Legislatura 15ª - 2ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 116 del 17/10/2007
Azioni disponibili
GIUSTIZIA (2ª)
MERCOLEDÌ 17 OTTOBRE 2007
116ª Seduta
Presidenza del Presidente
Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Scotti.
La seduta inizia alle ore 16.
IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto legislativo recante: "Recepimento della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali" (n. 134)
(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e 4, della legge 25 gennaio 2006, n. 29. Seguito dell'esame e sospensione)
Riprende l'esame, sospeso nella seduta del 2 ottobre scorso.
Il presidente SALVI ricorda che nella precedente seduta il senatore Manzione aveva svolto la relazione introduttiva.
Richiamandosi alla relazione precedentemente svolta, il RELATORE illustra l'allegata proposta di parere.
Il senatore CENTARO(FI), nel dichiararsi complessivamente favorevole allo schema di decreto legislativo in esame e alle osservazioni proposte dal relatore, esprime vive perplessità in ordine all'articolo 25 - recante la cosiddetta "piattaforma comune" da sottoporre alla Commissione europea per l'individuazione dei criteri delle qualifiche professionali in grado di colmare le differenze fra i requisiti di formazione dei vari Stati membri - sotto il profilo dei commi 1 e 2, che individuano i soggetti da consultare per l'elaborazione della piattaforma tanto per le professioni regolamentate quanto per quelle non regolamentate.
Per quanto riguarda infatti le professioni regolamentate appare improprio affiancare agli ordini e ai collegi le associazioni di categoria, la cui natura e i cui compiti sono strutturalmente diversi, mentre per le professioni non regolamentate c'è il rischio che il riferimento alle associazioni- se i criteri per la valutazione della loro rappresentatività previsti dal comma 3 non viene integrato con altri criteri che facciano più specificamente riferimento al possesso da parte degli iscritti dei presupposti per l'accesso e l'esercizio della professione - possa determinare l'ammissione di soggetti professionalmente inadeguati, e la cui attività sia esente da controlli, alla partecipazione dell'elaborazione delle piattaforme comuni.
Il senatore CASTELLI (LNP) fa presente di aver assistito da almeno tre legislature al tentativo di rinnovare la disciplina delle professioni, un tentativo che è certamente sostenuto dalla diffusa consapevolezza di quanto sia importante un ordinamento moderno delle libere attività professionali per migliorare la competitività del nostro Paese, ma che si è scontrato con resistenze corporative di ogni genere.
Anche il più recente disegno di legge governativo in questa materia è tuttora bloccato presso le Commissioni giustizia e attività produttive della Camera dei deputati e non sembra che il suo iter si rimetterà in moto tanto presto.
Nell'assenza della volontà politica di portare avanti una riforma complessiva, il Governo interviene con provvedimenti occasionali, che a volte assomigliano a dei veri e propri colpi di mano, come lo schema di decreto legislativo all'esame della Commissione che, fra l'altro, introduce una disciplina delle professioni non regolamentate, che sono di fatto inesistenti.
Egli annuncia in conclusione il suo voto contrario all'atto del Governo sottoposto al parere parlamentare.
Il RELATORE, nell'invitare il senatore Castelli a rivedere il suo giudizio sullo schema di decreto legislativo che certamente presenta degli aspetti discutibili dei quali però si è tenuto conto nella proposta di parere - e in particolare è stata recepita un'osservazione del senatore Divina relativa alla questione del riconoscimento della qualifica di maestro di sci - ritiene di poter accogliere le osservazioni del senatore Centaro modificando il parere di conseguenza.
Il presidente SALVI, al fine di consentire al senatore Manzione di formalizzare la modifica al parere da lui proposto, sospende l'esame dello schema di decreto legislativo in titolo.
Schema di decreto legislativo recante: "Recepimento della direttiva 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato" (n. 130)
(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e 4, delle legge 25 gennaio 2006, n. 29. Esame e rinvio)
Riferisce alla Commissione la senatrice Maria Luisa BOCCIA(RC-SE), che rileva in primo luogo con soddisfazione come lo schema di decreto legislativo in titolo sia diretto a porre termine al persistente inadempimento da parte dello Stato italiano per quanto riguarda l'attuazione della direttiva 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato.
