Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01433
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Atto n. 3-01433
Pubblicato il 4 marzo 2020, nella seduta n. 198
MOLLAME , SANTILLO , ANGRISANI , LANZI , QUARTO , MARINELLO , ROMAGNOLI , GRANATO , PAVANELLI , FEDE , AGOSTINELLI , GUIDOLIN , LOMUTI , DELL'OLIO , SANTANGELO , PIRRO , ACCOTO , DI GIROLAMO , MANTERO , CROATTI , AIROLA , COLTORTI , VANIN , MONTEVECCHI , RICCIARDI , ANASTASI , VACCARO , NATURALE , GIARRUSSO , DE BONIS , PESCO , LANNUTTI , DI NICOLA , FATTORI , DI MARZIO , NUGNES , RAMPI , MININNO , SBROLLINI , CAMPAGNA , NOCERINO , GIANNUZZI , EVANGELISTA , DE PETRIS , ERRANI , MANTOVANI , GARRUTI , FERRARA , CIOFFI , CASTIELLO , PELLEGRINI Marco , DI MICCO , ROMANO , CASTELLONE , LOREFICE , DESSI' , ENDRIZZI , D'ANGELO , BOTTO , TRENTACOSTE , LEONE , CRUCIOLI , PIARULLI - Ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dello sviluppo economico. -
Premesso che:
la canapa è una coltura tipica del nostro Paese che, fino agli anni '40, era il secondo produttore al mondo dopo l'Unione sovietica, grazie alle condizioni particolarmente favorevoli del territorio e del clima. La coltura della canapa è in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e della perdita di biodiversità e rappresenta una coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione;
la canapa è la pianta più versatile dell'agricoltura, dalla quale si possono ottenere innumerevoli prodotti, oli per la cosmetica, tessuti naturali, materiali per la bioedilizia, bioplastiche, farine, cordami, canapulo e pellet per il riscaldamento;
al fine di fornire nuovo sostegno alla filiera della canapa, è stata approvata la legge n. 242 del 2016, recante "Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa";
l'art. 1, comma 2, interessa le coltivazioni di canapa ammesse e iscritte al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990;
la legge n. 242 del 2016 elenca, all'art. 1, le finalità che possono essere perseguite dalla coltivazione della canapa: coltivazione e trasformazione; incentivazione delle filiere locali; ricerca e sviluppo sostenibile del comparto; produzione di alimenti, cosmetici e materie prime biodegradabili e innovative; realizzazione di opere di bioingegneria. L'art. 2 specifica inoltre i prodotti da questa ottenibili: alimenti e cosmetici; semilavorati quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; materiale destinato alla pratica del sovescio; materiale destinato a lavori di bioingegneria o bioedilizia; materiale destinato alla fitodepurazione; coltivazioni destinate ad attività didattiche e al florovivaismo. Per le finalità perseguite dalla legge n. 242 del 2016 il limite di tetraidrocannabinolo (Thc) tollerato è compreso tra lo 0,2 per cento e lo 0,6 per cento;
seppur l'intento del legislatore risulti apprezzabile e abbia contribuito a risvegliare il settore, la disciplina vigente presenta profonde lacune e contraddizioni tali da minare un reale e duraturo sviluppo del comparto. In primo luogo, la legge n. 242 del 2016, nell'escludere tra le finalità perseguite la vendita della cannabis e dei suoi derivati, di fatto non offre uno sbocco reale alla coltivazione di tali prodotti, minando alla sostenibilità di questa attività agricola. In secondo luogo, la norma non ricomprende tra i prodotti ottenibili le biomasse e le infiorescenze di canapa che rappresentano la maggior parte dei prodotti offerti in vendita e che in forma essiccata, fresca, trinciata o pellettizzata, potrebbero essere efficientemente utilizzate ai fini industriali, commerciali ed energetici. Infine, la disposizione risulta manchevole nel disciplinare l'intera filiera dei soggetti coinvolti, interessando solo la parte relativa alla coltivazione, non disciplinando invece la parte relativa alla distribuzione e vendita del prodotto, favorendo così il proliferare incontrollato di una rete di vendita non riconosciuta e regolamentata che comprende anche i canali on line;
