Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00520
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Atto n. 1-00520
Pubblicato il 10 gennaio 2012, nella seduta n. 652
CARLINO , BELISARIO , GIAMBRONE , BUGNANO , CAFORIO , DE TONI , DI NARDO , LANNUTTI , LI GOTTI , MASCITELLI , PARDI , PEDICA
Il Senato,
premesso che:
ad oggi non esiste una definizione uniforme di malattia rara. L'Organizzazione mondiale della sanità individua come "malattie rare" un ampio gruppo di patologie (tra le 5.000 e le 6.000), di cui l'80 per cento circa di origine genetica, caratterizzate dalla bassa prevalenza nella popolazione, alcune delle quali aggregabili in aree clinico-terapeutiche (malattie dismetaboliche, anemie congenite, neuropatie, eccetera) con particolare concentrazione in determinate aree territoriali e geografiche. Secondo la legislazione degli Stati Uniti d'America viene definita "rara" una malattia con una prevalenza inferiore a 7,5 su 10.000 abitanti, mentre in Giappone una malattia è definita "rara" quando la prevalenza è inferiore a 4 su 10.000 abitanti;
la decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 1999, che adotta il programma d'azione comunitaria 1999-2003 della Commissione della Comunità europea, definisce rare le malattie che hanno una prevalenza non superiore a 5 per 10.000 abitanti nell'insieme della popolazione comunitaria;
nonostante possa apparire un fenomeno circoscritto, il problema delle malattie rare riguarda circa 24 milioni di persone in Europa e oltre 2 milioni in Italia (senza contare il coinvolgimento dei familiari dei malati). Si tratta di patologie alquanto eterogenee fra loro sia nell'eziopatogenesi sia nelle manifestazioni sintomatologiche, molte delle quali croniche e gravemente invalidanti e che spesso costituiscono causa di mortalità precoce;
le malattie rare rappresentano un importante e complesso problema sociale ed assistenziale. Trattandosi infatti di malattie il più delle volte genetiche, esse pongono difficoltà diagnostiche e attendono i principali risultati terapeutici dallo sviluppo di nuovi farmaci ottenuti attraverso l'impiego di metodologie avanzate (biotecnologie, terapia genica e cellulare) non sempre immediatamente disponibili; sono malattie croniche e invalidanti, con conseguenti specifiche esigenze assistenziali e alti costi sanitari e sociali; sono tuttora spesso prive di trattamento (malattie orfane) perché, in assenza di incentivi, le imprese farmaceutiche non sono stimolate ad investire in funzione di un mercato che resterebbe comunque molto limitato;
rilevato che:
gli alti costi per la ricerca, la sperimentazione, lo sviluppo e la commercializzazione dei medicinali necessari a curare malattie con bassa incidenza (i cosiddetti "farmaci orfani"), con l'oggettiva impossibilità di realizzare profitti adeguati a coprire le spese, costituiscono un disincentivo per le industrie farmaceutiche ad investire capitali nella ricerca e nella produzione di farmaci innovativi, poco allettanti in quanto, appunto, poco redditizi. I tempi di sviluppo di un nuovo farmaco, dall'individuazione del principio attivo alla sua commercializzazione, richiedono dai 10 ai 14 anni, con un costo medio di oltre 250 milioni di dollari. Ciascun progetto di ricerca e di sviluppo di "farmaci orfani" richiama un investimento di oltre 18 milioni di euro all'anno. Le case farmaceutiche non possono certamente sopportare da sole questi costi;
inoltre, in Italia mancano istituti di ricerca di carattere pubblico dedicati ai "farmaci orfani" e dunque la sperimentazione e lo sviluppo ne risultano fortemente rallentati;
negli USA il problema è stato affrontato la prima volta nel 1983 con l'introduzione dell'Orphan drug act, un complesso di norme che attraverso sovvenzioni economiche, incentivi fiscali e facilitazioni amministrative, ha stimolato le attività di ricerca e sviluppo riguardanti i farmaci orfani. All'industria che investe nella ricerca su farmaci riconosciuti utili per malattie rare viene prolungato considerevolmente il periodo di esclusiva per la commercializzazione ed inoltre è consentito lo sgravio fiscale di una somma pari al 50 per cento delle spese sostenute per la ricerca. Questi ed altri provvedimenti minori hanno consentito negli Stati Uniti la messa in commercio di oltre 800 specialità medicinali;
in Europa il riconoscimento del reale problema dei farmaci orfani si è avuto con il regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999 (entrato in vigore il 22 gennaio 2000), che istituisce una procedura comunitaria per l'assegnazione della qualifica di medicinali orfani e offre incentivi per la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio dei medicinali così qualificati. Tale regolamento introduce procedure per designare un farmaco "orfano", sia perché destinato a malattie rare (gravi, debilitanti e invalidanti), che interessano meno di 5 persone su 10.000 della UE, sia perché l'industria può dimostrare che si tratta di un farmaco per il quale non può essere attesa una giusta remunerazione economica qualora sia prodotto nella UE; facilitazioni alle imprese farmaceutiche che decidono di produrre i farmaci designati orfani; dieci anni di esclusività di mercato dopo la registrazione del farmaco. Il regolamento si è inoltre immediatamente caratterizzato nel dichiarare una precisa volontà di coinvolgere nelle attività di ricerca e di sviluppo dei farmaci orfani le imprese farmaceutiche e i centri di ricerca europei indipendentemente dalla loro dimensione produttiva, scegliendo, anzi, di stimolare proprio le piccole e medie imprese spesso escluse dai percorsi di globalizzazione del farmaco. Di particolare importanza è risultata al riguardo l'introduzione della procedura di assistenza (articolo 6), attraverso cui lo sponsor (in base all'articolo 2 del regolamento si definisce con tale termine la persona fisica o giuridica, stabilita nell'Unione europea, che richiede o che ha ottenuto la qualifica di farmaco orfano per un determinato farmaco) può ottenere dall'Agenzia europea per i medicinali (EMEA) un parere su come accedere alle procedure per la designazione (e per la successiva autorizzazione) del farmaco in esame;
