Legislatura 19ª - 2ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 59 del 27/06/2023

IN SEDE REDIGENTE

(661) Anna BILOTTI. - Modifiche agli articoli 613-bise 613-ter del codice penale, in materia di tortura e istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura

(Discussione e rinvio)

Il senatore POTENTI (LSP-PSd'Az), relatore, illustra il disegno di legge n. 661, di iniziativa della senatrice Bilotti, assegnato in sede redigente alla Commissione giustizia, che reca modifiche alla normativa in materia di tortura e istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura.

Nel merito il provvedimento consta di due articoli.

L'articolo 1 apporta una serie di modifiche all'articolo 613-bis del codice penale.

Il primo comma dell'articolo 613-bis del codice penale - occorre ricordare - punisce, con la reclusione da 4 a 10 anni, chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso «mediante più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona». La condotta tipica è, pertanto, costituita alternativamente dall'usare violenze, minacce gravi ovvero dall'agire con crudeltà. L'evento del reato è costituito dalle acute sofferenze fisiche o da un verificabile trauma psichico. Attraverso le modifiche apportate dalla proposta di legge in esame si prevede che il delitto di tortura possa essere integrato non solo da più condotte violente reiterate nel tempo, ma anche da una pluralità di contegni violenti tenuti "nel medesimo contesto cronologico" e che "il verificabile trauma psichico" possa essere anche temporaneo, sostanziandosi cioè in un evento che si presti a una rapida risoluzione, non essendo quindi necessario che l'esperienza dolorosa si traduca in una sindrome di trauma psicologico strutturato (primo comma).

L'articolo 613-bis del codice penale incrimina, poi, come è noto, anche le ipotesi di tortura cosiddetta pubblica che si riscontra nei rapporti "verticali" tra State agents e cittadini. Nel caso in cui la fattispecie descritta nel primo comma venga posta in essere, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, secondo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 613-bis del codice penale, la pena è la reclusione da 5 a 12 anni. Il terzo comma dell'articolo 613-bis specifica che tale circostanza non si applica se le sofferenze derivano unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti. Il disegno di legge interviene anche sulla disciplina della c.d. tortura pubblica sopprimendo non solo il requisito dell'abuso dei poteri o della violazione dei doveri inerenti la funzione, ma anche l'intero terzo comma dell'articolo 613-bis. La relazione di accompagnamento del disegno di legge, con riguardo alla soppressione del terzo comma, sottolinea "il codice penale già prevede una serie di disposizioni che giustificano le forze dell'ordine che agiscano - ovviamente - entro i limiti dettati dall'ordinamento. Non si ravvede, dunque, la necessità di prevedere una tale esimente nei casi di così gravi condotte come quelle previste al primo comma".

I commi quarto e quinto dell'articolo 613-bis del codice penale individuano alcune fattispecie aggravate per i casi in cui rispettivamente: dal fatto sia derivata una lesione personale, una lesione personale grave, una lesione personale gravissima; dal fatto sia derivata la morte quale conseguenza non voluta ovvero sia stata cagionata volontariamente la morte della vittima. Nel caso in cui la morte del soggetto passivo sia una conseguenza non voluta della tortura si prevede la pena della reclusione di anni trenta. Nel caso in cui invece l'agente abbia volontariamente causato il decesso si prevede la pena dell'ergastolo. Il disegno di legge interviene anche sul quarto comma dell'articolo 613-bis in materia di circostanze aggravanti, rendendo omogenea la formulazione a quanto previsto per la successiva aggravante a effetto speciale, di cui al quinto comma, ovvero la morte quale conseguenza voluta o non voluta della tortura. Infatti, si affiancano alle lesioni, lesioni gravi o gravissime commesse per colpa, quale conseguenza non voluta del delitto di tortura, anche quelle commesse dolosamente. Viene poi inserito un ulteriore comma nell'articolo 613-bis, il quale prevede il divieto di bilanciamento delle circostanze. Pertanto le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 (minore età) e 114 ("minima importanza"), concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

L'articolo 2 invece modifica l'articolo 613-ter il quale disciplina il reato di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura. L'articolo 613-ter punisce, con la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, nell'esercizio delle sue funzioni, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il reato di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta, ma il delitto non è commesso. Il disegno di legge interviene sull'articolo 613-ter del codice penale sopprimendo il riferimento all'esercizio delle funzioni o del servizio.

