Legislatura 19ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 359 del 28/10/2025

Discussione del disegno di legge costituzionale:

(1353-B) Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare (Approvato in prima deliberazione dalla Camera dei deputati; approvato senza modificazioni in prima deliberazione dal Senato; approvato in seconda deliberazione dalla Camera dei deputati) (Seconda deliberazione del Senato) (Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) (ore 16,30)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge costituzionale n. 1353-B, approvato in prima deliberazione dalla Camera dei deputati; approvato senza modificazioni in prima deliberazione dal Senato; approvato in seconda deliberazione dalla Camera dei deputati.

Ricordo che, ai sensi dell'articolo 123 del Regolamento, in sede di seconda deliberazione, il disegno di legge costituzionale, dopo la discussione generale, sarà sottoposto solo alla votazione finale per l'approvazione nel suo complesso, previe dichiarazioni di voto.

Avverto altresì che, ai sensi dell'articolo 138, primo comma, della Costituzione, in seconda deliberazione, il disegno di legge costituzionale sarà approvato se nella votazione finale otterrà il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti del Senato.

Il relatore, senatore Balboni, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

In attesa che arrivi il relatore, sospendo brevemente la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 16,31, è ripresa alle ore 16,33).

Ha facoltà di parlare il relatore.

BALBONI, relatore. Signor Presidente, come Presidente della Commissione affari costituzionali mi consenta, in apertura di questa mia relazione, di esprimere tutta la mia solidarietà all'onorevole Fiano (Applausi), al quale ieri è stato impedito di parlare in una università, cioè in un luogo che dovrebbe essere deputato al confronto civile e democratico delle idee, e anche al senatore Lisei (Applausi), al quale oggi è stato impedito di entrare in una scuola per un confronto civile e democratico. Sono due segnali molto pericolosi che ci devono fare molto riflettere e che colpiscono due esponenti politici, uno di sinistra e uno di destra, che rappresentano le due principali forze politiche democratiche del Paese.

Quindi, quando qualche facinoroso pensa di poter impedire a esponenti delle due principali forze politiche, su posizioni contrapposte, di poter esprimere le loro opinioni e di potersi confrontare democraticamente con chi la pensa diversamente, credo sia un segnale di allarme che le istituzioni non devono sottovalutare e che tutti noi non dovremmo sottovalutare.

Signor Presidente, passo alla relazione sul disegno di legge che oggi è al nostro esame. Il disegno di legge costituzionale n. 1353-B, d'iniziativa governativa, reca modifiche all'articolo 87 e alla Sezione I del Titolo IV della Parte II della Costituzione, in materia di separazione delle carriere dei magistrati giudicanti e requirenti e di istituzione dell'Alta Corte di giustizia.

Il provvedimento è stato approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati il 16 gennaio di quest'anno e, in prima deliberazione, dal Senato, senza modifiche, lo scorso 22 luglio. Successivamente la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge in seconda deliberazione lo scorso 18 settembre.

Trattandosi della seconda deliberazione di un disegno di legge di revisione costituzionale, si applica, per il relativo esame, l'articolo 123 del Regolamento.

Il disegno di legge si compone di 8 articoli.

L'articolo 1 interviene sull'articolo 87, decimo comma, della Costituzione, stabilendo che il Presidente della Repubblica presieda sia il Consiglio superiore della magistratura giudicante, sia il Consiglio superiore della magistratura requirente. Tale modifica è collegata alla previsione della separazione della funzione giudicante da quella requirente e si connette alla scelta operata dal disegno di legge in esame di istituire due appositi Consigli superiori della magistratura: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.

L'articolo 2 modifica il primo comma dell'articolo 102 della Costituzione, al fine di precisare che le norme sull'ordinamento giudiziario, che regolano la funzione giurisdizionale esercitata da magistrati ordinari, devono altresì disciplinare le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti.

L'articolo 3 sostituisce integralmente l'articolo 104 della Costituzione. Il primo comma del nuovo articolo 104 specifica che la magistratura - ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere - è composta da magistrati della carriera giudicante e magistrati della carriera requirente.

Il secondo comma del nuovo articolo 104, pertanto, istituisce i due nuovi organi di autogoverno della magistratura: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente; inoltre, attribuisce la Presidenza di entrambi i neoistituiti organi al Presidente della Repubblica, ribadendo quanto già stabilito dall'articolo 87, come modificato dal precedente articolo 1 di questo disegno di legge.

Ai sensi del terzo comma dell'articolo 104, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione, già membri di diritto del vigente CSM, sono membri di diritto rispettivamente del CSM della magistratura giudicante e del CSM della magistratura requirente.

Per quanto concerne i membri non di diritto, tanto del Consiglio superiore della magistratura giudicante, quanto di quello della magistratura requirente, il quarto comma del nuovo articolo 104 stabilisce una proporzione fra i membri laici e quelli togati analoga a quella prevista dall'attuale quarto comma all'articolo 104, prevedendo tuttavia un innovativo sistema di sorteggio, secondo il seguente meccanismo: un terzo dei componenti estratti a sorte da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di servizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall'insediamento, compila mediante elezione; due terzi dei componenti estratti a sorte, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti. Si specifica che la compilazione dell'elenco da parte del Parlamento in seduta comune avviene entro sei mesi dall'insediamento delle Camere, affinché tale adempimento non sia concomitante all'effettiva necessità di selezionare i componenti laici.

Si rinvia alla legge ordinaria per quanto riguarda la definizione delle procedure per il sorteggio, nonché per quanto attiene al numero di componenti da sorteggiare.

Il successivo quinto comma del nuovo articolo 104, analogamente alla disciplina vigente, prevede che ciascun Consiglio elegga il proprio vice presidente fra i componenti designati mediante sorteggio dall'elenco compilato dal Parlamento, mentre il sesto comma prevede la durata in carica di quattro anni per i membri non di diritto, specificando che questi non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.

Infine, con riferimento al regime delle incompatibilità, il settimo comma del nuovo articolo 104 stabilisce che, finché sono in carica, i componenti dei due Consigli non possono essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale, analogamente a quanto previsto dalla vigente disposizione costituzionale.

L'articolo 4 sostituisce integralmente l'articolo 105 della Costituzione, al fine di ripartire tra i due neoistituiti Consigli le competenze che attualmente spettano al Consiglio superiore della magistratura, fatta eccezione per la competenza a decidere sull'azione disciplinare, con riferimento alla quale il medesimo articolo provvede a istituire un'apposita Corte.

In particolare, il primo comma attribuisce a ciascuno degli organi di autogoverno della magistratura la competenza ad assumere, in ossequio alle norme sull'ordinamento giudiziario, le determinazioni concernenti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati.

