Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 1166

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 1166


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori CIRAMI, NAPOLI Bruno, NAVA

e TAROLLI



COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1º AGOSTO 1996

Misure a favore di chi si dissocia dalla mafia






ONOREVOLI SENATORI. - Il disegno di legge che si propone, lungi dal costituire pretenziosamente "la soluzione" dell'annoso e gravoso problema delle consorterie delinquenziali (mafia, 'ndrangheta, camorra, eccetera), vuole peró con forza evidenziare l'esigenza, da piú parti manifestata, di introdurre un dibattito serio sulla "dissociazione mafiosa" attraverso la via istituzionale piú genuina e trasparente che é quella legislativa.
L'esperienza maturata negli anni scorsi ha rivelato che la lotta alle criminalità organizzate non puó restare ancorata solo ai dibattiti, piú o meno culturali, o esclusivamente alla via "giudiziaria e repressiva", avendo questa e quelli per nulla o poco inciso sulla entità e vastità del fenomeno, a volte "genetico", e che sono, anzi, serviti in alcuni casi ad esaltare, oltre ogni previsione, figure di "eroi negativi".
La sola repressione, per quanto dura o spietata che sia (l'esperienza del prefetto Mori in Sicilia insegna), non costituisce, come da alcuni ancor oggi radicalmente sostenuto, l'unica via per debellare in nuce il fenomeno mafioso che non é solo, come é acquisito, fenomeno delinquenziale.
Delle "culture mafiose" si sono nel tempo, con piú o meno competenza ed avvedutezza, interessati ed impossessati, a diversi livelli, intellettuali, cineasti, magistrati, poliziotti. Non si vede, allora, perché non possa interessarsene il legislatore che, di certo e piú degli altri, deve sentire il diritto-dovere di approntare una via istituzionale all'avviamento solutivo delle varie problematiche con il disciplinare, come in altre circostanze (terrorismo), "la dissociazione dalla mafia", prevenendo e non inseguendo le emergenze come spesso é dato riscontrare.
Non sfugge, al riguardo, la ostentata preoccupazione di quanti vorranno paventare nella presente proposta un "abbassamento del livello di guardia" nella lotta alla criminalità organizzata; preoccupazione che appare ingiustificata per l'affrettato, a volte superficiale e preconcetto, accostamento della figura del "dissociato" a quella del "pentito-collaborante", con il conseguente timore del deprezzamento del ruolo di quest'ultimo. Al collaborante di giustizia va riconosciuto l'indubbio merito di avere consentito con le sue delazioni, ma solo "giudiziariamente", grandi successi nella persecuzione degli illeciti di natura mafiosa, ma niente di piú.
Epperó tale preoccupazione, seppure per altri aspetti non infondata, di certo non potrà sottrarre pregiudizialmente e acriticamente l'approccio legislativo alla problematica costituita dalla odierna prospettazione. Nell'attuale sistema democratico non possono coltivarsi paure o timori del genere, che sono, invece propri degli stati a regime totalitario o poliziesco.
Al "pentito-collaborante", invero, vengono, intanto, assicurati vantaggi (sconti di pena considerevoli, protezione, assistenza economica) di gran lunga superiori a quelli riservati al "dissociato", per cui l'accostamento delle due figure non potrà essere affatto oggetto di confusione alcuna, proprio per la precisa definizione della indicata condotta dissociativa, che mira sotto altri intuitivi profili, piú del "pentitismo", al cuore del fenomeno delinquenziale.
La collaborazione, finalizzata a scopi esclusivamente giudiziari, non implica quasi mai distacco dalla mentalità e dalla cultura mafiosa, essendo anzi diretta, il piú delle volte, a lucrare vantaggi processuali per il collaborante e per l'autorità giudiziaria procedente.
La "dissociazione" come qui proposta é finalizzata, invece, a scopi ben diversi da quelli assicurati con il "pentitismo".
Essa, prevedendo congiuntamente, quale condotta dissociativa, l'ammissione degli illeciti commessi, i comportamenti oggettivamente incompatibili con il permanere del vincolo associativo ed il ripudio della finalità e dei metodi mafiosi, si diversifica e si affianca, senza mistificazione alcuna, alla legislazione premiale sul "pentitismo", e si ritiene possa contribuire peró, ancor di piú e meglio, alla dissoluzione del fenomeno mafioso che é e resta, per dirla con Giovanni Falcone, "un fenomeno umano e, come tutti i fenomeni umani é destinato a finire"; ció comporta che sul piano fenomenico umano, complessivamente inteso, va tentata, perció, la possibilità offerta con la dissociazione come resta definita.
La abiura dalla "cultura" e dalle attività mafiose realizza quella maturazione interiore, quasi sempre mancante nel "collaborante", che costituisce di certo un segnale forte ed assai significativo per coloro che, irretiti molto frequentemente da condizionamenti familiari od ambientali, vogliono riscattarsi da un tale asservimento, senza necessariamente spingersi alla delazione. É, insomma, diretta alla disgregazione dal "di dentro" di quel tessuto e di quella "cultura" in cui molti, sopratutto giovani, sono stati costretti, loro malgrado ed a volte inconsapevolmente, ad esercitarsi e che oggi vogliono provare a ritrovare quella via al vero pentimento che in massima parte rimane estraneo al "collaborante".
In tal senso é stato pensato l'articolato del capo II, ove sono previsti appositi e differenziati metodi di recupero socio-riabilitativo per il "dissociato".
Va, infine, sottolineato, e non é cosa da poco, che la "dissociazione" viene riconosciuta soltanto per i delitti tipicizzati dall'articolo 416- bis del codice penale e non per i gravi delitti di sangue eventualmente commessi avvalendosi delle condizioni previste dalla medesima norma.
Ad avvantagiarsene non sarebbero solo i singoli ma l'intera collettività, perché una riduzione dei ranghi della consorteria mafiosa si risolverebbe in un indiscusso indebolimento dell'intera struttura criminale.





