Il senatore NICITA (PD-IDP) osserva che le Camere sono state disegnate fin dall'inizio, sia dal punto di vista dell'elettorato attivo e passivo sia con riferimento alla forma organizzativa, per rappresentare istanze e finalità differenti. Il Senato, in particolare, si caratterizzava per una sorta di specializzazione nella rappresentanza degli enti locali, delle Regioni e, quindi, dei rapporti con il territorio. Ritiene quindi che non vi siano motivi per sopprimere la possibilità di sciogliere solo un ramo del Parlamento, in quanto la norma non ha mai creato difficoltà applicative. A suo avviso, lo scioglimento contestuale delle due Camere ha una sua ragion d'essere, ma è opportuno salvaguardare la facoltà del Presidente della Repubblica di scioglierne anche una sola.
In ogni caso, la riforma costituzionale proposta dal Governo non risolve alcune criticità, quali la qualità della legislazione e l'affermazione di un monocameralismo di fatto. Inoltre, è sconsigliabile affrettare i tempi di esame, impedendo la necessaria ponderazione.
Il ministro CASELLATI interviene per illustrare l'emendamento 2.2000, precisando che la riformulazione dell'articolo 88 della Costituzione costituisce una sorta di coordinamento con l'articolo 94, perché prefigura alcune ipotesi di scioglimento delle Camere.
Non possono pertanto essere condivise le critiche che ritengono che tale formulazione comporti un ridimensionamento dei poteri del Presidente della Repubblica, di cui all'articolo 88 della Costituzione.
Con riferimento al primo comma, quindi alla possibilità di scioglimento di una sola delle due Camere, ribadisce che questa facoltà era stata prevista quando la durata dei due rami del Parlamento era differente, cinque anni la Camera e sei il Senato, ed è stata superata dalla legge costituzionale n. 2 del 1963, che ha uniformato la durata della legislatura.
Per quanto riguarda il secondo comma dell'articolo 88, invece, ricorda che fin dal principio la ratio della norma era limitare i poteri del Presidente della Repubblica, al fine di evitare che, negli ultimi sei mesi di legislatura, potesse utilizzare lo scioglimento delle Camere per condizionare i partiti e favorire la propria rielezione.
Rivendica quindi i tentativi posti in essere dal Governo per una composizione delle diverse istanze e sottolineando che, nel programma elettorale, era prevista inizialmente l'elezione diretta del Capo dello Stato, su cui invece c'è stata una netta chiusura da parte del Partito democratico. Quanto al confronto con il modello tedesco, osserva che in Germania il Presidente della Repubblica non ha un proprio peso significativo e sono invece i partiti, associazioni di diritto pubblico, ad avere un ruolo centrale.
Sottolinea, pertanto, che la maggioranza e il Governo non intendono approvare la riforma senza l'apporto delle opposizioni, purché queste rinuncino a contrapposizioni ideologiche e siano disponibili a una effettiva mediazione, come ha dimostrato il Governo rinunciando al presidenzialismo.