Il secondo comma affida la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, a un organo collegiale di nuova istituzione denominato Alta corte disciplinare.

Con riguardo alla composizione dell'Alta corte, il terzo comma prevede che questa sia composta di quindici giudici di cui: tre nominati dal Presidente della Repubblica, tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio; tre estratti a sorte da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall'insediamento, compila mediante elezione; sei estratti a sorte tra i magistrati giudicanti con almeno venti anni di esercizio e che svolgono o hanno svolto funzioni di legittimità; tre estratti a sorte tra i magistrati requirenti con almeno venti anni di esercizio e che svolgono o hanno svolto funzioni di legittimità.

II quarto comma precisa che il presidente dell'Alta corte viene eletto tra i componenti nominati dal Presidente della Repubblica e tra quelli estratti a sorte dall'elenco formato dal Parlamento in seduta comune, mentre il quinto comma prevede la durata in carica di quattro anni per i membri della Corte, specificando che l'incarico non può essere rinnovato.

Il sesto comma enumera diverse cause di incompatibilità tra l'ufficio di giudice dell'Alta corte e altri incarichi. Nel dettaglio, non possono rivestire il ruolo di giudici dell'Alta corte membri: del Parlamento; del Parlamento europeo; di un Consiglio regionale; del Governo. L'ufficio è altresì incompatibile con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.

Con riferimento al procedimento disciplinare, il settimo comma delinea un duplice grado di giudizio, stabilendo che le sentenze adottate in prima istanza dall'Alta corte sono impugnabili, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione in prima istanza.

L'ottavo comma, infine, riserva alla legge ordinaria il compito di determinare gli illeciti disciplinari, le relative sanzioni, la composizione dei collegi e le forme del procedimento disciplinare, nonché di dettare le norme necessarie ad assicurare il funzionamento dell'Alta corte, in modo che nel collegio siano rappresentati i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti.

L'articolo 5 interviene sull'articolo 106, terzo comma, della Costituzione, apportandovi alcune modifiche consequenziali all'introduzione di carriere separate tra magistratura giudicante e magistratura requirente.

Nello specifico, si prevede che la designazione a consigliere di Cassazione avvenga su designazione del Consiglio superiore della magistratura giudicante e che anche i magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio possano essere designati dal Consiglio superiore della magistratura giudicante all'ufficio di consiglieri di Cassazione per meriti insigni.

L'articolo 6 reca una modifica di coordinamento al primo comma all'articolo 107 della Costituzione, sostituendo il riferimento al Consiglio superiore della magistratura con il riferimento al rispettivo Consiglio.

L'articolo 7 apporta una modifica di coordinamento all'articolo 110 della Costituzione, sostituendo il riferimento al Consiglio superiore della magistratura con riferimento a ciascun Consiglio superiore in ordine alla competenza del Ministro della giustizia.

Infine, l'articolo 8 contiene disposizioni transitorie. In particolare, si prevede che, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge costituzionale, siano conseguentemente adeguate le leggi sul Consiglio superiore della magistratura, sull'ordinamento giudiziario e sulla giurisdizione disciplinare e che, fino all'entrata in vigore dei relativi provvedimenti legislativi, continuino a osservarsi nelle materie ivi indicate le norme vigenti alla data di entrata in vigore della legge costituzionale in esame. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritta a parlare la senatrice Fregolent. Ne ha facoltà.

FREGOLENT (IV-C-RE). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi senatori, siamo arrivati all'ultimo atto di questa discussione e poi alla votazione finale di una riforma costituzionale che, essendo tale, avremmo voluto essere condivisa e partecipata. L'avremmo voluta condivisa perché si fa un grande lavoro sulla nostra Costituzione, la si cambia, e non è una questione di maggioranza: la Costituzione appartiene a chi vi ha votato e a chi non vi ha votato, come pure a chi non è andato a votare e magari si riconosce nella Costituzione dei Padri e delle Madri fondatrici di questa Repubblica. Avremmo voluto un'apertura da chi - come lei sa, signor Ministro - non è mai stato contrario a questo argomento, la separazione delle carriere, proprio per fare quelle modifiche affinché essa funzioni veramente.

La parte del CSM non ci ha mai convinto e abbiamo anche sottolineato più volte tecnicamente il motivo. Però voi avevate trovato una quadra di minima e siete andati avanti, in maniera anche un po' arrogante, perché, quando si cambia la Costituzione, non lo si fa in queste condizioni. Mi ricordo sempre qui l'intervento in discussione generale fatto dal presidente Pera, in cui, quando fu introdotta comunque la possibilità della separazione delle carriere come modifica del nostro ordinamento, nel lontano 1996, dava atto dell'apertura dell'allora maggioranza di centrosinistra nei confronti di una proposta che veniva da forze di centrodestra.

Qui oggi questo non c'è stato e posso dirle, signor Ministro, che è con grande dispiacere che sottolineo tale mancato rapporto nel dialogo, perché sa benissimo come sarà la campagna referendaria. Se vuole glielo dico io, che ne ho subita una nel 2016, perché in essa non si parlò del referendum, forse anche per ingenuità del mio leader o perché nel frattempo le forze di opposizione si erano molto organizzate a "cecchinarlo". Si parlò di altro: si parlò del fatto che era una riforma costituzionale voluta dalle banche, le stesse che voi oggi volete punire; si parlò di forze straniere, in particolare israeliane e, quando si deve parlare di una forza straniera, si dà sempre la colpa a Israele, che avrebbe avuto interessi particolari e speciosi affinché la dittatura entrasse nel nostro Paese; non si discusse di niente a proposito del Titolo V e delle riforme.

Dopo, quando arrivarono prima la pandemia e poi il caro energia, molti si misero a dire che forse quel Titolo V si sarebbe dovuto modificare e a chiedersi perché non si fosse modificato. Non si era discusso di quel Titolo V perché si era parlato della Maserati inesistente del mio leader; si era parlato di entrature inesistenti; si era parlato di fake news.

Ora lasciamo stare questo, perché mi auguro invece che voi possiate entrare nel merito di questa riforma e che non ci siano fake news.

