Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 236 del 07/07/2020

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,31).

Si dia lettura del processo verbale.

PISANI Giuseppe, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 25 giugno.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Sulla scomparsa di Paolo Cabras e di Fiorenza Bassoli

PRESIDENTE. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi). Signori senatori, desidero rivolgere un pensiero di vicinanza ai familiari, ai parenti e agli amici dell'ex senatore Paolo Cabras, scomparso venerdì scorso all'età di ottantanove anni.

Paolo Cabras era un uomo di fine e vivace intelligenza, un professionista stimato e scrupoloso, un politico appassionato, dotato di grande senso dello Stato e rispetto per le istituzioni. Autorevole esponente della sinistra democristiana nazionale, aveva iniziato la sua esperienza tra i banchi del Campidoglio, per essere poi eletto per la prima volta alla Camera dei deputati nella VI legislatura.

Parlamentare per ben sei mandati, di cui quattro alla Camera e due al Senato, Paolo Cabras fu senza dubbio uomo di partito, ma fu soprattutto un politico dialogante e sempre aperto al confronto costruttivo, fedele interprete di quella visione morotea dell'impegno politico inteso come collaborazione e condivisione delle responsabilità, che continua a rappresentare ancora oggi un prezioso insegnamento di cultura e di maturità istituzionale, perché solo facendo prevalere gli interessi generali su quelli di parte e solo attraverso la partecipazione e l'impegno di tutti gli attori politici e istituzionali è possibile superare anche i momenti più bui e dare ai cittadini risposte, prospettive e speranze concrete per il futuro.

Nel rinnovare quindi al figlio Daniele, ai familiari e agli amici del senatore Paolo Cabras il cordoglio mio personale e di tutto il Senato, invito l'Aula a osservare un minuto di silenzio. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio). (Applausi).

Scusatemi, senatori, purtroppo oggi è una giornata di commemorazioni; vorrei ricordare un'altra persona.

Com'è tristemente noto, domenica scorsa, dopo una lunga malattia, si è spenta l'ex senatrice Fiorenza Bassoli, donna di grande intelligenza e autorevole esponente della sinistra italiana. Originaria di Reggiolo, piccolo centro dell'Emilia-Romagna, Fiorenza Bassoli si era trasferita ancora giovanissima con la famiglia a Sesto San Giovanni e in quel Comune a Nord di Milano, all'epoca sede di una delle più grandi ed estese concentrazioni industriali d'Italia, aveva iniziato il suo appassionato percorso politico-istituzionale. Sindaco di Sesto per ben nove anni, tra il 1985 e il 1994, prima donna nella storia di quel Comune, dovette affrontare alcuni dei momenti più delicati e complessi della crisi industriale, che avrebbe rapidamente trasformato il tessuto sociale ed economico di quei territori, una sfida di fronte alla quale Fiorenza Bassoli seppe dare prova di grande determinazione, capacità di dialogo e volontà di trovare sempre soluzioni condivise nell'interesse primario della città e dei suoi abitanti, valori umani che erano il tratto distintivo di una personalità forte e attenta alle istanze dei più fragili. Valori che hanno contraddistinto il suo impegno anche come consigliere provinciale di Milano, come vice presidente del Consiglio regionale della Lombardia e quindi come senatrice nella XV e nella XVI legislatura. Molti in Senato hanno avuto modo di conoscere e di apprezzare la sua instancabile dedizione al lavoro, insieme alla passione con cui si era fatta ispiratrice e sostenitrice di tanti progetti legislativi e iniziative per una sanità sempre più moderna e accessibile. Una dedizione spontanea, una dedizione autentica e coinvolgente che anche in questi ultimi anni, nonostante il sopraggiungere della malattia, l'aveva portata a spendersi fino all'ultimo per la realizzazione a Sesto San Giovanni di un importante polo sanitario e di ricerca medico-scientifica, un progetto a cui Fiorenza Bassoli teneva particolarmente e che auspico possa presto tradursi in una realtà concreta e tangibile al servizio dei cittadini.

In ricordo della senatrice Fiorenza Bassoli, invito pertanto l'Assemblea del Senato a stringersi al dolore di familiari ed amici e ad osservare un minuto di silenzio. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio). (Applausi).

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, solo perché ho collaborato e ho conosciuto come suo stretto collaboratore nell'ambito dell'ufficio elettorale del partito, cioè della Democrazia Cristiana, l'onorevole (allora era alla Camera dei deputati) Paolo Cabras, voglio aggiungere alle sue parole il senso di un sentimento collettivo per chi ha conosciuto questa persona. Una persona senz'altro fuori dal comune, un leader politico profondamente radicato nella sua città, Roma, che è arrivato in Parlamento, come spesso succedeva in quella generazione, dopo un lungo cursus all'interno del consiglio comunale, dopo una grande attività fatta nelle borgate, tra la gente semplice di questa città di Roma.

Venendo al Senato, oggi pomeriggio pensavo a Paolo Cabras, e pensavo in che modo poter identificare la sua personalità. Ecco, vorrei usare un'espressione, colleghi, che credo valga per Paolo Cabras in particolare: Paolo Cabras è stato un cattolico intransigente, non solo con gli altri, ma anche e soprattutto con se stesso; un uomo profondamente legato alla grande tradizione culturale e politica di Leopoldo Elia, di Giovanni Galloni, di Granelli. Con i suoi colleghi di base, in quegli anni è stato un punto di riferimento importante nella Democrazia Cristiana.

Non sempre eravamo d'accordo; molte volte eravamo in disaccordo, ma ho sempre apprezzato le sue doti umane, le sue doti di combattente, ma, come lei ha sottolineato prima, signor Presidente, era un combattente che non faceva battaglie per fare battaglie. Ha sempre cercato anche il momento del dialogo, il momento della composizione del conflitto, il momento dell'accordo dopo le dispute. Questo è stato segno di grande intelligenza, di grande passione, di grande vivacità intellettuale.

Credo che Paolo Cabras dovrà essere ricordato in questa città di Roma in particolare come merita, e spero e penso che dovranno farlo il Senato e le istituzioni della Repubblica, perché parliamo di un uomo che ha lasciato un lascito morale e ideale assai forte, come oggi non si intravede spesso nei protagonisti della politica.

Grazie a lei, signor Presidente, per aver voluto iniziare oggi i lavori del nostro Senato ricordando Paolo Cabras. Ha fatto bene, è stato un tributo giusto per un uomo onesto, profondamente radicato nell'esperienza cristiano-democratica. (Applausi). (Brusio).

PRESIDENTE. Credo che un intervento sulla commemorazione esiga un po' di silenzio. Sarebbe un segno di rispetto (applausi) per chi è stato in queste Aule e oggi viene ricordato per il lavoro che ha svolto. Vi chiederei, quindi, che non ci fosse questo mormorio un po' fastidioso in Aula.

CUCCA (IV-PSI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CUCCA (IV-PSI). Signor Presidente, avevo conosciuto in maniera del tutto casuale il senatore Cabras perché, essendo io "figlio" di uno degli esponenti della Democrazia Cristiana sarda, che all'epoca era parlamentare, il senatore Ariuccio Carta, che per lungo tempo si è seduto nei banchi di quest'Aula, avevo avuto l'opportunità di conoscerlo tramite quest'ultimo.

Paolo Cabras era un medico; come è stato già detto, è stato deputato per lunghi anni, dal 1972 al 1987, senatore dal 1987 per due legislature. Fu anche direttore de «Il Popolo», il quotidiano della Democrazia Cristiana e questo è un dato molto importante, perché questo incarico evidenzia a chiare lettere l'autorevolezza del personaggio nonché il prestigio di cui godeva nell'ambito del partito.

Dal 1960 al 1974 Cabras era stato anche consigliere comunale e assessore e, guarda caso, proprio in quell'anno, l'anno in cui lui lasciò il consiglio comunale, avevo preso la prima tessera della Democrazia Cristiana, aderendo alla sinistra democristiana in Sardegna.

In quegli anni egli si occupò principalmente ed alacremente dei cosiddetti ultimi, perché aveva una particolare attenzione per i più poveri, per coloro che avevano addirittura problemi di sopravvivenza. Egli identificò queste persone nella sua lotta politica e fu infatti tra i fondatori del Sindacato unitario nazionale inquilini ed assegnatari (SUNIA), di cui fu anche presidente: ciò dimostra l'impegno che il senatore Cabras poneva per tutti i problemi che riguardavano il sociale in genere. Egli aveva condotto, in questo senso, una grandissima, continua ed incisiva azione in favore delle categorie più povere, interpretando, credo in maniera assolutamente autorevole, i valori sociali del cattolicesimo democratico.

Per questo credo che sia stata un'ottima idea quella di commemorarlo e di richiamare alla memoria la sua figura. Il Gruppo Italia Viva si associa pertanto alle manifestazioni di cordoglio nei confronti dei familiari, dei figli, dei loro amici e anche di tutti coloro che sono stati suoi compagni di partito, fra i quali, in maniera assolutamente modesta, mi sono trovato anch'io. (Applausi).

SBROLLINI (IV-PSI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SBROLLINI (IV-PSI). Signor Presidente, la ringrazio per il ricordo della senatrice Fiorenza Bassoli. Oggi, come giustamente ha detto, ricordiamo davvero una grande donna, una grande amica che ho avuto l'onore di conoscere nella mia vita politica; non solo una grande amministratrice, ma una grande senatrice, una donna autorevole delle istituzioni, con un'umanità e una generosità che non si trovano facilmente nello stile di chi fa politica.

Ella era profondamente generosa e appassionata, ma allo stesso tempo era una donna determinata nelle sue battaglie per un welfare moderno e riformista e in difesa dei diritti delle donne e dei minori. Ho avuto la fortuna di lavorare con lei e con altre colleghe, anche in quegli anni in cui era difficile portare avanti alcune proposte di legge, fuori e dentro le istituzioni. Mi lega a lei una profonda amicizia e una condivisione di valori. Fiorenza aveva la capacità di tenere assieme il sorriso e la concretezza, perché credeva profondamente nella politica, quella alta, quella degli ideali e dei valori di una sinistra autenticamente riformista.

C'è un tratto umano di lei che non potrò mai dimenticare: era una donna del dialogo e del confronto e sapeva lavorare con le altre donne e anche questa è una dote rara in politica. Ho fatto un tratto importante accanto a lei, con altre amiche senatrici, a cui sono legata da una profonda amicizia - la senatrice Anna Serafini, la senatrice Silvana Amati e la compianta senatrice Franca Donaggio - e da tanti ricordi, tante iniziative, tanti momenti belli e appassionati trascorsi insieme. La voglio ricordare così, come un'amica che, fino alla fine, nonostante la malattia, ha mantenuto la dignità e l'attenzione verso i più deboli.

Un abbraccio grande va alla sua famiglia, al suo amatissimo figlio Yuri.

Care colleghe e cari colleghi, abbiamo perso una grande donna, una grande amica, ma nessuno cancellerà il suo lavoro, le sue idee sempre volte a migliorare la nostra società.

Ciao Fiorenza, anche a nome del Gruppo Italia Viva-P.S.I. (Applausi).

MIRABELLI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MIRABELLI (PD). Signor Presidente, è un dolore, ma è soprattutto un dovere dare un ultimo saluto a Fiorenza Bassoli in quest'Aula, dove Fiorenza ha lavorato per due legislature, dai banchi di quello che è stato sempre il suo Gruppo e il suo partito.

Fiorenza è stata una donna di parte, una donna di sinistra, un'antifascista, che nella sua vita politica ha fatto della concretezza e del riformismo il suo riferimento.

In nome di questi principi si è sempre battuta nella società e anche nel suo partito ed è bello che l'abbia voluto ricordare ieri in un telegramma il presidente emerito Giorgio Napolitano. Ma Fiorenza è stata soprattutto donna delle istituzioni, convinta che compito di un rappresentante dei cittadini dovesse essere sempre quello di guardare all'interesse generale e alla salvaguardia delle istituzioni e della democrazia.

Con questo spirito ha saputo rappresentare con autorevolezza ed equilibrio il Consiglio regionale lombardo da Vice Presidente per un'intera legislatura.

Ma i grandi amori di Fiorenza, per cui non la dimenticheremo, sono quelli su cui ha lasciato il segno, da donna intelligente, attenta, capace di avere spesso quella marcia in più che tante donne sanno di avere.

Prima di tutto il grande amore per la sua città, Sesto San Giovanni, la città operaia, medaglia d'oro della Resistenza. Fiorenza, non solo è stata il primo sindaco donna, ma è stata il sindaco di Sesto San Giovanni nel momento più difficile della città, quando si sono chiuse le grandi fabbriche e c'è stato bisogno di una grande trasformazione. Lei ha saputo guidare questa trasformazione da sindaco intelligente, facendo di Sesto San Giovanni una città di terziario, non abbandonando la produzione, puntando sull'innovazione e facendo grande attenzione alla qualità della città e alla socialità. C'era il rischio che diventasse una città dormitorio: è diventata una città verde, con un grande parco, una città che ha puntato sulla cultura e sullo sport. Fiorenza ha segnato così, ha regalato una stagione bella e non scontata alla sua città.

L'altro amore di Fiorenza era la sanità. Fino all'ultimo, fino a pochi giorni fa, ci ha scritto che era preoccupata e sconvolta da quello che il Covid-19 ha fatto in Lombardia. Ci teneva a dire la sua su cosa si era sbagliato, sulle responsabilità. Per dieci anni in Lombardia, e ancora in Senato, di questo si era occupata, della salute dei cittadini, della necessità di garantire un welfare universale e di qualità.

Le sue due passioni, come diceva lei, signor Presidente, si sono incontrate in questi anni, finita la sua attività nelle istituzioni, nell'attenzione con cui ha continuato a seguire il grande progetto della Città della salute, che ha contribuito a costruire: l'idea forte di portare nella sua città un'eccellenza sanitaria, nel posto in cui c'erano le grandi industrie, i carroponti, la Falck, la Marelli, la Breda. Anche questo è un atto d'amore per Sesto San Giovanni che tutte le istituzioni coinvolte, come ha detto lei, signor Presidente, oggi devono sentirsi ancora impegnate a realizzare. (Applausi).

RIVOLTA (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RIVOLTA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, quando ho appreso della scomparsa di Fiorenza Bassoli mi sono molto dispiaciuta. Avevo avuto modo di conoscerla quando lei ricopriva l'incarico nell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale e insieme avevamo fatto battaglie proprio sui temi delle donne. Quindi, con lei condividevo, non solo questa tematica, ma una profonda passione per la politica.

Ricordo Fiorenza come una donna delle istituzioni, profondamente convinta dell'impegno che, quotidianamente, si può svolgere per cercare di fare la propria parte e per migliorare. Lei ha avuto modo di farlo, appunto, come amministratrice del suo Comune, come sindaco, ma anche in Consiglio regionale, in Consiglio provinciale ed infine in Senato.

Era una persona che ricordo aperta, di parte, certamente, come lo siamo tutti qua dentro, ma con un profondo rispetto per le altre persone, anche se, appunto, di altra idea politica. Pronta a confrontarsi istituzionalmente e, come direi che vediamo anche qui, non sempre questa è una qualità che molti hanno.

Concludo qui. Volevo che arrivassero anche il mio pensiero, il mio ricordo e le condoglianze alla famiglia e agli amici del suo Gruppo politico, che tanto le sono stati vicino e che tanto sentono la sua mancanza. Condoglianze. (Applausi).

RIZZOTTI (FIBP-UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RIZZOTTI (FIBP-UDC). Signor Presidente, quando ho appreso, con sgomento, la notizia della morte della senatrice Bassoli, ho provato un profondo dolore perché ricordo con grande commozione quando eravamo insieme nella 12° Commissione in Senato nella XVI legislatura.

Era la mia prima legislatura e Fiorenza Bassoli è stata, comunque, un grande esempio, una maestra, proprio per tutti quelli che erano i nostri comportamenti in Commissione, dove c'erano persone estremamente preparate. Questo anche se avevamo idee diverse: un concetto di sanità basato sui principi liberali che hanno sempre ispirato il mio partito era un'altra idea rispetto a quella della senatrice Bassoli. Quello, però, che ci ha sempre accomunato era riuscire ad arrivare a portare dei progetti legislativi abbastanza condivisi, soprattutto pensando a quello che era un bene primario come quello della salute. Quindi, c'è sempre stato molto dialogo, anche nei momenti, che non definirei di scontro, ma comunque di differenze di posizione, per poi arrivare, comunque, a una sintesi, pur nelle differenze.

Nei primi anni, rappresentavamo noi la maggioranza e portammo avanti grandi battaglie sulla sanità, che adesso forse sono un po' dimenticate, ma sempre, comunque, con grande reciproco rispetto, cosa che, purtroppo, al giorno d'oggi manca, anche nelle stesse Commissioni e pure in Aula.

Questo mi dispiace molto, perché, veramente, quando vi è il reciproco rispetto e la preparazione sugli argomenti che si devono affrontare, si sente veramente la bellezza del nostro ruolo di politici e legislatori. Quindi, ciao, Fiorenza. Ci mancherai. (Applausi).

Gruppi parlamentari, variazioni nella composizione

PRESIDENTE. Con lettera in data 1° luglio 2020, il senatore Carbone ha comunicato di cessare di far parte del Gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente- UDC e di aderire al Gruppo Italia Viva-P.S.I.

Il Presidente del Gruppo Italia Viva-P.S.I. ha accettato tale adesione.

A seguito del passaggio ad altro Gruppo parlamentare, il senatore Carbone decade dall'incarico di Segretario del Consiglio di Presidenza, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-bis, del Regolamento.

Comunicazioni del Presidente sul calendario dei lavori (ore 17,03)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: «Comunicazioni del Presidente sul calendario dei lavori».

Colleghi, la Conferenza dei Capigruppo ha stabilito il nuovo calendario dei lavori dell'Assemblea fino al 21 luglio.

Nella seduta di oggi, che terminerà alle ore 20, saranno discusse le risoluzioni delle Commissioni riunite affari esteri e difesa sulla partecipazione dell'Italia a missioni internazionali.

Il calendario dei lavori della settimana prevede inoltre: la discussione di ratifiche e di accordi internazionali; la deliberazione per la costituzione in giudizio del Senato in un conflitto di attribuzioni; dalla sede redigente il disegno di legge sulla cefalea primaria cronica, già approvato dalla Camera dei deputati; la relazione della Commissione di inchiesta sui rifiuti della Regione Umbria; il sindacato ispettivo.

Giovedì 9, alle ore 15, avrà luogo il question time con i Ministri dell'interno, della giustizia e dell'istruzione.