La relatrice si sofferma dapprima sul quadro normativo europeo in cui si inserisce la predetta direttiva, e in particolare sulla Convenzione del Consiglio d'Europa relativo ad un risarcimento delle vittime di reati violenti, approvata a Strasburgo il 24 novembre 1983 - che dopo ben 24 anni non è stata ancora ratificata dall'Italia diversamente da altri 21 paesi membri del Consiglio d'Europa - e che prevede l'obbligo dello Stato di contribuire, in mancanza di altre riparazioni, al risarcimento di chi abbia subito gravi danni all'integrità fisica o mentale per un reato violento o intenzionale, nonché la decisione-quadro 2001/220/GAI relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale.
La decisione-quadro, in particolare, è diretta a garantire alle vittime dei reati la partecipazione informata e protetta nei provvedimenti penali, stabilendo altresì che gli Stati membri incoraggino i colpevoli a pagare un adeguato risarcimento alle vittime e stabilendo un sistema di cooperazione volto a facilitare l'accesso delle vittime all'indennizzo alle situazioni transfrontaliere.
Anche la decisione-quadro non è ancora pienamente attuata dall'Italia.
Il recepimento della direttiva in esame potrebbe contribuire a sanare almeno in parte le lacune presenti nel nostro ordinamento.
Essa impegna gli Stati a prevedere nei rispettivi ordinamenti l'esistenza di un sistema di indennizzo alle vittime di reati internazionali violenti.
La direttiva non contiene una specifica definizione di vittima. che può essere peraltro ricavata dall'articolo 1 della decisione-quadro, dove si parla di persona fisica che abbia subito un pregiudizio fisico o mentale, sofferenze psichiche o danni materiali in conseguenza diretta o indiretta della violazione di una norma penale. E' facoltà degli Stati, secondo la decisione quadro, di estendere la tutela anche alle persone giuridiche.
Questa definizione è, evidentemente, abbastanza consolidata ed esaustiva da far sì che la delega di cui alla legge comunitaria (legge n.29 del 2006) non abbia previsto ulteriori e più specifici criteri e principi direttivi.
In realtà è proprio sotto questo profilo che lo schema di decreto legislativo presta il fianco a taluni rilievi critici. In particolare se si tiene conto che lo scopo della direttiva comunitaria non è solo quello di istituire procedure di cooperazione tra gli Stati membri che consentano alle vittime di reati di richiedere, se previsto dalla legislazione nazionale, l'indennizzo a carico dello Stato membro in cui è stato commesso l'illecito, ma anche quello di istituire in ciascun ordinamento un sistema di indennizzo equo ed adeguato alle vittime, come si evince in particolare dalla lettura della parte motiva della direttiva stessa.
Sembra quindi piuttosto riduttiva la scelta dello schema di decreto legislativo di limitare il concorso dello Stato al risarcimento solo nei casi in cui è già previsto dalla legge italiana, come il caso delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata.
Anche sulla definizione stessa di vittima appare giustificata qualche perplessità, dal momento che la sopra ricordata definizione di cui all'articolo 1 della decisione-quadro giustifica l'attribuzione della qualifica di vittima anche ai superstiti delle vittime dirette dei reati nel caso in cui queste ultime siano defunte in conseguenza del reato stesso.
Ebbene, lo schema di decreto legislativo considera i superstiti solo nell'ambito della fattispecie di cui all'articolo 2, vale a dire alla richiesta di indennizzo, per il tramite dell'autorità di assistenza di altro Stato membro all'autorità italiana da parte della vittima di reato commesso in Italia, ma non per la fattispecie di cui all'articolo 1, che disciplina il diritto di richiedere il risarcimento da uno Stato membro tramite l'assistenza della procura generale della Repubblica territorialmente competente per la vittima di un reato commesso in quello Stato e residente in Italia.
A tale proposito la relatrice rileva anche l'inopportunità della formulazione "vittima ...... stabilmente residente in Italia" laddove sarebbe meglio, in particolare nel rispetto del principio di uguaglianza di fronte alla legge, parlare di vittima "abitualmente" residente in Italia.
