Legislatura 13ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 550ø del 18 FEBBRAIO 1999

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





550º SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO



GIOVEDÍ 18 FEBBRAIO 1999



(Pomeridiana)

Presidenza del vice presidente FISICHELLA,

indi della vice presidente SALVATO












RESOCONTO SOMMARIO




Presidenza del vice presidente FISICHELLA


La seduta inizia alle ore 16,32.

Il Senato approva il processo verbale della seduta pomeridiana del 17 febbraio 1999.

Comunicazioni all'Assemblea

PRESIDENTE . Annuncia che risultano 35 senatori in congedo e 18 senatori assenti per incarico avuto dal Senato. (v. Resoconto stenografico) .

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE . Avverte che dalle ore 16,37 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

Senato, preannunzio di elezioni suppletive

PRESIDENTE . Informa che, a seguito della scomparsa dei senatori Gualtieri e Amorena, dovranno essere indette le elezioni suppletive nei relativi collegi elettorali. (v. Resoconto stenografico) .

DE CAROLIS (DS) . Poichè é dubbia l'interpretazione del termine di novanta giorni per l'indizione delle elezioni suppletive previsto dal decreto legislativo n. 533 del 1993, chiede alla Presidenza che, nella comunicazione al Governo, si rappresenti l'esigenza di far coincidere le elezioni in questione con le elezioni amministrative già previste.

PRESIDENTE . Assicura al senatore De Carolis che la sua richiesta rimarrà a verbale.

Seguito della discussione dei disegni di legge costituzionale:

(3619) PERA ed altri - Inserimento nell'articolo 24 della Costituzione dei princípi del giusto processo

(3623) FOLLIERI ed altri - Integrazione dell'articolo 24 della Costituzione

(3630) PETTINATO ed altri - Modifica all'articolo 101 della Costituzione

(3638) SALVATO - Norme costituzionali in materia di giusto processo e di garanzia dei diritti nel processo penale

(3665) SALVI ed altri - Inserimento nella Costituzione dell'articolo 110- bis concernente i principi del giusto processo

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

PRESIDENTE . Ricorda che nella seduta antimeridiana si é conclusa la discussione generale e hanno avuto luogo le repliche del relatore e del Governo e che si passerà pertanto all'esame degli articoli nel testo unificato proposto dalla Commissione.

Passa quindi all'esame dell'articolo 1 e degli emendamenti ad esso riferiti.

PETTINATO (Verdi) . Illustra l'emendamento 1.1, mentre rinuncia ad illustrare i restanti emendamenti da lui presentati.

DE LUCA Michele (DS) . Illustra tutti gli emendamenti a sua firma riferiti al testo in esame, in quanto accomunati dall'esigenza di non introdurre in Costituzione norme già presenti nella legislazione ordinaria o che potrebbero essere piú opportunamente inserite nel codice di procedura penale o in quello di procedura civile. La Costituzione deve proporre principi e non regole procedurali, per cui sarebbe sufficiente far riferimento al principio del giusto processo e al rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e delle convenzioni internazionali in materia ratificate dal Parlamento. (Applausi dei senatori Bertoni e Conte) .

FASSONE (DS) . Sottoscrive tutti gli emendamenti a firma De Luca Michele.

DE ZULUETA (DS) . Aggiunge la firma a tutti gli emendamenti del senatore De Luca.

BERTONI (DS) . Ritira l'emendamento 1.4 e preannuncia il suo voto contrario sull'1.100.

RUSSO (DS) . Ritira l'emendamento 1.5, aderendo all'emendamento 1.100.

PERA , relatore . Illustra l'1.100, interamente sostitutivo degli articoli 1, 2 e 3, che sintetizza i principi delineati dai lavori della 1º Commissione permanente, inserisce piú opportunamente le disposizioni in questione nella Parte II della Costituzione e rinvia in maniera precisa alla legge ordinaria per le eventuali deroghe al principio della formazione della prova nel contraddittorio.

ELIA (PPI) . Suggerisce una riformulazione del comma 4 dell'emendamento 1.100. (v. Resoconto stenografico) .

PERA , relatore . Modifica l'emendamento 1.100 come suggerito dal senatore Elia.

CALLEGARO (CCD) . Ritira tutti gli emendamenti a sua firma riferiti all'articolo 1.

BESOSTRI (DS) . Ritira l'1.14 e si riserva di trasformare l'1.9 in un subemendamento all'1.100.

CENTARO (FI) . Ritira l'emendamento 1.12.

PRESIDENTE . Gli emendamenti a firma dei senatori Lubrano di Ricco (Verdi) e Milio (Misto) si intendono illustrati.

PELLEGRINO (DS) . Preannuncia il suo voto favorevole sull'emendamento 1.100, sottolineando la necessità di tener conto della posizione costituzionale del pubblico ministero.

FASSONE (DS) . Pur non essendo ovviamente contrario a tutelare il principio del giusto processo, ritiene discutibili lo strumento e le modalità utilizzate, in quanto sede adatta sarebbe stata piuttosto quella della legge ordinaria. Non é possibile sostenere che la Corte costituzionale abbia sgretolato il modello accusatorio non condividendolo, in quanto con la sentenza n. 361 del 1998 la Corte si é limitata a svolgere un giudizio di ragionevolezza sulla base del principio per cui situazioni oggettivamente simili non possono essere disciplinate senza ragione in modo diverso. Dichiara quindi di non condividere l'impostazione dell'emenda mento 1.100. (Applausi dei senatori De Luca Michele, De Zulueta e Bertoni) .

CIRAMI (UDR) . Aderisce all'emendamento 1.100.

LISI (AN) . Preannuncia, a titolo personale, il suo voto contrario sull'emendamento 1.100, in quanto la 1º Commissione permanente aveva approvato un determinato testo, e se oggi l'Assemblea si trova ad approvare una proposta di contenuto diverso la ragione va probabilmente cercata in trattative al di fuori delle sedi del confronto parlamentare. Si é in realtà voluto trasformare il riferimento al "procedimento" in quello al "processo", non tutelando in tal modo adeguatamente il diritto alla difesa. Ció induce a ritenere che di "pacchetto giustizia" si potrà parlare solo quando si affronteranno le questioni della separazione delle carriere, della riforma del CSM, delle modalità di ricerca delle prove da parte della difesa e la riforma dell'articolo 192 del codice di procedura penale.

PETTINATO (Verdi) . Aderisce all'emendamento 1.100 e ritira gli emendamenti 3.4, 3.5 e 3.0.1.

CARUSO Antonino (AN) . Aderisce anch'egli all'1.100 e ritira gli emendamenti 3.6 e 3.7.

GASPERINI (LNPI) . Nell'emendamento 1.100, al comma 3, bisognerebbe far riferimento al "procedimento" anzichè al "processo"; inoltre, dovendo proprio inserire le norme nella Costituzione, appare opportuno tener presente la duplice natura del coimputato, che da una parte é imputato e quindi titolare del diritto al silenzio e dall'altra é soggetto a tutti gli obblighi che gravano su chi rende testimonianza.

FOLLIERI (PPI) . Aderisce all'emendamento 1.100 e, pur confermando il proprio orientamento favorevole al disegno di legge, considera fondate le osservazioni del senatore Lisi in merito alla differenza tra processo e procedimento, suggerendo quanto meno di sostituire, nel terzo capoverso dell'emendamento del relatore, le parole "la persona accusata" con le altre "la persona indagata".

RUSSO (DS) . L'emendamento 1.100 fornisce adeguata risposta alle ragionevoli preoccupazioni emerse in 1º Commissione permanente, tanto che le riserve fin qui manifestate non riguardano il merito della proposta, bensí l'opportunità di inserire in Costituzione i principi in essa contenuti. Questi ultimi corrispondono ad un'evoluzione naturale delle esigenze processuali ed é giusto che trovino riscontri nella Carta costituzionale; sarà poi compito del legislatore ordinario dare immediata attuazione a tali principi per evitare disarmonie. Annuncia pertanto il voto favorevole sull'emendamento 1.100 e contrario sugli emendamenti che intendono sopprimere l'articolo 1.

PERA , relatore. In risposta alle osservazioni emerse nel corso del dibattito, precisa anzitutto che l'emendamento 1.100, frutto del confronto pubblicamente svoltosi tra le forze politiche intorno al principio del contraddittorio, non introduce norme di procedura penale, ma tende a fornire copertura costituzionale al principio del giusto processo. Quanto alla presunta ambiguità di alcune espressioni utilizzate nel testo, in realtà esse garantiscono una ricchezza di significato adeguata alla posizione della Carta costituzionale nel sistema delle fonti di diritto. Esprime quindi parere contrario sugli emendamenti soppressivi dell'articolo 1 e sull'emendamento 1.6 ed invita i presentatori a ritirare l'emendamento 1.9.

BESOSTRI (DS) . Ritira l'emendamento 1.9.

AMATO , ministro senza portafoglio per le riforme istituzionali . Ribadisce le ragioni del consenso, già espresse in sede di replica, sull'emendamento 1.100 e di conseguenza esprime parere contrario su tutti gli altri emendamenti all'articolo 1.

Il Senato respinge l'emendamento 1.1, identico all'1.2 e all'1.3.

PINTO (PPI) . Suggerisce al relatore di sostituire, al terzo capoverso dell'emendamento 1.100, la parola "procedimento" con l'altra "processo" (Applausi dei senatori Cirami e Specchia) .

PERA , relatore. Accoglie tale proposta.

Il Senato approva l'emendamento 1.100, sostitutivo degli articoli 1, 2 e 3, nel testo modificato. Risultano pertanto preclusi i successivi emendamenti fino al 3.11, se non già ritirati dai presentatori.

PRESIDENTE . Ricorda che l'emendamento 3.0.1 é stato ritirato.

PETTINATO (Verdi) . Ritira gli emendamenti 3.0.2 e 3.0.3, la cui rilevanza renderebbe necessaria un'approfondita discussione, impossibile in questa sede.

PRESIDENTE . Passa all'esame dell'articolo 4 e degli emendamenti ad esso riferiti. Stante l'assenza del presentatore, l'emendamento 4.1 si intende decaduto. Ricorda inoltre che l'emendamento 4.2 é stato già precedentemente illustrato.

BERTONI (DS) . Ritira l'emendamento 4.3 ed osserva che il 4.100 (Nuovo testo) realizza un pericoloso rinvio in bianco alla legge ordinaria per quanto riguarda la valutazione delle prove nei procedimenti penali in corso.

RUSSO (DS) . Aderisce all'emendamento 4.100 e conseguentemente ritira il 4.4.

CALLEGARO (CCD) . Ritira gli emendamenti di cui é primo firmatario.

PERA , relatore . Illustra l'emendamento 4.100 (Nuovo testo) ed esprime parere contrario sull'emendamento 4.2.

AMATO , ministro senza portafoglio per le riforme istituzionali . Il Governo é contrario all'emendamento 4.2 e favorevole al 4.100 (Nuovo testo).

Il Senato respinge l'emendamento 4.2 ed approva il 4.100 (Nuovo testo), sostitutivo dell'intero articolo.

PRESIDENTE . Passa alla votazione finale.

SMURAGLIA (DS) . In dissenso dal suo Gruppo, voterà contro il disegno di legge costituzionale non perchè esso contenga principi non condivisibili, ma perchè la materia in questione dovrebbe essere riservata alla legge ordinaria. Inoltre, la presenza nel testo di formulazioni ambigue sarà certamente fonte di futuri contenziosi presso la Corte costituzionale. (Applausi dei senatori De Luca Michele, De Zulueta, Bertoni, Bonfietti, Fassone e Cortelloni. Congratulazioni).

CALLEGARO (CCD) . Annuncia il voto favorevole su un provvedimento che finalmente concilia la Costituzione italiana con la filosofia del processo accusatorio, garantendo copertura costituzionale ai principi del contraddittorio, della parità tra le parti in ordine alla formazione della prova e della effettiva terzietà ed equidistanza del giudice. (Applausi dal Gruppo CCD) .

BERTONI (DS) . In dissenso dal suo Gruppo, voterà contro il disegno di legge costituzionale con il quale di fatto si vanifica la recente sentenza della Corte costituzionale sull'articolo 513 del codice di procedura penale. La riforma amplia addirittura la latitudine dell'impianto accusatorio del processo, con ció aggravando le disfunzioni di cui esso ha dato finora prova. C'é il rischio poi di uno sconvolgimento del regime normativo delle indagini e in particolare dell'informazione di garanzia e certamente il provvedimento provocherà un indebolimento della lotta alla mafia, già oggetto di manovre speculative in corso a Palermo. L'inserimento in Costituzione della previsione che impone alla legge di assicurare una ragionevole durata del processo appare poi una beffa per il cittadino, considerata l'inerzia del Parlamento rispetto a quelle iniziative legislative ordinarie che potrebbero assicurare tale risultato. (Applausi dei senatori Smuraglia e De Luca Michele).



Presidenza della vice presidente SALVATO

(Misto-RCP) . La necessità di inserire nella Carta costituzionale i principi del sistema processuale accusatorio é stata determinata dalle difficoltà e dalle opposizioni che ha incontrato la riforma del 1988, sia per alcuni successivi interventi legislativi non coerenti con essa, sia per talune sentenze della Corte costituzionale. Ora i principi del contraddittorio nella formazione della prova, dell'imparzialità del giudice nonchè della ragionevole durata del processo, e non solo della carcerazione preventiva, costituiscono un elemento di orientamento per il legislatore ordinario e per la giurisprudenza. Con tali motivazioni i senatori di Rifondazione comunista voteranno a favore del provvedimento. (Applausi dai Gruppi DS e Com. e del senatore Russo Spena. Congratulazioni) .

MARCHETTI (Com.) . Nell'annunciare il voto favorevole dei Comunisti italiani, dichiara tuttavia di non condividere l'enfasi con cui viene da alcuni sottolineata l'approvazione del disegno di legge, che si limita ad esplicitare alcuni principi già sanciti nella parte I della Costituzione e a recepire i contenuti di accordi e di convenzioni internazionali. Piuttosto, occorrerebbe attuare coerentemente le norme costituzionali, superando ad esempio l'ostilità di ampi settori della Destra, ad introdurre nella legislazione ordinaria garanzie a tutela dei diritti degli immigrati, nonché a realizzare una riforma effettiva dell'organizzazione della giustizia in Italia. Esprime infine perplessità rispetto alla scelta del termine "processo", considerato che l'articolo 24 della Costituzione parla di "procedimento", e rispetto all'inserimento della riforma nella parte II della Costituzione, quando ancora é vigente la legge istitutiva della Commissione Bicamerale.

FUMAGALLI CARULLI (RI-Ind.) . Annuncia il voto favorevole del suo Gruppo e ringrazia il senatore Pera il lavoro svolto che ha consentito una proficua collaborazione tra maggioranza e opposizione, che si augura permanga nel prosieguo della stagione di riforme costituzionali ed istituzionali avviata con la Bicamerale. La discontinuità con la quale si é affermata nella giurisprudenza anche costituzionale la natura accusatoria del processo penale ha reso necessario irrigidire il principio del giusto processo in una norma costituzionale. Per rendere effettivo tale principio occorrerà intervenire sullo status del magistrato, anche sotto il profilo della formazione professionale, e riformare il Consiglio superiore della magistratura. Infine, si renderà necessario esaminare la questione della obbligatorietà dell'azione penale da parte del pubblico ministero, che ormai é esercitata in modo del tutto discrezionale ed incontrollata. (Applausi dai Gruppi RI-Ind. e PPI e del senatore Morando) .

PETTINATO (Verdi) . Annuncia il voto favorevole del suo Gruppo su un provvedimento che consente all'Italia di avvicinarsi ai piú moderni modelli di civiltà giuridica.

CENTARO (FI) . Forza Italia voterà a favore, registrando positivamente l'avvio di un dialogo costruttivo tra maggioranza ed opposizione sulle riforme, nel segno della reciproca disponibilità ad accogliere suggerimenti e proposte altrui. A questo primo passo, compiuto grazie all'allarme lanciato dalle sentenze della Corte costituzionale, deve ac compagnarsi una riforma della legislazione ordinaria, per giungere ad un processo penale che tenda alla ricerca della verità, in una visione garantistica, e non a confermare i teoremi dell'accusa. (Applausi dai Gruppi FI e PPI. Congratulazioni) .

PINTO (PPI) . Nel ribadire il voto favorevole del suo Gruppo, in qualità di Presidente della 2º Commissione permanente, conferma la volontà della Commissione di affrontare già dalla prossima settimana l'esame dei disegni di legge in materia di formazione e valutazione della prova. (Applausi dai Gruppi PPI e AN) .

PRESIDENTE . Come stabilito dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, rinvia il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

Svolgimento di interrogazioni sugli ultimi sviluppi

della vicenda Ocalan


PRESIDENTE . Dà la parola al Vice Presidente del Consiglio dei ministri.

MATTARELLA , vice presidente del Consiglio dei ministri . Sulla gestione interna del caso Ocalan rivendica la trasparenza e la correttezza del Governo. Ripercorrendo le varie fasi dell'arrivo e della permanenza in Italia del leader curdo, sottolinea come l'adesione all'accordo di Schengen, in ottemperanza del quale é stato necessario eseguire il mandato di arresto internazionale spiccato dalle autorità tedesche, avrebbe impedito di respingere alla frontiera Ocalan anche laddove ve ne fosse stata la volontà; inoltre, la successiva ed inaspettata revoca di tale mandato ha comportato da parte italiana la revoca dell'obbligo di dimora e pertanto il leader del PKK ha lasciato liberamente l'Italia, spinto presumibilmente dalle richieste di estradizione avanzate dalla Turchia e dal possibile svolgimento di un procedimento in Italia. Garantisce che non vi é stata partecipazione dei servizi di sicurezza, nè alcun negoziato, alcuno scalo di aerei che lo trasportavano nè alcun tentativo da parte di Ocalan di rientrare in Italia; peraltro, le ampie e diffuse proteste e i contraccolpi politici verificatisi in Grecia e in Kenya dopo la sua cattura dimostrano la misura e la dignità del comportamento del Governo italiano, la cui azione non ha in alcun modo influito nè direttamente nè indirettamente sull'epilogo della vicenda. Per quanto riguarda poi la domanda di asilo politico, ancora in corso di esame presso il tribunale di Roma, la valutazione é assai complessa in quanto si tratta indubbiamente di un esponente politico, ma anche del protagonista o del mandante di azioni di terrorismo, di guerriglia e di traffici illeciti; e ció senza disconoscere che i diritti della popolazione curda sono pesantemente ed ingiustificatamente compressi nel territorio turco. Il Governo condivide pienamente le preoccupazioni per l'incolumità fisica del detenuto e per la possibile comminazione della pena di morte ed ha già chiesto, con un comunicato ufficiale del Ministero degli affari esteri, che il processo si svolga con le garanzie di uno Stato di diritto. Il Parlamento europeo ha inoltre approvato una risoluzione che invita la Turchia a non applicare la pena di morte e a garantire un processo secondo gli standards internazionali, la presenza di avvocati europei come osservatori nonchè l'incontro in carcere con parlamentari europei. Tutto ció premesso, la soluzione della questione delle popolazioni curde deve essere ricercata incrementando il dialogo e la cooperazione tra la Turchia ed i paesi dell'Unione europea, in modo da indurre tale Paese ad adeguare i propri ordinamenti e comportamenti in materia di diritti umani, mentre una eventuale dichiarazione unilaterale con cui si riconosca lo stato di guerra nel Kurdistan, rischierebbe di essere controproducente ed incoraggerebbe tendenze autoritarie ed isolazioniste in Turchia. Gli stessi rapporti commerciali tra l'Italia e la Turchia non devono essere valutati in una logica meramente economica, ma come veicolo di contaminazione democratica. Con tali intenzioni e con la richiesta al Governo turco del rispetto dei diritti umani, assicura che il Governo seguirà con attenzione gli ulteriori sviluppi della vicenda. (Applausi dai Gruppi DS e PPI e dei senatori Marchetti e Jacchia) .

ANDREOTTI (PPI) . Nel ringraziare il rappresentante del Governo per la risposta all'interrogazione 3-02613, deve constatare in generale l'esistenza di un grave deficit di attenzione sulla questione curda. É invece necessario definire un quadro di tutela di questo popolo, esercitando sulla Turchia ogni possibile pressione, sia pur scartando, ovviamente, l'anacronistica ipotesi di una ricostituzione del Kurdistan. Sul caso Ocalan, la mancata estradizione era giustamente motivata con la necessità di adeguarsi alle posizioni della Corte internazionale dei diritti dell'uomo, mentre la concessione dell'asilo politico avrebbe comportato un giudizio fortemente negativo nei confronti dello Stato turco. (Applausi dai Gruppi PPI e DS) .

SALVI (DS) . Il Gruppo DS é soddisfatto per la risposta fornita all'interrogazione 3-02627, in quanto il Governo italiano, ha dimostrato coerenza di comportamenti rispetto alle regole dello Stato di diritto. Condivide l'intenzione dell'Esecutivo di chiedere alla Turchia il rispetto dei principi civili e democratici, requisiti essenziali per un eventuale suo ingresso nell'Unione europea. Inoltre, sarà necessario definire quanto prima una soluzione politica del problema delle popolazioni curde in tutti i paesi in cui vivono. Si pone infine la questione dei limiti dell'Europa in ambito internazionale, per cui si dovrà dare al piú presto legittimazione democratica alle istituzioni politiche europee. (Applausi dai Gruppi DS e PPI).

SERVELLO (AN) . Il caso Ocalan rappresenta la tragica conseguenza del comportamento irresponsabile a livello internazionale di taluni settori della sinistra italiana. Si configurano peraltro responsabilità precise del Governo italiano, che ha tenuto un comportamento ambiguo verso un riconosciuto terrorista. Mentre sicuramente la Turchia garantirà a Ocalan un giusto processo, l'evolversi della vicenda ha contribuito ad esasperare gli animi dei curdi. Per tutti questi motivi, il Gruppo AN si dichiara totalmente insoddisfatto per la risposta all'interrogazione 3-02615. (Applausi dai Gruppi AN e FI. Molte congratulazioni) .

RUSSO SPENA (Misto-RCP) . Nel dichiararsi insoddisfatto per la risposta all'interrogazione 3-02616, sottolinea l'ipocrisia di alcune dichiarazioni di solidarietà alla causa curda ascoltate oggi. Venendo a Roma, Ocalan aveva lanciato un messaggio al Governo italiano e all'Europa, ma - come ha scritto Pietro Ingrao ieri su "Il Manifesto" - i Governi europei lo hanno vigliaccamente respinto, negandogli perfino il diritto di parola in un processo davanti ad una Corte di giustizia europea. Le situazioni dei paesi che si é tentato fino ad oggi di contaminare democraticamente sono tutte peggiorate, per cui occorre forse cambiare sistema, evitando di subordinarsi troppo al mercantilismo o agli aspetti economici delle relazioni internazionali, altrimenti si rischia la fine della democrazia. (Applausi del senatore Boco) .

MARCHETTI (Com.) . Intervenendo in replica all'interrogazione 3-02617, pur manifestando apprezzamento per le parole del vice presidente Mattarella, ritiene che il Governo italiano non abbia mostrato nella vicenda Ocalan una totale coerenza. Rappresentava questa una occasione per impegnare l'Italia e l'Europa sul problema curdo, ma gli iniziali buoni propositi sono svaniti, a dimostrazione che l'Unione europea esiste solo come realtà economica. Invita il Governo ad impegnarsi per salvaguardare la vita e per garantire un giusto processo ad Ocalan e nello stesso tempo ad assumere iniziative perchè sia affrontata in sede europea ed internazionale la questione del popolo curdo.

D'ONOFRIO (CCD) . Si dichiara insoddisfatto per la mancata risposta all'interrogazione 3-02618 nella parte in cui riporta le dichiarazioni del portavoce del PKK (Commenti del senatore Marchetti). Questi denuncia un atteggiamento ambiguo da parte del Governo italiano, il quale avrebbe promesso lo svolgimento di una Conferenza internazionale sulla questione curda, nonchè totale garanzia di incolumità a Ocalan. Il leader curdo andava invece espulso, ma il Governo italiano continua a dimostrare incapacità di condurre una politica estera, militare o dell'immigrazione seria per divisioni interne alla maggioranza. (Applausi dal Gruppo FI) .

BOCO (Verdi) . In replica all'interrogazione 3-02621, esprime totale dissenso rispetto alle dichiarazioni del senatore D'Onofrio e ricorda che i curdi non chiedono l'indipendenza, ma solo la possibilità di convivere con i popoli vicini. Esprime quindi profonda amarezza per l'importante occasione persa: si poteva infatti tentare, attraverso la scelta di Ocalan di farsi processare da una Corte europea, di democratizzare le attività del PKK. I Verdi, contrariamente ad altre forze politiche, sono sempre stati favorevoli all'ingresso della Turchia in Europa (Commenti del senatore Pera) , ma l'instaurazione di un rapporto di amicizia con la Tu chia richiedeva forse di esercitare pressioni per la soluzione del problema curdo, magari mettendo in discussione l'opportunità di vendere a questo paese armi ed elicotteri. Sono allora due le risposte possibili: o quella di porre nell'agenda dei rapporti con gli alleati europei il problema curdo, che sarà molto complesso in futuro, e la posizione della Turchia, o di fornire una risposta pilatesca. I Verdi sono insoddisfatti per i fatti di ieri, per le risposte di oggi, per le attese dei curdi. (Applausi del senatore Russo Spena).

JACCHIA (UDR) . Si dichiara soddisfatto per le risposte fornite all'interrogazione 3-02625 e per il comportamento del Governo italiano, e sottolinea come, per il futuro, l'Italia debba decidere se seguire una via nazionale o una strada comune con i propri alleati, europei o della NATO al fine di affrontare le questioni relative al popolo curdo e alle relazioni con la Turchia. (Applausi del senatore Elia) .

GAWRONSKI (FI) . Il Governo italiano ha affrontato il caso Ocalan con imperdonabile leggerezza e improvvisazione. I responsabili dell'arrivo di Ocalan in Italia non hanno certo favorito una soluzione del problema curdo. Nel dichiararsi insoddisfatto per la risposta all'interrogazione 3-02626, auspica che Ocalan riceva un giusto processo in Turchia. (Applausi dal Gruppo FI) .

PRESIDENTE . Dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni.

SPECCHIA , segretario . Dà annunzio della mozione, delle interpellanze e delle interrogazioni pervenute alla Presidenza. (v. Allegato B) .

PRESIDENTE . Comunica l'ordine del giorno delle sedute del 19 febbraio 1999. (v. Resoconto stenografico) .

La seduta termina alle ore 20,40.


N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Centro Cristiano Democratico: CCD; Unione Democratica per la Repubblica: UDR; Forza Italia: FI; Lega Nord-Per la Padania indipendente: LNPI; Partito Popolare Italiano: PPI; Comunista: Com.; Rinnovamento Italiano e Indipendenti: RI-Ind.; Democratici di Sinistra-l'Ulivo: DS; Verdi-l'Ulivo: Verdi; Misto: Misto; Misto-Rifondazione Comunista Progressisti: Misto-RCP; Misto-Liga Veneta Repubblica: Misto-LVR; Misto-Socialisti Democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto-I liberali democratici: Misto-LD.





RESOCONTO STENOGRAFICO



Presidenza del vice presidente FISICHELLA


PRESIDENTE . La seduta é aperta (ore 16,32) .
Si dia lettura del processo verbale.

SCOPELLITI , segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del giorno precedente.

PRESIDENTE . Non essendovi osservazioni, il processo verbale é approvato.

Congedi e missioni

PRESIDENTE . Sono in congedo i senatori: Agnelli, Bergonzi, Bettoni Brandani, Bo, Bobbio, Borroni, Brutti, Carpi, Cecchi Gori, Corsi Zeffirelli, Debenedetti, De Guidi, De Martino Francesco, Diana Lorenzo, Di Pietro, Fanfani, Fiorillo, Fusillo, Lauria Michele, Leone, Loiero, Manconi, Martelli, Masullo, Pagano, Papini, Petruccioli, Rocchi, Sartori, Taviani, Thaler Ausserhofer, Toia, Valiani, Vedovato, Viviani.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Squarcialupi, per attività dell'Assemblea parlamentare dell'Unione dell'Europa occidentale; Turini, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa; Corrao, D'Urso, Gawronski, Migone, Pianetta, Provera e Vertone, per attività della Commissione parlamentare affari esteri; Bruni, Camerini, Carella, Castellani Carla, Daniele Galdi, Di Orio, Lauria Baldassare e Tirelli, per attività della Commissione parlamentare igiene e sanità.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE . Le comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE . Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento.

Senato, preannunzio di elezioni suppletive

PRESIDENTE . Onorevoli colleghi, vi informo che la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari ha comunicato che, occorrendo provvedere all'attribuzione dei seggi resisi vacanti nel collegio 1 della regione Emilia Romagna, a seguito della morte del senatore Libero Gualtieri, e nel collegio 4 della regione Veneto, a seguito della morte del senatore Michele Amorena, ha riscontrato nella seduta odierna che i seggi relativi, in quanto assegnati con il sistema maggioritario, devono essere coperti ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, mediante elezioni suppletive, da tenersi secondo le modalità previste dall'articolo 15 del citato decreto.

DE CAROLIS . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

DE CAROLIS . Signor Presidente, la ringrazio per l'opportunità che mi concede di una brevissima dichiarazione. La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, di cui faccio parte, nella seduta odierna ha dichiarato vacante il seggio senatoriale Forlí-Faenza, a seguito della morte del compianto collega, senatore Libero Gualtieri.
L'articolo 19 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, al comma 1 recita: "Quando, per qualsiasi causa, resti vacante il seggio di senatore in uno dei collegi in cui la proclamazione abbia avuto luogo con sistema maggioritario, il Presidente del Senato ne dà immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'interno perchè si proceda ad elezione suppletiva nel collegio interessato, con le modalità previste dall'articolo 15". Al comma 3, ecco la motivazione del mio intervento, la stessa legge recita: "Le elezioni suppletive sono indette entro 90 giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla Giunta delle elezioni".
Ci sono varie interpretazioni di questa disposizione: entro 90 giorni significa che, entro tale termine, debbono essere già completate tutte le operazioni di scrutinio oppure che entro 90 giorni si indicono le elezioni? Se, come sembra e come i precedenti testimoniano, é valida la prima interpretazione, cioé che entro 90 giorni bisogna che tutta la procedura sia completata, le elezioni per sostituire il compianto senatore Libero Gualtieri nel collegio Forlí-Faenza si terrebbero il 19 maggio. Vo glio quindi che resti a verbale la mia richiesta, che poi é stata accolta anche dalla Giunta, affinchè nella comunicazione al Ministro dell'interno, ma soprattutto al Presidente del Consiglio, si sottoponga l'esigenza di accomunarle al primo turno amministrativo di 20 giorni dopo.

