Legislatura 16ª - 14ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 96 del 18/05/2010

 

POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA    (14ª) 

 

MARTEDÌ 18 MAGGIO 2010

96ª Seduta 

 

Presidenza della Presidente

BOLDI 

 

 

 

La seduta inizia alle ore 14,05. 

 

 

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE  

 

La presidente BOLDI fa presente che la necessità di affinare ed adeguare la prassi e la procedura del Senato alle nuove regole stabilite dal Trattato di Lisbona devono indurre a svolgere alcuni approfondimenti, nell’ottica costruttiva di un complessivo miglioramento della macchina parlamentare in quanto tale, affinché l’Istituzione, già a partire da questa fase "in progress", sia in grado di esprimersi nella maniera più efficace verso l’esterno.

Nello specifico, suscita utili spunti di riflessione la circostanza che la 3a Commissione si sia ulteriormente pronunciata, attraverso una risoluzione, sulla proposta comunitaria riguardante Frontex.

Ricorda che l’atto era stato assegnato l’8 marzo scorso con la fissazione dei seguenti termini finali: il 15 aprile per la Commissione consultata, ossia la 14a, e il 22 aprile per la Commissione di merito, ovvero la 3a, restando inteso che il termine perentorio delle 8 settimane - stabilito, come è noto, dal Protocollo n. 2 del Trattato di Lisbona - sarebbe decorso improrogabilmente il 3 maggio 2010.

La 14a Commissione aveva formulato le proprie osservazioni, relatrice la senatrice Contini, il 14 aprile, rispettando il tempo assegnatogli, mentre la Commissione di merito ha lasciato decorrere il proprio termine, tant’è che la Commissione decise di procedere, il 29 aprile, all’adozione di una risoluzione, mediante la c.d. "doppia deliberazione", che richiede, notoriamente, un quorum rafforzato per il voto.

Pur non sottovalutando che la Commissione di merito, nel momento in cui provvedeva ad approvare la propria risoluzione, teneva a precisare che essa veniva resa "ad integrazione" ed in conformità con la risoluzione già approvata, si chiede se possa ritenersi ammissibile e configurabile una ulteriore deliberazione su quello stesso atto. Viene, infatti, da interrogarsi sul "quo iure ultimor", qualora dovessero prospettarsi, pro futuro, casi di deliberazioni di due Commissioni permanenti tra di loro discordanti.

A suo parere, se si esamina la vicenda dal versante delle 8 settimane richieste dal Trattato di Lisbona, la risoluzione adottata dalla Commissione Politiche dell’Unione europea deve essere ritenuta sicuramente quella definitiva, nonché l’unica che possa essere poi inoltrata alle Istituzioni comunitarie (Presidenti della Commissione europea, del Consiglio e del Parlamento europeo).

Ciò in quanto, non solo risulterebbe imbarazzante trasmettere agli organi dell’Unione europea messaggi o indirizzi plurimi, ma anche perchè il procedimento previsto dall’articolo 144, comma 5, del Regolamento del Senato, deve essere considerato del tutto concluso con la prima risoluzione.

Anche dal punto di vista del cosiddetto "dialogo politico", sembra assodato che la risoluzione fatta propria dalla 14a Commissione debba essere assunta come l’unica ostensibile per le Istituzioni comunitarie. Questa forma di dialogo, infatti, inaugurata alcuni anni fa dal Presidente Barroso, attiene al rapporto di partenariato tra la Commissione e i Parlamenti nazionali e, in sintesi, permette a questi ultimi di inoltrare comunque le rispettive osservazioni anche quando sia decorso il termine fatidico delle 8 settimane.

Nella fattispecie, non v’è chi non veda come il Senato abbia parlato, attraverso la sua 14a Commissione, già entro le 8 settimane e, quindi, si rischierebbe un bis in idem se esso si ripronunciasse un’altra volta adducendo di esprimersi nell’ambito del "dialogo politico".