Infine la relatrice sottolinea la necessità di prevedere un'adeguata copertura finanziaria per gli oneri derivanti dal provvedimento, in vista in particolare di una sua applicazione ben più ampia di quella che viene preventivata dalla relazione di accompagnamento.
Non essendovi iscritti a parlare, il presidente SALVI invita la relatrice a predisporre una bozza di parere che verrà votata in una prossima seduta.
Schema di decreto legislativo recante: "Recepimento della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali" (n. 134)
(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, ai sensi dell'articolo 1, commi 3 e 4, della legge 25 gennaio 2006, n. 29. Ripresa e conclusione dell'esame. Parere favorevole con osservazioni)
Riprende l'esame precedentemente sospeso.
Il RELATORE illustra alcune integrazioni del parere che tengono conto delle osservazioni del senatore Centaro, nonché dei timori espressi dalle associazioni delle professioni del comparto sanitario, e recepite nelle osservazioni della Commissione sanità, circa la necessità che tutte le 22 categorie sanitarie professionali riconosciute dal nostro ordinamento siano considerate nel decreto legislativo, anche per evitare improprie equivalenze con professioni e profili esistenti in altri Paesi, ma non più attuali in Italia.
Dopo un intervento del sottosegretario SCOTTI - il quale, pur manifestando la disponibilità del Governo a tener conto delle esigenze di queste categorie professionali, sottolinea la necessità di semplificare il sistema degli ordini, dei collegi e degli elenchi professionali attualmente vigente in Italia, nonché di evitare improprie equiparazioni funzionali tra professioni per le quali è richiesta la laurea di tre anni e professioni per le quali è richiesta la laurea magistrale - il senatore CAFORIO sottolinea il rischio che l'approvazione del decreto legislativo nella sua forma attuale possa penalizzare le professioni sanitarie e annullare, portando così indietro la sanità italiana di oltre 20 anni, i grandi progressi realizzati dall'Italia nella qualificazione e professionalizzazione delle attività del comparto sanitario.
La proposta di parere del senatore Manzione, con le integrazioni testé illustrate, è quindi posta ai voti e approvata.
Relazione concernente l'individuazione della destinazione delle disponibilità del Fondo per gli investimenti in materia di edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile del Ministero della giustizia, per l'anno 2007 (n. 151)
(Parere al Ministro della giustizia, ai sensi dell'articolo 46, comma 5, della legge 28 dicembre 2001, n. 448. Esame e rinvio)
Il senatore Massimo BRUTTI (Ulivo) illustra l'allegata proposta di parere.
Il senatore MANZIONE (Ulivo) ricorda come già in sede di discussione del rapporto alla Commissione bilancio sul disegno di legge finanziaria egli avesse avuto modo di segnalare l'urgenza che la Commissione acquisisse elementi informativi in ordine allo stato del sistema carcerario, in particolare per quanto riguarda problemi quali la mancata utilizzazione di strutture già pronte o i tempi lunghi che affliggono gli interventi nel settore che sono in questi giorni oggetto di una particolare tensione mediatica.
Egli pertanto propone che, in particolare al fine di esprimere un parere più meditato sulla relazione in titolo, la Commissione possa raccogliere elementi attraverso un'audizione informale in Ufficio di presidenza del direttore del dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, dottor Ferrara.
Concordando la Commissione, il seguito dell'esame è rinviato.
La seduta termina alle ore 17.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL RELATORE SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 134
La Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo:
visto il parere della Conferenza permanente fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, tenuto conto delle osservazioni formulate dalle Commissioni del Senato competenti - in particolare- dalle Commissioni Igiene e Sanità e dalla Commissione per le Politiche dell'Unione Europea;
valuta positivamente lo schema di decreto legislativo in titolo, attuativo della direttiva comunitaria 2005/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, e finalizzato a garantire a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro di accedere alla stessa professione e di esercitarla in un altro Stato membro – quale lavoratore subordinato o autonomo- con gli stessi diritti e le stesse condizioni dei cittadini di quest’ultimo( ferma restando la possibilità per lo Stato membro c.d. di stabilimento di imporre particolari condizioni di esercizio, non discriminatorie ma obiettivamente giustificate e proporzionate, cui il professionista "migrante" dovrà attenersi).