dall'approvazione della norma si è assistito alla nascita di numerosi negozi, i quali offrono in vendita una vasta gamma di prodotti correlati alla Cannabis sativa L. Tali attività si scontrano però con un dispositivo poco chiaro, talché conseguono continui sequestri da parte delle forze dell'ordine e ricorsi. Con sentenza 31 gennaio 2019, n. 4920, la Corte di cassazione, sezione VI penale, sanciva che con la legge n. 242 del 2016 "il legislatore non ha promosso solo la coltivazione, ma espressamente l'intera filiera agroindustriale della canapa". Il 30 maggio 2019 le sezioni unite penali della Cassazione intervenivano con sentenza n. 30475 per dirimere i contrasti giurisprudenziali derivati dall'applicazione della norma, in merito alla vendita di Cannabis sativa L. degli esercizi commerciali specializzati: hanno richiamato il principio di offensività, in base al quale, in sede di sequestro, è necessario valutare l'effettiva efficacia drogante o psicotropa delle sostanze;
tale pronuncia, invece di portare maggiore chiarezza nella disciplina, a giudizio degli interroganti ha recato ulteriori elementi di ambiguità, rimettendo in ultima istanza alla necessaria verifica caso per caso della concreta efficacia psicotropa della sostanza sequestrata. A conferma di ciò, interviene la cronaca dei numerosi sequestri presso gli shop che si risolvono quasi sempre in dissequestri, proprio a seguito della constatazione dell'assenza dell'effetto drogante, definizione impropria: più appropriato parlare di efficacia stupefacente semmai. Ne è seguito un dispendio enorme di risorse economiche e umane da parte dell'amministrazione giudiziaria e un danno notevole al settore che è costretto a continuare ad operare tra l'incertezza e la preoccupazione;
ad alimentare ulteriormente la confusione è intervenuta nuovamente la Corte di cassazione che, con informazione provvisoria n. 27 delle sezioni unite penali, udienza 19 dicembre 2019, della quale si attende la pubblicazione delle motivazioni, ha stabilito che "Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all'ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore". Da ciò deriva che, essendo la canapa facilmente trasformabile in trinciato e dunque fumabile, se ne ammetterebbe in tal caso la fabbricazione domestica per uso ricreativo, pratica che invece è severamente vietata e perseguita penalmente nel caso del tabacco. A parere degli interroganti, chiara e grave contraddizione;
il settore canapicolo italiano presenta un enorme potenziale di sviluppo e, nell'ultimo triennio, secondo le stime riprese dal rapporto Italia Eurispes 2020, le superfici coltivate a canapa in Italia sono passate da 950 a quasi 4.000 ettari; sono nate 800 partite IVA agricole specializzate e 1.500 nuove aziende di trasformazione e distribuzione. Il settore ha suscitato l'interesse anche di investitori esteri, che hanno seminato circa 900 ettari di canapa nel Sud Italia investendo 40 milioni di euro;
l'assenza di una normativa chiara di settore sta penalizzando la coltivazione e mettendo a rischio investimenti ed aziende, come testimoniato ad esempio dall'annuncio, condiviso nell'ambito dell'incontro promosso il 4 febbraio 2020 da Federcanapa, che vede una multinazionale canadese lasciare l'Italia per la Bulgaria, dopo aver investito oltre 20 milioni di dollari nelle regioni del Mezzogiorno per nuovi impianti di estrazione;
nel corso dell'esame della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020) è stata presentata una proposta emendativa, col parere positivo della 5ª Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio) del Senato e del Governo, che avrebbe consentito di colmare le lacune normative rispetto alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti derivati dalla canapa, identificando i soggetti sottoposti all'obbligo fiscale, garantendo la qualità e la certificazione del prodotto e legittimando gli operatori della filiera coinvolti,
si chiede di sapere quali iniziative, nei limiti delle rispettive attribuzioni, i Ministri in indirizzo intendano assumere al fine di dirimere le contraddizioni che affliggono questo settore e colmare il vuoto normativo relativo alla commercializzazione dei prodotti derivati dalla coltivazione e trasformazione della canapa, sostenendo così lo sviluppo di un settore con un forte potenziale sostenibile pienamente coerente con il progetto di "green new deal", proposto dall'Unione europea e ripreso con forte impegno dal Governo.