successivamente, con il regolamento (CE) n. 847/2000 della Commissione, del 27 aprile 2000, si sono stabilite le disposizioni di applicazione dei criteri previsti per l'assegnazione della qualifica di medicinale orfano, nonché la definizione dei concetti di medicinale "simile" e "clinicamente superiore";
in Italia con il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, e con il decreto legislativo 18 febbraio 1997, n. 44, sono state recepite le direttive dell'Unione europea in materia di specialità medicinali (decreti successivamente abrogati dal decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219). Con il decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, poi, è stato ridefinito il sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni; con il decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279 («Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie») è stata istituita la rete nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare, dando mandato alle singole Regioni, e, presso l'Istituto superiore di sanità, è stato istituito il registro nazionale delle malattie rare al fine di ottenere, a livello nazionale, un quadro complessivo delle malattie rare e della loro distribuzione sul territorio;
il citato regolamento di cui al decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, individua 284 malattie e 47 gruppi di malattie rare per le quali è prevista l'esenzione dalla partecipazione al costo delle correlate prestazioni sanitarie. Sono esentate le prestazioni effettuate presso i presidi della rete per l'accertamento delle malattie rare individuate dal regolamento e, per i soggetti riconosciuti affetti da tali malattie, è prevista l'esenzione per tutte le prestazioni efficaci ed appropriate per il trattamento ed il monitoraggio della malattia;
considerato che:
i provvedimenti legislativi illustrati costituiscono solo i primi (e non ancora adeguati) passi verso soluzioni di un problema rilevante;
sia a livello nazionale che a livello regionale, i cittadini affetti da malattie rare non usufruiscono dello stesso livello di prestazioni diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali previste da parte del Servizio sanitario nazionale per i pazienti cosiddetti "normali";
esistono inoltre disparità di trattamento fra le varie regioni, e persino all'interno delle medesime regioni e, addirittura, all'interno delle stesse città, nonostante sia ovvio e doveroso che tutti i cittadini debbano godere dello stesso livello di prestazioni da parte del Servizio sanitario nazionale;
i costi elevati e la mancanza di disponibilità sul territorio nazionale di strutture specialistiche adeguate, l'esclusione dalle liste di rimborsabilità dei farmaci inseriti in fascia C nonché l'inserimento nella fascia di trattamenti non farmacologici di presidi e di prodotti galenici, possono rendere difficile l'acquisizione del diritto all'esenzione dal ticket per gli affetti da malattie rare, così come stabilito dal regolamento di cui al decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279.
i trattamenti previsti per le malattie rare sono diversi da quelli previsti per le malattie comuni. Molti di questi trattamenti sono essenziali per le prime, ma non essenziali per le seconde. Basti pensare al caso di alcuni alimenti o integratori alimentari che sono dei veri e propri prodotti "salvavita" per molte malattie rare di tipo metabolico o al caso di semplici creme e fermenti lattici indispensabili ed insostituibili per la cura di alcune malattie rare dermatologiche;
le Regioni non hanno recepito correttamente le indicazioni contenute nel regolamento di cui al decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, e ciò crea grande confusione nel settore specifico delle malattie rare, delegando alla sensibilità interpretativa delle commissioni delle singole aziende sanitarie locali la decisione di erogare o meno un farmaco, creando così disparità assistenziali non solo nelle singole regioni, ma perfino nelle ASL delle stesse regioni,
impegna il Governo a porre in essere tutte le iniziative necessarie al fine di:
a) favorire la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie, in particolare attraverso la predisposizione di un piano organico per la ricerca clinica (anche al fine di favorire la partecipazione dell'Italia alle attività internazionali nel settore delle malattie rare) da realizzarsi, in linea con quanto previsto dall'articolo 9 del regolamento (CE) n. 141/2000, attraverso un apposito piano di incentivi alla ricerca basato sulla defiscalizzazione dei fondi investiti dagli sponsor e sull'istituzione di un apposito fondo destinato a finanziare annualmente almeno due terzi dei progetti di ricerca, con particolare attenzione ai progetti rivolti al territorio delle regioni economicamente depresse;
b) garantire la disponibilità delle cure e l'immediato accesso ai nuovi farmaci da parte dei soggetti affetti da malattie rare attraverso: una semplificazione delle procedure per la definizione del prezzo e della classe di rimborsabilità dei farmaci orfani autorizzati nell'area comunitaria; la creazione di un comitato nazionale per le malattie rare in grado di monitorare la fenomenologia e l'incidenza delle stesse; l'inserimento nei prontuari farmaceutici regionali, dei farmaci essenziali per la cura delle malattie rare diffuse sul territorio regionale; la predisposizione di piani per il trattamento domiciliare che consentono la distribuzione diretta, da parte delle aziende sanitarie locali o tramite accordi con le farmacie, dei prodotti necessari anche per terapie di supporto (in particolare per le malattie croniche e disabilitanti); la disponibilità di trattamenti non farmacologici (alimenti, dispositivi medici, prestazioni di riabilitazione, interventi di supporto) resi necessari dalla specifica patologia.