DISEGNO DI LEGGE



CAPO I.

Art. 1.

(Condotte di dissociazione)

1. Agli effetti della presente legge si considera condotta di dissociazione dalla mafia il comportamento di chi, imputato o condannato ovvero autore ancora non identificato di reati di cui all'articolo 416- bis del codice penale, ovvero indiziato o indiziabile ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, definitivamente abbandona l'associazione di tipo mafioso cui ha appartenuto, tenendo congiuntamente le seguenti condotte: ammissione delle attività effettivamente svolte, comportamenti oggettivamente ed univocamente incompatibili con il permanere del vincolo associativo, ripudio delle finalità e dei metodi di cui al citato articolo 416- bis del codice penale.
2. Le disposizioni della presente legge operanti con riferimento alla mafia si applicano anche ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.

Art. 2.

(Diminuzioni di pena. Sospensione
delle misure di prevenzione)


1. Nei confronti di chi risulta essersi dissociato, entro la data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 1, la pena per i delitti di cui all'articolo 416- bis del codice penale é diminuita di un terzo.
2. Le diminuzioni di pena indicate al comma 1 si applicano alla pena che dovrebbe essere inflitta tenendo conto delle circostanze aggravanti e attenuanti, del concorso formale e della continuazione; esse sono escluse dalla comparazione di cui all'articolo 69 del codice penale e sono valutate per ultime. Sulla sussistenza della dissociazione si pronuncia il giudice competente per la fase processuale in corso, il quale applica le diminuzioni. La Corte di cassazione provvede ai sensi dell'articolo 619, comma 3, del codice di procedura penale.
3. Nei confronti di chi, indiziato ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, si dissocia ai sensi dell'articolo 1 della presente legge sono sospese le misure di prevenzione di cui all'articolo 2 della citata legge n. 575 del 1965.

Art. 3.

(Diminuzioni di pena nel caso
di condanna definitiva)


1. Le pene inflitte per uno o piú reati di cui al comma 1 dell'articolo 2 con sentenza divenuta definitiva prima della data di entrata in vigore della presente legge sono diminuite, secondo quanto previsto dall'articolo 2, nei confronti di chi, prima o anche dopo la condanna, purché entro la data di entrata in vigore della presente legge, si é dissociato ai sensi dell'articolo 1.
2. Il provvedimento é preso con ordinanza del giudice dell'esecuzione, con il procedimento di cui agli articoli 666 e seguenti del codice di procedura penale.