PRESIDENTE . Senatore De Carolis, prendiamo atto di questa sua sollecitazione: per la parte di sua competenza il Senato provvederà, in giornata, a trasmettere al Governo le comunicazioni della Giunta perchè adempia a ció che é di sua competenza. Quindi, prendiamo senz'altro atto della sua sollecitazione che rimarrà a verbale.

Seguito della discussione dei disegni di legge costituzionale:

(3619) PERA ed altri. - Inserimento nell'articolo 24 della Costituzione dei principi del giusto processo

(3623) FOLLIERI ed altri. - Integrazione dell'articolo 24 della Costituzione

(3630) PETTINATO ed altri. - Modifica all'articolo 101 della Costituzione

(3638) SALVATO. - Norme costituzionali in materia di giusto processo e di garanzia dei diritti nel processo penale

(3665) SALVI ed altri. - Inserimento nella Costituzione dell'articolo 110- bis concernente i principi del giusto processo

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento)

PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge costituizionale nn. 3619, 3623, 3630, 3638 e 3665.
Ricordo che nel corso della seduta antimeridiana si é conclusa la discussione generale e hanno avuto luogo le repliche del relatore e del Governo.
Passiamo, quindi, all'esame degli articoli, nel testo unificato proposto dalla Commissione.
Passiamo all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

PETTINATO . Signor Presidente, mi limiteró all'emendamento 1.1, soppressivo dell'intero articolo, per il quale l'illustrazione sarebbe semplicissima e lapidaria, perchè quella formulazione in quella collocazione gridava vendetta. Mi chiedo peró cosa accadrebbe se questo emendamento fosse votato, posto che, sia pure con una formulazione lievemente diversa, il suo contenuto é trasfuso oggi in un emendamento del relatore sul quale la discussione di questa mattina ha fatto intravedere un consenso praticamente unanime.
Sottopongo, quindi, alla Presidenza questo problema in attesa poi di assumere, in base alla risposta, eventuali decisioni in merito al mio emendamento.

PRESIDENTE . L'emendamento 1.2, presentato dal senatore Lubrano di Ricco, si intende illustrato.

DE LUCA Michele . Signor Presidente, signor Ministro, colleghi senatori, vorrei avere la possibilità di illustrare tutti gli emendamenti da me presentati, dal momento che la proposta emendativa ha un senso solo se si legge unitariamente.

PRESIDENTE . Mi scusi, senatore De Luca, lei quindi intende illustrare tutti gli emendamenti presentati sull'intero disegno di legge?

DE LUCA Michele . Sí, signor Presidente, in questo modo intervengo una sola volta, senza recare ulteriore disturbo ai colleghi.
La ragione delle mie proposte emendative non risiede in un atteggiamento di dissenso rispetto alle disposizioni che si intendono inserire in Costituzione, ma attengono alla scelta di inserire quelle disposizioni nella Carta costituzionale.
In effetti, é già stato ricordato - e comunque lo ripeto - che le disposizioni di cui si discute sono già presenti nel nostro ordinamento: lo sono esplicitamente in leggi ordinarie, quanto meno nelle leggi che hanno ratificato le fonti internazionali che prevedono quelle regole, e lo sono implicitamente nella nostra Costituzione, laddove garantisce il diritto alla difesa.
Allora, che senso ha introdurre in Costituzione norme già esplicite nella nostra legislazione ordinaria e implicite nella Carta costituzionale? A questa domanda rispondo in senso opposto alla proposta oggi al nostro esame e lo faccio con un ragionamento che non attiene ad esami dietrologici sulla ragione del grande consenso intorno a questa revisione costituzionale, ma che si basa su criteri che normalmente presiedono alla valutazione della bontà e - perchè no? - della stessa legittimità delle revisioni della Costituzione.
Se é vero, come é vero, che nel nostro ordinamento esiste già la garanzia del diritto alla difesa e che tale diritto già prevede implicitamente tutte le regole esplicitamente esposte nel testo al nostro esame, c'é da domandarsi se, per ipotesi, le specificazioni possono comportare una riduzione dell'area del principio generale. Chi si intende un poco di logica sa che quando si parte da un principio generale e lo si accompagna con specificazioni si puó correre il rischio di un ridimensionamento dell'area che ne risulta coperta.
Allora, se tutto questo é vero, noi incontriamo quello che é l'ostacolo maggiore alla revisione costituzionale, che - come é noto - non puó riguardare princípi fondamentali, e cioé non soltanto la forma repubblicana dello Stato, esplicitamente fatta salva dai processi di revisione, ma anche tutti quei valori e quei princípi fondanti del nostro ordinamento costituzionale e, guarda caso, tra questi c'é proprio il principio di garanzia del diritto alla difesa.
Pertanto, la prima preoccupazione é che chi vuole garantire di piú potrebbe finire con il garantire di meno (Commenti dal Gruppo Forza Italia) e, per di piú, violare il principio che stabilisce l'insuscettibilità di revisione costituzionale dei princípi fondamentali.
Ma vi é di piú. Le norme costituzionali, anche quelle introdotte in via di revisione, normalmente recano dei princípi e non regole procedurali o definizioni, come accade invece nel disegno di legge in esame, anche nel testo emendato proposto in questa sede.
Tanto per chiarirci, le regole procedurali presenti nella Costituzione e nelle leggi costituzionali sono soltanto quelle che riguardano le procedure di organi costituzionali: é disciplinata la procedura di formazione delle leggi ed é disciplinata la procedura per la composizione ed il funzionamento della Corte costituzionale.
Ritengo, pertanto, che, cosí operando, si finisca per introdurre nella Costituzione delle regole che potrebbero benissimo essere contenute in una legge ordinaria. In sintesi, non mi sembra corretto introdurre in Costituzione ció che starebbe benissimo nel codice di procedura penale o in quello di procedura civile.
Non é un caso che qualche collega, questa mattina, nel riferire l' excursus storico di questo punto di arrivo é partito dalla delega per la riforma del codice di procedura penale, pervenendo alla conclusione che, in buona sostanza, questa riforma costituzionale andrebbe a sanare il tradimento dei princípi direttivi di quella delega.
D'altro canto, chi guarda il panorama comparatistico riscontra che regole procedurali di questo tipo e di questa specificità non si rinvengono mai e le citazioni dotte che sono in apertura della relazione che accompagna il testo in esame mostrano chiaramente che i princípi riportati da altre costituzioni sono assai brevi e molto precisi, laddove qui abbiamo delle regole che starebbero benissimo in un codice di procedura penale ma molto meno bene nella nostra Costituzione.
Allora, mi sono permesso di avanzare una proposta emendativa, questa sí coerente con le indicazioni che provengono dal panorama comparatistico. Se noi volessimo salvare una parte che starebbe bene nella Costituzione, basterebbe soltanto stabilire il princípio del giusto processo e confermare la riserva di legge per la disciplina specifica. Se vogliamo, poi, recepire i princípi che vengono da fonti internazionali, allora, sulla falsariga della Costituzione spagnola e di quella portoghese, potremmo dire che il princípio si applica in conformità ai princípi stabiliti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalle convenzioni internazionali sulla stessa materia che sono state ratificate dal Parlamento italiano. In questa maniera noi, sostanzialmente, rispetteremmo la Costituzione come una Costituzione di princípi ed eviteremmo - come dire? - di irregimentare, di bloccare l'attività legislativa ordinaria che in un sistema di legislazione rigida, diventerebbe molto grave.
Mi piace poi sottolineare un altro aspetto. Cerchiamo di inserire nella Costituzione delle regole di dettaglio nello stesso momento in cui, attraverso un ammirevole processo di delegificazione, cerchiamo di far passare nella normativa secondaria le norme legislative non di princípio. É davvero strano che in questo paese da un lato si riduca la presenza della legge e si allarghi la normativa secondaria e dall'altro si portino in Costituzione regole di dettaglio che starebbero benissimo nella legge ordinaria e, talora, perfino nella normativa secondaria. Al riguardo penso che non si possa prescindere da una riflessione adeguata.
Non mi sento di introdurre in una Costituzione che da cinquant'anni governa questo paese e la democrazia di questo paese un vulnus cosí grave, che io non intendo condividere. Pertanto, confermo i miei emendamenti e il mio voto contrario sull'eventuale testo che dovesse essere approvato perchè ritengo che il processo che si sta avviando é un processo di degenerazione della nostra Costituzione assolutamente inaccettabile. (Applausi dei senatori Bertoni e Conte).

FASSONE . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

FASSONE . Signor Presidente, intendo aggiungere la mia firma a tutti gli emendamenti del senatore Michele De Luca.

PRESIDENTE . Ne prendiamo atto.

DE ZULUETA . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

DE ZULUETA . Signor Presidente, anch'io intendo aggiungere la mia firma agli emendamenti del senatore Michele De Luca perchè condivido le sue preoccupazioni rispetto ad un irrigidimento della nostra Costituzione.

PRESIDENTE . Ne prendiamo atto.

BERTONI . Signor Presidente, ritiro l'emendamento 1.4. Dichiaro, inoltre, che voteró contro l'emendamento del relatore per le ragioni che spero di poter illustrare nella dichiarazione di voto sullo stesso.

RUSSO . Signor Presidente, ritiriamo l'emendamento 1.5 perchè riconosciamo come valido l'emendamento proposto dal relatore, che recepisce nella sostanza i concetti che avevamo espresso nel nostro emendamento. Quindi, lo ritiriamo e confluiamo, per cosí dire, nell'emendamento 1.100 del relatore.

PERA , relatore . Signor Presidente, l'emendamento 1.100, come dicevo stamane in sede di replica, é nato dopo l'approvazione da parte della Commissione affari costituzionali del testo che abbiamo all'esame. Esso recepisce sostanzialmente due punti principali di una discussione che era sorta successivamente ma che già si era sviluppata in seno alla Commissione. La prima questione era quella della collocazione del principio secondo il quale nessuno puó essere condannato sulla base di dichiarazioni rese da chi si é sempre sottratto volontariamente all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore; la seconda era quella delle deroghe.
Questo emendamento accoglie nella sostanza, e talvolta anche nella forma, cioé alla lettera, il testo approvato dalla Commissione affari costituzionali. Esso reintroduce il principio che ho appena indicato nella seconda parte della Costituzione, cioé all'articolo 11, e lo riformula, ma in un modo che ritengo ragionevole ed accettabile. La riformulazione é la seguente: "La colpevolezza dell'imputato non puó essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si é sempre e volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato e del suo difensore".
Inoltre, questo emendamento recepisce una serie di preoccupazioni che si erano già manifestate nella discussione della Commissione affari costituzionali e poi sviluppate successivamente riguardo alle deroghe al principio della formazione della prova nel contraddittorio. Questa preoccupazione é recepita nella formulazione, sulla quale credo vi sia un ampio consenso, dell'ultimo comma dell'emendamento medesimo, il quale recita, nella sua prima parte: "La legge regola i casi in cui il contraddittorio nella formazione della prova non ha luogo". Nello stesso comma sono poi indicati tassativamente i casi in cui il contraddittorio nella formazione della prova non é possibile: in primo luogo, per consenso dell'imputato (e il riferimento é appunto ai riti alternativi, nei quali esplicitamente l'imputato rinuncia al contraddittorio); in secondo luogo, per accertata impossibilità di natura oggettiva (si tratta, cioé, di un impedimento di carattere oggettivo o di carattere naturale al contraddittorio: il caso tipico é la morte); infine, per effetto di provata condotta illecita, con la quale formula si intende che la legge regolerà i casi, sia di minaccia sia di corruzione sia di altri tipi di condotta illecita, che renderebbero impossibile il contraddittorio.
La caratteristica di questo ultimo comma dell'emendamento é che esso deroga al principio generale fissato dal comma precedente, ma la deroga, tramite una riserva di legge, é vincolata a tre casi specifici e sarà compito del legislatore ordinario, in sede di revisione delle norme del codice di procedura penale, indicare analiticamente e precisamente che cosa avviene in ciascuno di questi tre casi.
Io penso e mi auguro che su questo emendamento vi sia ampia convergenza, anche perché, ripeto, i commi iniziali ripetono alla lettera, o comunque nella sostanza, il testo approvato dalla Commissione affari costituzionali, salvo l'ultimo, che precisa nel senso indicato i casi di deroga.

ELIA . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

ELIA . Signor Presidente, vorrei solo permettermi di suggerire una modifica al quarto comma dell'emendamento 1.100, presentato dal rela tore, che migliora, a mio avviso, la formulazione dal punto di vista della linearità del testo.
Suggerirei pertanto di modificarlo nel seguente modo: "La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per impossibilità di natura oggettiva o per effetto di condotta illecita".

PRESIDENTE . Sentiamo cosa dice il relatore al riguardo.

PERA , relatore . Signor Presidente, ritengo che il suggerimento del collega Elia sia accettabile. Non credo che la formulazione suggerita cambi il significato dell'ultimo comma; precisa forse, in modo migliore, qual é l'oggetto che la legge deve regolare. Si dice, infatti, che: "La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per effetto..." e rimangono i tre casi tassativamente indicati.
Poichè si tratta di una riformulazione che precisa l'oggetto su cui la legge deve intervenire, cioé come avverrà la formazione della prova nei tre casi tassativamente indicati di deroga al principio del contraddittorio, credo che la modifica proposta sia accoglibile e perció la faccio mia.

PRESIDENTE . L'emendamento 1.7 si intende illustrato.

CALLEGARO . Signor Presidente, vista la formulazione dell'emendamento 1.100 del relatore, gli emendamenti 1.8, 1.10, 1.11 e 1.13 non hanno piú ragione di sussistere, per cui li ritiro.

BESOSTRI . Signor Presidente, se viene accolto l'emendamento 1.100, il mio emendamento 1.9 viene a configurarsi come un subemendamento alla proposta del relatore e quindi mi riservo di modificarlo di conseguenza.
Ritiro invece l'emendamento 1.14, perchè l'ultimo comma dell'emendamento 1.100 si occupa della condotta illecita e quindi non é piú necessario mantenerlo.

CENTARO . Signor Presidente, ritiro l'emendamento 1.12.

PELLEGRINO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

PELLEGRINO . Signor Presidente, vorrei spiegare le ragioni per le quali voteró a favore dell'emendamento del relatore e in maniera contraria agli altri emendamenti, in particolare a quelli interamente soppressivi dell'articolo. Ragioni che non mi pare siano state dette nella discussione generale - almeno nella parte che ho ascoltata - e che invece, a mio avviso, meritano di essere esplicitate per dare risposta ad osservazioni fatte da tanti colleghi in questa di scussione, in particolare, da ultimo e cosí bene, dal senatore De Luca Michele.
Secondo me, queste ragioni attengono alla posizione istituzionale del pubblico ministero nel nostro ordinamento: una posizione affatto singolare, che non ha eguali negli altri ordinamenti, perchè da noi il PM fa parte dell'ordine giudiziario, quindi é insieme parte e amicus curiae , esercita l'accusa, ma puó concludere anche per l'assoluzione. Questo in qualche modo influisce su tutto il nostro ordinamento giudiziario e in particolare nell'ordinamento processuale penale, perchè da noi é possibile essere assolti se il pubblico ministero ci accusa, ma é anche possibile essere condannati quando il pubblico ministero conclude per l'assoluzione.
Ora, vi é indubbiamente una disarmonia tra la posizione costituzionale del pubblico ministero e le regole proprie del rito accusatorio, che crea una tensione istituzionale perchè fonda il sospetto che possano essere irrazionali, nel riscontro di costituzionalità di una serie di norme ordinarie, disposizioni che consentano la dispersione di elementi indagativi acquisiti dal pubblico ministero, ancorchè non siano filtrate attraverso il vaglio del dibattimento.
Quindi, queste sono - a mio avviso - le vere o le principali ragioni che risolvono il quesito che tanti colleghi hanno posto: perchè inserire questa norma in Costituzione, quasi come che, facendo riferimento all'emendamento del relatore, il comma 4, dopo il primo periodo, fosse scritto cosí: "malgrado la posizione costituzionale del pubblico ministero la colpevolezza dell'imputato non puó essere provata ...". Questa é - a mio avviso - la ragione di una scelta che stiamo facendo, che condivido pienamente e che mi é sembrato giusto consegnare al verbale, anche per dare risposta ad osservazioni intelligenti dei colleghi, come quelle del senatore De Luca.

FASSONE . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

FASSONE . Prego il signor Presidente di consentirmi di esprimermi globalmente su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 1. Poichè la mia voce é dissonante rispetto alla quasi totalità delle altre che si sono espresse e poichè le voci dissonanti vengono di solito guardate con un certo sospetto, desidero innanzitutto rimuovere questo sospetto.
Nessuno puó essere contrario all'esigenza che il processo sia giusto o, come piú correttamente forse dovrebbe dirsi, che il processo sia corretto secondo un modello legale, finalizzato al minimo di errore in malam partem e quindi innanzitutto alla piena realizzazione del contraddittorio, che é lo strumento piú efficace per eliminare o per ridurre l'errore. Nessuno - e certamente non io - é contrario a che questa esigenza sia tutelata ed anche scritta. Le mie riserve, per cui valuteró quale atteggiamento dovrà assumere il mio voto alla fine, se di semplice astensione o di opposizione, non nascono evidentemente sul contenuto ma sul modo, sullo strumento, sulla tecnica e sui probabili risultati.
Si dice che il processo, come oggi é, non é giusto e personalmente posso anche convenirne. Oggi il processo é sbilanciato in danno della difesa; nessuno puó accettare che una persona sia condannata, sulla base di dichiarazione contro le quali non ha potuto opporre le proprie ragioni. Ma se il processo non é giusto, lo strumento normale per renderlo giusto é modificare le norme che hanno questo contenuto di ingiustizia: le norme ordinarie. Questo si dovrebbe fare, a mio avviso. Si replica: non possiamo percorrere questa strada perchè la Corte costituzionale ci ha già dimostrato, in piú di una occasione, la sua non sensibilità a questa esigenza. La Suprema Corte - si dice - non accetta, nella sostanza, il modello accusatorio; tutte le volte in cui vi é una tensione forte su questo modello, la Corte interviene e lo sgretola, come ha fatto nel 1992 e pochi mesi fa.
Credo che davvero questo non sia esatto e si faccia ancora una volta torto alla Corte costituzionale, perchè se si legge con accuratezza e completezza e senza prevenzione la sentenza n. 361 del 1998, si constata che la Corte ha usato uno schema argomentativo che ha usato in decine, forse centinaia, di altre situazioni; il ricorso cioé a quello che, in gergo tecnico, viene chiamato il tertium comparationis , usato ripetute volte dalla Corte per espandere i diritti di difesa. Cito tra le mille la sentenza sull'appello incidentale del pubblico ministero e tutte quelle altre pronunce nelle quali la Corte dichiara illegittima la norma nella parte in cui non prevede qualcosa, che é prevista in altre norme relative a situazioni affini. Questo é il modulo che la Corte usa quando deve sostenere il criterio di ragionevolezza, che non é arbitrario ma é appunto modellato sul seguente schema argomentativo: il legislatore ha disciplinato un certo fenomeno in un certo modo e non puó disciplinare un altro fenomeno che, rispetto al primo, é omologo in un modo grandemente diverso.
Questo é il percorso argomentativo che la Corte ha fatto nella sentenza in questione. Che cosa ha detto la Corte? La Corte ha detto: nell'ordinamento esiste già una situazione disciplinata in un certo modo, nella quale una persona, che rende dichiarazioni a carico di un'altra, assume un determinato statuto, che é quello del testimone, e tu legislatore non hai che da fare altrettanto. Siamo in presenza di persone che rendono liberamente dichiarazioni accusatorie nei confronti di un'altra e che concettualmente sono dei testimoni; quindi, tu legislatore, se vuoi correttamente uscire da questa impasse , devi semplicemente fare in modo che queste persone siano disciplinate alla stessa stregua in cui tu legislatore hai disciplinato la posizione del testimone.
Perchè non l'ha fatto la Corte? Perchè non poteva: semplicemente per questo. Se la stessa Corte avesse espanso la categoria del testimone a quella dell'imputato (vuoi coimputato, imputato in reato connesso o collegato), avrebbe costruito una fattispecie penale di nuovo conio, nel senso cioé che avrebbe dilatato l'operatività di una norma penale - l'articolo 372 del codice - costruendo un illecito e, quindi, contravvenendo alla riserva di legge che la Costituzione giustamente impone in materia penale.
Per questo motivo la Corte non lo ha fatto, ma ha ribadito piú volte che noi legislatori abbiamo già sancito l'autonomia concettuale delle dichiarazioni su fatti attinenti alla responsabilità di altri. Lo abbiamo fatto proprio con la legge n. 267 del 1997 in materia di articolo 513, nella quale abbiamo scandito la distinzione tra le dichiarazioni che l'imputato rende sulla propria posizione e su quella altrui, profilando un diverso profilo processuale di utilizzazione delle dichiarazioni stesse. La Corte ha detto testualmente: "Il meccanismo disegnato dall'articolo 500, comma 2- bis , indica la soluzione offerta dallo stesso ordinamento per porre rimedio ai vizi di legittimità costituzionale dell'articolo 513".
Quali sono questi vizi? Anche qui non l'ostilità preconcetta ad un certo modello di codice, ma la non possibilità di accettare che un soggetto privato sia arbitro di lasciare o di sfilare dal processo elementi di prova raccolti legittimamente. Proprio questo ha detto la Corte. Allora noi dovremmo, se davvero vogliamo realizzare il giusto processo, seguire questa indicazione, e non scrivere un principio che proietterà i suoi effetti incerti sulla normativa ed obbligherà altri - probabilmente la stessa Corte - a intervenire in chiave ablativa su determinate disposizioni di legge. Noi dobbiamo avere il lineare coraggio di seguire queste indicazioni e rimuovere dal processo il silenzio, perchè dobbiamo evitare i due pericoli contrapposti: che un soggetto privato sia arbitro di sottrarre al processo elementi di prova e, viceversa, che il contraddittorio venga vulnerato nella sostanza mediante l'opposizione del silenzio a chi ha diritto - lo confermo - di instaurare questo contraddittorio con il suo accusatore. Questo é ció che si doveva fare. E invece che cosa si é fatto? Si é scritto che il silenzio puó continuare. In questo modo non si otterrà l'obiettivo che vogliamo, cioé il contraddittorio, perchè il muto potrà continuare a restare tale. Semplicemente il costo del silenzio lo pagherà il processo: oggi lo paga la difesa - e non é giusto - e con la nuova norma lo pagherà il processo - e non é altrettanto giusto - mentre il costo del silenzio lo deve pagare chi tace; infatti, il processo - come tutti auspichiamo - é il luogo in cui si parla e si dice il vero, non il luogo nel quale si puó tacere, accollando ad uno dei due estremi della dialettica il costo di questo silenzio.
Allora, il processo sarà forse giusto sul versante dell'accusato per effetto della nostra norma, ma non lo sarà sul versante della sua funzione. Questo mi induce ad essere critico sulla formula usata e, quindi, a non poter condividere la soluzione prescelta. (Applausi dai senatori Bertoni e De Luca Michele e della senatrice De Zulueta).

CIRAMI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

CIRAMI . Signor Presidente, intervengo soltanto per dire che aderisco all'emendamento del relatore.

LISI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

LISI . Signor Presidente, prendo la parola a titolo personale per anticipare la mia dichiarazione di voto sull'emendamento 1.100 del relatore, voto che non potrà certamente essere positivo.
Ritengo di dover dare delle giustificazioni in quest'Aula, le quali si rifanno a quattro motivazioni fondamentali.
La prima é di carattere sentimentale. Infatti, votando a favore di quell'emendamento, verrei meno a trentacinque anni di attività professionale o, quantomeno, a quello che in trentacinque anni ho cercato di comprendere, di capire e di applicare nella mia diuturna fatica di avvocato difensore.
La seconda giustificazione é di carattere morale. Ritengo infatti (e lo riterró finchè avró modo di rimanere per grazia di Dio - dipende solo da lui - in quest'Aula) che le vere battaglie si conducono nelle Commissioni apposite e nelle Aule; le battaglie politiche non si conducono andando per sacrestie o andando per uffici: le battaglie politiche si fanno nei luoghi deputati, lí dove ci siamo visti, ci siamo scontrati, abbiamo dibattuto, abbiamo dato vita ad una decisione alla luce del sole - lo sottolineo - e quindi alla luce di tutto ció che doveva essere ed é stato registrato nell'attività della prima Commissione Affari costituzionali di questo Senato. Da quella Commissione uscí una proposta che fu da noi accettata; ma apprendo oggi, avendo ascoltato, come uso ascoltare sempre, il bravissimo collega Pera (vorrei sbagliarmi, ma domani sul Resoconto stenografico chiederó conto alla mia memoria), che dopo quella decisione ci si é sentiti, si é ragionato, si é discusso, si sono valutati i pro e i contra , si sono fatti ragionamenti a favore o contro quella formulazione che avevamo deciso alla luce del sole, collega Pera, verbalizzando ogni nostro intervento in Commissione affari costituzionali, laddove intendo continuare a lavorare finchè sarà possibile e da dove non intendo uscire per trattative che non siano quelle che nella sede della stessa Commissione possano condurre a una decisione.
Questa é la giustificazione di carattere morale alla mia contrarietà a questo emendamento.
Vi é poi una giustificazione di carattere politico. Stiamo perdendo una grande occasione, senatore Pera, non la stiamo guadagnando, perchè basta rileggersi quella che era stata la decisione unanime, o quasi, della Commissione affari costituzionali per comprendere come eravamo riusciti in maniera seria ad introdurre per la prima volta, come si é detto in Aula stamattina, i principi del giusto processo nella Carta Costituzionale. Sapete cosa siamo riusciti a fare con l'emendamento 1.100? Siamo riusciti a risalire sul vagone di quel treno che era partito già da 40 anni in moltissime nazioni di quest'Europa. Non abbiamo fatto altro che codificare, inserire nella Costituzione dei princípi che in tanti Stati d'Europa non solo si danno per scontati, ma nelle cui Carte fondamentali erano già contenuti: una goccia nel mare magnum di ció che si doveva fare, che si era pensato di fare, che si era programmato e deciso di fare.
Certo, ascolto con preoccupazione quanto si sente dalle televisioni, e qualche dichiarazione mi rende perplesso. Mi ha destato perplessità la dichiarazione del capo del pool di Milano, dottor Borrelli, il quale, giocando sull'emendamento, ha rilevato qualche punto che egli riteneva non rispondesse alla possibilità di inserimento in Costituzione, e mi ha preoccupato anche il placet di D'Ambrosio, perchè é la prima volta che il pool si divide e questo ci deve far pensare (non perchè noi si debba legiferare contro il pool , ma perchè ogni volta che si é cercato di portare in quest'Assemblea provvedimenti che avessero a che fare con le modifiche del codice di procedura penale od altro, certamente non abbiamo trovato tappeti rossi davanti a noi!).
Ricordo a qualcuno le lettere; ricordo agli amici della scorsa legislatura le 200 firme dei pubblici ministeri durante la discussione sulla custodia cautelare in Commissione giustizia.
Ed allora mi preoccupo, perchè abbiamo perduto una grande occasione, relatore Pera, la piú grande che avevamo davanti: l'abbiamo perduta illudendoci di averla conquistata.
Avevamo inserito già un principio che é, di per sé stesso, di estrema portata innovativa. Nella Costituzione si parla di processo, ma i costituenti avevano dinanzi a sé il processo inquisitorio e non quello accusatorio. Nel 1988 abbiamo approvato un nuovo codice di procedura penale che ha delineato le figure del pubblico ministero come parte e del giudice come terzo.
Cosa abbiamo fatto oggi? Abbiamo preso quei princípi e li abbiamo inseriti nella Carta costituzionale: non abbiamo fatto altro che ripeterci sotto il profilo di quanto dovevamo dire e invece non abbiamo detto. Infatti, eravamo usciti dalla Commissione con un emendamento sottoscritto dal presidente Villone e dal relatore Pera (emendamento al quale avevo ritenuto di aggiungere la mia firma), e la novità consisteva, per esempio, nel fatto che in esso per la prima volta era scritto che "nel procedimento penale la legge assicura che la persona accusata di reato sia informata nel piú breve tempo, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico"; ripeto, si era scritto: "nel procedimento penale". Oggi ci troviamo di fronte ad una nuova formulazione dell'emendamento 1.100, dove si parla di "processo penale". Cosa abbiamo inventato? Abbiamo preso quello che era riportato nel codice del 1988 e l'abbiamo inserito nella Costituzione! Abbiamo fatto passi da gigante? Li avremmo compiuti se avessimo considerato che scrivere e lasciare scritto "procedimento" avrebbe indotto i futuri legislatori che avrebbero dovuto formulare le leggi ordinarie a tenere conto del fatto che chi é indagato deve essere informato fin dal primo momento delle indagini, caro relatore Pera, e non durante il processo, quando ormai si decide il rinvio a giudizio dell'imputato, ma - ripeto - fin dal primo momento delle indagini.
Era questo il momento in cui dovevamo far sentire la nostra voce, quella di cosiddetti garantisti, di presunti garantisti!

PRESIDENTE . Senatore Lisi, la prego di concludere.

LISI . Solo qualche secondo, Presidente. Non so perchè, ma mi capita sempre di intervenire quando la seduta é presieduta dal vice presidente Fisichella.

PRESIDENTE . Senatore Lisi, c'é un orologio che vale per tutti. Non so per quale motivo lei debba contestare una indicazione che io le ho formulato, oltretutto in maniera molto garbata, come una preghiera.