Signor Ministro, io temo, però, fortemente che, nel non parlare della questione di merito, vengano fatte altre dichiarazioni solenni e mi posso permettere di dire che le vostre forze politiche non lo sopporterebbero. Mi riferisco a dichiarazioni del tenore che voi, con questa legge, aprite il carcere agli assassini, ai violentatori, agli stupratori, agli spacciatori. Voi - quelli che andavano a suonare i campanelli chiedendo: «Lei spaccia?» - riuscite ad accettare e a reggere una tale valanga di insinuazioni? È bastato che la scorsa volta fosse fatta qui questa insinuazione perché alle forze di maggioranza, un po' più presenti rispetto a oggi, saltassero i nervi, vero presidente Pera? Non tutti sono garantisti nella vostra maggioranza. Non tutti hanno il garbo di dire che ci vogliono pregiudizi per essere colpevoli: basta un articolo, magari di un giornale amico, come «La Verità», un titolo che a leggerlo ogni mattina nella rassegna stampa mi mette una certa ansia, a me che non so mai qual è la verità. È una delle tante verità che esistono, e meno male che ci sono tante verità.

Secondo lei, signor Ministro ‑ spero che il Presidente non si offenda se non interloquisco tramite lui e lei non si offenda se mi rivolgo direttamente a lei ‑ quante vittime di mafia verranno messe da una parte o dall'altra per dire perché non bisogna attuare la separazione delle carriere? Quanti parenti di vittime di mafia verranno utilizzati perché non venga fatta la separazione delle carriere? Sarà un bruttissimo referendum e, se ci fosse stata maggiore condivisione, si sarebbe forse evitata una radicalizzazione o quantomeno, signor Ministro, avrebbe messo più in difficoltà le opposizioni, perché di fronte al vostro monolitico blocco non c'è stato neanche il divertimento di metterci in difficoltà. Lo dissi la volta scorsa perché la separazione delle carriere andava fatta, ma non come l'avete scritta voi.

Io ho fatto la galoppina - come si usa dire - ossia la praticante che faceva chilometri e chilometri, che veniva caricata di competenze da parte del proprio avvocato (eri bravo se nella mattinata riuscivi a fare tutto prima che gli uffici chiudessero: si dice galoppino proprio perché devi galoppare) e a cui veniva concesso, perché dovevi fare pratica, il caso disperato, ossia il caso del plurispacciatore ragazzino che aveva magari la tua stessa età. Io mi sono laureata in tempo, essendo un po' secchiona, e mi sono trovata di fronte coetanei che avevano dei precedenti che sembravano gli emendamenti che abbiamo presentato noi, nel senso avevano un'enciclopedia di precedenti e tu dovevi patteggiare. Tu, ragazzina, entravi nell'aula ‑ spero di non offenderla, signor Ministro - e vedevi il giudice e il pm che avevano fatto il patteggiamento e che erano d'accordo e che ti dicevano di non fargli perdere tempo. Non ti chiamavano ragazzina, per carità, erano cordiali e ti chiamavano dottoressa, ma il significato era quello, ossia avevano qualcosa di più importante di cui occuparsi che non di quella feccia, perché tecnicamente non lo era, ma umanamente era una feccia. Si trattava, cioè, di quelli che rubavano la collanina alla nonna e le autoradio - all'epoca c'erano ancora - e a me ne hanno rubate tantissime e, quando andavo a denunciare, il carabiniere mi diceva che noi poi mettiamo fuori quei soggetti. Ecco, parlo di coloro per i quali, in caso di malagiustizia, la gente non si indigna, perché, se non è qualche mese in più, è qualche mese in meno, ma erano colpevoli, nessuno era presunto innocente. Ho visto tanti film americani e posso dire che quelli non avevano la faccia di Paul Newman e non avevano la bellezza di James Dean. Erano provati dalla droga, erano senza denti perché non avevano i soldi per curarsi, avevano l'AIDS. Io scoperto lì cosa era l'AIDS. Ecco, per quelli bisognerebbe fare la separazione delle carriere perché un mese in più o in meno fa la differenza. E la fa perché se va in comunità, forse - e ripeto forse - uno su mille - come dice la canzone del maestro Gianni Morandi - ce la fa. Almeno, però, gli si dà lo strumento per farlo, perché sicuramente in carcere non c'è neanche quella possibilità. Se va male, all'epoca andava nel repartino dell'ospedale Amedeo di Savoia, che era peggio del carcere. Se lei c'è stato, sa cosa intendo: una stanza dove c'erano le telecamere per evitare che si facessero del male, con un buco in mezzo alla stanza e quello era il loro bagno, dove tu, avvocato, andavi da loro e loro spesso erano legati per evitare atti di autolesionismo.

Presidenza del vice presidente RONZULLI (ore 16,55)

(Segue FREGOLENT). C'è una proposta di legge, cosiddetta «Sciascia-Tortora», presentata da un'associazione, sul fatto che i magistrati, prima di dare una pena, dovrebbero visitare le carceri, e io dico anche i politici. Io ringrazio il mio anno e mezzo; tanto sono durata, poi ho fatto amministrativo. Al quarto fuoco di Sant'Antonio per stress mi sono arresa; non mi sono mai arresa nella mia vita, ma lì mi sono arresa. Devo dire che mi piacerebbe che l'inferno dantesco venisse visto, anche per essere più laici in questa discussione.

Quello che però non vi posso perdonare, signor Ministro, è non aver ascoltato almeno quelle opposizioni che vi volevano dare una mano e aver fatto un muro contro muro insopportabile. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Cucchi. Ne ha facoltà.

CUCCHI (Misto-AVS). Signora Presidente, Ministro, siamo qui per approvare per la seconda volta un disegno di legge che modifica la Costituzione, nella parte in cui disciplina uno dei tre poteri, quello giudiziario, e lo fa all'interno di una riforma complessiva tesa a rafforzare il potere esecutivo, il Governo, a discapito degli altri due, quello legislativo, con il premierato, e quello giudiziario, con questo testo che punta chiaramente all'indebolimento del potere giudiziario. Il provvedimento porta infatti a ricondurre l'azione del pm sotto il controllo condizionante del Governo, a rendere i giudici più vicini al Governo e più lontani dai cittadini e la giustizia più fragile, più esposta a pressioni politiche e meno indipendente. In questo modo non spezzerete le correnti, Ministro, ma spezzerete la giustizia e l'equilibrio fra i poteri. D'altra parte vi dite garantisti, ma dal vostro insediamento non avete fatto altro che introdurre nuovi reati, sanzioni, aggravanti e aumenti di pena.

Questo disegno di legge Nordio è oltretutto una riforma datata, perché il nostro modello processuale già distingue le funzioni di pubblico ministero e giudice. La riforma Castelli del 2006-2007 ha separato nettamente le funzioni giudicanti e requirenti, ha ristretto notevolmente la possibilità per i magistrati del passaggio da una funzione all'altra. La separazione delle funzioni è stata resa ancora più stringente dalla riforma Cartabia del 2022.