Art. 4.

(Dichiarazione di dissociazione successiva all'entrata in vigore della legge)

1. Se il soggetto che si trova in una delle condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 1 intende rendere dichiarazioni ai sensi e per gli effetti del medesimo articolo, ovvero integrare quelle già rese, puó chiedere di eser citare tale facoltà entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge al pubblico ministero presso il giudice competente per la fase processuale in corso, ovvero al pubblico ministero presso il giudice dell'esecuzione ovvero al procuratore nazionale antimafia.
2. Le dichiarazioni raccolte ai sensi del comma 1 sono trasmesse immediatamente al giudice competente per territorio.
3. Il giudice competente a pronunciarsi, ai sensi degli articoli 2 e 3, in ordine alla sussistenza della dissociazione, acquisisce, relativamente ad ogni singolo procedimento sottoposto al suo esame, tutti gli elementi necessari per la decisione.

Art. 5.

(Revoca)

1. Le diminuzioni di pena applicate in base agli articoli 2 e 3 sono revocate se chi ne ha beneficiato commette nuovamente uno dei delitti di cui al comma 1 dell'articolo 2 o comunque tiene comportamenti inequivocabilmente incompatibili con la precedente dissociazione.
2. Alla revoca provvede il giudice competente per la fase processuale in corso ovvero il giudice dell'esecuzione con il procedimento di cui agli articoli 666 e seguenti del codice di procedura penale.

Art. 6.

(Cumulo )

1. Quando contro la stessa persona sono state pronunciate piú sentenze di condanna per reati di cui al comma 1 dell'articolo 2, a ciascuna delle quali é stata applicata una delle diminuzioni di pena di cui agli articoli 2 e 3 della presente legge, la pena complessiva da espiare non puó eccedere gli anni venti di reclusione. La pena cosí determinata deve essere considerata pena unica ai fini dell'eventuale provvedimento di cui agli articoli 80 del codice penale e 663 del codice di procedura penale.

Art. 7.

(Applicabilità delle norme)

1. Le disposizioni della presente legge si applicano solo ai delitti che sono stati commessi entro il 30 giugno 1996 o la cui permanenza cessa entro il termine di cui all'articolo 4, comma 1.
2. Le disposizioni della presente legge non si applicano nei confronti di chi ha usufruito o puó usufruire dei benefici previsti dall'articolo 8 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203.

CAPO II.

Art. 8.

(Sospensione dell'esecuzione
della pena detentiva)


1. Nei confronti di persona condannata ad una pena detentiva non superiore ad anni tre, anche se congiunta a pena pecuniaria, per reati di cui all'articolo 1, ovvero che per la medesima causa debba ancora scontare una pena della durata inferiore ad anni tre, e che si sia dissociata ai sensi della presente legge, il tribunale di sorveglianza puó sospendere l'esecuzione della pena per anni cinque qualora accerti che la persona intenda sottoporsi ad un programma socio-riabilitativo previsto dall'articolo 10.
2. La sospensione dell'esecuzione della pena é concessa su istanza del condannato presentata al tribunale di sorveglianza del luogo in cui l'interessato risiede. All'istanza é allegata certificazione rilasciata dal Ministero di grazia e giustizia attestante il tipo di programma socio-riabilitativo da seguire, l'indicazione della struttura ove eseguirlo e le modalità di realizzazione.
3. Qualora l'ordine di carcerazione non sia stato ancora emesso o eseguito, l'istanza é presentata al pubblico ministero il quale, se non osta il limite di pena di cui al comma 1, sospende l'emissione o l'esecuzione fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, al quale trasmette immediatamente gli atti. Il tribunale decide in ogni caso entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell'istanza.

Art. 9.

(Estinzione del reato. Revoca
della sospensione)


1. Se il condannato attua completamente il programma socio-riabilitativo e nei cinque anni successivi al provvedimento di sospensione dell'esecuzione non commette nessuno dei delitti di cui all'articolo 1 né altro delitto non colposo punibile con la reclusione, la pena e ogni altro effetto penale si estinguono.
2. La sospensione dell'esecuzione é revocata di diritto se il condannato si sottrae al programma senza giustificato motivo o mantiene un comportamento incompatibile con la sua corretta esecuzione, ovvero se, nel termine di cui al comma 1, commette uno dei delitti previsti dal medesimo comma.