L’ultimo profilo che occorre valutare nell’esame della fattispecie, probabilmente il più controverso, prosegue la Presidente, è quello attinente alla trasmissione della risoluzione al Governo. A questo riguardo, ricorda che, ogni qualvolta si procede in Commissione ad una c.d. "doppia delibera", lei stessa inoltra al Presidente del Senato una lettera nella quale chiede, espressamente, di trasmettere la risoluzione testè votata sia alle Istituzioni comunitarie - ex articolo 6 del Protocollo n. 2 del Trattato di Lisbona - sia al Governo - ex articolo 144, comma 5, del Regolamento del Senato.

Ne consegue che, sempre nel caso di Frontex, oltre alle Istituzioni di Bruxelles, anche l'Esecutivo si è visto recapitare la suddetta risoluzione della 14a Commissione, affinchè possa tenerne in debito conto nel corso del relativo negoziato comunitario.

            Sotto tale profilo, le preme approfondire la questione concernente i contenuti della risoluzione. Al riguardo, esiste un’argomentazione - applicata, peraltro, presso la Camera dei deputati - secondo la quale, nella disamina di un qualsivoglia progetto legislativo dell’Unione, le Commissioni di merito devono concentrarsi nella valutazione, appunto, del merito della proposta, mentre la Commissione Politiche dell’Unione europea è "confinata", per così dire, alla sola analisi dei profili attinenti alla sussidiarietà e alla proporzionalità.

Per quanto le concerne, non si sente di aderire a questo punto di vista, essenzialmente per le seguenti ragioni.

In primo luogo, la prassi e le consuetudini del Senato, in materia, sono state differenti da quelle della Camera: non si capisce per quale motivo ci si debba adeguare proprio ora al modus operandi dell’altro ramo del Parlamento.

Secondariamente, sin dal 2006, ovvero dall’avvio della già citata "procedura Barroso" - stimolata anche dagli esperimenti di controllo collettivo della sussidiarietà in seno alla COSAC - le varie Commissione permanenti del Senato, in primis la 14a, hanno sempre lavorato esprimendo, nei loro pareri, valutazioni sia nel merito che nella sussidiarietà.

Si è trattato di una condotta, tiene a sottolinearlo, che ha travalicato le diverse maggioranze politiche che si sono succedute, nel frattempo, alla guida dell’Istituzione parlamentare, in quanto si è ritenuto che non fosse opportuno delimitare rigidamente le competenze delle Commissioni tra merito e sussidiarietà, come, peraltro, sollecitato, in maniera esplicita, dalla stessa Commissione europea.

In terzo luogo, come è noto, la Commissione Politiche dell’Unione europea, nel rigoroso rispetto delle norme regolamentari, è andata vieppiù ritagliandosi una funzione "sostitutiva" e "di ultima istanza" nel vaglio del merito e della sussidiarietà degli atti comunitari, con ciò assolvendo ad un compito per il quale si sente vocata naturaliter, se non altro, per la propria raison d’ȇtre istituzionale: garantire l’interesse del Senato ad esprimere la propria voce ufficiale in Europa.

Aggiunge che, tra l’altro, il documento conclusivo elaborato dal Comitato ristretto, da lei presieduto e istituito dal Presidente del Senato per fornire alla Giunta del Regolamento delle proposte di adeguamento al Trattato di Lisbona, prefigura un mandato della 14a Commissione ancora più ampio: ossia un ruolo "sostitutivo anticipato", che gli consentirebbe di pronunciarsi, già nella sua prima deliberazione e sempre con un quorum rafforzato, mediante osservazioni che, stante l’inerzia della Commissione di merito durante le 8 settimane, si tramuterebbero ipso iure in risoluzione del Senato, senza che sia necessario procedere alla ulteriore "doppia deliberazione".

Alla luce di quanto detto, la 14a Commissione non può non continuare, a suo modo di vedere, a formulare osservazioni e ad approvare risoluzioni concentrandosi sia sui profili di merito che su quelli di sussidiarietà dei singoli atti comunitari.

