Legislatura 16ª - 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 86 del 26/11/2008
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IN SEDE REFERENTE
(1210 e 1210-bis) Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009 - 2011 e relativa Nota di variazioni, approvato dalla Camera dei deputati
- (Tabb. 1 e 1-bis) Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2009 (limitatamente alle parti di competenza)
- (Tabb. 2 e 2-bis) Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2009 (limitatamente alla parti di competenza)
(1209) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009), approvato dalla Camera dei deputati
(Esame congiunto e rinvio)
Il relatore SAIA (PdL) illustra il disegno di legge di bilancio, rilevando che l’esercizio 2009 rappresenta il secondo anno di applicazione della riclassificazione del bilancio per missioni e programmi. Va ricordato, infatti, che in occasione del disegno di legge di bilancio per l’anno 2008 (Atto Senato n. 1818 della XV legislatura) è stata effettuata una riclassificazione "funzionale" della spesa, rispetto al precedente bilancio classificato, invece, in chiave amministrativa. La riclassificazione è stata richiesta dal Parlamento, ed effettuata dal Governo, con l’ottica di agevolare la lettura del bilancio. Passa, quindi, a descrivere le possibili interpretazioni del concetto di migliore lettura del bilancio. Le classiche funzioni attribuite dalla teoria economica alle politiche di bilancio, quest’ultime da attuarsi con gli strumenti della sessione costituiti dai disegni di legge di bilancio e finanziaria, sono la stabilizzazione dell’economia, la redistribuzione del reddito e della ricchezza e l’allocazione di beni e servizi pubblici. Alle tradizionali funzioni, negli ultimi anni, a causa della pressione del vincolo europeo unitamente all’esigenza di ridurre la pressione fiscale per sostenere la crescita e la competitività del paese, si è aggiunta anche l’esigenza di individuare spazi di manovra aggiuntiva attraverso la "revisione della spesa". In tal senso, lo strumento del bilancio non dovrebbe soltanto esplicitare le priorità della spesa nei singoli comparti, ma dovrebbe anche consentire una lettura dei risultati in termini di livelli di offerta di beni pubblici. Rispetto, quindi, agli obiettivi di operare scelte allocative e di disporre anche di un bilancio delle performance delle pubbliche amministrazioni, è possibile fare una prima valutazione dell’apporto offerto dalla riclassificazione del bilancio. La riclassificazione funzionale rappresenta, infatti, uno strumento, ed in quanto tale, è suscettibile di essere sottoposto a verifica, confrontando a posteriori se i risultati attesi siano stati conseguiti. Se l’orizzonte di tempo (un anno) per fare bilanci sugli esiti della nuova classificazione è molto ristretto, tuttavia, è possibile trarre alcune preliminari conclusioni da questa esperienza.
A tal proposito, rileva che sul processo di formazione del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente ha infatti inciso in maniera sostanziale la disciplina introdotta dal decreto legge 25 giugno 2008, n. 112. L’anticipazione della manovra triennale a luglio rappresenta un significativo elemento di novità, dal punto di vista istituzionale. Il processo di programmazione economico-finanziaria è stato dunque anticipato nella tempistica ed impostato su base triennale, al fine di conferire alle Amministrazioni maggiori certezze nella pianificazione delle risorse disponibili e nella programmazione delle attività connesse alle missioni e ai programma di spesa di propria competenza. Gli effetti del decreto-legge, approvato prima della presentazione del disegno di legge di bilancio e del disegno di legge finanziaria, risultano pertanto già contabilizzati nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per l’esercizio 2009 e nel bilancio pluriennale 2009-2011. La proiezione triennale delle misure adottate avvicina il saldo di ciascuno degli esercizi successivi all’obiettivo programmatico fissato per l’esercizio, nell’ambito della programmazione di medio periodo. Solitamente, peraltro, gli effetti finanziari delle misure adottate nelle precedenti manovre non colmavano l’intera differenza tra andamenti tendenziali e valori programmatici negli anni successivi al primo. Per tali esercizi la correzione necessaria a realizzare gli obiettivi programmatici veniva, pertanto, rinviata alle manovre successive. Tale aspetto comportava una incompletezza informativa sulla composizione di medio periodo della scelta di politica fiscale, derivandone la difficoltà di valutare compiutamente la sostenibilità della programmazione di medio periodo.
D’altro canto, in passato la correzione dei saldi era rimessa alla legge finanziaria ed il bilancio forniva il quadro della legislazione vigente sulla cui base si innestava la manovra. Ora, invece, il bilancio incorpora già gli effetti della manovra di luglio. Gli interventi dello scorso luglio hanno definito le grandezze complessive, lasciando aperta un’ampia componente di scelta allocativa, da attuare in una fase successiva. Infatti, le consistenti riduzioni delle dotazioni finanziarie per il triennio 2009-2011 operate dall’articolo 60, comma 1, erano indicate per missioni di spesa (con evidenziazione separata della quota di fattore legislativo su cui avrebbero inciso), ma dovevano essere articolate per programmi e macroaggregati in occasione della predisposizione del bilancio a legislazione vigente. Ciò prefigurava un nuovo ruolo del bilancio tanto più rilevante se si tiene conto del fatto che il citato decreto-legge introduceva, altresì, un più ampio margine di flessibilità per le Amministrazioni in sede di formazione del bilancio di previsione a legislazione vigente per il 2009, consentendo (in via sperimentale) di rimodulare, entro certi limiti, le dotazioni finanziarie tra i programmi di ciascuna missione, anche mediante modifica delle autorizzazioni legislative di spesa ad essi sottostanti (art. 60, comma 3). E' quindi nel disegno di legge di bilancio che sarebbe possibile cogliere pienamente gli effetti complessivi della decisione operata in luglio ed esaminare la scelta allocativa proposta dalle amministrazioni di merito.