La Commissione formula peraltro le seguenti osservazioni:
a) esprime innanzitutto perplessità in merito alla norma di cui all'articolo 25 dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri ove si prevede che alla individuazione delle c.d. "piattaforme comuni ", ovvero dei criteri per uniformare i curricula formativi previsti nei vari Stati comunitari, partecipino -nel caso di professione già regolamentata- gli ordini, i collegi e le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale, ed -in caso di professione non ancora regolamentata in Italia - esclusivamente le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale. Tale norma, conducendo di fatto al riconoscimento di professioni non regolamentate, potrebbe configurare un eccesso di delega rispetto alla direttiva, atteso che l'ambito di applicazione di quest' ultima è limitato alle professioni c.d. regolamentate. Si auspica, pertanto, una revisione della previsione, nel senso di limitare la partecipazione ai tavoli delle conferenze di servizi per la definizione delle piattaforme comuni, ai soli profili professionali già riconosciuti in Italia. Seppure volesse "superarsi" tale preliminare rilievo, residuerebbero perplessità sotto il profilo contenutistico, atteso che risulta ancora in fieri il percorso di riforma delle professioni finalizzato alla individuazione dei criteri per il futuro riconoscimento di tali associazioni. La norma in esame finirebbe - paradossalmente - per configurare tali associazioni ( non ancora riconosciute in Italia) quali interlocutori legittimati a livello europeo, potendosi anche astrattamente configurare il loro riconoscimento surrettizio. Tra lo schema di decreto in esame ed i provvedimenti volti a riformare le professioni, vi è una stretta correlazione della quale non può non tenersi conto. Una soluzione gradatamente alternativa, che tenga conto della necessità di valorizzare il ruolo di tali associazioni ed al tempo stesso della diversità di natura e funzioni rispetto a quelle proprie degli ordini e dei collegi, potrebbe al più identificarsi nel prevederne la consultazione unicamente per le professioni non regolamentate. Ma tale ipotesi alternativa potrebbe essere astrattamente considerata solo a condizione che vengano integrati i criteri di cui al comma 3 della norma, quanto alla valutazione ed al riconoscimento della rappresentatività, mediante l' inserimento nello statuto dei presupposti per l'accesso e l'esercizio della professione, sia sotto il profilo dei titoli di studio che sotto quello del controllo e della vigilanza della attività svolta dai componenti;
b) manifesta l' opportunità di individuare l’autorità competente ad accertare il possesso della conoscenza linguistica da parte del prestatore "migrante" in Italia, quale requisito per l’esercizio della professione nel territorio nazionale; a tale necessità si affianca la assoluta opportunità di verificare -preliminarmente alla adozione del provvedimento in esame ( che è di ampia apertura al riconoscimento dei titoli)-, che anche gli altri Paesi europei stiano muovendosi in analoga direzione e con comparabile apertura, evitando il rischio che i nostri giovani professionisti si trovino ad essere ulteriormente penalizzati sul mercato interno non potendo neppure ottenere di svolgere la propria professione in altri Paesi comunitari;
c) in caso di prestazione in regime temporaneo o occasionale di una professione sensibile per la sicurezza o la salute pubblica, sarebbe opportuno prevedere l'obbligo - e non la mera facoltà - di effettuare una verifica preventiva della qualifica, che può –poi- concludersi con una prova attitudinale finalizzata a colmare le differenze sostanziali riscontrate;
d) per l’ accesso alla figura di infermiere coordinatore, sarebbe opportuno anzitutto prevederne una precisa individuazione – oggi soggetta ad eccessiva discrezionalità – e prescrivere per l’accesso a tale posizione una preparazione superiore rispetto alla laurea triennale, configurabile in un master o nella laurea specialistica;
e) manifesta poi l'esigenza di estendere l'obbligo di aggiornamento permanente - previsto per il professionista italiano - al professionista migrante, tenendo nel debito conto quanto premesso nell' atto in esame ...." la direttiva non pregiudica le misure necessarie a garantire un elevato grado di tutela della salute dei consumatori, anche alla luce di quanto prevede la nostra Carta Costituzionale";
f) sembrerebbe poi opportuno garantire una sede di confronto tra Stato e Regioni per la valutazione delle istanze di riconoscimento di qualifiche professionali di rilevante complessità, con l'espressa previsione che le stesse dovranno essere valutate congiuntamente ad un rappresentante delle Regioni e delle Province, designato in sede di Conferenza Stato - Regioni e Province autonome;