È indubbio, infatti, che per essere in grado di sostituire qualcuno che, potenzialmente, potrebbe non manifestare il proprio orientamento "sul merito", la Commissione deve avere, anch’essa, necessariamente la potestà di potersi esprimere, come ha finora sempre fatto, anche "sul merito" della proposta. Ciò peraltro, essendo valido non solamente per la 14a Commissione, ma, per converso, per tutte le Commissioni che si siano viste assegnare un progetto legislativo dell’Unione non nella sede primaria, ma in quella consultiva.

Conclude limitandosi ad osservare che, affinchè l'Istituzione-Senato sia in grado di manifestare, in forma corretta, la propria posizione vis-à-vis dell'Unione europea e del Governo nazionale, non si possa prescindere da due criteri-cardine. Quello di efficacia: l’azione del Senato deve essere svolta improrogabilmente nei tempi perentori prescritti dai Trattati. Quello di semplificazione: le determinazioni assunte, da qualsiasi Commissione permanente provengano, devono giungere agli interlocutori esterni senza opacità o possibili superfetazioni, nonché in modo chiaro ed assertivo. Parafrasando l’antico brocardo, si sentirebbe di affermare: "Deliberata non sunt multiplicanda sine necessitate".

 

Si apre la discussione.

 

La senatrice MARINARO (PD) riconosce alla Presidente di aver posto una questione che attiene alla sostanza dell'applicazione del Trattato di Lisbona, la cui soluzione è stata, a più riprese, sollecitata dalla propria parte politica alla Presidenza del Senato.

 

E' necessario, al riguardo, una profonda revisione delle norme contenute nel Regolamento del Senato, affinchè l'Istituzione parlamentare sia messa in condizione di integrarsi, in maniera organica e non frammentata, ai nuovi procedimenti comunitari.

Nel caso specifico, riguardante la proposta legislativa su Frontex, occorre ammettere che indubbiamente l'unica risoluzione che faccia testo, ai fini della procedura delle 8 settimane, debba essere considerata quella approvata dalla 14a Commissione.

Cionondimeno, l'oratrice è dell'avviso che la Commissione Politiche dell'Unione europea non possa sostituire, nella valutazione riguardante il merito, le altre Commissioni permanenti del Senato, le quali mantengono la facoltà di pronunciarsi sotto tale profilo, anche indipendentemente dalla presa di posizione della 14a. 

 

Secondo la senatrice CONTINI (PdL) , le due problematiche evocate dalla Presidente - ovvero, l'efficacia ed il valore definitivo della risoluzione adottata dalla 14a Commissione vuoi nei confronti delle Istituzioni comunitarie, vuoi rispetto al Governo - possono essere concepite anche come due opportunità per aggiornare i metodi di lavoro del Senato in seguito all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Auspica, a questo proposito, una interpretazione chiarificatrice da parte del Presidente del Senato, che, a suo parere, comunque, non dovrebbe prescindere dall'opportunità che l'Istituzione parlamentare si esprima con una sola voce in Europa.

A suo modo di vedere, inoltre, un altro criterio imprescindibile da seguire in futuro, onde evitare possibili malintesiistituzionali, deve essere quello del rispetto dei tempi assegnati: le Commissioni che vogliono manifestare il proprio punto di vista su un determinato progetto comunitario devono imparare ad adeguarsi alla tempistica perentoria dell'Unione europea.

 

Il senatore Mauro Maria MARINO (PD) , nel ringraziare la Presidente per aver stimolato una discussione su un tema così delicato, reputa necessario, preliminarmente, prendere atto che il regime, la composizione e le attribuzioni di questa Commissione sono molto diverse da quelle dell'omologa Commissione della Camera dei deputati, e, pertanto, non è opportuno seguire la prassi di quel ramo del Parlamento.