L'esposizione nel bilancio di una sola parte degli effetti connessi con l'esercizio della flessibilità, quella riconducibile ai fattori legislativi, fornisce una visione necessaria, ma parziale, tanto più limitata quanto maggiore è il flusso di risorse operato tra stanziamenti di diversa natura. Tale considerazione sembrerebbe confermata dal fatto che la variazione complessiva sugli stanziamenti di bilancio riconducibile alla flessibilità sui fattori legislativi (derivata dall'aggregazione degli allegati 2 dei diversi stati di previsione) non è compensata al suo interno, ma evidenzia un risparmio di spesa, cui verosimilmente dovrebbe corrispondere una maggiore spesa assegnata sui capitoli discrezionali. Conclude pertanto che, la sperimentazione della flessibilità di bilancio, non accompagnata da una esaustiva base informativa che consenta di valutarne gli effetti in termini di riallocazione di risorse e di indicatori di performance, può rappresentare un ostacolo alla possibilità di ricostruire i confini della decisione di spesa operata con il bilancio.
L’anno passato, durante l’esame del bilancio è stato possibile – per la prima volta – verificare la ripartizione della spesa per missioni. In sostanza, è stato possibile avere uno sguardo d’insieme sulla ripartizione del totale della spesa. Indicazione che è possibile, ovviamente, ottenere anche per l’anno in corso.
Si concentra, a tal riguardo, sul senso di tale informazione in relazione alla decisione che viene adottata dal Parlamento con il disegno di legge di bilancio. Nell’attuale sistema di contabilità di Stato, con il disegno di legge di bilancio non è possibile rimettere in discussione tutte le poste da un anno all’altro. Infatti, il bilancio riflette pur sempre la legislazione vigente: la decisione di spesa, operata con il bilancio, è limitata soltanto ad un sottoinsieme della spesa totale pari alla differenza tra la legislazione vigente (in genere stimata al 30 settembre) e le variazioni che si propongono con il disegno di legge di bilancio.
In termini di missioni di spesa non è possibile calcolare questa componente per il 2009. Ricostruire la legislazione vigente una volta che è intervenuta una manovra a luglio richiede di conoscere l’effetto delle innovazioni legislative ripartite per missioni (e programmi). Ciò ha suggerito di integrare la documentazione predisposta per la sessione di bilancio con una analisi approfondita del disegno di legge di bilancio, svolta dal Servizio del bilancio, attraverso la costruzione di un database in grado di raccogliere e classificare le informazioni di base delle spese per missioni e programmi a partire dal 2008, passando all’assestamento ed al decreto-legge n. 112 del 2008 (per le informazioni disponibili) fino agli anni 2010 e 2011. Fa presente che si tratta di un lavoro di documentazione a supporto della decisione di bilancio molto apprezzabile che, per la prima volta, mette a disposizione dei senatori un corredo di elaborazioni esaustivo del tutto inedito. La banca dati richiede di essere aggiornata nel corso del tempo e l’auspicio è di valorizzare anche in futuro il lavoro appena avviato.
Illustra quindi gli effetti in termini di entrate e spese e di saldo netto da finanziare (il deficit del bilancio dello Stato) da attuare con la decisione di bilancio, rilevando che, non essendo disponibili le informazioni relative all’effetto delle norme contenute nell’articolato del decreto-legge n. 112 del 2008 suddivise per missioni e programmi (informazione mancante anche per le leggi di spesa), non è possibile ricostruire gli ambiti della decisione parlamentare di bilancio in termini funzionali. Aggiunge, quindi, che il sistema di contabilità di Stato, basato su due strumenti, quali il bilancio – legge formale – e le leggi sostanziali di spesa, non consente al disegno di legge di bilancio di mettere in discussione di anno in anno tutte le spese ("fino all’ultimo euro"). La decisione parlamentare si muove in uno spazio limitato tra la legislazione vigente e le spese obbligatorie e vincolate. In questo sentiero ristretto, la classificazione funzionale può dare il senso della scelta allocativa effettuata dal bilancio soltanto se si riesce a ricostruire la legislazione vigente per missione e programmi. Le procedure relative all’analisi degli effetti finanziari delle leggi in corso d’anno non è ancora raccordata con la riclassificazione delle spese per missioni e programmi e ciò riduce notevolmente la lettura del bilancio in senso allocativo.