E, allora, perché un'ulteriore diversificazione delle carriere? Perché rompere il modello costituzionale? Rompere il modello costituzionale di unicità della magistratura avrà un solo effetto: spingere il pubblico ministero fuori dalla cultura della stessa giurisdizione, avvicinarlo ancora alla funzione di polizia. Non abbiamo bisogno però di un avvocato della polizia che la difenda ancora di più, magari da impunità, quando commette gli abusi.

Abbiamo bisogno, Ministro, della circolazione di una comune cultura fatta di garanzie e di diritti. La contaminazione non intacca l'autonomia: serve a far circolare i saperi e le esperienze. Non abbiamo bisogno di due CSM distinti per i magistrati giudicanti e requirenti, di un rafforzamento della componente politica rispetto a quella togata. Il CSM della magistratura requirente? Semplicemente alla cosiddetta casta dei magistrati subentra la casta dei pubblici ministeri, più autoreferenziali che mai, un corpo isolato e autonomo da ogni altro potere, con discrezionalità incontrollata nelle scelte sull'azione penale.

Non abbiamo bisogno di una magistratura requirente che nel dibattito pubblico getti magari benzina sulle spinte punitive e vendicative dell'opinione pubblica o di un Consiglio superiore della magistratura requirente con un peso spropositato, che condizioni i dibattiti sulle riforme della giustizia. Voi volete una categoria di accusatori di professione, avulsi dalla giurisdizione e pieni di ansia da prestazione. Soprattutto voi volete la dipendenza del pm dall'Esecutivo, anche se lo negate, ovviamente; separato magari dalla magistratura giudicante, il pm finirà facilmente assoggettato al controllo politico della maggioranza. Questo ovviamente è il vostro scopo.

Allo stesso modo, verrà limitato pesantemente il sistema di autogoverno della magistratura. E lo farete sostituendo le elezioni con il sorteggio: un sorteggio secco per i membri togati del CSM e un sorteggio temperato per i membri laici, sorteggiati da un elenco compilato mediante l'elezione del Parlamento. Questo vuol dire semplicemente far regredire i giudici a corpo omogeneo di funzionari, escludere la dialettica dall'organismo che li amministra, negare di fatto che in esso si rispecchino le idee e le culture dei giudici, colpire e affondare l'associazionismo giudiziario e la partecipazione elettorale.

La funzione disciplinare è affidata all'Alta corte disciplinare, creata ad hoc. I suoi giudici vengono scelti di nuovo con un sorteggio, ma - attenzione - solo fra i magistrati con almeno venti anni di esercizio della funzione giudiziaria. La giustizia disciplinare diventa monopolio dei magistrati di Cassazione, slegata dall'autogoverno. La funzione disciplinare rafforzerà il conformismo del corpo dei magistrati. La collocazione dell'Alta corte è superiore rispetto alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Per quale motivo, visto che la scelta dei suoi componenti è affidata alla cieca sorte? L'obiettivo è chiaro, ci è chiaro: abbattere l'indipendenza reale della magistratura, sottrarre al controllo di legalità gli abusi dei poteri pubblici o privati, addomesticare una magistratura che non deve più interferire con l'operato del Governo, anzi deve essere garante del potere contingente. Zagrebelsky lo ha chiamato "uso congiunturale della Costituzione" e sta dentro il vostro ampio programma di riduzione della democrazia a democratura, dove il potere Esecutivo si forma con l'investitura di un capo dai poteri illimitati; dove le grandi opere non sono intralciate da bazzecole come l'abuso d'ufficio; dove la sicurezza dei forti si esercita contro i settori marginali della società, sempre più indifesi e sempre più vessati; dove chi cerca di emanciparsi da sfruttamento e abusi viene messo a tacere; dove chiunque si ribelli a tutto ciò viene punito con pene severissime; dove chi abusa è protetto e immune. Alla fine, saremo ancora meno uguali di fronte alla legge. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pirro. Ne ha facoltà.

PIRRO (M5S). Signora Presidente, abbiamo già avuto modo in quest'Aula di discutere della separazione delle carriere. Abbiamo argomentato in Commissione e in Aula, ripetutamente, su ciò che questo provvedimento rappresenta realmente per il Paese. Non è certamente un tentativo di far funzionare meglio il sistema della giustizia, che ha delle inefficienze, così come lamentato da più parti. Il problema è che le inefficienze che lamentano i cittadini non sono quelle che si potrebbero correggere con questo provvedimento, che nulla corregge, ma che piuttosto indebolisce.

Dietro questo provvedimento non c'è un miglioramento del sistema giustizia (non si fanno assunzioni, non si stabilizza il personale, non si migliorano le condizioni di lavoro all'interno dei nostri tribunali), ma semplicemente si separano le carriere, che in parte erano già state separate, tant'è che già oggi è consentito un numero limitato di passaggi dalla carriera dei pubblici ministeri a quella dei magistrati giudicanti.

Dai dati risulta che circa l'1 per cento dei magistrati si avvale della possibilità di passare da una carriera all'altra. Quello che volete fare voi è separarli, indebolirli, creare due Consigli superiori della magistratura, creare addirittura un organo come l'Alta corte disciplinare, che ha tanti richiami al passato: al regio decreto, superato poi dalla nostra Costituzione e dai Padri costituenti, con un modello nuovo; un'Alta corte non soggetta a controlli esterni, su cui molti rilievi sono stati fatti dai colleghi in Commissione rispetto all'impugnativa, sui provvedimenti e al coordinamento con l'articolo 111 della Costituzione. Si crea un sistema potenzialmente opaco e abusivo.

Nulla si fa per migliorare effettivamente il sistema giustizia, ma si indebolisce il ruolo dei magistrati e soprattutto la loro indipendenza, quella sancita dalla Costituzione. Il fine ultimo di questa separazione, infatti, è sottomettere la parte inquirente, i pubblici ministeri, al volere della politica, all'indirizzo politico su quelle che debbano essere le cause, i reati da perseguire e su quelli invece da abbandonare per strada, per opportunità politica.

Lo abbiamo visto plasticamente anche rispetto ai commenti che ci sono stati nei giorni scorsi rispetto a una sentenza che riguardava Berlusconi e Dell'Utri. Tutte le forze di maggioranza, dal vice primo ministro Tajani a scendere, hanno esultato di gioia perché finalmente, dopo trent'anni, si dimostrava in maniera inoppugnabile che quella nei confronti di Berlusconi era stata persecuzione. Finalmente un tribunale, la Corte di cassazione, stabilisce che tutto il resto che è stato detto in questi anni era totalmente infondato. Eppure, se si va a leggere quella sentenza non è affatto così. Quella sentenza stabilisce che non ci sono prove sufficienti per dimostrare che ci sia stato riciclaggio di denaro di Cosa Nostra attraverso le imprese che facevano capo a Silvio Berlusconi; quella sentenza, però, non cancella tutte le sentenze precedenti; non cancella la sentenza di definitiva a carico di Marcello dell'Utri; non cancella le sentenze che dicono che la famiglia Berlusconi ha pagato per circa un ventennio Cosa Nostra.