Restano confermate, nella giornata di martedì 14 luglio, alle ore 10, la votazione mediante chiama per l'elezione di due componenti del collegio del Garante per la protezione dei dati personali e di due componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nonché la convocazione delle Commissioni per il rinnovo, previsto dall'articolo 21, comma 7, del Regolamento, secondo gli orari già annunciati e previa comunicazione dei componenti nelle Commissioni entro le ore 17 di venerdì 10 luglio.

Il calendario della prossima settimana prevede sedute fino a venerdì 17, se necessario, per la discussione del decreto-legge rilancio, attualmente all'esame della Camera dei deputati.

Mercoledì 15 luglio, alle ore 15, il Presidente del Consiglio dei ministri renderà comunicazioni in vista del Consiglio europeo straordinario del 17 e 18 luglio 2020.

Giovedì 16, alle ore 15, avrà luogo il question time.

I Capigruppo hanno altresì convenuto che nella giornata di martedì 21 luglio, a partire dalle ore 9,30, saranno discusse mozioni su sei argomenti, tre indicati dai Gruppi di maggioranza e tre dai Gruppi di opposizione. I temi delle mozioni dovranno essere indicati entro martedì 14 luglio, alle ore 17.

Da oggi, grazie all'eccellente lavoro svolto dai nostri ingegneri informatici, è in funzione il sistema integrato di votazione elettronica dalle tribune e dall'emiciclo che - dopo la fase sperimentale dei mesi passati - consente la piena operatività e immediatezza di tutte le procedure di voto previste dal Regolamento.

Si fa presente che il sistema disabilita automaticamente le schede eventualmente rimaste inserite nelle postazioni di voto dell'emiciclo qualora i titolari votino nelle tribune con il tablet.

Calendario dei lavori dell'Assemblea

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi il 1° luglio 2020, con la presenza dei Vice Presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - il nuovo calendario dei lavori dell'Assemblea fino al 21 luglio:

Martedì

7

luglio

h. 16,30-20

- Doc. XXIV, n. 20 e Doc. XXIV, n. 21 - Risoluzioni delle Commissioni riunite 3ª e 4ª sulla partecipazione dell'Italia a missioni internazionali

- Ratifiche di accordi internazionali

- Deliberazione per la costituzione in giudizio del Senato in un conflitto di attribuzione

- Disegno di legge n. 1250 e connessi - Cefalea primaria cronica (approvato dalla Camera dei deputati) (dalla sede redigente)

- Doc. XXIII, n. 2 - Relazione della Commissione di inchiesta sui rifiuti sulla Regione Umbria

- Sindacato ispettivo

- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (giovedì 9, ore 15)

Mercoledì

8

"

h. 9,30-20

Giovedì

9

"

h. 9,30-20

Martedì

14

luglio

h. 10

- Votazione per l'elezione di due componenti del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali e di due componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (votazione a scrutinio segreto mediante schede) (martedì 14, ore 10)

- Disegno di legge n. ... - Decreto-legge n. 34, Rilancio (ove approvato e trasmesso dalla Camera dei deputati) (scade il 18 luglio)

- Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo straordinario del 17 e 18 luglio 2020 (mercoledì 15, ore 15)

- Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (giovedì 16, ore 15)

Mercoledì

15

"

h. 9,30

Giovedì

16

"

h. 9,30

Venerdì

17

"

h. 9,30

(se necessaria)

Le Commissioni permanenti sono convocate per il loro rinnovo martedì 14 luglio nei seguenti orari:

Commissioni dalla 1a alla 7ª alle ore 13

Commissioni dalla 8ª alla 14ª alle ore 15

I Gruppi dovranno comunicare i componenti nelle Commissioni entro le ore 17 di venerdì 10 luglio.

Il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge n. ... (Decreto-legge n. 34, Rilancio) sarà stabilito in relazione ai tempi di trasmissione dalla Camera dei deputati.

Martedì

21

luglio

h. 9,30

- Discussione di mozioni su sei distinti argomenti, tre indicati dai Gruppi di maggioranza e tre dai Gruppi di opposizione

Gli argomenti delle mozioni dovranno essere indicati entro le ore 17 di martedì 14 luglio.

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. ...
(Decreto-legge n. 34, Rilancio)

(10 ore, escluse dichiarazioni di voto)

Relatore

60'

Governo

60'

Votazioni

60'

Gruppi 7 ore, di cui:

M5S

1 h

29'

L-SP-PSd'Az

1 h

8'

FI-BP

1 h

6'

PD

49'

Misto

41'

FdI

38'

IV-PSI

38'

Aut (SVP-PATT, UV)

32'

Dissenzienti

5'

Ripartizione dei tempi per la discussione
sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri
in vista del Consiglio europeo straordinario del 17 e 18 luglio 2020
(3 ore e 30 minuti, incluse dichiarazioni di voto)

Governo

30'

Gruppi 3 ore, di cui:

M5S

38'

L-SP-PSd'Az

29'

FI-BP

28'

PD

21'

Misto

18'

FdI

16'

IV-PSI

16'

Aut (SVP-PATT, UV)

14'

Dissenzienti

5'

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 17,07)

Discussione congiunta e approvazione dei documenti:

(Doc. XXIV, n. 20) PACIFICO e VATTUONE. - Risoluzione delle Commissioni riunite 3a e 4a approvata il 1° luglio 2020 ai sensi dell'articolo 50 del Regolamento, a conclusione dell'esame dell'affare assegnato sulla deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2020, adottata il 21 maggio 2020

(Doc. XXIV, n. 21) PACIFICO e VATTUONE. - Risoluzione delle Commissioni riunite 3a e 4a approvata il 1° luglio 2020 ai sensi dell'articolo 50 del Regolamento, a conclusione dell'esame dell'affare assegnato sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2020, deliberata dal Consiglio dei ministri il 21 maggio 2020

(Esame ai sensi dell'articolo 50 del Regolamento) (ore 17,08)

Approvazione dell'ordine del giorno G1 (testo 2)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle risoluzioni adottate dalle Commissioni riunite 3a e 4a, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento, a conclusione dell'esame dell'affare assegnato sulla deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2020, adottata il 21 maggio 2020 (Doc. XXIV, n. 20), e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2020, deliberata dal Consiglio dei ministri il 21 maggio 2020 (Doc. XXIV, n. 21).

Le relazioni sono state già stampate e distribuite.

La relatrice, senatrice Pacifico, ha chiesto di integrare la relazione scritta sul documento XXIV, n. 20. Ne ha facoltà.

PACIFICO, relatrice sul documento XXIV, n. 20. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, siamo oggi in questa illustre Assemblea per comunicare che 5 nuove missioni internazionali, insieme alla proroga di quelle in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, sono state approvate all'unanimità con due risoluzioni dalle Commissioni affari esteri, emigrazioni e difesa per l'anno in corso.

Ringraziando i ministri di Maio e Guerini per il lavoro svolto, il collega relatore, senatore Vattuone, per l'impegno profuso nella stesura dei documenti e i senatori delle due Commissioni coinvolte per il senso di responsabilità dimostrato, vado a sottolineare in particolare che, con la missione di sminamento nei territori libici occupati dalle truppe del generale Haftar, l'Italia tenta di rientrare nella partita libica.

Siamo stati i primi a credere a un Governo al-Serraj. Poi gli schieramenti e le sorti della guerra, almeno per un certo periodo, ci hanno indotto ad avere una posizione equidistante, quasi neutrale. Ora che l'esercito regolare libico ci chiama per sminare strade, palazzi, terreni, eccetera, è inevitabile accettare, soprattutto per salvare la vita a migliaia di civili e bambini, ma anche per tornare a giocare un ruolo da protagonisti in Libia.

Con la missione Irini, poi, che nasce per bloccare il traffico delle armi dirette in Libia, in violazione dell'embargo decretato dall'ONU fin dall'avvio del 1° aprile, si sono sollevati dibattiti e discussioni riguardo al successo e alla conseguente credibilità dell'Unione europea quale soggetto geopolitico. Tali discussioni erano probabilmente dovute al fatto che ai primi di giugno il cargo Cirkin, battente bandiera della Tanzania, salpato dal porto turco di Haydarpasa e diretto in Libia, veniva intercettato dalla fregata greca Hs Spetsai, una delle due navi operative attualmente per la missione Irini e che dopo l'avvertimento il personale militare ha chiesto di salire a bordo del cargo per accertare il carico di armi, ma il comandante della nave si è rifiutato di esibire l'ispezione in quanto le regole non lo prevedevano, come confermato successivamente dal portavoce dell'Unione europea, dando così ragione alla nave tanzaniana.

Le regole di ingaggio della missione Irini prevedono che le navi sospette possano essere ispezionate solo con il consenso del comandante della stessa imbarcazione. A oggi, in effetti, dai numeri delle ispezioni fatte e dalle risultanze risulta che sono state controllate più di 140 imbarcazioni con relativa ispezione e in nessuna di queste sono state rinvenute armi. La deduzione dei più è, quindi, che si controllano coloro che non hanno nulla da temere e non si controlla chi trasporta armi.

Appurato che la missione ha una funzione di deterrenza, con lo scopo di segnalare gli Stati che non si adeguano alle direttive, mi auguro che in un prossimo futuro si adotterà un sistema di controllo e sanzioni più stringenti per chi viola l'embargo, soprattutto - naturalmente - con mezzi militari più cogenti.

Di fatto, nonostante i diversi Paesi coinvolti, risultano impegnate dal 4 maggio (inizio dell'operatività in mare) solo Italia e Grecia, con due fregate e quattro o cinque mezzi aerei.

Se crediamo in questa missione, dobbiamo impegnarci ad allargarne la partecipazione a tutti gli Stati membri dell'Unione Europea - o quantomeno a Francia, Germania, Lussemburgo e Polonia, che hanno dato la loro disponibilità - e soprattutto a rivederne le regole d'ingaggio.

Per concludere, signor Presidente, onorevoli membri del Governo e illustri colleghi, voglio inviare i miei saluti e ringraziamenti alle donne e agli uomini delle Forze armate, che con onore e abnegazione servono il nostro Paese, preservando la sicurezza e la pace per il popolo italiano e tutte le persone dei Paesi in cui operano.

PRESIDENTE. Il relatore, senatore Vattuone, ha chiesto di integrare la relazione scritta sul documento XXIV, n. 21. Ne ha facoltà.

VATTUONE, relatore sul documento XXIV, n. 21. Signor Presidente, onorevoli membri del Governo e senatori, con questo provvedimento oggi il Senato è chiamato all'esame dell'autorizzazione alla partecipazione alle missioni internazionali in corso e dello stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, con la relativa proroga, come dal contenuto della risoluzione in esame e con la procedura introdotta dalla legge n. 145 del 2016.

Nel dettaglio, ma in estrema sintesi, si tratta di un provvedimento che dispone la proroga delle missioni già in corso riferite al periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019, con relativa proroga per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2020.

Come di consueto, l'autorizzazione alle missioni richiede un'analisi degli scenari geopolitici e delle diverse instabilità e crisi in cui si inserisce l'impegno del nostro Paese. Qui non c'è dubbio che l'esame che svolgiamo oggi si collochi su un vero spartiacque storico, rappresentato dall' emergenza Covid-19.

Il Parlamento si è occupato a lungo e in maniera approfondita di come affrontare l'emergenza sanitaria e le sue conseguenze economiche, ma dal punto di vista della politica di sicurezza e difesa ritengo dobbiamo seguire con estrema attenzione anche nel prossimo futuro l'impatto di quest'emergenza sulla sicurezza e la stabilità internazionale.

Non c'è dubbio che l'emergenza sanitaria e la crisi economica collegata avranno un impatto particolarmente duro sui Paesi fragili, con Governi e istituzioni deboli, conflitti in corso, condizioni sociali critiche e sistemi sanitari deboli o inesistenti. La radice del nostro impegno nelle missioni internazionali sta nel contribuire in ambito internazionale alla stabilità e alla gestione dei conflitti.

Nel contesto che ci attende, temo dovremo attrezzarci a far fronte ad una maggior conflittualità in tutte le aree d'instabilità e a una crisi umanitaria, con tutte le conseguenze che conosciamo, per quanto riguarda ad esempio i flussi migratori. In tale quadro, l'Italia intende mantenere un'adeguata presenza internazionale nei diversi formati fin qui condotti (ossia le missioni in ambito ONU e quelle NATO; le missioni-operazioni nell'Unione Europea, sia militari sia civili; le missioni condotte da coalizioni di Paesi e, infine, quelle bilaterali).

Il contesto internazionale resta caratterizzato da diversi scenari di crisi, molti dei quali concentrati nell'area del cosiddetto Mediterraneo allargato, che è di grande impatto per il nostro Paese, tra Medioriente, Golfo, Balcani e Nordafrica. Del resto, anche nella relazione analitica allegata al documento deliberato dal Consiglio dei Ministri si cita come fondamentale punto di riferimento per l'azione italiana la nostra identità mediterranea, che anche per una dimensione storica e culturale ci fa sentire più da vicino tutto ciò che si muove in questo bacino in termini sia di minacce che di opportunità.

La nostra presenza continua così nei Balcani occidentali, area di rinnovata attualità sia per i flussi migratori che per la minaccia terroristica, in una fase di delicato avvicinamento di questi Paesi all'Unione europea e alla NATO.

Continuano le attività di formazione e addestramento, consulenza e supporto nel Sahel e nel Corno d'Africa anche per il contrasto alla pirateria. L'Italia mantiene la sua presenza in Iraq, Paese scosso da gravi disordini interni e da una persistente instabilità istituzionale. Inoltre, a completamento degli interventi scaturiti dalla crisi siriana, resta fondamentale per la stabilizzazione dell'area la partecipazione alla missione UNIFIL in Libano, nuovamente a guida italiana dall'agosto 2018.

Il documento si sofferma puntualmente anche sulle problematiche della situazione in Libia e nell'area mediterranea adiacente. Per quanto riguarda la Libia, la relazione ripercorre gli ultimi passaggi della crisi a cominciare dalla conferenza di Berlino del 19 gennaio e dalle sue conclusioni, poi recepite in una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite dello scorso febbraio.

La situazione sul terreno, come ben noto, è stata caratterizzata in questi mesi dall'intensificazione dei combattimenti anche per l'influenza, sempre maggiore, di soggetti esterni. Nella convinzione che non esista una soluzione militare alla crisi e nella consapevolezza che la ripresa di un percorso di dialogo inclusivo che intensifichi lo sforzo diplomatico per indurre le parti libiche a fermare le ostilità, l'Italia continua a sostenere gli sforzi delle Nazioni unite e si è fatta altresì promotrice di un ruolo più attivo dell'Unione europea che ha portato all'avvio della missione Irini, di cui ha relazionato molto bene la collega senatrice Pacifico.

In questo contesto è valutato positivamente, lo diceva anche qui la senatrice Pacifico e lo voglio ribadire, ed è stato molto apprezzato, come annunciato dal ministro Di Maio e confermato dal ministro Guerini, il contributo italiano di alta valenza umanitaria inteso a fornire assistenza, con personale altamente specializzato per coadiuvare le operazioni di bonifica di ordigni disseminati nei centri urbani, in particolare a Tripoli.

Altro aspetto rilevante, sempre citato nella relazione analitica, è il rapporto con la NATO. Il rafforzamento delle capacità di resilienza e della difesa civile, specie dopo la crisi del coronavirus, si conferma un ambito cruciale per salvaguardare la continuità del Governo, la protezione delle infrastrutture critiche e l'erogazione dei servizi essenziali in caso di emergenza.

Rafforzare le relative capacità dell'Alleanza è dunque un interesse prioritario del nostro Paese.

L'Italia fornisce poi il proprio contributo a diverse missioni NATO; in Europa sul fronte Est e a Sud dell'Alleanza; in Afghanistan, scenario in grande mutamento viste le trattative con i talebani e la posizione degli Stati Uniti; in Kosovo, dove abbiamo il comando della missione e in Iraq.

Prosegue anche l'impegno italiano nell'ambito della politica di sicurezza e difesa comune dell'Unione europea sia nelle missioni civili che in quelle militari, dove partecipiamo ben in sei missioni. Abbiamo il comando sia di Irini, come è stato detto, che della missione EUTM in Somalia.

Comunque, in buona sostanza, si chiede la prosecuzione delle missioni per il 2020, con l'eccezione di Sophia, che ha esaurito il suo mandato il 31 marzo, della missione multilaterale TPH2 nei territori palestinesi e del dispositivo NATO nei Confini sud-orientali dell'Alleanza; si trattava della recinzione di sicurezza a supporto della Turchia. Per tutte le altre, il Governo chiede la proroga fino a dicembre del 2020.

Anche per quanto riguarda gli interventi fondamentali di cooperazione allo sviluppo e al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, come ha ricordato il ministro Di Maio, trattasi di uno strumento che acquisisce una funzione sempre più strategica nel preferire conflitti, consolidare istituzioni democratiche e stabilizzare aree di crisi. Anche per il 2020, in continuità con un recente passato, gli interventi sono incentrati soprattutto sull'area del Mediterraneo e sull'Africa, con una tipologia di azioni finalizzate a rafforzare la sicurezza e le stabilità regionali, a sostenere i Paesi maggiormente impegnati nella lotta al terrorismo e al contrasto dei traffici illegali e delle immigrazioni irregolari.

Circa i numeri, in conclusione, la consistenza massima annuale complessiva dei contingenti delle Forze armate impiegati nei teatri operativi è pari a 7.488 unità, con un aumento di 145 unità rispetto al 2019, e con una consistenza media pari a 5.911 unità, in questo caso con una riduzione di 370 unità sempre rispetto al 2019.

L'onere finanziario complessivo della proroga è determinato in circa 1,409 miliardi, comprensivi di 296 milioni a carico del Ministero degli affari esteri.

Vorrei altresì formulare un ringraziamento alle nostre Forze armate per l'impegno dimostrato con serietà e professionalità riconosciuta a tutti i livelli, ribadendo ancora una volta che il nostro Paese vanta un impegno di lungo periodo, rimanendo tra i più importanti Paesi contributori, sia di personale impiegato sia per quanto concerne il contributo finanziario. Pertanto, nella realtà complessa e travagliata di oggi, le missioni internazionali sono uno degli strumenti privilegiati per affrontare le crisi complesse e per attuare una politica internazionale adeguata alle nuove difficoltà e alle nuove crisi. Un ringraziamento ancora, se mi è consentito, va a tutti gli uomini e le donne delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e del personale civile della Difesa, per lo straordinario impegno a favore dell'intera comunità nazionale durante l'emergenza sanitaria dovuta all'epidemia del coronavirus, dimostrando professionalità, competenza e determinazione.