Sul processo di gestione delle missioni e dei programmi, rileva che il Ministero dell’economia e delle finanze gestisce 20 missioni sulle 34 esistenti. Fa presente che, a ciascun programma dovrebbe di norma partecipare un solo ministero. Nella struttura del bilancio per il 2009 si rilevano 11 programmi interministeriali. Occorre quindi ripensare l’attuale distribuzione delle missioni al fine di evitare un’eccessiva concentrazione di competenze che potrebbe deresponsabilizzare gli altri centri di spesa. Inoltre, occorre tendenzialmente assicurare una coincidenza tra programmi e Ministeri, proprio al fine di valorizzare il percorso di responsabilizzazione dei singoli dicasteri ed anche al fine di attribuire, in modo univoco, i risultati positivi della gestione, sia in termini di spesa che di risultati "fisici". Dal punto di vista del bilancio delle performance delle pubbliche amministrazioni, osserva, poi, che la riclassificazione rappresenta soltanto un primo passo. Soltanto l’elaborazione di indicatori di performance consente di verificare l’efficacia e l’efficienza della spesa. Da questo punto di vista, occorre registrare un ritardo nella presentazione delle Relazioni sullo stato e l’efficacia della spesa che avrebbero dovuto soddisfare le esigenze conoscitive del Parlamento in ordine all’applicazione delle nuove disposizioni in materia di flessibilità di bilancio di cui all’articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008. Ancora non appare sviluppato un set di indicatori che consentano al Parlamento di valutare l’efficacia e l’efficienza della spesa mentre si discute il bilancio, escludendo la possibilità di operare scelte allocative per favorire l’efficienza.
Passa, poi, ad illustrare le entrate. Le previsioni di entrata del bilancio dello Stato esposte per il 2009 e per i due esercizi successivi nel disegno di legge di bilancio si basano sul quadro macroeconomico indicato nella Relazione previsionale e programmatica, presentata a settembre. Le previsioni di entrata fanno, quindi, riferimento ad un quadro macroeconomico antecedente agli sviluppi negativi della crisi finanziaria internazionale. Le previsioni più recenti dei principali organismi (nazionali ed internazionali) delineano un quadro più negativo per l'economia italiana e mondiale rispetto a quello disponibile in settembre. Il Fondo Monetario Internazionale stima per il 2009 una contrazione del PIL pari allo 0,5 per cento, REF e Confindustria indicano una riduzione dello 0,6 e dello 0,2 per cento rispettivamente, mentre l'ISAE prevede un'espansione del prodotto che si attesterebbe sullo 0,2 per cento. Sarebbe pertanto opportuno disporre di una previsione aggiornata delle entrate alla luce delle nuove informazioni e delle nuove stime sulla crescita anche se, dato il contesto attuale dell’economia globale e l’alta volatilità dei mercati, sarebbe complesso definire previsioni macroeconomiche affidabili. Una volta superata questa fase della crisi finanziaria si potrà finalmente definire un quadro congiunturale più stabile meno condizionato dalla attuale variabilità. Illustra poi i dati sulle entrate e sulle spese contenute nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2009, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, ponendoli a confronto con le previsioni assestate per il 2008.
Illustra, poi, le variazioni percentuali per missioni negli anni 2008-2011 risultante dal disegno di legge di bilancio. Emerge nel complesso una riduzione di spesa in conto capitale nel 2009 ed un lieve aumento della spesa corrente. Negli anni successivi, il tasso di crescita della spesa corrente si riduce, mentre la spesa in conto capitale continua a ridursi nel 2010 e nel 2011. Fa presente poi che si registrano notevoli riduzioni della spesa per le seguenti missioni: relazioni finanziarie con le autonomie territoriali (-68,8 per cento nel 2009 per la spesa in conto capitale considerando tuttavia che parte della variazione è dovuta al venir meno dell’importo una tantum di 9 miliardi di euro presente sul bilancio 2008 per il ripiano dei disavanzi sanitari), agricoltura politiche agroalimentari (per la parte corrente e per la spesa in conto capitale per il 2009), l’istruzione scolastica (in conto capitale per il triennio con particolare attenzione al 2010), le politiche del lavoro (nel 2010 per la spesa in conto capitale), le politiche economico-finanziarie e di bilancio (per la spesa in conto capitale per il 2010). Illustra poi la variazione per la missione della difesa nella quale si registra una riduzione marginale della spesa corrente nel 2010 e 2011 ed un aumento significativo nel 2010 della spesa in conto capitale e la missione relativa all’ordine pubblico dove si registra una riduzione del 25 per cento della spesa in conto capitale nel 2010.
Illustra, poi, i rapporti tra il conto dello Stato e quello delle pubbliche amministrazioni al fine di evidenziare le dimensioni relative al bilancio sul complesso della spesa. I dati consentono di evidenziare che le uscite correnti del conto dello Stato rappresentano circa il 25per cento del totale delle uscite correnti di tutte le pubbliche amministrazioni. Così come le uscite in conto capitale dello Stato sono pari al 37,17 per cento delle uscite in conto capitale complessive. Dal lato delle entrate il conto dello Stato assorbe il 53,30 per cento delle entrate correnti complessive e solo il 7per cento di quelle in conto capitale. Le restanti spese ed entrate sono afferenti agli altri enti pubblici, alle regioni, alle autonomie locali, alle università ed agli enti di previdenza.