g)quanto alleattività che implicano competenze e conoscenze generali, commerciali o professionali, per le quali – quindi – il riconoscimento dipende non dal possesso di un attestato di competenza o di un titolo di formazione, ma dalla dimostrazione della esperienza professionale basata sull’esercizio effettivo dell’ attività in questione in un altro Stato membro, ed oggetto di riconoscimento da parte della regione, la disciplina dei rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome, in particolare l' autonomia organizzativa di cui godono le Regioni nella individuazione delle scelte procedimentali ( così come delineata dalla Costituzione), induce a configurare lo strumento della conferenza di servizi da parte della autorità regionali come meramente facoltativo, e non imposto dal legislatore statale; lo stesso dicasi per la scelta del tipo di provvedimento con cui le autorità regionali provvedono al riconoscimento della qualifica. La norma di cui all'articolo 16 potrebbe, pertanto, essere emendata nel senso di prevedere che le Regioni individuino le modalità procedimentali di valutazione dei titoli di loro competenza, assicurando forme equivalenti ( rispetto alla conferenza di servizi) di partecipazione delle altre autorità interessate, e che le stesse si pronuncino con proprio provvedimento;
h) nella relazione illustrativa del d. lgs. In esame si precisa che "non fanno parte del campo di applicazione della direttiva", quindi, dello schema di decreto legislativo proposto, le attività in materia di trasporto, di intermediari di assicurazione e revisore dei conti perché già disciplinati da specifiche norme comunitarie. Onde evitare possibili questioni ermeneutiche dell'articolo 1 rubricato "oggetto", dopo aver espressamente escluso dall'ambito di applicazione del provvedimento quelle "professioni regolamentate il cui esercizio è riservato dalla legge a professionisti partecipi - sia pure occasionalmente - dell'esercizio di pubblici poteri", pare necessario precisare che il ddl non trova -parimenti- applicazione per le attività in materia di trasporto, di intermediari di assicurazione e revisore dei conti, continuando le stesse ad essere disciplinate da specifiche norme comunitarie;
i) quanto al riconoscimento, infine, di alcune qualifica particolari, quali ad esempio il maestro di sci, premesso che l'Italia gode di una deroga alle direttive che impongono il riconoscimento delle qualifiche ottenute all'estero e che legittima l' imposizione di particolari corsi o periodi di formazione a chi - in possesso del relativo titolo ottenuto in altro Stato dell'Unione Europea - intenda svolgere tale professione, appare opportuno evitare che tale deroga possa trovare un' applicazione discriminatoria nei confronti dei cittadini italiani che abbiano ottenuto il titolo all'estero ( concretatesi nella richiesta di titoli ulteriori, non richiesti agli altri cittadini comunitari che abbiano ottenuto il titolo nel loro o in altro paese comunitario). Sembra assolutamente doveroso, pertanto, sancire il principio secondo cui nessuna disposizione dell'adottando decreto legislativo possa essere interpretata nel senso di consentire discriminazioni nei confronti di cittadini italiani, come di altri stati membri, quanto alle modalità di riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute in uno Stato dell' Unione.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL'ATTO DEL GOVERNO N.134
(Estensore: Manzione)
Roma, 17 ottobre 2007
Schema di decreto legislativo recante: "Recepimento della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali" (n. 134)
La Commissione giustizia, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo:
visto il parere della Conferenza permanente fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, tenuto conto delle osservazioni formulate dalle Commissioni del Senato competenti - in particolare- dalle Commissioni Igiene e Sanità e dalla Commissione per le Politiche dell'Unione Europea;
valuta positivamente lo schema di decreto legislativo in titolo, attuativo della direttiva comunitaria 2005/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, e finalizzato a garantire a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro di accedere alla stessa professione e di esercitarla in un altro Stato membro – quale lavoratore subordinato o autonomo- con gli stessi diritti e le stesse condizioni dei cittadini di quest’ultimo( ferma restando la possibilità per lo Stato membro c.d. di stabilimento di imporre particolari condizioni di esercizio, non discriminatorie ma obiettivamente giustificate e proporzionate, cui il professionista "migrante" dovrà attenersi).
