Legislatura 14 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00358

Atto n. 1-00358

Pubblicato il 27 luglio 2005
Seduta n. 855

DE CORATO , NANIA , SERVELLO , PROVERA , TOMASSINI , IERVOLINO , CONTESTABILE , GRILLO , DANIELI Paolo , SPECCHIA , CURTO , NESSA , MORSELLI , PACE , FIRRARELLO , MALAN , IZZO , COZZOLINO , SCOTTI , TRAVAGLIA , CARRARA , RUVOLO , MARANO , BALBONI , BEVILACQUA , BOBBIO Luigi , BONATESTA , BONGIORNO , COLLINO , CONSOLO , DELOGU , GRILLOTTI , DEMASI , MEDURI , MENARDI , MUGNAI , MULAS , PELLICINI , PONTONE , RAGNO , SEMERARO , TATO' , TOFANI , ZAPPACOSTA , CARUSO Antonino , VALDITARA , MASSUCCO , PASINATO , SALZANO , FLORINO , KAPPLER , PALOMBO

Il Senato,

premesso:

che l’art. 12 della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante "Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero", recepito successivamente nell’art. 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante "Testo Unico delle disposizioni sull'immigrazione”, prevede l’istituzione dei Centri di permanenza temporanea e assistenza;

che il funzionamento dei CPTA è disciplinato dagli articoli 21 e 22 del regolamento di attuazione del Testo Unico, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, i quali assicurano l’assistenza e il rispetto della dignità della persona;

che la legge 30 luglio 2002, n. 189 (cosiddetta legge Bossi-Fini) ha modificato in parte questa disciplina, prevedendo che la durata del trattenimento è aumentata da 20 a 30 giorni prorogabile di altri 30. Inoltre, trascorsi i tempi del trattenimento senza aver eseguito l’espulsione o il respingimento, il Questore ordina al cittadino straniero, con provvedimento scritto, di lasciare entro 5 giorni il territorio dello Stato e, qualora senza giustificato motivo egli si trattenga nel territorio dello Stato violando l’ordine impartito dal Questore, la sanzione prevista è l’arresto da sei mesi ad un anno e si procede a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica;

che coloro che sono destinatari di un provvedimento di espulsione vengono ospitati nei suddetti centri di permanenza temporanea, che vengono pianificati e localizzati dalla Direzione centrale del Ministero dell’interno e realizzati e gestiti a cura delle Prefetture competenti e ove vengono trattenuti per un periodo massimo di 60 giorni, affinché le autorità preposte (Questura e Magistratura) procedano all’identificazione, alla convalida del trattenimento ed al successivo provvedimento di espulsione;

che nei predetti centri vengono pienamente assicurati, oltre ai servizi occorrenti per il mantenimento e l’assistenza degli stranieri, anche i servizi sanitari essenziali, gli interventi di socializzazione, le libertà di culto e di corrispondenza;

che, nonostante i tentativi di demonizzare l'applicazione della normativa vigente in materia di immigrazione e asilo, da parte della sinistra, giova evidenziare che l'attuale disciplina ha contribuito a rendere più funzionali i centri di accoglienza;

che in un’intervista all’onorevole Livia Turco - artefice della legge n. 40 del 1998, già titolare del Ministero per gli affari sociali nei Governi di centro-sinistra - rilasciata a "Medici senza Frontiere" e pubblicata nel rapporto da loro stilato, alla domanda “da dove nasce l’idea dei CPTA”, l’ex Ministro ha testualmente risposto: “... nel 1998 l’Italia e la Finlandia erano gli unici membri dell’Unione Europea a non avere introdotto i Centri di permanenza temporanea. La necessità di uniformarsi agli standard europei era dunque evidente. Perfino Rifondazione Comunista, pure avanzando molti dubbi, non ha votato contro la legge 40 del ‘98”;

che l’intervista si conclude con la dichiarazione da parte dell’ex Ministro per gli affari sociali che così si è espressa: “... La strada dell’abolizione dei centri, soprattutto in ragione dell’impostazione della normativa europea, è assolutamente non percorribile”;

