Legislatura 16ª - 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 86 del 26/11/2008

            Interviene il senatore Nicola ROSSI (PD) che, pur avendo apprezzato le relazioni svolte in quanto idonee a fornire elementi di valutazione sulle recenti innovazioni istituzionali concernenti la politica di bilancio, osserva come il tema all’ordine del giorno sia il superamento, in via temporanea, del vincolo europeo di stabilità. Nel contesto della crisi finanziaria e reale in corso, limitare il contenuto proprio della legge finanziaria alle norme di contenimento dei saldi, può rappresentare un limite e, essendo già stata attuata una manovra a luglio, ne risulta anche limitato il confronto sulle possibili scelte alternative di politica economica.

            Osserva come la situazione attuale sia molto simile a quanto avvenuto nel 2001. Gli eventi dell’11 settembre hanno condizionato in modo esogeno gli andamenti macroeconomici e la stessa maggioranza, lo stesso Ministro dell’economia e delle finanze e lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri di oggi, decisero allora di non modificare le linee di fondo di politica economica. In tal senso, rigore e disciplina di bilancio non sono sinonimi di rigidità delle scelte.

            A chi eccepisce che non vi sono risorse aggiuntive da impiegare, fa presente che il problema della gestione della finanza pubblica in Italia non riguarda più i livelli della spesa come negli anni novanta bensì la composizione della spesa stessa. A parità di spesa si può favorire la spesa più produttiva riducendo quella corrente.

            Illustra quindi possibili scelte alternative rispetto a quelle preannunciate dalla maggioranza. Partendo dalla spesa in conto capitale, conviene con l’orientamento del Governo di concentrare le risorse su obiettivi strategici e rendendo al contempo più efficiente anche un ammontare delle risorse inferiore a quelle attualmente stanziate. La condizione affinché una strategia simile produca un impatto sull’economia è che le risorse siano impiegate in tempi rapidi. Per quanto concerne poi gli interventi sulle famiglie e sulle imprese, rileva che le misure preannunciate dal Governo abbiano una dimensione molto ristretta e non siano in grado di modificare le attese dei beneficiari nel medio-lungo termine. A tal riguardo, altri interventi più coraggiosi potrebbero essere adottati mantenendo, al contempo, un soddisfacente livello di equità. Se ritiene infatti condivisibile l’esigenza di garantire una copertura dell’assistenza anche ai precari, ritiene assolutamente insostenibile l’iniquità delle scelte operate dal Governo volte a garantire ancora privilegi di carattere categoriale (si veda il caso Alitalia) operando attraverso interventi non sistematici con la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) in deroga. Preferibile sarebbe invece spendere meglio le risorse passando ad un sistema universale di ammortizzatori sociali – uguali per tutti – in grado di garantire anche i precari.

            Per modificare significativamente le attese delle famiglie e delle imprese, ritiene indispensabile ridurre la pressione fiscale finanziando questo intervento con la riduzione della spesa corrente. Se le riduzioni della spesa corrente avessero un tempo ragionevole di attuazione, i destinatari potrebbero adattare i propri comportamenti per sostenere i tagli.

            Con riferimento alle imprese, ritiene che si debba operare in modo più trasparente ed equo per risolvere l’annoso problema dei crediti vantati dal settore produttivo verso le pubbliche amministrazioni. Ci vorrebbe un’emissione straordinaria di titoli del debito  pubblico per risolvere il problema, anziché concedere in via straordinaria il pagamento dei debiti ultradecennali con i fornitori da parte della pubblica amministrazione. Nella situazione attuale di crisi di liquidità è paradossale che sia lo Stato a non pagare. Per far ciò ci vuole trasparenza e volontà politica.

            Conclude che ricadrebbe nella responsabilità del Governo e dell’attuale maggioranza la responsabilità, come già successo nel 2001, di condannare il Paese ad un immobilismo decisionale che condiziona anche l’opposizione a non intraprendere serie riforme indispensabili per il Paese.