La Commissione formula peraltro le seguenti osservazioni:
a) esprime innanzitutto perplessità in merito alla norma di cui all'articolo 25 dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri ove si prevede che alla individuazione delle c.d. "piattaforme comuni ", ovvero dei criteri per uniformare i curricula formativi previsti nei vari Stati comunitari, partecipino -nel caso di professione già regolamentata- gli ordini, i collegi e le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale (previsione che secondo alcuni sarebbe incongrua in relazione ai diversi compiti attribuiti da un lato agli ordini e ai collegi, che hanno per legge il compito di occuparsi della disciplina strutturale della professione, e dall'altro alle associazioni di categoria, che hanno un ruolo più specificamente culturale e sindacale, e che non sembra quindi opportuno inserire tra i soggetti consultati ai fini dell'elaborazione delle piattaforme comuni), ed -in caso di professione non ancora regolamentata in Italia - esclusivamente le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale. Tale norma, conducendo di fatto al riconoscimento di professioni non regolamentate, potrebbe configurare un eccesso di delega rispetto alla direttiva, atteso che l'ambito di applicazione di quest'ultima è limitato alle professioni c.d. regolamentate. Si auspica, pertanto, una revisione della previsione, nel senso di limitare la partecipazione ai tavoli delle conferenze di servizi per la definizione delle piattaforme comuni, ai soli profili professionali già riconosciuti in Italia. Seppure volesse "superarsi" tale preliminare rilievo, residuerebbero perplessità sotto il profilo contenutistico, atteso che risulta ancora in fieri il percorso di riforma delle professioni finalizzato alla individuazione dei criteri per il futuro riconoscimento di tali associazioni. La norma in esame finirebbe - paradossalmente - per configurare tali associazioni (non ancora riconosciute in Italia) quali interlocutori legittimati a livello europeo, potendosi anche astrattamente configurare il loro riconoscimento surrettizio. Tra lo schema di decreto in esame ed i provvedimenti volti a riformare le professioni, vi è una stretta correlazione della quale non può non tenersi conto. Una soluzione gradatamente alternativa, che tenga conto della necessità di valorizzare il ruolo di tali associazioni ed al tempo stesso della diversità di natura e funzioni rispetto a quelle proprie degli ordini e dei collegi, potrebbe al più identificarsi nel prevederne la consultazione unicamente per le professioni non regolamentate. Ma tale ipotesi alternativa potrebbe essere astrattamente considerata solo a condizione che vengano integrati i criteri di cui al comma 3 della norma, quanto alla valutazione ed al riconoscimento della rappresentatività, mediante l' inserimento nello statuto dei presupposti per l'accesso e l'esercizio della professione, sia sotto il profilo dei titoli di studio che sotto quello del controllo e della vigilanza della attività svolta dai componenti;
b) manifesta l' opportunità di individuare l’autorità competente ad accertare il possesso della conoscenza linguistica da parte del prestatore "migrante" in Italia, quale requisito per l’esercizio della professione nel territorio nazionale; a tale necessità si affianca la assoluta opportunità di verificare -preliminarmente alla adozione del provvedimento in esame ( che è di ampia apertura al riconoscimento dei titoli)-, che anche gli altri Paesi europei stiano muovendosi in analoga direzione e con comparabile apertura, evitando il rischio che i nostri giovani professionisti si trovino ad essere ulteriormente penalizzati sul mercato interno non potendo neppure ottenere di svolgere la propria professione in altri Paesi comunitari;
c) in caso di prestazione in regime temporaneo o occasionale di una professione sensibile per la sicurezza o la salute pubblica, sarebbe opportuno prevedere l'obbligo - e non la mera facoltà - di effettuare una verifica preventiva della qualifica, che può –poi- concludersi con una prova attitudinale finalizzata a colmare le differenze sostanziali riscontrate;