LISI . Ripeto: solo pochi secondi, Presidente.
É inutile quindi parlare di grande movimento, di grande vittoria e di grande conquista.
Abbiamo scritto qualcosa in ritardo rispetto agli altri; non l'abbiamo saputa scrivere; non abbiamo impostato - come ritenevamo di fare - il discorso di una difesa; lo stiamo spacciando per "pacchetto giustizia" quando sappiamo che del "pacchetto giustizia" si potrà parlare nel momento in cui affronteremo una volta per tutte e seriamente quello che il codice dell'88 anticipava, e cioé la separazione delle carriere tra pubblico ministero e giudice, la riforma del Consiglio superiore della magistratura, la ricerca delle prove da parte della difesa, altro argomento che abbiamo saltato a pié pari.

PRESIDENTE . Senatore Lisi, concluda, per favore.

LISI . Potremo cioé parlarne quando avremo definitivamente discusso sull'articolo 192 del codice di procedura penale.
Da tutta l'amarezza che deriva da quello che io considero un classico e, a mio avviso, storico fallimento scaturisce la convinzione di non dover votare a favore di questo emendamento perchè non voglio che su di esso rimanga il voto favorevole di chi per anni ha creduto esattamente - o per lo meno maggiormente - nel contrario di ció che in esso é scritto.

PETTINATO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

PETTINATO . Signor Presidente, condivido e aderisco all'emendamento 1.100 presentato dal relatore e ritiro pertanto gli emendamenti 3.4, 3.5 e 3.0.1, con la riserva di valutare successivamente tale opportunità per gli altri emendamenti da me presentati.

CARUSO Antonino . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

CARUSO Antonino . Signor Presidente, anch'io condivido e aderisco all'emendamento 1.100 presentato dal relatore e quindi, conseguentemente, ritiro gli emendamenti 3.6 e 3.7.

GASPERINI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

GASPERINI . Signor Presidente, vorrei sommessamente osservare per il relatore che, se fosse approvato cosí l'emendamento proposto, faremmo un torto alla persona accusata. Mi consentirà il senatore Pera, che é molto piú profondo di me in questa materia, che se diciamo che "nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata", usiamo un termine molto vasto in contrasto con i princípi ormai accolti dalla nostra legislazione. Direi che piú esatto sarebbe dire: "nel procedimento penale (...), la persona indagata". E spiego perchè.
Il procedimento penale inizia ab origine con la notizia di reato. In seguito ci puó essere un indizio verso taluno per cui il giudice procede e indaga nei suoi confronti ed é a questo punto che l'indagato ha diritto di ottenere la comunicazione giudiziaria, perchè se noi pensiamo all'accusato - parola peraltro non esatta sotto il profilo tecnico-giuridico, perchè abbiamo l'indagato e poi l'imputato - dobbiamo equiparare l'accusato all'imputato, ma si diventa imputato quando il pubblico ministero chiede il rinvio a giudizio e il cittadino si trova davanti al giudice per le indagini preliminari e nel caso del processo davanti al tribunale. Allora, se diciamo "nel processo penale (...) la persona accusata", vogliamo dire che l'imputato verrà informato in via riservata dell'accusa che gli viene formulata, ma per il passato, quando egli viene indagato, quando egli ha diritto di sapere che si procede contro di lui, in questo caso questa persona non viene informata. C'é quindi un passaggio in cui la persona indagata non viene tutelata proprio dall'emendamento che stiamo discutendo.
Seconda osservazione, se mi é consentito di farla. Signor Presidente, dicevo che per me era inutile costituzionalizzare dei princípi che dovrebbero essere già nella coscienza del cittadino, del giurista e dell'operatore ma se vogliamo metterli in Costituzione perchè siano dei punti fermi, allora mi rimane un'altra perplessità allorchè si dice che "la colpevolezza dell'imputato non puó essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si é sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore". Perchè questo?
Dobbiamo risalire ai princípi fondamentali. Io amo Johannes Brahms che era consequenziale nelle sue sinfonie: cominciava con un tema e finiva con quel tema perchè era una conclusione necessaria, solo quella era la conclusione. Del resto, apparteneva alla scuola di Bach.
Perchè vogliamo modificare l'attuale legge? Perchè diciamo, giustamente, che i coimputati che vengono a dire la loro verità al pubblico ministero e poi tacciono nel processo, quando coram populo devono mantenere la loro verità di fronte all'accusato, non possono far testo. Qui do ragione al collega Fassone, che prima é intervenuto, con il quale ho avuto un dialogo. Nei giorni scorsi egli mi ha illuminato, seguendo io un caso in un tribunale del Veneto, dove abbiamo interrogato la persona coimputata che accusava il mio assistito e questa si é seduta davanti al tribunale e ha ripetuto la solita formula. Il pubblico ministero chiede: "Lei conferma quanto ha dichiarato davanti a me?". "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere ". Allora scende alle contestazioni: "Lei, signore, ha dichiarato questo e questo. Perchè lo ha fatto?". "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere". "Ma perchè accusa questo signore?". "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere". Poi il Presidente dà la parola a me e io nuovamente interrogo la mummia che ad ogni mia contestazione si é avvalsa della facoltà di non rispondere. Era vero ed era falso. Perchè?
Il problema a mio giudizio, andava posto in questi termini: il coimputato non puó certamente accusarsi nel processo penale. Nessuno puó danneggiare se stesso: é un principio, questo, accolto ormai unanimemente dalla legge, dalla giurisprudenza e dalla dottrina dei giuristi. Nessuno puó pretendere che un imputato vada al processo e chinando il capo dica: "Signori, sono colpevole, condannatemi perchè ho fatto questo, questo e quest'altro". Ha quindi il diritto sacrosanto di tacere. Il pubblico ministero procederà nei suoi confronti anche se lui tace, ma quando egli parla di se stesso ha il diritto di dire: "Signori, io non voglio venirvi a dire che sono colpevole di questo, questo e quest'altro, perchè non voglio danneggiarmi".
Quando peró passa questa barriera, questo crinale, e accusa altri non é piú lui che parla di se stesso e si accusa; egli parla di altri, diventa quindi testimone e pertanto le sue valutazioni vanno controllate e vagliate per la parte di testimonianza. Qui, direi, dovrebbe scendere la "mannaia" della legge: se a questo punto egli mente va sottoposto alle sanzioni del testimone falso o reticente, perchè egli diventa testimone. Puó essere infatti un testimone che non fa fede. Signor Presidente, l'antico giurista diceva che le parole di un testimone vanno valutate: intanto, un solo testimone non farà testo neppure se egli riveste la qualità di senatore - parlava del senatore romano a quel tempo - perché occorre che altro lo corrobori e lo conforti. Egli affermava: anche la parola di un testimone che rivesta la dignità di senatore non fa testo perchè occorrono elementi di confronto. In quel tempo si valutava la personalità del dichiarante o del testimone; se era una persona perbene, se aveva precedenti penali, se era un galantuomo oppure se si era perso nei meandri della vita commettendo delitti e pertanto la sua dichiarazione era svalutata.
Rimane quindi alla coscienza del giudice l'affidarsi alle parole del testimone quando questo é tale e la sua parola riguarda altri. Direi allora che la legge, piú opportunamente, o la stessa Costituzione, se vogliamo dare al principio rango costituzionale, dovrebbe affermare che la persona coimputata ha due facce, é una persona anfibia, se vogliamo usare questo termine: da una parte é coimputata e ha il diritto sacrosanto di tacere - e le sue parole quindi non valgono, perchè non esistono piú -, dall'altra, quando passa il crinale e diventa testimone, ha gli obblighi che tutti i cittadini testimoni hanno: dire la verità a scanso di sanzioni penali.

FOLLIERI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

* FOLLIERI . Signor Presidente, chiedo di apporre la mia firma all'emendamento 1.100, sottoscritto dal relatore.

PRESIDENTE . Tecnicamente non credo che si possa apporre la firma ad un emendamento del relatore; si puó aderire, abbiamo sempre inteso tali richieste come un'adesione.

FOLLIERI . Va bene, Presidente, intendo aderire a tale emendamento; ho usato lo stesso linguaggio di coloro che mi hanno preceduto, sbagliando, e mi scuso.
A questo punto non posso che far mie le osservazioni che sono state rassegnate dal collega Antonio Lisi, il quale ha richiamato l'attenzione sulla differenza che esiste, ed é notevole, tra procedimento e processo. Nel senso che il procedimento é un di piú che contiene il meno; il procedimento individua due fasi, quella delle indagini preliminari e quella del giudizio, il processo invece coincide con il dibattimento, che é una fase regolata nel libro VII del codice di procedura penale.
Se noi identifichiamo, cosí come é stato sottolineato e cosí come vuole la dottrina piú attenta, il processo con la fase del giudizio, allora mi chiedo che senso ha scrivere nella Costituzione: "la legge assicura che la persona accusata di reato sia informata, nel piú breve tempo, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico". Credo che non si voglia fare riferimento ai termini di comparizione, che é un momento processuale individuante un diritto da tutti riconosciuto.
Per cui, se non si vuole sostituire il termine: "processo" con: "procedimento", credo che vada accolta la sollecitazione venuta dal senatore che prima di me ha preso la parola, il quale diceva di cambiare il termine: "accusata" con: "indagata". In questa maniera risolviamo la problematica che é stata espressa dal senatore Lisi e che io condivido, anche se, signor Presidente tutto questo non inciderà sul voto finale che, come stamattina ho preannunciato nel corso della discussione generale, é favorevole al provvedimento perchè ne condivido la logica e la filosofia ispiratrice.
Comunque il suggerimento che rivolgo al relatore é di sostituire il termine: "processo" con: "procedimento", oppure il termine: "accusata" con: "indagata".

RUSSO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

RUSSO . Signor Presidente, anticipo, la dichiarazione di voto favorevole sull'emendamento 1.100 del relatore.
Questo emendamento mantiene intatto - come ha ricordato anche il relatore questa mattina - il principio di garanzia che era contenuto nel disegno di legge approvato dalla Commissione affari costituzionali, ma nello stesso tempo va incontro a delle preoccupazioni ragionevoli che erano emerse già nel dibattito in quella sede, perchè la Commissione affari costituzionali si era fatta carico della necessità di prevedere alcune situazioni nelle quali, per ragioni oggettive o per l'interferenza di minacce o violenza sul dichiarante, il contraddittorio non poteva avere luogo. La Commissione aveva ritenuto che queste preoccupazioni fossero adeguatamente soddisfatte dall'avverbio: "volontariamente". Siccome peró su questo punto le interpretazioni non erano univoche, credo sia opportuno integrare la norma con la previsione espressa del rinvio alla legge del regolamento di queste situazioni.
Credo sia stato anche positivo avere raccolto in un'unica disposizione costituzionale tutte le norme relative al giusto processo; non perchè ci sia un qualche tabú sulla prima parte della Costituzione rispetto alla seconda (la prima e la seconda parte hanno eguale valore di Costituzione), ma perchè in questo modo anche l'affermazione forte che la colpevolezza non puó essere provata sulla base di dichiarazioni, eccetera, viene opportunamente inserita in un contesto che affronta tutti i temi del giusto processo.
Ora, credo di poter registrare con soddisfazione che sui princípi contenuti in questa norma anche i colleghi che hanno anticipato un voto in dissenso hanno dichiarato di consentire. Alcuni colleghi, anche del mio Gruppo, dei quali ho grande apprezzamento e grande stima, hanno espresso delle riserve non sul merito di questo emendamento, sul testo che ci accingiamo a votare, ma sulla opportunità di un inserimento di queste disposizioni in Costituzione. Rispetto questa posizione, ma a mio avviso vi sono ragioni oggi per inserire questi principi nella Costituzione. Le hanno spiegate molto bene questa mattina, insieme ad altri, il senatore Senese, il relatore, il ministro Amato.
In effetti, la nostra Costituzione non manca di norme che trovano la loro sede già nei codici di procedura; per esempio, la norma che dice che i provvedimenti devono essere motivati é pur sempre una norma che attiene al processo, ma nel suo momento conclusivo. Vi sono norme che garantiscono l'imputato nella sua libertà ma non vi sono norme che attengono ai principi del processo. Io credo che sia giusto inserirle in questo momento storico, come svolgimento naturale della nostra Costituzione. Sono persuaso che questi principi sono già desumibili dalla carta costituzionale; del resto, oggi si sono fatti riferimenti anche impropri alla Corte costituzionale.
Credo che si debba rendere merito alla Corte costituzionale per l'opera che ha svolto in questi 50 anni quasi di vita nell'adeguare il processo - che, non dimentichiamo, fino a 10 anni fa era regolato da un codice del 1930 - ai principi della difesa con una serie di interventi puntuali che hanno consentito ad esso di essere certamente non un processo ingiusto; ma é un processo che ha dimostrato oggi di avere delle inadeguatezze su temi come quello del contraddittorio nella formazione della prova che rappresentano una scelta, perché il contraddittorio nella formazione della prova é un metodo.
Certamente diamo copertura costituzionale alla scelta di questo metodo, e non sarà la nostra l'unica Costituzione a farlo. La Costituzione austriaca, ad esempio, contiene espressamente il principio del processo accusatorio. Credo che in questa norma non vi siano regole processuali; vi sono contenuti princípi che devono reggere il processo. Sarà poi la legge a regolare il processo in conformità di questi principi. Quindi, il problema vero che si pone é la sfida che facciamo a noi stessi, approvando questo testo costituzionale e l'impegno all'adeguamento della le gislazione ordinaria. Faccio riferimento all'intervento come sempre molto acuto e puntuale del collega Fassone quando dice: la Corte costituzionale dà anche delle indicazioni per intervenire sul processo. Certo; e noi dovremo intervenire con legislazione ordinaria per adeguare la legge ordinaria a questi princípi, e dovremo impegnarci a far sí che questo avvenga contestualmente per evitare di avere una disarmonia che darebbe poi luogo a questioni di costituzionalità. Peró, al collega Fassone vorrei dire che non é vero che sanciamo un diritto a sottrarsi al contraddittorio; anzi, nel momento in cui stabiliamo costituzionalmente che la formazione della prova deve realizzarsi in contraddittorio diamo al legislatore ordinario una indicazione molto precisa: la legge ordinaria dovrà adottare tutte le misure necessarie per rendere effetivo l'interrogatorio. Peró, non possiamo nasconderci che, quali che siano le misure che la legge ordinaria potrà adottare, il processo potrà sempre trovarsi di fronte al silenzio di colui che é chiamato a rendere dichiarazioni. Non parlo soltanto del coimputato che oggi ha la facoltà di non rispondere; parlo anche del teste, il quale ha l'obbligo di rispondere e, in caso contrario, é sanzionato per la mancata risposta. Peró, possiamo pur sempre trovarci - l'esperienza dimostra che il fatto accade - di fronte ad un testimone il quale, nell'alternativa tra la sanzione penale e la reiterazione di una dichiarazione in dibattimento, sceglie la prima strada. In quel caso la sanzione che la legge prevede nei confronti del teste non risolve il problema del silenzio, che puó sempre esserci nel processo, di fronte al quale é giusto che l'imputato sia garantito rispetto alle dichiarazioni che il dichiarante non rende nel contraddittorio delle parti; non puó essere basata su quelle dichiarazioni una dichiarazione di colpevolezza.
Ripeto, il silenzio come fatto non é risolvibile attraverso una normativa, non possiamo costringere fisicamente a parlare chi non lo vuole fare. Questo testo non prevede, non regola tale ipotesi, che - lo ripeto - non puó essere cancellata dall'orizzonte dei fatti che possono accadere. Tuttavia, nel momento stesso in cui sottolinea e ribadisce con forza il principio del contraddittorio nella formazione della prova, indica al legislatore una strada: bisogna adottare tutte le misure che sono necessarie perchè questo contraddittorio sia effettivo.
Di fronte alle proposte delle varie parti di modificare il testo, vorrei invece raccomandare al relatore di mantenerlo cosí com'é. Il collega Gasperini ha proposto di introdurre la parola "indagato", ma in tale caso sí entreremo in una terminologia strettamente processuale; dobbiamo, invece, mantenere al testo costituzionale la capacità di fare dei riferimenti che valgono, quali che siano le modifiche che potranno intervenire anche nella terminologia del codice. Del resto, l'espressione "la persona accusata di un reato" costituisce la traduzione letterale di una disposizione contenuta nella Convenzione europea di Strasburgo.
Credo, quindi, che questo emendamento rappresenti un miglioramento del testo approvato dalla Commissione.
Vorrei dire al collega Lisi che, proprio il rispetto delle procedure parlamentari richiede che, nel passaggio di un testo dalla Commissione all'Aula, sia compiuto uno sforzo di adeguamento e di miglioramento. Tutto é avvenuto alla luce del sole; sono stati presentati emendamenti da vari colleghi e ve ne é uno del relatore, che in questa sede é oggetto della discussione.
Ho concluso, signor Presidente, il mio intervento. Annuncio il mio voto contrario sugli emendamenti che intendono sopprimere l'articolo 1 e il voto favorevole sull'emendamento del relatore, che intende sostituire gli articoli 1, 2 e 3 con un nuovo testo da premettere al primo comma dell'articolo 111 della Costituzione.

PRESIDENTE . Invito il relatore a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

PERA , relatore . Signor Presidente, la discussione sugli emendamenti in realtà si é trasformata nella prosecuzione della discussione generale. Sarebbe stato preferibile per me, e forse piú utile per tutti, se i colleghi, che hanno utilizzato la fase dell'illustrazione degli emendamenti per sollevare questioni di carattere di principio e generali, lo avessero fatto questa mattina in modo da consentirmi di replicare. Non posso farlo ora in modo dettagliato ed analitico seguendo tutte le indicazioni raccolte.
Devo dire che sono contrario agli emendamenti soppressivi. Del resto, la circostanza che il senatore Pettinato abbia ritirato il suo emendamento soppressivo, l'1.1, sta anche ad indicare che, dietro la richiesta di sopprimere l'articolo 1, vi é un'ambiguità.

PETTINATO . Non l'ho ritirato.

PERA , relatore . Infatti, c'é chi chiede la soppressione di questo articolo per collocarlo diversamente o per riformularlo in altro modo, o ancora, piú semplicemente, perchè non accetta il principio cosí come formulato.

PRESIDENTE . Chiedo scusa, senatore Pera, il senatore Pettinato non ha ritirato l'emendamento 1.1; il senatore Bertoni ha ritirato l'emendamento 1.4, di identico contenuto. Lei lo ha ritirato, vero senatore Bertoni?

BERTONI . Sí, signor Presidente.

PRESIDENTE . Lei ha ritirato l'emendamento 1.1, senatore Pettinato? Non mi pare.

PETTINATO . No, non l'ho ritirato, signor Presidente, peró avevo posto un problema circa le possibili influenze di un voto che accogliesse questo emendamento rispetto all'identico principio che é contenuto nell'emendamento 1.100; mi chiedevo cosa accadrebbe se si accogliesse questo emendamento, posto che il principio é nel corpo dell'emendamento 1.100. Comunque ribadisco che mantengo l'emendamento 1.1.

PRESIDENTE . Dunque, degli emendamenti 1.1, 1.2, 1.3 e 1.4, identici, é stato ritirato il solo emendamento 1.4.

PERA , relatore. Allora, se il senatore Pettinato mantiene anch'egli il suo emendamento soppressivo, il mio parere é contrario su tutti e tre i restanti emendamenti soppressivi dell'articolo 1.
Non ho compreso parecchie delle motivazioni sottese alla richiesta di soppressione dell'articolo 1. Ho sentito dire dal collega Michele De Luca che in questa maniera si introducono delle regole da codice di procedura penale; ma se uno legge l'emendamento 1.100 del relatore difficilmente troverà regole da codice di procedura penale. Il comma 1 certamente non ne contiene: "La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge"; il comma 2 neanche; il comma 3, che é il piú lungo e quindi apparentemente il piú analitico, é l'aggiustamento italiano dell'articolo 6, comma 3, lettera d) , della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che tutto contiene fuorchè norme di procedura.
Ho anche sentito dire - lo affermava il senatore Fassone - che se il processo non é giusto allora occorre modificare le norme del processo e non la Costituzione. Durante la discussione generale stamani parecchi colleghi sono intervenuti su questo punto, facendo notare che i princípi del giusto processo che qui vogliamo salvaguardare non hanno una copertura costituzionale; non la ha il principio della imparzialità del giudice, non la ha il principio della parità tra accusa e difesa, non la ha il principio del contraddittorio, non la ha il principio della ragionevole durata, tutti princípi che qui scriviamo ma che non troviamo nella Costituzione vigente e talvolta non troviamo nemmeno nella giurisprudenza costituzionale relativa alla vigente Costituzione.
Circa un altro punto che premeva particolarmente al collega Fassone, quello di rendere effettivo - se non ho capito male - il principio del contraddittorio oppure parificare i coimputati con i testimoni, tale questione riguarderà la legge ordinaria. Ho l'impressione che qua si voglia cercare di produrre effetti che poi in realtà diventano contraddittori. Io chiedo (ma si farà questa discussione): se qualunque tipo di coimputato venga equiparato ad un testimone, e quindi sia obbligato, eventualmente con sanzione, a confermare le dichiarazioni rese al pubblico ministero, trattandosi spesso di un individuo che deve scontare uno, due o tre ergastoli, una serie di pene elevatissime, costui si lascerà persuadere dalla sanzione che eventualmente gli si comminasse, ove non confermasse, oppure continuerebbe ad avvalersi della facoltà di non rispondere, o meglio, continuerebbe a non rispondere, subendo una piccola sanzione in piú che si aggiungerebbe a non so quanti ergastoli? Veramente si pensa di ottenere in questa maniera un risultato? Io penso che non si assicuri il risultato voluto dal medesimo senatore Fassone.
Sono in parte dispiaciuto dalle obiezioni del collega Lisi circa gli incontri che si dovrebbero svolgere alla luce del sole. Colleghi, lo abbiamo ricordato stamani: vi é stato un voto unanime della Commissione affari costituzionali, un parere favorevole della Commissione giustizia; lí eravamo tutti presenti, lí abbiamo svolto una discussione: ma quando si sono ripresentate delle preoccupazioni relative ad un punto in particolare, cioé le deroghe al principio del contraddittorio, preoccupazioni che si sono presentate, per cosí dire, coralmente (le abbiamo lette sulla stampa, le abbiamo dibattute in diversi convegni), il relatore, ascoltando indistin tamente tutte le forze politiche ha ritenuto di dover riformulare quel principio nei modi in cui adesso é riformulato l'emendamento 1.100. Anche questo é un modo di lavorare alla luce del sole.
Prima ancora di svolgere l'ultima considerazione, vorrei intervenire sull'emendamento 1.9 del collega Besostri. Invito il proponente al ritiro di tale emendamento, perchè il rischio dell'inserimento della parola "sole" nel comma 1 é di riprodurre in una forma che potrebbe essere poco garantista l'articolo 192 comma 3 del codice di procedura penale: allora sí trasformerebbe questa disposizione in una norma da codice di procedura penale e la formulazione che il collega Besostri, inserendo la parola "sole" determinerebbe non passerebbe positivamente al vaglio della Corte europea dei diritti dell'uomo, come ho cercato di documentare nella relazione scritta. Perció invito il collega Besostri a ritirare tale emendamento, perchè l'inserimento della parola "sole" renderebbe meno garantista il principio che si vuole introdurre.
Da ultimo intervengo nella disputa sulle parole "processo" e "procedimento" e sulle parole "indagato", "imputato" e "accusato". Intanto, colleghi, il termine accusato lo recepiamo direttamente da un articolo della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; é un termine che sicuramente ha una sua elasticità e ambiguità, e potrebbe certamente denotare e l'imputato e l'indagato: entrambi. Quella che apparentemente é un'ambiguità rappresenta invece, in questo caso, una ricchezza di significato, perchè niente vincola il significato di un termine costituzionale al significato da codice o da linguaggio ordinario che esso ha. La cesura tra indagato e imputato, e parallelamente quella tra procedimento e processo (di cui oggi si discute in dottrina), é di tipo convenzionale, ed esiste a partire dal codice del 1989. Se noi leghiamo il significato del termine costituzionale a quella distinzione rendiamo la Costituzione tributaria del codice di procedura, mentre é esattamente il contrario. Quando leggiamo "nel processo penale" o "l'indagato" non possiamo nè dobbiamo necessariamente ancorare il significato di tali espressioni a quello che esse hanno nel linguaggio ordinario, nel linguaggio giuridico ordinario. Pensate cosa sarebbe accaduto se questa norma fosse stata contenuta nella Costituzione del 1948: sarebbe stato chiaro che era il significato costituzionale che avrebbe dato, aggiunto o modificato il significato ordinario e non il contrario.
Vorrei quindi mantenere questa ambiguità, perchè anche l'espressione "processo penale" non sta necessariamente ad indicare quella fase del procedimento che scatta oggi, con questo codice e con queste regole, a partire da un determinato momento.

BERTONI . Bravo: onore alla scienza!

PERA , relatore. Potrebbe essere anche diversamente, ma puó diventare ed essere diversamente se noi lasciamo l'espressione con la sua ambiguità.
Ecco perchè esprimo parere contrario sugli emendamenti presentati all'articolo 1, tranne - naturalmente - sull'emendamento 1.100 pre sentato dal relatore. Se mi é concesso, vorrei integrare l'illustrazione di tale emendamento.

PRESIDENTE . Certamente, senatore Pera.

PERA , relatore . Vorrei essere piú preciso su tale emendamento. Ho preannunciato che avrei accolto un suggerimento venuto dall'intervento del collega Elia; vorrei che tale suggerimento e la nuova formulazione dell'emendamento (trattandosi di un testo costituzionale, e quindi data la delicatezza dell'argomento), fossero ben consegnati agli atti.
La nuova formulazione del quinto capoverso dell'emendamento 1.100 é la seguente: "La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita".

PRESIDENTE . Senatore Besostri, accoglie l'invito a ritirare l'emendamento 1.9?

BESOSTRI . Sí, signor Presidente, lo ritiro.

PETTINATO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Senatore Pettinato, vuole ritirare qualche emendamento, cosí rende piú agevole il tutto?

PETTINATO . Credo che lo faró piú avanti, signor Presidente, in ordine ad altri emendamenti.
Ora vorrei solo rilevare che ritengo sia sfuggito al relatore che io non ho ritirato l'emendamento 1.6.

PRESIDENTE . Infatti, per la verità, l'emendamento 1.6 permane, ma mi sembra che il relatore abbia espresso un parere contrario.

PERA , relatore. Infatti, il mio parere sull'emendamento 1.6 é contrario.

CALLEGARO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Senatore Callegaro, su cosa vuol parlare?

CALLEGARO . Signor Presidente, vorrei chiedere al relatore il suo parere in ordine alla proposta di modificare la parola "accusato" con la parola "indagato".

PRESIDENTE . Ma lo ha già detto, con estrema chiarezza! Non possiamo chiedere al relatore di esprimersi un'altra volta!
Colleghi, vi prego di prestare un po' di attenzione. La Presidenza ha già difficoltà a scrivere e a coordinare; se a questo aggiungiamo anche la mancanza di attenzione da parte dei singoli, ci divertiamo!
Il rappresentante del Governo ha facoltà di pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

AMATO , ministro senza portafoglio per le riforme istituzionali . Signor Presidente, ho già espresso questa mattina, nel mio intervento in replica alla discussione generale, le ragioni del consenso del Governo all'emendamento 1.100.
Dopo avere ascoltato ora le motivazioni del relatore e dopo avere preso atto della nuova stesura dell'ultima parte dell'emendamento, ribadisco il parere favorevole sull'emendamento 1.100 e quello consequenzialmente contrario sugli altri emendamenti.

PRESIDENTE . Metto ai voti l'emendamento 1.1, presentato dai senatori Pettinato e Cortiana, identico agli emendamenti 1.2, presentato dal senatore Lubrano di Ricco, e 1.3, presentato dal senatore De Luca Michele.

Non é approvato.

Ricordo che gli emendamenti 1.4 e 1.5 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.100.

PINTO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

PINTO . Signor Presidente, non intendo ripetere l'intera storia della differenza tra "procedimento" e "processo", ma credo che la questione sollevata dal senatore Lisi, e ripresa con compiutezza dal senatore Follieri, possa avere una sua utilità concreta.
Infatti, l'emendamento 1.100 utilizza quattro volte il termine "processo", a mio avviso in maniera molto corretta, ma utilizza anche, in calce al terzo capoverso, la parola "procedimento".
Pertanto, mi permetto di suggerire al relatore - ove voglia accogliere questa mia proposta - di utilizzare sempre il termine "processo", in ogni parte dell'emendamento e con lo stesso significato al quale si sono riferiti sia altri colleghi che il relatore.
Quindi, a questo punto, il termine "procedimento", contenuto nel terzo capoverso dell'emendamento, deve essere sostituito con la parola "processo". (Applausi dei senatori Cirami e Specchia).

PRESIDENTE . Invito il relatore ad esprimersi sulla proposta avanzata dal senatore Pinto.

PERA , relatore. Sono d'accordo con la proposta di uniformare l'intero testo dell'emendamento 1.100 utilizzando il termine "processo".

PRESIDENTE . Metto ai voti l'emendamento 1.100, presentato dal relatore, sostitutivo dagli articoli 1, 2 e 3, nel testo modificato.

É approvato.

A seguito della precedente votazione sono preclusi, se non ritirati, gli emendamenti 1.6, 1.7, 1.8, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 2.5, 2.6, 2.7, 3.1, 3.2, 3.3, 3.8, 3.9, 3.10 e 3.11.
Gli emendamenti da 1.9 a 1.14 sono stati ritirati.
Passiamo all'esame degli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 3.
Ricordo che l'emendamento 3.0.1 é stato ritirato.
Invito i presentatori ad illustrare i rimanenti emendamenti.

PETTINATO . Signor Presidente, ritiro anche gli emendamenti 3.0.2 e 3.0.3. Lo faccio non perchè non sia convinto del loro contenuto, soprattutto con riferimento all'emendamento 3.0.3 che sostanzialmente introduceva nella Costituzione il principio attualmente contenuto nell'articolo 358 del codice di procedura penale e affrontava il problema, piú volte sollevato anche da autorevoli protagonisti delle vicende giudiziarie, della necessità che la persona accusata di un reato sia informata.
Ritiro questi emendamenti perchè ritengo che, data la loro importanza e il loro rilievo, essi meritino un esame approfondito che ovviamente non potrebbe essere compiuto in questa sede, pena il prolungamento di questa seduta alla prossima settimana e forse anche per piú di un giorno. Quindi mi riservo di ripresentarli eventualmente in un disegno di legge.