Quindi, sì, si cerca di manipolare persino le sentenze, quelle che escono dalla Corte di cassazione, interpretando volutamente a proprio favore quello che a favore non è. È quanto volete fare voi con questo provvedimento: manipolare la giustizia, sottometterla ai poteri forti, avere una giustizia nel nostro Paese che sia forte, fortissima con i deboli, con i poveri e con chi non ha la possibilità di mettere in campo ingenti risorse economiche, e sia invece debole con i forti, con chi ha il potere dalla sua parte, con chi ha le risorse economiche per difendersi all'infinito e tirare in lungo i processi.

Quella che volete è una giustizia classista, come è stato più volte detto in quest'Aula da persone sicuramente più autorevoli di me, come il collega senatore Scarpinato. È dunque inutile che io ricordi ancora una volta quello che ho già detto in altri precedenti interventi: come il disegno sulla separazione delle carriere fosse stato preannunciato già ai tempi del disegno eversivo di Licio Gelli e della sua loggia massonica, che aveva in questo un punto cardine.

Senza andare a scomodare questioni risalenti a quarant'anni fa, che purtroppo da quando governate sono diventate sempre più attuali, per non dire attualissime, basta vedere quello che state facendo con i vari provvedimenti in cui c'è stata una spartizione di prebende per ognuno dei principali partiti della maggioranza, con Fratelli d'Italia che vuole a tutti i costi il premierato, la Lega che voleva l'autonomia differenziata e Forza Italia che voleva l'indebolimento della magistratura attraverso la separazione delle carriere. Questo è quello che vediamo: il nostro Paese e la nostra Costituzione a brandelli (Applausi) per appagare gli appetiti di una maggioranza sempre più ingorda, nonostante sentenze della Cassazione che dicano che i provvedimenti che mettete in atto vanno contro quei princìpi fondamentali voluti dai nostri Padri costituenti e che noi continueremo a difendere sempre e comunque con tutte le nostre forze.

È inutile che parli a quest'Aula sorda… (Commenti). Vedo che le citazioni auliche ve le fate da soli; io avrei omesso… (Commenti). Magari riesco a continuare se non vengo interrotta. Ripeto, è inutile continuare a parlare con una maggioranza sorda ai bisogni del Paese e che pensa solo di intervenire con la mannaia e con la forza dei numeri. Mi auguro che il referendum a cui saranno chiamati i cittadini italiani venga compreso da chi sta fuori da quest'Aula e che si capisca che questo è l'ennesimo attentato dell'attuale maggioranza alla democrazia, ai diritti di tutti e all'uguaglianza, quella che dovrebbe essere garantita nelle aule dei tribunali e non solo. Mi auguro che venga capito e che ci sia poi giustizia nelle urne, dove ci sarà l'ultima possibilità per fermare questo ennesimo scempio che state mettendo in atto. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Alfieri. Interverrà prima il senatore Alfieri perché domani non può. La ringrazio, senatore Marton.

Prego, senatore Alfieri, ne ha facoltà.

ALFIERI (PD-IDP). Signora Presidente, ringrazio anche per la comprensione il Gruppo del MoVimento 5 Stelle; l'ho appreso poco fa, quindi non sapevo.

Penso che questa riforma vada inquadrata nella strategia messa in campo dal centrodestra di costruire un insieme di riforme che toccano la Costituzione, o comunque aspetti rilevanti dell'organizzazione dello Stato, fin dall'inizio della legislatura e che questa maggioranza abbia sapientemente tirato fuori i provvedimenti a orologeria quando incontrava momenti di difficoltà o magari divisioni all'interno del centrodestra su questioni che riguardano la manovra o la carne viva della società italiana quali gli stipendi, la sanità pubblica, le risorse per aiutare le imprese. In questo scambio di riforme ognuno porta la sua bandiera. Forza Italia ha questa, la riforma della giustizia; io non la chiamerei riforma della giustizia, ma - e poi spiegherò - separazione delle magistrature, in onore a una vecchia battaglia del fondatore. Ho grande rispetto per i fondatori dei partiti, ma li si può onorare in maniere diverse.

L'autonomia differenziata è portata avanti dalla Lega per cercare di recuperare quella vocazione ormai persa delle battaglie di Umberto Bossi e della Lega delle origini. È un'autonomia differenziata di nome, ma poi, di fatto, è un nuovo tentativo di riprendere la questione del residuo fiscale, di spostare risorse al Nord, non garantendo i livelli essenziali delle prestazioni, cosa che la Corte costituzionale ha rilevato molto bene.

Vediamo, insomma, le difficoltà del Governo nel portare avanti quella riforma. Noi vigileremo, perché i colpi di coda sono sempre pronti e faremo la nostra parte.

Vi è poi il premierato, che è stata definita la madre di tutte le riforme, ma che mi sembra di capire sia stata messa un po' in congelatore, forse perché si pensa di ottenere effetti simili con la riforma della legge elettorale. Per adesso ne leggiamo sui giornali, non sappiamo ancora se sia un'iniziativa di questo Governo, ma non ne sentiamo il bisogno: nel nostro Paese c'è bisogno di ben altro con cui occupare le Aule parlamentari, per rispondere alle sfide e ai bisogni degli italiani. Il premierato ha in comune con la riforma della giustizia proprio quell'idea di colpire al cuore la separazione dei poteri e l'equilibrio tra i poteri, così come disegnato dal 1748 in poi, con «Lo spirito delle leggi», da Montesquieu. Quello è il cuore del tema, ma ci arriverò fra poco.

È evidente questo scambio, in cui ognuno ha la sua bandierina. Non sono riforme profondamente condivise dal centrodestra: ognuno ha il suo pezzo e lo porta al tavolo di maggioranza; operazione certamente legittima, ma che noi non condividiamo. Non condividiamo questo baratto fra le forze di maggioranza, a discapito degli italiani, sulla pelle della Costituzione, che è stata costruita, invece, con equilibrio, con un confronto e un dialogo fra le diverse forze politiche, cosa che è mancata completamente da questo punto di vista (e chiuderò il mio intervento su questo aspetto, ossia sul metodo).