Conclude, rilevando che il bilancio per l’anno 2009 per certi versi si distingue dai precedenti e non solo per la riclassificazione del bilancio. Da questa prospettiva, il decreto-legge n. 112 del 2008 ha costituito una novità assoluta sotto due aspetti. L’anticipazione della manovra triennale a luglio ha attribuito al bilancio il compito di recepirne gli effetti sin dall’inizio della sessione di bilancio. Di più, il decreto-legge citato ha attribuito al bilancio stesso la possibilità di operare parte della manovra. Rispetto a tali elementi di novità, occorre registrare che, al momento, non è disponibile un supporto informativo che consenta di ricostruire, secondo la classificazione funzionale, distintamente gli effetti della manovra di luglio da quella operata durante la sessione di settembre-dicembre. Ciò ha quindi inficiato le potenzialità esplicative della classificazione funzionale del bilancio. Inoltre, poco o nulla dell’efficacia e dell’efficienza della spesa è possibile desumere dai dati presentati in bilancio. E’ noto che l’elaborazione di indicatori di performance rappresenta un processo che può essere organicamente svolto nell’ambito di un intervallo di tempo medio-lungo (la Francia ha impiegato 5 anni ad attuare la riforma della legge organica del bilancio), tuttavia è altrettanto vero che è proprio questo processo ad arricchire di significato la stessa riclassificazione funzionale del bilancio. La riclassificazione, isolata da una prospettiva di più ampio respiro, finirebbe per costituire una mera operazione contabile del vecchio bilancio.
Il relatore PICHETTO FRATIN (PdL) illustra il disegno di legge finanziaria, precisando che esso presenta significative novità rispetto al passato, sia in quanto a contenuto normativo, sia in termini di effetti sui saldi di finanza pubblica.
Innanzitutto, si tratta di una finanziaria "snella" che si articola in soli 3 articoli, riconducibili al contenuto tipico della legge finanziaria. Essi si limitano infatti a fissare gli obiettivi dei saldi di bilancio, a disporre la proroga di norme di carattere tributario recanti regimi agevolati, a definire l’importo delle risorse destinate ai rinnovi contrattuali nonché l’importo dei trasferimenti destinati agli enti previdenziali e, infine, a stabilire l’importo da iscrivere nelle tabelle allegate.
In tal senso, la manovra finanziaria per il triennio 2009-2011, pur essendo incentrata sui due tradizionali strumenti legislativi, il disegno di bilancio a legislazione vigente e il disegno di legge finanziaria, ha visto anticipati gran parte dei suoi effetti dalle disposizioni previste dal decreto-legge n. 112 del 2008, che ha definito lo scenario finanziario per il prossimo triennio, prevedendo un sostanziale pareggio di bilancio a partire dall'anno 2011, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 1, comma 1-bis, del citato decreto legge n. 112 del 2008, ai sensi del quale la legge finanziaria per l’anno 2009 può contenere esclusivamente disposizioni strettamente attinenti al suo contenuto tipico, con l’esclusione di disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell’economia, nonché di carattere ordinamentale, microsettoriale e localistico.
Le disposizioni in oggetto delineano pertanto un assetto della decisione di bilancio per molti versi analogo a quello vigente prima della legge di riforma del 1999 (legge n. 208 del 1999), la quale, raggiunto il traguardo dell’ingresso nell’euro, dispose, tra le altre cose, un ampliamento del contenuto proprio della legge finanziaria. A tale ridimensionamento del contenuto della legge finanziaria corrisponde una significativa valorizzazione del contenuto decisionale del bilancio dello Stato, stante la possibilità nella legge di bilancio – in via sperimentale per il solo esercizio 2009 – di rimodulare tra i programmi le dotazioni finanziarie di ciascuna missione, ivi incluse le risorse derivanti da autorizzazioni legislative di spesa.
Per quanto attiene agli effetti sui saldi di finanza pubblica, rileva che il disegno di legge finanziaria per il 2009 non comporta effetti correttivi in termini di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche, la cui incidenza sul PIL rimane pertanto fissata per il triennio 2009-2011 nei valori indicati dalla Nota di aggiornamento a suo tempo approvata.
Illustra quindi brevemente il disegno di legge finanziaria. Esso reca nell'articolato, all’articolo 1, la consueta fissazione del livello massimo del saldo netto da finanziare per l'anno 2009, al netto delle regolazioni debitorie, in 33.600 milioni di euro e il livello massimo del ricorso al mercato per lo stesso periodo in 260.000 milioni di euro. L’articolo 2, dal comma 1 al comma 16, contiene una serie di misure fiscali inerenti, tra l'altro, l’applicazione a regime, dell’aliquota agevolata dell’IRAP (1,9 per cento) per i soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi, la stabilizzazione a regime della concessione dei benefici fiscali e previdenziali di cui agli articoli 4 e 6 del decreto-legge n. 457 del 1997 alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari; il riconoscimento ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, per l’anno 2009, di una detrazione dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento delle spese sostenute per attività di autoaggiornamento e di formazione, fino ad un importo massimo di 500 euro; il riconoscimento a regime della detrazione dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento, ai fini IRPEF, delle spese sostenute per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido per un importo non superiore a 632 euro annui per ogni figlio; la proroga al 31 dicembre 2009 del termine entro cui si possono detrarre dall’imposta lorda nella misura del 19 per cento le spese per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, per un importo non superiore a 250 euro; l'introduzione a regime della riduzione del 40% delle aliquote di accisa sul gas metano per gli utilizzatori industriali, termoelettrici esclusi, con consumi superiori a 1,2 milioni di metri cubi annui (cosiddette grandi consumatori). E’ prevista poi l'introduzione a regime delle agevolazioni fiscali relative all'impiego di gasolio e GPL per riscaldamento impiegati in zone montane ed in altri