Interviene sull'ordine dei lavori il senatore SCALFAROTTO (Az-IV-RE), osservando che, secondo quanto riportato da notizie di stampa, presso la Camera dei deputati sarebbe in corso l'esame di un provvedimento analogo.

Auspica pertanto che siano effettuate, sul punto, le opportune verifiche.

Il PRESIDENTE fornisce assicurazioni in tal senso.

Il seguito della discussione è quindi rinviato.

(729) Erika STEFANI. - Norme in tema di legittimo impedimento del difensore

(Discussione e rinvio)

Il senatore RASTRELLI (FdI), relatore, illustra il disegno di legge n. 729, di iniziativa della senatrice Stefani, che si propone di introdurre nuove norme a tutela della classe forense in tema di legittimo impedimento.

Nel merito il provvedimento consta di tre articoli.

L'articolo 1, aggiungendo un ulteriore comma all'articolo 153 del codice di procedura civile, prevede la remissione in termini - con provvedimento del giudice o, prima della costituzione delle parti, del presidente del tribunale - del difensore che comprova a mezzo di idonea certificazione di essere incorso in decadenze per causa a egli non imputabile o comunque derivante da caso fortuito, forza maggiore o improvvisa malattia, infortunio o gravidanza, per assistenza a figli, famigliari con disabilità o con grave patologia, esigenze improrogabili di cura della prole in età infantile o in età scolare, che non gli consentano di delegare le funzioni nella gestione del proprio mandato. È esclusa la remissione in termini in caso di mandato congiunto.

L'articolo 2 aggiunge un ulteriore comma all'articolo 81-bis disposizioni attuative del codice di procedura civile il quale disciplina il calendario del processo. La nuova disposizione prevede che, quando il procuratore non si presenta all'udienza e l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o improvvisa malattia, infortunio o gravidanza, per assistenza a figli, famigliari con disabilità o con grave patologia, esigenze improrogabili di cura della prole in età infantile o in età scolare, che non gli consentano di delegare le funzioni, comprovate da idonea certificazione prodotta, se possibile, prima dell'inizio dell'udienza, il giudice dispone il rinvio a nuova udienza. Tale disposizione non si applica in caso di mandato congiunto. L'assenza di comunicazione anticipata dell'impedimento, se giustificata, non può costituire da sola motivo di rigetto dell'istanza.

L'articolo 3, infine, modifica il comma 5 dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale nella parte in cui disciplina del legittimo impedimento del difensore nel processo penale. Ai sensi del comma 5, nella sua formulazione vigente, il giudice rinvia l'udienza nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Il disegno di legge amplia l'ambito di applicazione dell'istituto del legittimo impedimento precisando che costituiscono cause giustificatrici anche comprovate ragioni di salute della prole o dei familiari del difensore.

Il PRESIDENTE dichiara aperta la discussione generale.

Il senatore BAZOLI (PD-IDP) osserva che le disposizioni contenute nel disegno di legge, pur apprezzabili nell'intento, potrebbero facilmente prestarsi, nei fatti, a un uso strumentale mirante a procrastinare la durata dei processi. La problematica potrebbe incidere particolarmente sul processo civile, dove l'eccessivo ricorso al legittimo impedimento da parte della difesa del convenuto potrebbe pregiudicare gravemente le ragioni dell'attore, con intuibili effetti controproducenti. Ritiene pertanto necessario un approfondimento del tema.

Il seguito della discussione è quindi rinviato.