che, in realtà, questi centri sono strutture indispensabili per il controllo dell’immigrazione clandestina e chi ne propone la chiusura dovrebbe allora ammettere anche che vuole la libera circolazione sul proprio territorio degli immigrati clandestini, tenendo conto che questi, come è noto, costituiscono una delle fonti principali di approvvigionamento del mercato ignobile del lavoro nero, della prostituzione e della manovalanza criminale;

che, dai dati forniti dal Ministero dell'interno, emerge che il 38,81% delle persone arrestate lo scorso anno in Italia, per reati vari, è costituito da extracomunitari irregolari (171.907) e da persone di cittadinanza ignota o apolide (65.322), mentre il 30,84% della popolazione carceraria (17.719 persone) è costituito da stranieri extracomunitari nella quasi totalità immigrati clandestini;

che, come ha sottolineato il Ministro dell’interno il 20 gennaio scorso, “è assolutamente necessario proseguire con la massima determinazione le attività di contrasto all’immigrazione clandestina, come premessa indispensabile per governare quella legale, facendo leva sugli accordi di collaborazione con i Paesi di origine e transito”;

che insistere in maniera ossessiva e strumentale sul fatto che si tratti di una carcerazione fuori dalle norme della Costituzione non rende assolutamente giustizia alla politica di equilibrio e di gestione di un fenomeno delicato che non solo l’attuale Governo, ma anche quelli preesistenti hanno tenuto con grande senso della concretezza;

che il reiterato sostegno di questi argomenti non rispetta le norme della nostra Costituzione che prevede non solo la carcerazione per chi ha commesso il reato, ma anche che i trattenimenti e la carcerazione siano stabiliti con legge dello Stato;

che il sottosegretario Alfredo Mantovano ha affermato: “Riguardo le condizioni di trattamento all’interno dei C.P.T., chiunque, visitando i centri di permanenza italiani e centri analoghi presenti in altri Stati dell’UE, potrà constatare che quelli italiani garantiscono standard di vita oggettivamente rispettosi della dignità delle persone ospitate";

che questi centri, al contrario di quanto dichiarano esponenti dell’opposizione, consentono l’accesso a chiunque, come consente la direttiva ministeriale del 30 agosto 2000 (la cosiddetta direttiva Bianco). Gli stessi sono stati, infatti, visitati anche da associazioni umanitarie come Medici senza Frontiere e Missione Italia (quest'ultima nel gennaio 2004);

che, al contrario di quanto sostengono gli oppositori di questi centri per l’espulsione dei clandestini, che lamentano carenze assolute nell’assistenza ai suddetti, viene garantito pienamente il rispetto dei requisiti morali e materiali, imposti dalle direttive del Ministro dell’interno; a titolo di esempio, giova citare il vituperato centro di Lampedusa, che ad oggi risente più di tutti della massiccia affluenza di clandestini. Infatti nel rapporto sempre dei Medici senza Frontiere si legge che quel centro offre il servizio di assistenza medica 24 ore su 24; tra le apparecchiature mediche figura anche un defibrillatore; il centro dispone di due ambulanze; esiste un poliambulatorio che offre servizi di rianimazione, radiologia, odontoiatria, pediatria e ginecologia. Nel caso in cui un paziente necessiti di cure che non possono essere praticate all’interno del centro lo stesso viene trasferito con la relativa documentazione medica, mentre per le urgenze la struttura si serve di un elicottero;

che la situazione descritta dalla suddetta organizzazione umanitaria è sicuramente migliore della realtà in cui versano molte strutture sanitarie del nostro Paese, strutture a servizio dei cittadini italiani che pagano le tasse e i ticket del Servizio sanitario nazionale;

che un’altra delle accuse ai suddetti centri riguarderebbe la presunta assenza di un modello di convenzione con il cosiddetto ente gestore del centro e la prefettura territorialmente competente. Sempre dal rapporto di Medici Senza Frontiere emerge che esistono linee guida “approntate dal Dipartimento per le libertà civili e immigrazione del Ministero dell’interno” per la gestione dei Centri di permanenza temporanea, per eliminare gli sprechi e razionalizzare le spese, individuare chiaramente i compiti dell’Ente gestore, regolamentare ogni aspetto relativo alla struttura, alla logistica e ai controlli;