specifici territori nazionali e al credito d’imposta sulle reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa ovvero con energia geotermica. Infine, si interviene sulle disposizioni fiscali in materia di coltivazioni sotto serra e si proroga al 2011 la detrazione fiscale e l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata (10 per cento) spettante per le spese di ristrutturazione edilizia eseguite negli immobili ad uso abitativo ovvero per le spese sostenute dalle imprese costruttrici su interi fabbricati finalizzati al recupero del patrimonio edilizio. I commi da 17 a 20 dell’articolo 2 ripropongono per il 2009 alcuni interventi in favore delle imprese di autotrasporto di merci - sotto forma di agevolazioni fiscali -, volti a ridurne i costi di esercizio, già previsti dal citato decreto-legge 112 del 2008. I commi da 22 a 24 recano le consuete rideterminazioni dei trasferimenti dovuti dallo Stato verso la gestione di interventi assistenziali (GIAS) presso l’INPS, a favore di alcune specifiche gestioni pensionistiche, precisando le modalità di ripartizione delle somme trasferite tra le varie gestioni interessate. Il comma 25, in conseguenza degli incrementi delle aliquote contributive di finanziamento relative ad alcune gestioni previdenziali dei lavoratori dipendenti ed autonomi, prevede un riordino dei trasferimenti dovuti dallo Stato all’INPS per prestazioni previdenziali, disponendo, più specificamente, che non sono più a carico della predetta GIAS gli oneri derivanti da specifiche disposizioni legislative, tassativamente elencate. I commi da 27 a 31 recano ulteriori stanziamenti di risorse per i rinnovi contrattuali per il biennio 2008-2009 relativi al personale delle pubbliche amministrazioni per un importo complessivo di 2.240 milioni di euro dal 2009. Alla relativa copertura si provvede a valere sulle disponibilità del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica. Il comma 32 dispone, a decorrere dal 2009, l’obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di corrispondere il trattamento economico accessorio dei dipendenti in base a specifici criteri di priorità cioè in base alla qualità, produttività e capacità innovativa della prestazione lavorativa. I commi 33 e 34 consentono la destinazione di risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa delle amministrazioni pubbliche qualora si verifichino ulteriori economie di spesa rispetto a quelle già considerate ai fini del miglioramento dei saldi di finanza pubblica ai sensi del decreto-legge n. 112 del 2008.
Il comma 35 introduce rilevanti novità per quanto riguarda la disciplina relativa ai rinnovi contrattuali del personale delle pubbliche amministrazione. In particolare, si dispone che, dalla data di presentazione del disegno di legge finanziaria, decorrono le trattative per i rinnovi contrattuali, per il periodo di riferimento previsto dalle norme vigenti. Inoltre, si stabilisce che dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria le somme stanziate per i rinnovi contrattuali possano essere erogate anche mediante atti unilaterali, salvo conguaglio all’atto della stipulazione dei contratti collettivi nazionali, fermo restando che l’importo da erogare non può andare oltre il 90 per cento del tasso di inflazione programmata per il biennio di riferimento applicato alla voce stipendio. E’ prevista altresì la liquidazione automatica dell’indennità di vacanza contrattuale anche nel settore pubblico, a decorrere dal mese di aprile.
Nel corso dei lavori presso la Camera dei deputati sono state introdotte (commi da 36 a 38) ulteriori misure per la concessione di trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale e (commi da 41 a 42), si è proceduto ad apportare alcune modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali e le regioni per il triennio 2009-2011. Relativamente a tale ultimo punto si segnala, per gli enti locali, l'esclusione delle risorse provenienti dallo Stato e le relative spese sostenute per calamità naturali, l'esclusione della distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere da società di servizi pubblici locali quotate, dal conteggio della base dell'anno 2007 assunta per l'individuazione degli obiettivi del patto di stabilità interno, la non applicazione delle sanzioni per lo sforamento dagli obiettivi del patto, relativamente ai pagamenti per spese di investimenti, per gli enti locali che si trovano in determinate condizioni. Per le regioni, a decorrere dall'anno 2008, le spese in conto capitale per interventi cofinanziati relativi a finanziamenti UE, con esclusione delle quote di finanziamento statale e regionale, non sono considerate nella base di calcolo e nei risultati del patto di stabilità interno. Infine si segnala al comma 43 la previsione di una relazione al Parlamento relativamente alla risorse finanziarie disponibili e utilizzate del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61, della legge n. 289 del 2002. L’articolo 3 reca poi le consuete disposizioni relative alle Tabelle da A ad F allegate al disegno di legge.
Per quanto concerne più specificamente le problematiche inerenti la corretta quantificazione degli oneri, rinvia alla nota di lettura del Servizio del bilancio.
Ricorda, in conclusione, il dibattito, in dottrina e tra gli operatori, sulla possibilità da parte del bilancio dello Stato di rappresentare uno strumento "attivo" di politica finanziaria, al fine di decongestionare, in portata e contenuto, la legge finanziaria annuale senza per questo, però, incorrere in una forzatura dei principi cardine in materia di governo della finanza pubblica.
Osserva che tale impostazione, sia pure in divenire, in quanto attuata, per così dire, ad invarianza della normativa generale che sovrintende alla decisione annuale di bilancio, corrisponde ad un modello che anticipa un orientamento da molti condiviso, ma mai attuato a ragione della incompiuta riforma delle procedure di bilancio. Il modello appare prefigurare ed anticipare una più precisa divisione dei ruoli tra Governo e Parlamento, una finanziaria snella e priva di quel contenuto esuberante alle sue finalità precipue di intervento annuale di correzione degli andamenti di finanza pubblica che dato luogo, negli anni, ad esiti controversi.
