considerazione del fatto che l'ordinamento italiano conservava ancora una norma che autorizzava il rinnovo automatico delle concessioni demaniali, rilevava come l'ordinamento italiano, in materia, si ponesse in contrasto con l'articolo 12 della direttiva Bolkestein;
l'Italia è intervenuta per rimuovere le cause alla base della procedura di infrazione n. 2008/4908 approvando all'interno dell'art. 11 della cosiddetta legge comunitaria 2010 (legge 15 dicembre 2011, n. 217) alcune modifiche alla legge n. 494 del 1993 e nello specifico abrogando il comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e tutti i richiami a quest'ultimo comma, contenuti all'interno della stessa. A seguito dell'approvazione e dell'entrata in vigore della legge 15 dicembre 2011, n. 217, la Commissione europea, in data 27 febbraio 2012, ha chiuso la procedura di infrazione n. 2008/4908;
a giudizio degli interroganti, importanti sono state, nel corso degli ultimi anni, iniziative simili a quelle svolte dal Tavolo di lavoro concessioni demaniali balneari dei comuni di Viareggio, Massa, Carrara, Pietrasanta, Montignoso e Forte dei Marmi, che hanno monitorato la situazione concernente l'arenile, al fine di garantire la sua funzione pubblica;
considerato infine che risulta agli interroganti che numerosi Comuni stiano prorogando le concessioni in scadenza, prevedendo la possibilità di concedere concessioni ventennali, in palese contrasto con la direzione verso cui stanno andando tutti i Paesi dell'Unione europea (ex multis, la delibera del Comune di Pietrasanta n. 284 del 2015),
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano attivarsi, nell'ambito delle proprie attribuzioni, affinché siano presi gli opportuni provvedimenti, al fine di risolvere le criticità evidenziate.
(4-05337)
Interrogazioni, da svolgere in Commissione
A norma dell'articolo147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:
10a Commissione permanente(Industria, commercio, turismo):
3-02597 (già 4-04773), del senatore Di Biagio, sull'omologazione CE dei serbatoi per GPL "ricondizionati";
11a Commissione permanente(Lavoro, previdenza sociale):
3-02599, della senatrice Moronese ed altri, sull'attuazione del programma "Garanzia Giovani" in Campania;
12a Commissione permanente(Igiene e sanità):
3-02595, dei senatori Campanella e Bocchino, sulla chiusura del punto nascita di Lipari (Messina) e sulle sue conseguenze;
13a Commissione permanente(Territorio, ambiente, beni ambientali):
3-02593, della senatrice Puppato ed altri, sulla costruzione di un impianto di pirogassificatore a biomasse nel territorio di Paese (Treviso);
3-02596, della senatrice Serra ed altri, sulla bonifica del rio Irvi nel Medio Campidano;
3-02598, della senatrice Nugnes ed altri, sul monitoraggio dei depuratori nelle province di Caserta e Napoli.
Interrogazioni, ritiro
È stata ritirata l'interrogazione 4-05290 dei senatori Zizza e Bruni.