In conclusione, le Commissioni riunite 3a e 4a hanno espresso una valutazione favorevole, con il contributo di tutti; ringrazio la senatrice Pacifico, per il lavoro che ha svolto insieme a me, ma anche i due Presidenti delle Commissioni, i due Ministri, tutti i componenti delle Commissioni e tutti i Gruppi che hanno votato all'unanimità i contenuti della deliberazione del Consiglio dei ministri. Sono state raccolte alcune istanze emerse nel corso del dibattito, come per esempio l'esigenza - che aggiungo - di verificare una maggiore semplificazione del procedimento di autorizzazione parlamentare per l'avvio e la proroga delle missioni internazionali.

Pertanto, le Commissioni riunite 3a e 4a propongono all'Assemblea di autorizzare tutte le missioni e le attività di cui alla delibera del Consiglio dei ministri nei termini previsti dalle risoluzioni all'esame dell'Assemblea del Senato.

PRESIDENTE. Ricordo che eventuali ordini del giorno al testo delle risoluzioni approvate dalle Commissioni riunite 3a e 4a potranno essere presentati entro la conclusione della discussione congiunta.

Dichiaro aperta la discussione congiunta.

È iscritto a parlare il senatore De Falco. Ne ha facoltà.

DE FALCO (Misto). Signor Presidente, colleghi, molti di voi, a qualunque schieramento apparteniate, parlamentari o membri dell'Esecutivo, dinanzi alle telecamere vi infervorate nella tutela dei diritti umani. Oggi invece quest'Assemblea voterà le risoluzioni approvate dalle Commissioni riunite 3a e 4a relative alle missioni internazionali. Tra di esse c'è quella che ribadisce e consolida, con aumentata previsione di spesa, il ruolo di mandante del nostro Paese nell'illecito respingimento dei migranti, nel quale i libici sono meri esecutori. Loro fanno il lavoro sporco che l'Italia non può fare più così apertamente, dopo la condanna del 2012, quando la sentenza Hirsi riconobbe che l'Italia stava operando dei respingimenti collettivi illegali.

Voglio essere chiaro, però. La partecipazione del nostro Paese alle missioni internazionali rappresenta una componente essenziale della politica estera e di sicurezza e, grazie alla professionalità del personale militare e civile impegnato e alle risorse profuse, rafforza la posizione e il prestigio dell'Italia nella comunità internazionale. Però tra queste missioni c'è la missione a favore di quella accozzaglia di delinquenti in divisa, composta da personaggi eterogenei per provenienza, che costituisce la cosiddetta guardia costiera libica. Si tratta di un'entità che, come è stato documentato in modo indiscutibile, non ha alcuna autonoma capacità operativa; le motovedette libiche sono condotte per mano verso i naufraghi anche da MRCC Italia. Ci sono audio e registrazioni che lo attestano.

Questa è esattamente la dimostrazione del fatto che l'Italia è il mandante e quelli sono gli esecutori. È dimostrato che sono le stesse milizie libiche che da una parte gestiscono i traffici umani e dall'altra costituiscono la guardia costiera libica; sono gli stessi.

Due o tre anni fa noi davamo loro 1.600.000 euro. L'anno scorso abbiamo aumentato la provvista per questi delinquenti e gli abbiamo dato 6 milioni di euro. E quest'anno? Quest'anno gliene diamo 10. A quei delinquenti noi diamo 10 milioni, per fare il lavoro sporco che noi non abbiamo neanche la faccia di fare. Dopodiché, questa cooperazione del Governo italiano con quello libico costituisce di fatto una partecipazione diretta del nostro Paese, cioè dell'Italia, nelle azioni di respingimento dei migranti verso la Libia, in violazione di tutte le convenzioni a tutela dei diritti umani e in violazione delle convenzioni sul diritto del mare. Allora è necessario sospendere subito gli accordi con i libici in materia di controllo dei flussi. I costi in questi anni sono anche aumentati e questo è ancora più indecente.

Concludo invitando i colleghi tutti, ma soprattutto i colleghi del PD (infatti mi rivolgo soprattutto ai colleghi del PD), a essere coerenti con le proprie decisioni. Loro stessi nell'assemblea nazionale del 25 febbraio 2020, approvando all'unanimità un ordine del giorno, hanno assunto la decisione di superare il ruolo della guardia costiera libica, che in altri termini e in sintesi non esiste, ma è una nostra proiezione. Noi siamo i mandanti di un illecito internazionale molto grave. Io quindi non potrò sicuramente votare a favore di questa missione, per quanto inserita invece in un ambito commendevole. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Verducci. Ne ha facoltà

*VERDUCCI (PD). Signor Presidente, nell'insieme delle missioni internazionali che oggi verranno votate e che vedranno impegnate le nostre forze militari e di sicurezza, a cui va tutta la mia e la nostra gratitudine, mi concentrerò innanzitutto sulla questione di più grande rilievo politico, che riguarda il nostro coinvolgimento in Libia. Tutto quello che avviene nell'area del Mediterraneo ci riguarda, per questioni strategiche, storiche, culturali e geopolitiche legate al governo dei flussi migratori e alle questioni energetiche. La risoluzione della crisi libica è decisiva per la stabilizzazione e per la crescita dell'intera area.

È sulla Libia che scontiamo il fallimento e la mancanza di una politica estera europea, di una visione europea. La competizione delle singole Nazioni su quello scacchiere, il fallimento delle primavere arabe chiama in causa gli istinti più nefasti di un rigurgito di postcolonialismo pericoloso, ma per avere una politica comune europea serve innanzitutto una comune politica migratoria, fatta non di respingimenti, di criminalizzazione delle organizzazioni non governative, di porti chiusi, ma di corridoi umanitari, di salvataggi, di riconoscimento dello status di rifugiato. L'Italia e l'Europa sono questo e per questo deve cambiare il nostro modo di essere in Libia e di concepire la Libia. Non si tratta di abbandonarla, anzi di starci di più e nel modo giusto, con un intervento che non metta in contraddizione il realismo e i nostri valori costituzionali. Bene le missioni di sminamento, i presidi sanitari, le infrastrutture per la ricostruzione, no invece al rifinanziamento della Guardia costiera libica, perché come abbiamo scritto nell'ordine del giorno approvato all'unanimità dall'assemblea del Partito Democratico, la Guardia costiera libica in realtà non esiste, come dimostrato da inchieste giornalistiche, dai dossier delle Nazioni Unite e del Consiglio di Europa, che ci chiedono entrambi di sospendere i rapporti e il supporto alla Guardia costiera libica, perché risulta essere un conglomerato di milizie armate spesso in lotta tra loro e spesso coinvolte in prima persona nel traffico di migranti e nella gestione dei cosiddetti, famigerati lager libici. Ecco perché votare il rifinanziamento significa voltarsi dall'altra parte di fronte a respingimenti illegali, detenzioni arbitrarie, torture, violenze, rapimenti, lavori forzati. Ma noi siamo l'Italia, non possiamo voltarci di fronte a questa immane catastrofe umanitaria. Non possiamo farlo. Tutto questo avviene in una cornice, quella del memorandum Italia-Libia del 2017, quando queste cose non si sapevano. Quel memorandum è stato rinnovato tacitamente nello scorso febbraio, non è mai stato ratificato dal Parlamento italiano, eppure c'è un errore iniziale: l'aver voluto appaltare alla Libia, un Paese che non ha mai ratificato le Convenzioni internazionali sulla protezione dei migranti, il controllo dei flussi migratori, mettendo in contraddizione una presunta ragione di Stato e di sicurezza nazionale con i principi inderogabili del nostro Stato di diritto. È un Paese, la Libia, che come ha detto l'ONU, non può essere considerato un porto sicuro e quindi non può avere una zona di salvataggio e di recupero. Il memorandum si è dimostrato un fallimento anche nel suo presupposto più importante: portare in Libia e nei centri di detenzione le Nazioni Unite e i controlli. È avvenuto il contrario: l'UNHCR ha abbandonato Tripoli, l'ONU ha dichiarato di non poter controllare la situazione dei centri di detenzione di cui si ignora perfino il numero complessivo.

È per tutte queste ragioni, Presidente, che la scelta di continuare a finanziare la Guardia costiera libica fa male alla reputazione e all'autorevolezza del nostro Paese. Il rispetto dei diritti umani è parte dirimente del nostro interesse nazionale ed è per questo che non voteremo il rifinanziamento di questa missione, così come chiediamo a gran voce che venga fermata la vendita di armi all'Egitto, finché non avremo verità su Giulio Regeni, perché tutto si tiene. L'auspicio è che l'Italia riprenda ancora più forte il suo ruolo alla guida di una missione europea sui flussi migratori nel Mediterraneo, che rimetta in piedi un sistema di soccorso, di contrasto all'illegalità, di asilo, di integrazione, perché per nessun motivo la nostra politica può essere complice per opportunismo o per cinismo della tragedia che si verifica nel Mediterraneo, perché - Presidente, concludo - c'è una comunità di destino tra l'Europa, l'Africa e il Medio Oriente e si chiama appunto Mediterraneo. E allora serve affermare un'egemonia culturale per avere un'egemonia geopolitica, facendo di Italia ed Europa una forza che difende i valori universali dello Stato di diritto, non li tradisce e non tradisce sé stessa, non tradisce le proprie ragioni, non tradisce il proprio interesse nazionale. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, rinuncio al mio intervento e chiedo alla Presidenza di poterne consegnare il testo scritto.

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.

È iscritta a parlare la senatrice Garavini. Ne ha facoltà.

GARAVINI (IV-PSI). Signor Presidente, le missioni internazionali sono una scelta di strategica rilevanza per il Paese: contribuiscono alla pace e allo sviluppo di intere aree sensibili; territori dove ci sono condizioni di instabilità che potrebbero mettere a repentaglio la nostra sicurezza.

Pertanto il nostro impegno mira a garantire la protezione delle popolazioni nei Paesi a noi vicini, che vivono situazioni di crisi. Si tratta, cioè, di un atto umanitario. Al contempo, serve a tutelare un livello di sicurezza anche da noi, sul piano nazionale e globale.

Attraverso le missioni internazionali decidiamo in quali scenari di crisi è meglio essere presenti per favorire processi di stabilizzazione, perché in queste aree sono in ballo interessi vitali per il nostro Paese, ad esempio, per le possibili implicazioni legate al propagarsi di cellule terroristiche oppure per gli eventuali effetti in termini di flussi migratori.

Con le due risoluzioni che abbiamo oggi all'ordine del giorno ci apprestiamo a ratificare la partecipazione dell'Italia a cinque nuove missioni internazionali e a votare il prosieguo di quelle già precedentemente in atto.

Con le nostre Forze armate, negli scenari internazionali in questione, non perseguiamo obiettivi bellici; al contrario, la nostra presenza militare ha un ruolo di potenziale deterrenza, allo scopo di difendere la pace e di garantire assistenza umanitaria all'interno del sistema di alleanze e di coalizioni internazionali in cui ci muoviamo storicamente; vale a dire che operiamo in piena sintonia con l'Unione europea, con le Nazioni Unite, con la NATO: legami che restano ancorati e solidi per continuare ad affrontare al meglio le sfide transazionali che abbiamo di fronte.

Siamo soprattutto presenti in aree geografiche a noi più vicine; in primis, la regione euromediterranea, i Balcani, aree di attualità strategiche sia per le criticità correlate ai flussi migratori che alla minaccia terroristica. In generale, a livello internazionale ci troviamo di fronte ad una situazione di grande instabilità: il crescente disimpegno degli Stati Uniti in diverse aree di conflitto ha lasciato campo libero a forze esterne piuttosto intraprendenti e aggressive, con la conseguente creazione di nuovi equilibri a livello regionale che provocano spesso crisi umanitarie e nuove ondate migratorie verso l'Europa, con tutte le conseguenze che questo comporta anche per il nostro Paese. Ecco che il nostro sforzo di pacificazione, in una serie di situazioni ad alta tensione, è particolarmente proficuo.

Con i due provvedimenti che il Governo si appresta a sottoporci, restano sostanzialmente confermate le missioni di maggiore peso già in atto; si riscontra un leggero aumento delle risorse, il che vale anche per gli stanziamenti a favore della cooperazione allo sviluppo e per il sostegno ai processi di pace. È confermata, ad esempio, la nostra presenza nell'area balcanica, sia allo scopo di monitorare le criticità legate agli importanti flussi migratori che periodicamente la attraversano, sia per accompagnare il non scontato processo di integrazione europeo dei singoli Paesi della zona. La missione, infatti, mira a sostenere le istituzioni locali, supportando in particolare lo sviluppo e il rafforzamento del sistema giudiziario, di polizia e doganale, favorendo l'adesione di tali sistemi alle norme riconosciute a livello internazionale. Dunque, un'area nella quale il nostro impegno a favore della stabilità è particolarmente strategico, vista l'immediata vicinanza e le tensioni esistenti.

Per ora rimane invariata anche la missione in Afghanistan; al momento è in atto una fragile trattativa tra Stati Uniti e talebani. È importante seguire con attenzione l'evolversi della situazione sia rispetto agli sviluppi del processo di pace sia con riferimento a un possibile ritiro delle forze militari statunitensi e ai riflessi che tale ritiro potrebbe avere sulla sicurezza dei nostri uomini, così da valutare un'eventuale e necessaria rimodulazione della missione stessa.

Anche la missione UNIFIL in Libano rimane identica. L'importanza di questa missione spicca anche a seguito delle tensioni USA-Iran di inizio anno e della situazione interna incerta, per cui è strategico mantenere una posizione privilegiata e un ruolo terzo e neutrale che eviti pericolose escalation.

È rinnovato anche il nostro supporto umanitario in Libia, soprattutto rispetto all'operazione Mare sicuro e all'appoggio sanitario all'ospedale di Misurata, anche alla luce delle crescenti difficoltà legate all'emergenza Covid. È confermata in particolare la nostra partecipazione alla missione europea Eunavfor Med Irini, a guida italiana, vale a dire l'operazione che sostituisce la precedente missione Sophia e che ambisce a fare rispettare l'embargo sulla fornitura di armi alla Libia imposto dall'ONU, e prevede la possibilità di sequestrare e smaltire le armi eventualmente individuate.

A queste operazioni si aggiunge oggi, in Libia, un'ulteriore nostra missione: lo sminamento di eventuali ordigni nell'area di Tripoli, un importante supporto umanitario, attraverso il quale l'eccellente esperienza italiana può fornire un contributo fattivo, capace di salvare vite umane. In merito alla proroga della partecipazione della nostra Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri alla missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica, va rilevato l'impegno espresso dal Governo a modificare la base giuridica su cui si basa la cooperazione, vale a dire il Memorandum d'intesa (MoU), sottoscritto dal Governo italiano e dalle autorità libiche nel 2017. Alla modifica si è iniziato a lavorare opportunamente la settimana scorsa, perché è necessario che, da parte della Libia, venga garantito il pieno rispetto dei diritti umani e la presenza delle organizzazioni internazionali nei campi profughi, con il progressivo superamento del sistema dei centri che ospitano i migranti. Si tratta di un aspetto che mi preme rimarcare in modo particolare, anche alla luce delle recenti inchieste giornalistiche, che hanno gettato un'ombra inquietante sulla presunta collusione della Guardia costiera libica con trafficanti di esseri umani e sulla presunta deviazione di risorse pubbliche italiane su attività illecite, totalmente diverse da quelle per le quali erano state stanziate. Si tratta di aspetti sui quali è necessario fare chiarezza, per appurare la verità, per garantire il pieno rispetto dei diritti umani dei profughi salvati in mare dalla Guardia costiera libica e tenuti in campi di accoglienza e anche al fine di evitare possibili distorsioni nell'uso degli aiuti da parte italiana.

La delibera missioni prevede inoltre ulteriori nuove operazioni. Innanzitutto la missione task force Takuba, che è stata richiesta dai Governi di Mauritania, Mali, Niger, Ciad e Burkina Faso, al fine di contrastare la minaccia terroristica nell'intera zona. La stabilità di questi Paesi, cruciale per il controllo dei flussi migratori dall'Africa subsahariana, è gravemente minacciata dalla recrudescenza del terrorismo di stampo jihadista. L'operazione Takuba consiste in una forza multinazionale interforze, che ha il mandato di addestrare ed assistere le forze saheliane nella lotta contro i gruppi jihadisti. Il nostro impegno consiste nella messa a disposizione di elicotteri e del relativo personale, per consentire l'evacuazione medica di persone in stato di pericolo. Si prevede inoltre la messa a disposizione di forze speciali, per attività di formazione nei confronti del personale locale.

Accanto all'operazione Takuba andiamo a prevedere anche una nuova missione nel Golfo di Guinea, un'area di grande importanza per l'approvvigionamento energetico, che da alcuni anni vive la piaga della pirateria africana. Il Golfo di Guinea, su cui si affacciano due dei maggiori produttori di petrolio dell'Africa subsahariana, è considerato il più pericoloso tratto di mare, per numero di attacchi e atti di pirateria alle imbarcazioni e agli equipaggi. Nel 2019 il numero di marinai presi in ostaggio a largo delle coste dell'Africa occidentale è aumentato di più del 50 per cento e non è un caso che già diversi Paesi, come Francia, Spagna, Portogallo e anche Stati Uniti, da anni siano presenti nell'area con missioni nazionali antipirateria. Il nostro impegno si rende dunque opportuno, sia a tutela delle navi mercantili in transito, che dei poli estrattivi dell'ENI, presenti nella zona.

È evidente l'ampiezza dei fronti di instabilità, con i quali ci troviamo a doverci confrontare a livello internazionale. Credo che, come sistema Paese, possiamo essere orgogliosi del nostro impegno nel mondo, col quale cerchiamo dappertutto di limitare i conflitti e rafforzare i processi di pace. Possiamo andarne fieri e c'è bisogno di queste missioni, intese come strumento privilegiato per affrontare le crisi complesse e per attuare una politica internazionale adeguata alle nuove difficoltà. Nella complessità credo però che ci sia l'occasione per il nostro Paese di affermare con più forza una sua soggettività politica e un maggior ruolo nel delineare più compiutamente un indirizzo di politica estera e di sicurezza, che sappia definire le proprie priorità e perseguirle con chiarezza, a partire dall'area del Mediterraneo, che non può non rappresentare il fulcro della nostra azione.

Questa è la responsabilità che ci consegna il passaggio storico di oggi e i provvedimenti di cui stiamo discutendo vanno in tale direzione. Con l'approvazione della delibera missioni ci accingiamo a compiere un passo importante, in questo ramo del Parlamento, attraverso il quale esprimiamo in modo forte un ringraziamento sentito alle donne e agli uomini delle nostre Forze armate, che si impegnano ogni giorno per il bene supremo della sicurezza nostra e dei popoli presso i quali si trovano. (Applausi).

PRESIDENTE. Mi scuso perché è stata anche una mia disattenzione, senatrice Garavini, però richiamo tutti gli oratori a raggiungere per gli interventi i posti a ciò deputati.