PRESIDENTE . Passiamo pertanto all'esame dell'articolo 4, su cui sono stati presentati alcuni emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
Stante l'assenza del presentatore l'emendamento 4.1, del senatore Milio, si intende decaduto.
L'emendamento 4.2 é stato già illustrato in precedenza dal senatore Michele De Luca.

BERTONI . Signor Presidente, ritiro l'emendamento 4.3 e mi permetto di osservare, per quanto riguarda l'emendamento 4.100, che sarà approvato dall'Aula, che per la verità rimandare alla legge in bianco - é un rinvio in bianco alla legge - la valutazione delle prove nei procedimenti penali in corso significa qualcosa di pericoloso. Se si vuole fare una norma transitoria si dica con chiarezza: la presente legge non é applicabile ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, perchè sennó si fa peggio della versione originaria che, perlomeno, faceva una scelta. In questo caso é la legge che puó fare la scelta che vuole in una materia cosí delicata come la valutazione probatoria nei processi in corso.

RUSSO . Ritiriamo l'emendamento 4.4 e convergiamo sull'emendamento 4.100, in quanto identici.

PERA , relatore. Signor Presidente, colleghi, solamente due parole perchè la disposizione transitoria di cui all'emendamento 4.100 é veramente chiara. Si tratta di disciplinare gli effetti della nuova normativa costituzionale sui procedimenti penali in corso e ció é demandato alla legge ordinaria. Ritengo che cosí sia utile senza ulteriori precisazioni e vincoli per il legislatore ordinario. (Commenti del senatore Bertoni) .

CALLEGARO . Ritiro tutti gli emendamenti.

PRESIDENTE . Mirabile prova di altruismo, senatore Callegaro!
Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

PERA , relatore. Esprimo parere contrario sull'emendamento 4.2.

AMATO , ministro senza portafoglio per le riforme istituzionali . Contrario all'emendamento 4.2, Presidente.

PRESIDENTE . Metto ai voti l'emendamento 4.2, presentato dal senatore De Luca Michele.

Non é approvato.

Gli emendamenti 4.3, 4.4, 4.5, 4.6 e 4.7 sono stati ritirati.
Metto ai voti l'emendamento 4.100 (Nuovo testo), presentato dal relatore, sostitutivo dell'intero articolo.

É approvato.

Passiamo alla votazione finale.

SMURAGLIA . Domando di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE . Ne prendo atto e le do la parola.

SMURAGLIA . Signor Presidente, vorrei esprimere un voto contrario a questo disegno di legge in dissenso dal voto del mio Gruppo espresso in precedenza da parte del senatore Russo, non perchè nel provvedimento non vi siano anche princÍpi in sè condivisibili ma perchè ritengo che si tratti di una materia che dovrebbe essere riservata alla legge ordinaria. Le Costituzioni dovrebbero essere redatte sulla base di affermazione di principio semplici, forti e chiare.
Come si diceva una volta, le dichiarazioni di princÍpi dovrebbero essere incise sulla pietra; ma per incidere affermazioni come quelle contenute in questo testo ci vorrebbe un esercito di schiavi che lavorasse per anni. Ció fa scadere a mio avviso la Carta costituzionale a un livello che non le compete, quello di una legge ordinaria. D'altronde, in tutti i casi in cui la nostra Costituzione é un po' piú analitica, ma mai in termini paragonabili a questi, c'é una ragione storico-politica profonda di polemica con un regime allora appena concluso, strutturalmente diverso e non democratico.
Aggiungo che alcune delle cose che si affermano in questo testo sono già desumibili, lo diceva poco fa anche il senatore Russo, dalle attuali norme costituzionali - e se é cosí non vedo la ragione per cui lo si debba ripetere - e altre potrebbero aver bisogno di essere completate, e infatti é previsto un rinvio alla legge ordinaria; ma perchè allora solo per disciplinare alcuni aspetti e non altri? Perchè non considerare se per caso esistano in altri ordinamenti anche dei limiti al diritto al silenzio, se non si possano prevedere come in altri paesi sistemi che garantiscono l'effettività del contradditorio da ogni punto di vista e non solo da quello considerato nel testo?
Il fatto é che se si entra nel dettaglio si rischia di dire troppo o troppo poco e soprattutto si rischia di dimenticare che una delle garanzie fondamentali sta nella effettività dei princÍpi e dei diritti, ma questa effettività non puó essere affidata ad un testo costituzionale. Se si vuole parlare di parità, di garanzie del diritto di difesa e cosí via, bisogna porsi problemi molto reali e concreti, spesso del tutto dimenticati, come la riforma della difesa d'ufficio, la riforma del gratuito patrocinio, la previsione di mezzi e di strumenti adeguati per le indagini consentite agli avvocati. Ma anche questa é materia di legge ordinaria e francamente sarebbe ora che su questo punto ci si attivasse in modo concreto, forte ed efficace, e con altrettanta celerità di quella con cui si vogliono affermare princÍpi di ordine generale.
Da ultimo, e concludo, non posso non rilevare che vi sono nel testo formulazioni ambigue - una poco fa la ammetteva lo stesso relatore e in una Carta costituzionale ció non puó essere consentito - e dunque di per sé pericolose, anche perchè vi é il rischio che questo produca poi effetti rilevanti sul terreno del contenzioso giudiziario e di quello costituzionale, cosa che non puó francamente augurarsi nessuno.
Da ció il mio dissenso rispetto all'orientamento che pure mi pare prevalente, e il mio voto relativo a un testo che sotto nessun profilo mi sento di approvare. (Applausi dei senatori Cortelloni, De Luca Michele, Fassone e Bertoni e delle senatrici Bonfietti e De Zulueta. Congratulazioni).

CALLEGARO . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

CALLEGARO . Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il disegno di legge che ci accingiamo a votare concilia finalmente la Costituzione con la filosofia del processo accusatorio. Si era infatti creata una frattura, una specie di divaricazione fra la Carta costituzionale, sorta durante la vigenza di un processo inquisitorio, scritto, segreto, ove la prova non si formava nel dibattimento e in contraddittorio fra le parti, e il processo accusatorio cosí come costruito dal codice di procedura penale del 1989. Ció aveva portato ad alcune pronunce della Corte costituzionale, discusse e criticate, a mio avviso giustamente, avendo riguardo al contenuto e all'omo geneità con il processo accusatorio, e ingiustamente, se si considera che la Consulta era legata alla Costituzione vigente.
Orbene, con l'inserimento in Costituzione dei princípi del contraddittorio, della parità delle parti intesa come reciprocità di diritti in ordine alla formazione della prova, dell'imparzialità del giudice, intesa piú che come imparzialità vera e propria, che é un soggetto di natura soggettiva, come terzietà, cioé equidistanza fra le parti, viene meno la frattura tra Costituzione e processo accusatorio. Conseguentemente anche la Consulta si adeguerà ai nuovi princípi inseriti in Costituzione; cadranno quindi i contrasti e le dispute sia politiche che dottrinali.
Solo chi é contrario al processo accusatorio puó essere contrario al disegno di legge attuale. Per carità, qualsiasi posizione é legittima: piú comprensibile, se sostenuta da qualche magistrato abituato al vecchio processo, meno, se sostenuta da qualche avvocato.
A mio avviso, il processo giusto non é quello che cerca la verità, che permette di arrivare alla verità. La verità é nelle mani e nella mente del Padreterno, non é alla portata di noi uomini; quante volte abbiamo visto riabilitare successivamente persone che magari avevano già perso la vita!
Il processo giusto é quello che conforta la condanna con prove ragionevolmente certe, assunte in contraddittorio fra le parti, vagliate da un giudice imparziale; e su questa linea, rispondendo ad esigenze di civiltà, é inserito il disegno di legge attuale.
Accogliamo finalmente in toto il processo accusatorio, ne inseriamo i princípi nella Carta costituzionale, inseriamo in questa Carta elementi ancora stridenti con le leggi ordinarie: saranno poi le leggi ordinarie a raddrizzare i tanti ramoscelli che si sono storti, a sostituire i vetri che si sono rotti, a togliere di mezzo le foglie che si sono accartocciate in questi ultimi anni; anni di polemiche spesso inutili e strumentali.
Per questi motivi e con questo spirito il Gruppo Centro Cristiano Democratico esprime voto favorevole. (Applausi dal Gruppo Centro Cristiano Democratico).

BERTONI . Domando di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal mio Gruppo.

PRESIDENTE . Ne prendo atto e le do la parola.

BERTONI . Signor Presidente, con grande amarezza e solo per un dovere di verità, anzitutto verso me stesso, ho deciso di dissociarmi nel voto dal Gruppo cui ho l'onore di appartenere. Di seguito espongo, dividendole in punti, quelle che mi sembrano dal punto di vista politico e pratico le ragioni piú significative della mia decisione.
In primo luogo, la legge mette nel nulla la sentenza della Consulta sull'articolo 513, e anzi trova la sua origine per iniziativa di Forza Italia esclusivamente nell'intento di ripristinare il regime normativo previgente. A me pare che si tratta di un'operazione, certo legittima, ma non corretta istituzionalmente, che il Parlamento poteva e doveva risparmiarsi in omaggio a quel pluralismo istituzionale che rappresenta un pilastro peculiare e vitale della nostra democrazia e che particolarmente é caro a chi come me si riconosce da sempre nella cultura della sinistra democratica e riformista.
Questa norma, al penultimo comma, si riduce ad una mera disposizione processuale con la sua regola e persino con le sue eccezioni. A mio giudizio, perció, non dovrebbe avere spazio nella legge suprema dello Stato, fatta per dettare i princípi di massima, che non puó quindi abbassarsi a prescrivere una norma di dettaglio a costo di irrigidirla nel tempo ed impedire cosí che si trovi nella legge ordinaria, cosí come si sta facendo al Senato ed alla Camera, una soluzione al problema, magari meno drastica ma non per questo meno rispettosa del diritto alla difesa.
In secondo luogo, in una prospettiva piú generale si stabilisce che il processo penale é regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. In questo modo la riforma fa proprio in tutta la sua latitudine e non solo in via tendenziale l'impianto accusatorio del processo, sancendolo in termini perentori, con l'eccezione dei riti alternativi subordinati al consenso preventivo dell'imputato. Ma cosí facendo si avalla e si aggrava il fallimento che ha avuto l'applicazione del processo tendenzialmente accusatorio regolato dal codice vigente. Si chiuderebbero, infatti, gli occhi di fronte alla realtà se non si riconoscesse che l'attuale modello processuale ha funzionato e funziona malissimo e ció per due ragioni: per le gravissime carenze strutturali che affaticano l'amministrazione giudiziaria e poi perchè, solo per una piccolissima percentuale (non piú del 10 per cento), i processi vengono definiti con i riti alternativi al dibattimento. Di conseguenza la riforma, ampliando la latitudine del processo accusatorio e non incidendo ovviamente sull'organizzazione della giustizia, ne stabilizza e ne pregiudica ulteriormente le disfunzioni mentre, sancendo in Costituzione la necessità del consenso preventivo dell'imputato ai riti alternativi, impedisce che si tenti la via di ribaltare nel codice il rapporto oggi esistente (Il senatore Pera conversa con la senatrice Siliquini) ... - ma che importa al senatore Pera di quello che sto dicendo -... tra il giudizio dibattimentale e il rito abbreviato, nel senso di stabilire che quest'ultimo diventi la regola ed il dibattimento l'eccezione.
In terzo luogo, la norma, laddove elenca le garanzie dell'accusato, sembra - cosí almeno era scritto nei miei appunti, ma da quanto ha detto il senatore Pera debbo utilizzare un altro termine - si riferisca al procedimento e cioé all'intero arco procedurale ricompreso tra l'avvio delle indagini preliminari e la formazione del giudicato, con l'effetto che risulta sconvolto l'attuale regime normativo dell'indagine ed in particolare dell'informazione di garanzia. Per di piú, la previsione che l'accusato sia informato "riservatamente" rischia di essere intesa come una limitazione della libertà di informazione diretta a vietare la pubblicazione di notizie sui processi prima della conclusione delle indagini. Già adesso é cosí perchè l'informazione di garanzia é già riservata in sè e per sè.
In quarto luogo, le disposizioni, di cui ho parlato, prese nel loro insieme, costituiscono una vera e propria miscela esplosiva in quanto possono comportare la cancellazione per illegittimità costituzionale di grap poli di norme del codice e addirittura di una serie di istituti processuali; in particolare sarebbero cancellate molte disposizioni applicabili ai processi di mafia e si indebolirebbe la lotta contro la mafia, purtroppo già indebolita per altre cause di carattere speculativo, per manovre speculative in corso a Palermo! Ne deriverebbe che i processi che adesso stentano a finire non comincerebbero neppure, nè é pensabile che si provveda a riscrivere il codice prima che entri in vigore la riforma costituzionale perchè ad una ipotesi del genere possono credere soltanto tardi illuministi o i farisei di sempre.
In quinto luogo, la norma transitoria é quella che é, come ha detto il senatore Pera; essa lascia piena libertà al legislatore, e sappiamo che cosa farà un legislatore quando al centro-destra in materia di giustizia si accodano spesso i Popolari.
Ció che ho detto non toglie che ritengo necessaria ed urgente una revisione di fondo del codice, secondo le linee del modello accusatorio. Ma perchè l'intervento sia utile occorrono nuove organizzazioni delle strutture giudiziarie ed un ripensamento del rapporto tra dibattimento e rito abbreviato, cosí da garantire la celere definizione dei processi.
Il vero problema é proprio questo - mi dispiace che il ministro Amato si sia allontanato dall'Aula - e bisogna affrontarlo per il suo verso, non per la coda, mediante interventi finanziari, strutturali e normativi coordinati e razionali, con la consapevolezza che solo un processo rapido é anche un giusto processo. Solo in questo modo si darebbe un contenuto reale alla formula che si vuole introdurre nella Costituzione, secondo cui la legge assicura la ragionevole durata dei processi. Tuttavia, poichè il Parlamento non si decide ad imboccare questa via, vuol dire che stiamo per scrivere nella Costituzione una norma che non ha soltanto un significato puramente declamatorio, ma si concreta in una vera e propria beffa per i cittadini: scrivere che la legge assicura la rapida definizione dei processi e vedere che i processi durano anni - se non lustri - significa beffare i cittadini (sarebbe cosa migliore far funzionare rapidamente i processi); e francamente non mi pare che ce lo possiamo permettere.



Presidenza della vice presidente SALVATO


( Segue BERTONI). Per le ragioni che ho esplicitato voteró, quindi, contro la legge e lo faró con l'umiltà di chi capisce che forse ha torto - e che anzi auspica, si augura di avere torto - se la stragrande maggioranza di quest'Assemblea, e in particolare il ministro Amato, al quale non posso fare a meno di rinnovare i sentimenti della mia stima incondizionata, cementati - se posso dirlo, onorevole Ministro - da un'antica e sincera amicizia, crede il contrario di quello che credo io. (Applausi dei senatori De Luca Michele e Smuraglia).

. Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

. Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, credo che dobbiamo interrogarci a fondo sulla necessità e sulle ragioni che inducono ad introdurre nella legge costituzionale i princípi del sistema processuale accusatorio. Se ne é discusso a lungo in quest'Aula nel corso della discussione generale, ma ritengo che non si sia sufficientemente evidenziato un elemento politico che ha caratterizzato la storia italiana di questi anni per quanto riguarda il processo penale. Si tratta della circostanza che il nuovo processo accusatorio, entrato in vigore nel 1988, ha trovato oppositori e grandi difficoltà nella sua affermazione ed é stato messo in discussione piú volte durante la sua vigenza, sia con interventi legislativi a dir poco incoerenti rispetto al sistema, sia da pronunce della Corte costituzionale assai dubbie - sia pure fondate - sull'applicazione di princípi costituzionali che allora erano vigenti. Da ció scaturisce la necessità di un intervento all'interno della Costituzione, il quale ribadisca alcuni princípi fondamentali ai quali il legislatore ordinario dovrà attenersi d'ora in avanti.
C'é stato, quindi, un percorso che ha osteggiato l'affermazione del processo di stampo accusatorio, legato anche ad una tradizione culturale tipicamente continentale, ad una prassi consolidata e a comportamenti anche da parte della magistratura ordinaria. Noi in questa sede affermiamo la centralità di tre princípi fondamentali: innanzitutto il contraddittorio. Ho molto apprezzato le parole del senatore Senese quando ha detto che il contraddittorio si puó interpretare in molti modi. Sí, il contraddittorio c'era nel processo inquisitorio ma non serviva assolutamente a nulla, perchè era un mero esercizio oratorio su prove precostituite rispetto alle quali le parti non avevano alcun potere.
In questa sede affermiamo il principio del contraddittorio nella formazione della prova e, quando affermiamo la sua centralità, non possiamo negare che accanto ad esso, assolutamente e indissolubilmente legato, vi é quello dell'imparzialità del giudice e dei diritti e dei doveri delle parti a contribuire a formare la prova. Questo discorso del contraddittorio nella formazione della prova c'entra poco con il diritto della difesa, ma c'entra molto con il nuovo metodo di acquisizione della conoscenza rispetto ai fatti cui é finalizzato il processo penale. É il momento dell'accertamento dei fatti che contribuisce a dare il senso e il significato al contraddittorio nella formazione della prova. C'é una gnoseologia, c'é un metodo di accertamento dei fatti che é implicito e sta dentro il contraddittorio per la formazione della prova.
Allora qui mi domando e vi domando: quante volte la giurisprudenza e anche la Corte costituzionale hanno consentito che prove precostituite facessero ingresso nel processo? Non é forse questo un residuo del passato, una vischiosità del processo inquisitorio che ha potuto, attraverso la prassi e attraverso una cultura, penetrare di nuovo all'interno del processo accusatorio? Bene, io spero che con l'affermazione del principio costituzionale si possa di nuovo orientare il legislatore ordinario a porre rimedio agli errori che sono stati compiuti nel passato.
Dunque: imparzialità, partecipazione paritaria delle parti alla formazione della prova e, infine, ragionevolezza nella durata dei processi. Voglio qui domandare: come mai la Corte costituzionale fino ad oggi ha interpretato il criterio della ragionevolezza facendo esclusivo riferimento al parametro della durata massima della carcerazione preventiva? Trovo che in questo ragionamento ci sia un elemento aberrante della nostra civiltà giuridica, perchè é indubbio che il processo deve essere breve e, se il processo sarà breve, non ci sarà neanche la necessità di introdurre la carcerazione preventiva; quest'ultima infatti é un post , non puó essere considerata un elemento prioritario per giustificare poi una durata illimitata dei processi.
Questi tre princípi sono dunque fondamentali e voglio qui ribadire che essi dovranno costituire un elemento di orientamento del legislatore ordinario e della giurisprudenza. E per queste ragioni noi non potremo che votare a favore di questo provvedimento.
Dunque, Rifondazione Comunista voterà sí a questo provvedimento. (Applausi dalla componente Rifondazione Comunista-Progressisti del Gruppo Misto, dal Gruppo Democratici di Sinistra-L'Ulivo e del senatore Del Turco. Congratulazioni) .

MARCHETTI . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

MARCHETTI . Signora Presidente, dichiaro il voto favorevole dei comunisti italiani, nella convinzione che i princípi per il processo penale che affermiamo oggi fanno parte da tempo della cultura giuridica piú avanzata, pur essendo consapevole che non mancano settori della pubblica opinione che guardano ad essi con sospetto. Si tratta in prevalenza di settori preoccupati dalla campagna sfrenata portata avanti da alcuni settori politici di Destra contro la magistratura.
In realtà, come si puó evincere dall'ispirazione di molte norme ordinarie, dalla stessa scelta complessiva della riforma del codice di procedura penale o che comunque é già desumibile dalle norme della I e della II parte della Costituzione e nelle elaborazioni della giurisprudenza costituzionale, che non sono smantellate nemmeno dalla famosa e recente sentenza relativa all'articolo 513 del codice di procedura penale, sostanzialmente si tratta oggi di una mera proclamazione di princípi già sanciti a livello europeo e internazionale, anche se si tratta purtroppo di princípi ancora conculcati in tante parti del mondo.
Vorrei peró dire che per l'Italia non esiste tanto un problema di proclamazione di principi, quanto quello dell'attuazione concreta delle norme costituzionali, a partire dalla necessità di assicurare una possibilità di difesa effettiva alla povera gente, ed esiste la necessità di una coerenza legislativa; a tanta insistenza per inserire questa norma ha corrisposto per esempio, da parte di ampi settori politici di Destra, una ostilità alle garanzie da introdurre nella legislazione ordinaria per tutelare, per esempio, i diritti degli immigrati.
Occorre una coerenza. Non si puó da un lato proclamare con tanta enfasi i princípi che giustamente oggi piú precisamente vengono sanciti anche dalla Carta costituzionale e poi essere insensibili alla realizzazione concreta dei diritti di tanta parte di uomini e di donne, solo perchè non sono di cittadinanza italiana. É necessario, a mio avviso, rifuggire da ogni enfatizzazione.
In realtà, oggi non si realizza alcuna grande riforma. Non credo che trovi nemmeno un primo esito lo scontro politico con il quale alcune forze politiche hanno portato un attacco furibondo alla magistratura (senza riuscire nei loro intenti, fino a questo momento, e senza raggiungere gli obiettivi che si proponevano).
Piú semplicemente credo che approviamo una norma positiva e che i passi successivi debbano essere rivolti a risolvere i nodi strutturali delle disposizioni del sistema giudiziario negli ambiti penale, civile e amministrativo. Qualche progresso lo stiamo compiendo in questi giorni, nei quali il Senato sta approvando disegni di legge significativi che avrebbero potuto essere già da tempo leggi operanti se vasti settori dell'opposizione di destra non avessero tenuto a lungo atteggiamenti strumentali sui problemi della giustizia.
Ecco, io colgo, sottolineo questa contraddizione: da una parte, questa spinta forte all'approvazione di questi giusti princípi e, dall'altra, una remora che é stata costantemente posta all'approvazione di misure concrete per la realizzazione di una riforma effettiva dell'organizzazione della giustizia nel nostro paese.
Per terminare voglio esprimere due perplessità.
Innanzi tutto c'é stata molta discussione, anche qualche minuto fa, sulla questione della scelta del termine "processo" o del termine "procedimento". Poi si é scelto di rendere coerente il testo inserendo la parola "processo" anche là dove c'era la parola "procedimento". Indubbiamente, guardando soltanto alla norma in sè, é giusto che sia stato accolto il suggerimento che cosí autorevolmente era stato avanzato. Credo peró che si tratti di raggiungere una coerenza del testo anche rispetto al dettato della Costituzione; cioé il significato delle parole, sul quale il relatore cosí autorevolmente ci ha intrattenuto, credo vada recuperato in questo caso, nel senso che la Costituzione già parla di "procedimento" nell'articolo 24, quando assicura che "la difesa é diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento".
Ed allora credo che probabilmente un problema di coerenza del testo costituzionale si ponga, poichè nella stessa materia é stato già impiegato il termine "procedimento" nell'articolo 24 della Costituzione. Su tale esigenza, se sia cioé possibile operare ancora una riflessione finale su questo punto, mi permetterei quindi di richiamare l'attenzione dei colleghi, ed in particolare del relatore.
Infine vorrei aggiungere una mia perplessità, esclusivamente personale. Noi interveniamo sulla II parte della Costituzione. Rispetto alla prima impostazione, che prevedeva l'inserimento nell'articolo 24 della Costituzione dei princípi del giusto processo, andiamo ad inserire una norma aggiuntiva ad un articolo contenuto nella II parte della Costituzione. Data la materia, credo sia giusto aver collocato la modifica nella II parte della Costituzione.
La mia perplessità - ma ripeto che é una considerazione meramente personale da consegnare agli atti - riguarda solo il fatto se, mentre é ancora vigente la legge istitutiva della Commissione bicamerale, che prevede un procedimento particolare per la revisione della II parte della Costituzione, sia possibile intervenire con il procedimento di revisione ordinario.

FUMAGALLI CARULLI . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

FUMAGALLI CARULLI . Signora Presidente, innanzitutto desidero esprimere a nome del Gruppo Rinnovamento italiano e Indipendenti un ringraziamento al relatore, senatore Pera, per avere svolto con grande senso di equilibrio e di raccordo doveroso tra maggioranza e opposizione il suo compito di relatore.
Il Gruppo Rinnovamento italiano e Indipendenti voterà a favore del provvedimento in esame, ma con la riserva di esprimere quattro osservazioni.
Innanzitutto, devo rilevare che il provvedimento in discussione chiarisce il valore costituzionale della natura accusatoria del processo penale. Finalmente ci allineiamo ai patti internazionali nella tutela dei diritti fondamentali dell'uomo in una materia tanto delicata come quella del processo; inoltre, riequilibriamo l'attuale sbilanciamento del processo, purtroppo oggi squilibrato, e gravemente, a danno della difesa. In una parola, scegliamo una volta per tutte di adottare fino in fondo, eliminando ogni equivoco, il processo accusatorio.
Certo, si puó obiettare che un'articolazione minuta e dettagliata come quella proposta dal testo in votazione si presti poco alla essenzialità e genericità che dovrebbe caratterizzare ogni norma costituzionale, e qualcuno, anche in quest'Aula, ha obiettato poco fa che avremmo potuto intervenire nello stesso senso con una semplice legge ordinaria. Ma la difficoltà e, soprattutto, la discontinuità con la quale in questi dieci anni di vigenza del nuovo codice di procedura penale si é via via affermata nella giurisprudenza anche costituzionale la natura accusatoria del processo penale, quello riformato dalla novella del 1988, hanno imposto inevitabilmente di irrigidire il principio del giusto processo in una norma costituzionale, cosí da fornire anche alla Corte costituzionale, supremo giudice delle nostre leggi, un parametro piú sicuro, meno incerto per giudicare la congruità accusatoria della nostra procedura.
Un processo nè inquisitorio nè accusatorio, come di fatto é attualmente il nostro processo penale, diventato tale - cioé nè accusatorio nè inquisitorio - per una prassi che comunque, ad un certo punto, é diventata quasi una forma di diritto vivente, richiedeva un chiarimento e quest'ultimo non poteva non essere di rango costituzionale.
La seconda osservazione é che tra i diritti che caratterizzano la nozione di giusto processo non vi sono solo la parità delle parti innanzi al giudice, la formazione della prova mediante il contraddittorio tra le parti, la ragionevole durata del procedimento, vi é anche - e direi prima degli altri - il principio dell'indipendenza e dell'imparzialità del giudice.
Di questo principio, che va visto non come irresponsabilità della magistratura ma come diritto del cittadino ad un giudice indipendente e dovere del giudice a non lasciarsi trascinare nè da moti di piazza nè da manovre di palazzo, quest'Aula dovrà tornare a d occuparsi in diverse sedi, delineando uno status di magistrato piú adeguato anche sotto il profilo della formazione professionale. Soprattutto, dovremmo porre mano ad un'altra riforma costituzionale che, purtroppo, ho sentito poco invocata in quest'Aula, cioé la riforma del Consiglio superiore della magistratura.
La terza osservazione riguarda un interrogativo che rimane irrisolto, se cioé debba o meno rimanere in un processo costituzionalizzato come chiaramente accusatorio il principio della obbligatorietà dell'azione penale da parte del pubblico ministero, quando é ormai un dato di fatto che l'obbligatorietà é diventata una facoltatività, per giunta del tutto incontrollata, e che consente perció in quanto tale al pubblico ministero di scegliere a suo piacimento il reato da perseguire. Certo, non é questa la sede per parlarne, mi si puó dire, non é il provvedimento adatto; peró, lo si annoti a futura memoria.
Quarta e ultima osservazione. L'approvazione della riforma costituzionale del giusto processo riapre la stagione delle riforme, costituzionali e in genere istituzionali, bruscamente interrotta purtroppo ai tempi della chiusura dei lavori della Commissione bicamerale. É nostro auspicio - e concludo dichiarando il voto favorevole di Rinnovamento Italiano - che la stessa collaborazione avutasi tra maggioranza e opposizione per questa significativa e importantissima riforma si abbia anche per altri non meno rilevanti e non meno doverose riforme istituzionali. Tutte sono necessarie, perchè la transizione nella quale siamo non diventi una transizione infinita. (Applausi dai Gruppi Rinnovamento Italiano e Indipendenti, Partito Popolare Italiano e Democratici di Sinistra-L'Ulivo) .

PETTINATO . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

PETTINATO . Signora Presidente, avendo già espresso in discussione generale le ragioni per le quali il Gruppo dei Verdi-L'Ulivo é favorevole anche al testo sul quale stiamo votando, posto che era stato depositato in precedenza e ha costituito oggetto di esame, nell'annunciare il voto favorevole del mio Gruppo posso limitarmi a sottolineare come con il recepimento nella Costituzione dei princípi del giusto processo il nostro paese compia un significativo passo avanti verso i livelli di modernità e di civiltà giuridica ai quali eravamo peraltro vincolati, innanzitutto dalla storia del nostro paese e delle sue istituzioni ma anche dall'adesione ai trattati internazionali sui diritti e sulla dignità dell'uomo, a partire dalla Convenzione europea per la protezione dei diritti umani sino alla recentissima istituzione della Corte penale internazionale sui crimini di guerra, il cui statuto richiama e riafferma quei princípi di diritto applicati al processo che stiamo per votare.