che vengono disciplinati i servizi standard di assistenza sanitaria che devono essere forniti e la Convenzione tipo stabilisce che i dati personali relativi ai soggetti ospitati nei Centri devono essere trattati in modo da assicurare il rispetto della legge sulla privacy;

che il decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito dalla legge 12 novembre 2004, n. 271, e recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, ha confermato la centralità di tali strutture anche nel meccanismo delle espulsioni e la necessità di proseguire nelle attività per la realizzazione di tali centri, nonché per l’ampliamento, laddove è possibile, delle capacità recettive di quelli esistenti, provvedendo anche ad effettuare interventi di ammodernamento e ristrutturazione, al fine di garantirne la completa funzionalità;

che, a conferma dell’attenzione del Governo nei confronti dei predetti centri come strumento indispensabile per il contrasto dell’immigrazione clandestina, sono state già stanziate risorse per il loro funzionamento e per la costruzione di nuove strutture;

che sul tema dell’immigrazione clandestina i responsabili delle Regioni e delle Autonomie locali sono chiamati ad una inevitabile assunzione di responsabilità e ad una fattiva collaborazione con lo Stato;

che le sentenze nn. 222 e 223 del 2004 della Corte Costituzionale hanno confermato il procedimento di espulsione previsto dall’art. 14 della legge Bossi-Fini, incidendo solo sulla misura cautelare dell’arresto. Le sentenze, infatti, non hanno intaccato: il comma 5-ter del citato articolo, che dispone l’obbligo dell’espulsione con accompagnamento; la disposizione contenuta nel comma 5-quinquies, che prevede la facoltà del trattenimento in un centro di permanenza temporanea; la disposizione contenuta nel comma 5-quater, che prevede l’arresto dello straniero già espulso e nuovamente sorpreso sul territorio nazionale;

che, con direttiva dell’8 gennaio 2003, il Governo ha garantito il rispetto di un elevato livello di conduzione delle procedure di espulsione, attraverso: a) l'adozione di provvedimenti volti al ripristino di un soddisfacente livello qualitativo, per contrastare la reiterata e recidiva opera di danneggiamento da parte dei clandestini reclusi (come gli ultimi incidenti con devastazioni del Centro di via Corelli avvenuti qualche settimana fa a Milano); b) la selezione di Associazioni che garantiscano pienamente il rispetto dei requisiti morali e materiali, imposti dalle direttive del Ministro dell’interno; a tale riguardo si segnala la proposta del Prefetto di Milano Bruno Ferrante di coinvolgere, oltre alla Croce Rossa italiana che gestisce il centro di via Corelli, anche la Caritas;

che, nel pieno rispetto delle prerogative delle Autorità locali e in sinergia con esse, deve proseguire da parte del Governo l’opera di ricerca e localizzazione di nuove aree nelle quali realizzare queste strutture, al fine di ampliarne la capienza ricettiva e garantire sempre migliori condizioni di vivibilità agli ospiti;

che solo nella città di Milano, dai dati forniti dalla Camera del Lavoro nel gennaio 2005 e aggiornati dalla Caritas, risultano essere presenti almeno 100.000 clandestini e che, a fronte di questi numeri, nel capoluogo lombardo esiste un solo C.P.T. che può ospitare al massimo solo 200 persone;

che una delle linee guida nella scelta delle localizzazioni, come ha più volte ribadito il ministro Pisanu, dovrà essere quella di un’equa ridistribuzione degli interventi sul territorio nazionale con riguardo alle dinamiche dei flussi di immigrazione clandestina;

che nell’ultimo rapporto sullo stato di sicurezza in Italia si parla di un flusso consistente di immigrazione illegale proveniente dall’Est europeo, e non in via esclusiva dai Paesi del Mediterraneo, e ciò sarebbe dimostrato dalle nazionalità degli stranieri interessati alla regolarizzazione;

che dai dati forniti dal Ministro dell'interno emerge che nelle prime 10 nazionalità degli stranieri “regolarizzanti” figurano 141.674 rumeni, 105.669 ucraini, 54.683 albanesi, 33.988 polacchi e 30.658 moldavi;