È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-PEcEB). Signor Presidente, cari colleghi, certamente le missioni internazionali non sono solo una parte della politica estera di un Paese, ma sono anche una cartina tornasole, cioè una manifestazione significativa degli obiettivi del suo Governo.

Per quel poco di esperienza che ho in questo campo so bene che anche ai temi internazionali si legano sempre battaglie di principio e ragioni di compatibilità politica, vincoli nazionali e internazionali, oltre al fatto che bisogna cercare comunque una mediazione il più avanzata possibile nella direzione che si intende percorrere.

Non affronterò oggi i temi generali della politica estera del nostro Paese, che ondeggia spesso pericolosamente tra affermazioni di fedeltà europea-atlantica e vicinanze a Pechino o a qualche altro regime autoritario. Credo anche che alcuni anni di militanza politica internazionale e nazionale mi mettano al riparo almeno dall'eventuale accusa di essere un'isolazionista oppure di predicare "un disimpegno" dagli affari del mondo. Tuttavia, proprio per la rilevanza di queste azioni, nell'attenzione commossa dell'intera Assemblea, ritengo che "il come", "il dove" e "il con chi" dell'impegno qualifichino o squalifichino la natura dello stesso.

Le missioni internazionali non sono tutte uguali e quindi, a maggior ragione, penso - e spero che sarete d'accordo con me - che non si possa votare a pacchetto: non è un tanto al chilo. Ci sono alcune missioni internazionali più delicate di altre e, dal mio punto di vista, più inaccettabili di altre.

Mi riferisco direttamente alla Libia, con qualche osservazione, perché la gran parte degli interlocutori che avevate scelto nei precedenti Memorandum segreti sono oggi pedine nelle mani di attori internazionali che, soprattutto, non erano ieri e tantomeno sono oggi interlocutori credibili, neppure per aiutarci a controllare in modo civile il fenomeno migratorio.

L'Italia ha pagato un prezzo per fermare con ogni mezzo - dico bene, con ogni mezzo, anche il più disumano - i flussi nel Mediterraneo. Io non so, collega De Falco, se l'Italia è mandante. Sicuramente è pagante, questo sì - è il bancomat di queste operazioni insopportabili - e lo ha fatto scegliendo interlocutori che, come tanti casi di cronaca hanno dimostrato, erano i rappresentanti di organizzazioni criminali, compreso il famoso Bija, che se ne va in giro per l'Italia e pare che nessuno ne sappia niente.

A me sembra che l'Italia continui a pagare una sorta di riscatto all'incontrario: paga i carcerieri, non per liberare gli ostaggi, ma per tenerli prigionieri, facendo finta di non sapere, mentre invece lo sa e lo fa. Proprio per questo, il tipo di collaborazione con la Libia è un segmento della nostra cosiddetta politica di contrasto all'immigrazione clandestina, che continua con una normativa da Conte 1, viene da Salvini, con la legge Bossi-Fini.

Affrontiamo, però, nello specifico queste missioni. Mi auguro che non mi costringiate a lasciare l'Aula per non votare l'insieme, perché ci sono missioni che io sostengo. Quindi, mi auguro che consentiate ai senatori di quest'Assemblea, di poter votare, a ragion di causa, sulle diverse mozioni.

In particolare, mi riferisco al punto 21, che è la missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia, alla scheda 22 e alla scheda 38. La scheda 38, poi, ve la raccomando: si tratta dell'operazione Mare sicuro, come viene detto con un'ironia un po' macabra, vedendo quanto succede.

L'operazione Mare sicuro, che opera direttamente in cooperazione con la cosiddetta Guardia costiera libica, che non esiste. Esistono le milizie, che cambiano alleanza tutte le volte che par loro. La Guardia costiera di per sé non esiste; eppure, noi cooperiamo con 6 mezzi navali, 8 aerei e 754 unità di personale, militare o sanitario che sia. Questa è la scheda numero 38.

Già che ci siamo, vorrei segnalare alla vostra attenzione la scheda 29. La scheda 29 è la missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger. Col Niger! Avete presente? Con 160 mezzi terrestri, 5 aerei e 295 unità di personale militare. Cosa facciano o cosa non facciano, non è dato sapere. Il Niger, però, fa parte di questo grande comparto territoriale, dove magari sono altri colleghi europei che hanno interessi molto spiccati, soprattutto sulle materie prime rare.

Mi auguro davvero che si metta un punto fermo e che si ricominci da capo, con un reset totale dei nostri rapporti con la Libia. Non è più possibile andare avanti a cerotti, spizzichi e bocconi. Questo non è pensabile.

Voglio ringraziare la relatrice, la senatrice Pacifico, che, nella disattenzione di tutti, anche della stampa italiana, ha segnalato il caso del cargo Cirkin. Questo vi dovrebbe davvero preoccupare e vuol dire che la fantomatica missione europea Irini va rivista con diverse regole di ingaggio.

Questa nave Cirkin, battente bandiera tanzana, parte dalla Turchia con 500 container, viene intercettata dalla missione Irini...

PINOTTI (PD). No, dalla Sea Guardian. È un'altra operazione.

BONINO (Misto-PEcEB). No, prima dalla missione Irini, per via dei droni, ti assicuro. Poi, è affidata alla Sea Guardian. Intervengono sia una nave francese sia la nave italiana Carabiniere, ma non c'è verso che tale intervento sia consentito, appunto perché le regole di ingaggio quelle sono. Quindi, nessuno la ferma, nessuno riesce a fermarla o a ispezionarla.

Quindi, il reset che va fatto è complessivo. È chiaro che il supporto di armi a Haftar è più semplice, perché avviene via terra. Questo l'ho capito pure io. Ritengo, però, che non si possa, di fronte a questa situazione, continuare, come se niente fosse, semplicemente a prorogare il disastro umanitario, politico, di mancata influenza del nostro Paese.

Mi auguro almeno, per decoro, che sia possibile in quest'Aula votare per parti separate. Le altre missione ad altri vanno bene, ma io penso che, sulla Libia e sul Niger, bisogna ricominciare da capo. (Applausi).

PRESIDENTE. Senatrice Bonino, devo intendere che c'è una richiesta formale di votare per parti separate?

BONINO (Misto-PEcEB). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pinotti. Ne ha facoltà.

PINOTTI (PD). Signor Presidente, stiamo discutendo oggi di un provvedimento di grande importanza che riguarda le missioni internazionali dell'Italia, ma riguarda soprattutto il ruolo e l'identità dell'Italia nel mondo, perché sulla base di queste scelte si determina un pezzo importante dell'identità di un Paese.

Quali sono i valori di riferimento, i punti fondamentali sulla base dei quali si sceglie quali missioni fare e quali no? Certamente l'Italia ha sempre fatto perno nelle proprie scelte sugli organismi multilaterali: l'ONU, la NATO e l'Unione europea. Non è un caso che in tutte e tre le organizzazioni l'Italia, come partecipazione di militari, è una fra le prime Nazioni, perché noi al multilateralismo e alla scelta condivisa per la sicurezza abbiamo sempre creduto. Questo risponde a una scelta di solidarietà anche con la sicurezza comune.

Ci troviamo quindi a volte impegnati in teatri che sono molto lontani: pensiamo all'Afghanistan, quadrante importantissimo per la lotta al terrorismo, ma rispetto al Mediterraneo è sicuramente molto più distante per i nostri interessi particolari, ma pensiamo che si debba contribuire anche in modo solidale alla sicurezza internazionale. Lo stesso vale, ad esempio, per i duecento uomini e donne che abbiamo in Lettonia: una misura di rassicurazione. Noi partecipiamo dando solidarietà e aspettandoci solidarietà.

Poi ci sono missioni che riguardano più direttamente la sicurezza del nostro Paese: per esempio, Mare sicuro non è una missione nata per la collaborazione con la Libia (solo successivamente è stata inserita la formazione della Guardia costiera libica), ma nasce negli anni terribili in cui il terrorismo stava dilagando e aveva il compito del pattugliamento dei mari per prevenire pericoli all'Italia da vari punti di vista (terrorismo o altro). È una missione che parte con questo obiettivo. C'è poi anche l'interesse nazionale e in alcune missioni guardiamo anche ai nostri interessi: quello che succede nel Mediterraneo, per esempio, riguarda certamente la nostra sicurezza, ma anche i nostri interessi nazionali.

Le missioni sono molte e in media la presenza di nostri uomini e donne è di 6.600 unità, ma possono raggiungere picchi fino a 8.500. Ci sono missioni più consistenti e missioni con pochi numeri. A volte ci si chiede perché ci siano missioni con pochi numeri. Che senso hanno? Sono missioni multilaterali, dove a volte gli italiani sono osservatori, o missioni molto piccole dove comunque la richiesta dell'Italia è fatta esplicitamente dalle organizzazioni internazionali perché abbiamo grandi capacità e abbiamo sempre gestito con estrema intelligenza il nostro ruolo.

Altre missioni invece vedono una leadership dell'Italia che è definita dal numero: lo vedete in Afghanistan, dove abbiamo un numero elevato di presenze perché siamo i responsabili di un PRT (provincial reconstruction team), cioè di una zona importante dell'Afghanistan. In Libano abbiamo numeri elevati, perché la missione UNIFIL, almeno la nuova missione UNIFIL nasce su spinta italiana per fermare una guerra. Quindi ci assumiamo la responsabilità di essere lì.

In Iraq siamo presenti in numero elevato, perché, nel momento in cui c'è l'offensiva dell'ISIS, noi ci sentiamo direttamente chiamati a partecipare alla lotta al terrorismo, immaginando quello come un elemento terribile per le popolazioni, ma anche pericolosissimo per tutti noi, per tutti i Paesi dell'Europa e quindi anche per l'Italia. Su questo fronte, quindi, abbiamo numeri più consistenti; così come ancora consistente è la presenza nei Balcani, dove lo scenario si è completamente trasformato, ma la nostra presenza aiuta sempre più nell'armonizzazione fra le tensioni che ancora sono presenti in quell'area. Le scelte quindi vengono fatte sulla base di questi tre criteri.

Sulla Libia non mi sottraggo alla discussione sui punti che sono stati sottolineati da alcuni senatori interventi. Non c'è dubbio infatti che ognuno di noi è stato colpito da alcuni racconti che hanno fatto i migranti tornati dai centri di detenzione e dalle relazioni che sono state fatte anche dall'ONU: quello che avviene in Libia, che è avvenuto e che continua ad avvenire, è qualcosa che ha scosso tutti noi. Ma la domanda che ci dobbiamo porre e che io rivolgo anche ai colleghi che sono intervenuti è la seguente: siamo sicuri che non intervenendo questa situazione possa migliorare? Io non penso.

Ho sentito parole inaccettabili: l'Italia mandante di quello che sta avvenendo sui migranti? Scusate, ma è inaccettabile. Ho sentito critiche (tutto è criticabile) al memorandum che era stato fatto nel 2017; ma ricordo che, già in quel memorandum, per la prima volta si era permesso all'UNHCR e all'OIM di entrare in Libia, anche se le successive situazioni di pericolosità non hanno consentito a queste organizzazioni di operare. Lo dico perché non è che c'è chi è sensibile ai diritti umani e chi non lo è. Siamo tutti sensibili ai diritti umani.

Ma la domanda riguarda la guardia costiera libica. Non parliamo di finanziarie i campi; finanziamo la formazione della guardia costiera libica e diamo anche alcuni mezzi. La domanda è: se i nostri militari, che sappiamo come operano e sulla base di quali convenzioni e principi, formano la guardia costiera libica, che in realtà è un miscuglio (perché c'è la guardia costiera che dipende dalla difesa, quella che dipende dagli interni, quella che dipende dalle municipalità e ci sono certamente gli intrecci con le milizie: si sta scegliendo di collaborare con il Ministero della difesa), rendiamo più pericolosa, più insicura la situazione dei migranti? Non abbiamo forse la possibilità di dare un aiuto, non solo alla stabilizzazione della Libia, ma - io dico - anche alla formazione di forze di sicurezza che possano muoversi su criteri estremamente diversi?

Questa è la domanda che io rivolgo a chi si è scagliato, con una forza di convinzione che io rispetto profondamente, e ha posto questa domanda. Io ve ne pongo un'altra (chiudo e mi scuso se mi sono dilungata). Nell'esperienza che ho maturato, anche come Ministro della difesa, mi sono recata sulle navi dell'allora operazione Sophia (erano navi italiane in una missione europea), a vedere come veniva formata la guardia costiera libica: ho visto come sono entrati e come sono usciti, ho visto i protocolli che venivano usati per la formazione, che riguardavano, nella prima parte, proprio le convenzioni e i diritti. Sono sicura che poi, finiti questi corsi, abbiano operato tutti bene? No, non sono sicura, ma certamente penso che molti di loro siano usciti da lì migliorati e quindi certamente più affidabili. Questa è l'esperienza diretta che ho avuto di una piccola parte di ciò che stiamo facendo in Libia. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Donno. Ne ha facoltà.

DONNO (M5S). Signor Presidente, la discussione sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali costituisce un importante momento di riflessione e di indirizzo del Parlamento su uno dei principali strumenti della politica estera e della politica di difesa del nostro Paese.

Il MoVimento 5 Stelle, sin dalla sua nascita, ha ritenuto necessario raggiungere gli obiettivi di politica estera prefissati attraverso la strada del dialogo, della cooperazione, del rispetto delle culture e dell'autodeterminazione dei popoli.

Nel discutere dell'impegno militare e civile del nostro Paese in teatri di guerra dobbiamo essere consapevoli che si vive in tempi in cui la sicurezza è un problema globale e che, per tale motivo, ciò che accade nei teatri operativi a migliaia di chilometri da noi ci investe e ci riguarda direttamente. C'era un tempo in cui si poteva consumare la sicurezza prodotta da due soli Paesi. Oggi non è più così: siamo chiamati tutti a essere consumatori e produttori di sicurezza e lo dobbiamo fare concorrendo a garantire stabilità e sicurezza nel mondo, in difesa dei diritti umani, della pace e della democrazia. Oggi con la nostra politica estera lo possiamo fare, perché grazie alle scelte del ministro Di Maio e di tutto il Governo siamo riconosciuti nel mondo come pacifici portatori di valori umani, professionali, sociali ed economici.

In Commissione difesa c'è stata una chiara, approfondita e proficua trattazione del tema delle missioni, che ha beneficiato del contributo di tutte le forze politiche sia di maggioranza, che di opposizione. Certamente, poi, dentro e fuori dall'Aula non sono mancati e non mancano attacchi vivaci e contestazioni colorite mossi al MoVimento 5 Stelle. Tutto è legittimo, se inquadrato nell'ambito del confronto politico di parte. Tuttavia, sono costretta a ricordare almeno a me stessa - e poi anche agli altri - che noi siamo nella condizione di dover portare avanti gli impegni presi nell'alleanza transatlantica, in Europa, nelle organizzazioni internazionali, con l'ONU. E noi lo faremo.

Onorevoli colleghi, siamo oggi chiamati a svolgere una puntuale valutazione parlamentare sull'impegno del nostro Paese nelle missioni multilaterali; una valutazione su quali debbano essere gli interessi nazionali da perseguire; se le missioni in cui i nostri militari sono impiegati, svolte in tre aree geografiche, riflettano gli interessi strategici italiani. All'interno di tale valutazione si colloca la decisione di proseguire, da parte del nostro Paese... (Brusio).

PRESIDENTE. Colleghi, invito tutti ad abbassare il tono di voce e soprattutto coloro che si trovano in prossimità di chi sta svolgendo l'intervento.

Prego, senatrice Donno.

DONNO (M5S). All'interno di tale valutazione si colloca la decisione del nostro Paese di proseguire la partecipazione a numerose operazioni multilaterali, con un considerevole sforzo in termini di personale e risorse finanziarie. Si tratta chiaramente di una valutazione complessa e caratterizzata da un notevole numero di fattori critici, a cominciare dall'area del Mediterraneo, che in questi ultimi decenni ha vissuto e sta vivendo una progressiva estensione della sua profondità geopolitica, andando a ricomprendere tutto il Medio Oriente, il Golfo Persico, i Balcani e l'Africa occidentale. A mio parere, si tratta di una valutazione che qui possiamo e dobbiamo esprimere, tenendo presente che gli obiettivi prioritari della nostra partecipazione alle missioni multilaterali e dei nostri interventi di cooperazione allo sviluppo sono e restano la stabilizzazione della crisi in atto, la gestione ordinata dei processi di transizione democratica e il sostegno ad agende riformiste inclusive di diritti a tutto tondo.

Di fronte all'enormità di queste sfide il nostro Paese deve rispondere sul piano sia diplomatico che militare, dimostrando una notevole capacità di intervento in termini di lotta al terrorismo nella regione mediorientale africana e in quella asiatica, contrasto al traffico di esseri umani in Nord Africa e Sahel, interventi di carattere umanitario in Libia, pattugliamento del Mediterraneo e di altre aree marittime a tutela di interessi strategici nazionali.

Voglio fare solo un cenno a due missioni e alla loro importanza. La missione Eunavfor Med Irini subentra all'operazione Sophia e si pone come compito prioritario quello di contribuire all'attuazione dell'embargo sulle armi imposto dall'ONU nei confronti della Libia con mezzi aerei, satellitari e marittimi. È importante perché nell'ambito dell'operazione si potranno svolgere ispezioni sulle imbarcazioni a largo delle coste libiche sospettate di trasportare armi verso la Libia ed effettuare gli interventi per sequestrare e smaltire tali prodotti. Come già per l'operazione Sophia, a suggello dell'eccellente lavoro svolto nei contesti internazionali, il comando operativo dell'operazione Irini ha sede a Roma, con il quartier generale all'interno del Comando operativo di vertice interforze (COI) di Centocelle. L'operazione è guidata dall'ammiraglio Fabio Agostini, a cui auguro buon vento.

Vi è poi la missione Takuba. Altrettanto significativa è la proposta di partecipazione dell'Italia alle attività nel Sahel nell'ambito dell'operazione multinazionale interforze che avrà il mandato di addestrare e assistere le forze di sicurezza locali al fine di contrastare la minaccia terroristica in quell'area strategica. La partecipazione italiana alla task force Takuba, oltre a fornire un contributo al rafforzamento delle capacità di sicurezza nella regione del Sahel, risponde all'esigenza di tutela degli interessi nazionali in un'area strategica considerata prioritaria. Le attuali condizioni di sicurezza destano infatti preoccupazione per l'Italia, poiché da questa regione si originano traffici e flussi migratori illegali, violenza diffusa e terrorismo, con un impatto diretto sulla sicurezza del nostro Continente.

