Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 2-00275
Azioni disponibili
Atto n. 2-00275 (procedura abbreviata)
Pubblicato il 21 dicembre 2007
Seduta n. 273
ZANETTIN , ALBERTI CASELLATI , AMATO , ANTONIONE , ASCIUTTI , BARBA , BARELLI , BIANCONI , BIONDI , BONFRISCO , BUTTIGLIONE , CASOLI , COLLI , COMINCIOLI , D'ALI' , DAVICO , DI BARTOLOMEO , EUFEMI , FERRARA , GHIGO , IZZO , LUNARDI , MALAN , MALVANO , MARINI Giulio , MAURO , NESSA , NOVI , PALMA , PERA , PIANETTA , PICCIONI , PICCONE , POLI , QUAGLIARIELLO , SAIA , SANTINI , SARO , SCARPA BONAZZA BUORA , SCOTTI , STANCA , STEFANI , STERPA , STRACQUADANIO , TOMASSINI , VEGAS , ZICCONE - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
il 14 settembre 2006 la Corte di giustizia europea ha dichiarato con propria sentenza l’illegittimità della norma italiana che sanciva l’indetraibilità dell’IVA afferente gli autoveicoli di imprese e liberi professionisti, aprendo dunque la via ai contribuenti per ottenere la restituzione delle somme indebitamente pagate all’Erario, con possibilità per altro di recupero direttamente nella propria dichiarazione IVA per il 2006 (IVA/2007) quanto indebitamente versato a decorrere dal 2003;
il 15 settembre 2006, il Governo ha emanato il decreto-legge n. 258, al fine precipuo di impedire ai contribuenti di recuperare direttamente in dichiarazione annuale quanto versato all’Erario sino a tale data sulla base della norma dichiarata illegittima, subordinando il recupero delle somme alla presentazione di istanza di rimborso, con facoltà di scelta tra la procedura ordinaria di rimborso (restando però in tal caso soggetti alle ordinarie tempistiche di restituzione, come noto tutt’altro che rapide) e una procedura speciale che avrebbe garantito velocità nell’erogazione delle somme (ma le cui modalità di calcolo del quantum richiedibile a rimborso, nonché di presentazione dell’istanza, venivano rimesse all’Agenzia delle Entrate, mediante emanazione di apposito provvedimento regolamentare);
il 3 ottobre 2006, il Governo ha emanato il decreto-legge n. 262, nell’ambito del quale, con efficacia già a decorrere dal periodo di imposta in corso (e, quindi, con aperta violazione del principio di irretroattività sancito dall’art. 3 dello Statuto del contribuente) è stato ulteriormente diminuito l’ammontare deducibile dal reddito di impresa e di lavoro autonomo dei costi sostenuti in relazione alle autovetture, al dichiarato fine di generare un maggior gettito fiscale (minori costi deducibili, quindi maggiori redditi imponibili, quindi maggiori imposte sul reddito dovute dai contribuenti) da impiegare a copertura delle previsioni di spesa per i rimborsi IVA di cui ai punti precedenti;
il 22 febbraio 2007, l’Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento con i quale sono state disciplinate le regole concernenti la procedura speciale di rimborso dell’IVA afferente le autovetture, prevedendo in particolare modalità di calcolo affatto particolari, nonché obblighi di presentazione per via telematica;
il 2 luglio 2007, dopo la sopravvenuta autorizzazione da parte dell’Unione europea alla (re-)introduzione di una provvisoria limitazione alla detraibilità dell’IVA afferente le autovetture, il Governo italiano ha emanato il decreto-legge n. 81, con il quale ha ripristinato ab origine il livello di deducibilità dei costi delle autovetture dal reddito di impresa e di lavoro autonomo, ma tale ripristino è stato comunque soltanto parziale e ancor più limitato per quanto concerne il periodo di imposta 2006, proprio in considerazione della necessità di garantire, in termini di gettito, la copertura dei rimborsi IVA attesi;
il 20 ottobre 2007, come da ultimo prorogato, è scaduto il termine entro il quale i contribuenti potevano presentare le istanze di rimborso IVA auto secondo la speciale procedura approvata dall’Agenzia delle Entrate con il Provvedimento del 22 febbraio 2007,
si chiede di sapere:
se l’aver bloccato la possibilità per i contribuenti di procedere al recupero diretto delle somme versate all’Erario a decorrere dal 2003 (decreto-legge 258/2006) e l’aver al contempo aumentato le imposte sul reddito dovute a decorrere dal 2006 in poi (decreto-legge 262/2006), mediante riduzione della deducibilità dei costi afferenti quella medesima tipologia di beni per i quali era stata sancita l’illegittimità dell’indetraibilità dell’IVA, non costituisca di fatto una vera e propria manovra elusiva (degna del peggior contribuente disonesto) del precetto della sentenza della Corte di giustizia europea del 14 settembre 2006, posto che in tal modo non si procede alla restituzione ai contribuenti di quanto da essi indebitamente versato a titolo di IVA (come la sentenza imporrebbe), bensì si procede alla restituzione delle maggiori imposte sul reddito ad essi richieste, non già in forza della dimostrazione una maggiore capacità contributiva, ma soltanto in forza delle esigenze di cassa di un Erario determinato a non restituire in realtà alcunché a quei contribuenti cui viceversa è sempre pronto a chiedere;
se sia vero, come si legge sulla stampa specialistica (come viene confermato anche da fonti dell’Agenzia delle Entrate) che l’ammontare degli importi richiesti effettivamente a rimborso dai contribuenti, per IVA afferente alle autovetture, sia stato largamente inferiore alle previsioni e, quindi, agli obiettivi di copertura provvisoriamente stanziati nel bilancio dello Stato, con conseguente sopravvenienza di un avanzo netto di cassa per l’Erario (che si chiede di quantificare);
in caso di risposta affermativa al quesito precedente, se siano già allo studio le modalità mediante le quali procedere alla restituzione delle somme “avanzate” a quei medesimi contribuenti che tale avanzo hanno generato nel bilancio dello Stato (ossia imprese e lavoratori autonomi che hanno dichiarato maggiori redditi imponibili per effetto della minor deducibilità ad essi riconosciuta sui costi afferenti le autovetture), essendo impensabile qualsivoglia altra forma di utilizzo o dispersione, posto che, diversamente, i decreti-legge nn. 258 e 262 varati dal Governo raggiungerebbero non già soltanto il censurabile risultato dell’elusione della sentenza della Corte di giustizia europea, ma addirittura della trasformazione di un obbligo di rimborso a favore dei contribuenti in una opposta occasione di inasprimento del gettito nei confronti dei medesimi.