CENTARO . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

CENTARO . Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, Forza Italia registra con particolare favore l'avvio di un dialogo costruttivo sulle riforme, il cui frutto é il disegno di legge di revisione costituzionale oggi al nostro esame. É stato il frutto di un intenso lavorio, approfondito, continuo, costante; é stato il frutto soprattutto di una disponibilità priva di preclusioni a comprendere le ragioni altrui, ad accoglierle, ad accogliere i suggerimenti altrui, a modificare il testo in un divenire continuo che poi ha portato a questo risultato che io ritengo comunque apprezzabile.
Non ha importanza quando un dialogo é costruttivo chi vi abbia dato avvio. In questa occasione non risponde al vero ció che ha affermato il senatore Bertoni, che l'iniziativa sia stata di Forza Italia; vi é stato un concerto di piú iniziative, un concorso costruttivo e a questo punto non possiamo demonizzare le iniziative solo perchè vengono da una parte, a meno che non vi sia una precostituzione di concetti che non potrà mai essere combattuta con la migliore proposta di legge.
Questo é un primo passo, e lo dico per fugare tutti i dubbi e le ombre che sono stati paventati da coloro che hanno parlato contro questo disegno di legge di revisione costituzionale. É un primo passo cui deve seguire immediatamente la riforma della legge ordinaria, in consonanza ai princípi affermati nella revisione costituzionale; quindi, le due proposte di legge, quella di revisione costituzionale e quella ordinaria, dovranno essere licenziate contemporaneamente dal Parlamento, perchè altrimenti la sola revisione della Costituzione non avrebbe senso e anzi sarebbe causa veramente di sconquassi all'attuale sistema processuale ordinario.
Se allora percorreremo questa strada (legge costituzionale-legge ordinaria) non succederà nulla di quanto paventato da coloro che hanno parlato contro questo disegno di legge; ma per quale motivo? Perchè noi abbiamo avuto la necessità di costituzionalizzare questi princípi, che anche coloro che si sono dichiarati contrari già rintracciano nell'attuale dettato della Costituzione. Abbiamo avuto questa necessità grazie alla sentenza della Corte costituzionale - che non finiremo mai di ringraziare - che ha suonato una sorta di campanello di allarme: ha detto in modo estremamente chiaro che questi princípi, che tutti danno per assodati, contenuti nella Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e in accordi internazionali ratificati dallo Stato italiano - e già solo per questo motivo devono essere entrati a far parte del suo ordinamento, ai sensi dell'articolo 10 della Costituzione - dovevano essere obiettivizzati nella Costituzione, perchè la riforma che passa attraverso la sola legislazione ordinaria si puó scontrare con un'interpretazione difforme del dettato costituzionale, rimasto estremamente generico, tale da far cadere le riforme. A questo punto vi é la necessità della costituzionalizzazione di un principio che si esemplifica in maniera chiara, perchè la giustizia segue una serie di regole enunciate in modo specifico e ben determinato e perchè la legislazione ordinaria possa essere veramente consonante ad essa.
Questo é lo spirito costruttivo che ha animato e che mi auguro possa animare anche l'immediato prosieguo del dialogo sulla legislazione ordinaria, per arrivare ad una giustizia e ad un processo che regoli in modo asettico la composizione delle tensioni e delle controversie sociali, ma soprattutto per arrivare ad un processo penale in cui trionfi la verità, in cui non possano trionfare i teoremi socio-politico-logico-giuridici dei pubblici ministeri o le tesi assolutorie della difesa. Non dovranno piú esserci riscritture della vera storia d'Italia, ma soltanto la ricerca della verità, e a questo noi possiamo arrivare soltanto attraverso una specificazione del diritto alla difesa nella sua concreta esplicazione, quindi attraverso un contraddittorio che diviene centrale nell'impianto processuale e in quello costituzionale come esplicazione del diritto alla difesa e quindi come necessità di verifica della tesi che viene propugnata in campo avverso.
E allora questa costituzionalizzazione e la legge ordinaria che seguirà a ruota, lo tengo a sottolineare, proprio per evitare quegli sconquassi paventati da chi oggi ha parlato contro questo disegno di legge, seguirà questo percorso virtuoso affinché poi non si possa tornare indietro, affinché poi non si possa retrocedere da una linea dell'esplicazione concreta del diritto alla difesa, già avanzata in precedenza, ma forse in modo eccessivamente generico, e che oggi noi esplicitiamo in modo concreto.
Forza Italia saluta con favore l'apertura della stagione delle riforme nel segno del garantismo, che é stato un connotato principale proprio di Forza Italia fin dal suo inizio. Ed é per questo che, a nome del Gruppo di Forza Italia, dichiaro il mio voto favorevole al disegno di legge di revisione costituzionale al nostro esame. (Applausi dal Gruppo Forza Italia e del senatore Basini. Congratulazioni).

PINTO . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

PINTO . Signora Presidente, signor Ministro, cari colleghi, un solo riferimento a questo disegno di legge, perchè il voto favorevole é stato preannunciato e fortemente motivato stamane dal senatore Follieri.
Quando la Commissione affari costituzionali licenzió il testo nella sua originaria formulazione, la Commissione giustizia, come risulta dal parere espresso dal senatore Follieri, accanto ad alcune osservazioni delle quali si é tenuto ampiamente conto, rilevó "la rapidità eccessiva con cui sono stati approvati gli articoli del testo unificato predisposto dal re latore per i disegni di legge". Dico questo non per formulare censure, ma per sottolineare come quella osservazione ha consentito gli approfondimenti necessari e la realizzazione di quei vasti consensi che oggi si sono qui verificati.
Un'ultima osservazione, signora Presidente, attiene alle preoccupazioni che hanno motivato perplessità e anche voti contrari sull'opportunità, che io invece condivido, della costituzionalizzazione del principio del giusto processo. Voglio dire a questi onorevoli colleghi, che la Commissione che ho l'onore di presiedere, ben lungi dal considerare esaurito - tale concetto é stato motivato assai bene stamane dal senatore Senese - il compito di cui all'approvazione di questo disegno di legge, si applicherà per la valutazione e l'approvazione e certamente per la proposta dei disegni di legge, che sono già stati formulati nel numero di sette, per quanto attiene alla riforma dell'articolo 513 del codice di procedura penale e agli articoli connessi. Voglio dire che già dalla prossima settimana, se il lavoro della Commissione ce lo consentirà, affronteremo l'esame di questi disegni di legge, sicchè, anche alla luce del dibattito intervenuto e dell'approvazione, che auspichiamo, del disegno di legge oggi in esame, il nostro lavoro potrà essere piú attento e - ci auguriamo - anche piú produttivo.

PRESIDENTE . Colleghi, come convenuto, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

VALENTINO . Signora Presidente, avevo segnalato alla Presidenza la mia intenzione di intervenire in sede di dichiarazione di voto.

PRESIDENTE . Senatore Valentino, la Presidenza ha preso nota della sua richiesta. Potrà svolgere il suo intervento la prossima settimana, quando continueremo la discussione su questo argomento.
Cosí come stabilito nella Conferenza dei Capigruppo e comunicato all'Aula, passiamo ora all'altro argomento previsto per le ore 19 all'ordine del giorno.

Svolgimento di interrogazioni

sugli ultimi sviluppi della vicenda Ocalan


PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni sugli ultimi sviluppi della vicenda Ocalan.
Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a queste interrogazioni.

* MATTARELLA , vice presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, la prima questione posta dagli interroganti riguarda la gestione del caso Ocalan sul piano interno; mi riferisco in particolare a quella del senatore Gawronski. Si tratta di modalità sulle quali il Governo rivendica la trasparenza e la correttezza di tutto quanto ha svolto.
L'arrivo di Ocalan in Italia é un evento che il Governo ha già avuto occasione di chiarire ampiamente in diversi passaggi e dibattiti parlamentari. É giunto in Italia su un velivolo Aeroflot proveniente da Mosca, in possesso di documenti falsi, e nè il suo nome nè la falsa identità risultavano menzionati nella lista passeggeri. Ocalan é stato arrestato all'aeroporto di Fiumicino il 12 novembre scorso in esecuzione di mandati di cattura internazionali per omicidio e altri reati, emessi in particolare dalla Germania.
Anche quest'oggi si sono ascoltate affermazioni sull'esigenza di maggiore accortezza, di respingerlo alla frontiera non appena presentatosi sul suolo italiano, dimenticando che l'inclusione del nominativo nel sistema informativo di Schengen rendeva obbligatoria e non eludibile l'esecuzione del mandato di cattura della Germania come se fosse emesso da un nostro organo giudiziario. Il fatto poi che la Germania non abbia dato seguito al mandato non toglie in nulla l'obbligo, gravante sul nostro paese, non appena presentatosi nelle nostre frontiere, di arrestare Ocalan. Il 16 dicembre - come é noto - difatti le autorità tedesche hanno comunicato in modo del tutto inatteso la revoca del mandato di cattura ai fini estradizionali, cancellando il nome dall'inserimento del sistema informativo di Schengen. L'ambasciata di Turchia, inoltre, il 2 dicembre ha trasmesso al Ministero degli affari esteri del nostro paese 6 richieste di estradizione di Ocalan, pendenti ancora formalmente, come é noto, presso la Corte d'appello.
Ocalan, per un breve periodo trascorso agli arresti, il 20 novembre é stato trasferito presso un'abitazione privata, in virtú di ordinanza della Corte di appello di Roma che aveva trasformato il suo arresto in obbligo e dimora a Roma. Quando dalla Germania é pervenuta la revoca del mandato di cattura ai fini di estradizione é stato di conseguenza revocato l'obbligo e dimora, consentendo pertanto cosí ad Ocalan - anche questa é disposizione dell'autorità giudiziaria - di riacquistare la libertà.
Al fine di risolvere la complessa vicenda di Ocalan sono state valutate, come é noto e come il Senato ricorderà, varie ipotesi, di cui si é dato conto in sede parlamentare. Tra queste va menzionata l'istituzione, nel quadro del Consiglio d'Europa, di un tribunale internazionale con scopo di giudicare l'esponente del PKK e l'ipotesi di un eventuale ricorso alla Convenzione europea sul trasferimento delle procedure penali. Il 16 gennaio, peraltro, Ocalan essendo libero, come ho ricordato, ha lasciato l'Italia in seguito ad una sua scelta. La decisione di Ocalan é stata presa presumibilmente anche in riferimento alla possibile evoluzione della richiesta di estradizione in Turchia ed in riferimento all'eventualità di una celebrazione di processo in Italia ed alla conseguente possibilità che l'autorità giudiziaria assumesse provvedimenti di modifica di uno stato di libertà da lui mantenuto nel nostro paese.
Il Governo era disponibile a concorrere alla ricerca di un paese che lo ospitasse ma la scelta del paese in cui recarsi é stata fatta personalmente dallo stesso Ocalan che ha ottenuto direttamente, per il tramite dei suoi canali, la disponibilità ad accoglierlo. Non é un mistero nè costituisce oggetto di segreto, anche perchè rivelato da un noto esponente politico russo come Zjrinosky nonchè da numerosi organi di stampa con dovizia di particolari che, partendo dall'Italia, Ocalan si sia recato in Russia; cioé nel paese dal quale era partito per giungere in Italia. Vi si é recato con un aereo di proprietà privata, noleggiato. Quanto al nome del titolare dell'aereo ripeto quanto dichiarato dalla Camera il 21 gennaio scorso. Leggo da quel Resoconto e ripeto quelle stesse parole: mi chiedo con quale diritto il Governo dovrebbe informare su attività legittime di un privato, incorrendo oltretutto nel rischio di esporlo, dato il carattere delicato della vicenda; carattere ed aspetti di rischio decisamente confermati dalle vicende di questi giorni e di queste ore.
Quello che posso dire, in aggiunta, anche in riferimento a quanto detto questo pomeriggio alla Camera dei deputati nell'intervento di qualche interrogante, é che non vi era a bordo di quell'aereo nessuno - ripeto - nessuno dei nostri servizi di sicurezza. I successivi sviluppi della vicenda e gli spostamenti di Ocalan sono stati non soltanto al di fuori della conoscenza (tanto piú della responsabilità) del nostro paese ma anche - va detto con chiarezza - senza alcuna partecipazione diretta o indiretta del nostro paese o dei suoi organi.
Non vi é stato quindi alcun patto segreto che abbia avuto come parte il nostro paese nè alcun negoziato per la partenza di Ocalan dall'Italia. Non vi era motivo di farlo nè il Governo lo avrebbe comunque mai fatto con alcun paese. Non vi é stato alcun concreto tentativo di Ocalan di rientrare nel nostro paese; non vi é stato nel nostro territorio alcuno scalo di aerei che lo trasportavano; nè nel corso del noto viaggio non riuscito verso l'Olanda nè del viaggio che lo ha portato in Kenya. Cosí come si puó con nitidezza e certezza smentire che in questi spostamenti o in altri eventuali Ocalan si sia avvalso di aerei di proprietà di italiani. É apparso, del resto, su organi di stampa l'ipotesi che il mezzo sul quale ha tentato di recarsi in Olanda fosse di nazionalità estone; cosí come é noto, per affermazione del medesimo Governo greco, che lo spostamento in Kenia é stato effettuato ad opera di quel paese.
Tengo piuttosto a sottolineare che va tenuto in debito conto quanto é avvenuto dopo la cattura di Ocalan ed il suo trasferimento in Turchia: proteste ampie e diffuse, episodi di violenza, pesanti contraccolpi politici in alcuni paesi. In Grecia si sono dimessi alcuni Ministri; in Kenia sono stati rimossi alcuni Ministri ed alcuni funzionari; sono state - com'é noto - occupate o presidiate decine di sedi diplomatiche in Europa e molte sono state chiuse in questi giorni.
Al di là degli aspetti di maggiore rilievo su cui mi soffermeró e che attengono alle relazioni tra Stati e alla tutela dei diritti umani, quanto é avvenuto e sta avvenendo in conseguenza della cattura di Ocalan dimostra - credo vada detto - la misura e la dignità con la quale il Governo italiano, quando é stato investito di questa vicenda, si é comportato. É semmai motivo di rammarico - lo ribadisco anche qui al Senato, davanti a quest'Assemblea - il grave deficit di iniziativa e di ruolo registrato dall'Unione europea quando si era in tempo.
Sulle modalità della cattura di Ocalan non si hanno ancora informazioni che siano certe e incontrovertibili. Sembra comunque che non vi siano state azioni di forza all'interno dell'ambasciata greca, ma che la cattura di Ocalan sia avvenuta al di fuori dell'area dell'ambasciata stes sa mentre si recava verso l'aeroporto. Questo é ció che appare in questo momento; non sono nè chiare nè definite le linee di quanto é avvenuto.
Da quanto ho fin qui detto emerge con chiarezza come l'azione del Governo italiano non abbia in alcun modo influito - lo dico in riferimento a qualche affermazione fatta non nelle interrogazioni qui presentate, ma nell'arco di questa giornata - nè direttamente nè indirettamente, sull'epilogo della vicenda e in particolare sulla cattura di Ocalan in Kenya, azione svolta mentre era nel nostro paese e dal quale poi si é recato in Russia. Ció che dopo é avvenuto - come ho ricordato - non é stato di nostra conoscenza. Trovo e troverei - come ho detto altrove - una grave affermazione quella di collegare quanto é avvenuto ai comportamenti del Governo italiano.
Per quanto concerne la domanda di asilo politico presentata dai legali di Ocalan, nella quale si fa riferimento all'articolo 10 della nostra Costituzione che - come é noto - prevede la concessione dell'asilo agli stranieri cui é negato nel loro paese l'esercizio delle libertà democratiche, ricordo che é in corso ancora l'esame - lo ricordo per completezza, naturalmente - della domanda d'asilo presentata da Ocalan presso il Tribunale di Roma, con udienza fissata per il prossimo 24 febbraio.
Ricordo anche, sempre per completezza, che la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato (status equivalente all'asilo politico a cui parimenti si é rivolto Ocalan) ha ritenuto che la partenza dell'interessato dall'Italia abbia determinato l'improcedibilità della domanda.
A parte queste esplicitazioni che - ripeto - fornisco per completezza, essendo di natura meramente procedurale, va osservato come nel merito la richiesta di asilo avanzata da Ocalan risulti di assai complessa valutazione. Non vi é dubbio che Ocalan sia un esponente politico; non vi dubbio anche che abbia svolto attività di stampo terroristico, venendo accusato fra l'altro - queste sono le imputazioni - di delitti per i quali é perseguito dalla magistratura di un paese dell'Unione europea che - come ho ricordato - é la Germania.
Non privo di ambiguità risulta anche lo stesso ruolo del PKK: certamente formazione politica, ma anche protagonista - sono queste le accuse che le vengono rivolte - di azioni di guerriglia e di atti terroristici rivolti talvolta anche - secondo le accuse - contro gli stessi curdi e di altri traffici. Questo ovviamente non toglie nulla alla considerazione, anzi alla constatazione che i diritti della popolazione curda risultino, in Turchia, ingiustificatamente e pesantemente compressi.
Va sottolineato come oggetto di valutazione debba essere naturalmente, in sede di richiesta di asilo, la vicenda personale di Ocalan, che non puó essere identificata con la realtà, peraltro assai diversificata, della minoranza curda in Turchia. Comunque su quella vicenda - anche questo lo ricordo per completezza - il Governo non aveva nè ha titolarità per esprimere opinioni definitive, se non sul piano politico.
In alcune interrogazioni traspare la preoccupazione, giusta, condivisa dal Governo, che venga assicurato ad Ocalan un giusto processo, che ne venga tutelata l'incolumità fisica, che venga evitata, in particolare, la condanna alla pena capitale; e il Governo, ripeto, condivide queste preoccupazioni e ricorda di aver tempestivamente osservato, in relazione alla richiesta di estradizione presentata dalla Turchia a suo tempo, che la nostra Costituzione vieta di accedere a una simile istanza quando l'estradando é perseguito per reati sanzionati con la pena di morte. Il Governo, nel ribadire questa posizione - che lo aveva già condotto ad esprimere un orientamento politico, come ho detto, contrario all'estradizione - non puó pertanto che esprimere forte preoccupazione per l'odierna dichiarazione del premier turco, che "non esclude a priori la pena di morte per Ocalan".
L'Italia ritiene che la comunità internazionale debba chiedere alla Turchia un processo giusto, equo e contraddistinto dalle necessarie garanzie per l'imputato e che non venga comminata pena di morte.
Il Governo italiano ha già chiesto, con un comunicato ufficiale del nostro Ministero degli affari esteri, che il processo si svolga con le garanzie di uno Stato di diritto, nel rispetto in particolare degli standards europei in materia di diritti fondamentali, sanciti dalle convenzioni del Consiglio d'Europa, di cui la Turchia fa parte.
Il Governo italiano ha inoltre dichiarato di attendersi che, quali che siano le conclusioni del giudizio, comunque esse non contemplino - come ho già sottolineato - la pena capitale. Allo stesso tempo, anche alla luce di episodi di violenza che si stanno verificando in diverse città europee, si é ribadita la ferma condanna per metodi di lotta che si avvalgano del terrorismo, invitando i responsabili curdi a prendere le distanze da metodi violenti, che non giovano in alcun modo alle aspirazioni della minoranza curda. Cosí come va richiesto che ci si astenga rigorosamente da iniziative repressive, ingiustificatamente dure nei confronti di manifestazioni quand'anche fossero, come sono, in casi di violenza e di espressione di violenza in alcune circostanze, censurabili.
Comunque, iniziative repressive dure in maniera ingiustificata o in maniera sproporzionata, come é avvenuto, sono a nostro avviso da censurare.
L'Unione Europea, su forte sollecitazione del nostro Governo, ha emesso una dichiarazione di tenore analogo a quella resa dal nostro paese ed il Governo intende continuare ad insistere sul rispetto di questi principi fondamentali sia a livello bilaterale con la Turchia sia in sede europea.
La comunità internazionale non potrà che guardare con grande attenzione alle modalità con le quali si svolgerà quel processo, al grado di pubblicità del giudizio e all'accoglienza che avranno in Turchia gli osservatori e i giuristi che vorranno seguire da vicino la vicenda dell'esponente curdo.
Il Governo italiano in materia non puó che condividere integralmente il forte e autorevole richiamo al rispetto delle garanzie processuali che oggi é venuto dal Parlamento Europeo attraverso l'approvazione di una risoluzione da parte della Commissione esteri di quel Parlamento. Tale Commissione ricorda che la Turchia é membro del Consiglio d'Europa e ha sottoscritto la Convenzione europea sui diritti umani e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, sottolineando come, tra gli obblighi che derivano, anche alla Turchia, dall'appartenenza al Consiglio d'Europa, vi sia la non applicazione della pena di morte.
La Commissione esteri del Parlamento Europeo richiama inoltre l'autorità giudiziaria turca al dovere di assicurare ad Ocalan un trattamento contraddistinto da garanzie di carattere umanitario, di svolgere un processo trasparente e pubblico, che comprenda il diritto di scegliere liberamente e con libero accesso e in modo autonomo i difensori, in sintonia con gli obblighi che derivano alla Turchia dalle normative europee e internazionali.
Nella risoluzione é contenuto inoltre l'invito alla Turchia a coinvolgere avvocati europei, in qualità di osservatori, nel processo e a consentire a parlamentari di incontrare Ocalan.
Il documento contiene infine l'invito, rivolto alla Turchia e agli altri Governi coinvolti, a fare piena luce in merito alle circostanze nelle quali Ocalan é stato condotto ad Ankara ed a chiarire se questo é avvenuto nel rispetto, in conformità del diritto internazionale.
Per quanto riguarda le modalità piú idonee per affrontare l'argomento posto opportunamente da numerose interrogazioni, la questione delle popolazioni curde, il Governo, come si é già avuto occasione di ribadire, rispondendo in altre circostanze parlamentari a numerose interrogazioni presentate in materia tiene in debita considerazione nella definizione della politica estera sull'argomento le soluzioni che ha approvato in materia nel dicembre 1997 la Commissione esteri della Camera.
Come ha ribadito direttamente, peraltro, il ministro degli esteri, onorevole Dini, in un intervento alla Commissione esteri della Camera del dicembre scorso, il Governo continua a ritenere che rispetto alla sollecitazione di una conferenza internazionale sulla questione curda mancherebbe allo stato il consenso internazionale necessario. Questo dato di fatto, evidentemente, renderebbe difficilmente praticabile anche l'ipotesi di un esame della materia da parte del Consiglio di sicurezza dell'ONU, ove mancherebbe l'assenso di piú di un membro permanente. Un approccio costruttivo e praticabile alla questione non puó che basarsi su due princípi: da una parte il rispetto della sovranità e delle integrità territoriali degli Stati che occupano comunità curde; dall'altra l'obbligo per questi Stati di rispettare le norme del diritto delle genti relative all'autogoverno e all'identità culturale.
É sulla base di questi criteri fondamentali che il Ministro degli esteri del nostro paese, onorevole Dini, ha posto il 7 dicembre scorso, insieme al collega tedesco, la questione all'attenzione del Consiglio affari generali. In ambito europeo, come é noto, il nostro Governo é stato fra quelli che piú hanno incoraggiato il Governo di Ankara ad avvicinarsi all'Europa, avanzando proposte innovative per lo sviluppo dell'unione doganale, per lo sblocco delle misure finanziarie, per il dialogo in materia di politica estera, di giustizia, negli affari interni, quindi anche in materia di democrazia e diritti umani. In questi termini, di ricerca di una democrazia compiuta, da parte italiana si é sempre ricordato, e si continua a ricordare al Governo turco senza alcuna voglia di ingerenza perchè questo rientra nei canoni della nostra Unione europea, che entrare a far parte dell'Europa significa anche condividerne una se rie di regole, di princípi e di valori, tra cui assume una rilevanza primaria il rispetto dei diritti umani e delle identità culturali.
Il nostro Governo é fermamente convinto che i problemi di cui stiamo trattando possano essere aiutati nel trovare soluzione in un rafforzamento e non in un indebolimento della cooperazione fra Turchia e Unione europea. Attraverso questa via sarà possibile, ritiene il Governo, indurre la Turchia ad adeguare i propri ordinamenti e comportamenti in materia di diritti umani, ivi incluse misure di rispetto dell'identità storica e culturale delle popolazioni curde del Sud-Est anatolico. Non per nulla é stata colta questa occasione per ribadire alla parte turca, con il comunicato già citato del Ministero degli esteri, che un atteggiamento di Ankara conforme agli standards europei sullo specifico caso di Ocalan favorirebbe l'avvicinamento del paese all'Unione europea.
É intenzione del Governo italiano ricondurre a normalità il livello delle relazioni bilaterali con la Turchia, il che risponde agli interessi comuni dei due paesi e alla tradizionale amicizia fra i due popoli. Anche nei momenti piú difficili della vicenda Ocalan il Governo ha mantenuto attivo un canale di dialogo con le autorità turche che non si é attenuato. Tale dialogo mira adesso da un lato a segnalare alla Turchia l'intendimento dell'Italia di mantenere i capisaldi della propria strategia politica per l'avvicinamento di quel paese all'Unione europea, come ho detto, inclusi anzitutto i necessari adeguamenti di Ankara in materia di diritti umani, dall'altro ad esaminare i possibili sviluppi di collaborazione bilaterale sui quali concordare la propria azione: ricordo a titolo di esempio la cooperazione e la frequente consultazione nello scacchiere balcanico, gli sforzi comuni per la soluzione della crisi nel Kosovo, quelli per gestire il processo di pace in Bosnia. Anche il sostegno dato in passato dalla Turchia al progetto di riforma del Consiglio di sicurezza dell'ONU avanzato dal nostro paese testimonia un rapporto bilaterale che é sempre stato soddisfacente. Questo consente al nostro paese - lo ripeto ancora una volta - con particolare efficacia di chiedere il rispetto integrale delle esigenze di autonomia e di riconoscimento della comunità curda ed il rispetto - in questo come in altri casi - dei diritti umani.
Il senatore Russo Spena chiede al Governo se non intenda dichiarare l'esistenza di uno stato di guerra nel Kurdistan, con ció riconoscendo implicitamente l'esistenza di due popoli in lotta, ognuno con legittime aspirazioni nazionali.
Ritengo che una dichiarazione unilaterale di questo genere rischierebbe di avere un effetto controproducente rispetto all'obiettivo che si persegue.
La questione curda, laddove assumesse il carattere di una minaccia all'integrità del territorio turco, potrebbe determinare una reazione fortemente negativa.
Credo che occorra scoraggiare l'ipotesi che in Turchia prevalgano tendenze ancor piú autoritarie, e isolazioniste, che porterebbero quel paese al di fuori dell'influenza della Comunità internazionale, con maggiori difficoltà non soltanto per la popolazione curda.
Credo che l'ipotesi che il nostro Governo ha coltivato e coltiva di un avvicinamento della Turchia all'Unione europea, previa la rigorosa definizione e verifica di un rispetto adeguato dello standard dei diritti umani, dell'autonomia e del rispetto della questione curda, costituisca un contributo efficace ed una strada praticabile per risolvere quel problema.
In questo quadro, gli stessi rapporti commerciali con la Turchia non vanno intesi - perchè non lo sono, nè possono esserlo - come rispondenti ad una logica meramente economica, in contrasto con l'obiettivo di difendere, in quel paese, i diritti umani. Al contrario, l'apertura del dialogo e il suo sviluppo puó essere incoraggiato dai rapporti commerciali per rendere possibile anche quel processo di "contaminazione" democratica che avrebbe ostacolato, laddove vi fosse, un rapporto di chiusura.
Con questa intenzione e con questa esigenza di difesa e di tutela dei diritti umani in questa vicenda, con una forte richiesta in tal senso al Governo turco e con la richiesta che vengano garantiti, previamente allo sviluppo dei rapporti con l'Unione europea, i diritti umani in quel paese, il Governo é estremamente attento alle indicazioni che provengono dalle interrogazioni presentate e seguirà la vicenda tenendo conto di quelle sollecitazioni. (Applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo e Partito Popolare Italiano e dei senatori Marchetti e Jacchia).

ANDREOTTI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

ANDREOTTI . Signora Presidente, onorevole vice Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, credo che non possa essere ritenuto dissacrante se mi distacco da quella liturgia parlamentare per la quale ci si deve dichiarare soddisfatti o meno.
Ringrazio l'onorevole Mattarella per l'ampio intervento pronunciato.
Senza dubbio, esiste il problema del caso Ocalan, ma il problema vero e piú ampio che tutti, compreso il Governo, anzi i Governi - nessuno escluso - dobbiamo registrare é che vi é un grave deficit di attenzione sulla questione curda.
É vero che é difficile convocare una conferenza internazionale se non c'é una certa maturazione preliminare, ma dobbiamo stare attenti perchè questo prospettare delle difficoltà dura da troppi anni. Che sia la conferenza internazionale o che si trovino altre soluzioni, ritengo che l'opinione pubblica internazionale non possa continuare in uno stato di cose nel quale si ripeteranno i casi Ocalan, e allora torneremo ad occuparcene.
Credo che nessuno possa pensare che i curdi accettino di fare la fine degli armeni. Questo é un punto - anche se l'analogia non corrisponde al cento per cento - che deve guidarci ed allora occorre arrivare a definire uno schema di tutela della etnia curda che possa essere accettato anche dalla Turchia, facendo le dovute pressioni, anche negoziali, rispetto ad alcune aspirazioni che la Turchia ha.
Non possiamo dimenticare che la Turchia ha anche dei debiti nei confronti della situazione internazionale. Quando la Turchia occupó metà di Cipro, creó uno Stato riconosciuto solo da essa stessa, non dalla comunità internazionale. Ci fu una grande emozione, se ne é parlato per un po', ogni tanto se ne torna a parlare; i segretari delle Nazioni Unite pro tempore ogni tanto si recano sul posto, fanno delle proposte, ma di fatto non si é riusciti a trovare una soluzione.
Credo che dobbiamo scartare una ipotesi perchè devierebbe: quella della ricostituzione del Kurdistan. Ció, tra l'altro, creerebbe problemi anche ad uno dei paesi che ospitano i curdi, l'Iran, che in qualche modo ha trovato un modus vivendi, anche se in un contesto globale che certamente non é vittoriano per tutti i cittadini.
Vorrei ricordare solo - e saró brevissimo - che negli archivi della NATO dovrebbero esserci gli appunti di un colloquio della fine degli anni 50 tra il presidente Segni e il comandante alleato, generale Nordstat, proprio sul problema curdo. L'appello dell'onorevole Segni cadde nel vuoto e cosí pure analoghe iniziative prese via via nel tempo dall'Italia o da altri non sono mai state accolte.
Oggi abbiamo questo problema; era caldo, adesso é semicaldo. Non entro nel giallo, anche se forse dire che Ocalan é partito con un aereo privato lascia perplessi, ma sorvolo.
C'é un aspetto politico. É giusto quello che lei, onorevole Mattarella, dice, chiediamo alla Turchia di fare un processo giusto, peró diventa difficile fare una nota diplomatica in cui si chieda questo. É stato fatto peró o lascia il tempo che trova o crea un certo senso di rigetto.
Comunque, quello che é successo sia in Italia sia a Nairobi non lo conosco che dai giornali e non entro nel merito. Credo che si é fatto bene a stare attenti a scrutinare l'ipotesi di concedere l'asilo politico perchè l'asilo politico presuppone, anche a norma della nostra Costituzione, una mancanza di libertà e quindi si dà una patente formale ad un paese. Proprio in questo quadro in cui si cerca di non urtare oltre il necessario e di spingere con misure positive per ottenere una soluzione forse é giusto non darlo. Del resto, anche in materia di asilo politico i comportamenti sono stati diversi: abbiamo avuto per un lungo periodo i polacchi che entravano di transito in Italia per andare poi negli Stati Uniti e, per la verità, non erano espulsi, anzi il Governo organizzava gli aerei, organizzava i pullman che li portavano fino a Latina. Si era trovato un modello per cui si diceva che potenzialmente erano soggetti ad un regime di non libertà. Questo ci creó qualche problema che comunque fu risolto.
Da ultimo, é ingiusto prendersela con il Governo italiano per la mancata estradizione in Turchia; mi rivolgo a chi fa questo rimprovero. É ingiusto per vari motivi. A parte le remore costituzionali, che sono state ricordate, c'é anche un aspetto su cui, terminando, richiamo la vostra attenzione. Vi é una precisa posizione della Corte dei diritti dell'uomo in seno al Consiglio d'Europa, che in tre casi analoghi, di curdi turchi che avevano avuto dalla Francia l'estradizione, ha obbligato la Francia a concedere la residenza. Strasburgo é intervenuta di autorità per la tutela di un principio generale.
Allora, credo che oggi vada esaminato l'insieme dei fatti perchè i protagonisti di questa vicenda appartengono a comunità a cui anche noi apparteniamo. Sotto un certo aspetto, vedere che una volta Grecia e Turchia si scambiano una cortesia a qualcuno potrebbe anche far piacere, ma certamente non é su questo che si possono distendere gli animi nei confronti di una controversia che dura da moltissimo.
Io ho terminato, vorrei solo pregare di non prendere alla lettera l'interrogazione che mi vede secondo firmatario - io ieri ero in Romania - ma solo nel suo significato globale. (Applausi dai Gruppi Partito Popolare Italiano e Democratici di Sinistra-L'Ulivo).