Art. 10.

(Definizione del programma
socio-riabilitativo)


1. Il Ministero di grazia e giustizia, d'intesa con il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri, definisce il programma socio-riabilitativo personalizzato che prevede iniziative volte ad un pieno inserimento sociale del dissociato dalla mafia attraverso l'orientamento e la formazione professionale, attività di pubblica utilità o di solidarietà sociale.
2. Il programma deve essere formulato nel rispetto della dignità della persona, tenendo conto in ogni caso delle esigenze di lavoro e di studio e delle condizioni di vita familiare e sociale del soggetto che ad esso si sottopone. Il programma é attuato presso strutture riabilitative iscritte in un albo nazionale tenuto dal Ministero di grazia e giustizia.
3. Per tutti i soggetti che seguono un programma socio-riabilitativo in regime di sospensione del provvedimento o dell'esecuzione della pena la struttura riabilitativa interessata trasmette, su richiesta dell'autorità che ha disposto la sospensione, una relazione, secondo modalità definite con decreto del Ministro di grazia e giustizia, relativamente all'andamento del programma, al comportamento del soggetto e ai risultati conseguiti a seguito della ultimazione del programma stesso.

Art. 11.

(Strutture riabilitative
autorizzate. Convenzioni)


1. Presso il Ministero di grazia e giustizia é istituito un albo degli enti pubblici e privati che gestiscono strutture per la riabilitazione ed il reinserimento sociale dei dissociati dalla mafia, che agiscono senza fini di lucro e si pongono come obiettivi lo sviluppo socio-culturale della personalità, la formazione professionale e l'orientamento al lavoro dei predetti soggetti. L'iscrizione all'albo é condizione necessaria per lo svolgimento delle attività indicate al presente articolo ed é subordinata al possesso dei seguenti requisiti minimi:

a) personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione riconosciuta o riconoscibile ai sensi degli articoli 12 e seguenti del codice civile;
b) disponibilità di locali e attrezzature adeguate al tipo di attività prescelta;
c) personale sufficiente ed esperto nelle problematiche relative agli aspetti di natura psicologica e sociologica connessi al coinvolgimento in associazioni di stampo mafioso e al successivo abbandono delle finalità e dei metodi che caratterizzano tali associazioni, nonché al reinserimento in un contesto sociale eventualmente a rischio.

2. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia sono definiti eventuali requisiti specifici richiesti per l'iscrizione all'albo di cui al comma 1.
3. I responsabili degli enti di cui al presente articolo possono autorizzare persone idonee a frequentare le strutture di riabilitazione allo scopo di partecipare all'opera di prevenzione, recupero e reinserimento sociale degli assistiti.
4. L'esercizio delle funzioni di riabilitazione e reinserimento indicate nel presente articolo é regolato da apposite convenzioni da stipularsi tra il Ministero di grazia e giustizia e gli enti di cui al comma 1. Le convenzioni devono essere conformi allo schema-tipo predisposto dal Ministro di grazia e giustizia.
5. L'attività degli enti di cui al comma 1 in esecuzione delle convenzioni é svolta in collegamento con il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri e con il Ministero di grazia e giustizia il quale ultimo esercita funzioni di controllo e resta in ogni caso competente per la definizione e l'attuazione degli aspetti relativi alla sicurezza delle persone sottoposte ai programmi di riabilitazione e delle loro famiglie.

Art. 12.