Considera, comunque, del tutto riduttivo l'argomento per il quale la Commissione Politiche dell'Unione europea debba esprimersi solo sui profili attinenti la sussidiarietà e la proporzionalità, per i motivi testè enunciati dalla Presidente e, soprattutto, perchè la Commissione stessa ha dimostrato di lavorare - anche mediante la propria articolazione interna rappresentata dalla Sottocommissione pareri (fase ascendente) - con notevole efficienza per l'Istituzione-Senato in quanto tale e senza differenziazioni di natura politica tra maggioranza e minoranza.

Evidentemente, continua l'oratore, tale ruolo di "garante" dell'espressione della volontà del Senato nell'ambito della nuova procedura delle 8 settimane, non è stato ancora sufficientemente compreso dai colleghi delle altre Commissioni permanenti. Al riguardo, occorre prendere atto che sarebbe necessaria una maggiore informazione e, soprattutto, un ulteriore sforzo di programmazione, da parte delle singole Commissioni, dell'esame degli atti comunitari da mettere nei loro ordini del giorno.

Conclude condividendo quanto affermato dai colleghi in tema di rispetto dei termini prescritti dai Trattati europei: l'adeguamento ai tempi comunitari costituisce una vera e propria regola, che non può essere ignorata o sottovalutata.

 

Il senatore DI GIOVAN PAOLO (PD) esprime piena condivisione per le argomentazioni svolte dal senatore Marino.

Ritiene altresì impensabile, da un'ottica che si dichiari convintamente europeistica, escludere la 14a Commissione dal giudizio sul merito dei progetti legislativi dell'Unione europea.

Questa Commissione, infatti, proprio perchè chiamata ad esercitare un ruolo di natura ordinamentale, non può essere confinata alla mera valutazione dei profili di sussidiarietà e proporzionalità, ma deve potersi esprimere su tutti gli aspetti di una determinata proposta, nel presupposto di avere la piena titolarità ad approvare risoluzioni, qualora le Commissioni di merito non si siano pronunciate nell'arco temporale delle 8 settimane.

 

La Presidente BOLDI nel riassumere i termini essenziali dell'odierna discussione - che, naturalmente,  non intende considerare come conclusa - si compiace per i contenuti propositivi che sono emersi, riservandosi di darne comunicazione al Presidente del Senato.

 

 

ESAME DI ATTI PREPARATORI DELLA LEGISLAZIONE COMUNITARIA 

 

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Programma di lavoro della Commissione per il 2010 - E' ora di agire (COM (2010) 135 definitivo) (n. 63)

(Seguito e conclusione dell'esame, ai sensi dell'articolo 144 del Regolamento. Approvazione di una risoluzione: Doc. XVIII, n. 39)  

 

            Riprende l'esame, sospeso nella seduta del 5 maggio.

 

      Il relatore, senatore FLERES (PdL) , dà lettura di uno schema di risoluzione che tiene conto di alcuni rilievi precedentemente avanzati dai commissari, nonchè dell'esigenza di includere, nella governance dell'Unione europea, anche il profilo fiscale.

 

            Seguono interventi della PRESIDENTE e del senatore CASTRO (PdL) che giudicano non del tutto appropriata tale ultima integrazione.

 

            Dichiara, invece, di accogliere questa richiesta del relatore la senatrice GERMONTANI (PdL) , secondo la quale l'armonizzazione fiscale è necessaria in quanto strettamente funzionale al processo di integrazione europea e di realizzazione del mercato interno.

 

            Anche la senatrice MARINARO (PD) condivide la necessità di prendere in considerazione una qualche forma di omogeneità fiscale tra i 27 Stati membri dell'Unione, in quanto ciò prefigura una visione politica più avanzata della costruzione europea.

 

            Secondo il senatore DI GIOVAN PAOLO (PD) , in un approccio federale a livello non solo  nazionale, ma anche e soprattutto europeo, una politica fiscale comune è suscettibile di conferire più poteri ai cittadini, i quali potranno rendere conto ai propri governanti sovranazionali delle modalità di utilizzo dei loro soldi.