Le missioni sono dunque importanti e altrettanto lo sono le risorse che il Governo ha messo in campo, necessarie per rendere sempre più efficiente lo strumento d'intervento sia militare sia di cooperazione. In ciò si racchiude il valore delle nostre Forze armate, degli uomini e delle donne della Difesa, militari e civili, del nostro corpo diplomatico, dei nostri cooperanti, dei volontari delle associazioni, dei ricercatori delle università e delle tante aziende che lavorano quotidianamente su tutti questi territori e che ogni giorno dimostrano che il nostro Paese non fa un uso strumentale particolaristico delle missioni internazionali, ma vi partecipa per mettere in atto azioni mirate volte alla difesa, alla tutela e alla formazione dei popoli che poi saranno nostri partner nel garantire la pace nel mondo. (Brusio).

PRESIDENTE. Mi rivolgo sempre a coloro ai quali mi ero rivolto prima, che se ne erano andati e poi sono ritornati e dei quali a breve inizierò a fare i nomi.

DONNO (M5S). Signor Presidente, mi può comunicare quanti minuti ho ancora a disposizione, per favore?

PRESIDENTE. Tre minuti e mezzo circa.

DONNO (M5S). La ringrazio.

Dobbiamo allora essere determinati nel nostro impegno contro il terrorismo e impegnati a realizzare una condivisione più equa e responsabile delle conseguenze del fenomeno migratorio, per affrontare tutte le altre sfide e le tragedie umanitarie, che fanno del Mediterraneo allargato un epicentro del disordine globale.

Ebbene, siate d'accordo o meno, oggi i fatti dimostrano che l'Italia è rispettata in Europa e nel mondo, mantiene salde le proprie quote di sovranità, osserva i doveri che i patti le impongono e pretende rispetto per i diritti dei cittadini italiani. Le operazioni militari rafforzano la proiezione internazionale del nostro Paese, perciò la loro continuazione è importante: rappresentano un valido strumento di politica estera e di stabilizzazione internazionale e permettono alle nostre Forze armate anche di addestrarsi sul campo e aumentare le proprie capacità operative. Nessun dubbio quindi sull'assoluta condivisione e sul convinto sostegno a quanto affermato dal nostro Ministro degli affari esteri. Il legame transatlantico rappresenta per l'Italia e per l'Europa la più strategica delle risorse, proprio perché le consente di affrontare e gestire la complessità delle relazioni internazionali, rimanendo sempre fedele ai suoi valori e principi.

In tal modo, si vuole rispettare l'impegno, preso anche collettivamente, con l'adozione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, di non lasciare nessuno indietro. A chi ha affermato che questo Governo può ritenersi fortunato perché, pur non condividendo questa politica estera, non farà mai mancare il proprio sostegno alle Forze armate impegnate nelle missioni internazionali, rispondo che lo è proprio in quanto forte delle nostre scelte in politica estera e di difesa, basate sulla consapevolezza del valore della professionalità, della competenza e dell'umanità delle nostre Forze armate.

I nostri militari rappresentano un'eccellenza nazionale, di cui andiamo fieri: sono ben oltre 13.000 le donne e gli uomini in uniforme quotidianamente impegnati in operazioni; di questi, oltre 6.000 operano nel quadro delle 37 missioni internazionali in ben 24 Paesi diversi, mentre circa 7.000 sono impiegati sul territorio nazionale. Garantire loro le capacità indispensabili per operare nelle migliori condizioni di sicurezza in ogni tipo di contesto non è una concessione, ma un dovere, affinché siano in grado di assolvere i compiti fondamentali loro assegnati dalla Carta costituzionale: la difesa dello Stato; la condivisione della sicurezza e della difesa collettiva con i partner dell'Alleanza ed europei; il contributo alla realizzazione della pace e della sicurezza internazionale; il contrasto alla guerra; alla violenza e al terrorismo, insomma, tutto quello che avviene durante le missioni. Perché? Perché, Come ebbe a dire Albert Einstein, «Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie, ma per quelli che osservano senza fare nulla».

Mi conceda, Presidente, di fare un'ultima osservazione. Tengo particolarmente a esprimere il mio ringraziamento personale, e quello del Gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, a tutti gli uomini e le donne, i civili, i cooperanti, i ricercatori impegnati nelle missioni che ci apprestiamo ad autorizzare; un augurio a loro e alle loro famiglie per l'impegno profuso e gli enormi sacrifici che compiono per il Paese (Applausi), per il grande lavoro che mettono in campo per arginare l'ingiustizia, la sofferenza, la guerra, la violenza, il terrorismo nel mondo a beneficio della democrazia, per garantire anche a noi la pace. È a loro, e solo a loro, che va il nostro grazie. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione congiunta.

Avverto che al testo delle risoluzioni delle Commissioni riunite 3a e 4a è stato presentato l'ordine del giorno G1, il cui testo è in distribuzione.

Per le vie informali mi è stato comunicato che i relatori non intendono replicare, come essi confermano.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che invito anche a pronunziarsi sulle risoluzioni già approvate dalle Commissione riunite 3a e 4a e sull'ordine del giorno presentato.

DI STEFANO, sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sulle risoluzioni.

Sull'ordine del giorno G1, a prima firma della senatrice Garavini, si propone la seguente riformulazione: «mettere in campo tutte le iniziative utili a fare luce sulla destinazione e sul reale utilizzo dei fondi pubblici stanziati a favore dei «Progetti delle municipalità libiche», come denunciato anche dalle inchieste giornalistiche in atto». In caso contrario, il parere è contrario.

PRESIDENTE. Senatrice Garavini, accetta la riformulazione proposta dal Governo?

GARAVINI (IV-PSI). Sì, Presidente, l'accetto.

PRESIDENTE.

Passiamo dunque alla votazione.

URSO (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

URSO (FdI). Signor Presidente, Fratelli d'Italia ha sempre partecipato alle votazioni delle risoluzioni e dei documenti che autorizzano le nostre missioni internazionali. Nel caso in esame abbiamo voluto e ottenuto, insieme alle altre forze di opposizione, che il dibattito avvenisse nell'Aula del Senato a fronte delle palesi contraddizioni emerse anche in questa sede tra le forze della maggioranza e all'interno delle singole forze politiche.

A nostro avviso era ed è assolutamente necessario esprimere con chiarezza, senza infingimenti, ambiguità e retropensieri, il nostro palese sostegno ai militari già impegnati nelle missioni internazionali. Ricordo a tutti - e ovviamente a noi stessi - che anche il documento in esame è giunto in clamoroso ritardo, perché siamo ormai oltre il primo semestre - siamo al secondo semestre del 2020 - e votiamo un testo che autorizza e finanzia missioni internazionali che per metà anno già si sono realizzate. Si tratta, quindi, di un clamoroso ritardo, tanto più importante anche alla luce di ciò che sarebbe necessario per dare sicurezza ai nostri militari - un tempestivo afflusso delle risorse e un quadro giuridico e normativo chiaro - a fronte di un impegno così esteso quale quello che le nostre Forze armate hanno all'estero, in teatri di guerra e a rischio in più continenti.

Peraltro, il documento in esame ci dice che il Governo ha preso impegni, che noi condividiamo, per cinque nuove missioni internazionali e nel frattempo si disimpegna per due di quelle che erano in programma. Stiamo parlando del fatto che l'Italia è impegnata in 41 missioni internazionali, con 8.613 militari all'estero - siamo uno dei Paesi più impegnati al mondo nelle missioni internazionali - e, secondo gli esperti della Difesa, di esse almeno 17 sono particolarmente significative e impegnative per il dispositivo militare da noi dispiegato. Delle 41 missioni internazionali, 12 sono nel quadro dell'Unione europea, 9 nel quadro dell'Alleanza atlantica e 7 nel quadro delle Nazioni Unite. In molte di esse sono state definite anche delle coalizioni ad hoc per singola missione: parliamo di 13 missioni in cui l'Italia, insieme ad altri Paesi, ha definito un dispositivo e una coalizione politica e militare specifica, assumendo quindi degli impegni a tutela - così dovrebbe essere - dei propri interessi nazionali.

Ebbene, all'interno delle nuove missioni - di queste dobbiamo soprattutto parlare - alcune sono particolarmente significative. Mi riferisco, ad esempio, a quella del Sahel, che è certamente un teatro importante e strategico nell'ambito del quale siamo impegnati con un dispositivo militare importante (200 militari, forze di terra e forze aeree); alla missione in Guinea, nel Mar di Guinea, altrettanto significativa nella lotta alla pirateria; e alla missione Irini. Lo dico all'Assemblea perché dovrebbe essere attenta a capire come un Paese si dispiega su più continenti con militari che offrono il proprio servizio, ovviamente correndo il rischio di subire attentati di varia natura e comunque nell'ambito di teatri di guerra.

In questo contesto si colloca la missione Irini, che per altri Paesi è già attiva e che purtroppo è sbagliata. Lo devo dire perché, per come è stata formulata, ha una matrice di fondo erronea e del tutto inefficace. Lo diciamo con senso di responsabilità, tanto più a fronte del fatto che la missione avrebbe dovuto impedire il traffico di armi verso i contendenti in Libia e, quindi, garantire sostanzialmente che l'embargo delle armi nel teatro libico fosse realizzato.

La missione è già in atto e ha già fallito, perché basta leggere i giornali nazionali - non dico i giornali internazionali, che forse pochi leggeranno - per rilevare casi emblematici. Uno è avvenuto per esempio un mese fa, quando un cargo che imbarcava container in Turchia, già dedito al traffico di armi in diversi teatri, ha attraversato la flotta navale Irini; questa ha cercato di bloccare il cargo, ma - come tutti sapete - le fregate militari turche dell'Alleanza atlantica hanno impedito che l'operazione avvenisse. Cosa sappiamo oggi, a metà luglio, a fronte di una missione che si dispiega da mesi con altri attori - anche noi, ma non in questo contesto - sul mar Mediterraneo orientale?

Non a caso, a differenza della precedente missione, questa si dispiega non sulla costa libica, ma sul mar Mediterraneo orientale, per frenare l'afflusso delle armi via nave. Sappiamo tuttavia che non riesce a frenare l'afflusso delle armi, perché l'ingaggio e le modalità con cui è stata realizzata detta missione ne impediscono l'obiettivo, e lo hanno già fatto; è una missione a salve, inefficace. Noi ve l'avevamo detto mesi fa, quando il Governo si è impegnato. Se si voleva raggiungere quell'obiettivo, senza l'ipocrisia che manifestate anche in quest'Aula e su un teatro di guerra come quello libico, bisognava realizzare con quella missione una forza di interposizione terrestre, con diverse regole di ingaggio. Avete voluto proseguire sulla strada dell'ipocrisia, di cui siete campioni del mondo, dispiegando una missione inefficace al punto tale che le navi hanno già rifornito di armi alcuni dei contendenti. E ciò è tanto vero che, grazie al rifornimento delle armi avvenuto in questi mesi, a missione Irini già in atto, un attore (la Turchia) è riuscito a ribaltare il fronte terrestre. Oggi al-Serraj, che era sotto attacco e sotto assedio a Tripoli grazie alla nostra insipienza - anzi, alla vostra insipienza - si è rivolto alla Turchia e ha ottenuto le armi e i mercenari che la Turchia stessa ha trasportato in quella terra nonostante la missione Irini, al punto tale che ha potuto ribaltare la situazione sul campo e oggi minaccia l'altro fronte.

La verità qual è? Al di là della Conferenza di Palermo tenutasi all'inizio della legislatura, del dispiego di mezzi, di vertici e degli incontri da parte del Governo italiano, la verità è che l'Italia ha perso la Libia, perché di questo si parla. L'Italia e l'Europa oggi non contano più in Libia. Secondo alcuni storici si tratta della peggiore sconfitta dell'Italia repubblicana, perché siamo fuori dal nostro teatro di principale interesse strategico; strategico per quanto riguarda l'economia e le rotte energetiche, di cui la Turchia si vuole appropriare; strategico per quanto riguarda le rotte degli immigrati, che la Turchia vuole controllare; strategico sul piano geopolitico, geoeconomico e di sicurezza.

Per questo, a fronte di quello che voi avete manifestato, resto allibito nel sentire, nello stesso partito di Governo, quello che ha detto la senatrice Pinotti, già Ministro della difesa, molto responsabile, e quello che ha detto uno dei leader del Gruppo, il senatore Verducci. Delle due l'una: o è vero ciò che afferma la senatrice Pinotti o è vero quanto dice il senatore Verducci. Qualcuno parla e agisce in modo ipocrita. Il senatore Verducci ha detto che all'interno della risoluzione in esame vi sarebbe anche - scandalo tra gli scandali - un accordo con i criminali (le parole sono sue); un accordo opportunista (le parole sono sue); un accordo di cinismo (le parole sono sue) e di complicità con i criminali. E ci ha detto che questo fa parte delle missioni che voteremo. Delle due l'una: o ha ragione l'uno o ha ragione l'altra.

Ma basta con l'ipocrisia. Basta con il gioco delle parole. Basta con la demagogia. Basta con le parole a cui non seguono i fatti, perché non siete mai credibili. Quando si parla di missioni internazionali, quando 8.000 nostri militari sono impegnati all'estero in 41 teatri di guerra; quando affrontiamo un dramma come quello della Libia impotenti, insipienti ed esclusi dal nostro principale interesse strategico, non si può essere ipocriti. E non lo si può essere in quest'Aula. Noi lo denunciano e per questo ci asterremo dalla votazione dell'ordine del giorno, ovviamente, e voteremo a favore della proposta di risoluzione. Vorremmo che ciascuno di voi si esprimesse davvero secondo coscienza, perché su questo non può esistere il doppiogiochismo di cui siete maestri. Non ve lo permettiamo. (Applausi).

Presidenza del vice presidente TAVERNA (ore 18,33)

GARAVINI (IV-PSI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GARAVINI (IV-PSI). Signor Presidente, 8.613 sono le donne e gli uomini impegnati in una delle nostre 41 missioni internazionali all'estero, quelle missioni sulle quali ci accingiamo oggi a votare: giovani al lavoro in territori impervi, esposti non di rado a situazioni di pericolo, spesso collocati in veri e propri scenari di guerra; donne e uomini dotati di uno spiccato spirito di servizio, di un forte senso dello Stato, consapevoli di quanto sia importante garantire tramite loro la presenza del nostro Paese in complessi contesti, allo scopo di favorire stabilizzazione e pace.

Di questo stiamo parlando: le diverse missioni che ci accingiamo a ratificare sono espressione dell'impegno del nostro Paese all'interno di una strategia di difesa a livello internazionale; una strategia che mira a cucire rapporti, a ripristinare contesti pacifici in interi territori e a scongiurare guerre; una strategia all'interno della quale l'Italia cerca di essere promotore di mediazione politica. Siamo infatti convinti dell'importanza geostrategica dell'impegno del nostro Paese nei processi di stabilizzazione, in particolare in una serie di aree che si affacciano sul Mediterraneo, perché la stabilità di tutta la regione si ripercuote per forza di cose sulla nostra stessa sicurezza interna. Ecco perché parlare di missioni internazionali significa innanzitutto parlare di sicurezza, la sicurezza di migliaia di nostri soldati impiegati nelle diverse operazioni all'estero, ma anche la sicurezza dei Paesi nei quali decidiamo di intervenire e anche la sicurezza che ne deriva di conseguenza per il nostro Paese.

Proprio in questa fase in cui la situazione geopolitica di alcuni Paesi dell'area del Mediterraneo e del Mediterraneo allargato è particolarmente densa di conflitti è urgente che il nostro Paese si attivi con tutti quegli sforzi di peacekeeping possibili, attraverso l'uso integrato di interventi civili e militari, attraverso la cooperazione allo sviluppo e attraverso un'azione diplomatico-politica che sia al tempo stesso economica e umanitaria, a partire - ad esempio - dalla stessa Libia, dove la situazione è fluida, in continua evoluzione, ma sempre molto preoccupante.

Nelle ultime settimane il Governo di al-Serraj, riconosciuto dalle Nazioni Unite, ha ripreso il controllo delle città e dei villaggi più importanti della Tripolitania, grazie anche all'appoggio fornito dalla Turchia; una Turchia sempre più intraprendente che approfitta del mancato protagonismo statunitense per ampliare la propria sfera di influenza su più fronti del Mediterraneo, dalla Siria alla Libia, fino ai giacimenti petroliferi al largo di Cipro; una Turchia che non si fa scrupoli di ricorrere alle armi e all'uso della violenza, sotto gli occhi sempre più preoccupati - ahimè anche silenti - dell'Unione europea.

Adesso sulla vicenda libica si aggiunge ulteriore tensione a seguito delle dichiarazioni del presidente egiziano al-Sisi, che ha minacciato di schierare il suo esercito in Cirenaica per difendersi dall'avanzare delle truppe turche verso Sirte. In sostanza, non si fa in tempo a sciogliere un conflitto quello tra il al-Serraj e il generale Haftar, che subito se ne profila un altro, ancora più grave, tra Egitto e Turchia, con la possibilità di conseguenze disastrose per l'intera area.

Ecco che è utile che l'Italia, di fronte a una situazione internazionale sempre più tesa, in un'area strategica come quella della Libia, che ci interessa molto da vicino per tutta una serie di possibili implicazioni, dagli approvvigionamenti energetici ai flussi migratori, sia presente con interventi concreti di carattere umanitario che possano aiutare la popolazione e contribuire fattivamente alla ripresa dello sviluppo pacifico dell'intera area. Bene, quindi, il ripristino e la previsione di missioni di carattere umanitario in Libia; bene la continuazione del nostro appoggio sanitario all'ospedale di Misurata e a Mare sicuro, come pure la nostra partecipazione alla missione europea Eunavfor Med Irini e alla nuova operazione per lo sminamento di ordigni nell'area di Tripoli.

Rispetto, invece, alla proroga della partecipazione delle nostre Guardia di finanza e Arma dei carabinieri alla missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica, va conclusa velocemente l'approvazione del nuovo memorandum d'intesa tra i due Paesi, al quale si sta lavorando da qualche giorno. La collaborazione italiana va vincolata all'impegno da parte della Libia del rispetto dei diritti umani e alla possibilità che organizzazioni internazionali dei rifugiati possano avere accesso ai campi profughi. È inoltre necessario fare chiarezza sulle rivelazioni emerse da recenti inchieste giornalistiche, dalle quali risultano presunte collusioni tra la Guardia costiera libica e trafficanti di esseri umani; trafficanti ai quali sarebbero finiti, in modo illecito, anche finanziamenti pubblici italiani.

È nostro dovere appurare la verità e mettere in campo tutte le misure possibili volte a evitare che i nostri aiuti finiscano per alimentare proprio coloro che calpestano i diritti umani di migliaia di profughi.