Sul merito, invece, questa non è una riforma della giustizia; se fosse tale, affronterebbe i nodi del sistema giudiziario, cioè il tema della mancanza di personale, di cancellieri, di persone che facciano lavorare a pieno ritmo i tribunali, che permettano ai giudici di pace di non accumulare ritardi enormi, lunghissimi, con disagi per i cittadini, in modo tale da garantire la funzionalità di quegli uffici, con un'attenzione all'abbattimento dei tempi di attesa, enormi, per gli italiani. Quando li incontriamo per le strade, quando ci confrontiamo con operatori del settore o con cittadini comuni che hanno a che fare col sistema giudiziario, non ne troviamo uno che, dovendo affrontare un processo o una lite e dovendosi rivolgere agli operatori della giustizia, ponga il tema della separazione delle carriere o delle magistrature. Le persone ci pongono, invece, il tema della lunghezza dei tempi d'attesa e quindi delle ansie davanti a tempi molto lunghi per vedere riconosciuti i propri diritti. Su quello bisognerebbe concentrarsi.

Non è separazione delle carriere, in realtà, ma separazione delle magistrature, ossia il tentativo di tenerle distanti e di indebolirle. Parliamoci chiaro, non serviva una riforma costituzionale per farlo; se si voleva fare la riforma delle funzioni, bastava un intervento in legge ordinaria. È ancor più vero nel momento in cui lo leghiamo al fatto che sono state fatte delle riforme in questo ambito dai Governi precedenti: la riforma Cartabia ha già affrontato il tema. Oggi è possibile cambiare una sola volta, cambiando distretto, di fatto cambiando l'ambito in cui si è lavorato, per evitare conflitti di competenza o di interessi. Lo avevamo quindi già definito da questo punto di vista. Oggi sono pochissimi i casi di trasferimento.

In realtà avete voluto affrontare un'altra questione, la riforma del Consiglio superiore della magistratura, per colpire lì dove fa più male, cioè sull'indipendenza e sull'autonomia della magistratura, sancita dalla nostra Costituzione. Questo è il punto nevralgico, quello più delicato, della vostra riforma, che tende a indebolire complessivamente la magistratura, a incidere in profondità in ciò che citavo prima, all'inizio del mio intervento, ossia l'equilibrio dei poteri su cui si reggono le democrazie liberali, da sempre: potere esecutivo, legislativo e giudiziario, su un piano di parità.

Il rischio che vediamo è che una procura, la magistratura inquirente, completamente slegata, possa avere due tipi di sbocco: o diventare più autoreferenziale, più forte, contravvenendo magari anche ad alcune delle finalità che voi avete declamato e presentato, su cui state costruendo un racconto all'opinione pubblica italiana, oppure si va verso un modello diverso, quello che c'è in alcuni Paesi dove la magistratura inquirente, il procuratore, è sotto il controllo politico, dando una torsione pesante al nostro ordinamento costituzionale, che invece ha sempre tenuto a una chiara e ben identificata suddivisione dei poteri dello Stato.

A nostro avviso, questo è il tema centrale, quindi l'indebolimento complessivo dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, tramite l'individuazione di due Consigli superiori della magistratura, inquirente e giudicante, ed esso è aggravato dall'esito che si dà alla procedura di individuazione delle persone che dovranno svolgere questo compito, cioè il sorteggio. Il sorteggio svilisce e umilia da questo punto di vista la magistratura tutta, perché afferma quella logica dell'uno vale uno; tutti noi non siamo uguali, tutti noi abbiamo delle attitudini a ricoprire alcuni ruoli rispetto ad altri, soprattutto quando si deve scegliere e si devono prendere decisioni estremamente delicate che hanno a che fare con le persone, con quello che possono o non possono fare, che devono valutare l'operato di colleghi e non si può improvvisare. Non tutti sono adatti, hanno i tratti caratteristici per poterlo fare. Questo è un grave errore che noi sottolineiamo e lo abbiniamo alle altre critiche che stiamo facendo.

Poi vi è l'Alta corte, che si prevede per la magistratura ordinaria, ma non per la magistratura amministrativa e per quella contabile. Non vorrei che ci fosse un sottinteso, quello di andare a colpire proprio quei giudici che fanno parte della magistratura ordinaria.

Da ultimo, il metodo: oggettivamente non c'è un precedente in cui, fin dall'inizio, fin dal primo momento, si è sventolata, ostentata l'idea che questa riforma non fosse emendabile (Applausi). Per una questione che riguarda una riforma costituzionale che incide in profondità sugli equilibri dei poteri ci saremmo aspettati almeno la possibilità di avere un confronto sugli emendamenti e di apportare delle modifiche.

Penso che questa sia un'occasione fallita, una riforma che noi contrasteremo in tutti i modi nelle Aule parlamentari e anche sul territorio, se ci sarà un referendum. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marton. Ne ha facoltà.

MARTON (M5S). Signora Presidente, carissimi colleghi, naufraghi del diritto, signore e signori della giurisprudenza e voi tutti cittadini che ci ascoltate o che ci state guardando, vi do il benvenuto a questa surreale discussione sulla più grande invenzione politica del momento: la separazione delle carriere della magistratura. Ascoltate attentamente, perché non stiamo qui a parlare di riforme serie che risolvono la cronica lentezza dei processi civili e penali, o la mancanza del personale. Giusto per ricordare: mancano 1.400 giudici, 435 pubblici ministeri, oltre a solamente 11.605 dipendenti amministrativi, in tutto circa il 30 per cento del personale. No, siamo qui per discutere di un altro problema, molto, ma molto più serio, che in realtà non c'è.

C'è chi sostiene in quest'Aula che questo epocale stravolgimento costituzionale sia indispensabile per garantire finalmente la terzietà del giudice e la sacrosanta parità delle armi, pilastri che, a quanto pare, cadrebbero sotto l'enorme pressione esercitata dal bere un caffè insieme, o per la condivisione dello stesso status di magistrato. Corriamo ai ripari, ordini di scuderia, separare ciò che è già separato: il grande, drammatico urgente bisogno di toccare la Costituzione si fonda sulla preoccupazione che giudici e pubblici ministeri possano scambiarsi le funzioni a piacimento, inquinando quindi l'imparzialità del giudizio.

Proviamo a smontare questo castello ideologico. Oggi la separazione c'è già nei fatti, grazie alle riforme precedenti e in particolare alla riforma Cartabia del 2022.