Una simile impostazione dovrebbe trovare il suo complemento logico nell’innalzamento del livello di trasparenza ed informazione da rendere al Parlamento, atteso che quest’ultimo, quale che sia la riforma che si immagina, dovrà restare il controllore ultimo della rispondenza tra gli obiettivi fissati con l’approvazione dei documenti di bilancio che traducono l’indirizzo politico di maggioranza e i risultati della loro traduzione in termini di azione amministrativa.
Il presidente AZZOLLINI, tenuto conto dell’andamento dei lavori, illustra i criteri di ammissibilità degli emendamenti. Per la sessione di bilancio in corso sono confermate, in conformità con l’apposita circolare del Presidente del Senato diramata nel 2003, le regole di ammissibilità degli emendamenti finalizzate al perseguimento dei saldi finanziari definiti nella risoluzione approvativa del Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011 (e relativa Nota di aggiornamento) con riferimento al saldo netto da finanziare, al fabbisogno di cassa del settore statale e all’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni. Tenendo conto delle novità introdotte dalla legge n. 208 del 1999, riguardo al contenuto del disegno di legge finanziaria, non sono ammissibili emendamenti aggiuntivi privi di effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale; emendamenti contenenti norme di delega (ivi comprese le modifiche a norme di delega già in vigore) o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio (articolo 11, comma 3, alinea, della legge n. 468 del 1978, come modificata dalla legge n. 208 del 1999); emendamenti di modifica delle norme di contabilità generale dello Stato (articolo 128, comma 6, del Regolamento); emendamenti volti a introdurre disposizioni di per sé stesse prive di effetti finanziari o con effetto neutrale, salvo che siano volte ad assicurare la piena attuazione di interventi disposti con precedenti manovre. Restano ammissibili, in ogni caso, emendamenti introduttivi di norme che rientravano già nel contenuto proprio della legge finanziaria, come, ad esempio, i maggiori oneri correnti di personale riconducibili all’attuazione degli istituti contrattuali e ai rinnovi contrattuali (ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera h), della legge n. 468 del 1978), con le eccezioni piu' avanti riportate. Per quanto riguarda le misure con effetto di riduzione dei saldi, sono ammissibili emendamenti sostitutivi nel rispetto della compensazione finanziaria e dei vincoli generali di contenuto proprio di cui sopra, a condizione che non presentino carattere ordinamentale od organizzatorio, salvo che non siano finalizzati a conseguire un rilevante effetto di miglioramento dei saldi ovvero ad accelerare i processi di privatizzazione e di dismissione del patrimonio immobiliare, con effetti di riduzione del fabbisogno fin dal primo anno considerato nel bilancio. Sono ammissibili emendamenti aggiuntivi purché con esclusivo contenuto ed effetto di miglioramento, nonché emendamenti sostitutivi nel rispetto della compensazione e del contenuto proprio e soppressivi, a condizione della compensazione. Sono inammissibili le norme che dispongono l’uso parziale di risparmi, a meno che non siano destinati all’attuazione degli istituti contrattuali e ai rinnovi contrattuali. Per quanto riguarda le norme di sostegno all’economia, in coerenza con il dispositivo di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008 sono tendenzialmente inammissibili emendamenti con contenuto di finalizzazione diretta unicamente al rilancio dell’economia, in quanto tali da incidere sulle grandezze che misurano l’economia nazionale. Parimenti, gli emendamenti non possono contenere: interventi di carattere ordinamentale, localistico e micro-settoriale, nonche' norme di razionalizzazione finanziaria, finalizzate a rendere più flessibile e trasparente lo strumento del finanziamento di interventi di sostegno all’economia. Sono ammissibili emendamenti sostitutivi alle stesse condizioni degli aggiuntivi per quanto riguarda gli effetti finanziari e la compensazione nonché per il contenuto proprio (divieto di norme di sviluppo, localistico-microsettoriali, di deleghe, di norme organizzatorie od ordinamentali, di modifica delle norme di contabilità). Sono inoltre ammissibili emendamenti soppressivi (salvo compensazione finanziaria, ove necessario). Infine, sono ammissibili, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater della legge n. 468 del 1978, come modificato dalla legge n. 246 del 2002 di conversione del decreto-legge n. 194 del 2002, emendamenti recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi in vigore, ovvero, sotto il vincolo della compensazione, emendamenti di copertura di ulteriori oneri a legislazione vigente. In linea generale, sotto il profilo della compensazione finanziaria, gli emendamenti che comportano conseguenze finanziarie peggiorative dei saldi debbono essere costruiti a doppia voce, di cui la seconda è costituita dalla copertura; la compensazione deve riguardare gli effetti sul saldo netto da finanziare di competenza del bilancio dello Stato, sul fabbisogno del settore statale e sull’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni; per il secondo e il terzo aspetto, occorre tener conto degli effetti come quantificati nella relazione tecnica in relazione ai vari obiettivi e quindi considerando gli eventuali coefficienti di realizzazione assunti dal Governo. La compensazione deve riferirsi agli effetti dell’emendamento a partire dal primo anno del triennio di riferimento e per tutta la durata della loro vigenza e deve garantire dunque mezzi di copertura di durata e quantità almeno uguale rispetto all’onere. Poiché il provvedimento non presenta in sé margini utilizzabili, tutti gli emendamenti con conseguenze finanziarie debbono essere