L'impegno a favore della stabilizzazione vale anche per le altre missioni - ad esempio - per quelle nel Sub Sahara africano, da dove arrivano gran parte dei migranti che poi finiscono nelle mani di trafficanti di uomini. Proprio lì è particolarmente opportuno un impegno a favore della pace e per la prosperità, così da offrire opportunità che non inducano la gente a rischiare la propria vita in mare. È una ragione che vale anche per le operazioni previste, da quella in Tunisia a quella nel Golfo di Guinea, indipendentemente dall'obiettivo che le singole perseguono, perché mirano tutte a tutelare meglio la sicurezza nazionale nella misura in cui intervengono in quegli scenari di crisi in cui sono in ballo interessi vitali per l'Italia, favorendo la prevenzione e la gestione dei conflitti e lo sviluppo pacifico delle relazioni; il tutto nel prosieguo del sistema di alleanze e di coalizioni internazionali all'interno delle quali l'Italia si è mossa storicamente, vale a dire Unione europea, NATO, in un'ottica di multilateralismo; legami che restano fondamentali per continuare ad affrontare al meglio le sfide transazionali che ci attendono.

Ecco che le grandi questioni del nostro tempo - dal terrorismo alle guerre, alla cyber security, ai flussi migratori - sono di una dimensione tale che nessuna Nazione al mondo può pensare di risolverle da sola. Ecco perché si possono affrontare solo in ambito multilaterale; anzi, credo che, solo rafforzando gli strumenti multilaterali e la capacità di governance dell'intera comunità internazionale, oggi ancora più che in passato, si possa riuscire a far fronte alla complessità odierna, sempre più articolata, così da garantire alle nostre società sviluppo e benessere. In questo credo che la fase storica che si sta aprendo, caratterizzata da un progressivo sfilacciamento del sistema delle relazioni internazionali, consegni anche un'opportunità sia all'Italia che all'Unione europea: quella di diventare i sostenitori cardine del multilateralismo.

Non bisogna dimenticare che l'Italia è tra i primi Paesi al mondo per impegno profuso nelle missioni internazionali, con un forte approccio di solidarietà umanitaria e di peacekeeping. Ecco che, forte di tale partecipazione, è opportuno che il nostro Paese, nelle sue linee di politica estera, si destreggi per aprirsi uno spazio politico di co-decisione negli ambiti internazionali, con un chiaro profilo di sostegno agli organismi multilaterali e soprattutto di rafforzamento dell'Unione europea.

Il dibattito sulle missioni internazionali delle nostre Forze armate serve anche a questo: a delineare una prospettiva strategica attraverso la quale ispirare l'iniziativa politica e diplomatica del nostro Paese. Al tempo stesso, il dibattito in quest'Aula deve servire a fare sentire forti e compatti l'appoggio e la gratitudine di tutte le forze politiche e di tutto il Parlamento alle donne e agli uomini delle nostre Forze armate; donne e uomini che lavorano nel nome e in nome dell'Italia contro le guerre, contro il terrorismo, per un'Italia e un'Europa più sicure; uomini e donne di cui siamo molto orgogliosi; siamo orgogliosi del loro impegno quotidiano per la pace e lo sviluppo. (Applausi).

Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 18,43)

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASINI (Aut (SVP-PATT, UV)). Signor Presidente, a nome del Gruppo Per le Autonomie, vorrei portare la nostra adesione alle risoluzioni presentate oggi in riferimento al tema delle missioni militari italiane, che sono uno strumento, come ha detto poc'anzi la senatrice Garavini. Ho ascoltato nel dibattito la senatrice Pinotti; non potrei aggiungere ai loro interventi niente di più e di meglio: sono state chiarissime nell'identificare quello che è il compito dell'Italia.

Siamo un Paese che, se ha una rilevanza nello scenario globale, che certamente è molto cambiato rispetto a quello di tanti anni fa, ce l'ha anche e particolarmente per la politica estera che riusciamo a esprimere tramite le missioni militari in cui siamo presenti.

Pertanto, colleghi, non voglio aggiungere tante parole, ma voglio che sia agli atti la sostanza di un sentiment collettivo della Nazione. Non potrò mai dimenticare quando, con il presidente Ciampi, accogliemmo in una drammatica nottata i resti dei poveri caduti di Nassiryia. Non sono caduti invano quei nostri militari; non sono caduti invano quei nostri ragazzi. Dobbiamo sempre tenere presente quanti italiani e italiane abbiamo sacrificato nelle missioni di pace, che sono caduti non solo per la nostra Patria, ma per lottare contro il terrorismo, per la pace e per i principi a cui si attiene e si ispira la Costituzione repubblicana. Dunque, le missioni militari di pace sono parte integrante del nostro sentire comune.

Se mi consentite una battuta, questa mattina facevo la contabilità degli anni in cui sono stato in Parlamento e di quelli in cui sono stato in maggioranza e all'opposizione. Debbo confessare che quasi tutti pensano che sia sempre stato in maggioranza, anche se non è vero. Gli anni in cui sono stato in maggioranza sono però il doppio di quelli in cui sono stato all'opposizione, ma si tratta di un periodo lungo, di tanti anni. Ebbene, che fossi in maggioranza o all'opposizione, non è mai mancato il mio voto convinto a sostegno delle missioni dei militari italiani, perché ciò fa parte di un bagaglio collettivo e di un patrimonio della Nazione, che dovremmo sostenere tutti assieme, maggioranza e opposizione, perché i nostri ruoli possono cambiare, ma i militari devono sentire che hanno dietro di loro un Paese unito a sostenerli. (Applausi).

DE PETRIS (Misto-LeU). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Misto-LeU). Signor Presidente, colleghi, chi ha fatto parte di questa Assemblea in particolare nella scorsa legislatura sa quante volte, abbiamo avanzato una serie di questioni, anche di metodo, sulla discussione delle missioni internazionali. In particolare, abbiamo evidenziato il fatto che l'Assemblea ha tutto il diritto di esaminare le missioni internazionali - e quindi anche di esprimersi sulle stesse - una per una. Molte di tali missioni - come altri interventi hanno a lungo sottolineato - sono assolutamente necessarie, le approviamo in pieno e sono un elemento molto importante per il prestigio del Paese e anche per l'azione che compie in quei luoghi. Potrei citarne moltissime: penso a quelle in Libano e ad altre missioni che hanno visto la nostra adesione, che continua a esserci.

Vi sono però altre missioni che credo sarebbe bene che l'Assemblea discutesse approfonditamente. La senatrice Bonino ne ha citata qualcuna, che forse meriterebbe un approfondimento, senza nulla togliere al lavoro delle Commissioni. Torno a ripetere che lo spirito della legge sulle missioni internazionali era di permettere anche all'Assemblea e ai singoli senatori e deputati di esprimere le proprie opinioni e anche il proprio voto in modo diverso, missione per missione. Credo che ciò farebbe molto bene al nostro Paese.

La discussione sulle missioni non può limitarsi ogni anno solo e unicamente, secondo i Governi che ci sono - anche se poi, alla fine, sono sempre le stesse - a un atto di fiducia incondizionato. Sono in ballo le scelte che noi facciamo, quelle che continuiamo a fare, la politica estera. Credo che sarebbe bene che non affrontassimo certe questioni in modo spesso anche distratto; soprattutto - torno a ripetere - non sono affatto convinta che questo debba essere il modo con il quale procedere.

Ci troviamo di fronte oggi a due risoluzioni, di cui una evidentemente meno problematica, la n. 20, mentre l'altra, la n. 21, fa riferimento a missioni su cui forse sarebbe stato necessario un focus specifico. Tra queste, in particolare, c'è la missione di sostegno, di appoggio e di assistenza alla Guardia costiera libica che, per quanto ci riguarda, è assolutamente inaccettabile. Su questa mi voglio soffermare.

Sappiamo perfettamente che, dal 2011, non solo ormai la Libia è un Paese assolutamente instabile, ma c'è di più: è in preda alla guerra civile e le milizie, da una parte e dall'altra, commettono regolarmente gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani. Sulla Libia si fa un gioco anche di egemonia per quanto riguarda il Mediterraneo, su cui certamente l'Italia ha interessi molto importanti, così come ovviamente anche sulla Libia.

A maggior ragione, stante tutto quello che facciamo - penso alle missioni, al modo in cui ci poniamo, in cui seguiamo e rimettiamo in campo anche una nostra forte capacità diplomatica, anche se sappiamo perfettamente che, non solo per noi, tutte le operazioni e i tentativi in qualche modo di pacificazione non hanno portato fino ad oggi a nulla e ci sono nuovi attori in campo - proprio per il ruolo e per il prestigio dell'Italia, credo che non possiamo permetterci - e lo dico nell'interesse del Governo - di avere una macchia come quella - potrei dire altre cose - della missione di appoggio e di assistenza alla Guardia costiera libica.

Che cosa avviene in Libia? Per fortuna c'è il quotidiano «Avvenire», che ringrazierò sempre perché forse è il giornale più documentato, quello che ci dà tutte le informazioni e ci permette di avere anche da qui uno sguardo sul mondo.

Le ultime inchieste ci dicono cose molto gravi e non passa giorno senza che venga denunciato nelle carceri e nei centri detenzione il ricorso alla violenza e alle torture in modo continuo e sistematico. Vi è nel Paese una repressione del diritto di espressione, con tutto quello che significa nei confronti dei giornalisti, dei blogger. Particolarmente esposte sono le donne. Quanti sono i casi di violenza e di stupro sistematico per mano dei cosiddetti rappresentanti delle "istituzioni" libiche? Ci sono decine di migliaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo sottoposti a questo genere di vessazioni, di torture e di ricatti. Nei centri della direzione generale per la lotta all'immigrazione clandestina sono detenute illegalmente, torturate e sottoposte a violenze di ogni genere migliaia di persone.

Le operazioni, sia contro i migranti che contro le ONG che cercano di salvare vite umane, proseguono e si sono peraltro anche intensificate e potrei continuare.

La Libia ha dichiarato una propria zona di competenza SAR (Search and Rescue) senza che esistano i requisiti di sicurezza necessari. Noi appoggiamo la cosiddetta Guardia costiera libica: qualcuno li ha definiti delinquenti e sappiamo perfettamente che molti sono, non solo ex, ma anche attuali trafficanti di vite umane e di immigrati clandestini, con tutto quello che ciò comporta, con reati documentati continuamente, perché di veri e propri reati si tratta. Non è un caso, tra l'altro, che la Corte penale internazionale abbia aperto un'indagine proprio per crimini contro l'umanità. L'ONU, la Commissione europea, il Consiglio europeo hanno più volte escluso che la Libia sia un porto sicuro. Ora, l'Italia continua a fornire supporto alla Libia, anche in termini di motovedette e di addestramento, cancellando, nei fatti, ogni programma proprio di soccorso in mare.

La conseguenza è che, in questo momento, non esiste alcun dispositivo di soccorso nel Mediterraneo e, negli ultimi mesi, sono stati più volte denunciati casi di omissione di soccorso. Potremmo, anche qui, continuare a elencare una serie di dati, ma voglio solo riportare la presa di posizione del Segretario Generale dell'ONU, che ha espresso fortissima preoccupazione per le condizioni dei migranti in Libia e ha chiesto a tutti gli Stati di rivedere le politiche di sostegno alla Libia.

Il tentativo di accedere ai campi di detenzione, ai campi di prigionia, continua a essere precluso ai funzionari dell'ONU. Tra l'altro, di conseguenza, per il ragionamento che ho fatto prima, non essendo la Libia un porto sicuro, riportare continuamente le persone salvate in Libia - perché questo è quello che accade - rappresenta la violazione di tutte le convenzioni e dei trattati internazionali.

Noi continuiamo a supportare la Libia. Quest'anno, addirittura, abbiamo anche un aumento, per cui da 6 milioni si arriva a poco più di 10 milioni. Questo, per noi, è assolutamente inaccettabile. Non solo: il capo della Guardia costiera libica è anche capo, appunto, di alcune milizie (secondo l'ONU si tratta proprio di un'organizzazione criminale, che gestisce il traffico di esseri umani) ed è stato anche ricevuto in Italia.

Per tutti questi motivi, è evidente che noi chiediamo, anche ufficialmente, signor Presidente, che ci sia un voto per parti separate e che quindi, nel documento XXIV, n. 21, si possa votare, da una parte, tutte le missioni e, dall'altra, la scheda 22, che è la missione di supporto per la Guardia costiera libica.

Io spero che l'Aula accoglierà tale richiesta, anche proprio per una questione lineare. Avremmo potuto chiedere il voto per parti separate per tutte le missioni, ma su questa è molto importante che l'Aula accetti il voto per parti separate. Noi, appunto, voteremo contro, perché non nel mio nome, come a nome di altri, si possono continuare a appoggiare questi crimini.

Se l'Aula non farà ciò, ovviamente ci metterete nelle condizioni di non poter dare il nostro voto anche a tutte le restanti missioni, molte delle quali noi condividiamo e sosteniamo. (Applausi).

ALFIERI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFIERI (PD). Signor Presidente, noi abbiamo la possibilità oggi di discutere e votare sulla politica estera del nostro Paese. Nel momento in cui votiamo sulle missioni militari e sulle iniziative di cooperazione allo sviluppo, votiamo su uno degli strumenti principali della nostra politica estera. Vuol dire riflettere, ragionare e poi prendere decisioni sulla nostra postura, sulla scelta di come l'Italia si confronta con i passaggi principali riguardanti le relazioni internazionali.

Il mondo sta cambiando e sta cambiando a una velocità impressionante sul fronte delle relazioni internazionali. Il Covid-19 e la pandemia non hanno fatto che accelerare alcune dinamiche in atto.

È evidente che l'ordine internazionale che conoscevamo prima sta cambiando. Da una parte, gli Stati Uniti, sotto la presidenza Trump, hanno conosciuto un cambiamento. Nonostante il deep state stia dentro il solco e il mainstream delle scelte delle alleanze precedenti, Trump ha imposto una via più unilaterale. È uscito dall'accordo sul nucleare iraniano; è uscito dall'accordo sul clima; ha preso decisioni che sembravano impensabili, come il ritiro, seppur parziale, dalla Siria. Dall'altra parte, la Cina, con il progetto della Belt and Road Initiative e con il protagonismo a livello internazionale, si pone come nuovo attore. Questo porta alla costruzione di un nuovo bipolarismo in cui l'Europa rischia di rimanere fuori se non si rende conto della posta in gioco.

Allora il nostro modo di porsi all'interno di questo ordine mondiale che sta cambiando deve essere quello di una potenza regionale che si rende conto che può giocare le sue partite se le gioca in Europa e all'interno dell'Alleanza atlantica e delle organizzazioni internazionali in genere, cioè se riafferma un nuovo modello di multilateralismo. L'Italia vince nel mondo se sa interpretare il suo ruolo in un assetto multipolare.

Il multilateralismo è fondamentale, tanto che noi all'interno dell'Alleanza atlantica siamo in Afghanistan e in Bosnia, ad esempio, per citare quelle più importanti; per quanto riguarda le coalizioni internazionali contro il terrorismo siamo in Iraq e decidiamo di andare in un'operazione molto delicata e pericolosa. Non ne ho sentito parlare e mi stupisce un po', perché è una delle operazioni più delicate su cui decidiamo, forse anche un po' a cuor leggero da parte di alcuni, di andare nel Sahel. È un'operazione complicatissima e delicata, dove i francesi hanno pagato con il sangue un prezzo decisamente elevato.

Siamo all'interno delle iniziative europee: Irini, di cui si è già parlato, è quella più importante nel Mediterraneo centrale e in Libia, ma ve ne sono altre, ad esempio nel contesto palestinese o in realtà importanti come quelle irachene. Poi c'è l'ambito delle Nazioni Unite, in Libano e in Kosovo.

Voglio ricordare - lo faccio pensando al teatro del Mediterraneo centrale, facendo esempi - come in passato abbiamo dimostrato di poter conciliare la tutela dei nostri interessi nazionali, il tema del farci carico di un pezzo del burden sharing e della condivisione della sicurezza della comunità internazionale, con la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in cui crediamo. Lo andiamo a fare in contesti dove quei diritti umani evidentemente non sono tutelati, perché altrimenti non ci andremmo.

In Kosovo siamo andati, siamo stati fin dall'inizio e abbiamo collaborato con un signore che si chiama Hashim Thaqi, che era capo dell'UCK ed era considerato un terrorista dai serbi. Quella persona oggi è incriminata dal procuratore speciale dell'Alto tribunale dell'Aia per crimini contro l'umanità, e noi non ci parliamo? Quando siamo in Kosovo con i nostri militari? È evidente che ci dobbiamo parlare, visto che è il Presidente della Repubblica! Però lì, grazie alla nostra presenza, abbiamo permesso che quella Repubblica evolvesse, che non si ammazzassero più, che non ci fossero più stupri e non ci fosse più la pulizia etnica: tutto questo grazie alla nostra presenza, grazie ai nostri militari e grazie a questa impostazione che tutela anche i diritti umani. (Applausi).

La stessa cosa abbiamo fatto in Libano: non dovevamo andarci perché dovevamo parlare un giorno sì e un giorno no con gli uomini di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, messo fuori legge e considerato organizzazione terroristica dagli Stati Uniti e dalla Germania, nostro principale alleato in Europa? Non dovevamo parlarci? Invece, grazie alla nostra presenza, dialogando con loro, con una posizione di equilibrio nei confronti del mondo arabo, abbiamo garantito che non ci si scontrasse su una delle frontiere più delicate, che è evidentemente quella con Israele. Libano, Israele, Siria, le alture del Golan, le fattorie di Sheba: grazie a noi quell'area si mantiene con un'intensità molto bassa, grazie alla nostra presenza e grazie al nostro dialogo nei confronti del mondo arabo, che tutela anche i diritti umani.

Vogliamo parlare dell'Afghanistan? Là dove non si rispettavano i diritti più elementari delle donne, dove non andavano a votare, dove le stesse bambine non potevano andare a scuola, grazie alla nostra missione NATO, grazie alla sicurezza garantita e parlando anche con quei signori che non permettevano i diritti, che non sono stinchi di santo, se vai a vedere le prigioni come sono, abbiamo permesso che per la prima volta delle donne andassero a votare e che per la prima volta i bambini andassero a scuola. (Applausi).

Lo stesso possiamo fare in Libia e nel Mediterraneo centrale, un contesto cambiato e molto più delicato rispetto al passato. Si affermano nuove potenze, anzi potenze regionali già forti che giocano le loro partite nel Mediterraneo centrale e in Libia: mi riferisco alla Russia e alla Turchia, che si sono inventati un nuovo modello di cooperazione competitiva o di competizione cooperativa, chiamiamolo come vogliamo. La Turchia e la Russia intervengono con armi, iniziative e dispositivi che noi non siamo disposti a mettere in campo. Decidono di mandare i soldati da una parte e dall'altra. Decidono per l'opzione bellica. Noi non siamo d'accordo sull'opzione bellica. Noi non mandiamo droni. Noi non mandiamo armi. Noi mandiamo i nostri uomini a fare la pace, a garantire che sulla lotta al terrorismo ci sono; a garantire che sulla gestione dei flussi migratori ci sono; a garantire spazio per le organizzazioni internazionali, che per la prima volta sono potute entrare in Libia: UNHCR e OIM hanno potuto lavorare lì perché l'ha permesso il Governo italiano.

