Atto n. 4-02089
Pubblicato il 6 agosto 2019, nella seduta n. 143
PELLEGRINI Marco , PIRRO , ACCOTO , CASTELLONE , GALLICCHIO , GARRUTI , LEONE , LOMUTI , MATRISCIANO , PAVANELLI , PESCO , PRESUTTO , DELL'OLIO , CAMPAGNA - Al Ministro della salute. -
Premesso che, secondo quanto risulta agli interroganti:
in data 13 febbraio 2005, presso il reparto di malattie infettive e tropicali dell'ospedale "Madonna delle Grazie" di Matera, è morta la signora A.C., all'epoca sessantenne, a causa di un'infezione nosocomiale così come diagnosticata dal consulente tecnico d'ufficio del Tribunale di Matera all'uopo incaricato;
qualche giorno prima, precisamente il 24 gennaio 2005, la signora C. era stata ricoverata presso l'unità operativa di malattie infettive e tropicali per l'espletamento di uno specifico programma diagnostico terapeutico prescrittole dal suo medico curante;
si trattava, dunque, di un ricovero programmato al fine di effettuare una stadiazione aggiornata dell'epatopatia cronica da HCV, correlata con crioglobulinemia di cui la signora C. era da tempo affetta;
la paziente, immunodepressa, era affetta da ulteriori patologie croniche invalidanti, rappresentate principalmente da diabete mellito complicato con piede diabetico, insufficienza renale cronica ed ipotiroidismo post chirurgico;
in data 30 gennaio 2005, la paziente, ricoverata presso la struttura sanitaria, presentava i primi sintomi di un generico processo infettivo, con la comparsa di febbre, che veniva giustificato dai sanitari come un presumibile focolaio settico localizzato al livello del piede diabetico;
il diario clinico, pur non presentando alcuna condizione patologica evidente nei giorni a seguire, era peggiorato visibilmente il 10 febbraio 2005, quando la febbre elevata aveva cominciato ad accompagnarsi a sintomi generali e locali che denotavano evidente interessamento dell'apparato respiratorio, quali astenia, malessere generale, tosse con espettorato, dispnea;
il peggioramento delle condizioni generali della paziente nelle 72 due ore successive ha portato a uno shock settico irreversibile, fino al decesso sopraggiunto il 13 febbraio 2005;
da quanto risulta dalla perizia medica del consulente tecnico del Tribunale di Matera (nel procedimento n. 2301/2012), il decesso della signora C. è stato incontestabilmente causato da un'infezione polmonare grave dovuta a legionella pneumophila, come dimostrato dagli esami specifici effettuati sulla paziente presso il reparto di rianimazione, in data 13 febbraio 2005. A suo parere, non vi sono dubbi che il contagio di legionella sia avvenuto presso l'unità operativa di malattie infettive. Tale convincimento scaturisce da numerose prove evidenti quali il ricovero privo di alcun sintomo e il manifestarsi dei sintomi di legionella solo dopo 17 giorni dal ricovero. Ma l'aspetto che suffraga ancor più tale convincimento è la circostanza che nel medesimo reparto dell'ospedale si erano verificati altri decessi per legionella. Dalla documentazione analizzata del consulente risultava, infatti, che la direzione sanitaria avesse cognizione del problema legionellosi presente nella struttura e avesse messo in atto interventi periodici di sanificazione degli impianti idrici nonché controlli microbiotici finalizzati alla prevenzione e al contenimento dell'infezione. Tali interventi, nel periodo dicembre 2004-marzo 2005 erano stati effettuati con cadenza bimestrale;
un intervento di sanificazione tramite shock termico era stato eseguito presso la stanza di degenza B6/25, in data 17 dicembre 2004 ma, come si sarebbe accertato il 19 gennaio 2005, tale intervento non aveva ottenuto effetti concreti in quanto il controllo microbiologico sui campioni di acqua prelevati era risultato ancora positivo per la presenza di legionella. La signora C., gravemente immunodepressa, era stata ricoverata proprio in quella stanza;
la struttura ospedaliera ha, dunque, continuato ad esporre i pazienti al rischio di infezione da legionella nonostante i controlli microbiologici del 19 gennaio 2005 avessero attestato l'inefficacia delle procedure di sanificazione effettuate il 17 dicembre 2004. Nessun provvedimento tempestivo ed efficace è stato messo in atto dalla direzione sanitaria per scongiurare il rischio di nuove infezioni ai pazienti;
il successivo trattamento di sanificazione è stato, inspiegabilmente, ripetuto solo in data 19 febbraio 2005 (6 giorni dopo la morte della signora), cioè un mese dopo aver acquisito i risultati del controllo microbiologico del 19 gennaio;
sembra che la direzione sanitaria non abbia valutato correttamente i rischi per i pazienti, nonostante che le linee guida fissate dal Ministero della salute per la prevenzione ed il controllo della legionellosi nelle strutture sanitarie prevedano, per i reparti che ospitano pazienti gravemente immunodepressi, l'obbligo di adottare trattamenti ed interventi che garantiscano la costante e completa assenza della legionella negli impianti idrici;
per esempio, in riferimento ai pazienti immunodepressi, nelle more del successivo trattamento di sanificazione si sarebbe potuto adottare una semplice misura cautelativa che poteva consistere nella sospensione temporanea del ricovero di tali pazienti nel reparto (ancor più nelle stanze acclaratamente infette) fino all'acquisizione di nuovi controlli microbiologici che attestassero l'avvenuta bonifica dalla legionella. Tanto più che il ricovero della signora C. non era urgente ma programmato;
pertanto, a parere degli interroganti, non si può escludere la responsabilità dei sanitari preposti al controllo e alla sicurezza della struttura ospedaliera che già era stata interessata da episodi di decesso per infezione grave da legionella. I profili di eventuale responsabilità colposa, per difetto di organizzazione sanitaria, potrebbero consistere quindi in omessa vigilanza e controllo e mancato rispetto di tutte le procedure rivolte alla prevenzione e al contenimento di infezioni nella struttura ospedaliera. Tale responsabilità ricadrebbe, in primis, sulle autorità sanitarie in quanto l'ospedale, ai sensi del contratto di assistenza, è tenuto ad adempiere alle prestazioni di diagnosi e di cura ma anche all'organizzazione relativa alla sicurezza dei pazienti e alla salubrità e adeguatezza dei luoghi e delle attrezzature;
a ciò si aggiunga che i parenti della signora C. hanno conosciuto le cause della morte solo in seguito al ritiro della cartella clinica. Pertanto, anch'essi sono stati esposti al rischio, teorico, di contrarre la legionella per tutto il tempo del ricovero della loro congiunta;
le eredi della paziente deceduta hanno convenuto in giudizio l'azienda sanitaria materana nel corso del quale il giudice, in data 2 ottobre 2018, ha rivolto alle parti una proposta conciliativa. Le eredi hanno accettato tale la proposta ma, al contrario, la gestione liquidatoria della soppressa ASL n. 4 di Matera (chiamata in causa dall'azienda sanitaria materana) l'ha rifiutata senza peraltro ammettere le proprie responsabilità,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se intenda svolgere un'indagine ministeriale presso l'azienda sanitaria materana per accertare che non risultino altri casi simili di contagio e decesso per legionella fino ad oggi non denunciati;
se intenda accertare le motivazioni che hanno portato alla mancata accettazione della proposta conciliativa del giudice;
se intenda assumere provvedimenti nei confronti dell'azienda sanitaria materana per scongiurare il ripetersi di episodi simili.