compensati; non possono essere usati mezzi di parte capitale per coprire oneri correnti; è vietato lo scavalco tra disegno di legge di bilancio e disegno di legge finanziaria; non possono essere utilizzate per copertura variazioni nella stima delle entrate. Per quanto riguarda l’emendabilità della parte tabellare del disegno di legge finanziaria, le riduzioni di spesa corrente possono essere utilizzate per finanziare tutti gli incrementi; le riduzioni di spesa di conto capitale possono compensare solo gli incrementi di spese della stessa natura. La tabella F può essere solo rimodulata, previa compensazione sia sui singoli esercizi finanziari che nel complesso: per rifinanziare o definanziare una legge di tabella F occorre comunque rispettivamente usare la tabella D o E;per la tabella C, sono inammissibili emendamenti aggiuntivi in quanto non trovino esplicito fondamento in apposito rinvio operato dalla legislazione vigente, soppressivi o modificativi (in questo ultimo caso di elementi non numerici).Sono inammissibili altresì emendamenti aggiuntivi di un finanziamento triennale nella tabella D, ancorché recanti uno stanziamento di conto capitale classificato tra le norme di sostegno dell’economia, che non siano ricompresi nell’apposito allegato della legge finanziaria 2000 o non trovino esplicito fondamento in apposito rinvio operato dalla legislazione vigente. Per un finanziamento annuale, la condizione necessaria per l’ammissibilitàè la previsione di uno stanziamento di competenza (quindi non è sufficiente la sussistenza di residui) nell’ultimo esercizio finanziario, sempre ovviamente che si tratti di una legge di spesa di conto capitale. In caso di approvazione, le compensazioni superflue si intendono per non apposte, quelle esuberanti sono computate per il necessario, ove possibile, quelle incerte vengono adeguate, salva la congruità. In linea generale, gli emendamenti dovranno essere formulati in modo da garantire una chiara e reciproca collaborazione tra la portata della disposizione onerosa e la parte compensativa. Occorre tener conto comunque della maggiore formalità delle procedure di Assemblea, soprattutto in relazione alle coperture normative multiple e ripetitive. Per quanto riguarda le regole di ammissibilità degli emendamenti al bilancio, ricorda poi che gli emendamenti debbono essere riferiti alle unità previsionali di base (UPB) che, a seguito della riclassificazione del bilancio, rappresentano i macroaggregati (funzionamento, interventi, investimenti, etc.) dei programmi facenti parte delle missioni. Gli emendamenti non potranno contenere riferimenti a capitoli, neanche sotto forma di specificazione interna alle UPB; pertanto, gli emendamenti formulati con riferimento esclusivo a capitoli di bilancio sono inammissibili, mentre da quelli formulati con riferimento alle UPB sarà espunto ogni eventuale riferimento anche a capitoli. Le previsioni di cassa sono emendabili senza restrizioni nei limiti della massa spendibile (somma di competenza più residui), salvo l’obbligo di compensazione. Quanto alle previsioni di competenza, possono essere oggetto di emendamento esclusivamente le UPB dei diversi stati di previsione per gli importi corrispondenti a dotazioni direttamente stabilite dallo stesso bilancio (spese discrezionali al netto delle quote vincolate). Sono invece inammissibili emendamenti alle UPB per le previsioni di spesa la cui dotazione sia determinata direttamente da legge sostanziale (in tal caso gli emendamenti possono essere presentati alla legge finanziaria, nei limiti consentiti dalle sue diverse tabelle). Poiché le varie tabelle della finanziaria, in particolare le tabelle C, D ed F recano già l’indicazione delle UPB e dei capitoli di riferimento, prima di variare gli importi iscritti in una UPB di bilancio è opportuno controllare che gli stessi non siano già direttamente stabiliti dalle tabelle C, D e F della "finanziaria". Mentre le UPB, per gli importi la cui dotazione è rimessa al bilancio, possono essere in generale emendabili in senso riduttivo (con conseguente miglioramento dei saldi), il loro utilizzo come mezzo di copertura, sia pure nel solo ambito del bilancio, è soggetto a numerose restrizioni. Non possono essere utilizzati come mezzo di copertura: gli importi relativi alle previsioni di entrata; gli importi relativi alle spese per interessi; gli importi relativi alle spese per il trattamento economico del personale in servizio e in quiescenza ed agli oneri inderogabili; gli importi afferenti alla quota vincolata delle spese discrezionali (indicata nella scheda programma negli allegati alle tabelle); gli importi corrispondenti alle quote delle unità previsionali di base afferenti a fattori legislativi e a spese obbligatorie.
Il senatore MORANDO (PD) prende atto dei criteri testé illustrati rilevando, tuttavia, che sussiste una contraddizione tra il contenuto proprio della legge finanziaria indicato nella legge di contabilità di Stato e quello previsto dal decreto-legge n. 112 del 2008. Rileva come questa situazione non possa essere prorogata in modo indeterminato nel tempo. A tal riguardo ricorda che l’opposizione, nel merito, non è contraria ad una limitazione del contenuto proprio della legge finanziaria strettamente legato alla correzione dei saldi, tuttavia, ritiene che le regole vadano scritte nella legge di contabilità di Stato dando garanzie al Governo di tempi certi per l’approvazione dei collegati. Mentre il Governo ritiene di non dover introdurre nella legge finanziaria norme di sostegno all’economia, l’opposizione – data la particolare situazione economica – ritiene di utilizzare questa occasione per proporre una ricetta alternativa di politica economica. Conclude sottolineando l’esigenza di arrivare a regole certe sulla sessione di bilancio, a garanzia delle prerogative dei Parlamentari.