d) per l’accesso alla figura di infermiere coordinatore, sarebbe opportuno anzitutto prevederne una precisa individuazione – oggi soggetta ad eccessiva discrezionalità – e prescrivere per l’accesso a tale posizione una preparazione superiore rispetto alla laurea triennale, configurabile in un master o nella laurea specialistica;
e) si raccomanda altresì una particolare attenzione affinché sia salvaguardato il livello professionale delle 22 categorie riconosciute dal nostro ordinamento nel comparto sanitario, evitando di stabilire improprie equivalenze con professioni o profili esistenti in altri Paesi, ma non più attuali nel nostro, in modo soprattutto da non consentire che professioni per le quali in Italia è richiesta la laurea breve o il diploma universitario possano essere esercitate da soggetti privi di titoli equivalenti;
f) manifesta poi l'esigenza di estendere l'obbligo di aggiornamento permanente - previsto per il professionista italiano - al professionista migrante, tenendo nel debito conto quanto premesso nell' atto in esame ...." la direttiva non pregiudica le misure necessarie a garantire un elevato grado di tutela della salute dei consumatori, anche alla luce di quanto prevede la nostra Carta Costituzionale";
g) sembrerebbe poi opportuno garantire una sede di confronto tra Stato e Regioni per la valutazione delle istanze di riconoscimento di qualifiche professionali di rilevante complessità, con l'espressa previsione che le stesse dovranno essere valutate congiuntamente ad un rappresentante delle Regioni e delle Province, designato in sede di Conferenza Stato - Regioni e Province autonome;
h) quanto alleattività che implicano competenze e conoscenze generali, commerciali o professionali, per le quali – quindi – il riconoscimento dipende non dal possesso di un attestato di competenza o di un titolo di formazione, ma dalla dimostrazione della esperienza professionale basata sull’esercizio effettivo dell’ attività in questione in un altro Stato membro, ed oggetto di riconoscimento da parte della regione, la disciplina dei rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome, in particolare l' autonomia organizzativa di cui godono le Regioni nella individuazione delle scelte procedimentali ( così come delineata dalla Costituzione), induce a configurare lo strumento della conferenza di servizi da parte della autorità regionali come meramente facoltativo, e non imposto dal legislatore statale; lo stesso dicasi per la scelta del tipo di provvedimento con cui le autorità regionali provvedono al riconoscimento della qualifica. La norma di cui all'articolo 16 potrebbe, pertanto, essere emendata nel senso di prevedere che le Regioni individuino le modalità procedimentali di valutazione dei titoli di loro competenza, assicurando forme equivalenti ( rispetto alla conferenza di servizi) di partecipazione delle altre autorità interessate, e che le stesse si pronuncino con proprio provvedimento;
i) nella relazione illustrativa del d. lgs. in esame si precisa che "non fanno parte del campo di applicazione della direttiva", quindi, dello schema di decreto legislativo proposto, le attività in materia di trasporto, di intermediari di assicurazione e revisore dei conti perché già disciplinati da specifiche norme comunitarie. Onde evitare possibili questioni ermeneutiche dell'articolo 1 rubricato "oggetto", dopo aver espressamente escluso dall'ambito di applicazione del provvedimento quelle "professioni regolamentate il cui esercizio è riservato dalla legge a professionisti partecipi - sia pure occasionalmente - dell'esercizio di pubblici poteri", pare necessario precisare che il ddl non trova -parimenti- applicazione per le attività in materia di trasporto, di intermediari di assicurazione e revisore dei conti, continuando le stesse ad essere disciplinate da specifiche norme comunitarie;