che i principali fenomeni delittuosi, come il fenomeno della tratta, sono connessi all’immigrazione clandestina; il traffico internazionale di esseri umani è caratterizzato da diversi filoni criminali che vanno dallo sfruttamento della prostituzione, allo sfruttamento di lavoratori clandestini o a quello di minori impiegati nell’accattonaggio;

che i debiti contratti per entrare clandestinamente in Italia, ovvero le difficoltà incontrate per ottenere una posizione regolare nel Paese di destinazione, trasformano l’emigrante “economico” in una persona sottoposta a forme di sfruttamento da parte dell’organizzazione criminale che ha gestito il trasporto, e dunque in una vittima del fenomeno della tratta. A tal fine giova evidenziare che:

lo sfruttamento della prostituzione è sicuramente il più rilevante filone collegato all’immigrazione clandestina. Secondo il rapporto sullo stato della sicurezza in Italia, il 48% delle donne che si prostituiscono provengono dall’Albania, Romania e Repubblica ex Sovietica, il 28% dall’Africa (in questo campo si pone in rilievo la comunità nigeriana) e il 22% dal Sud America. Negli ultimi anni il sistema criminale di controllo della prostituzione è stato monopolizzato da organizzazioni guidate da stranieri. Il 42% di denunciati per sfruttamento della prostituzione sono cittadini albanesi, seguiti da cittadini provenienti da paesi dell’ex Iugoslavia (10%) e da cittadini nigeriani (7%).;

un altro filone riguarda lo sfruttamento del lavoro. Il numero maggiore di immigrati irregolari, sempre secondo il rapporto sullo stato della sicurezza in Italia del Ministero dell’interno, è rappresentato dai cinesi; consistente anche quello dei nord- africani, cingalesi e pachistani. Le organizzazioni criminali cinesi si diramano in tutti i paesi nei quali l’immigrato è destinato a far tappa durante il trasferimento e pretendono somme molto elevate di pagamento (15.000-20.000 euro) che, nel caso di insolvenza, sfociano nel sequestro del debitore. Il circuito del riscatto prevede sempre atti di violenza, estorsioni a catena e gravi forme di sfruttamento;

l'altra forma di sfruttamento presente in Italia è quella dell’accattonaggio, che vede coinvolti soprattutto bambini nomadi di origine rom. Una percentuale minore, ma tendenzialmente crescente poiché collegata ai flussi migratori clandestini, coinvolge bambini marocchini, rumeni e albanesi, soprattutto nelle regioni del Nord Italia. Spesso nel paese di origine il minore è affidato dalla propria famiglia a organizzazioni criminali che si occupano della sua collocazione all’estero;

che questa catena di violenza va spezzata e contrastata in tutte le sue fasi con interventi appropriati sul piano internazionale e sul piano interno, e a tal fine, come ha dichiarato il Ministro dell’interno il 20 gennaio scorso, “... è indispensabile potenziare gli attuali Centri di permanenza temporanea",

impegna il Governo:

a compiere ogni sforzo volto a completare i centri in via di costruzione o ammodernamento e a crearne di nuovi, al fine di fronteggiare in modo adeguato le costanti e purtroppo ordinarie emergenze, vista la consistenza numerica delle presenze nei centri negli ultimi due anni e considerato che il numero degli immessi nei centri è aumentato del 59% e quello dei rimpatriati, dopo il trattenimento in tali strutture, è pressoché raddoppiato (secondo i dati forniti dal Ministero dell’interno);

a proseguire nell’ampliamento dell’offerta di ospitalità e del numero di questi centri, anche in considerazione delle conferme contenute nella citata sentenza della Corte costituzionale n. 22 del luglio del 2004 e nel decreto-legge del 14 settembre 2003, n. 241, che hanno ribadito la centralità del ruolo dei Centri di permanenza temporanea e assistenza nel complessivo impianto della normativa sull’immigrazione;

a rivedere il trattato firmato nel 2002 dal Governo italiano con quello di Bucarest perché non consente di espellere o comunque permette agli espulsi di tornare;

a valutare la possibilità di introdurre i reati di immigrazione clandestina nell’attuale ordinamento italiano.