Mi rendo conto che il contesto è maledettamente complicato; ma, se è maledettamente complicato, la risposta non può essere: ce ne andiamo, ce ne disinteressiamo. Io penso che noi dobbiamo stare in Libia, magari anche in maniera diversa, garantendo un'evoluzione. Ci arriviamo, ma ci arriviamo con la politica dei piccoli passi, con la gradualità, non con i proclami e con le minacce, mettendo insieme tutto: la tutela dei diritti umani, gli interessi strategici del nostro Paese, la difesa dei cittadini che si trovano lì e dei nostri militari e anche la sicurezza nazionale. Avere la nostra Marina militare davanti alle coste libiche, per quanto ci riguarda, è un tema di sicurezza nazionale e su questo io penso che tutti dobbiamo essere responsabilizzati e richiamati.

Pensare di lasciare alla sola Turchia il controllo dei flussi migratori verso le nostre coste è un errore politico; è un grave errore politico. Io penso che dobbiamo stare lì anche noi; dobbiamo stare accanto a Serraj, provare a migliorare la situazione, far aprire i campi di detenzione alle organizzazioni internazionali, superarli, garantire i corridoi umanitari verso il nostro territorio, far sì che chi opera lo faccia secondo tutti i crismi e i diritti internazionali, rispettando le convenzioni internazionali. Ma guai a ritirarsi da quel teatro!

Concludo su una questione particolarmente importante. Io devo ringraziare i due Ministri, il ministro della difesa Lorenzo Guerini e il ministro degli esteri Luigi Di Maio per il lavoro fatto in quell'area. La missione Irini ha cambiato alcune delle questioni e voglio farlo notare a chi mette in luce negativa l'operato del Governo, anche dal fronte della maggioranza. Ci sono state delle evoluzioni: la missione Irini permette, per la prima volta, di portare dentro una dimensione multilaterale l'assistenza e la formazione della Marina militare libica e lo fa permettendo e chiedendo che si rispettino tutte le convenzioni internazionali, comprese quelle che riguardano il salvataggio delle persone in mare, e affermando che non sia solo l'Italia, ma anche la Grecia e gli altri Paesi a essere considerati porti sicuri. Se la Grecia salva delle persone, delle vite umane nel Mediterraneo, le porterà nei suoi porti, perché questa è la condivisione: ciò che non avevano fatto i Governi precedenti lo sta facendo questo Governo.

C'è quindi un'evoluzione; così come c'è un'evoluzione rispetto alla Guardia costiera libica: noi non sosterremo più la Guardia costiera del Ministero dell'interno libico; gli interventi saranno sulla Marina militare e saranno sempre meno. Se la missione Irini avrà successo, noi porteremo in una dimensione multilaterale il tema dell'addestramento e della formazione. Avremo alle spalle l'Europa rispetto all'interlocutore libico e saremo ancora più forti.

Pertanto, il voto non può che essere favorevole complessivamente su tutte le missioni, che coinvolgono 8.500 tra donne e uomini, cui va il ringraziamento del Gruppo Partito Democratico per il lavoro straordinario che fanno in giro per il mondo. (Applausi).

Dobbiamo metterli in condizione di svolgere il loro lavoro e dare un segnale chiaro da parte di quest'Assemblea, ben consapevoli che, quando vanno all'estero, i nostri militari devono essere messi in condizione di tutelare i nostri interessi strategici, di garantire la sicurezza nazionale e di garantire, sì, facendo dei passi in avanti, anche la promozione dei diritti e delle libertà in cui noi crediamo e che abbiamo scolpito nella nostra Costituzione. (Applausi).

GASPARRI (FIBP-UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPARRI (FIBP-UDC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, poco fa alla Camera, su un tema fondamentale quale la legge elettorale, mi pare che si sia registrata l'ennesima défaillance della maggioranza, perché è stato posto un termine per gli emendamenti - il 16 luglio - e un Gruppo della maggioranza si è dichiarato contrario, oltre ovviamente ai Gruppi del centrodestra.

Sulle vicende delle concessioni autostradali (una vexata quaestio) stiamo assistendo a una pantomima. Il ponte di Genova è stato ricostruito dopo un'immane tragedia; siamo al paradosso che tra qualche giorno non si saprà chi deve fare il collaudo e a chi deve essere consegnato il ponte, perché un pezzo di maggioranza mantiene la posizione della revoca delle concessioni, mentre altri sembrano più portati a un negoziato.

Potrei continuare a lungo sulla mancanza di omogeneità della maggioranza su aspetti fondamentali. Abbiamo visto il decreto "salvo intese", il decreto "in attesa", come lo chiama il nostro presidente Bernini. Oggi ho invocato il decreto Lazzaro, alzati e cammina: sarà il prossimo che adotterete per tenere in vita un Governo morto nella coscienza popolare e nei numeri del Parlamento. (Applausi).

Sono stati fatti degli scostamenti di bilancio per i quali, senza il voto decisivo di tutti i Gruppi del centrodestra unito, che hanno votato a favore, nell'interesse degli italiani e nella speranza di un uso corretto delle risorse (che non c'è stato), non avreste avuto il quorum richiesto, né al Senato, né alla Camera dei deputati. E, se farete altri scostamenti, abbiamo detto che vorremo prima discutere di come usare i soldi, perché stiamo dalla parte di quel milione di lavoratori che ancora non hanno visto i soldi della cassa integrazione da parte dell'INPS. (Applausi).

Oggi non ci sono i numeri anche sulla politica estera. Vi chiederete di cosa sto parlando. Prima, la collega De Petris, che è oggi un autorevole Capogruppo di maggioranza (ha sempre fatto tante battaglia di opposizione, ma oggi svolge un ruolo importante nella maggioranza), ha detto di non essere d'accordo sul punto 22 della proposta di risoluzione e ha chiesto la votazione per parti separate.

Non è la prima volta che maggioranze di sinistra non sono coese, autosufficienti e indipendenti sui temi della politica estera e delle missioni internazionali. Molti anni fa accadde al centrodestra di doversi interrogare se, in una fase anch'essa delicata della politica italiana, votare a favore delle missioni militari quando c'era il Governo Prodi, che non aveva la maggioranza. Allora era un'altra Italia, c'erano Bertinotti e altri, oggi c'è la senatrice De Petris; i numeri erano probabilmente un po' diversi. Il centrodestra poteva far cadere quel Governo (che poi cadde comunque), ma votò per le missioni all'estero, ritenendole - allora come oggi - uno strumento della politica del Paese, della democrazia e della libertà nel mondo. Fu una scelta molto difficile. Molti elettori ci scrissero lettere e letteracce (già c'erano le e-mail) con cui ci chiedevano: perché non avete fatto cadere il Governo? Noi dicemmo all'epoca che l'interesse strategico del Paese nelle missioni militari veniva prima di un incidente. Prodi non cadde quel giorno, cadde poco dopo, quindi il Governo ha i tempi segnati e contati: può ricorrere alle fiducie, alle riformulazioni e a una serie di espedienti, ma non andrà lontano. Noi votiamo, come fatto in Commissione, a favore delle proposte di risoluzione per le missioni confermate e per quelle innovative.

Devo rivendicare che i Gruppi del centrodestra giorni fa, nelle Commissioni affari esteri, emigrazione e difesa, hanno raccolto le firme affinché in Assemblea si svolgesse questo dibattito. La nuova legge sulle missioni fu adottata anni fa e, siccome le missioni sono un fatto ormai permanente (possono aumentare o diminuire, ma l'Italia ha un impegno importante), si è deciso che si possono valutare in Commissione salvo che un certo numero di parlamentari chieda il dibattito in Aula, cosa che i Gruppi Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega hanno fatto giorni fa. Abbiamo fatto bene, anzitutto per dare rilievo a questa questione che attiene alla politica estera e poi per evidenziare, una volta di più, che il Paese non ha la maggioranza neanche in tema di politica estera, che è un fatto strategico e fondamentale per l'Italia. (Applausi).

Noi siamo con le Forze armate, affinché abbiano il sostegno del Parlamento. Non entrerò nel dettaglio delle varie missioni anche per economia di tempo, ma la vexata quaestio è quella della Libia. Nella precedente legislatura, con il collega Romani e altri, chiedemmo l'autorizzazione allo svolgimento di un'indagine conoscitiva in Commissione difesa, allora presieduta dal senatore Latorre, e mettemmo in luce l'ambiguità delle ONG, che noi chiamavamo i taxi del mare, sostenendo con forza le missioni militari per la formazione della Guardia costiera libica. Il senatore Vattuone, che è seduto accanto a me, era in Commissione e ricorderà che votammo all'unanimità un codice di condotta per le ONG (non so poi quanto rispettato o meno). Stabilimmo all'unanimità anche che servivano missioni a favore della Guardia costiera e che la missione Eunavfor Med (oggi ce n'è un'altra con un'altra denominazione) dovesse farsi carico anche di questo aspetto per evitare il traffico di clandestini e fare sì che la Libia controllasse le sue acque territoriali e si facesse carico di una zona Sar che nemmeno era stata definita, un'area di soccorso e ricerca dei profughi o dei clandestini.

Abbiamo fatto quindi un'azione di Governo anche quando siamo stati all'opposizione, nell'altra legislatura, nell'interesse strategico dell'Italia. La questione libica sta nei nostri libri di storia da qualche secolo, non solo nella storia recente dell'Italia unitaria, ma anche in quella dei secoli passati. Stiamo qui, quindi è chiaro che l'interazione con la Libia è fondamentale.

Non mi dilungo sui fallimenti della politica estera italiana, che ha lasciato spazio a turchi, egiziani e russi: tutti decidono quello che accade in Libia, tranne noi; per gli errori della politica estera, fummo travolti nel 2011: lo furono il Governo e anche la nostra politica estera, per quella guerra sbagliata e adesso, al posto di un Gheddafi - pessimo personaggio - abbiamo vari Gheddafi, con i quali bisogna trattare a giorni alterni (un giorno con uno, un giorno con altri). Tutti hanno ammesso che quella guerra, fortemente voluta dal pacifista Obama, da Blair e altri, anche in Francia, fu una scelta sbagliata e i nostri tentativi di impedirla fallirono: fummo sconfitti in quell'anno alquanto tragico per il centrodestra, il 2011, nel quale ci furono altre vicende, per le quali rinviamo alle registrazioni che si ascoltano in televisione.

Siamo qui a ribadire una politica di serietà e continuità da parte di Forza Italia, che ha governato questo Paese e ha svolto una politica estera che, da Putin agli Stati Uniti, dal Nordafrica al Medioriente, ci ha consentito con credibilità di essere quelli che hanno dato lustro a questo Paese. Quando governavamo noi, c'era Pratica di Mare, con i russi e gli americani, non la politica estera patetica di oggi.

Oggi le missioni - non militari, quelle politiche - le realizzate in Venezuela, a fare da lacchè a Maduro, un dittatore ignobile, del quale tessete l'apologia. Questa è la politica estera: fate i lacchè della Cina - e della via della seta: state svendendo i porti e le infrastrutture di questo Paese ai cinesi - Paese che nega i diritti civili.

Cara senatrice De Petris e cara presidente Garavini, che ha stilato un ordine del giorno sul quale ci asterremo: è bello parlare - giustamente - dei diritti umani che la guardia costiera libica vorrebbe rispettare; dite anche a Xi Jinping - si chiama così, sottosegretario Di Stefano, non «Bing», lo dica al suo capo - di rispettare i diritti umani in Cina, dove c'è ancora la repressione di ogni diritto e si marcia sul popolo di Hong Kong: tutte cose che tacete, perché siete i lacchè di Maduro e gli apologeti della Cina.

Votiamo quindi per l'Italia, le missioni internazionali e le Forze armate e prendiamo atto che la maggioranza non c'è, una volta di più; noi per l'Italia e le Forze armate ci siamo sempre. (Applausi).

CANDURA (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANDURA (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, nell'indirizzare un saluto agli autorevoli membri del Governo, come pure agli onorevoli colleghe e colleghi, premetto che il Gruppo Lega e io personalmente esprimiamo la massima gratitudine nei confronti delle Forze armate e dei nostri concittadini in divisa. Lo facciamo perché queste persone - questi concittadini in divisa - rischiano la propria vita lontani da casa a tutela dell'interesse nazionale italiano (Applausi) e, in ultima analisi, della nostra sovranità, nonché della libertà anche di essere qui a parlare e sostenerli.

Mi permetto di dire che le Forze armate non decidono a quale missione internazionale partecipare né in quale terra lontana intervenire o per quali motivi andare lì: obbediscono alla politica - al decisore politico - che dovrebbe avere una visione della politica estera coerente con l'interesse del Paese.

Si parla di multilateralismo e partecipazione alle missioni in conseguenza del far parte di enti come l'Unione europea, l'ONU, eccetera. Bellissimo, ma non è un gioco a punti, per cui più soldati si mandano nelle missioni dell'ONU e più si diventa popolari. Si partecipa alle missioni che sono rispondenti all'interesse nazionale e se queste sono presenti in iniziative di organismi sovranazionali, benissimo; se no, si può anche intervenire singolarmente.

Visto che l'opposizione del centrodestra, come sottolineato prima dal collega senatore Gasparri, è stata sempre costruttiva, io posso anche dire che ho accolto con stupefatto interesse la missione in Guinea, a tutela anche degli interessi del Paese. La nostra azienda principale negli idrocarburi l'ENI è lì radicata, con interessi importanti per il Paese, minacciata dalla pirateria e dall'instabilità della zona e, dunque, ben vengano questi interventi.

Altrettanto non posso dire, per esempio, dell'intervento indeciso rappresentato dalla missione Irini. Un'Europa che ha paura dei profughi, al punto tale da aver creato il pull factor: sostanzialmente se compare un gommone di clandestini o prezzolati, finti clandestini all'orizzonte, il comandante può decidere il riposizionamento della flotta militare internazionale. Sarebbe il primo caso nella storia in cui un barcone di profughi o presunti tali riesce a far ritirare una flotta internazionale. Curiosa questa cosa, interessante. Si ha più paura dell'accoglienza dei profughi in tutta Europa e della condivisione e della solidarietà europea o si ha paura anche del respingimento dei clandestini? Cosa è che fa più paura ai nostri amici europei?

Passiamo al Sahel. Nel 2014 la missione Barkhane, che vuol dire «le dune», a guida francese, inizia nel Sahel un'opera di stabilizzazione e di antiterrorismo. Ci invitano a partecipare e l'Italia cortesemente declina. Oggi noi chiediamo di partecipare, però con un'operazione più semplice di formazione e appoggio ai Paesi in crisi nell'area: cioè, sostanzialmente, quando siamo stati invitati a fare antiterrorismo, abbiamo rifiutato e oggi chiediamo noi di partecipare con un ruolo secondario. Attenzione, è giustissima l'analisi nel dire che il Sahel è - diciamo così - l'anticamera dei flussi di clandestini che dalla Libia arrivano a noi. Certo, lo sappiamo tutti, ma quello che mi stupisce è l'intervento indeciso e tardivo di una maggioranza simile a quella che c'era nel 2014, tolto il MoVimento 5 Stelle. Anche qui, avrei tante domande, sulla serietà dell'approccio all'antiterrorismo.

Volevo poi sapere se qualcuno si è mai interessato, sempre nell'area del Sahel, della Route 10, la strada decima, il decimo parallelo, quello che unisce il Venezuela alla Guinea, tratto di Atlantico più stretto di tutto il corridoio stesso, che è il corridoio della cocaina per l'Europa. Una fonte di guadagno per i delinquenti a livello internazionale, che sfruttano poi dalla Guinea al Mediterraneo la stessa rotta dei clandestini, ma noi facciamo la formazione della polizia locale nel Mali e nel Niger, che è quello il nostro compito. Mi stupisce, non è una critica. La Lega voterà a favore delle missioni internazionali, si asterrà sull'ordine del giorno perché noi ci facciamo carico dei problemi dell'Italia e degli italiani, non dei problemi della maggioranza. (Applausi).

L'ultima notazione su una missione internazionale concerne la missione Emasoh presso lo Stretto di Hormuz. È improprio parlarne perché non è presente tra le missioni internazionali che andiamo ad approvare oggi. Peccato, però, che a fine gennaio fu annunciata con un comunicato stampa dal Ministero della difesa italiano, come partecipazione; a febbraio divenne oggetto di una risposta ad un question time e il Ministero rispose «Certo, parteciperemo»; il 30 maggio, di nuovo con un comunicato stampa, si dice che non si partecipa più. Mancano i soldi o mancano la volontà e la coerenza politica, visto che la missione ha la funzione di trovare la sicurezza per i traffici internazionali e il commercio internazionale nello Stretto di Hormuz? Sono circa 14 milioni di barili al giorno - ripeto: al giorno - di petrolio che passano di lì e chi è che minaccia questo importante Stretto, come lo chiamano gli americani, collo di bottiglia? L'Iran, che è il Paese che più volte storicamente, ma anche oggi, minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz, strangolando le economie globali, tutte tranne una: la Cina. Da lì la Cina ricava il 38 per cento del proprio fabbisogno petrolifero. Con gli accordi bilaterali però la Cina è l'unica a non partecipare con missioni militari in quella zona. Abbiamo però navi militari cinesi nel Mediterraneo orientale. Facciamo due conti.

Dovremmo essere un po' più assertivi, usando una parola derivante dall'inglese, che è bruttissima e suona male in italiano, ma che significa semplicemente affermare i propri interessi con energia e non fare come un Presidente del Consiglio che il 15 gennaio ha detto candidamente che lui in Libia non avrebbe mandato un militare né un aereo, perché pacifista: fiori nei nostri cannoni. (Applausi). Un solenne ringraziamento è giunto da parte di coloro i quali si stanno spartendo la Libia, Turchia compresa.

Basta con la politica della resa; noi appoggiamo le missioni internazionali non per dare una mano a una maggioranza inqualificabile, ma per dare un segnale agli italiani.

Mi scuso con i militari in missione per il fatto che siamo al 7 luglio 2020, mancano cinque mesi alla fine dell'anno e stiamo votando la proroga delle missioni per l'anno 2020, è uno scandalo! (Applausi). Aspettiamo dicembre e facciamo due anni in uno, almeno nel 2021 saremo puntuali! Mi taccio - scusate l'espressione - perché avrei altre cose da dire.