(Contributi. Progetti per l'occupazione
dei dissociati)


1. Il Ministro di grazia e giustizia, d'intesa con il Ministro per gli affari sociali, eroga contributi agli enti di cui all'articolo 11 allo scopo di sostenere attività per il recupero e il reinserimento sociale dei dissociati dalla mafia. I contributi sono erogati previa presentazione e dimostrazione dell'effettiva realizzazione dei servizi e delle iniziative attivate. A tal fine gli enti predetti sono tenuti a trasmettere i propri bilanci, contenenti anche i risultati raggiunti, al Ministero di grazia e giustizia.
2. I contributi di cui al presente articolo sono finanziati con apposito stanziamento la cui quantificazione annuale é determinata ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
3. I contributi di cui al presente articolo sono destinati, nella misura del 20 per cento, al finanziamento di progetti per l'occupazione di dissociati dalla mafia che abbiano completato il programma socio-riabilitativo e debbano inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro.
4. I progetti previsti al comma 3 possono essere elaborati dagli enti di cui all'articolo 11 tanto autonomamente quanto in collaborazione con imprese pubbliche e private e con cooperative e con il concorso, anche in veste propositiva, delle agenzie per l'impiego. I progetti sono inviati al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che, entro 60 giorni dalla loro recezione, esprime un parere sulla fattibilità e sulla congruità economico-finanziaria, nonché sulla validità del progetto con riferimento alle esigenze del mercato del lavoro. I progetti possono prevedere una prima fase di formazione del personale e possono realizzare l'occupazione anche in forma cooperativistica.
5. Il Ministro di grazia e giustizia, acquisito il parere del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con il Ministro per gli affari sociali autorizza la realizzazione del progetto e l'anticipazione dei fondi necessari.
6. Il Ministro di grazia e giustizia e il Ministro per gli affari sociali presentano annualmente al Parlamento una relazione sulle attività relative all'erogazione dei contributi di cui al presente articolo.

Art. 13.

(Concessione di strutture appartenenti
allo Stato)


1. Agli enti di cui all'articolo 11 possono essere dati in uso, con convenzione per una durata almeno decennale, con decreto del Ministro delle finanze, emanato di concerto con il Ministro per gli affari sociali, edifici, strutture ed aree appartenenti al demanio o al patrimonio dello Stato, ovvero confiscati ai sensi dell'articolo 12- sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, al fine di destinarli a centri di riabilitazione dei dissociati dalla mafia, nonché per realizzare centri e case di lavoro per tali soggetti al termine del programma di riabilitazione.
2. Gli enti o i centri di cui al comma 1 possono effettuare opere di ricostruzione, restauro e manutenzione per l'adattamento delle strutture attingendo ai finanziamenti di cui all'articolo 15 e nel rispetto dei vincoli posti sui beni stessi.
3. Agli enti di cui al comma 1 si applicano le disposizioni dell'articolo 1, commi 1, 4, 5 e 6, e dell'articolo 2 della legge 11 luglio 1986, n. 390.

Art. 14.

(Concessione delle strutture degli enti locali)

1. Le regioni, le province autonome, gli enti locali, nonché i loro enti strumentali e ausiliari possono concedere in uso gratuito agli enti di cui all'articolo 11 beni immobili di loro proprietà con vincolo di destinazione alle attività di recupero e reinserimento anche lavorativo dei dissociati.
2. L'uso é disciplinato con apposita convenzione che ne fissa la durata, stabilisce le modalità di controllo sulla utilizzazione del bene e le cause di risoluzione del rapporto, e disciplina le modalità di autorizzazione per apportare modificazioni o addizioni al bene, anche mediante utilizzo dei contributi di cui all'articolo 15.

Art. 15.

(Contributi finalizzati alle sedi
delle strutture riabilitative)


1. Per la costruzione, l'ampliamento o il recupero di immobili destinati a sedi delle strutture riabilitative di cui all'articolo 11 il comitato esecutivo del Comitato per l'edilizia residenziale (CER), integrato per tali circostanze da un rappresentante del Ministero di grazia e giustizia e da un rappresentante del Dipartimento per gli affari so ciali della Presidenza del Consiglio dei ministri, puó concedere agli enti di cui al medesimo articolo 11 un contributo in conto capitale fino alla totale copertura della spesa necessaria.
2. La concessione del contributo di cui al comma 1, secondo le procedure dei programmi straordinari attivati dal CER ai sensi dell'articolo 3, primo comma, lettera q) , della legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni, comporta un vincolo decennale di destinazione dell'immobile a sede di struttura riabilitativa ed é subordinata alla previa autorizzazione alla realizzazione dell'opera.