SALVI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

SALVI . Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimiamo soddisfazione per la risposta che ha fornito il vice presidente del Consiglio, onorevole Mattarella.
Intanto il comportamento del Governo si é mostrato lineare, coerente ai principi di uno Stato di diritto. Possiamo dire che si tratta di una vicenda non bella, rispetto alla quale tanta parte della comunità internazionale, putroppo anche nazioni alleate e amiche alla nostra, non ha dato il meglio di sè; il Governo italiano, le autorità italiane e il nostro paese hanno mostrato invece linearità, coerenza di comportamenti e di attenzione alle regole dello Stato di diritto.
Vedo che ci sono interrogazioni provenienti da una parte politica che contestano la responsabilità del Governo italiano per il fatto che Ocalan sia ora nelle carceri turche; forse se un esponente di quel partito con eccessiva leggerezza non avesse accompagnato Ocalan in Italia, avendogli magari promesso chissà che cosa che non si sarebbe poi potuta verificare, le condizioni attuali di Ocalan sarebbero diverse.
In realtà, il Governo italiano ha fatto bene a non concedere l'estradizione; ha applicato un principio di civiltà giuridica, che affermammo, proprio in quest'Aula del Senato, con una mozione sul "caso Venezia", facendo in modo che si sollevasse quel conflitto di attribuzione che ha portato alla sentenza della Corte costituzionale, che ha stabilito un principio, che fa onore al nostro paese, per il quale l'estradizione non puó essere concessa verso uno Stato estero per reati per i quali in quel paese é prevista la pena di morte. Dopo aver detto di no agli Stati Uniti d'America, sarebbe stato quindi davvero fuori di luogo dire di sí alla Turchia.
Pertanto, le regole dello Stato di diritto sono state rispettate. Ocalan ha lasciato per sua libera scelta - come il Governo ha ribadito - il nostro paese. Ora il problema é che cosa fare. Credo che le indicazioni che il Governo fornisce vadano nella giusta direzione, ma vanno perseguite con grande determinazione.
In primo luogo, c'é l'esigenza di chiedere alla Turchia, con grande fermezza, che nel trattamento di Ocalan siano rispettati quei principi fondativi della civiltà giuridica che sono alla base dell'Unione europea. L'Europa non é solo moneta, non é solo mercato, non é solo commercio delle nostre imprese, non é solo Banca centrale europea; l'Europa é anche una civiltà di democrazia e di diritti che riguardano la tutela della dignità della persona. La Turchia non puó pensare di fare ultreriore passi avanti nei rapporti con l'Unione europea se in questa vicenda, che richiama su di essa l'attenzione degli occhi del mondo, si dovesse perseguire la strada che, purtroppo, la visione di quel brutto video trasmesso ieri dai telegiornali fa temere venga intrapresa.
Occorre che a Ocalan sia consentito al piú presto il contatto con legali di sua fiducia, che sia dato il permesso ai parlamentari europei che l'hanno chiesto di avere un incontro con lui e che sia garantita la presenza di osservatori e giuristi internazionali al processo. Occorre anche dire con molta fermezza che il ricorso alla pena di morte, che contrasterebbe oltretutto con le obbligazioni assunte dalla Turchia in quanto membro del Consiglio d'Europa, sarebbe per il nostro paese un segnale che porrebbe, ripeto, la questione del rapporto tra la Turchia e l'Unione europea in termini di non possibilità di ulteriori avvicinamenti.
In secondo luogo, occorre affrontare - l'ha ricordato il senatore Andreotti - la questione della soluzione politica del caso curdo. Non ci possono essere popoli di serie A e popoli di serie B, popoli i quali si trovano al centro del gioco delle grandi potenze e che sono trattati diversamente a seconda che siano da una parte o da un'altra del confine. Se esiste una questione curda in Iraq, esiste una questione curda in Turchia e occorre che la Comunità internazionale, e in particolare l'Unione europea, si attivi perchè questa occasione, che rischia di essere tragica, anche per le ripercussioni che sta avendo sulle comunità internazionali turche e curde, sia invece, per una di quelle circostanze che a volte la storia offre agli statisti, ai popoli, ai dirigenti politici dei paesi, l'avvio per un dialogo, un confronto, fra il Governo turco e le popolazioni curde. Certamente - ripeto - non si puó accettare l'idea per la quale esiste un popolo, quello curdo, che é soggetto al gioco delle grandi potenze e che pesa solo se e nella misura in cui interviene a favorire gli interessi di questa o quella potenza.
Infine, si pone con tutta evidenza la questione dei limiti dell'Europa. Noi abbiamo un deficit democratico e un deficit di politiche comuni che é urgente colmare. Già l'abbiamo visto in occasione dell'intervento sull'Iraq, quando un Governo europeo ha agito in modo del tutto autonomo e indipendente rispetto agli altri Governi europei aderendo ai bombardamenti su Bagdad e sull'Iraq. Anche in questa circostanza, purtroppo l'Europa ha mostrato di non esistere con una comune politica di sicurezza estera della difesa. Mi dispiace doverlo dire, ma quello del Governo tedesco non é stato un comportamento ispirato a spirito di solidarietà europea. L'aver revocato il mandato di cattura internazionale, confermando il mandato di cattura interno e, piú in generale, il comportamento tenuto in quella fase non é stato ispirato a questi criteri.
Ora occorre porre con determinazione la questione della costruzione di una politica della difesa, di una politica estera, di una politica di sicurezza comune dei popoli europei, che richiede evidentemente una piú forte legittimazione democratica delle istituzioni europee: Parlamen to, Commissione e Governo. La questione é oramai ineludibile, perchè l'Europa non puó essere un gigante economico e finanziario con i piedi d'argilla su questioni politiche cosí delicate e cosí rilevanti.
In conclusione, esprimo soddisfazione e un giudizio positivo per il comportamento tenuto dal Governo italiano in una vicenda nella quale, purtroppo, la comunità internazionale e tanti Governi del mondo hanno fatto una pessima figura; sostengo la necessità di richiamare con fermezza la Turchia alle condizioni che legano la possibilità di ulteriori e piú stretti rapporti tra l'Unione europea e la Turchia; la necessità di essere protagonisti a livello internazionale della ricerca di una soluzione politica alla questione del popolo curdo; la necessità di affrontare, con grande determinazione, il clima della costruzione di politiche comuni dell'Europa, anche oltre il campo della moneta e della banca. (Applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo e Partito Popolare Italiano)

SERVELLO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

SERVELLO . Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Vice Presidente del Consiglio, io l'ho ascoltata con molto interesse, peró, dopo aver ascoltato lei e ora il collega Salvi, mi pare di sognare, perchè siete riusciti ad annegare il caso Ocalan e le responsabilità del Governo in un mare di parole, in un mare di intenzioni; per carità!
Dal vostro punto di vista, peró, non emerge un dato di fatto, e cioé che ci troviamo in una vicenda che ha dei risvolti tragici. Gli sviluppi del caso Ocalan confermano, infatti, quali conseguenze sta determinando l'incredibile comportamento di taluni settori della Sinistra italiana. Io la prego di leggersi le agenzie di stampa, con i rimbrotti e le accuse reciproche che si lanciano gli esponenti del Partito di Rifondazione Comunista e coloro i quali sono in questo momento al Governo.
Oggi, nel momento in cui tardivamente si valutano le conseguenze di una condotta, che mi permetto di definire irresponsabile sul piano della nostra politica internazionale e pericolosamente avventurista su quello politico ideologico, i distinguo appaiono - a mio avviso - poco convincenti. La posizione che definirei tardo-pilatesca del Governo non convince; e del resto non é un caso che a riferirci sull'argomento non siano qui il presidente D'Alema, che aveva assunto in proprio la gestione di questo caso, il ministro degli esteri Dini o un altro responsabile dei Dicasteri coinvolti, compreso quello della giustizia, ma il vice presidente Mattarella, incaricato - non la invidio - dell'ingrato compito di fornire una spiegazione ad un agire politico che non ne ha alcuna. Lei é stato abile - ripeto - peró ció non esime il Governo, con tutti gli omissis delle sue risposte, dalle responsabilità che si é assunto.
Ci siamo dimenticati, infatti, le dichiarazioni ambigue, tra solidarietà dichiarata e comprensione, formulate da esponenti delle forze politiche di Governo nei confronti di Ocalan.
Il Governo ha sbagliato nel non bloccare tempestivamente il caso sottraendo il nostro paese all'attuale situazione. É lí la responsabilità principale perchè se é vero che gli obiettivi prioritari dell'ira curda sono attualmente la Grecia, il Kenya e l'Israele, tuttavia é fin troppo chiaro che tra gli "altri paesi", come é scritto nei messaggi dei leader curdi, la cui responsabilità viene indicata dai portavoce appunto del PKK, vi é sicuramente l'Italia.
Abbiamo provocato un'esplosione inizialmente mediatica, ma poi tragica del caso curdo, sottovalutando o completamente ignorando i termini della questione, le sue implicazioni strategiche e geopolitiche, la natura stessa del problema curdo e dei suoi protagonisti. Abbiamo portato l'Italia in rotta di collisione con un alleato antico e sicuro, anche con negative ricadute economiche, che non so come si potranno recuperare. Abbiamo determinato una situazione di imbarazzo e di critica all'interno dell'Unione europea, cercando di scaricare invano la soluzione di un problema che noi, e soltanto noi, avevamo aperto. É questo il punto, onorevole Mattarella. Abbiamo presentato come perseguitato ed eroe un terrorista per giunta coinvolto in prima persona nel narcotraffico e in operazioni criminali. E per finire abbiamo compromesso ulteriormente il nostro paese fornendo ad Ocalan l'aereo di una compagnia di Stato, che l'ha portato a Mosca.
Oggi le nostre autorità si giustificano affermando che il dopo, cioé quel che é avvenuto a partire dal momento in cui Ocalan ha lasciato l'Italia, non é cosa che ci riguarda. Non é vero neanche questo. É stato il nostro Governo che non ha saputo reagire con decisione ed immediatezza, al delinearsi del problema che ha creato di per sè, con il fatto stesso di essersi verificato e di averlo tollerato, le condizioni attraverso le quali Ocalan é finito in mano dei turchi nel peggiore dei modi, determinando reazioni curde di portata drammatica.
Auspichiamo noi del Gruppo di Alleanza Nazionale - e ne siamo convinti - che Ocalan avrà dalla Turchia un processo equo e con tutte le garanzie necessarie. Ad Ankara sanno di avere addosso gli occhi del mondo e non ignorano che un processo sommario chiuderebbe definitivamente alla Turchia la porta d'Europa. La questione curda certo resta drammaticamente aperta ed il nostro impegno diplomatico deve essere rivolto a trovare una soluzione - come diceva poc'anzi il senatore Andreotti - nel quadro della realtà geopolitica e statale della Turchia. Il distinguo piuttosto sottile del senatore Andreotti rispetto alla interrogazione su cui é intervenuto é di per sè sintomatico. Comunque, ogni altra soluzione, a parte l'impraticabilità, potrebbe portare il caos nella nevralgica regione del Medio Oriente. Questi sono i termini del problema; queste sono le responsabilità.
Queste sono le ragioni, onorevole Vice Presidente del Consiglio, per cui noi di Alleanza Nazionale dichiariamo totale la nostra insoddisfazione. (Applausi dai Gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia. Molte congratulazioni).

RUSSO SPENA . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

* RUSSO SPENA . Signora Presidente, non ho nè lo spirito nè la volontà di fare polemiche o di rispondere ad esse. Dico solamente al senatore Salvi - che in questo momento non é presente - che egli sa benissimo che le cose non si sono svolte come ha detto, che non bisogna dire sciocchezze soprattutto attaccando sul piano morale. Puó essere contento, Salvi, sul piano politico del comportamento del Governo, ma lasci stare le questioni morali e soprattutto non pronunzi frasi la cui gravità sarebbe passibile di querela. Sull'aspetto morale sono intransigente. Salvi, tra l'altro, sa benissimo che i fatti non si sono svolti come ha raccontato in quest'Aula. Comunque, non voglio fare polemiche. Sono giorni infatti di sofferenza per chi come noi, Rifondazione Comunista, condivide no da ora i drammi, le lotte, i tentativi aspri, i processi di liberazione delle curde e dei curdi. Sono giorni di dolore per chi sa leggere lo sgomento, la delusione e la rabbia disperata che é negli occhi di quelle stesse donne e di quegli uomini che due mesi fa ci abbracciavano e ringraziavano il Governo italiano, perchè avevano fiducia che il ruolo dell'Italia e dell'Europa potesse permettere che si iniziasse nelle sedi internazionali un processo di difficile autonomia.
Non so ora di che cosa stiamo in effetti parlando. Mi sembra difficile parlare di giusto processo, perchè sembra quasi un po' beffardo e grottesco conoscendo i rapporti di Amnesty International sulla Turchia, di cui piú volte si é interessata la Commissione esteri - e non solo - della Camera e del Senato. Vedo ora tanta ipocrisia, molte preoccupazioni tardive e tanti sepolcri imbiancati. Per questo motivo devo dire che avevo deciso di intervenire soltanto per pronunciare poche parole per esprimere la condivisione programmatica piena dei punti politici urgenti e di quelli di prospettiva, posti due ore fa alla Camera dei deputati a nome di Rifondazione Comunista, da Ramon Mantovani nel corso di un intervento che condivido pienamente.
Poi devo dire, superando anche il fastidio, il pudore e la sofferenza, che ho ritenuto che fosse utile e doveroso, anche per il futuro, far conoscere il contenuto vero delle proposte di Ocalan, perchè in questa sede sono state dette cose inesatte anche sul piano dei rapporti geopolitici e dell'integrità statale della Turchia (in buona fede, credo, dallo stesso onorevole Mattarella). Ocalan ha lanciato un messaggio preciso e generoso che il Governo non ha voluto o non ha saputo comprendere.
Sono stato uno fra i tanti dirigenti politici che ha avuto il piacere di parlare con Ocalan direttamente e quindi di incontrarlo qui a Roma. Ma é importante ricordare che egli aveva incontrato nei giorni precedenti il Natale Pietro Ingrao, il quale il 17 febbraio, a poche ore dall'azione che reputo giuridicamente di criminalità internazionale, non di arresto ma di rapimento di Ocalan, ha scritto su "Il Manifesto" un breve e sofferto articolo che vorrei che, almeno per la prima parte, restasse agli atti del Senato. Pietro Ingrao ha scritto: "L'hanno arrestato. Esulta il tiranno turco. Finalmente gli ha stretto le manette ai polsi e sono celebri nel mondo le carceri turche che - come si dice - sono di massima sicurezza. Perfino i romanzi ne hanno raccontato al mondo di orrori. Sta lí ora Ocalan, in quelle tane. Glielo ha consegnato ai turchi l'Europa vigliacca - ripeto vigliacca - in cambio di affari e di basi militari, cosí obbliganti ambedue e al di sopra di tutto. Che vergogna! Era venuto Ocalan, cercando per l'avvenire del popolo curdo una possibile via di pace, una svolta rispetto alla lotta armata sottolineatami piú volte. Lo sapevamo del resto, lo aveva detto pubblicamente, perchè non sentirlo? Eppure, i civili Governi europei l'hanno cacciato; gli hanno negato un tetto qualsiasi, un lembo di terra; gli hanno rifiutato pure il diritto d'asilo, quella parola cosí dolente e amara che sembra non si possa neanche negare nemmeno ad un cane rognoso nei luoghi del mondo cristiano, nelle cattedrali solenni dei diritti umani. Hanno rifiutato ad Ocalan persino il diritto di parola dietro le grate di un Tribunale, perchè egli aveva chiesto generosamente e pubblicamente anche le grate di un tribunale per raccontare dei problemi del suo popolo. Domandiamo: a chi, a che cosa poteva far danno il curdo ammanettato che parlava dentro una corte di giustizia europea con i gendarmi di sentinella? Rispondeteci anche voi, signori del Governo: che altro doveva accettare, che altro poteva accettare il curdo ribelle piú che farsi imputato e prigioniero pur di poter parlare al mondo delle condizioni del suo popolo? Eppure l'Europa vigliacca ha avuto paura della verità anche nelle condizioni di massima sicurezza e con il ribelle in manette.
Ma io dico: sporca paura per i suoi affari e per le sue guerre; come duole annotare che il Governo del nostro paese é stato partecipe di questa scelta. Ocalan aveva ammazzato? Ma diteci: che poteva fare non il curdo ma il "turco di montagna" (come viene chiamato in Turchia) se il suo popolo non aveva il diritto nemmeno di dirsi nazione, nemmeno di riconoscersi in un territorio, di darsi la sua legge, spezzato in tronconi tutti soggetti allo straniero, secondo una spartizione, del resto, voluta o avallata dal civile occidente?
Aveva voluto parlare all'Europa: l'Europa lo ha respinto e ora é lí, nelle carceri di una Turchia che é evidentemente molto potente" (lo sottolineo: molto potente) "e di questo dobbiamo prendere atto. La situazione ora é questa. É da qui che ripartiamo".
Ecco, io esordisco con le parole di Pietro Ingrao (per nulla offensive verso nessuno, senatore Salvi), con le parole di una persona che legge la realtà, che ha un punto di vista che va rispettato come io rispetto quello degli altri: questa é democrazia, il resto, appunto, mi pare visione totalizzante della politica internazionale.
Ebbene, rispetto a questi impegni per i diritti umani, alle garanzie internazionali, alla necessità (mi permetta, vice presidente Mattarella), di cui a lungo ho discusso in Commissione con il ministro Dini e con il sottosegretario Fassino, della contaminazione democratica, io credo che si debba prendere atto che in questi anni di politica di contaminazione democratica é peggiorata la situazione, come dicono i rapporti dell'Unione Europea, i rapporti di Amnesty International , la Convenzione contro la tortura: sono peggiorate tutte le situazioni dei paesi che abbiamo tentato di contaminare democraticamente. Non dico che noi ne siamo stati contaminati, ma dico che non funziona, che forse per ottenere che Ocalan sia restituito al suo popolo o perlomeno a un giusto pro cesso e per ottenere che la Turchia diventi un paese che rispetta gli standard europei forse occorre cambiare registro, forse occorre fare diversamente, forse occorre che il principio fondamentale dei diritti umani che deve essere alla base del nuovo diritto internazionale nella fase della cosiddetta globalizzazione non sia subordinato a troppo mercantilismo, perchè quando poniamo i diritti umani al centro di un tribunale dei popoli da ricostruire in una fase come quella della competitività internazionale nella globalizzazione, non vi puó essere stato di guerra, mercantilismo, documento della Confindustria per la perdita di commesse che possa incidere. Altrimenti andiamo tutti (perchè tutti ne siamo responsabili, io per primo) verso la fine della democrazia e nessuno puó farsi maestro, perchè la democrazia planetaria é il grande problema del millennio che si apre. E il caso Ocalan, drammatico (lo dico con sofferenza perchè io penso che non si chiuderà facilmente e bene), allude a questa grande responsabilità che noi nazioni "civili" europee dobbiamo assumerci nei confronti degli altri paesi del mondo. (Applausi del senatore Boco).

MARCHETTI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

MARCHETTI . Signor Presidente, le parole del Vice presidente del Consiglio meritano sicuramente apprezzamento. Io non dubito che quanto é a sua conoscenza ci sia stato riferito con esattezza, non dubito che il Governo italiano, nel quadro di una situazione difficile, abbia, di fronte a questa complessa vicenda, attivato una serie di propositi che inizialmente erano stati espressi con grande chiarezza.
Ricordo anche con una certa emozione le parole del Presidente del Consiglio quando ha dovuto affrontare per la prima volta la vicenda di Ocalan e, al di là delle riserve di ordine formale, le competenze della Commissione preposta a negare o a concedere l'asilo politico. Dicevo, ricordo in quelle parole del Presidente del Consiglio l'intenzione (cosí la recepii io) di fare del caso Ocalan un momento importante per affrontare e sviluppare le iniziative del nostro paese intorno al problema dei curdi; una questione rispetto alla quale si presentava il problema della libertà, dell'autonomia e dell'indipendenza, nelle forme da determinare e da ricercare nella concretezza della realtà nella quale questa lotta si sviluppa, problema sul quale impegnare l'Italia e l'Europa.
Ricordo il vasto consenso che nei mesi precedenti si era verificato (anche da tempo) nel nostro paese intorno alla causa curda. Ricordo quelle parole del Presidente del Consiglio ed anche gli atti successivi del Governo, o per lo meno le sue dichiarazioni e i suoi comportamenti non ancora conclusivi attorno a questa vicenda, che mi avevano dato l'impressione di un impegno politico forte per risolvere questo caso, che era il caso di una persona, ma anche di un popolo (poi si é introdotta la distinzione se fosse il capo di tutto un popolo, ma certamente si tratta di un leader importante del popolo curdo, al di là delle definizioni e dei titoli formali che gli si possono attribuire).
Credo che di fronte alle intenzioni cosí ben espresse allora dal Governo si sia successivamente verificato qualcosa che ha dato un carattere un po' illusorio anche alla mia convinzione di quel momento: c'é stato un richiamo alla realtà. Credo cioé che la vicenda nel suo complesso dimostri come poi, nonostante la volontà, che io credo fosse sincera, del nostro Governo di percorrere la stessa strada, tale strada poi non sia stata percorsa con tutta la coerenza che sarebbe stata necessaria fino in fondo. Penso che la coerenza avrebbe richiesto, in definitiva, altro, al di là dei formalismi e delle Commissioni (anche se, certamente, i passaggi formali vanno rispettati) perché il problema era di un'importanza politica tale. Ma é subentrata, da un lato, la "fuga" dell'Europa (é stato ricordato il sostanziale disimpegno del Governo tedesco e l'incapacità dell'Europa a diventare, anzichè momento soltanto finanziario ed economico, anche momento politico e di unità ideale) e, dall'altro, al di là di questa incapacità, é emerso un forte condizionamento, evidentemente partito dagli Stati Uniti (é chiaro a chiunque voglia vederlo), che ha impedito ancora una volta all'Europa di avere una propria voce. Alla fine, ció ha determinato la chiusura di una vicenda che, per quanto riguarda strettamente l'aspetto della permanenza italiana di Ocalan, é stata gestita con un minimo di dignità e con qualche accordo - a quanto capisco - tra lo stesso Ocalan e il Governo italiano, ma che certamente non si puó dire abbia avuto quella conclusione che i democratici del nostro paese e tutti coloro che dichiarano di tenere alla causa della libertà e all'autonomia di questo popolo si sarebbero augurati.
Credo che la vicenda ci richiami, quindi, a questa realtà nella quale occorre lavorare perchè l'Europa diventi non soltanto un'entità che ruota intorno all'Euro, ma un soggetto di valori democratici e con ideali da perseguire e da difendere di fronte a qualsiasi ingerenza di qualsivoglia paese che voglia imporre, come fanno gli Stati Uniti, costantemente la propria legge in ogni parte del mondo.
Penso che la lettura della vicenda sia questa, al di là dei contorni e degli aspetti di critica che si possono rivolgere a questo a quello per questioni del tutto contingenti. Questa é la questione politica, cioé una riflessione sulle condizioni di autonomia che si pongono per il nostro paese e per l'Europa, proprio in funzione del ruolo che occorre svolgere di fronte a questo problema, nella situazione che ormai si é determinata con il rapimento di Ocalan da parte dei servizi segreti turchi e - da quanto si dice - israeliani e con l'aiuto della CIA: é necessario chiamare le cose con il proprio nome.
Non c'é alcuna volontà antiamericana in queste considerazioni ma soltanto l'esigenza di vedere la realtà per quello che é, di considerare gli Stati Uniti un alleato, un paese con il quale avere, ovviamente, rapporti amichevoli, ma nei confronti del quale é necessario rivendicare quell'autonomia che, ad esempio, in altre occasioni analoghe, la Francia ha saputo rivendicare, anche in anni non recenti, quando era piú difficile di adesso per un paese dell'Alleanza atlantica assumere nei confronti degli Stati Uniti posizioni piú autonome.
Obiettivamente, mi sembra che il quadro sia questo: un Governo che si é impegnato ma che ancora non é stato in grado di esprimere pie namente quell'autonomia che pure il Governo stesso ha sottolineato di voler conquistare, e questo va apprezzato come elemento positivo.
Se questo é il quadro, ritengo che siano da condividere tutte le proposte relative all'esigenza di svolgere il processo, esigenza sottolineata anche dalla Commissione esteri del Parlamento europeo, ma anch'io ho, di fronte alla realtà, lo stesso tremore che attraversava il senatore Russo Spena (e mi sembra quasi di utilizzare parole improprie).
Proprio poco fa abbiamo parlato in quest'Aula di giusto processo. Evidentemente, le parole assumono una relatività di fronte alla concretezza delle situazioni. É pleonastico dichiarare di aderire alle richieste che i parlamentari italiani, europei, di tutto il mondo possano incontrarsi con Ocalan; si tratta di tutte richieste giuste ma, a seguito di questo, ritengo debba esserci una forte volontà politica che non é quella che viene espressa quando si sostiene che non esistono le condizioni per convocare una conferenza internazionale.
É stato giustamente sottolineato, anche in questo dibattito, che da tempo si dice che non esistono le condizioni per la convocazione di una conferenza internazionale ma non vorrei che qualcuno - che non é certamente il Vice Presidente del Consiglio, nè il Presidente del Consiglio - sostenesse che non si puó spezzare un rapporto con la Turchia per trainarla fuori dalla dittatura e dal regime antidemocratico nel quale oggi si trova.

PRESIDENTE . Senatore Marchetti, la prego di concludere.

MARCHETTI . Non vorrei che tale discorso - che pure ha un suo fondamento - diventasse l'argomento frenante e giustificativo di quello preminente, e cioé che i rapporti commerciali hanno la prevalenza su tutto, sono quelli che contaminano la democrazia e la Turchia.
Chiedo che il Governo si impegni a fondo, prima di tutto per salvaguardare la vita e per garantire, insieme alla comunità internazionale, un giusto processo - usiamo pure questa espressione - al leader del popolo curdo.
Credo che questo sia il primo impegno immediato, urgente perchè tutto puó succedere in quelle carceri, ma penso nello stesso tempo che l'impegno debba essere quello che nell'agenda europea e in quella internazionale vi sia all'ordine del giorno urgentemente, cosí come vi sono altre questioni, l'esame serio della situazione dei curdi per garantire libertà e autonomia a quel popolo.