 

            Per il senatore Mauro Maria MARINO (PD) , mettere l'accento su una governance fiscale significa anche voler promuovere, tra l'altro, una più efficace lotta all'evasione nei singoli Paesi dell'Unione europea.

 

            La senatrice GERMONTANI (PdL) mette in rilievo, a questo riguardo, l'esigenza, emersa in maniera significativa sul piano europeo, di monitorare, ad esempio, la situazione dei paradisi fiscali.

 

            Il relatore, senatore FLERES (PdL) propone, quindi, di conformare la proposta di risoluzione alle varie osservazioni formulate.

 

            Nessuno chiedendo di intervenire, la PRESIDENTE , dopo aver verificato il prescritto numero legale per deliberare, mette in votazione la proposta di risoluzione presentata, con le integrazioni esposte, che è approvata all'unanimità dalla Commissione.

 

 

Proposta  modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce  un'agenzia per la gestione operativa dei sistemi di tecnologia dell'informazione su larga scala del settore della libertà, della sicurezza e della giustizia (n. COM (2010) 93 definitivo)    

  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia, che abroga la decisione quadro 2004/68/GAI (n. COM (2010) 94 definitivo)   

  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1905/2006 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (n. COM (2010) 102 definitivo)

(Seguito e conclusione dell'esame. Deliberazione, ai sensi dell'articolo 144, comma 5, del Regolamento, degli atti comunitari sottoposti a parere sulla sussidiarietà) 

 

La PRESIDENTE , accertata, tramite contatti tra gli uffici, l'intenzione, rispettivamente, della 1a Commissione di procedere, nella giornata odierna, all'approvazione di una risoluzione  sulla proposta (n. COM (2010) 93 definitivo), nonchè della 3a Commissione di procedere, sempre nella giornata odierna, all'approvazione di una risoluzione sulla proposta (n. COM (2010) 102 definitivo), propone di non attivare, in relazione a tali due atti, il procedimento della c.d. "doppia deliberazione".

 

Conviene la Commissione.

 

La PRESIDENTE, quindi, sottopone l'opportunità di inoltrare direttamente - mediante la c.d. "doppia deliberazione", secondo quanto disposto dall'articolo 144, comma 5, del Regolamento, e per il tramite del Presidente del Senato - al Governo, affinché ne tenga conto nel corso della trattativa comunitaria, le osservazioni approvate dalla Commissione, sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia, che abroga la decisione quadro 2004/68/GAI (COM (2010) 94 definitivo), il 28 aprile 2010, relatore Mauro Maria Marino.

            A tal fine, propone, quindi, dopo aver verificato la presenza del prescritto numero legale richiesto per questo tipo di deliberazione ai sensi dell'articolo 30 del Regolamento, che le osservazioni già precedentemente formulate sull'atto comunitario  (COM (2010) 94 definitivo) siano inviate al Governo, nella forma di risoluzione, secondo quanto disposto dal citato articolo 144, commi 1,  5 e 6, del Regolamento e che siano ulteriormente pubblicate in allegato al resoconto odierno della Commissione.

 

            La Commissione approva all'unanimità.

 

 

La seduta termina alle ore 15,10.


 

OSSERVAZIONI APPROVATE DALLA COMMISSIONE SULL'ATTO COMUNITARIO N. COM (2010) 94 definitivo SOTTOPOSTO AL PARERE MOTIVATO SULLA SUSSIDIARIETA'

           

La 14ª Commissione permanente, esaminato l’atto COM(2010) 94 def.,

considerato che esso riprende la proposta di decisione quadro già presentata dalla Commissione europea il 25 marzo 2009 (COM(2009) 135), decaduta a causa della sopraggiunta entrata in vigore del Trattato di Lisbona che ha esteso anche alla cooperazione giudiziaria in materia penale la procedura legislativa ordinaria;

considerato che la proposta di direttiva ricalca sostanzialmente la proposta di decisione quadro, salvo prevedere una gradazione fra i diversi tipi di reato, con pene detentive diversificate, in molti casi più miti rispetto a quelle precedentemente ipotizzate, nonché misure da adottare in caso di circostanze aggravanti non più quantificate in periodi aggiuntivi di pena detentiva, ma lasciate alla legislazione degli Stati membri;