Il cambio di funzione è stato drasticamente limitato: lo si può fare solo una volta nell'arco dell'intera carriera e solo entro i primi nove anni di servizio, a condizioni assai stringenti e con obbligo tassativo di cambiamento di sede. Parliamo, signori, di un fenomeno marginalissimo: nel 2022 ci sono stati soltanto 17 trasferimenti che implicavano il passaggio di funzione; nel 2024, invece, i transiti sono andati ben oltre (sono stati due dalla funzione di pm a quella di giudice e 11 in senso inverso), cioè sono diminuiti. È per questi 13 valorosi avventurieri che hanno osato cambiare casacca in un anno che si è mosso il disegno di legge costituzionale? Qualcuno ha giustamente fatto notare che, se il problema è la vicinanza culturale o fisica, allora dovremmo vergognarci assai di parlare di un giudice terzo e imparziale, a meno di non edificare palazzi separati e bar diversamente frequentati per i giudici d'appello che rivedono le sentenze di primo grado o per i magistrati del riesame rispetto al gip. Se l'obiettivo dichiarato è la terzietà, la Corte costituzionale aveva già chiarito con la sentenza n. 37 del 2000 che non esiste alcun principio che imponga - o, al contrario, precluda - la configurazione di una carriera unica o di carriere separate.

La riforma quindi non risponde ai reali bisogni istituzionali, ma - per citare parole altrui - è un'impostura inutile e anacronistica. Se la separazione è di fatto già realizzata, perché il disegno di legge è stato blindato fin dalla prima lettura, impermeabile a qualsiasi emendamento, persino a quelli volti ad assicurare la parità di genere e persino a quelli della maggioranza (e infatti non ce ne sono stati)? La risposta, secondo alcuni osservatori più critici, è che l'iniziativa è un atto di prepotenza politica, un cavallo di Troia per realizzare un ben più vasto disegno di riorganizzazione del potere giudiziario.

I contenuti più contraddittori e dissacranti sono quelli che tradiscono il vero e presunto obiettivo di efficienza. Il timore più diffuso e meritevole di attenzione è che, separando le carriere, si persegua l'obiettivo finale di assoggettare il pubblico ministero al potere esecutivo. La Costituzione, fin dal 1948, separò il pubblico ministero non dal giudice, ma dal potere esecutivo: ora il rischio è che questa separazione formale produca l'effetto opposto. Il pm, isolato dalla comune cultura della giurisdizione, si appiattirà sullo schema mentale tipico della polizia giudiziaria, diventando un pm autoreferenziale, con una vocazione fatalmente colpevolista. La conseguenza è che la politica indicherà i reati da perseguire e quelli da accantonare. Diciamo quindi addio all'obbligatorietà dell'azione penale.

Per un avvocato penalista di prestigio la separazione non servirebbe a nulla, perché il giudice, anche se la carriera sarà separata, continuerà a considerare il pm un cugino imparziale, mentre l'avvocato, pagato dal cliente, no. C'è poi la domanda sarcastica: siamo sicuri di trovare così tanta gente che vuole fare l'accusatore per tutta la vita?

Veniamo all'abolizione del terzo comma dell'articolo 107 della Costituzione, che stabilisce che i magistrati si distinguono soltanto per diversità di funzione. Questa norma è considerata un architrave del sistema che garantisce l'indipendenza anche nei rapporti interni e vieta le gerarchie. La sua eliminazione apre la strada quindi a un ordine giudiziario con giudici sovraordinati e giudici sottordinati, creando quindi magistrati di serie A e giudici di serie B.

Vi è poi il sorteggio. Per combattere l'odiato correntismo, si introduce il sorteggio per la scelta dei membri togati dei due Consigli superiori della magistratura, uno giudicante e uno requirente. Questa modalità è offensiva e deresponsabilizzante. Il sorteggio, purtroppo, non offre alcuna garanzia di un livello minimo d'idoneità, finendo per sancire una torsione burocratica del corpo giudiziario, umiliandone ruolo e ragioni. Inoltre, il sorteggio è asimmetrico: i togati saranno estratti a sorte in maniera secca, i laici da un elenco compilato dal Parlamento, quindi selezionati all'interno di un elenco di eletti. I critici sostengono che quanto più l'elenco sarà smilzo, tanto più si potrà governare il caso e mantenere quindi un legame politico con la componente laica.

A tutto ciò si aggiunge la duplicazione dei CSM, un fatto estremamente dannoso.

Già in discussione generale, nel precedente passaggio, ho indicato che tanto più si introducono delle variabili, tanto più il sistema ovviamente diventa ingovernabile, ma credo di non essere stato ascoltato.

Il CSM stesso, in un parere fortemente critico approvato con 24 voti favorevoli e 4 contrari, ha sottolineato anche le conseguenze sistemiche, come la necessità di riscrivere l'intera normativa primaria sull'accesso alla magistratura e sulla Scuola superiore della magistratura. La riforma crea anche un'Alta corte disciplinare per sottrarre la giurisdizione disciplinare al CSM. Questo nuovo organo, composto da 15 giudici di cui 9 togati e 6 laici estratti a sorte o nominati, è visto come l'istituzione di un giudice speciale solo per la magistratura ordinaria, il cui scopo è di esercitare l'effetto intimidatorio. Credo che questo sia il vostro reale obiettivo.

Il dettaglio più inquietante è il regime di impugnazione contro le sentenze emesse in prima istanza: l'impugnazione sarà ammessa, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Corte. L'assenza di ricorsi in Cassazione per violazione di legge è stata già aspramente criticata in sede parlamentare, perché infrangerebbe l'articolo 111, comma 7, della Costituzione.

Infine, quello al nostro esame è un disegno di legge che non interessa la giustizia; questa monumentale impresa di revisione costituzionale, approvata dalla Camera in una sola settimana, non affronta i problemi reali che affliggono i cittadini, come i 90.000 detenuti in attesa di misure alternative o l'efficienza processuale, anzi l'unica cosa che pare ottenere è la moltiplicazione delle questioni procedurali e dei contenziosi. Dunque, qui si discute se separare le carriere già separate di fatto e si mette a repentaglio l'indipendenza che altrove ci invidiano. Ma non temete, la storia fatta dopo, quando gli eventi sono passati, racconterà e interpreterà con attenzione questa incredibile fase in cui si è deciso di smantellare l'architettura costituzionale per un'esigenza meramente interna ad una parte del ceto politico: voi. (Applausi).

Credo che i cittadini, dopo questa discussione, sapranno da che parte stare con il voto al referendum. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Lopreiato. Ne ha facoltà.

LOPREIATO (M5S). Signora Presidente, prendo la parola in quest'Aula su questo disegno di legge di riforma costituzionale che ‑ dobbiamo dircela tutta ‑ non ha mutato la sua natura ideologica e pericolosa. Vorrei anche attirare l'attenzione dei pochi componenti della maggioranza e del Vice Ministro, perché, come dico sempre, sono senatrice ma non dimentico di essere anche avvocato e devo dire che sinceramente a me dispiace molto che in ogni consesso, in ogni nostra riunione di un certo valore e di un certo tenore, l'avvocatura abbia sempre colto l'occasione per attaccare frontalmente la magistratura, dimenticando che noi facciamo parte di una macchina più grande che è la macchina della giustizia, quindi come avvocato mi sento offesa nel momento in cui assumiamo questa rigida posizione nei confronti della magistratura. Mi dà ancora più fastidio quando le autorità presenziano in questi contesti, riferendosi alla separazione delle carriere come alla panacea, alla misura di civiltà giuridica che risolverà tutti i mali atavici della nostra giustizia.