Il presidente AZZOLLINI ricorda che i criteri enunciati tengono necessariamente conto delle norme introdotte con il decreto-legge n. 112 del 2008, tuttavia, fornisce ampie garanzie di consentire un dibattito sugli orientamenti generali di politica economica alternativi a quelli proposti dal Governo. In merito alle future modifiche della legge di contabilità di Stato, ritiene che anche muovendo nella direzione di limitare i contenuti della legge finanziaria, sia necessario mantenere un ambito di flessibilità che consenta di adeguare le regole a situazioni di eccezionalità.
Dichiara quindi aperta la discussione generale.
Interviene il senatore Nicola ROSSI (PD) che, pur avendo apprezzato le relazioni svolte in quanto idonee a fornire elementi di valutazione sulle recenti innovazioni istituzionali concernenti la politica di bilancio, osserva come il tema all’ordine del giorno sia il superamento, in via temporanea, del vincolo europeo di stabilità. Nel contesto della crisi finanziaria e reale in corso, limitare il contenuto proprio della legge finanziaria alle norme di contenimento dei saldi, può rappresentare un limite e, essendo già stata attuata una manovra a luglio, ne risulta anche limitato il confronto sulle possibili scelte alternative di politica economica.
Osserva come la situazione attuale sia molto simile a quanto avvenuto nel 2001. Gli eventi dell’11 settembre hanno condizionato in modo esogeno gli andamenti macroeconomici e la stessa maggioranza, lo stesso Ministro dell’economia e delle finanze e lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri di oggi, decisero allora di non modificare le linee di fondo di politica economica. In tal senso, rigore e disciplina di bilancio non sono sinonimi di rigidità delle scelte.
A chi eccepisce che non vi sono risorse aggiuntive da impiegare, fa presente che il problema della gestione della finanza pubblica in Italia non riguarda più i livelli della spesa come negli anni novanta bensì la composizione della spesa stessa. A parità di spesa si può favorire la spesa più produttiva riducendo quella corrente.
Illustra quindi possibili scelte alternative rispetto a quelle preannunciate dalla maggioranza. Partendo dalla spesa in conto capitale, conviene con l’orientamento del Governo di concentrare le risorse su obiettivi strategici e rendendo al contempo più efficiente anche un ammontare delle risorse inferiore a quelle attualmente stanziate. La condizione affinché una strategia simile produca un impatto sull’economia è che le risorse siano impiegate in tempi rapidi. Per quanto concerne poi gli interventi sulle famiglie e sulle imprese, rileva che le misure preannunciate dal Governo abbiano una dimensione molto ristretta e non siano in grado di modificare le attese dei beneficiari nel medio-lungo termine. A tal riguardo, altri interventi più coraggiosi potrebbero essere adottati mantenendo, al contempo, un soddisfacente livello di equità. Se ritiene infatti condivisibile l’esigenza di garantire una copertura dell’assistenza anche ai precari, ritiene assolutamente insostenibile l’iniquità delle scelte operate dal Governo volte a garantire ancora privilegi di carattere categoriale (si veda il caso Alitalia) operando attraverso interventi non sistematici con la cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) in deroga. Preferibile sarebbe invece spendere meglio le risorse passando ad un sistema universale di ammortizzatori sociali – uguali per tutti – in grado di garantire anche i precari.
Per modificare significativamente le attese delle famiglie e delle imprese, ritiene indispensabile ridurre la pressione fiscale finanziando questo intervento con la riduzione della spesa corrente. Se le riduzioni della spesa corrente avessero un tempo ragionevole di attuazione, i destinatari potrebbero adattare i propri comportamenti per sostenere i tagli.
Con riferimento alle imprese, ritiene che si debba operare in modo più trasparente ed equo per risolvere l’annoso problema dei crediti vantati dal settore produttivo verso le pubbliche amministrazioni. Ci vorrebbe un’emissione straordinaria di titoli del debito pubblico per risolvere il problema, anziché concedere in via straordinaria il pagamento dei debiti ultradecennali con i fornitori da parte della pubblica amministrazione. Nella situazione attuale di crisi di liquidità è paradossale che sia lo Stato a non pagare. Per far ciò ci vuole trasparenza e volontà politica.
Conclude che ricadrebbe nella responsabilità del Governo e dell’attuale maggioranza la responsabilità, come già successo nel 2001, di condannare il Paese ad un immobilismo decisionale che condiziona anche l’opposizione a non intraprendere serie riforme indispensabili per il Paese.
Il presidente AZZOLLINI in considerazione dell’inizio dei lavori delle Commissioni 1a, 5a e 6a riunite per l’esame dei disegni di legge sul federalismo fiscale propone di rinviare l’esame congiunto dei provvedimenti in titolo e di sospendere la seduta per riprenderla al termine di quella riunione per proseguire con l’esame degli altri argomenti iscritti all’ordine del giorno.
La Commissione conviene.
Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.
La seduta, sospesa alle ore 9,05, riprende alle ore 11,20.