richiamato il parere espresso dalla 14a Commissione permanente, in data 30 luglio 2009, sulla predetta proposta di decisione-quadro del Consiglio relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia (COM(2009) 135 def.);

valutato con favore l’accoglimento, nell’attuale proposta, di alcune osservazioni formulate nel predetto parere del 30 luglio 2009, relative in particolare alla definizione di spettacolo pornografico di cui all’articolo 2 della proposta di direttiva, al reato di adescamento di minori per scopi sessuali e alle misure interdittive derivanti dalla condanna;

formula, per quanto di competenza, osservazioni favorevoli, con i seguenti rilievi:

la base giuridica della proposta di direttiva appare correttamente individuata nell’articolo 83, paragrafo 1, che prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio "possono stabilire norme minime relative alla definizione di reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale", tra cui lo sfruttamento sessuale delle donne e dei minori e la tratta degli esseri umani, nonché nell’articolo 82, paragrafo 2, che prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio possano stabilire norme minime nelle materie penali aventi dimensioni transnazionali per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia e giudiziaria;

la proposta di direttiva risulta conforme al principio di sussidiarietà, in quantola rilevante dimensione transfrontaliera dei reati a danno dei minori e la diversità delle discipline nazionali vigenti che ostacola il coordinamento fra le autorità competenti e che alimenta la tendenza a commettere i reati negli Stati membri ove vigono norme meno severe, richiedono un’azione al livello dell’Unione europea;

la proposta di direttiva risulta conforme al principio di proporzionalità, in quanto si limita a prevedere disposizioni minime relative alla definizione dei reati e delle relative sanzioni,

con riferimento alle pene individuate nella proposta di direttiva, in relazione ai singoli reati ivi contemplati, per le quali è previsto che non debbano essere inferiori, nel massimo, a determinate soglie, si ritiene opportuno che per le stesse pene sia stabilito anche un limite minimo inferiore, onde evitare che i singoli Stati membri prevedano pene minime troppo differenti fra loro;

per quanto riguarda le circostanze aggravanti (articolo 9, paragrafo 2), per le quali la proposta di direttiva non stabilisce la misura delle sanzioni applicabili, sarebbe opportuno prevedere che, nel caso in cui ricorra almeno una delle circostanze aggravanti elencate al paragrafo 1 dell’articolo 9, l’aumento della pena debba essere pari ad almeno un terzo della pena prevista per il reato;

per quanto concerne la questione della giurisdizione, particolare attenzione è stata riservata al carattere dell’extraterritorialità che caratterizza molte delle fattispecie di reato contenute nella proposta. In tal senso, il riconosciuto carattere della transnazionalità e le dimensioni globali dei reati di abuso e sfruttamento sessuale dei minori necessitano di una risposta sanzionatoria che consenta un allargamento delle ipotesi di soggezione alla legge penale degli Stati membri di siffatti reati, anche attraverso la valorizzazione dei principi della personalità attiva e passiva. Su tale allargamento, previsto dalla proposta della Commissione europea, si esprime pieno consenso. Si segnala la necessità di sostituire, nell'articolo 16, la nozione di residenza abituale con la nozione della presenza dell'autore del reato o della vittima sul territorio dello Stato membro, permettendo così una ulteriore estensione dei casi di giurisdizione degli Stati membri sui reati previsti dalla proposta.