Coerenza, visione. In politica estera fate come l'ENI, che senza appoggio da parte di nessuno è arrivata in Libia e in Nigeria, e grazie a cui abbiamo il giacimento Zohr al largo delle acque territoriali egiziane. Eni, inoltre, sta disperatamente lavorando con il Governo della parte greca dell'isola di Cipro e noi, come politica italiana, non diamo sufficiente appoggio perché la marina militare turca ostacola le prospezioni. Facciamo qualcosa, facciamo della vera politica estera, una politica estera italiana assertiva. Basta col multilateralismo: è una chiacchiera, è la chiacchiera di chi ha paura. (Applausi). Il multilateralismo è la chiacchiera della paura. Noi siamo con tutte le associazioni e gli enti sovranazionali i cui interessi coincidono con i nostri, ma non dobbiamo essere noi a far coincidere i nostri interessi con quelli degli altri. (Applausi).

ORTIS (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ORTIS (M5S). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, oggi nell'Aula del Senato andiamo ad esplicitare anche per quest'anno la postura internazionale dell'Italia esprimendoci in merito allo strumento più importante a disposizione del Paese per definire il nostro ruolo all'interno dello scenario internazionale: le missioni militari all'estero.

I recenti provvedimenti governativi sull'argomento oggetto della votazione odierna prevedono importanti novità. Insieme alla prosecuzione delle missioni già in essere, siamo chiamati a dare la nostra autorizzazione all'avvio di cinque nuove operazioni militari da dispiegarsi sui teatri africani, mediorientali e mediterranei. Riguardo al Mediterraneo non è necessario ricordare quali e quanti sforzi abbia compiuto la Farnesina nella gestione della ormai decennale crisi libica. Ciò nella volontà di perseguire una soluzione pacifica ai violenti contrasti che stanno interessando quella regione e che hanno coinvolto, nel loro evolversi, la quasi totalità delle potenze regionali, contribuendo a complicare, nella formazione di schieramenti avversi e alleanze internazionali, il quadro già di per sé complesso.

Come più volte ripetuto dal nostro ministro Di Maio, è doveroso che l'Europa riesca a parlare con una sola voce, traendosi fuori dalla logica dello scontro tra potenze e profondendo il suo impegno unicamente per la promozione della pace su quel territorio tormentato. Abbiamo quindi accolto con favore lo scorso 31 marzo, il giorno in cui si è conclusa l'operazione Sophia, la decisione del Consiglio dell'Unione europea volta ad avviare la nuova missione Irini, che ricordo - non a quest'Assemblea, ma a chi ci segue da casa - significa «pace» in greco. A tale missione, ancor più che gli obblighi europei, ci lega all'interesse nazionale e la naturale proiezione mediterranea del nostro Paese. Come è noto, tale missione ha infatti il fine di assicurare che l'embargo sulle armi nei confronti della Libia voluto dall'ONU sia attuato e, in second'ordine, di raccogliere informazioni sulle esportazioni illecite di petrolio, di contribuire alla formazione militare della Guardia costiera e della Marina libica e di partecipare allo smantellamento delle reti della tratta di esseri umani. Il tutto avverrà sotto la guida del contrammiraglio Agostini, presso il Comando operativo interforze con sede a Roma, come già per l'operazione Sofia.

Cambiando scenario e tralasciando per ragioni di tempo le altre tre nuove missioni previste dalla deliberazione del Consiglio dei ministri e di cui il relatore ha già illustrato puntualmente i tratti salienti, vorrei soffermarmi sulla nostra partecipazione alla task force antiterroristica Takuba, i cui scopi e le cui finalità necessitano forse di un veloce approfondimento. Innanzitutto parliamo del contesto in cui i nostri 200 militari vanno a operare: l'operazione si inscrive nella cosiddetta coalizione per il Sahel, il cui campo di azione coincide con le aree di confine di Mali, Niger e Burkina Faso. È questa un'area problematica come poche altre al mondo e, nonostante la relativa lontananza dai nostri confini nazionali, essa è di fondamentale importanza per il nostro Paese, in quanto è da qui che - come già detto - originano molte delle gravi questioni che affliggono la sponda meridionale del nostro territorio e di tutto il continente europeo: su tutte, i traffici e i flussi migratori illegali gestiti dalla criminalità organizzata e dalle cellule terroristiche del luogo.

Nonostante il contesto di violenza dove i nostri uomini e le nostre donne andranno a operare, è da ricordare, come in tutti gli scenari globali dove l'Italia è presente, che la nostra partecipazione si connota come forza pacificatrice. I compiti dell'unità operativa Takuba vanno infatti dall'attività di consulenza e addestramento delle forze armate locali al mantenimento di un adeguato livello di sicurezza del territorio.

Come ricordato dal generale Vecciarelli nella sua recente audizione del 26 giugno, ogni singola missione della quale siamo parte, lungi dall'avere qualsiasi carattere offensivo, è una naturale ed efficace declinazione della vocazione nazionale per la pace, la stabilità, la sicurezza, la giustizia, la democrazia e la salvaguardia dei diritti umani, trovando la sua stella polare nei principi ispiratori della Carta costituzionale e delle Nazioni Unite. È inoltre fatto conclamato e motivo di vanto per la nostra Nazione come i nostri militari spicchino, fra tutte le altre Forze armate, per competenza, abilità, professionalità e soprattutto per una speciale caratteristica, che li fa ben volere dalle popolazioni dei luoghi dove operano e che non riesco a descrivere meglio se non utilizzando il termine "umanità" (Applausi), una virtù che è patrimonio innato del nostro popolo e che non ci abbandona in nessun contesto, per quanto difficile esso possa essere.

Prima di avviarmi alla fine del mio intervento, vorrei esprimere il mio apprezzamento per il positivo lavoro svolto dal Ministro della difesa e dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per la capacità dimostrata nel dare concretezza all'azione della nostra Nazione in tutti i contesti internazionali. Voglio inoltre doverosamente ringraziare, come fatto anche da chi mi ha preceduto, a nome mio e di tutto il MoVimento 5 Stelle, le donne e gli uomini delle Forze armate (Applausi), per l'impegno, il coraggio e la professionalità che dimostrano quotidianamente, non solo all'estero, ma anche all'interno dei nostri confini, come ampiamente dimostrato durante l'emergenza dovuta al Covid-19.

Tornando alla trattazione di oggi, sono molteplici i motivi che suggeriscono, anzi impongono, l'adesione e la partecipazione dell'Italia ai 49 scenari di intervento che sono oggetto di questa discussione: motivi di sicurezza nazionale, europea e globale, che spingono a riconfermare il ruolo dell'Italia, intraprendendo e continuando le azioni necessarie al mantenimento dello stesso. Ruolo globale determinato per tradizione storica e posizione geografica, dalle manifeste caratteristiche del nostro Paese, ben riassunte di recente dal nostro ministro Di Maio: identità mediterranea, vocazione europeista, legame transatlantico e - permettetemi di aggiungere - multilateralismo. Annuncio quindi il voto favorevole del Gruppo MoVimento 5 Stelle. (Applausi).

PRESIDENTE. Colleghi, prima di procedere alle votazioni, comunico che è pervenuta una richiesta da parte della senatrice De Petris e della senatrice Bonino di votazione per parti separate. Stabiliamo prima se la proposta viene accolta dall'Assemblea e, in caso positivo, specifichiamo le singole parti.

Chiedo ai Capigruppo e all'Assemblea, rispetto alla votazione per parti separate, se vi sia accordo o disaccordo. Non essendoci indicazioni diverse, la proposta si intende accolta.

Mi sembra di aver capito dalla senatrice Bonino che volesse separare il primo punto della risoluzione n. 20. Corrisponde alla realtà?

BONINO (Misto-PEcEB). Quella era una critica politica che ho fatto, ma la richiesta di votazione per parti separate era riferita al punto 22.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione nominale con scrutinio simultaneo del documento XXIV, n. 20.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Presidente, ai sensi dell'articolo 113 comma 2, secondo periodo, chiediamo che la votazione venga effettuata a scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Essendo richiesta da un Capogruppo, non vi è la necessità della verifica del supporto.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del documento XXIV, n. 20.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Altri tempi, rispetto al passato. Attenzione sul punto successivo.

URSO (FdI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

URSO (FdI). Presidente, per errore mi sono astenuto dal voto, ma avrei voluto votare a favore.

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.

Passiamo ora alla votazione del documento XXIV, n. 21, ad esclusione del punto 22. Successivamente voteremo il singolo punto 22.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Chiediamo che la votazione venga effettuata a scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del documento XXIV, n. 21, ad esclusione del punto 22.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo del punto 22 del documento XXIV, n. 21.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno G1 (testo 2), perché anche se ha avuto parere favorevole, essendo riferito ad una risoluzione deve essere posto in votazione.

ROMEO (L-SP-PSd'Az). Chiediamo che la votazione venga effettuata a scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell'ordine del giorno G1 (testo 2), presentato dalla senatrice Garavini e da altri senatori.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

Interventi su argomenti non iscritti all'ordine del giorno

PAZZAGLINI (L-SP-PSd'Az). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. (Brusio).

Per cortesia, invito i colleghi che intendano allontanarsi a farlo per rendere compatibile lo spazio da lasciare ai colleghi che vogliano intervenire a fine seduta.

PAZZAGLINI (L-SP-PSd'Az). Signor Presidente, tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020, da questi banchi - ma anche da quelli delle Commissioni - ho ripetutamente preso posizione contro un'ordinanza della Protezione civile, nello specifico la n. 614 del 2019, che andava a disciplinare sia coloro che beneficiavano del contributo di autonoma sistemazione sia gli assegnatari delle Sae; quindi, parlo di terremoto. Quella ordinanza è stata definita da me un modo del Governo per fare cassa sulle spalle dei terremotati; un modo scorretto per fare cassa, una mancia elettorale per poter sostenere il piccolo contributo, la piccola mancia che fu data in occasione delle elezioni in Umbria.

Siamo sostanzialmente passati da quello che era "non vi lasceremo soli" del primo Governo Renzi a quello che è diventato "arrangiatevi!" dell'attuale politica del Governo Conte. Quindi, nella sostanza si è detto ai terremotati che il Governo ignorava completamente quelle che erano le esigenze e rimetteva a loro la soluzione dei loro problemi. Tutto questo portò il comitato con maggiori aderenti delle zone terremotate ad attivarsi per un incarico a un legale per opporsi all'ordinanza scellerata.

Qual è stato il paradosso? Che il nostro Presidente del Consiglio dei ministri, un professore universitario, un autoproclamato avvocato del popolo, con un solo provvedimento è riuscito a ledere due dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico. Nella sostanza, ha violato quello che è il principio della certezza del diritto e l'irretroattività della norma perché, con un intervento che va a incidere su impegni ricorrenti, ha adottato un provvedimento con effetto retroattivo.

Per questo, ho sentito giustificazioni di ogni genere, patetiche, incredibili, e la prova che non fossero credibili e che fossero solo delle scuse è arrivata da quanto è accaduto ora alla Camera, dove il rigetto del pacchetto terremoto da parte della Commissione bilancio della Camera ha dimostrato, ha provato, è la pistola fumante che dimostra che l'attuale Governo ignora i terremotati, agisce contro di loro e non fa i loro interessi. (Applausi). Non solo. L'attuale Governo, che per la scelleratezza della gestione della crisi post Covid, vede quasi quotidianamente al ribasso le previsioni di crescita del nostro Paese, avrebbe avuto da questo una rete di salvataggio enorme, una sorta di Piano Marshall, riservato al nostro Paese e costituito dalla ricostruzione, che verrà inficiato a causa dell'incapacità, della malafede e delle troppe bugie che il nostro Presidente Pinocchio ha troppe volte pronunciato anche da questi banchi. (Applausi).

MAUTONE (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAUTONE (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio intervento riguarda alcune considerazioni epidemiologiche attuali, scaturite dalle notizie che si susseguono ogni giorno, relative alla comparsa, anche al Sud Italia, di sporadici focolai di positività al coronavirus, riscontrati sia con i test sierologici, sia con i test molecolari, i tamponi naso-faringei. Alcuni degli ultimi focolai riscontrati in Italia riguardano diverse zone ed attività della nostra penisola, a macchia di leopardo. A Mondragone, nel casertano, il focolaio ha interessato una comunità bulgara, un altro focolaio ha interessato parte dei dipendenti di un'azienda del settore logistico e, ancora, in un'area del mantovano ha coinvolto le attività produttive di macellazione e conservazione di carne, con una totale di 68 dipendenti positivi. Ultima in ordine di tempo è la provincia di Avellino, in cui è stata rilevata la positività a coronavirus di diversi cittadini rientrati da Paesi esteri. Quelli appena citati sono solo alcuni dei piccoli focolai riscontrati.

Per quanto riguarda Mondragone, occorre sottolineare che i successivi scontri e tafferugli tra dimostranti e Forze dell'ordine, su cui sono ancora in corso le opportune indagini da parte delle stesse, hanno alla base situazioni di disagio sociale, di intolleranza e di violenza, in cui un ruolo non secondario è svolto dalle lotte tra le diverse organizzazioni malavitose, per il controllo del territorio e per la gestione di attività poco lecite. Questi casi, come già gli altri focolai scoperti casualmente in altre zone limitate della penisola, sono la logica e prevedibile conseguenza dell'apertura e della libera circolazione nel nostro Paese, a livello sia interregionale, sia internazionale. D'altronde non vi erano alternative. Certamente non si poteva rimanere sempre in lockdown, con la chiusura completa di tante attività e strutture, così come previsto nella fase acuta della pandemia. Il Paese, già in difficoltà, non avrebbe retto e sarebbe crollato. La strada intrapresa delle aperture progressive e graduali è stata quella giusta. Anche gli altri Paesi europei, colpiti come il nostro, hanno seguito questa strategia.

Il ministro Speranza ha affermato che i focolai continueranno e che il virus non poteva sparire e non è sparito. Era prevedibile la ricomparsa di questi piccoli focolai circoscritti: l'importante è essere pronti a riconoscerli e a circoscriverli nelle loro dimensioni e nelle loro capacità di contagio. Un fatto molto importante e da sottolineare, però, è che questi nuovi focolai sono nella stragrande maggioranza dei casi legati a soggetti asintomatici o paucisintomatici e non si accompagnano a forme con sintomatologia clinica importante o grave. (Richiami del Presidente). Concludendo, signor Presidente, tutto ciò è confermato dal trend fortemente in calo dei ricoveri ospedalieri, ormai quasi azzerati nei reparti Covid-dedicati e, di conseguenza, nelle terapie intensive. Questo risultato si è ottenuto grazie all'azione combinata delle misure adottate di protezione individuale e di distanziamento sociale, ma anche grazie, indirettamente, alla riduzione della virulenza e della patogenicità del nuovo Coronavirus. Va comunque mantenuto sempre - questo è estremamente importante - un livello alto di attenzione. La battaglia non è ancora vinta: se ognuno di noi farà la sua parte, non avendo assolutamente paura, fobia o ansia di possibili o sicuri contagi, continuando a vivere la quotidianità del lavoro, del sociale e delle relazioni interpersonali (Richiami del Presidente), attuando al tempo stesso le opportune cautele e i giusti comportamenti suggeriti, in uno sforzo comune di solidarietà collettiva, il futuro ci sorriderà e andrà tutto bene. (Applausi).

PRESIDENTE. Speriamo, come si suol dire.

MARILOTTI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARILOTTI (M5S). Signor Presidente, in questa giornata di commemorazioni, voglio ricordare la figura di Mauro Mellini.

La scomparsa di Mauro Mellini, deputato radicale per quattro legislature, membro del Consiglio superiore della magistratura, è motivo di cordoglio per tutti coloro che, nell'esempio degli spiriti liberi vedono una prospettiva di riscatto dalle tare ereditarie del nostro Paese.

Che si trattasse delle gustose aporie delle sentenze della Sacra Rota durante la battaglia per il divorzio o che raccontasse il sistema giudiziario pontificio, commentando Giuseppe Gioacchino Belli nella battaglia per il garantismo durante il caso Tortora o, ancora, che narrasse i misteri di Montecitorio nel suo ultimo delizioso libro sul Palazzo, è stato sempre uno straordinario combattente contro le ingiustizie, come lo ha definito l'avvocato Patrizio Rovelli, lunedì, sulle pagine de «la Nuova Sardegna».

Eletto deputato nel 1979, proprio nella circoscrizione della Sardegna si batté per l'innocenza di Francesco Baldussu, giovane pastore di Dolianova accusato di omicidio da un pentito di 'ndrangheta, Rocco Varacalli, rivelatosi poi il vero autore del delitto.

Dalle grandi alle minute ingiustizie, la sua azione è stata instancabile, dentro e fuori il suo storico partito, per il quale fu deputato della Repubblica italiana nella VII, VIII, IX e X legislatura.

Avvocato, politico, editorialista e saggista, la sua lotta per i diritti e il diritto non ha conosciuto sosta fino agli ultimi giorni di vita, come ha sottolineato il figlio, cui va l'espressione del mio cordoglio, insieme a quello del Gruppo MoVimento 5 Stelle e, credo, dell'intero Senato.

Nella mia veste di Presidente della Commissione per la biblioteca e archivio storico del Senato, infine, dichiaro il pieno interesse dell'organo da me presieduto a un'acquisizione del fondo del defunto: si tratta di un compendio archivistico importante che, sono certo, lumeggia su una parte importante delle vicende politiche degli ultimi decenni. (Applausi).

BONINO (Misto-PEcEB). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BONINO (Misto-PEcEB). Signor Presidente, ringrazio molto il collega Marilotti per aver ricordato Mauro Mellini, che sarà commemorato ovviamente alla Camera, dove è stato più presente.

Mauro Mellini è stato il mio maestro in molte cose. Ricordo di averlo sostituito un giorno, perché si era ammalato, come relatore di minoranza della riforma sui Servizi segreti: mi costrinse tutta l'estate a studiare i Servizi segreti perché lui era ammalato, ma l'ho fatto con piacere. Ricordo che, quando feci la relazione, tremavo dall'emozione, perché Mauro mi ascoltava, per cui ero sicura che, se avessi detto qualcosa di sbagliato, come sempre sarebbe esploso con il suo carattere vulcanico.

Come ho detto, è stato mio maestro, è stato maestro della giustizia giusta per tanti anni.

Credo che la proposta che lei ha fatto, senatore Marilotti, sarà sicuramente di grande aiuto e spero che alla Camera si riuscirà ad organizzare un saluto più conveniente. (Applausi).

PRESIDENTE. La Presidenza si associa al ricordo di Mauro Mellini.

Atti e documenti, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, le interpellanze e le interrogazioni pervenute alla Presidenza, nonché gli atti e i documenti trasmessi alle Commissioni permanenti ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento sono pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di mercoledì 8 luglio 2020

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, mercoledì 8 luglio, alle ore 9,30, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 19,51).