Ora, se parliamo agli avvocati, questi sanno benissimo quali sono le difficoltà che in questo momento ha tutto il comparto giustizia. In primis, parliamo di sottorganici dei giudici. Vorrei ricordare a questa Assemblea un lavoro fatto dall'Organismo congressuale forense (OCF), che mi è tornato estremamente utile, nel quale si evidenziava come ci fosse una carenza di giudici di pace di ben il 67 per cento. Sappiamo benissimo che il giudice di pace è il giudice di prossimità, quello più vicino al cittadino; non solo, ma con il cosiddetto decreto-legge giustizia avete impiegato quei giudici come supporto ai togati nello svolgimento di alcuni giudizi per raggiungere gli obiettivi del PNRR. A questo punto, coloro i quali avranno promosso una causa dinanzi al giudice di pace vedranno tra qualche anno, forse, se i testimoni ancora si renderanno disponibili a riferire in un giudizio, la propria sentenza.

Quindi non mi venite a dire che la separazione delle carriere sarà di ausilio ai cittadini, perché mi sembra che in questo modo noi li stiamo assolutamente danneggiando. (Applausi). Non solo, continuiamo a parlare di lotta contro i magistrati, dimenticando, per esempio, un altro problema: precari, PNRR. Sappiamo benissimo che parliamo di 12.000 precari, con contratto in scadenza nel giugno 2026. A me non sembra che nella legge di bilancio si parli degli uffici per il processo (UPP) o dei tecnici. Sappiamo benissimo il supporto che hanno dato ai giudici gli UPP e l'importanza di implementare semmai anche il personale amministrativo a supporto dei giudici. Invito quindi il Governo ad attenzionare gli emendamenti che si andranno a presentare al disegno di legge di bilancio, perché non possiamo dimenticare i precari assunti.

Inoltre, parliamo ancora e sempre di separazione delle carriere, ma dimentichiamo l'esigenza di maggiori investimenti nel processo civile telematico (PCT). Chi in quest'Aula è avvocato conosce benissimo la difficoltà per gli avvocati a fare un deposito telematico il fine settimana. Sappiate che se l'avvocato decide di lavorare il sabato e la domenica, non potrà mai depositare la memoria all'uopo redatta perché il sistema PCT non funziona. Vuol dire che il cliente alle spalle dell'avvocato non si vedrà tutelato con la memoria redatta dall'avvocato, non per colpa dell'avvocato che ha lavorato anche la domenica, ma per l'impossibilità dello stesso di poter procedere al deposito telematico perché non ci sono fondi. Ritornando però al discorso della separazione delle carriere, ho fatto un po' di calcoli perché, come al solito, io quando dichiaro qualcosa in quest'Aula, è perché guardo i numeri che sono, a mio avviso, molto importanti.

La riforma della separazione delle carriere moltiplica gli organi di autogoverno, che sappiamo bene da uno diventano ben tre. Praticamente, Presidente, stiamo ipotecando 72 milioni e non troviamo invece i soldi per intervenire sul PCT. La separazione delle carriere la facciamo, ma gli avvocati non lavorano.

Vogliamo parlare inoltre dei rinvii lunghi? Sarà che io effettivamente sono avvocato inside, come dico sempre, perché trent'anni di professione non si dimenticano, ma se io sono avvocato e porto avanti un'istanza di un mio cliente, un mio assistito, egli non avrà più interesse a veder tutelati i propri interessi in seno ad un giudizio nel momento in cui sa benissimo che lo stesso arriverà a conclusione dopo anni. Anche qui vorrei ricordare dei numeri, che ho indicato già in occasione del decreto-legge giustizia, ma che sono importanti. Pensiamo che nel 2023 il giudice di pace di Prato ha congelato per un anno l'emissione di decreti ingiuntivi. Se dobbiamo recuperare piccoli crediti, non lo possiamo fare. È inutile, è meglio metterci una pietra sopra, perché i tempi sono così lunghi che, a questo punto, più che dare mandato a un avvocato che anticipa anche le spese e attendere un anno, meglio desistere. Ci si mette una pietra sopra.

Busto Arsizio: rinvio al 2031. Brescia: dopo due anni ancora non è fissata la prima udienza. Venezia: dopo sette mesi, niente decreti ingiuntivi. Roma: prima udienza dopo due anni. Catania: prima udienza dopo un anno e mezzo. Venezia: di nuovo rinvii al 2030. Ma di che cosa stiamo parlando? (Applausi).

Vorrei ricordare anche la questione del gratuito patrocinio. Troviamo i fondi per fare un altro CSM, la Corte, li troviamo tutti, abbiamo detto che abbiamo ipotecato 72 milioni, ma gli avvocati iscritti al gratuito patrocinio vedranno i propri onorari liquidati, se tutto va bene, dopo sei, sette, otto anni.

Io attendo liquidazioni e anch'io ci ho messo una pietra sopra: una liquidazione risale a cinque anni prima di iniziare questa legislatura e sono ancora in attesa. Mi metto nei panni degli avvocati che vivono di solo gratuito patrocinio e che hanno portato a termine il proprio mandato senza vedere una realizzazione a livello di emolumenti e di proprie competenze, perché non ci sono fondi per il gratuito patrocinio. Ora, quale avvocato, che già vede dimezzate le proprie competenze, si renderà disponibile ad accettare un incarico in questo senso? Anche questo sarà lesivo degli interessi dei cittadini, che voi dite che saranno tutelati dalla separazione delle carriere.

Ora, se un pubblico ministero si impegnerà, sarà sotto il Governo e quindi allo stesso saranno anche indicate le cause da portare avanti, che già so quali saranno, quelle che chiaramente colpiranno il piccolo cittadino, certo, non quelle dei colletti bianchi. Mi metto nei panni del cittadino che sta affrontando un giudizio, che a quel punto si dovrà rifare al migliore avvocato per veder tutelati i propri interessi. Ma come si può dire che la separazione delle carriere va incontro al cittadino? Semmai lo va a colpire particolarmente, perché dovrà rifarsi a un avvocato che sarà veramente costoso. A questo punto, mi rendo conto che voi già siete pronti ai festeggiamenti di giovedì, ma vi invito a fare una riflessione ulteriore. (Applausi).