 


 

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SULL'ATTO COMUNITARIO N. 63

(Doc. XVIII, n. 39)

 

            La 14ª Commissione permanente, esaminato il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2010(COM(2010) 135 def.),

considerato che esso si concentra su quattro settori, concernenti: la crisi dell’economia e dei bilanci pubblici, e il sostegno all’economia sociale di mercato; la centralità della cittadinanza europea; la programmazione di un’azione esterna ambiziosa e di portata mondiale; la modernizzazione degli strumenti e dei metodi di lavoro dell’Unione;

considerate le recenti forti difficoltà emerse dai conti pubblici della Grecia, che hanno richiesto un pesante intervento di soccorso da parte degli Stati membri dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale, per sottolineare le gravi responsabilità a livello nazionale, europeo e internazionale nella gestione di una situazione debitoria fortemente squilibrata, che rischia di estendersi anche ad altri Paesi come Spagna e Portogallo;

considerato che sul fronte della vigilanza sui bilanci pubblici, la Commissione europea presenterà delle proposte di raccomandazioni strategiche più energiche, dirette a rafforzare il quadro di vigilanza sui bilanci nell'ambito del patto di stabilità e crescita,

prende atto del generale carattere deludente dei contenuti del Programma, in cui sono previste misure in gran parte di ordinaria amministrazione, a fronte della drammatica situazione di crisi economico-finanziaria in cui versa l’Europa e della urgente necessità di sviluppare una visione di maggiore respiro politico e concrete misure politicamente ambiziose, sia sul fronte economico e monetario, sia sul fronte della politica estera e commerciale;

ritiene, con particolare riguardo alla governance economica e alla lotta all’evasione fiscale, che non sia più sufficiente un approccio di mero coordinamento solidale tra gli Stati membri, essendo necessario invece addivenire ad una politica economica comune, con strumenti più significativi e maggiore senso di responsabilità da parte degli Stati membri;

ricorda che la Commissione europea, pur non avendo attualmente competenza diretta nella politica estera e di sicurezza comune (PESC), ai sensi dell’articolo 17 del TUE, ha comunque il compito di promuovere l’interesse generale dell’Unione, vigilare sull'applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni e di assicurare la rappresentanza esterna dell'Unione, fatta eccezione per la PESC che è di competenza dell’alto rappresentante, il quale è peraltro anche uno dei vice presidenti della stessa Commissione europea;

ritiene a tale riguardo che, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il Programma avrebbe dovuto contenere iniziative più incisive per un maggiore coordinamento politico, in particolare tra la Commissione europea, l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e il Presidente del Consiglio europeo, nell’ottica di una maggiore coesione politica nell’ambito della politica estera dell’Unione;

rileva con rammarico l’assenza di misure dirette a promuovere le politiche euromediterranee, a fronte di numerose iniziative concernenti, per esempio, la zona del Baltico;

valuta con favore l’impegno preso dalla Commissione europea per la promozione e lo sviluppo dell’economia sociale di mercato e delle politiche sull'immigrazione legale, finalizzate ad attenuare le pressioni esercitate dall'invecchiamento della popolazione e a rafforzare la competitività e la crescita economica dell'Europa, a cui dovranno aggiungersi politiche rinnovate in materia di integrazione;

            ritiene che, in relazione al piano d’azione per l’attuazione del programma di Stoccolma, del 20 aprile 2010, finalizzato a combattere la criminalità transnazionale, mediante una migliore cooperazione di polizia e giudiziaria, e a consolidare la politica comune in materia di immigrazione e asilo, rivolgendo particolare attenzione all’integrazione degli immigrati, al problema dell’immigrazione illegale, e al miglioramento della gestione dei flussi di immigrazione, anche mediante un’impostazione integrata per la gestione delle frontiere dell’Unione, sarebbe opportuno affrontare anche il tema della funzione riabilitativa della pena giudiziaria, considerati gli elevati tassi di recidiva e le condizioni degradanti e di sovraffollamento presenti nelle carceri;

            ritiene, in fine, che in funzione di un efficace snellimento burocratico, sarebbe opportuno anche considerare l’applicabilità del principio di sussidiarietà orizzontale alla gestione amministrativa dei rapporti tra pubblico e privato, nella convinzione che ciò possa contribuire sia a soddisfare meglio gli interessi dei privati, sia ad alleggerire il carico di lavoro del settore pubblico.