l) quanto al riconoscimento, infine, di alcune qualifica particolari, quali ad esempio il maestro di sci, premesso che l'Italia gode di una deroga alle direttive che impongono il riconoscimento delle qualifiche ottenute all'estero e che legittima l' imposizione di particolari corsi o periodi di formazione a chi - in possesso del relativo titolo ottenuto in altro Stato dell'Unione Europea - intenda svolgere tale professione, appare opportuno evitare che tale deroga possa trovare un' applicazione discriminatoria nei confronti dei cittadini italiani che abbiano ottenuto il titolo all'estero ( concretatesi nella richiesta di titoli ulteriori, non richiesti agli altri cittadini comunitari che abbiano ottenuto il titolo nel loro o in altro paese comunitario). Sembra assolutamente doveroso, pertanto, sancire il principio secondo cui nessuna disposizione dell'adottando decreto legislativo possa essere interpretata nel senso di consentire discriminazioni nei confronti di cittadini italiani, come di altri stati membri, quanto alle modalità di riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute in uno Stato dell' Unione.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL RELATORE SULL'ATTO DEL GOVERNO N.151
La Commissione, considerato che
- lo stato di previsione del Ministero della giustizia include, nell'ambito del centro di responsabilità amministrativa "Gabinetto e uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro", l'Unità previsionale di base (U.P.B.) 1.2.3.3, denominata "Fondo unico da ripartire - investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria" che consta del capitolo 7020;
- gli stanziamenti previsti sono pari a 190.108.931 euro in termini di competenza e di cassa;
- in seguito all'accantonamento di una quota delle disposizioni delle U.P.B. relative a talune categorie di spese (definito "taglio lineare"), come previsto dall'articolo 1, comma 507, della legge finanziaria per il 2007, la somma disponibile per il "Fondo unico da ripartire - investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria" ammonta in realtà a 178.781.662,35;
il Fondo risulta così ripartito:
- 62.650.000 euro per amministrazione giudiziaria
- 99.131.662 euro per amministrazione penitenziaria
- 17.000.000 euro per amministrazione minorile
- Rilevato che,
ponendo a confronto i totali per settore nel periodo 2003-2007, gli stanziamenti del 2007 appaiono sensibilmente più consistenti (178.781.662 euro a fronte di 137.367.207 euro nel 2003, nel 2004, nel 2005, di 102.566.931 euro nel 2006)
- preso atto che
in materia di amministrazione giudiziaria, la scelta degli interventi da realizzare è dettata dall'urgenza delle opere in base alle segnalazioni effettuate dai capi degli uffici giudiziari e dai compenti Provveditorati interregionali del Ministero delle infrastrutture;
in materia di amministrazione penitenziaria, in prima istanza, è stata data priorità agli interventi irrinunciabili,mentre per i rimanenti si è cercato di bilanciare l'incidenza per aree geografiche, privilegiando il sud ed il centro, ove si manifesta maggiore degrado;
in particolare al nord sono assegnati 21.950.000, al centro 25.931.500 euro, al sud e alle isole 31.350.000 euro;
analogamente per la giustizia minorile è stata data priorità agli interventi irrinunciabili e per i rimanenti si è perseguito un bilanciamento fra le tre grandi aree geografiche del paese.
Esprime parere favorevole sullo schema di decreto in titolo, con le seguenti raccomandazioni:
nell'ambito degli stanziamenti previsti per l'amministrazione giudiziaria, per l'amministrazione penitenziaria e per l'amministrazione della giustizia minorile occorre un riequilibrio che punti ad accrescere tra gli investimenti destinati al sud, quelli riguardanti la Calabria, regione ove è particolarmente grave l'inadeguatezza delle strutture destinate all'amministrazione giudiziaria, penitenziaria e della giustizia minorile, mentre l'ammontare degli stanziamenti fissati risulta sempre all'ultimo posto tra le regioni meridionali; in questo quadro è opportuno che il Governo proceda ad una verifica circa l'avanzamento dei lavori relativi alla costruzione della casa di reclusione di Reggio Calabria, di cui sono stati realizzati i primi due lotti, ed assuma le iniziative necessarie per completare e per rendere utilizzabile l'opera da tempo avviata e già inserita nel programma di edilizia penitenziaria di cui al Decreto interministeriale (Ministero giustizia e Ministero lavori pubblici poi trasformato in Ministero delle infrastrutture) del 2 marzo 1987.