D'ONOFRIO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

D'ONOFRIO . Signora Presidente, onorevole Vice Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il CCD purtroppo é insoddisfatto della risposta del Governo per una ragione molto precisa. Nella nostra interrogazione abbiamo chiesto esplicitamente al Governo di esprimere una sua valutazione in ordine alle affermazioni del portavoce del PKK contenute ne "il manifesto" di oggi; egli ha esplicitamente chiamato in causa il Governo italiano e le sue responsabilità complessive nella vicenda di Ocalan. L'onorevole Mattarella non ha ritenuto di rispondere su questo punto.
Non so se le questioni sono state sollevate in modo sufficientemente adeguato. Mi permetto allora di leggere due passaggi di questa intervista perchè é bene che agli atti del Senato, al di là delle tantissime e tutto sommato irrilevanti parole che abbiamo ascoltato (Commenti del senatore Marchetti) , restino le parole dette dal portavoce del PKK in questa specifica vicenda in riferimento alle questioni che sono state sollevate.
Non ho ascoltato nessuno dei colleghi che fanno parte dei partiti che sostengono il Governo riferirsi a questa intervista e contestarne il contenuto.
Leggo i due passaggi per la memoria del Governo e dei colleghi che sostengono il Governo medesimo. Viene chiesto ad Hamet Yaman, portavoce del PKK ("il manifesto" di oggi, l'unico giornale che si é potuto leggere in una giornata di sciopero): "Puó spiegare all'opinione pubblica italiana perchè Ocalan, il 16 gennaio scorso, ha deciso di abbandonare il nostro paese?". Risponde: "All'inizio il Governo italiano si impegnó per una soluzione pacifica della questione curda e quindi di Ocalan. Poi, con il passare delle settimane, il Governo italiano ha cambiato posizione. Posso dire che la decisione di lasciare l'Italia é stata presa da Ocalan d'accordo con il Governo italiano". Domanda successiva: "C'é stata una trattativa? E quali sono stati gli impegni assunti dal Governo italiano?". Risponde Yaman: "Da palazzo Chigi erano arrivati segnali che il Governo voleva che Ocalan lasciasse l'Italia. Il presidente poteva decidere di rimanere ma non ha voluto creare problemi al vostro Governo. E, dunque, la sua é stata una partenza concordata. Il Governo aveva spiegato che, andandosene Ocalan, l'Italia avrebbe avuto piú chance , era piú credibile, per proseguire la sua iniziativa diplomatica mirata a far convocare una conferenza internazionale per la questione curda. Contemporaneamente, il Governo italiano si é impegnato a non far archiviare la procedura per il riconoscimento dell'asilo politico chiesto da Ocalan e a garantire la sua sicurezza personale ovunque andasse".
Onorevole Mattarella, mi permetto di sottolinearle che queste dichiarazioni rappresentano importantissime valutazioni su quella oscillazione drammatica che il Governo italiano ha mostrato in tutta la vicenda Ocalan e che il CCD ha denunciato fin dal primo giorno, essendo stato il nostro un partito che aveva una posizione, ovviamente opinabile e criticabile come tutte le posizioni lineari, ma una posizione. Abbiamo ritenuto e ritenevamo che Ocalan andasse espulso dall'Italia nel momento stesso in cui si era accertato il tipo di reati per i quali era stato accusato. L'espulsione era una indicazione di non volontà di estradizione verso la Turchia per la presenza della pena di morte all'interno del codice penale di quel paese. Era una indicazione che rimetteva a Ocalan la scelta del paese in cui recarsi, una volta presi accordi con il paese medesimo, perchè ovviamente non si espelle e si lascia ai confini una persona. Era una posizione che rendeva l'Italia libera di assumere nei confronti della questione curda iniziative ritenute adeguate. Era - ripeto - una posizione.
Questo Governo, purtroppo, come il Governo Prodi precedente, non puó avere una politica estera, non puó avere una politica militare perchè al proprio interno convivono posizioni opposte sulla politica estera e sulla politica militare. Quindi, non é questione di incapacità del Presidente del Consiglio, men che meno del Vice Presidente del Consiglio. É la constatazione drammatica che il Governo della Repubblica, nell'integrazione europea in atto, é inidoneo ad esprimere una posizione di politica estera avendo alle proprie spalle una maggioranza che lo sostenga. perchè non ha una comune idea dell'Italia, non ha una comune idea del nostro ruolo soprattutto nell'area mediterranea che ci riguarda piú da vicino, non ha una comune idea di quale rapporto debba istaurarsi nel mondo tra l'appartenenza etnica ad una nazione ed uno Stato di riferimento, perchè di questo si tratta.
Quando parliamo del problema curdo noi lamentiamo il fatto che questo popolo - che é popolo - é frantumato in piú Stati, non ha uno Stato proprio, quindi ci faremmo sostenitori della tesi che a ogni popolo corrisponde uno Stato. Per carità, una tesi legittima, é stata la tesi con la quale si sono formati nel corso dell'800 tanti Stati-nazione, é la tesi che oggi nell'epoca della globalizzazione sembra non aver piú corso legale. Vuole l'Italia farsi carico di questa tesi? Vuole l'Italia farsi sostenitrice che dovunque vi sono popoli, vi devono essere Stati, quindi disfacendo Stati multietnici e formando stati monoetnici dovunque é possibile? É una politica estera. Non puó farlo perchè ovviamente questa posizione contrasterebbe con quella di chi ritiene invece che in epoca di globalizzazione gli Stati cessano di essere espressione delle rispettive nazioni e diventano luoghi nei quali si organizzano le istituzioni, in questo caso democratiche, al servizio delle rispettive popolazioni. Ma questa é un'altra idea dell'Italia. É la stessa ragione per la quale non si riesce ad avere una politica dell'immigrazione, é una ragione per la quale non si riesce ad avere una politica militare.
Convivono antiche, mitiche tentazioni antimilitaristiche - dovunque vi sono forze armate lí vi é il male di per sé - con tentazioni di farsi perdonare l'antimilitarismo del passato. E in questo Governo abbiamo talvolta la possibilità di ascoltare voci talmente iperatlantiche da far sorridere quelli che scelsero l'Alleanza atlantica quando gran parte dell'Italia a Sinistra sceglieva l'Unione sovietica. Cioé, vi sono gli eccessi dell'iperatlantismo, dell'iperamericanismo, dell'ipereuropeismo e gli eccessi opposti dell'antiatlantismo, dell'antiamericanismo e dell'antieuropeismo; é quindi la constatazione di una non maggioranza di Governo. L'abbiamo constatato in riferimento alla vicenda albanese con il Governo Prodi (solo il concorso dell'opposizione ha consentito all'Italia di non svolgere nel mondo un'azione destinata al fallimento totale), lo constatammo qualche settimana fa in riferimento alle azioni militari nei confronti dell'Irak; lo constatiamo in riferimento alla Conferenza di pace per il Kosovo, lo constatiamo oggi e in queste settimane con riferimento alla vicenda Ocalan.
Quindi, mi limito putroppo a rilevare che in questa vicenda non mi interessa questo o quell'episodio, questo o quel fatto - non perchè sia umanamente indifferente a questi episodi e a questi fatti - ma nell'insieme la presenza di Ocalan in Italia costituiva o un insulto grave alla politica estera del Governo, e andava quindi respinto immediatamente, o un'occasione per fare della sua presenza l'inizio di una politica diversa nei confronti del popolo curdo. L'una e l'altra erano due strade; il Governo sembrava aver scelto l'una, poi ha scelto l'altra. Ha oscillato ravvisando in Ocalan la presenza di un grande patriota prima, di un terrorista dopo. Ha ritenuto di non potergli dare asilo politico, ma non voleva dare l'estradizione. Non ha voluto esprimere il coraggio dell'espulsione dignitosamente assunta. Ha "traccheggiato" e, come leggiamo da questa intervista, ha "fatto capire".
Voi comprendete la delicatezza, l'importanza e la gravità di queste affermazioni, che, se non smentite, debbo ritener vere? "Da Palazzo Chigi", dice Yaman, "erano arrivati segnali che il Governo voleva che Ocalan lasciasse l'Italia". Ma di che cosa stiamo parlando? Di un paese, di uno Stato degno di questo nome? Di un Presidente del Consiglio che governa un paese? O stiamo parlando dei tentativi sottobanco, di nascosto, facendo finta di non vedere, con tutta una serie di compromissioni, che poi sono quelle che hanno portato alla scelta di Ocalan di andare via - ora apprendiamo che é andato in Russia - e far finta di dire dopo: "Non ci riguarda piú che fine ha fatto". E invece ci riguarda eccome, perchè non era un qualunque privato cittadino imputato di un qualsiasi reato; era l'esponente di una linea politica - probabilmente la piú sbagliata dal mio punto di vista - come capo del PKK curdo, ma certamente di una linea politica, che non ha avuto di fronte, invece, un Governo capace di una linea politica.
Queste sono le ragioni di una grande insoddisfazione nei confronti della sua risposta. Sono grato per la gran quantità di informazioni che ci ha dato, confermo la mia convinzione che non si tratta, nel modo piú assoluto di una sua inadeguatezza; purtroppo lei non é in grado di poter esprimer una posizione chiara perchè il Governo non é in grado di farlo. E il fatto che non sia in grado di farlo é una debolezza estrema per il nostro paese, la cui assenza - lo dico al senatore Russo Spena e agli altri colleghi - nei centri dove si decide in Europa e nell'area atlantica é un'assenza politica, non é un'assenza dovuta alla cattiveria degli europei o alla cattiveria degli americani. Non ha credibilità un Governo che non ha una idea del proprio paese. É inutile ricordare che la Francia fu capace di autonomia, perchè aveva un'idea della Francia e nel mondo. Purtroppo, quando riusciremo ad avere un'idea dell'Italia nel mondo, avremo una politica estera, che adesso manca.
Queste sono le ragioni per le quali mantengo la mia insoddisfazione. (Applausi dal Gruppo Forza Italia).

BOCO . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

BOCO . Signora Presidente, signor Vice Presidente del Consiglio, colleghi, a quest'ora un pó tarda, in cui ci avviamo alla conclusione di questa discussione, bisognerebbe sempre riuscire a controllare le proprie viscere. Io ammetto e chiedo scusa ai colleghi di non essere in grado in questo momento di controllare i sentimenti, di non pensare che la politica si possa anche affrontare solamente con la testa. Sono uno di quelli che non é in grado di fare questo. Il rispetto che devo e che voglio dare ai colleghi, e a chi la pensa in modo diverso dal mio, mi fa credere che nessuno meglio possa interpretare questo pensiero.
Il collega D'Onofrio, che ha parlato or ora, mi ricorda quanto si puó essere diversi. Senatore D'Onofrio, lo dico con rispetto, lo dico con rabbia, lo dico - mi permetta - con un pó di dolore. I verbali aiutano, a volte denunciano; nei resoconti ognuno di noi ha il diritto di inserire tutto. Certo possiamo dire tutto, possiamo leggere quotidiani, possiamo anche ricordare - senatore D'Onofrio - che c'é una possibilità che l'Italia spinga verso la separazione. Io credo che quei giornali, quelle richieste, queste informative bisognerebbe cucirle nel tempo, seguirle; sono certo che lei lo fa e che solamente ha dimenticato, per distrazione. Perchè non é un problema dell'Italia il fatto che chieda una patria il popolo curdo: nemmeno piú i curdi la chiedono. Sono anni che chiedono alla Comunità internazionale non un territorio autonomo, non un Kurdistan indipendente, ma ci domandano come possono fare 35 milioni di esseri umani a convivere con gli altri, con i vicini; con quei vicini che sono nel caso i turchi, che partono dal presupposto di convivere nel suolo turco, dove non c'é piú l'autonomia voluta ma c'é la volontà di pensare a come possa esistere un mondo che va oltre il 2000 e che cerchi semplicemente di pensare due popoli su una patria, senatore D'Onofrio.
I verbali riportano tante nostre imprecisioni, e io non voglio essere piú preciso di altri. Voglio solo che nel resoconto, in un'ora cosí tarda, un ragionamento con me stesso, cioé, vice presidente Mattarella, che io mi sento sconfitto. Sento di aver perso una battaglia. Mi sento personalmente amareggiato di aver sbagliato io; di aver pensato che si poteva convincere un'Europa; di aver pensato che c'era un'opportunità per 35 milioni di esseri umani; di aver detto in questi anni - io lavoro con le rappresentanze di questo popolo - al PKK che non condividevo alcune istanze, che non ne condividevo la volontà guerriera, il pensare di agire con le armi; di vedere finalmente anche una delle tre grandi famiglie politiche del popolo curdo capire e dire: "forse é finito il tempo della guerra", e farlo attraverso la scelta (intelligente o scellerata? giusta o sbagliata?) di andare nell'unico luogo che veniva considerato possibile, l'Europa; quell'Europa democratica, e presentarsi per dire: vengo a rispondere dei miei peccati - perchè questo era il motivo - vengo a rispondere di ció che ho fatto, chiedendo semplicemente di poter pronunciare la parola "curdo".
Non so se provo invidia o sono semplicemente esterrefatto per l'atteggiamento dei colleghi, alcuni dei quali casualmente dell'opposizione, che hanno una visione cosí certa e ferma delle cose, secondo cui giustamente la Turchia é un fedele ed importante alleato. Io non ho mai messo in discussione questo: ho conosciuto ed apprezzo il popolo turco; ad esso riconosco una grande importanza. Ma se apprezzo davvero qualcuno, se ho davvero la volontà di pensare che esista un ponte vero nelle democrazie europee verso la Turchia, qual é il nostro compito? Quello forse di essere prono a qualsiasi richiesta o quello, vice presidente Mattarella, che si sviluppa all'interno dell'ipotesi da lei toccata che devo dire mi lascia interdetto? Qual é il nostro ruolo oggi? Come si spinge un grande popolo come quello turco a dire, a pensare, se vuole risolvere il problema con una parte di se stesso che non ha nemmeno il diritto di chiamarsi con il proprio cognome, perchè la legge glielo vieta? Come si spinge un popolo amico a dire questo? Ci sono due ipotesi: fortifichiamo i nostri rapporti; non facciamo loro mancare niente; disponiamo di grandi economie: aiutiamo il loro inserimento in Europa.
Io rappresento la forza politica dei Verdi; sono stato anche toccato personalmente dal caso Ocalan in vario modo. Voglio pertanto essere esplicito: oggi hanno occupato le sedi dei Verdi in Germania. All'interno del nostro stesso movimento, dei nostri partiti europei sono state date diverse letture dello stesso caso. In Germania ad esempio é stata data una lettura diversa rispetto a quella che hanno dato gli italiani. Allora, mi domando quale sia la strada giusta. Aggiungo, inoltre, che in Europa siamo una forza politica - mi riferisco ai Verdi europei - che ha alzato la bandiera, con voce tonante, dell'ingresso della Turchia nella nostra Europa - con il paradosso, consentitemi, onorevoli colleghi - trovando i rappresentanti di quelli che in Italia dovrei definire l'opposizione interna totalmente contrari sullo scacchiere europeo all'inserimento della Turchia in Europa, perchè l'Islam non deve entrare nella nostra cultura; perché noi siamo altra cosa, siamo diversi. E oggi?

PERA . Non capisco dove l'ha sentito dire.

BOCO . Dai voti; ci sono Commissioni che operano ed atti; basta ammetterne l'esistenza e leggerli, collega Pera. Questa premessa é per chiedere; come arriviamo ad instaurare questo contatto con la Turchia? Continuiamo a vendere loro elicotteri o armi? Accetterei questa discussione se si partisse da un presupposto, che ora non mi interessa piú vedere cosa é successo ieri.
Le chiedo, vicepresidente Mattarella, come agiamo domani, in quel domani politico, nei confronti di quel popolo che vive ormai esule in tutta la nostra Europa? Cosa diciamo ai curdi che da 70 anni aspettano di risolvere il loro problema che non trova una soluzione? Chiediamo loro se vogliono un territorio autonomo e che noi non possiamo dare loro. Loro rispondono di non volerlo da molto tempo. Vogliono solo trovare un giusto modo di elaborare una convivenza con gli altri; loro chiedono questo, e questo era venuto a fare un leader; certamente discusso, che per mia cultura non mitizzo, come Ocalan.
Credo che la politica che dobbiamo affrontare in Europa abbia due risposte possibili. Mi rivolgo a lei, vice presidente Mattarella, rivolgendomi al Governo nella sua interezza. Non voglio fare Cassandra nè voglio pensare che le cose del domani siano peggiori di quelle di oggi. Tuttavia, sentendo quelle popolazioni tradite nelle possibilità di discute re con la Comunità europea, sentendo il fallimento di questa e vedendo Ocalan in carcere, si fermeranno le loro manifestazioni? Quale risposta noi diamo loro? Quella di lasciare la violenza, di entrare in un dibattito politico se lasciano la violenza, o quella di appellarsi ad una comunità internazionale? Lo faremo questo?
Credo - concludo il mio intervento con questa considerazione, ringraziando la presidente Salvato per questi ulteriori dieci secondi concessi - che abbiamo due sole possibilità. Innanzitutto, se crediamo che l'Italia sia abbastanza adulta per dimostrare, a chi dice che non abbiamo politica estera, che non facciamo azioni contro la Turchia o politiche contro i nostri alleati, andiamo certamente a porre sulle agende internazionali, europee e delle Nazioni Unite un problema che deve e non puó essere rimandato. Se l'Italia fa questo, dimostra che é cresciuta e che non dà queste risposte solo ad Ocalan, ai rappresentanti o a noi, ma le dà a se stessa. Questi popoli, infatti, hanno bisogno non di demagogiche battaglie pro o contro; ci sono 35 milioni di esseri umani che non possono essere rimandati in un limbo nel quale nessuno vuole affrontare la situazione. Siamo abbastanza forti anche noi, come forte deve essere la Turchia e come lo sono gli altri, per dire che le condizioni per questo dibattito e per questa soluzione non solo le riteniamo possibili, ma le chiediamo senza un tono minore e le cerchiamo di imporre alle agende dell'Europa e delle Nazioni Unite. In questo modo aiuteremo molto di piú la Turchia e la Comunità europea a crescere; risponderemo allora a quelle che sono le aspettative e risolveremo un problema che trovo preoccupante non solo umanamente, perchè - a mio giudizio - sarà un'agenda molto complessa quella estera riguardo al problema curdo nelle prossime settimane e mesi.
Se non riusciamo a fare questo, non credo che possiamo solo vendere gli elicotteri, vice presidente Mattarella: vorrebbe dire che diamo un'altra risposta, una risposta pilatesca che non puó essere possibile e che non dobbiamo ammettere tutti noi, tutte le forze politiche, maggioranza ed opposizione, da qualunque parte si voglia vedere il problema.
Per tutto questo umanamente, presidente Mattarella, non sono soddisfatto. Non sono soddisfatto per quello che ho visto ieri, per quello che ho sentito oggi e per quello che in questo momento stanno aspettando molti curdi e molti altri esseri umani in Europa e non solo. Credo che si possa essere tutti soddisfatti solamente quando sarà compiuto un passo in avanti, che non puó essere solo quello che do per scontato in tutti i posti, ossia un processo giusto: deve essere, infatti, un percorso che porti o che tenti di portare una soluzione al problema.

JACCHIA . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

* JACCHIA . Signora Presidente, vice presidente Mattarella, anche noi, con i colleghi della maggioranza, esprimiamo soddisfazione per le sue dichiarazioni e per la posizione assunta dal Governo nel caso Ocalan.
Tuttavia, al di là della persona del leader curdo, per il quale ovviamente tutti auguriamo, anzi esigiamo un processo giusto con tutte le garanzie, ci troviamo improvvisamente - come é scritto nella nostra brevissima interrogazione - di fronte a due difficili scelte di politica estera; e, tutto sommato, non sarebbe male se il Senato ogni tanto affrontasse a fondo le scelte di politica estera. Queste scelte concernono la questione della nazione curda, l'altra le future relazioni con la Turchia.
L'arresto di Ocalan e le manifestazioni di decine di migliaia di curdi in tutta Europa sono una rivelazione. Abbiamo visto scene toccanti, impressionanti, uomini e donne che si davano fuoco. Questo ci rivela che ormai non si puó piú ignorare la disperata volontà di una larga parte della nazione curda di avere uno Stato. Ma in questo consiste il primo problema di politica estera con il quale di dobbiamo confrontare.
Noi seguiremo una via nazionale o seguiremo quello che decideranno alcuni dei partner europei, che sono divisi e riluttanti a occuparsi della questione della nazione curda? Guardate che l'Europa non ha mai voluto immergersi troppo nella questione curda; abbiamo sperimentato rispetto al Kosovo che il problema dell'autonomia o dell'indipendenza é di una complessità scoraggiante; nel caso del Kurdistan lo é ancora di piú.
Dare anche solo l'autonomia, un'autonomia seria, provocherebbe da parte dei curdi, in Iraq, in Iran, in Siria, il desiderio di unirsi a questa nuova nazione. Ció sovvertirebbe l'ordine nel Medio Oriente. É una cosa che forse noi prendiamo sotto gamba. Ma i principali Governi europei non vogliono assolutamente affrontare una situazione del genere.
L'altro problema riguarda la Turchia. Non é solo un problema di relazioni commerciali, come hanno sottolineato diversi colleghi. Non sono solo i "cattivi" americani, ma i nostri principali partner europei a tenere alla stabilità della Turchia; essi temono che un crollo del Governo - che é sostenuto dai militari - provochi il caos. E non lo vogliono, perché già in Algeria il confronto tra integralisti islamici ed il Governo sostenuto dai militari provoca gli attentati ed i massacri cui assistiamo giorno dopo giorno.
In sostanza, per concludere il mio intervento, il senso della nostra interrogazione é il seguente.
In primo luogo: come orientiamo l'azione della nostra politica estera in risposta alle rivendicazioni ormai prorompenti dei curdi di avere uno Stato? Ci conformiamo strettamente all'azione dei nostri partner europei, il che riduce la nostra possibilità di azione? O seguiamo una via in una certa misura nazionale?
In secondo luogo: cosa facciamo con la Turchia? Anche in questo caso, ci conformiamo strettamente a quello che sarà l'atteggiamento della NATO, che sicuramente terrà conto del fatto che la Turchia é un alleato nel Patto Atlantico? O seguiremo, in una certa misura, una via nazionale? La scelta é fondamentale. Ed é complessa, soprattutto tenendo conto delle spinte divergenti in questo campo delle diverse forze politiche in casa nostra.
Ma dobbiamo discutere di questo fondamentale problema di politica estera. E dobbiamo discuterne, in un prosieguo di tempo, in Parlamento. (Applausi del senatore Elia).

GAWRONSKI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

GAWRONSKI . Signora Presidente, c'é stato un giorno, mi sembra due o tre settimane dopo l'arrivo di Ocalan a Roma, in cui il presidente del Consiglio D'Alema ha pronunciato finalmente la parola che avrebbe dovuto pronunciare subito, la parola che ci avrebbe evitato tanti problemi nei rapporti con la Turchia, con gli Stati Uniti, con il resto del mondo. Quel giorno, due o tre settimane dopo il suo arrivo, l'onorevole D'Alema ha finalmente definito Ocalan un terrorista.
Da quel giorno inizia una nuova fase, una fase in cui il nostro Governo agisce non sempre in maniera trasparente, condivisibile, convincente, ma non cosí dannosa per i nostri interessi, per la nostra immagine, per il nostro prestigio come invece prima di quella parola: "terrorista".
É sul prima che vorrei concentrarmi, é sul prima che la leggerezza, l'improvvisazione, l'irresponsabilità del nostro Governo é apparsa in maniera lampante. É sul prima che nella nostra interrogazione abbiamo chiesto chiarimenti al Presidente del Consiglio senza avere avuto risposta convincente.
Credo sia utile risalire alle origini, alle cause del caso Ocalan; esse vanno ricercate in quella improvvida, per dir poco, in quella irresponsabile riunione del Parlamento curdo in esilio in una sala che appartiene al nostro Parlamento. Noi già allora, subito, segnalammo i pericoli, i rischi di quella iniziativa. Ci fu risposto, giustamente, che i parlamentari hanno diritto di organizzare tutte le riunioni che desiderano. Hanno diritto, e va bene, ma perchè il Governo non ha fatto nulla allora, visto che non poteva impedirla, almeno per scoraggiare un'iniziativa del genere. Ed é in questi frangenti che si vedono la perspicacia e la lungimiranza di un Governo.
Guardiamo cosa é successo in Spagna. I parlamentari baschi hanno deciso di ospitare il prossimo luglio la riunione dell'Assemblea curda in esilio. Nemmeno il Governo spagnolo puó vietare la riunione, ma il premier Aznar é subito insorto e, leggo da un giornale, "si é appellato alla sensatezza e al buon senso di chi ha votato quella decisione perchè "non si puó essere autolesionisti""; parole di Aznar, che continua ""eserciteremo tutte le competenze che ci conferisce la legge per difendere i nostri interessi"". Noi non abbiamo sentito allora la voce del Presidente del Consiglio D'Alema, l'abbiamo sentita solo dopo, a "frittata già fatta". A me non interessa tanto sapere a chi appartenesse l'aereo che ha portato Ocalan fuori dall'Italia, quali rotte abbia seguito, dove sia atterrato: avevo pochi dubbi prima e lei, onorevole Mattarella (gliene do atto), me li ha fugati salvo - se mi permette - quel piccolo participio nell'espressione "l'aereo "noleggiato"", che rimane un po' in sospeso. É comprensibile che sorga la curiosità su chi l'abbia noleggiato, ma é un dettaglio.
A me interessa sapere cosa il Governo sappia sulle modalità che hanno accompagnato l'arrivo di Ocalan in Italia, sull'irresponsabile comportamento di coloro che l'hanno invitato ed accompagnato ed oggi hanno la presunzione di scaricare su altri, con accenti patetici, la responsabilità, che é solo loro, per quanto é successo. Vorrei sapere cosa é successo, chi sia responsabile di quel periodo di totale sbandamento, quel periodo che un giornalista a noi certo non amico, Claudio Rinaldi, direttore de "L'Espresso", ha definito "una tragicommedia" e che ha autorizzato qualcuno a parlare di cambiamento della politica estera italiana, quelle due o tre settimane prima che l'onorevole D'Alema pronunciasse quella parola "terrorista". E se l'avesse fatto subito, se avesse detto subito che l'Italia non avrebbe concesso diritto di asilo, il caso Ocalan non sarebbe quello che é oggi.
Due osservazioni finali. Ai responsabili dell'arrivo di Ocalan in Italia vorrei chiedere: "Siete veramente sicuri di avere cosí avvicinato una soluzione del problema curdo, di aver cosí creato simpatia attorno alla causa curda?" Credo veramente di no: semmai é il contrario.
Concludo. Abbiamo criticato il Governo per il suo atteggiamento, per cosí dire, "pro-Ocalan", ma con la stessa determinazione chiediamo ora ai turchi di garantire a Ocalan un processo equo e giusto anche se, onorevole Mattarella, non so quanto possiamo ergerci a maestri in una materia come quella del giusto processo che stiamo a fatica solo ora introducendo nel nostro ordinamento. Ma ai turchi noi non chiediamo neppure che non applichino la pena capitale, perchè siamo sicuri che non lo farebbero mai.

PRESIDENTE . Lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno é cosí esaurito.

Mozione, interpellanze e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE . Invito il senatore segretario a dare annunzio della mozione, delle interpellanze e delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SPECCHIA , segretario, dà annunzio della mozione, delle interpellanze e delle interrogazioni pervenute alla Presidenza, che sono pubblicate nell'Allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno

per la seduta di venerdí 19 febbraio 1999


PRESIDENTE . Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, venerdí 19 febbraio, alle ore 11, con il seguente ordine del giorno:

Interrogazioni.

La seduta é tolta (ore 20,40).

Licenziato per la composizione e la stampa dal Servizio dei Resoconti parlamentari alle ore 23






Allegato A

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Inserimento dei princípi del giusto processo nell'articolo 111 della Costituzione (3619-3623-3630-3638-3665)

risultante dall'unificazione dei disegni di legge costituzionale:

Inserimento nell'articolo 24 della Costituzione dei princípi del giusto processo (3619)

Integrazione dell'articolo 24 della Costituzione (3623)

Modifica all'articolo 101 della Costituzione (3630)

Norme costituzionali in materia di giusto processo e di garanzia
dei diritti nel processo penale (3638)

Inserimento nella Costituzione dell'articolo 110- bis concernente i princípi del giusto processo (3665)

ARTICOLO 1 NEL TESTO UNIFICATO
PROPOSTO DALLA COMMISSIONE



Art. 1.

(Modifica dell'articolo 25 della Costituzione)

1. All'articolo 25 della Costituzione, dopo il primo comma é inserito il seguente:

"Nessuno puó essere condannato in base a dichiarazioni rese da chi si é sempre sottratto volontariamente all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore".

(*) Approvato l'emendamento sostitutivo 1.100 (Nuovo testo).

EMENDAMENTI

Sopprimere l'articolo.

1.1

PETTINATO, CORTIANA


Sopprimere l'articolo.

1.2

LUBRANO DI RICCO


Sopprimere l'articolo.

1.3

DE LUCA Michele, MIGONE


Sopprimere l'articolo.

1.4

BERTONI


Sostituire gli articoli 1, 2 e 3 con il seguente :

Art. 1.

(Inserimento nella Costituzione dell'articolo 110- bis)

1. Dopo l'articolo 110, é inserito il seguente:

"Art. 110- bis. - La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalle leggi.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Il processo penale é regolato dal principio della formazione della prova in contraddittorio. La colpevolezza non puó essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi si é sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.
La legge prevede e regola i casi in cui il contraddittorio nella formazione della prova non ha luogo col consenso dell'imputato o risulta impossibile per irreperibilità della persona da interrogare od altra causa non dipendente dalla volontà di questa ovvero risulta che la persona da interrogare é stata illecitamente indotta a sottrarsi al contraddittorio.
La legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel piú breve tempo possibile, informata della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la propria difesa; abbia nel processo, la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico e di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone e l'acquisizione di ogni altra prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel procedimento".

1.5

SALVI, RUSSO, SENESE, CALVI, BARBIERI, SALVATO, GUERZONI, BUCCIARELLI, DE GUIDI, BESOSTRI, BESSO CORDERO, FIGURELLI, PARDINI, CADDEO, VELTRI


Sostituire gli articoli 1, 2 e 3 con il seguente :

Art. 1.

1. Al primo comma dell'articolo 111 della Costituzione, sono premessi i seguenti:

"La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona indagata di un reato sia, nel piú breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzi di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel procedimento.
Il processo penale é regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non puó essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si é sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.
La legge regola i casi in cui il contraddittorio nella formazione della prova non ha luogo per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita".

1.100

IL RELATORE


Sostituire gli articoli 1, 2 e 3 con il seguente :

Art. 1.

1. Al primo comma dell'articolo 111 della Costituzione, sono premessi i seguenti:

"La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel piú breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzi di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.
Il processo penale é regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non puó essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si é sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita".

1.100 (Nuovo testo)

IL RELATORE


Sostituire l'articolo con il seguente:

"Art. 1.

(Modifica dell'articolo 27 della Costituzione)

1. Nell'articolo 27 della Costituzione dopo il secondo comma é inserito il seguente:

"Nessuno puó essere condannato se la sua colpevolezza non é stata provata oltre ogni ragionevole dubbio"".

1.6

PETTINATO


Sostituire l'articolo con il seguente:

"Art. 1.

1. All'articolo 25 della Costituzione, dopo il primo comma é inserito il seguente:

"Nessuno puó essere condannato in violazione dei princípi del contraddittorio che regolano il processo penale"".

1.7

MILIO


Al comma 1, capoverso, sostituire la parola : "condannato" con la seguente : "punito".

1.8

CALLEGARO, DENTAMARO


Al comma 1, capoverso, dopo le parole : "in base a" inserire la seguente : "sole".

1.9

BESOSTRI


Al comma 1, capoverso, sopprimere le parole: "sempre" e: "volontariamente".

1.10

CALLEGARO, DENTAMARO


Al comma 1, capoverso, sopprimere la parola: "sempre".

1.11

CALLEGARO, DENTAMARO


Al comma 1, capoverso, sopprimere la parola: "sempre".

1.12

CENTARO, GRECO, SCOPELLITI


Al comma 1, capoverso, sopprimere la parola: "volontariamente".

1.13

CALLEGARO, DENTAMARO


Al comma 1, capoverso, dopo la parola: "volontariamente" inserire le parole: "e illecitamente".

1.14

BESOSTRI


ARTICOLO 2 NEL TESTO UNIFICATO
PROPOSTO DALLA COMMISSIONE



Art. 2.

(Modifica dell'articolo 111 della Costituzione)

1. All'articolo 111 della Costituzione, sono premessi i seguenti commi:

"La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata".

(*) Approvato l'emendamento sostitutivo 1.100 (Nuovo testo).

EMENDAMENTI

Sopprimere l'articolo.

2.1

MILIO


Sopprimere l'articolo.

2.2

BERTONI


Al comma 1, primo capoverso sostituire le parole da: "La giurisdizione si attua", fino a: "davanti a giudice imparziale" con le parole: "La giurisdizione si attua mediante processi, nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità e nel rispetto della dignità dell'imputato".

2.3

GASPERINI


Al comma 1, sostituire il secondo capoverso con il seguente:

"Le disposizioni del comma precedente devono essere interpretate ed integrate in conformità dei princípi della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei trattati ed accordi internazionali nella stessa materia ratificati dall'Italia".

2.4

DE LUCA Michele, MIGONE


Al comma 1, secondo capoverso, sopprimere le parole: "davanti a giudice imparziale".

2.5

LUBRANO DI RICCO


Al comma 1, secondo capoverso, dopo la parola: "giudice" aggiungere le parole: "terzo e".

2.6

CENTARO, GRECO, SCOPELLITI


Al comma 1, aggiungere il seguente capoverso:

"Le disposizioni dei commi precedenti devono essere interpretate ed integrate in conformità dei princípi della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei trattati ed accordi internazionali nella stessa materia ratificati dall'Italia".

2.7

DE LUCA Michele, MIGONE


ARTICOLO 3 NEL TESTO UNIFICATO
PROPOSTO DALLA COMMISSIONE



Art. 3.

(Ulteriore modifica dell'articolo 111 della Costituzione)

1. All'articolo 111 della Costituzione, dopo il primo comma é inserito il seguente:

"Salva la possibilità di riti alternativi con il consenso dell'imputato, il processo penale é regolato dal principio della formazione della prova nel contraddittorio tra le parti in condizione di parità dinanzi al giudice. Nel procedimento penale la legge assicura che la persona accusata di reato sia informata, nel piú breve tempo, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la propria difesa; abbia la facoltà di interrogare o far interrogare dal proprio difensore le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata".

(*) Approvato l'emendamento sostitutivo 1.100 (Nuovo testo).

EMENDAMENTI

Sopprimere l'articolo.

3.1

BERTONI


Sopprimere l'articolo.

3.2

MILIO


Sopprimere l'articolo.

3.3

DE LUCA Michele, MIGONE


Sostituire l'articolo con il seguente:

"Art. 3.

(Modifica dell'articolo 111 della Costituzione)

1. All'articolo 111 della Costituzione il primo comma é sostituito dai seguenti:

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalle leggi.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizione di parità. La legge ne assicura l'imparzialità e la ragionevole durata.
Il processo penale si svolge secondo il rito accusatorio ed é regolato dal principio inderogabile della formazione della prova in contraddittorio davanti al giudice.
La legge assicura che la persona accusata di un reato abbia nel piú breve tempo possibile conoscenza della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la propria difesa; abbia nel processo la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico ed ottenga in condizioni di assoluta parità con l'accusa la convocazione e l'interrogatorio di persone e l'acquisizione di ogni altra prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel procedimento; fruisca senza spese, se non abbiente, del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento.
La colpevolezza non puó essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi si é sempre e volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.
Il principio della formazione della prova in contraddittorio davanti al giudice non puó essere derogato, salvo che l'imputato vi abbia consentito ovvero il contraddittorio sia impossibile per essere stato comprovato che la persona da interrogare é assolutamente irreperibile ovvero é stata illecitamente costretta od indotta a sottrarsi all'interrogario".

3.4

PETTINATO


Al comma 1, capoverso, primo periodo sostituire le parole da: "é regolato" fino a: "dinanzi al giudice" con le seguenti: "é deciso con sentenza motivata da prove formate unicamente davanti al giudice nel contraddittorio tra le parti in condizione di parità tra di loro".

3.5

PETTINATO, CORTIANA


Al comma 1, capoverso, secondo periodo dopo le parole: "di reato sia" aggiungere la seguente: "riservatamente".

3.6

CARUSO Antonino, BUCCIERO


Al comma 1, capoverso, secondo periodo dopo le parole: "sia informata," aggiungere le seguenti: "con riservatezza e".

3.7

CARUSO Antonino, BUCCIERO


Al comma 1, capoverso, secondo periodo dopo le parole: "sia informata," inserire le parole: "in modo riservato".

3.8

CENTARO, GRECO, SCOPELLITI


Al comma 1, capoverso, secondo periodo dopo le parole: "sia informata" aggiungere la parola: "riservatamente".

3.9

CALLEGARO, DENTAMARO


Al comma 1, capoverso, secondo periodo dopo le parole: "prova a suo favore;" nserire le altre: "di esigere che le prove si verifichino e si formino innanzi ad un giudice terzo;".

3.10

BESOSTRI


Al comma 1, capoverso secondo periodo, sostituire le parole: "parla la" con le parole: "si esprime adeguatamente nella".

3.11

BESOSTRI


EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI
AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 3



Dopo l'articolo 3, inserire il seguente:

"Art. 3- bis.

(Modifica dell'articolo 101 della Costituzione)

1. L'articolo 101 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
I magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni potere e godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario"".

3.0.1

PETTINATO, CORTIANA


Dopo l'articolo 3, inserire il seguente:

"Art. 3-...

(Modifica dell'articolo 107 della Costituzione)

1. L'articolo 107 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"I magistrati sono inamovibili e non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né allontanati dalla propria sede o dalla propria funzione se non in seguito a decisione del Consiglio Superiore della Magistratura o per i motivi e con le garanzie di difesa stabiliti dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
I magistrati possono tuttavia essere destinati ad altre sedi o funzioni con provvedimenti adottato dal Consiglio Superiore della Magistratura, con le garanzie e con il procedimento stabiliti dall'ordinamento giudiziario, solamente al fine di assicurare il pieno esercizio della funzione giurisdizionale su tutto il territorio nazionale"".

3.0.2

PETTINATO, CORTIANA


Dopo l'articolo 3, inserire il seguente:

"Art. 3- ...

(Modifica dell'articolo 112 della Costituzione)

1. L'articolo 112 della Costituzione é sostituito dal seguente:

"Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.
L'azione penale ha il solo scopo di accertare imparzialmente tutti i fatti utili all'accertamento della verità, compresi quelli favorevoli alle persone sulle quali si indaga.
La legge assicura che dell'avvio delle indagini sia dato avviso nel piú breve tempo possibile ad ogni persona che in relazione all'evento su cui si indaga possa assumere lo status di parte processuale.
Le violazioni od omissioni dei superiori precetti sono punite dalla legge".

3.0.3

PETTINATO, CORTIANA


ARTICOLO 4 NEL TESTO UNIFICATO
PROPOSTO DALLA COMMISSIONE



Art. 4.

(Disposizione transitoria)

1. Nei processi penali in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, nei quali si é già conclusa la fase delle in dagini preliminari, le dichiarazioni rese da chi si é sempre sottratto volontariamente all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore possono essere valutate come prova dei fatti solo se sussistono altri elementi di prova di diversa natura che ne confermano l'attendibilità.

(*) Approvato l'emendamento 4.100 (Nuovo testo), interamente sostituvo dell'articolo.

EMENDAMENTI

Sopprimere l'articolo.

4.1

MILIO


Sopprimere l'articolo.

4.2

DE LUCA Michele, MIGONE


Sopprimere l'articolo.

4.3

BERTONI


Sostituire l'articolo con il seguente:

"Art. 4.

(Disposizione transitoria)

1. La legge regola l'applicazione dei princípi contenuti nella presente legge costituzionale ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore".

4.4

SALVI, RUSSO, SENESE, CALVI, BARBIERI, SALVATO, GUERZONI, BUCCIARELLI, DE GUIDI, BESOSTRI, BESSO CORDERO, FIGURELLI, PARDINI, CADDEO, VELTRI



Sostituire l'articolo con il seguente:

"Art. 4.

(Disposizione transitoria)

1. La legge regola l'applicazione dei princípi contenuti nella presente legge costituzionale ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore".

4.100 (Nuovo testo)

IL RELATORE


Al comma 1, sopprimere le parole : "sempre" e "volontariamente".

4.5

CALLEGARO, DENTAMARO


Al comma 1, sopprimere la parola : "sempre".

4.6

CALLEGARO, DENTAMARO


Al comma 1, sopprimere la parola : "volontariamente".

4.7

CALLEGARO, DENTAMARO


INTERROGAZIONI SUGLI ULTIMI SVILUPPI
DELLA VICENDA OCALAN



ELIA, ANDREOTTI, GIARETTA, VERALDI, ROBOL. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per conoscere:
le circostanze in cui é intervenuta la cattura a Nairobi del presidente del PKK Ocalan da parte di agenti turchi;
quali passi il Governo intenda intraprendere affinché l'Unione europea adotti una forte iniziativa comune che parta dall'esigenza umanitaria di assicurare ad Ocalan un processo giusto e imparziale e giunga ad affrontare in un tavolo internazionale il problema del Kurdistan, affinché sia garantito al popolo curdo uno statuto di autonomia nell'ambito della Repubblica di Turchia.

DE ZULUETA, TAPPARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all'estero. - Premesso:
che la cattura a Nairobi di Abdullah Ocalan, ospitato per un breve periodo in Italia, e il suo trasferimento in Turchia in circostanze tuttora oscure non devono far passare in secondo piano la tutela dei diritti della minoranza curda in Turchia;
che la tutela di questi diritti, e in particolare dell'incolumità delle popolazioni civili, colpite da misure di repressione anche indiscriminate, non é meno importante della tutela dei diritti degli albanesi del Kossovo,
si chiede di sapere se il Governo intenda:
impegnare il governo turco al pieno rispetto dei diritti legali ed umani del detenuto Ocalan secondo gli standard internazionali sottoscritti dalla Turchia in ambito del Consiglio d'Europa;
vincolare il suo sostegno all'ingresso della Turchia nell'Unione europea al pieno rispetto di queste garanzie, sia durante la detenzione sia durante il processo già annunciato ad Abdullah Ocalan.

SERVELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica. - Premesso:
che secondo indiscrezioni giornalistiche ed altre fonti accreditate la SNAM, società del gruppo ENI, avrebbe messo a disposizione di Abdullah Ocalan, il leader del PKK, un aereo, un Falcon 900, per lasciare l'Italia;
che dopo circa un mese, secondo fonti non solo giornalistiche, l'aereo della SNAM sembrerebbe essere ancora a disposizione di Ocalan che sta cercando un paese amico che lo ospiti;
che il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, onorevole Sergio Mattarella, che ha la delega ai servizi segreti ha mantenuto il piú stretto riserbo sulla questione, non rispondendo alla Camera a precise domande anche del Presidente del Comitato parlamentare per i servizi di sicurezza,
si chiede di sapere:
se il Governo non intenda, togliendo finalmente il segreto, far piena luce sul suo comportamento nella gestione del caso Ocalan;
se il Governo e il Ministro del tesoro, in particolare, intendano chiarire o meno il ruolo avuto dalla SNAM, azienda del gruppo ENI, nella vicenda dell'aereo dato in prestito al leader del PKK.

RUSSO SPENA, CÓ, CRIPPA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Premesso:
che il governo turco ha dichiarato di aver arrestato il presidente del partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) Abdullah Ocalan;
che Ocalan é adesso nelle mani di un regime che in questi anni si é macchiato di una atroce ed evidente politica di genocidio nei confronti del popolo curdo;
che la responsabilità dell'arresto di Ocalan e della sua consegna al regime turco ricade anche sul Governo italiano che non ha voluto garantire il diritto costituzionale all'asilo politico da lui richiesto dopo essersi consegnato spontaneamente alle autorità italiane;
che il Governo italiano inducendo Ocalan ad abbandonare l'Italia ha coscientemente rinunciato ad esercitare un ruolo di pace per porre fine - attraverso una soluzione negoziale del conflitto - alla guerra di sterminio operata da un esercito della NATO in Kurdistan; ragioni di Realpolitik e di business ed interessi legati all'alleanza militare atlantica sono stati anteposti al doveroso rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo sottoscritta e solennemente ratificata dal nostro Paese;
si chiede di sapere:
quali iniziative concrete il Governo italiano intenda assumere nei confronti delle autorità di Ankara per assicurarsi che Ocalan non sia sottoposto a tortura - regolarmente praticata nelle carceri di quel paese - e affinché sia salvaguardata la sua incolumità fisica;
quali iniziative immediate si intenda mettere in atto per applicare le risoluzioni approvate all'unanimità dalla Commissione esteri della Camera per l'indizione di una conferenza internazionale sul Kurdistan;
se non si ritenga doveroso dichiarare formalmente l'esistenza di uno stato di guerra nel Kurdistan turco annullando tutti i contratti di vendita di armi alla Turchia come gesto concreto della volontà italiana di perseguire una politica di pace nella regione.

MARINO, ALBERTINI, BERGONZI, CAPONI, MANZI, MARCHETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Premesso:
che come si é appreso da notizie di agenzia il presidente del PKK Abdullah Ocalan é stato catturato da agenti turchi e si troverebbe ora in Turchia;
che il governo turco ha preannunciato che Ocalan verrà immediatamente processato per i crimini di cui é accusato;
che in quel paese é in vigore la pena di morte,
si chiede di sapere quali iniziative il Governo italiano intenda prendere, anche presso gli organismi della Comunità europea, per tutelare l'incolumità di Ocalan, perché il processo avvenga nel rispetto di tutte le garanzie difensive, magari anche con la presenza di osservatori internazionali, e comunque perché le autorità turche siano sollecitate ad impegnarsi a non applicare in caso di condanna la pena capitale.

D'ONOFRIO, BOSI, CALLEGARO, DE SANTIS, NAPOLI Bruno, TAROLLI, BIASCO, BRIENZA, DENTAMARO, FAUSTI, RONCONI, ZANOLETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Considerata l'oscillazione del Governo italiano in riferimento al caso Ocalan;
ritenuto che l'arresto di Ocalan vada ricondotto al modo con il quale il capo del PKK é dapprima venuto in Italia e quindi ha lasciato il territorio nazionale;
considerata l'urgente necessità di assicurare ad un tempo la piena lealtà italiana nei rapporti con la Turchia, paese membro della NATO ed aspirante ad entrare nell'Unione europea, e la sensibilità politica per la questione del popolo curdo, frantumato in piú Stati;
letta l'intervista, pubblicata sul "Manifesto" di oggi, ad Hamet Yaman, portavoce del PKK, nella quale si afferma la responsabilità italiana nella decisione di Ocalan di lasciare il territorio nazionale;
preoccupati per quanto sta avvenendo in Europa ed anche nel nostro paese in conseguenza dell'arresto di Ocalan da parte delle autorità turche,
gli interroganti chiedono di conoscere:
le valutazioni del Governo sull'intervista ad Hamet Yaman, con particolare riferimento alle affermazioni concernenti le responsabilità italiane in tutta la vicenda;
quali decisioni il Governo italiano abbia assunto o intenda assumere per assicurare un giusto processo ad Ocalan in Turchia;
quali iniziative il Governo italiano abbia assunto o intenda assumere in riferimento alla situazione complessiva del popolo curdo.

BOCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri degli affari esteri e per gli italiani all'estero, dell'interno e per il coordinamento della protezione civile, di grazia e giustizia e della difesa. - Premesso:
che nel caso della vicenda del leader curdo-turco Abdullah Ocalan l'Unione europea si é rivelata manifestamente incapace o addirittura contraria a cogliere l'opportunità storica che gli eventi le offrivano per assumere un ruolo di mediazione nella questione curdo-turca, al fine di assicurare una volta per tutte il rispetto dei diritti umani fondamentali del popolo curdo, nel contesto dell'integrità territoriale della Turchia, come espressamente richiesto dallo stesso Ocalan e dai rappresentanti dello stesso popolo curdo, nonché al fine di contribuire alla soluzione di una crisi destabilizzante non solo per il Medio Oriente ma anche per la stessa Unione europea;
che l'Italia, pur avendo operato, a differenza del resto d'Europa, nel rispetto dei diritti di Abdullah Ocalan, e pur avendo pagato un grave prezzo per il proprio atteggiamento sia in termini di isolamento politico internazionale sia a causa della intollerabile aggressione economica turca, é stata tuttavia incapace di concedere al leader curdo-turco l'asilo politico, unico strumento in grado di fornire le garanzie di sicurezza necessarie ad un uomo nelle condizioni di Ocalan;
che le gravissime e costanti violazioni dei diritti umani del popolo curdo ad opera del governo turco sono state denunciate a piú riprese dalle Nazioni Unite, dalla Comunità europea, da moltissimi paesi, tra i quali l'Italia, da importanti organizzazioni per la difesa dei diritti umani quali Amnesty International e Human Rights Watch;
che le dimensioni di dette violazioni, secondo le denunce internazionali, nonché secondo le testimonianze dirette e documentate delle vittime e degli osservatori indipendenti, hanno ormai assunto le caratteristiche di un vero e proprio genocidio, attraverso una politica di terra bruciata, di distruzione di centinaia di villaggi, di uccisione e tortura di decine di migliaia di civili curdi, di deportazione di fatto di grandi masse di cittadini curdi, costretti ad abbandonare la loro regione di origine e a cercare scampo e rifugio in Europa ed in Italia in particolare, come risulta evidente, tra l'altro, dal numero di sbarchi clandestini di cittadini curdi in Italia;
che la guerriglia del PKK porta avanti una lotta armata contro l'esercito turco, utilizzando metodi e strumenti a volte esecrabili, ma sicuramente già utilizzati in passato da tutti i movimenti di liberazione, dalla guerra partigiana in Italia, dall'OLP palestinese, dall'Irgun israeliano, dall'FMLN salvadoregno, dall'ANC sudafricano, dal Maquis francese e dall'FLN algerino;
che la comunità internazionale, attraverso le sue istituzioni sovranazionali, già da tempo ha adottato una politica di ingerenza umanitaria, cosí come accaduto, per esempio, nei casi della Bosnia, dell'Albania e del Kossovo, nonché una politica di intervento militare, laddove lo abbia ritenuto o lo ritenga tuttora opportuno, come nel caso dell'Iraq, al fine di porre termine alla perpetrazione di crimini contro l'umanità;
che il conflitto curdo-turco é causa permanente di instabilità nel Medio Oriente e puó portare, come sta già avvenendo, instabilità e insicurezza anche in Europa;
che al di là delle sue responsabilità specifiche nel caso della vicenda Ocalan l'Europa ha di fatto contribuito ad appoggiare la lotta militare del governo turco contro i curdi, attraverso la vendita ininterrotta di forniture militari;
che l'Italia, in particolare, ha continuato a vendere al governo turco ingenti quantità di armamenti militari, in aperta violazione della legge n. 185 del 1990, che proibisce la vendita di armi a paesi in guerra o che violino i diritti umani dei propri cittadini,
si chiede di sapere:
se non si consideri necessario interrompere immediatamente ogni vendita di armi al governo turco, ai sensi della legge n. 185 del 1990, fino a quando in Turchia continui a esservi uno stato di guerra ed una sistematica politica di violazione dei diritti umani;
se non si consideri necessario, alla luce della vicenda Ocalan e delle sue ripercussioni in Turchia ed in Europa, che il Governo italiano prenda immediatamente l'iniziativa per la realizzazione di una Conferenza internazionale sotto l'egida dell'ONU sulla questione curda in generale e su quella curdo-turca in particolare;
se non si consideri necessario proporre in sede di Unione europea che l'ammissione della Turchia nella Comunità europea sia condizionata non già e non solo al rispetto del diritto di Abdullah Ocalan ad avere un giusto processo ma anche al riconoscimento dei diritti della minoranza curda;
se non si consideri necessario, nel caso la Turchia non ponga fine immediatamente al genocidio del popolo curdo, proporre alle Nazioni Unite ed alla Comunità europea la costituzione di un contingente internazionale armato da inviare nel Kurdistan turco al fine di porre termine ai crimini contro l'umanità che in quella regione vengono perpetrati giorno dopo giorno.

JACCHIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all'estero. - Considerata la risonanza internazionale dell'arresto del leader del PKK Ocalan, si chiede di sapere se il Governo non ritenga di precisare l'atteggiamento dell'Italia sia nei confronti della questione curda ormai assurta a problema europeo, sia nei confronti della Turchia, tuttora paese alleato membro del Patto Atlantico.

GAWRONSKI, PIANETTA, MAGGIORE, LA LOGGIA, MANCA, GERMANÁ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all'estero. - Premesso:
che il 28 gennaio 1999 é stata presentata dagli scriventi una interrogazione riguardante le modalità della partenza dall'Italia di Abdullah Ocalan (4-13838);
che si é poi sollecitata la risposta da parte del nostro Governo tramite lettera scritta indirizzata alla Presidenza del Senato in data 2 febbraio 1999;
che, non avendo ricevuto risposte dal Governo, si é reso necessario presentare una nuova interrogazione in data 12 febbraio 1999 (3-02604);
che la magistratura italiana ha avviato le indagini per ricostruire il passaggio nel nostro paese del leader del PKK;
che nel frattempo Abdullah Ocalan é stato catturato a Nairobi e preso in consegna dai servizi segreti turchi,
si chiede di sapere:
quale sia stato il ruolo del Governo italiano in tutta la vicenda ed in particolare nelle fasi dell'arrivo in Italia di Ocalan e della sua partenza;
se il Governo intenda rispondere anche al Parlamento italiano, e non solo alla magistratura, del suo operato riguardo il caso Ocalan;
se l'Esecutivo italiano intenda attivarsi presso le istituzioni internazionali ed il Governo turco affinché Abdullah Ocalan abbia un processo equo e pubblico.

SALVI, MIGONE, SENESE, SALVATO, BARBIERI, DE ZULUETA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e per gli italiani all'estero. - Premesso:
che a seguito di vicende non ancora chiarite il leader del PKK Abdullah Ocalan é stato catturato e trasferito in un carcere turco, dove rischia la pena di morte;
che le prime notizie sulle condizioni di detenzione suscitano fondati timori sul piano della tutela dei diritti fondamentali e della dignità della persona umana;
che la Turchia é membro del Consiglio d'Europa ed ha sottoscritto la Convenzione europea sui diritti dell'uomo e la Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti;
che nella deliberazione votata ieri dalla Commissione esteri del Parlamento europeo si sottolinea come la Turchia, in quanto paese membro del Consiglio d'Europa, é tenuta a non ricorrere alla pena di morte;
che finora il governo turco non ha consentito ai difensori di incontrare Ocalan ed ha manifestato l'intenzione di non ammettere osservatori internazionali al processo che ha annunciato di voler tener a suo carico,
si chiede di sapere:
quali iniziative il Governo italiano abbia intrapreso o intenda intraprendere, sia direttamente che nell'ambito dell'Unione europea, al fine di garantire che:
sia consentito dalle autorità turche al piú presto l'incontro con parlamentari e avvocati dell'Unione europea, come previsto dalla citata delibera della Commissione esteri di quel Parlamento;
sia garantito ad Ocalan un giusto processo, a partire dal diritto ad incontrare al piú presto legali di sua fiducia;
siano rese note le circostanze della cattura, onde verificare se siano state conformi al diritto internazionale;
sia rispettato l'impegno, assunto dalla Turchia in quanto membro del Consiglio d'Europa, a non applicare la pena di morte;
si chiede inoltre di sapere:
come il Governo italiano intenda concorrere alla ricerca di una soluzione politica della questione curda;
se si intenda ribadire al Governo turco la decisiva rilevanza che il nostro Governo assegna al rispetto dei princípi sopra enunciati ai fini di ogni ulteriore rapporto tra l'Unione europea e la Turchia.


ERRATA CORRIGE

Nel Resoconto sommario e stenografico della 548º seduta, del 17 febbraio 1999, Allegato A , a pagina 106, l'emendamento 18.114 deve leggersi come Ritirato.






Allegato B

Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, variazioni nella composizione

Il Presidente del Senato, in data 18 febbraio 1999, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare consultiva in ordine all'attuazione della riforma amministrativa ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, il senatore Zanoletti in sostituzione del senatore Bosi, dimissionario.

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, variazioni nella composizione

Il Presidente del Senato, in data 18 febbraio 1999, ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, la senatrice Dentamaro in sostituzione del senatore Napoli Bruno, dimissionario.

Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati

Il Presidente della Camera dei deputati ha trasmesso i seguenti disegni di legge:

C. 5458. - BATTAGLIA ed altri. - "Delega al Governo per l'istituzione di nuovi tribunali e per la revisione dei circondari di Milano, Roma, Napoli, Palermo e Torino" (3033-B) (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati) ;

C. 2939-2985. - Deputati BOATO ed altri; LA RUSSA e BERSELLI. - "Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione" (3819) (Approvato dalla Camera dei deputati).

Disegni di legge, annunzio di presentazione

Sono stati presentati i seguenti disegni di legge d'iniziativa dei senatori:

MAZZUCA POGGIOLINI. - "Modifiche alla legge 31 maggio 1975, n. 191, recante nuove norme per il servizio di leva" (3818);

SEMENZATO, BORTOLOTTO, PIERONI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE LUCA Athos, LUBRANO DI RICCO, MANCONI, PETTINATO, RIPAMONTI e SARTO. - "Tutela della biodiversità genetica della flora autoctona" (3820).

Disegni di legge, presentazione di relazioni

A nome della 4º Commissione permanente (Difesa), in data 2 febbraio 1999, il senatore Petrucci ha presentato la relazione sui disegni di legge: CARCARINO ED ALTRI. - "Norme per l'assunzione nei ruoli degli operai della Difesa del personale con contratto individuale addetto ai servizi generali e alle lavorazioni nonchè del personale delle ditte e delle cooperative assuntrici di servizi generali e manovalanza del Ministero della difesa" (961) e RUSSO SPENA ed altri. - "Disposizioni per l'inquadramento dei lavoratori del XVI Genio campale nei ruoli enti del Ministero della difesa" (3490).

Governo, richieste di parere su documenti

Il Ministro della difesa, con lettere in data 15 febbraio 1999, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b) , della legge 4 ottobre 1988, n. 436, le richieste di parere parlamentare sui seguenti programmi:

Programma annuale di A/R n. SME/52/99 relativo all'acquisizione di 10.000 giubbetti antiproiettile Mod. "AP98" (n. 403);

Programma pluriennale di A/R n. SME/53/99 relativo all'acquisizione di 480 visori IR per la visione notturna a medio raggio (n. 404).

Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139- bis del Regolamento, tali richieste sono state deferite alla 4º Commissione permanente (Difesa), che dovrà esprimere il proprio parere entro il 20 marzo 1999.

Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con lettera in data 28 gennaio 1999, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1, comma 40 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di riparto del contributo previsto a favore degli Organismi di cui alla tabella A allegata alla stessa legge (n. 405).

Ai sensi della predetta disposizione e dell'articolo 139- bis del Regolamento, tale richiesta é stata deferita alla 5º Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio), che dovrà esprimere il proprio parere entro il 10 marzo 1999.

Governo, trasmissione di documenti

Il Presidente della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con lettera in data 15 febbraio 1999, ha trasmesso, in applicazione dell'articolo 13, comma 1, lettera f) , della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia del verbale della seduta plenaria della Commissione stessa del 21 gennaio 1999.

Il suddetto verbale sarà trasmesso alla 11º Commissione permanente e, d'intesa col Presidente della Camera dei deputati, sarà portato a conoscenza del Governo. Dello stesso sarà assicurata divulgazione tramite i mezzi di comunicazione.

Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, quale titolare delle attribuzioni delle partecipazioni statali, con lettera in data 12 gennaio 1998, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5 della legge 26 maggio 1975, n. 184, la relazione sullo stato di avanzamento del progetto di collaborazione Alenia-Finmeccanica-Boeing ( Doc. XXXIX, n. 5).

Detto documento sarà inviato alla 5º, alla 8º e alla 10º Commissione permanente.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 16 febbraio 1999, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 11, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801, la relazione sulla politica informativa e della sicurezza, e sui risultati ottenuti, attinente al secondo semestre 1998 ( Doc. XXXIII, n. 6).

Detto documento sarà inviato alla 1º Commissione permanente.

Corte costituzionale, trasmissione di sentenze

Il Presidente della Corte costituzionale, con lettera in data 17 febbraio 1999, ha trasmesso, a norma dell'articolo 30, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia di una sentenza, depositata nella stessa data in cancelleria, con la quale la Corte stessa ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 294, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che fino all'apertura del dibattimento il giudice proceda all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere. ( Doc. VII, n. 119). Sentenza n. 32 del 10 febbraio 1999.

Detto documento sarà trasmesso alla 1º e alla 2º Commissione permanente.

Corte dei conti, trasmissione di documentazione

Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 10 febbraio 1999, ha trasmesso, in adempimento a quanto disposto dall'articolo 8 della legge 21 marzo 1958, n. 259, e con riferimento all'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, copia della determinazione n. 1/99, adottata dalla Corte stessa - in Sezione del controllo sugli enti - nell'adunanza del 29 gennaio 1999, in cui dichiara che il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria dell'Ente tabacchi italiani, pre visto dall'articolo 2, comma 9, del decreto legislativo 9 luglio 1988, n. 283, va esercitato nel modo stabilito dall'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259.

Detta determinazione sarà inviata alla 5º e alla 6º Commissione permanente.

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissione permanenti:

4º Commissione permanente (Difesa):

3-02630, dei senatori Crescenzio ed altri, sulla chiusura della base aereonautica ex sede del Comando 79 Gruppo I. T. Zelo (Rovigo);

10º Commissione permanente (Industria, commercio, turismo):

3-02628, del senatore Lauro, sugli incentivi a favore del settore del turismo.